Catapult

di _Whatever_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** New York 2009 ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 15: *** XIV ***
Capitolo 16: *** XV ***



Capitolo 1
*** New York 2009 ***


15 luglio 2009

 

 

I need to be myself

I can’t be no one else

I’m feeling supersonic

Give me a gin and tonic..

 

La voce graffiante del più piccolo dei fratelli Gallagher la fece svegliare. Non si mosse subito, perché doveva rendersi conto di dove si trovasse. Dal solletico contro la guancia e il caldo sulla spalla sinistra intuì che qualcuno stava dormendo accanto a lei.

Si tolse le cuffie e mise a tacere quella canzone maledetta e per fortuna Mark non si svegliò nonostante i suoi momenti bruschi e nervosi.

Dopo sette ore di viaggio sfidava chiunque ad essere rilassata e poi faceva caldo, terribilmente caldo e il suo ipod si prendeva gioco di lei.

Doveva sopportare ancora un’ora di viaggio e non voleva pensare a quello che le aveva attraversato la mente nel momento in cui era partita quella canzone.

Mark finalmente sollevò la testa. Aveva gli occhi gonfi e prima di sorriderle fece uno sbadiglio enorme.

“Quanto manca?” chiese.

“Un’altra ora.” Rispose freddamente la ragazza.

“Tutto bene?” Mark era preoccupato.

“Sì Mark, tutto bene. Sono solo stufa di stare seduta.”

Mark era premuroso con lei, forse troppo, ma Margaret non aveva voglia di apparire acida e scocciata, anche perché non era colpa del fotografo. Si diede qualche secondo per scacciare il malumore poi si girò verso il ragazzo biondo che intanto aveva appoggiato la testa contro il poggia testa e fissava un punto davanti a sé.

“Allora, sei carico per domani?”

Impostò la conversazione sul motivo del loro viaggio a New York: il primo servizio importante per Vogue.

“Abbastanza, sì, diciamo di sì!” Rispose Mark facendo il finto rilassato.

“Smetti di comportarti come se non fosse importante! E’ Vogue!” Margaret gli infilò una mano tra i capelli biondi e glieli scompigliò per bene.

“Però prometti che domani mi porti in giro!”

“Assolutamente!”

“E domani, mio caro, vengo anche io con te!”

“Ma devo lavorare!”

“Lo so. Devi lavorare con modelle bellissime e gentilissime e io sarò lì. Zitta e immobile a ricordarti che sono pericolosa.”

“Lo so bene che sei pericolosa.” Rispose Mark prima di allungarsi a posarle un bacio leggero sulle labbra.

Trascorsero l’ultima ora del viaggio a progettare e proporre visite per quei quattro giorni a New York e il tempo sembrò volare.

 

Atterrarono a pomeriggio inoltrato e andarono subito in hotel a sistemare le valigie.

Era un posto molto carino e comodo, così si fecero una doccia per poi uscire per un aperitivo.

Erano troppo stanchi anche solo per passeggiare per la città, la notte prima avevano fatto after per riuscire ad essere abbastanza stremati quella sera e ci erano riusciti.

Si addormentarono quasi immediatamente dopo essersi stesi. Margaret come sempre era su un fianco, di spalle a lui. Era già capitato loro di dormire insieme, ma Mark non aveva mai avuto l’ardire di abbracciarla, perché notava quanto a lei desse fastidio dormire appiccicata a un’altra persona, ma quella sera gli sembrava la cosa più naturale del mondo e si stese di fianco a lei, cingendole la vita con un braccio.

Margaret non si spostò e non sbuffò, ma intrecciò le dita con quelle dell’uomo. Ogni tanto poteva anche lasciarsi andare.

La mattina dopo si svegliarono molto presto, ma riposati e eccitati.

 Erano a New York per una sottospecie di vacanza. Si prepararono in fretta e raggiunsero lo studio in anticipo, quindi restarono in strada a fumare una sigaretta in pace.

Faceva caldo e il traffico di certo non rendeva la situazione più sopportabile, quindi entrarono dopo poco sperando che ci fosse l'aria condizionata. Lo studio era al secondo piano di un edificio moderno ed elegante.

 Furono accolti da un signore brizzolato e gentile, che li portò in una stanza enorme e con le pareti completamente bianche. C'erano altre due porte oltre a quella da cui erano entrati, ma erano chiuse.

Mark iniziò a tirare fuori tutta la strumentazioni, mentre parlava con altri addetti ai lavori. Margaret si sedette su una delle poche sedie e prese una rivista da sfogliare.

Non voleva disturbare Mark, era una giornata piuttosto importante per lui. Da una delle porte a un certo punto iniziarono a uscire delle ragazze: le simpatiche modelle da cui sarebbe stato circondato Mark tutta la mattina. In realtà, ad un primo sguardo a Margaret non parvero poi così simpatiche: non sorridevano e poche sembravano felici di quello che stavano facendo; le altre sembravano piuttosto annoiate e scocciate, proprio come Margaret.

Quest'ultima infatti dopo nemmeno dieci minuti in quella stanza, raggiunse Mark per comunicargli che sarebbe andata a farsi un giretto della zona e a prendersi un caffè.

Girovagò per l'isolato in cerca di un bar, una caffetteria, qualsiasi cosa e si ritrovò in uno starbucks imballato di gente. Fece una fila lunga chilometri e dovette aspettare almeno un quarto d'ora prima di sentire il suo nome pronunciato all'altoparlante.

Qualcun'altro era entrato molto tempo prima nella caffetteria e sussultò a sentire il nome della ragazza. Si era già interrotto una volta perché due ragazze sedute al tavolo di fianco al suo stavano facendo casino. Le guardò male da sotto i lunghi capelli castani e poi riprese a leggere "L'idiota".

Ogni tanto beveva un sorso del suo tè verde e la mattinata sembrava procedere tranquillamente, almeno fin quando non sentì quel nome.

 Si guardò attorno sperando di riconoscere qualcosa, di vedere un particolare noto, ma poi sorrise, pensando a quanto risultasse patetico. Non poteva essere lei. Tornò a concentrarsi sul tomo, mentre proprio quella Margaret usciva dalla caffetteria per tornare verso lo studio.

