Sottinteso

di UovoSodo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il nostro sguardo immortalato nei ricordi ***
Capitolo 2: *** L'occasione per proteggerti ***



Capitolo 1
*** Il nostro sguardo immortalato nei ricordi ***


Il nostro sguardo immortalato nei ricordi

Ehilà, beautiful people! Come potete vedere, non mi stanco mai di Finder (okay, la verità è che non mi stanco mai di Asami!). Ecco uno one shot, che spero, come sempre, vi possa piacere!!!!

Buona lettura!!!! :)

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Il nostro sguardo immortalato nei ricordi

 

-Fermati, moccioso!- gridò l’uomo.

Akihito però, ovviamente, non lo stette a sentire, anzi: corse più velocemente.

Le vie si facevano sempre più strette ed intersecate tra di loro, come una fitta trama di rami di un albero alto, che andava a toccare il cielo.

-Prendetelo!- gridò ancora l’uomo a due ragazzi, i quali partirono all’inseguimento.

“Dannazione!” pensò Akihito, poi però vide una via di fuga: bastava scavalcare un muretto e sarebbe arrivato sul marciapiede, brulicante di gente essendo l’ora di punta.

“Evviva!” pensò, poi aumentò ancor di più la velocità e saltò sul muretto, solo che uno dei due ragazzi lo raggiunse e lo afferrò per il polso, facendolo quasi cadere.

-Lasciami!- Akihito gli rifilò un calcio, ma, intanto, il secondo ragazzo li aveva raggiunti e provò a prendere la borsa di Akihito contenente la sua macchina fotografica.

-No!- Akihito strattonò la borsa.

Nel mentre, le persone sul marciapiede sottostante si accorsero dei tre ragazzi intenti a darsele a ben due o tre metri d’altezza.

-Aaah! Qualcuno chiami la polizia!- gridò una donna.

-Ehi, smettetela!- disse un uomo.

I due ragazzi che facevano comunella si spaventarono e lasciarono andare Akihito, il quale perse l’equilibrio e cadde indietro.

La borsa finì sotto di lui e lui, finendo sulla borsa, sentì il contenuto che scricchiolava, senza contare un improvviso dolore alla spalla e al braccio destro in generale.

-Merda!- impreco in un sibilo dolorante.

-Ehi, ragazzo, tutto bene?- l’uomo di poco prima gli si avvicinò.

-Che volo…- mormoravano intanto i passanti. Alcuni si accalcarono attorno ad Akihito.

-S… sì, sto bene.- Akihito si tirò faticosamente in piedi, poi si prese il braccio dolorante e leggermente piegato in una posa innaturale.

-Che male…- mormorò.

-Ah, ti sei sfracellato un braccio.- commentò un ragazzo con un cappellino.

-Eh?- Akihito guardò prima il tizio, poi il suo braccio:

-Merda!- sibilò ancora.

-Ti sia di lezione: voi giovani siete troppo tra le nuvole.- commentò un anziano.

Akihito raccattò a sua borsa, dolorante, e si avviò spedito verso la prima fermata per prendere i mezzi pubblici.

-Ehi, ragazzo, ti conviene andare in ospedale.- commentò l’uomo.

-Sto bene, grazie, non si preoccupi.- Akihito non si voltò e saltò sul bus.

Andò a sedersi in fondo, con il braccio dolorante.

“Che male, dannazione! Devo arrivare a casa di Asami e aggiustare subito la macchina: devo recuperare il salvabile delle foto che ho scattato per beccare quello spacciatore! E devo anche riparare la macchina fotografica: ci sono troppo affezionato! Al diavolo l’ospedale!” pensò.

Così arrivò all’attico di Asami, dove ormai viveva da un bel po’ di settimane.

Asami non c’era: era probabilmente al lavoro.

Akihito corse in camera sua e, con il braccio sempre più rigido, tirò fuori l’occorrente per salvare il salvabile della macchina e del suo contenuto.

Spese il resto della giornata per sviluppare le foto che avrebbero sicuramente incriminato lo spacciatore e, verso le undici di sera, sentì rientrare Asami, mentre stava tentando di riaggiustare la macchina ormai mezza distrutta.

“Cavolo, l’ho proprio schiacciata con tutto il peso!” pensò il ragazzo.

Intanto, Asami lasciò le chiavi all’entrata e si tolse scarpe e cappotto. Vide le scarpe di Akihito lasciate malamente in un angolo, così andò a bussare (e ad aprire senza attendere risposta) la porta del ragazzo.

-Hey.- disse.

-Ehi… Scusa, non ho preparato cena. Sono un po’ occupato, al momento.- rispose Akihito, voltandosi appena verso di lui, con in mano un piccolo cacciavite e del filo di rame.

-Cos’è successo?- domandò Asami, muto d’emozioni come sempre, eppure seducente nel suo premuroso e pacato modo di fare.

-Ho rotto la mai macchina fotografica… Sto provando ad aggiustarla.- rispose Akihito.

Asami lo trovò molto agitato:

-Ti senti bene?- domandò, con il suo tono apatico, ma carezzevolmente affascinante.

-Sì… Devo solo finire di sviluppare alcune foto per il lavoro e ho paura di averle perse. Tra un po’ ho finito.- rispose Akihito, tornando a trafficare con la fotocamera.