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Capitolo 2
*** II ***


Margaret raggiunse subito lo studio, perché voleva sapere a che punto fosse Mark con il lavoro.
Lo trovò a parlare con un ragazza. Questa, evidentemente una modella, era di spalle e indossava un delicato prendisole blu a pois bianchi. Le gambe erano scheletriche e ai piedi aveva delle scarpe bianche, basse, ma i piedi erano lunghissimi e questo non l’aiutava a sembrare coordinata, anzi.
Mark la vide sulla porta e le fece segno di avvicinarsi. La ragazza che stava parlando con Mark si girò.
Quegli occhi a mandorla erano noti. Il sorriso bianchissimo e naturale era inconfondibile. La luce che sembrava emanare quella ragazza, Margaret l’aveva già vista.
“Non è possibile!” Furono le prime parola che uscirono dalla bocca di Alexa Chung quando vide Margaret ferma immobile sulla porta.
Si avvicinò a lei e l’abbraccio di slancio. Margaret impiegò qualche secondo a rientrare in possesso di sé, ma poi riuscì a ricomporsi. Abbracciò Alexa di rimando.
“Non ci posso credere!” Formulò abbastanza sorpresa. Ed era vero: non ci poteva credere.
Mark le raggiunse, ma restò in silenzio.
“Cosa ci fai qui?” Chiese la più grande.
“Ho accompagnato lui!” Rispose Margaret indicando il ragazzo biondo.
“Dio, da quant’è che non ci vediamo? Troppo tempo!” Alexa era veramente felice di rivederla, mentre Margaret doveva fingere, perché la sua testa era già altrove.
“Vi conoscete?” Mark finalmente si intromise.
“Ci siamo incontrate qualche anno fa e Alexa voleva convincermi a diventare una sua collega. E’ così che ci siamo conosciute!” disse Margaret.
“Oh mio dio! Mi ero dimenticata di questa cosa! E’ vero! Eravamo in aereo!” Alexa scoppiò a ridere probabilmente ripensando a quell’assurda conversazione.
“Non sapevo avresti lavorato con lei oggi!” disse Margaret tesa.
“In realtà oggi sono solo venuta a parlare con lui.” Rispose Alexa.
Margaret li guardò con aria interrogativa.
“Domani mattina devo registrare e adesso devo scappare assolutamente, quindi gli ho chiesto se potessimo fare dopodomani mattina il servizio.”
“Capisco.”
“E io potrei mai rifiutare qualcosa a lei?” Disse Mark indicando il viso di Alexa con una mano.
Colpito e affondato anche lui dagli occhioni esotici.
“Già, è veramente difficile.”
“Ragazzi, devo scappare assolutamente. Domani andiamo a cena insieme.”
Margaret provò a dire qualcosa.
“Non ti azzardare. Il tuo numero è sempre quello?” Alexa parlava in fretta.
“Sì.”
“Allora ti chiamo o più tardi o domani pomeriggio. Alex sarà felicissimo di vederti.” Disse prima di baciare entrambi sulla guancia e avviarsi alla porta.
“Alexa! Non dire niente a Turner. Facciamogli una sorpresa.” Urlò Margaret per farsi sentire chiaramente dalla Chung. Per tutta risposta ricevette un pollice sollevato.
“Non sapevo la conoscessi.” Fu la prima cosa che disse Mark dopo che Alexa se ne fu andata. Era ripetitivo.
“Non pensavo l’avrei più incontrata” Margaret aveva abbandonato il sorriso falso che si era montata con Alexa davanti.
“Perché?”
“Storia lunga. Hai finito qui per oggi?”
“Sì. Raccolgo la mia roba e ci sono.”
“Perfetto.”
Margaret si avvicinò alla finestra e guardò per strada. Un ragazzo con i capelli lunghi e scuri era appoggiato a un lampione e fumava una sigaretta. Aveva gli occhiali da sole, indossava una maglietta leggera a maniche corte grigio scuro e dei jeans.
Stava aspettando qualcuno e quel qualcuno si palesò in quel momento: la ragazza con il vestito blu a pois che poco prima la stava abbracciando, raggiunse il ragazzo, il quale non si scompose minimante. Abbandonò il palo e iniziò a camminare di fianco ad Alexa, ma non accennò a salutarla o a prenderle le mano, fu lei ad appropriarsi della mano libera che non reggeva un libro piuttosto grande.
Margaret osservò la coppia allontanarsi: le spalle di Alex sembravano più larghe e le braccia meno scheletriche. Le figure dei due erano perfette insieme: sembravano in una bolla impenetrabile, inaccessibile al mondo esterno.
Era cambiato parecchio.
Fu avvolta da un senso di nausea: probabilmente non era stata una grande idea andare a New York, ma quando aveva preso i biglietti, non aveva minimamente considerato l’idea di poterlo incontrare. Matt le aveva detto che erano in tour, ma non le aveva specificato le settimane, perché lei non voleva sapere niente, non voleva essere tentata di raggiungerli al primo posto comodo e sul serio non credeva che potesse incontrarlo in una città con oltre otto milioni di abitanti.
Se Mark le avesse detto che avrebbe lavorato con la Chung, di certo non lo avrebbe mai seguito, ma la verità era che lei non aveva mai chiesto e Mark non amava parlare del suo lavoro.
Si ripeté due o tre volte che non ci sarebbe mai andata se avesse saputo di poterlo incontrare come mantra, ma sapeva benissimo che stava mentendo, e poi raggiunse Mark per uscire dall’edificio. Sarebbero stati giorni molto lunghi.



Stavano passeggiando tra le luci di Time Square quando il cellulare di Margaret iniziò a suonare.
La ragazza rispose al cellulare senza nemmeno leggere chi la stesse chiamando, perché aveva il naso per aria ad ammirare lo spettacolo di luci verso sera.
"Pronto?"
"Margaret?"
Capì immediatamente a chi appartenevano quell'accento e quella voce.
"Alexa?"
"Sì, sono io. Domani sera andiamo a cena in un posto meraviglioso che io e Alex adoriamo, così non si insospettisce."
Non era una domanda quella della modella inglese, ma proprio un'affermazione. Margaret ci mise qualche secondo a rispondere, perché il suo cervello stava cercando di eliminare l'ultima frase uscita dalla bocca di Alexa: un'informazione inutile e piuttosto fastidiosa.
"Hei, ci sei?"
"Sì, scusa."
"Alex sta tornando. Ti mando l'indirizzo per messaggio, ciao." concluse la conversazione prima di ricevere risposta.
Comunicò come un automa a Mark i programmi per la serata seguente e mentre il fotografo si consumava a ripetere a quanto fosse carino da parte di Alexa organizzare una cosa del genere, Margaret cercava di mantenere la calma e di iniziare a prepararsi all'idea di rivedere Alex.
Non era passato nemmeno un anno dal soggiorno a Liverpool, ma a lei quei mesi erano sembrati un'eternità.
Non aveva più voluto sapere niente di lui e Matt le aveva solo comunicato che lui si era trasferito a New York. Non aveva ritenuto necessario specificare che l'avesse fatto con Alexa, era ovvio. Durante il periodo della registrazione dell'album lei e il batterista si erano sentiti pochissimo e comunque parlavano sempre di tutt'altro. Era come se Alex non fosse mai esistito, anche se ogni tanto Matt provava a tastare il terreno. Margaret aveva sempre annullato ogni tipo di conversazione su Turner.
Sperava di riuscire a vedere il batterista un po' di più, visto che era tornata in Inghilterra, ma i ragazzi erano tornati in tour subito dopo la registrazione dell'album, quindi si stava rivelando tutto complicato e lei non sapeva minimamente che proprio in quei giorni non erano programmati concerti. Cercò di allontanare questi pensieri per potersi godere la serata con Mark, ma era veramente difficile perché nella sua testa si alternavano le immagini carpite quella mattina dalla finestra dello studio, le ultime parole che Alex le aveva rivolto e le parole che Alex aveva invece pronunciato in camera sua poco prima di baciarla.

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Capitolo 3
*** III ***


17 luglio

Mark aveva organizzato la giornata in modo tattico: avevano pochi giorni per visitare la città, così dovevano sfruttare il tempo al meglio. Visitarono le principali attrazioni della città spostandosi in metro o a piedi e questo aiutò Margaret a non pensare troppo alla cena di quella sera.
L'idea di fingersi stanca o febbricitante le attraversò la mente più volte di quanto non fosse già sbagliato di per sé, ma poi arrivava il desiderio di rivolgere la parola a quella sagoma che aveva visto dalla finestra dello studio: così differente, così cresciuta, così irriconoscibile.
Voleva sapere dove fosse finito il ragazzino che con i vestiti eleganti sembrava pronto per la prima comunione.
Tornarono in hotel a pomeriggio inoltrato: erano stanchi morti e il caldo non aiutava a stare su. Appena entrata in camera, Margaret si buttò sul letto a peso morto, mentre Mark si spogliò per farsi una doccia. La ragazza ammirò quel ragazzo, anzi uomo, visto che era molto vicino ai trenta: alto, biondo, il fisico asciutto e non troppo muscoloso, la pelle bianca e liscia.
Aveva origini tedesche e si notava benissimo dai capelli chiari e dai lineamenti eleganti e rigorosi del viso, spesso concentrato a osservare le cose in modo serio e analitico. Era una bella figura da osservare, anche in quel momento, mentre si grattava la testa guardando la valigia per scegliere cosa indossare.
"Mark, ti muovi? Devo farmi la doccia anche io." chiese Margaret dopo qualche secondo, quando si riprese dalla quella vista piuttosto piacevole.
Il ragazzo si voltò lentamente verso il letto e osservò Margaret, praticamente spiaggiata.
"Possiamo sempre farla insieme." rispose sorridendo.
"Mark!"
"Che c'è? Da quando siamo qui è già tanto se al mattino mi saluti decentemente!" Margaret sollevò la testa dal cuscino per vederlo meglio.
"Cos'è, ti senti trascurato?"
"Eh, un po'!" disse Mark avvicinandosi al letto.
"Ma come! Ci sono così tante modelle che pendono dalle tue labbra in questi giorni!"
"Sì, ma non fanno quello che mi fai tu di solito." era incredibilmente vicino al lato del letto su cui si era appoggiata Margaret.
"Vai a calmare i bollenti spiriti, dobbiamo prepararci e uscire, non abbiamo tempo per le nostre cose." Mark sorrise, non si aspettava niente di diverso da una risposta del genere.
In quei giorni Margaret era stata strana: non aveva mai apprezzato le dimostrazioni fisiche, ma da un po' si era addolcita, o forse ci aveva sperato sul serio quando la prima notte a New York aveva potuto abbracciarla per dormire, mentre in quei giorni era tornata il ghiacciolo al cedro dei primi tempi: fredda e acida.


 Quando uscì dal bagno per vestirsi, trovò Margaret sul balcone della stanza impegnata a fumare una sigaretta.
“Stai fumando troppo in questi giorni.” Fu la prima cosa che Mark disse..
“Succede.” La risposta di Margaret non si fece attendere. Spense la sigaretta nemmeno a metà e si rifugiò in bagno. Non aveva molta voglia di condividere lo stesso spazio con lui: la convivenza forzata non era mai stata una buona cosa per chi si frequentava da qualche mese senza troppe pretese.
Non avevano tempo da perdere, ma lei se ne infischiò: riempì la vasca fino all’orlo e ci si immerse per non uscire per almeno venti minuti buoni.
Aveva gli occhi chiusi e una gamba sul bordo della vasca fuori dall’acqua e si sarebbe volentieri addormentata in quella posizione scomoda, ma il sonno era l’ultima cosa che sentiva. Aveva gli occhi lucidi dal nervoso: Mark la infastidiva, Alexa le faceva salire sensi di colpa indicibili e la sagoma di Alex la tormentava. Per tutto il giorno era riuscita a limitare l’ansia, il nervoso, il panico, ma ora aveva bisogno di un momento per sé, per entrare nell’ordine di idee che da lì a due ore al massimo avrebbe incontrato Alexander.
Non sapeva quanto tempo fosse passato quando Mark bussò.
“Tutto bene lì dentro? Posso entrare?”
“Sì.” Rispose seccamente Margaret per poi coprirsi gli occhi con il dorso della mano.
“Marga…Stai ferma in quella posizione, non ti muovere, ferma, immobile.” Disse il ragazzo appena entrato in bagno. Margaret non capì cosa stava succedendo, ma non le interessava molto e non si mosse comunque più perché non volesse  e non perché glielo avesse chiesto Mark.
“Devo farti una foto.” Mark rientrò in bagno con la digitale di Margaret, abbasso la tavoletta del water e vi ci salì in piedi.
Dopo qualche scatto, Margaret perse la pazienza.
“Hai finito?”
“Sì, ora sì.” Rispose Mark scendendo dal cesso.
“Bene.” Margaret si alzò in piedi e iniziò a sciacquarsi, senza aspettare che Mark uscisse dal bagno.
Si bagnò prima di tutto la testa e visto che non si era struccata, il trucco sugli occhi iniziò a colare un po’. Mark restò a osservarla per qualche secondo, poi riaccese la macchina fotografica e fece qualche altro scatto, tanto lei era quasi di schiena e non poteva vederlo.
“Dovresti farti fare un book prima o poi.”
“E a che pro?”
“Per fermare almeno qualcosa nella tua vita.” Rispose Mark uscendo dal bagno.
Margaret avrebbe voluto chiedergli cosa intendesse con quella frase, ma non ne aveva bisogno, sapeva bene a cosa si riferiva, ma si sorprese del fatto che Mark fosse riuscito a vedere quell’aspetto di lei.



Non sapeva perché Alexa avesse così voglia di cenare fuori, ma l’assecondò, anche perché non avevo voglia di provare a convincerla a stare a casa. Avrebbe volentieri evitato quel ristorante, ma era così apatico in quel periodo che ormai non si sforzava nemmeno più a dire la sua opinione, tanto tutto si rigirava a suo favore: Alexa continuava a credere che il suo atteggiamento fosse segno di sintonia, ma si confondeva con l’indolenza.
Arrivati al ristorante, Alexa disse che aveva prenotato a nome Chung e alla coppia fu indicato un tavolo per quattro, un po’ in disparte. Non vedevano l’entrata del ristorante, vedevano solo parte della sala poco affollata quella sera.
“Alexa?”
“Sì?”
“Credo che abbiano sbagliato.”
“No, tesoro.” Rispose la ragazza accomodandosi.
“Abbiamo degli ospiti questa sera.”
“Chi?” Chiese Alex prendendo posto di fianco a lei.
“Lo vedrai, dovrebbero essere qui a momenti.”
Alex sbuffò silenziosamente; non aveva voglia di passare una serata con gli amici di Alexa. Aveva poca voglia di fare qualsiasi cosa in generale, ma non sopportava il fatto che Alexa sentisse il bisogno di portarselo dietro con l’inganno. Lui non avrebbe opposto resistenza, se lei gli avesse detto che quella sera sarebbe uscita con i suoi amici.
Tirò fuori il cellulare per scrivere un sms idiota a Miles e stava per premere invio, ma la sua mani si bloccò non appena sentì una voce.
“Oh mio dio, ma tu sei Alex Turner!” chiese Margaret.
Alexa si cacciò a ridere e si alzò per andare a salutarli, mentre Alex sollevò la testa lentamente.
Vedeva le immagini, ma sembrava che qualcuno avesse tolto il volume. Non sentiva una sola parola di quelle che si scambiarono i tre soggetti davanti a lui. Lei era lì, davanti a lui e stava scherzando con Alexa su qualcosa. Vicino a loro c’era un uomo alto, biondo che sembrava conoscere Alexa.
A un certo punto tutti e tre lo guardarono con aria interrogativa.
“Non vieni a salutarmi?” disse Margaret.
Alex sbatté le palpebre un paio di volte, sperando che l’immagine che aveva davanti agli occhi sparisse, ma  poi si alzò per raggiungerli.
Doveva dire qualcosa, ma non riusciva a formulare un pensiero compiuto; era incredulo e felice, perché lei era davanti a lui dopo mesi in cui si era praticamente perso nei labirinti della sua mente per cercare una risposta che conferisse del senso a quello che era successo loro, per colpa loro, per colpa sua. Erano stati mesi in cui aveva smesso di odiarla, perchè si era quasi dimenticato il perché la detestasse, riusciva solo a pensare a quel poco di bello che c’era stato tra loro, ma ora lei era davvero davanti a lui e l’odio e il desiderio, intrecciati inesorabilmente, erano tornati a covare qualcosa nella sua mente.
Entrambi sorrisero in modo fintissimo.
Stava guardando negli occhi Margaret che sembrava aver capito cosa gli stesse succedendo e quindi lo guardava in modo severo, per fargli capire che l’imbarazzo si stava trasformando in maleducazione agli occhi degli altri.
“Che bello rivederti!” Riuscì a formulare prima di abbracciarla.
“Sei contento della sorpresa?” Chiese Alexa ignara di quello che stesse succedendo davanti ai suoi occhi.
“Tantissimo.” Sussurrò Turner all’orecchio di Margaret, in modo che solo lei potesse sentirlo per poi sciogliere uno degli abbracci meno desiderati e calorosi della storia delle relazioni umane.
“Non me l’aspettavo minimante.” Disse poi il cantante rivolto a tutti.
“Alex, lui è Mark, il mio ragazzo.” Margaret presentò Mark guardando Alex negli occhi.
Il più grande tese la mano per stringere quella di Alex.
“Piacere.” Disse educatamente.
“Piacere tutto mio.” Rispose Alex in modo altrettanto educato agli occhi di Alexa e Mark, ma non a quelli di Margaret, la quale lo avrebbe volentieri picchiato in quel momento.
Dopo essersi presentato, Alex tornò a guardare Margaret, per osservarla del tutto, visto che si era concentrato solo sul viso in quei pochi istanti.
Indossava una canottiera bianca semplicissima, con una larga scollatura dalla quale risaltava l’abbronzatura. Da  poco sotto il seno partiva una gonna di lino color pesca lunga fino ai piedi, con degli spacchi innocenti sui lati. La sagoma della ragazza veniva ricalcata perfettamente e le immagini dell’ultima volta in cui si erano visti, tornarono a fare visita alla mente di Al.
I capelli erano raccolti, presumibilmente per il caldo, e alle orecchie aveva dei orecchini con delle piume. Per un attimo si aspettò di vedere le foglie che le aveva regalato lui.
Si accomodarono al tavolo e i due amici di lunga data finirono a sedere di fronte.