Asami, vedendolo nervoso e leggermente sudato, socchiuse la porta, aggiungendo solamente:
-Va bene. Vado a letto.-

-Buona notte.-

-Buona notte.-

Akihito decise di non metterlo al corrente del braccio mezzo distrutto, anche perché aveva percepito che Asami era molto stanco, cosa che dimostrava il fatto che non indagasse più di quel tanto sul suo comportamento.

Così, Akihito andò avanti a lavorare, cercando di ignorare l’intorpidimento sempre più marcato lungo il braccio destro.

Sentì il rumore della doccia nella stanza accanto, poi più nulla: Asami doveva essere andato a dormire, così fece ancor più piano per non svegliarlo.

“Dannazione… Mi toccherà portarla da uno specialista. Almeno le foto le ho sviluppate e posso spedirle a Mitarai…” pensò Akihito, poggiando con cautela i resti della macchina sulla scrivania ormai inondata da attrezzi.

Sospirò, poi una fitta di dolore al fianco destro lo riportò alla realtà:

-Ahi…- commentò.

“Spero di non essermi inclinato qualche costola… Ho fatto un volo solo di due metri, ma sono atterrato davvero male.” Pensò il ragazzo, poi fece uno sforzo notevole per alzarsi dalla sedia e camminare un po’.

Dopo però altre fitte e l’inizio di qualche difficoltà a respirare, forse per la paura di essersi davvero fratturato qualcosa (la spalla, il braccio, una costola… le possibilità erano infinite!), decise di prendere provvedimenti.

Uscì da camera sua ed andò davanti a quella di Asami. Bussò alla porta: aveva il fiato corto, ed aveva fatto solo pochi metri! Probabilmente, era la paura a farlo reagire così, non tanto la frattura o cosa cavolo era poi.

-Asami?- chiamò, poi, non sentendo risposta, bussò più forte.

-Asami?!- ripetè, poi andò con la mano sana a tenersi il braccio ferito.

Sentì dei movimenti all’interno della stanza, poi la porta si aprì ed apparve Asami, con addosso un paio di training neri e una maglietta dalle maniche corte.

-Cosa c’è?- domandò, poi, vedendolo leggermente accaldato, accese la luce del corridoio.

-Akihito?- domandò.

-Io… credo di avere un braccio rotto… Mi fa male tutto.- rispose Akihito, tenendosi il braccio.

Negli occhi di Asami apparì preoccupazione ed anche un po’ sul viso, che però mantenne un’alta percentuale di lucidità e linearità mentale per affrontare ogni possibile problema o possibile complicazione:

-E me lo dici solo ora?- domandò, alzando le mani e toccandogli piano una spalla, sentendola quasi spigolosa.

-Hai una lussazione alla spalla.- disse.

-Ahia… Piano, così fa male…- fece Akihito, poi si portò la mano sana sul fianco destro.

-Ti fa male anche qui?- domandò Asami, voltandosi e andando a prendere una camicia.

-S… sì… Non riesco a muovere il braccio… Mi serve del ghiaccio e…- provò a dire Akihito.

-No, andiamo all’ospedale.- lo interruppe Asami, con una calma leggermente tendente al panico, ma solo in modo impercettibile.

-A… all’ospedale?- ripetè Akihito: ospedale significava roba seria, roba seria significava complicazioni, complicazioni significava pericolo, pericolo significava…

-Stai tranquillo.- Asami interruppe il ragionamento impanicato del ragazzo. Si infilò la camicia, poi andò all’entrata:

-Vieni, andiamo.- si inginocchiò e lo aiutò a mettersi le scarpe, poi si infilò le sue e prese le chiavi della macchina.

Scesero ai parcheggi e Asami aiutò il ragazzo a sedersi al posto davanti, allacciandogli la cintura. I suoi movimenti erano calmi, controllati e precisi, delicati. Però c’era anche preoccupazione in essi.

-Tieni fermo il braccio.- detto questo, Asami chiuse la porta dell’auto ed andò al volante. Accese l’auto e si allacciò la cintura, poi partì alla volta dell’ospedale.

Passò nonostante il semaforo desse il turno ai pedoni.

-Attento, Asami, così facciamo un incidente.- disse Akihito.

-Come va il braccio?- domandò Asami, ignorandolo.

-Non… non so, è rigido e mi fa malissimo.- rispose il ragazzo.

-Resisti.-

-Non… non ho qui nemmeno un documento, Asami, siamo usciti di casa troppo precipitosamente.-

-Non ti preoccupare. Rilassati, lascia fare a me.- rispose Asami.

Akihito guardò il viso di quell’affascinante uomo d’affari proibiti: così virile, così intenso, così serio, così seducente, così… così perfetto. Così preoccupato per lui, ma Asami censurava questa preoccupazione per non spaventare il ragazzo: era così premuroso, così… romantico.

“Akihito, ma che pensi mai?! Pensa al tuo braccio sfracellato, piuttosto!” si ammonì il ragazzo, scuotendo la testa per levarsi dalla mente certi pensieri.

-Hey, tutto bene? Cosa c’è?- domandò Asami, vedendo il suo movimento. Spostò gli occhi su di lui e voltò anche leggermente il capo, guidando.

-N… niente, solo una fitta di dolore… Attento!- Akihito sobbalzò alla vista di un’auto che dovette spostarsi al passaggio della BMW di Asami, che per metà era finita sull’altra corsia.

Asami non se ne curò e svoltò dove non era permesso, andando a finire contromano.

-Asami, attento! Ma che fai?! Sei impazzito?!- domandò il ragazzo, tendendosi.

Meno male ch’era tardi e c’era in giro poco nessuno. Cioè: che strano… Era Tokyo, quella: perché non c’era in giro nessuno?

-Rilassati: è una scorciatoia per l’ospedale, così evitiamo il traffico notturno.- rispose Asami, facendo chiarezza nella confusione del giovane.

Akihito non disse nulla al riguardo, poi gemette appena:

-Ah… Asami, fa sempre più male…- disse, chiudendo forte gli occhi.

Asami spostò una mano dal volante ai capelli del giovane:

-Tranquillo, non è niente.- mantenne gli occhi sulla strada, poi riportò la mano sul volante, sentendo Takaba tornato tranquillo.

Akihito si calmò: se Asami diceva che non era niente, allora vero. Akihito però ignorava il fatto che Asami mentisse e che sapesse che, in realtà, doveva avere qualcosa di rotto da qualche parte.

Arrivarono all’ospedale come un proiettile e Asami frenò proprio davanti all’entrata, dove, poco più avanti, stavano degli infermieri a fumare.

-Arrivo.- Asami uscì dall’auto e fece il giro, andando ad aprire la portiera ad Akihito. Gli slacciò la cintura e lo aiutò a scendere dall’auto, che poi lasciò lì senza preoccuparsi ch’era proibito.

-Asami, la macchina è…- provò a fargli notare Akihito.

-Vieni, avanti.- Asami nemmeno lo ascoltò. Entrò nell’ospedale ed andò alla ricezione, dove un’infermiera stava discutendo con una collega. Quando però vide i due ragazzi avvicinarlesi, sorrise:

-Cosa posso fare per voi?- domandò.

-Chiami il dottor Sasaki.- rispose Asami.

La segretaria, un po’ a disagio, controllò sul computer:

-Mi spiace, ma il dottor Sasaki ha appena finito il turno. Ormai sarà già alla macchina.- disse.

-Lo chiami e gli dica di tornare subito qui.- disse Asami.

-Ma, ecco, veramente…-

Un infermiere si fece avanti, quasi un po’ agitato:

-Ayako, ci penso io.- disse.

La ragazza, un po’ confusa, si spostò.

-Asami-sama, perdoni, non l’avevo riconosciuta.- disse l’infermiere, a disagio e un tantino intimorito.

-Sasaki, ora.- ripetè semplicemente Asami, leggermente irritato.

-Asami, basta scendere al pronto soccorso e…- provò a dire Akihito.

-No. Ci penso io, non ti agitare.- rispose Asami.

“Quello agitato qui sei tu.” Pensò Akihito.

-Subito, Asami-sama.- l’infermiere prese il telefono della ricezione e chiamò il dottor Sasaki, informandolo velocemente:
-Dottore, c’è qui Asami-sama. Sì. E’ urgente, sì. No, è un giovane. Va bene. Sì.- poi riappese e si rivolse ad Asami ed Akihito:
-Da questa parte: il dottor Sasaki sarà subito di ritorno. Nel frattempo venite: vi porto nel suo studio privato.- disse l’infermiere, poi fece cenno a un collega di avvicinarsi con la sedia a rotelle che aveva qua.

-Non serve, davvero.- provò a dire Akihito.

-Siediti e non preoccuparti.- rispose Asami, controllandolo mentre si sedeva.

L’infermiere spinse la sedia a rotella fino ad uno studio privato al quinto piano, dove spostò Akihito con cautela sul lettino delle visite.

-Il dottor Sasaki sarà subito da lei, Asami-sama. Posso fare altro per lei?- domandò.

-Dì a Sasaki di sbrigarsi.- rispose freddo Asami.

-Sì, Asami-sama. Con permesso.- l’infermiere uscì di corsa, lasciandoli soli per un attimo.

Akihito respirò lentamente, tenendosi il braccio.

Asami gli si avvicinò:
-Come va?- domandò.

-Fa male…-

-Resisti. Ora arriva il dottore. Vuoi che ti faccia portare qualcosa per il dolore?-

-No, posso resistere…-

-Va bene. Dimmi però se peggiora.- Asami gli sfiorò una guancia con le dita:

-Avresti dovuto avvisarmi prima.- disse.

-Lo so… Scusa.-

-Da quanto sei in queste condizioni?-

-Da… da questo pomeriggio: sono caduto da un muretto durante un inseguimento.-

Asami evitò di commentare. Si voltò appena verso l’entrata:

-Ma dov’è il dottore?- mormorò, anzi: sibilò.

-Asami, ora arriva…-

Infatti, il dottor Sasaki, un uomo sulla cinquantina, entrò di lì a qualche minuto, leggermente ansante.

-Asami-sama…- provò a dire, ma si bloccò vedendo lo sguardo glaciale del giovane uomo, così passò direttamente a visitare Akihito.

-Allora?- domandò alla fine Asami.