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Capitolo 4
*** IV ***


Per fortuna Alexa e Mark non erano due sociopatici con problemi relazionali e la conversazione all’inizio andò avanti molto per merito loro, se non solo per merito loro.
Alex mangiava silenziosamente e lentamente la sua portata molto poco invitante, mentre Margaret seguiva i discorsi del fotografo e della modella fingendo un qualche interesse per quel mondo.
Di tanto in tanto Alex riempiva i bicchieri di vino e sembrava che per quella sera avesse scelto quella come occupazione.
Margaret ogni tanto si azzardava a osservarlo e quando lo faceva, il suo gesto veniva prontamente intercettato dal cantante, che le sorrideva enigmaticamente di rimando, ma non le diceva niente e lei era interdetta da questo tipo di atteggiamenti.
A un certo punto Mark, che aveva notato la distanza di quei due, cercò un argomento di conversazione che potesse integrarli.
“Come vi siete conosciuti?”chiese innocentemente.
“Grazie a Matt, al liceo.” Disse Alexa credendo di sapere la verità.
“Al liceo.” Rispose contemporaneamente Margaret, sorpresa da una tale domanda.
“Mi ero preso una cotta per lei.” Puntualizzò il cantante. Mark e Alexa si girarono di scatto verso di lui, non aspettandosi una risposta così diretta e interessante.
Margaret, che aveva sollevato il calice per bere un sorso di vino, lo riappoggiò sul tavolo con calma, prima di guardare Alex.
“Davvero?” Alexa chiese sorridendo per il tono innocente con cui Alex aveva pronunciato quella frase.
“Già. E’ per questo che poi ha conosciuto Matt e gli altri.”
Margaret non sapeva dove volesse andare a parare e si stava agitando, ma cercò di controllarsi.
“Non lo sapevo! Non me l’avevi mai detto!” continuò Alexa.
“Bhè, non c’è molto da…” Margaret provò a intervenire, ma la sua voce fu coperta da quella di Mark.
“Ma tra voi non è successo niente?” Il fotografo era curioso, proprio come Alexa.
“Stavo appunto dicendo che non c’è molto da dire, mi interessavano altre cose.” Rispose prontamente Margaret per evitare che Alex creasse altre situazioni imbarazzanti.
“Bhè, dire che dopo la cosa con Matt, il concetto è diventato abbastanza chiaro.” Continuò Alex.
Margaret lo guardò allarmata, ma lui osservava il calice davanti a sé. Sentiva lo sguardo dei tre addosso, ma in particolare sentiva la paura di Margaret, sentiva il desiderio della ragazza di scappare da quella situazione orrenda e si divertiva tantissimo.
“Cosa è successo con Matt?” Un’altra domanda, ma questa volta da parte  di Alexa.
“Sono andati a letto insieme per un periodo.” Rispose semplicemente Al.
Mark si girò a guardare Margaret per capire se Alex stesse scherzando o stesse dicendo sul serio.
Davanti ad un atteggiamento così poco collaborativo, Margaret poteva solo limitare i danni e comportarsi come se tutte quelle faccende appartenessero all’adolescenza, così iniziò a parlarne con disinvoltura, per non creare sospetti per l’atteggiamento infantile di Alex.
“Sì, una cosa senza impegno che è finita non appena Matt ha incontrato un’altra ragazza con cui avere una relazione seria.”
“Ah, è questo quello che ti ha detto?” Alex ora guardava Margaret con interesse.
“Cosa intendi dire?” La conversazione era stata monopolizzata dai due più giovani, anche se Alexa e Mark non si facevano sfuggire una sola parola.
“In realtà ha chiuso la vostra particolare relazione perché aveva capito tutto.” Disse Alex tranquillamente, giocherellando con il tovagliolo.
“No.”
“Già.”
“Non è possibile.”
“Te lo giuro, però ti assicuro che io non gli avevo chiesto niente.”
Alexa e Mark ascoltavano questa conversazione come se stessero assistendo a una partita di tennis. Non sapevano niente, non potevano intromettersi, ma si stavano divertendo da morire, pensando che certe vicende appartenessero a un passato troppo lontano per essere pericolose per loro.
Margaret stava per iniziare a insultarlo violentemente, ma si trattenne e restò in silenzio, sperando che la conversazione si esaurisse in quel modo, mentre Alex stava solo aspettando una domanda dei due spettatori seduti al suo tavolo per continuare quell’odioso teatrino e Alexa non lo deluse, perché dopo qualche secondo tornò alla carica.
“Ma quindi, oltre Miles, anche Matt?”
“Chi ti ha detto di Miles?” Alex non si aspettava qualcosa del genere. Margaret quasi si soffocò con il boccone che aveva in bocca.
Mark taceva, interessato a questo nuovo personaggio.
“Bhè, a Glasto vi ho visti andare via insieme e quindi…pensavo…sapete com’è.” Alexa non pensava che l’argomento Miles fosse così pericolo, ma le reazioni di Margaret e Alex erano piuttosto inequivocabili.
“Ero ubriaca fradicia, non è successo nulla quella notte.” Margaret se la cavò con poco, perché non era difficile raccontare di Glasto 2007, non era effettivamente successo nulla.
“Voi a cosa vi riferivate?” Chiese Mark, a cui non era sfuggita la frase di Alex.
“Diciamo che si sono rivisti.” Rispose Alex divertito per come stava andando quella conversazione. Poteva torturare Margaret in pace, senza che lei potesse tirare fuori discorsi sconvenienti, era disarmata.
“Ho sempre pensato che sareste stati una bellissima coppia insieme. Scusami Mark, ma dovevo dirlo.” Disse educatamente Alexa.
“Già, bellissimi. Non ho mai capito perché poi tra voi non sia andata avanti la cosa.” Rincarò la dose Turner.
Margaret si ripromise di tirargli un pugno in faccia alla prima occasione disponibile. Bevve un sorso d’acqua mentre Mark si informava su chi fosse questo Miles e gli veniva fatto sapere da un loquace Turner che si trattava del suo migliore amico.
“Mah, tante cose. Penso soprattutto per colpa della distanza e per il fatto che non potrei mai fidarmi di un musicista, sono inaffidabili.” Rispose Margaret con spontaneità: era un colpo diretto in faccia ad Alex, ma il cantante non reagì.
“Dai, Margaret non generalizzare. Guarda noi due.” Alexa era sul serio convinta di quello che stava dicendo, non c’era ombra di incertezza nella sua voce e Margaret si sentì una stronza a dover cacciare via una fragorosa risata.
“Io non riuscirei mai a mentirle.”  Queste parole di Alex furono accompagnate un suo braccio che cingeva le esili spalle della modella, mentre i suoi occhi incontravano quelli a mandorla di Alexa.
La risata che Margaret aveva faticato a reprimere svanì immediatamente: un conato di vomito era più appropriato per descrivere quello che sentiva davanti a un atteggiamento simile da parte di Alex.
“Siete bellissimi, si vede che siete in sintonia.” Mark non finì di pronunciare questa frase, che l’istinto omicida di Margaret si era già catalizzato verso di lui, ma, come sempre, si trattenne. Non era il luogo o il momento adatto per sfogarsi.
“Già, vero. Pensa  che lui si è trasferito qui solo per lei da quello che mi hanno detto.” In realtà Matt aveva accennato ad altri motivi, ma Margaret non aveva voluto sentirli e ora si ritrovava a sorridere in modo finto davanti a quel quadretto altrettanto finto e penoso.
“Io mi sarei trasferito ovunque per lei.” Gli occhi di Alex si erano staccati da quelli ipnotici di Alexa, per tornare a guardare i suoi interlocutori.
“Non ho praticamente nemmeno dovuto chiedere. Aveva già le valigie pronte dal primo momento in cui gli aveva accennato la possibilità di venire qui.” Alexa aveva afferrato la mano che penzolava dalla sua spalla, la mano di Alex.
“E’ raro trovare qualcuno disposto a farlo.” Disse Margaret, rassegnata a dover sopportare la vista di quei due.
“E’ raro trovare la persona giusta per cui farlo.” Dopo questa frase di Alex, dolorosa e cattiva, diretta esattamente contro Margaret, senza pietà o compassione, la ragazza non riuscì più a fingere nessun tipo di sorriso, nemmeno quello più finto.
“Scusate, vado un secondo in bagno.”
Mark e Alexa non si preoccuparono minimamente di tale reazione, e nemmeno Alex in realtà, troppo impegnato a sentirsi soddisfatto per averla affondata, forse per la prima volta in anni.
In bagno cercò di farsi passare il vomito e si passò dell’acqua fredda sui polsi e la nuca.
Tornò al tavolo rinata, i nervi saldi e con un solo desiderio: farla pagare ad Alex.
Iniziò a pensare a un modo per infastidirlo: non poteva appiccicarsi a Mark perché era prevedibile e scontato e perché poi Alex avrebbe immediatamente capito il giochetto e in più Mark si sarebbe insospettito troppo.
Alexa e Alex avevano smesso di stare appolipati e Alex era tornato silenzioso e si stava concentrando sul suo dolce, assorto nei suoi pensieri, mentre Alexa e Mark parlavano degli scatti del giorno successivo.
Margaret si sfilò una scarpa col tacco molto lentamente e poi, sperando di non sbagliare bersaglio allungò la gamba fino a raggiungere qualcosa che assomigliasse alla gamba di Turner. Capì di aver c’entrato bersaglio quando Alex sollevò la testa di scatto nella sua direzione. Margaret iniziò a muovere il piede lungo la gamba di Alex e per un attimo credette di vederlo in difficoltà, ma lui portò una mano sotto il tavolo senza destare sospetti e con la punta del dito accarezzò la caviglia di Margaret.
La ragazza ritrasse immediatamente la gamba e rinfilò il piede nella scarpa. Alex le sorrise da sotto tutti quei capelli lunghi e riprese a fissare il suo dolce.