-Una lussazione alla spalla e una costola inclinata. Ad occhio e croce è tutto qui, ma sarei più tranquillo con delle radiografie.-

-Allora falle.-

-Sì, Asami-sama.- Sasaki aiutò Akihito a spostarsi sulla sedia a rotelle.

Dopo le radiografie, che accertarono la diagnosi del medico, addormentarono il braccio del ragazzo per risistemargli bene la spalla, dopodiché gli attaccarono il braccio al collo per sicurezza.

-Davvero, non è necessario…- tentò di dire Akihito, quando lo stavano portando in camera per ricoverarlo per la notte.

-E’ solo una precauzione.- disse Sasaki.

-Sto bene, basterà del ghiaccio.- rispose Akihito.

-Ubbidisci al dottore.- disse però Asami, serio eppure leggermente preoccupato.

Akihito, seppur avrebbe voluto andare avanti a lasciar andare il suo indomito spirito ribelle, sospirò: non voleva preoccupare oltre Asami, così rimase buono buono. Si mise il pigiama dell’ospedale e si distese nel letto.

Portarono del ghiaccio per le costole e qualche antidolorifico, poi lo lasciarono solo con Asami.

Akihito sospirò e tenne il ghiaccio sul fianco destro, poi guardò Asami, in piedi accanto al letto:
-Ora puoi tornare a casa.- commentò.

-Rimango qui.- si limitò a rispondere Asami.

-Sei pazzo? Sei stanco morto: devi andare a casa a riposarti.-

-Posso riposare anche qui.- Asami si sedette sulla poltroncina accanto al letto.

Akihito sospirò, anche se, sotto sotto, si sentiva quasi meglio sapendolo lì e non solo a casa a pensare chissà che cosa.

-Non sapevo avessi agganci anche in quest’ospedale.- commentò dopo un po’.

-E’ sempre utile avere contatti nella sanità.- rispose Asami.

-Mh… Sicuro di voler rimanere su quella sedia? Non mi pare comoda.- convenne Akihito.

-Sto bene, non ti preoccupare. Tengo io il ghiaccio: riposati.- Asami prese la borsa del ghiaccio e la tenne sul fianco del giovane, così da liberargli la mano sinistra.

-E tu?- domandò Akihito.

-Sopravvivrò. Dormi.- Asami spense la luce.

Akihito chiuse quindi gli occhi.

Quando poi però li riaprì, dovevano essere circa le cinque del mattino, perché già si sentivano i rumori di un traffico di lavoratori.

-Mmmmh…- mormorò, poi voltò il capo verso destra, ossia verso Asami: l’uomo stava dormendo su quell’orrenda poltroncina, con il gomito sul bracciolo e la guancia sul palmo della mano.

Rimase a guardarlo, in quanto la luce nascente del sole e quella artificiale dei lampioni gli permettevano una buona visuale.

Dopo qualche minuto, però, si decise a tirarsi leggermente su. Sentì qualche fitta al fianco e alla spalla. Notò che il comodino con sopra gli antidolorifici era a destra.

“Ma sono stupidi, allora: io ho la parte destra del corpo distrutta e loro le cose me le mettono a destra…” pensò Akihito, sbuffando appena. Si sporse verso il comodino.

-Hey.-

Il ragazzo alzò lo sguardo e vide Asami, sveglio, anche se, sicuramente, era più stanco di prima. Ovviamente, però, questo lo si notava poco sull’uomo, anche se le ultime ore dovevano averlo privato di molte energie.

-Ehi… Scusa, non volevo svegliarti.- rispose Akihito.

-Non fa niente. Vuoi la pillola?- Asami si alzò e prese la compressa.

-Grazie.- Akihito, mezzo morto di stanchezza e con l’immagine fissa della sua adorata fotocamera distrutta, dischiuse la labbra e si lasciò mettere sulle lingua la pasticca.

Asami gli porse il bicchiere d’acqua, aiutandolo anche a bere.

-Grazie…- mormorò Akihito, appoggiando poi di nuovo la nuca sul cuscino.

-Come ti senti? Va un po’ meglio?- domandò Asami, sedendosi sulla sponda del letto.

-Sì… Almeno non ho niente di rotto.- commentò Akihito.

-La prossima volta devi essere più attento, Akihito: ora ti è andata bene, ma in futuro c’è il rischio che tu non sia più così fortunato.- disse Asami.

-Lo so… Ma io sto bene.-

-Tu? Chi altro è stato coinvolto?-

-No, dico solo che, confronto alla mia fotocamera, sto benissimo.-

-La tua fotocamera?- ripetè Asami, leggermente sorpreso:
-Hai rischiato di romperti le costole e pensi alla tua fotocamera?-

-Ecco… sì, cosa c’è di strano, scusa? Ci tengo.-

-Quella è facilmente rimpiazzabile: le tue costole no.-

-Non è affatto rimpiazzabile.- puntualizzò Akihito.

-E perché no? L’importante è che tu abbia un apparecchio che scatti foto, non è così?- domandò Asami.

-Ecco…- Akihito arrossì lievemente.

-Cosa?-

-Niente…-

-Cosa c’è?- insistette però Asami.