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Capitolo 5
*** V ***


“Che ne dite di andare a bere qualcosa?” Alexa propose fuori dal ristorante. L’ultima cosa che Margaret voleva fare era restare con quei due.
“Sarebbe meglio di no, sai domani vorrei alzarmi presto per andare a fare un giro e visto che Mark è con te, vorrei evitare di sbagliare fermata di metro perché mi sono addormentata.”
“Ti accompagno io, così eviti di perderti!” Si intromise Alex con disinvoltura.
“Ma, no, non c’è bisogno, non disturbarti.” Margaret provò a rifiutare la proposta senza sembrare scortese ed evidentemente ci riuscì molto bene, perché Alexa continuò.
“Allora è deciso! Stasera venite con noi a bere qualcosa e domani non ti perdi in giro per questa città, perché tanto ti accompagna Alex.”
Mark parve tentato da una proposta del genere e Alex annuì in modo convinto.
Margaret pensò di essere in un film dell’horror, in un incubo: Alex aveva il viso innocente e faceva proposte cattive, la Chung le incoraggiava e Mark era tranquillo.
Sorrise rassegnata e vide Alex sospirare impercettibilmente, come se avesse trattenuto il respiro per tutto il tempo dopo la sua proposta di accompagnarla. Pensava di avere esagerato e di aver destato sospetti, ma Alexa era accecata o stupida, non lo aveva ancora deciso.
“Le mie amiche sono in un posto qui vicino, si raggiunge a piedi!” annunciò la modella e iniziò a incamminarsi con Alex al suo fianco, che le aveva prontamente preso la mano.
Margaret camminava di fianco a Mark e non diceva una parola, fumava nervosamente, anche se cercava di apparire tranquilla. Mark aveva semplicemente passato un braccio attorno alle spalle della ragazza e camminava osservando la città di sera, interessato a ogni novità. Non si accorse che Margaret era stranamente silenziosa e la ragazza ringraziò qualsiasi entità divina esistente per questa cosa, ma aveva bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi, qualcuno di buono, qualcuno che non volesse farle del male e così passò un braccio attorno alla vita di Mark.
Arrivarono in un locale abbastanza grande, ma non molto pieno, forse perché le persone che c’erano occupavano la metà dello spazio che avrebbero dovuto occupare: la maggior parte dei presenti era composta da modelle, ma di tanto in tanto si intravedeva qualcuno la cui massima occupazione non fosse quella di apparire bella.
Alex si mosse subito verso il bar per procurarsi dell’alcool, mentre gli altri tre restarono qualche secondo all’ingresso.
“Mark, devo presentarti assolutamente delle persone! Sono dell’ambiente e sono contatti che potrebbero tornarti utili.”
“Vieni con noi?” Chiese Mark a Margaret.
“Magari vi raggiungo tra un po’, vado a prendere un cocktail.” Rispose Margaret e Mark le lasciò un bacio tra i capelli prima di allontanarsi con Alexa.
Margaret iniziò ad aggirarsi per il locale, sperando di non incrociare Turner e aveva già visto una poltroncina libera vicina, quando qualcuno le mise una mano sul fianco.
"Eccoti." Il cantante l’aveva intercettata e le stava stringendo la carne del fianco per non farla allontanare. Margaret sollevò il braccio per tirargli uno schiaffo, ma Alex le afferrò il gomito.
“Alex, lasciami stare.” Alex era estremamente vicino e reggeva una birra; la cantante guardava nella direzione opposta con il viso.
“Fatti offrire da bere.”
“Non mi va.” Quella di Alex non era una domanda o una proposta, ma un ordine e trascinò la ragazza verso il bancone sempre tenendola per il braccio, ma allentando leggermente la presa.
“Cosa prendi?” Chiese Alex sorridendo in modo finto davanti al barman in attesa.
“Un long island.” Rispose Margaret di getto. Sia il barista che Turner la guardarono scioccati.
“Non è un po’ troppo pesante?”
“Spero che faccia l’effetto che voglio. Vomitarti addosso.”
Il barman si mise a ridere, ma iniziò comunque a preparare il drink.
“Che bella sorpresa rivederti qui dopo così tanti mesi.” Alex aveva riacquistato un po’ di civiltà e parlava tranquillamente.
"Perché, ci vedi da sotto tutti quei capelli?" Rispose Margaret girandosi a guardarlo.
"Abbastanza bene da finalmente poterti sognare vestita forse una di queste volte." Disse con naturalezza il cantante.
"Alex." Margaret non si aspettava una risposta del genere e pronunciò il suo nome come se volesse rimproverarlo.
"Che c'è? Non è colpa mia se nei miei sogni vai in giro per casa nostra in mutande."
Margaret non rispose all’ennesima provocazione, anche perché quella frase metteva bene in evidenza Alex: la possessività, il suo problema con Margaret, la finta innocenza.
"Ti metto in imbarazzo per caso? Sai, riesco perfettamente a vedere la tua piccola cicatrice nei miei sogni. A volte mi azzardo anche a passarci le labbra sopra per sentirti rabbrividire. Cosa ti infastidisce di più? Il fatto che tu sia nuda o il fatto che tu sia a casa nostra?"
Margaret rabbrividì sul serio alle parole di Alex.