-Niente. Non mi va di parlartene.-

-Perché no? Se non lo fai ti faccio ricoverare qui per altre due settimane.-

-Non lo faresti.- disse Akihito, poi però sospirò e guardò alla sua sinistra, verso la finestra:

-La verità è che sono legato a quella fotocamera…-

Asami non disse nulla, lasciandolo parlare, pazientando.

-E’ la stessa fotocamera con cui ti ho fotografato la prima volta, te la ricordi?- disse il ragazzo, senza però guardare il giovane uomo.

Asami realizzò: era vero, era la stessa.

-Attraverso quella macchina, ho immortalato uno dei nostri primi sguardi…- mormorò Akihito. Non sapeva se sentirsi un idiota nel dire certe cose, oppure se sentirsi leggero per averle confessate, per essere stato sincero.

Asami lo guardò per qualche istante, in silenzio, poi si chinò su di lui e gli sfiorò la fronte con il naso:

-La faremo aggiustare.- sussurrò, con il suo tono sensuale e fascinosamente accattivante.

Akihito non rispose e si limitò a continuare a tenere lo sguardo sulla finestra, sentendosi ancora confuso su come avrebbe dovuto in realtà sentirsi in quel momento. Poi, però, voltò appena il capo ed incrociò per un istante lo sguardo di Asami, per poi spostarlo sulle sue labbra.

Asami si spostò maggiormente su di lui, facendo attenzione al braccio, e gli sfiorò le labbra con le proprie:

-I momenti migliori non hanno foto a immortalarli: ci sono i ricordi.-

 

 

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Capitolo 2
*** L'occasione per proteggerti ***


l'occasione

L’occasione per proteggerti

 

C’era vento. Un vento freddo, per la precisione. Scivolava tagliente lungo i fianchi rigidi degli edifici, si insinuava fin nelle più piccole vie, come a spiare cosa accadesse. Batteva sulle finestre delle case, alzava i capelli dei pedoni, spingeva impaziente le macchine lungo le strade.

Per via di quell’insolito vento, composto quasi da raffiche vere e proprie, Asami decise di tornare a casa prima: Akihito era in giro in vespa e non rispondeva alle sue chiamate.

-Passi una buona giornata, Asami-sama.- disse l’autista, inchinandosi lievemente.

Asami alzò semplicemente una mano per ringraziare. Si avviò con passo elegante all’entrata dell’edificio, le mani in tasca per ripararle dal vento.  

Aprì la porta moderna e si diresse all’ascensore. I suoi passi quasi cronometrati, con cadenze regolari e quasi aristocratiche, risuonavano appena, dando un ritmo al silenzio.

Entrò nell’ascensore e premette per l’ultimo piano. Quando le porte si chiusero, diede un leggero colpo di tosse, rimanendo composto, pensando a cosa Akihito avesse combinato: non era preoccupato in maniera esponenziale, era anzi tranquillo, ma aveva comunque un’irrequietezza nelle vene che lo aveva spinto a tornare a casa prima.

Entrò nell’attico e si levò le scarpe. Vide quelle di Akihito lasciate leggermente distanti l’una dall’altra. Sentì la voce di Akihito al telefono.

-No, davvero? Cavolo: questa è pura fortuna! Pensaci: in pochi hanno quest’onore e noi siamo tra quei pochi!-

Asami si levò il cappotto, appendendolo in ordine, poi percorse il corridoio ed arrivò in soggiorno, dove il ragazzo stava sul divano. C’era profumo di shampoo: Akihito si era fatto una doccia, probabilmente.

Akihito, sentendo i passi calmi e pazienti di Asami, si voltò e vide il giovane uomo:
-Ci vediamo tra due giorni, Kou? Okay. Sì, anch’io non vedo l’ora. Ciao.- riappese.

-Ben tornato. Come mai di ritorno così presto?- disse poi.

-Non rispondevi alle mie chiamate.- rispose Asami, con tono neutro, pacato.

-Oh, sì, giusto, scusami.- Akihito si scusò, poi si tirò sulle ginocchia, poggiando il petto allo schienale del divano per vederlo bene. Sorrise quasi entusiasta:
-Dopodomani io e alcuni amici andiamo a festeggiare al nuovo centro balneare.- disse.

-Cosa festeggiate?- domandò Asami.

-In teoria niente, è solo per incontrarci e stare insieme. E’ da molto tempo che non li vedo.- ammise Akihito, sorridendo contento, poi si alzò:
-Sei tornato in tempo per la cena. Hai fame?-

-Non molta.- ammise calmo Asami, allentandosi la cravatta, chiudendo gli occhi durante il gesto.

Akihito preparò comunque la tavola per due. Cenarono un po’ presto: Akihito, come sempre, era una buona forchetta, mentre Asami rimase più leggero del solito.

-Non lo mangi?- domandò Akihito.

Asami gli avvicinò il suo piatto, dal quale Akihito rubacchiò qualche cosa, mentre il giovane uomo beveva dell’acqua dal bicchiere.

-Domani devi andare a lavorare?- domandò.

Akihito scosse la testa:

-No, ho preso tre giorni di libero. Tu devi lavorare?-

-Sì. Inizierò alle dieci.-

-Allora ti lascio dormire se mi sveglio prima.- convenne Akihito, bevendo anche lui dell’acqua.

Asami posò il bicchiere e si alzò:
-Era molto buono.- disse pacato.