La ragazza aveva una piccola cicatrice sul seno sinistro, a lato, non molto visibile. Le dava fastidio quando qualcuno la notava o la toccava e Alex puntualmente l'aveva vista in una delle sue ispezioni meticolose del corpo di Margaret durante l’unica notte trascorsa insieme.
Appena si era azzardato a passarci le dita sopra delicatamente, Margaret l'aveva fermato, prendendogli la mano.
"Perché?" le aveva chiesto con aria innocente.
"Perché mi dà fastidio."
"Come te la sei procurata?"
"Al mare, quando ero più piccola. Stavo scappando da un ragazzo che mi rincorreva per gioco e non ho visto una parte appuntita dello scoglio attraverso cui stavo passando."
"Ha fatto tanto male?"
"Non subito, perché stavo giocando e avevo dell'adrenalina in circolo, però dopo un po' ha iniziato a bruciare." Margaret non riusciva a capire perché ad Alex interessasse così tanto la storia di quel piccolo segno e per farlo tacere si avvicinava per baciarlo, ma Alex le concedeva brevi baci a stampo tra una domanda e l’altra per poter tornare a parlare e curiosare.
"E perché ti infastidisce se qualcuno gli si avvicina?"
"Perché è un punto in cui la pelle è delicata e, anche se so che non succede, ho l'impressione che si possa riaprire da un momento all'altro. So che non succede, ma non posso farci niente."
Alex sorrise, non per prenderla in giro o in modo compassionevole, ma perché era un'altra cosa che ignorava di Margaret, un'altra cosa che la faceva apparire più umana e debole.
Liberò le dita intrappolate dalla presa di Margaret e tornò ad avvicinarsi alla cicatrice, spostando la mano di Margaret, pronta a fermarlo di nuovo.
"Lascia." disse in modo tranquillo e Margaret lasciò perdere. Lo sguardo di Alex era concentrato su quel piccolo pezzo di pelle, come se ci vedesse qualcosa di straordinario, anche se era una semplice cicatrice. Le dita del cantante iniziarono ad accarezzare la pelle che circondava quel segno, sempre molto vicine alla cicatrice, ma mai così vicine da toccarla, poi Alex avvicinò il viso al seno di Margaret.
La ragazza sussultò, ma non si mosse e Alex fece finta di non notare niente e molto lentamente posò le labbra sulla cicatrice. Non era propriamente un bacio, all'inizio assomigliava di più a un sospiro lasciato a fior di pelle, ma poi si trasformò in qualcosa di più approfondito, perché con la punta della lingua Alex seguì il profilo della cicatrice.
"Al..."
"Fastidio?"
Era un punto sensibile del suo corpo, poco abituato soprattutto a ricevere determinate attenzioni e il contatto non era stato fastidioso, anzi, il contrario, ma a Margaret comunque si attorcigliava lo stomaco, come quando era concentrata a non muoversi magari durante un'iniezione ma intanto aveva paura per il male che le avrebbe potuto procurare l'ago.
"No, però smettila."
"D'accordo, assaggerò altro." rispose tranquillamente Alex e prima che Margaret potesse capire il reale significato di quelle parole, le labbra di Alex erano scese lungo la pancia per raggiungere il basso ventre, mentre le mani spostavano le lenzuola che coprivano i loro corpi nudi.
"Al, Alex, fermati, Al."Alex sollevò la testa perché Margaret aveva infilato una mano tra i suoi capelli e stava tirando.
“Perché no?” Chiese il cantante prima di lasciarle un bacio sulla coscia sinistra.
Margaret non sapeva dirgli un motivo particolare per cui non dovesse, semplicemente non ce lo vedeva, non riusciva a figurarselo in una situazione del genere, anche se ci aveva appena fatto l’amore.
La risposta più semplice sarebbe stata ‘Non mi va’, ma non era del tutto vero, anzi non era vero per niente.
Alex aspettò qualche secondo per una risposta guardandola negli occhi, ma poi sorrise dell’esitazione della ragazza, le fece un occhiolino e tornò a dedicarsi all’operazione che aveva deciso di intraprendere prima che Margaret lo fermasse.





 Quell'immagine la colpì in pieno e ci mise qualche secondo a riprendersi per rispondere e sapeva che Alex aveva ripensato alla stessa scena dell’ottobre precedente e si sentì completamente scoperta davanti a lui, come se fossero tornati entrambi per qualche istante in quella camera d'hotel, sotto le lenzuola del grande letto di Alex.
"Non ti rispondo nemmeno." Provò a evitare il tutto con una risposta banale.
"No Margaret, rispondimi." Disse Alex accennando un sorriso prima di bere un sorso della sua birra.
"E va bene, Alex. La cosa che mi infastidisce di più sei tu che non capisci perché io abbia detto certe cose." Sputò fuori Margaret velocemente cercando di guardare da un’altra parte.
"Perché hai paura. Non vuoi impegnarti. Con nessuno, nemmeno con Mark sembra una cosa seria, solo che con me hai la scusa facile. E guardami quando ti parlo."
"Alex, vai avanti. Sono passati mesi ormai." Margaret non aveva voglia di discutere con una persona che non aveva voglia di parlare seriamente, che aveva voglia solo di discutere, di sputare sentenze e soprattutto che aveva voglia di giocare con lei per il gusto di vederla in difficoltà.
"Se è per questo sono passati anni, eppure siamo ancora qui a discutere." Alex non mollava la presa, aveva la risposta pronta e non perdeva nessuna occasione.
"Non staremmo discutendo se tu non ti fossi fissato." A Margaret sfuggì questa frase e ne pentì immediatamente perché sapeva che questo avrebbe provocato una reazione spropositata da parte di Alex.
"Non osare, non provare a scaricare la colpa su di me. Tu hai tenuto le fila di questa cosa sin dall'inizio.  Tu mi hai usato come pupazzo e poi mi hai cestinato come tutti gli altri. Peccato che io non sia come tutti gli altri." Turner aveva sputato fuori queste frasi con quanta più cattiveria potesse e si era avvicinato a lei perché aveva abbassato il tono di voce, come se le stesse rivelando un segreto.
"No, tu sei più stronzo." Margaret lo guardava negli occhi mentre pronunciava queste parole e lei non aveva abbassato la voce.
"No, è diverso. Io sono il tuo bersaglio preferito e non so se la cosa mi lusinghi o mi faccia incazzare." Alex si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio nervosamente.
"Non fare la vittima. Io non sarei mai venuta a letto con te se tu non ci avessi provato." La ragazza stava riacquistando un po’ di sicurezza e Alex sembrava risentirne.
"Bugiarda. Mi stai guardando le labbra da quando ho iniziato a parlarti. Perché sussulti tutte le volte che mi avvicino?" In quel momento Alex spostò i gomiti dal bancone e si avvicinò a lei. I loro visi erano veramente vicini e Margaret trattenne il respiro.
"Perché mi fai paura." La ragazza sussurrò la risposta, una bugia, come spesso accadeva.
"Bugiarda. Il tuo corpo mi sta implorando di portarti via da questo posto." Disse Alex passandole la punta delle dita sul braccio scoperto e procurandole la pelle d’oca.
"Il mio corpo sta per tirarti una sberla." Margaret non sapeva dove stesse pescando tutta quella lucidità per questo tipo di risposte acide.
"Quindi, se io provassi a baciarti ora, mi beccherei uno schiaffo, giusto?" Alex si faceva sempre più vicino.
"Non lo faresti mai." Margaret era scissa: da una parte voleva che Alex lo facesse, il suo profumo le stava facendo girare la testa, o forse era solo il cocktail, ma dall’altra sapeva che non potevano assolutamente permettersi di stare così vicini.
"Hai ragione, non lo farei mai, però non hai risposto alla mia domanda." Alex sembrò leggerle nel pensiero. Si allontanò da lei, ma sorrise perché Margaret aveva un’espressione colpevole.
"Cosa vuoi che ti dica Alex? Che da quella notte insieme ho provato a dimenticare tutto in qualsiasi modo ma che non ci sono riuscita? Che ripenso tutti i giorni alle mie parole e mi maledico per averle dette? Che per settimane ho represso il desiderio di chiamarti? Che sto evitando di ascoltare la canzone nuova perché ho letto il titolo e tanto mi è bastato per aver paura di sentire dei riferimenti a noi due? È questo quello che vuoi? Bene, è così. Sei contento adesso?" Margaret era crollata sotto il peso di quel sorriso enigmatico. Non era riuscita a tenersi dentro quelle parole, anche se ci aveva provato per un po’.
"Più che contento direi soddisfatto. Siamo sulla stessa barca." Alex si era girato verso la folla e aveva appoggiato la schiena al bancone. Sembrava un’altra persona.
"È andata a fondo la barca. Con tutta la ciurma a bordo. Abbiamo rovinato qualsiasi cosa. Non si può salvare più niente." Margaret guardava il fondo del suo bicchiere, forse sperando di trovarci la soluzione al loro problema. Non sapeva definirlo, ma sapeva che c’era.
"Come sei drastica! Domani mattina salviamo un po' di tempo almeno."
"Domani non ci vengo in giro con te, scordatelo!" Margaret si mise nella sua stessa posizione ad osservare la gente ballare spensierata e provò a rilassarsi.
"Ma come! Io volevo mostrarti il posto in cui vado quando nessuno sa se è giorno o notte." Il tono di Alex era cambiato notevolmente; era tranquillo, tutto il rancore era sparito dopo la rivelazione di Margaret e adesso provava anche a fare il simpatico.
"Pensi di comprarmi con questo tipo di citazioni?" Margaret si arrese e sorrise suo malgrado; la tensione l’aveva abbandonata e non aveva la forza di continuare a discutere.
"Dimmi che te l'aspettavi. E sii sincera, ora puoi permettertelo." Alex si girò verso di lei e le sorrise in modo autentico forse per la prima volta in tutta la serata e lei non se la sentì di negargliene uno a sua volta.
"Quanto sei idiota." Gli tirò una pacca sulla spalla.
"Immagino che Central Park te l'abbia già mostrato il fotografo." Chiese Alex senza premurarsi di chiamare le persone con il proprio nome.
"Sì, Mark mi ci ha portato." A Margaret non sfuggì questo atteggiamento di Alex e chiamò il fotografo per nome.
"E allora domani facciamo un giro alternativo." Annunciò Alex prima di indicare Alexa e Mark che si dirigevano nella loro direzione.