-Hai mangiato poco. Ti senti bene? Qualcosa non va?- domandò Akihito, quasi sospettoso.

-Va tutto bene. Faccio una doccia.- rispose Asami, voltandosi.

-Va bene. Ho preso un nuovo shampoo.- avvisò Akihito, guardandolo poi sparire in corridoio: trovò strano il comportamento di Asami.

Intanto, Asami si lavò, poi si infilò dei training neri e una canotta bianca. Alcuni ciuffi dei capelli corvini, ormai asciutti, gli finivano sul viso. Andò in soggiorno, dove Akihito stava guardando le notizie della giornata in televisione.

Asami si sedette sul divano, incrociando le braccia.

-Ecco.- saltò su ad un tratto Akihito.

Asami quasi sobbalzò e guardò lo schermo.

-E’ il nuovo centro balneare. Lo sai che è stato difficilissimo avere dei biglietti per l’inaugurazione?  Per fortuna Kou conosce un tizio che ce li ha procurati.- disse Akihito.

Asami poggiò il gomito sul bracciolo del divano e appoggiò la guancia sul palmo della mano, chiudendo gli occhi:

-Per i trasporti?- domandò.

-Effettivamente è piuttosto lontano, ma useremo la macchina di Takato, non ti preoccupare.- rassicurò Akihito, poi lo guardò, leggermente sorpreso trovandolo in procinto d’addormentarsi:
-Asami?- chiamò.

-Mh?- Asami parve riaversi ed aprì gli occhi, poi spostò lo sguardo su Akihito.

-Sei hai sonno vai a letto.- commentò Akihito.

-Non credo di riuscire a sollevarti dal divano e portartici io.- aggiunse.

Asami si dette qualche secondo, poi si alzò:
-Buona notte.- disse.

-‘Notte, Asami.- rispose Akihito, guardandolo andare in camera da letto. Erano solo le sette e mezza, forse le otto tirate.

Strano: non era da Asami andare a letto così presto. Forse qualcosa lo preoccupava e lo stressava, oppure era semplicemente stanco morto.

Akihito era fresco come una rosa, agitatissimo all’idea di andare al nuovo centro balneare. Raggiunse l’uomo solo dopo le undici di sera (dopo essersi sparato un film e mezzo alla televisione): trovò Asami profondamente addormentato, con la coperta tirata fin sotto la spalla. Era girato sul fianco sinistro e, dal momento che dormiva proprio su quel lato del letto, quando Akihito si infilò sotto le coperte non vedeva il suo viso.

Takaba si sfilò le calze quando già era avvolto dalle coperte.

Il rumore del vento sferzava il silenzio, facendo tremare le finestre. Si sentiva quasi fischiare, come se l’aria stesse scherzando con Tokyo.

Akihito non aveva ricordo di un vento tanto forte, ma le previsioni assicuravano che sarebbe cessato entro il giorno dopo, quindi, rilassato e felice all’idea della sua mini vacanza, si avvicinò ad Asami, sentendo il suo calore carezzare le lenzuola pulite. Era quasi più caldo del solito.

Era da qualche settimana che Akihito dormiva con Asami, forse però adesso lo fece per altri motivi: era da quasi quattro giorni che Asami pareva distante e il fatto che fosse Akihito a prendere l’iniziativa di infilarsi sotto le sue coperte e che ciò non scaturiva nell’uomo nessuna curiosità o, più semplicemente, nessuna reazione fisica, era sospetto.

Proprio quando Akihito stava per iniziare a teorizzare sul comportamento del giovane uomo, Asami si mosse appena nel sonno, tirandosi le coperte fino al mento.

Akihito gli si avvicinò maggiormente, toccandogli la schiena, sentendola calda. L’accarezzò appena, ascoltando il corpo dell’uomo calmarsi nuovamente nel sonno.

Il ragazzo si mise poi sulla schiena: da quando era diventato così… premuroso nei confronti di Asami? Cioè, più o meno lo era sempre stato, ora però dimostrava più apertamente questo suo lato. Forse era un passo avanti.

Con questi pensieri, Akihito s’addormentò, svegliandosi con in testa il centro balneare: spiaggia, sole, mare, ombrelloni, cibo,… Ah, che bella sensazione!

Il ragazzo sorrise, poi però si rese conto che Asami non era accanto a lui. Guardò l’orologio: le dieci meno dieci. Si alzò ed andò in cucina, dove trovò Asami… ancora in pigiama.

-Asami?- si meravigliò appena.

Asami si voltò: aveva in mano una tazza di tè tiepido.

-Buon giorno.- disse l’uomo.

-Buon giorno. Come mai ancora in pigiama? Non dovevi andare a lavorare?-

-Non mi sono svegliato. Sono leggermente in ritardo.- rispose il giovane businessman, dopodiché posò la tazza mezza piena:
-Ora esco.- disse.

Akihito lo guardò andare in camera, notando che aveva gli occhi un po’ lucidi. Lo seguì poco dopo, trovandolo seduto sul letto che si teneva la testa con una mano.

-Asami, ti senti bene?- domandò Akihito, avvicinandoglisi.

Asami non si mosse di un millimetro:
-Sì, è solo un po’ di stanchezza, tutto qui. Passerà distraendomi al lavoro.- rispose.