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Capitolo 6
*** VI ***


Il mattino seguente Alex stava aspettando Margaret e Mark fuori dallo studio insieme ad Alexa. Stava fumando una sigaretta, sia per il nervoso, sia per far tacere il suo stomaco che si lamentava per la fame. La coppia non aveva fatto colazione, Alexa non la faceva mai e Alex era rimasto a letto qualche minuto in più e non aveva fatto in tempo a raccattare qualcosa, come se ci fosse traccia di cibo commestibile nella casa che condividevano.
I due turisti arrivarono camminando mano nella mano. Margaret indossava una gonna nera lunga fino al ginocchio, una canotta azzurra e un cappello nero a tesa larga. Da sotto il capello si intravedevano degli occhiali da sole neri e il sorriso bianco e spensierato della ragazza che rideva e scherzava con Mark.
Al collo portava la macchina fotografica e ai piedi delle Converse nere alte.
Alex non degnò di uno sguardo la figura di fianco a lei, troppo impegnato com'era a godersi ogni singolo centimetro di quella visione.
Il cappello era una cosa insolita, ma le stava bene, anche se nell'insieme gli veniva da ridere per come si era conciata. Era una turista europea e voleva farlo notare a tutti i costi.
“Buongiorno, raggi di sole!” Esordì Margaret quando fu abbastanza vicina alla coppia che stava aspettando.
“Ciao splendore! Stai benissimo con quel cappello!” Rispose Alexa con un sorriso sincero.
Alex non aprì bocca, ma si limitò a fare un cenno con la testa.
“Perdonate il ritardo, ma la principessina ci ha messo più del dovuto a vestirsi!” Si scusò Mark.
“Non ti preoccupare, tanto senza Alexa i lavori non partono, non sei in ritardo.” Disse Alex guardando la sigaretta che stava schiacciando con la punta del piede.
Margaret ingoiò un insulto e un sospiro infastidito e si costrinse invece a sorridere educatamente, ma Alex notò che era uno dei suoi sorrisi falsi e accondiscendenti. Si chiese quale risposta acida avesse messo a tacere e sorrise di rimando, sempre per sfottere.
“Andiamo? Prima iniziamo, prima finiamo!” Propose Mark lasciando la mano della sua ragazza e indicando il portone alla modella.
“Volentieri!”
Le due coppie si salutarono in modo molto diverso. Alex lasciò un leggero e veloce bacio sulla fronte di Alexa, mentre Margaret si tolse il cappello per riuscire a stampare un bel bacio con lo schiocco finale sulle labbra del fotografo.
Alex deglutì in modo rumoroso, ma nessuno se ne accorse. Inforcò gli occhiali da sole e invitò Margaret a seguirlo con un gesto del braccio.
“Fate i bravi!” Disse la ragazza per salutare i due che avrebbero passato gran parte della giornata a lavorare, al contrario loro che se ne sarebbero stati a zonzo.

I primi minuti trascorsero in silenzio, i due camminavano uno di fianco all’altro senza emettere un suono: Margaret si guardava attorno, mentre Alex fissava un punto indefinito davanti a sé da dietro gli occhiali da sole.
“Dove andiamo?” chiese la ragazza, che si snervava facilmente quando c’era del silenzio, soprattutto in compagnia di Turner.
“Stavo cronometrando quanto ci avresti messo a chiedermi qualcosa.” Rispose Alex sorridendo.
“Scusami, da ora taccio.” Fu la risposta acida della ragazza.
Ci era riuscito anche questa volta: la frase di Alex era un modo per farle capire che la conosceva e sapeva benissimo che non sarebbe rimasta in silenzio, perché aveva bisogno di parlare, chiedere, sapere e invece l’aveva fatta innervosire, perché l’aveva fatta apparire logorroica e pesante.
“Dai, Margaret, non volevo dire che parli sempre, lo sai…” Alex iniziò a giustificarsi, ma Margaret non gli diede il tempo di finire, perché sollevo l’indice della mano, per richiamare la sua attenzione e fargli capire che ormai la stronzata gliela aveva detta.
Come sempre quando erano insieme, erano nervosi e mal disposti, ma Alex non si sarebbe di certo fatto rovinare la giornata dalla prima battuta uscita male.
Le prese il cappello, facendola spaventare, ma la ragazza, a parte la sorpresa iniziale, non reagì, ma continuò a camminare senza guardarlo.
Alex intanto si era fermato vicino a un bidone dell’immondizia, ma lei non lo aveva notato.
“Guarda che lo butto se mi tieni il muso.”
Margaret si girò a guardarlo: stava sorridendo in modo idiota e teneva il cappello sospeso sopra il bidone, pronto a farlo cadere. Si tolse lentamente gli occhiali, per far notare lo sguardo d’odio nei suoi occhi.
“Provaci.”
“Non lo faccio, solo perché poi peggioro la situazione, ma tu non fare l’acida.” Alex la raggiunse, si piazzò davanti a lei e le appoggiò il capello sulla testa. Erano molto vicini, uno di fronte all’altro e la cosa sembrava disturbare solo la ragazza, che guardava in basso, mentre Turner le sistemava il cappello con cura. Quando ebbe finito, prese una ciocca di capelli di Margaret e ci giocò un po’.
“Pace?” chiese a bassa voce.
“S-sì, tanto abbiamo tutto il giorno per discutere.” Rispose Margaret, che intanto non aveva accennato a sollevare lo sguardo.
“Comunque stiamo andando a fare colazione, perché sto morendo di fame!” Disse Alex riprendendo a camminare.
“Ma io non sono venuta a New York per mangiare!”
“Se è per questo, non sei venuta qui nemmeno per vedere me, eppure adesso sei con me, quindi andiamo a fare colazione.”
“Sei un dittatore!” Margaret camminava al suo fianco con le braccia conserte per manifestare il suo dissenso.
“Se fossi un dittatore, in questo momento non saremmo per strada a camminare, ma in un altro luogo, con molta meno gente.” Disse Alex sorridendo in modo allusivo.
“In quel caso saresti un maniaco!” rispose Margaret tirandogli una pacca sulla spalla.
“Perché pensi male? Intendevo un negozio di dischi!”
“Sì, certo. Come se il tuo sorriso allusivo potesse essere in qualche modo equivocabile.”
“Comunque possiamo prendere da mangiare e andare in giro, non ti costringerei mai a stare in una caffetteria.” Propose Alex dopo qualche metro coperto in silenzio.
“Come minimo!”
"So che mi avevi detto che non volevi niente da mangiare, ma ti ho preso un cappuccino e dei cupcake. Non replicare, non posso mangiarti in faccia." disse Alex porgendole un bicchierone e una busta.
Margaret aprì la busta e osservò i dolci.
"Mmm, cupcake...cos'è? Speri che te la dia come l'ultima volta?" rispose Margaret.
Alex la guardò sorpreso per la battuta inaspettata.
"No, sono certo che tu possa venire a letto con me anche senza dolcetti pieni di coloranti e schifezze, ma non sono interessato all'affare." disse il cantante riprendendo a camminare soddisfatto per la risposta che era riuscito a rifilare a Margaret.
I due camminarono in silenzio per qualche minuto. Di tanto in tanto bevevano un po' dai loro bicchieroni pieni di intrugli alla caffeina e osservavano le vetrine dei negozi.
"Dove stiamo andando di preciso?" chiese Margaret curiosa.
"In un parco.”  rispose Alex.
"Central park?"
"No, un posto molto meno famoso e con meno turisti. Potrebbe trovarsi in una qualsiasi città del mondo. Ci vanno gli abitanti della zona. Ci sono gruppetti di ragazzi che giocano a calcio, genitori con bimbi, insomma, un posto normale."
"E tu come fai a conoscerlo?" la ragazza era curiosa.
"L'ho trovato per caso. Odio il caos dei posti affollati e rumorosi. Ogni tanto ho bisogno di normalità e in questa città non è subito facile da trovare, ma per fortuna ci abitano anche persone normali.”
Margaret ascoltava interessata le parole di Alex, perché per lei era come ascoltare una persona nuova, appena conosciuta.
Ancora si chiedeva se sotto quei capelli lunghi e quella camicia elegante si nascondesse il ragazzo indie di Sheffield, ma evidentemente era così.
"Eccoci arrivati." disse Alex dopo qualche minuto, indicando un cancello non troppo grande, che dava su degli scalini. Ai lati del cancello c'era una muraglia bassa di pietra, che lasciava intravedere benissimo un gruppo di grandi alberi sotto cui si poteva trovare dell'ombra e uno spiazzo piuttosto grande di distesa di erba.
A quell'ora del mattino non c'era molta gente, ma qualcuno che leggeva prendendo il sole in costume da bagno, popolava la parte sprovvista di ombra.
Sulle panchine riparate dal sole c'erano gruppi di vecchi che chiacchieravano o lupi solitari che volevano leggere il giornale in santa pace.