Akihito s’inginocchiò davanti a lui, prendendogli il polso ed allontanandogli la mano, poi portò la sua sulla sua fronte. Aprì appena gli occhi e portò entrambe le mani ai lati del viso dell’uomo.

-Sei caldissimo.- commentò Akihito, leggermente sorpreso, ma anche piuttosto preparato.

Asami non rispose, anche perché si sentiva un pochino tra le nuvole, quasi distratto e sospeso.

-Hai la febbre, Asami, e anche alta.- aggiunse Akihito, poi si alzò e tirò via le coperte:
-Non puoi andare a lavorare in queste condizioni. Sdraiati e dormi ancora: dico io a Kirishima che oggi non vai a lavorare.- disse.

Asami si sdraiò, passandosi una mano sul viso:
-Non è niente.- disse, anche se stava ubbidendo.

Sì, era proprio malato di brutto!

-Rimani a letto. Ti preparo qualcosa da bere.- disse Akihito, coprendolo per bene, vedendo che chiudeva gli occhi e deglutiva, stanco e debole.

Takaba, quando si assicurò che tutto il corpo di Asami (eccetto la testa, ovviamente) fosse sotto le coperte, uscì ed andò a prendere il telefono di casa, chiamando Kirishma, l’assistente di Asami, ed avvisandolo dell’impossibilità del capo di andare a lavoro.

Quando poi Kirishima si offrì di aiutare Akihito, il ragazzo declinò, sentendo scattare dentro di sé un senso di responsabilità che lo spingeva a prendersi cura di Asami, a proteggerlo.

Akihito preparò un altro tè, ma medicinale, poi recuperò un termometro. Entrò in stanza, trovando Asami mezzo addormentato.

-Ti ho portato del tè. Ti prendo la febbre.- disse, poggiando la tazza sul comodino.

Asami voltò il capo nella sua direzione, con occhi stanchi e che bruciavano leggermente.

-Apri la bocca.- Akihito avvicinò il termometro in vetro alle labbra dell’uomo e, quando esse si dischiusero, posò lo strumento sotto la sua lingua.

-Poi ti preparo un brodo di verdure, così mangi qualcosa di leggero. L’importante è bere molto.- disse Akihito, mentre rimestava il tè per raffreddarlo per bene.

Asami lo guardò mentre si occupava del tè, poi sentì la sua mano ancora sulla fronte:

-Sei davvero caldo.- commentò ancora Akihito, levandogli successivamente il termometro di bocca.

-Caspita: trentanove di febbre.- disse Akihito, guardando lo strumento. Lo posò poi sul comodino ed avvicinò il tè all’uomo:

-E’ qui se lo vuoi bere. Non prendere freddo.- si alzò e tornò in cucina, affaccendandosi a preparare un brodino di verdure, che servì al giovane malato verso mezzogiorno.

-E’ tiepido.- avvisò, sedendosi sul bordo del letto con qua la fondina e il cucchiaio.

Asami si tirò seduto:
-Tu hai mangiato?- domandò.

La pacatezza dell’uomo, la sua tranquilla fascinosità, non era smorzata affatto dal suo stato fisico, ma rimaneva comunque affievolita dalla confusione causata dall’alta febbre.

-Non ancora. Non ti preoccupare, però. Tieni.- Akihito gli diede il piatto e il cucchiaio, poi, mentre Asami si portava la prima cucchiaiata alle labbra, gli posò il dorso della mano sulla fronte: era ancora molto caldo, bollente quasi.

-Quando hai finito, ti misuro ancora la febbre.- avvisò.

-Va bene.- Asami sentì la sua mano scivolare via.

-Ti porto dell’acqua fresca e del pane.- disse Akihito, alzandosi ed andando in cucina a preparare alcune cose.

-Hai ancora fame?- domandò poi, quando Asami ebbe finito la minestra e qualche pezzetto di pane.

-No, grazie.- rispose l’uomo.

I suoi occhi seducenti e affascinanti, pacati nel lanciare sguardi profondi e penetranti, ora erano leggermente lucidi per il malanno.

-Va bene. Ti preparo una spremuta: ti servono vitamine per rimetterti in sesto. Ora misuriamo la febbre.- Akihito prese il termometro e lo scosse un po’, poi lo mise ancora sotto la lingua dell’uomo.

-Forse sei troppo stressato, ultimamente, e il tuo corpo non ha retto. Dovresti prenderti una vacanza, Asami.- disse Akihito.

-Mh.- rispose semplicemente Asami, anche perché aveva in bocca il termometro.

-Vediamo un po’… Non è scesa di una tacca.- commentò Akihito, poi mise via lo strumento.

-Ti faccio la spremuta. Mettiti sotto le coperte.- coprì bene Asami, poi si affaccendò per metterlo a suo agio durante tutto il corso della giornata.

-Asami?- verso le otto di sera, si sedette accanto all’uomo, sdraiato e coperto fino a sotto le spalle.

Asami si mosse appena nel sonno, aprendo gli occhi quanto basò per capire che bruciavano.

-Sei bollente.- Akihito gli portò il polso sulla fronte, poi prese il termometro.

-Speriamo che la febbre non sia salita.- mormorò, mentre glielo metteva sotto la lingua, poi si alzò e andò a riempire una bacinella d’acqua e prese un panno morbido dal bagno.

-Accidenti… E’ salita a trentanove e mezzo.- commentò, poi bagnò il panno e lo posò sulla fronte dell’uomo.

-Come ti senti?- domandò.

-Stanco…- rispose Asami.

-Sembri molto debole.- mormorò Akihito, poi sentì il cellulare squillargli. Se lo sfilò dalla tasca e rispose:
-Pronto? Ah, Kou, ciao. Sì, scusami, hai ragione. Mi sento così uno stronzo…- disse, tamponando nel mentre il panno sul viso di Asami.

-No, ti capisco, Akihito. Non ti preoccupare: ci saranno altre occasioni.- rispose Kou.

Akihito sorrise, anche se un po’ arreso:
-Mi farò perdonare, Kou, te lo prometto.- disse.

-Ti ho detto di non preoccuparti, Akihito. Come sta Asami-chan?-

-Le è salita ancora la febbre ed è molto debole.- Akihito fece scivolare il panno sul collo di Asami.

-Augurale una pronta guarigione, okay?-

-Okay. Grazie, Kou.-

-Figurati. A presto.-

-Ciao.- Akihito riappese e mise via il cellulare, poi bagnò ancora il panno.

Asami aprì gli occhi e guardò Akihito:
-Cosa succede?- domandò. Il suo tono si sentiva stanco, ma rimaneva marcato da un fascino proibito.

-Eh? Nulla, non ti preoccupare. Sei davvero caldo, Asami, e, per di più, oggi hai dormito pochissimo. Forse è meglio se prendi una pastiglia per aiutarti ad abbassare un po’ la febbre, così puoi riposarti questa notte.- disse Akihito.

Asami sentì di nuovo il panno fresco contro il viso, che gli scaturiva una piacevole sensazione di sollievo dal caldo:

-Per cosa devi farti perdonare?- domandò Asami, abbastanza lucido.

-Domani non andrò con Kou e Takato al nuovo centro balneare.- rispose Akihito.

Asami lo guardò:
-Credevo ci tenessi molto.- ammise.

-Infatti è così, ma… ma preferisco rimanere qui sapendoti malato.-

Asami lo guardò, mentre gli passava il panno sul collo.

-Sei praticamente moribondo: meglio non lasciarti solo.- aggiunse Akihito.

-Puoi chiamare Kirishima. Non perderti quest’occasione se ci tieni.-

Akihito si trattenne dal rispondergli che la vera occasione era proprio lì a casa: ora Akihito aveva l’opportunità di mostrare a se stesso ed a al giovane uomo che era in grado di prendersi cura di Asami, di proteggerlo.

-Voglio rimanere qui.- disse quindi, guardando il panno che assorbiva le gocce di sudore dalla fronte di Asami.

Il malato non disse più niente. Chiuse gli occhi.

-Ti prendo una pastiglia per farti dormire.- disse Akihito, alzandosi.

Andò in bagno e prese una compressa. Lesse il foglietto illustrativo, poi tornò da Asami:

-Ecco qui.- disse, poi gliela mise sulla lingua e gli rialzò la testa con una mano, mentre, con l’altra, lo aiutava a bere.

Asami inghiottì la pillola, poi tornò con la testa sul cuscino, accompagnata dalla mano di Akihito.

-Farà effetto in quindici minuti circa. Cerca di dormire.- il ragazzo lo coprì per bene, dopodiché mise via i piatti sporchi che aveva lasciato sul comodino. Li sistemò semplicemente nel lavello della cucina.

-Ci penserò domani.- disse a se stesso, dopodiché andò a controllare Asami, trovandolo addormentato.

Akihito spense la luce del comodino, poi, facendo il più piano possibile, andò a sistemarsi accanto ad Asami. Sentì l’uomo dare qualche colpo di tosse, ma bastò carezzargli un po’ la schiena per farlo calmare.

Akihito sorrise a se stesso: chi mai se la poteva aspettare una cosa così? Takaba Akihito l’infermiere! Ma Akihito aveva anche mentito: a Kou aveva detto di sentirsi uno stronzo per non essere andato con lui al centro balneare… Non era così: Akihito non si sentiva uno stronzo. Akihito sapeva di aver fatto la scelta giusta a rimanere con Asami.

Verso l’una del mattino, Akihito si svegliò sentendo Asami tossire leggermente. Capì ch’era sveglio perché si mise sulla schiena e si coprì, deglutendo stancamente, debole.

Takaba gli si avvicinò di più:

-Hai freddo?- domandò in un sussurro.

Asami deglutì ancora a causa della febbre alta. Annuì:

-Un po’.- ammise, senza perdere troppo quel suo fascino irresistibile, anzi: Akihito, vedendo Asami in quelle condizioni, lo trovava ancor più affascinante, ma anche un po’ tenero.

Il ragazzo sorrise e si avvicinò a lui, abbracciandolo e sentendo il suo respiro caldo sul petto, appena sotto il collo. Nello stesso punto sentì poi la pressione del suo viso.

Il ragazzo sorrise appena, passando le braccia attorno alle spalle di Asami, stringendolo piano a sé.

Asami passò le braccia attorno ai fianchi di Akihito, scaldandosi con il suo calore. Sentì poi un tenero bacio sulla testa.

-Guarisci presto, Asami.-  

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