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Capitolo 7
*** VII ***


"Pronto?" rispose una voce ancora impastata per il sonno.
"Miles?" Chiese una ragazza senza avere molti dubbi sull'identità del ragazzo che aveva risposto, visto che solo lui poteva essersi appena svegliato alle quattro di pomeriggio.
"Con chi ho il piacere di parlare?"
"Sono Margaret!" disse la ragazza a voce alta per dargli un po' di fastidio.
"Ooh, carissima ragazza! Da quanto non ti vedo in giro! Come stai?" Miles non parve minimamente infastidito dal tono della ragazza, anzi era molto contento di sentirla.
"Io sto bene e tu?"
"Tutto...bene" disse Miles tra uno sbadiglio e l'altro.
"Senti... ti chiamo perchè sono a Liverpool con mia cugina per qualche giorno e volevo sapere da te se conosci dei posti carini in cui andare la sera per bere qualcosa..."
"Margaret, sei una ragazza estremamente fortunata! Anche io sono a Liverpool e con un mio amico per giunta!"
"Che culo" rispose Margaret in tono sarcastico, cercando di coprire la preoccupazione sull'identità dell'amico di Kane.
"Stai tranquilla, non è quell'amico...e comunque  direi che ti ho risolto il problema. Stasera vi porto in un bel localino!" fece Miles per rassicurarla.
Margaret tirò un sospiro di sollievo mentale e la telefonata continuò tra i due per sistemare i dettagli dell'appuntamento per quella serata tra una battuta sarcastica qua e là di Margaret e un commento gaio di Miles lasciato in giro.


Quando il taxi arrivò sotto l'hotel delle ragazze, Margaret notò immediatamente che in macchina c'era qualcun'altro oltre al conducente e Miles e per un attimo, una sola frazione di secondo, si spaventò, ma poi riflettè subito sul fatto che non potesse essere Alex, era impossibile.
Subito la sua teoria venne confermata, perchè appena lei e Elizabeth si accomodarono sul sedile posteriore di fianco a Miles, il ragazzo seduto davanti di fianco al tassista si girò a presentarsi.
"Piacere, sono Liam" disse.
Margaret porse la mano e sorrise al ragazzo, ma non lo vedeva bene, perchè l'abitacolo dell'automobile era buio. Lo stesso fece Elizabeth mentre Miles precisava al tassista l'indirizzo da raggiungere.
"Dunque, Kane, dove ci porti?" Chiese Margaret non appena la macchina partì.
"Piacere, sono Miles" disse Kane allungando la mano verso Elizabeth e ignorando la domanda di Margaret. La cugina della ragazza rispose alla stretta di mano e sorrise al cantante.
"Andiamo in un locale in cui mettono bella musica su cui ballare, contenta? Scommetto che ovunque tu viva in questo momento, non ci sia niente del genere..."
"Se scommetti, perdi. Nella città in cui abito in questo momento ci sono molti locali che mettono solo Smiths, Stone Roses, Oasis, Beatles, Rolling Stones... non credere di fare il figo solo perchè sei di Liverpool." Commentò Margaret.
William si girò.
"Tu vivi a Manchester." Non era una domanda, ma un'affermazione.
Elizabeth scoppiò a ridere perchè tutta l'aura di mistero che Miles e Margaret avevano costruito attorno alla città era svanita in un secondo.
"Come hai fatto?" Chiese Margaret.
"Le prime tre band che hai nominato sono di Manchester e le altre due band non potevi non nominarle, perchè nessuno osa non citarle, però hai dimenticato qualcuno quando hai parlato di Manchester..." spiegò tranquillamente Liam.
Miles sorrise, ma non disse nulla e Margaret rimase con la bocca socchiusa, non sapendo bene cosa dire; non le veniva in mente nessun'altro in quel momento ed era ancora sconvolta dalla perspicacia di Liam per riflettere attentamente.
"I courteeners, Margaret! Hai pure tutti gli album a casa!" Intervenne Elizabeth.
"E mi sembra di ricordare che i primi due li hai presi a Liverpool l'anno scorso, no? Quando eravamo con"
"Sì, ti ricordi bene, Kane" lo interruppe Margaret prima che potesse specificare con chi erano in quei giorni.
"Faresti bene a non dimenticarli in ogni caso" concluse il discorso il ragazzo seduto sul sedile anteriore.
La conversazione in macchina proseguì sulla scelta di Miles di mettersi dei pantaloni bianchi che sembravano skinny presi nel reparto da donna di un negozio di abbigliamento.
Arrivati a destinazione, Liam pagò il taxi e uscì di fretta dall'automobile per andare ad aprire da vero gentiluomo la portiera alle ragazze, mentre Miles non si preoccupò minimamente nemmeno di lasciare aperto lo sportello nel caso in cui Margaret avesse scelto di scendere dalla sua parte.
"Miles... prendi esempio dal tuo amico, sei un cafone!" Lo riprese Margaret. Miles scoppiò a ridere ma non rispose.
Il locale era molto grande, quindi, nonostante la ressa di gente, riuscirono ad ottenere un tavolo per quattro. La musica era molto alta e le luci molto basse, sembrava quasi una discoteca, ma non c'era una vera e propria pista da ballo, la gente ondeggiava al centro della sala senza alcun impegno e quando entrarono la canzone scelta dal dee jay era 'Song 2'.
"Cosa prendete da bere? Ho sete e non mi va di aspettare qui." Disse Liam dopo avet appoggiato il cappotto sulla sedia.
Elizabeth e Margaret ci pensarono un po' su e alla fine optarono per dei drink classici: un margarita per la prima e un mojito per la seconda. Miles provò a fare il duro dicendo che voleva una guinness, ma quando Liam si ripresentò al tavolo con una Guinness per lui e una chiara per Miles, il cantante di Liverpool non sembrò offendersi.
Il gruppetto all'inizio della serata si tenne un po' in disparte a fare quattro chiacchiere, aspettando che l'alcool iniziasse a fare effetto prima di iniziare a muovere qualche passo verso la calca di gente che ballava. Miles e Liam si informarono su Elizabeth visto che nessuno dei due conosceva la cugina preferita di Margaret, ma Liam non si lasciava sfuggire l'occasione di rivolgere qualche domanda anche a Margaret per sapere qualcosa di più sul suo conto, visto che Miles non le aveva mai raccontato nulla di questa ragazza e non sapeva nemmeno come si erano conosciuti.
Dal canto suo Margaret, ogniqualvolta si azzardava a porre delle domande all'amico di Miles, si beccava sempre risposte vaghe ed evasive. Dopo mezz'ora nel locale aveva capito soltanto che dopo un anno di università di lettere a Manchester aveva mollato per entrare nell'ambiente musicale e che quello era il motivo per cui aveva conosciuto Miles.
Miles e Margaret parlavano con gli altri due ben sapendo che quelle chiacchiere erano semplici convenevoli ed entrambi starono molto attenti a non inciampare su un argomento particolare, un argomento che però prima o poi avrebbero dovuto affrontare nel corso di quella serata.
L'occasione sembrò presentarsi quando Miles propose di andare a fumare una sigaretta. Margaret accettò subito, ma Elizabeth e Liam non fumavano e non avevano voglia di stare al freddo a intossicarsi di fumo passivo, quindi non andarono con loro.
L'aria fredda della sera e il notevole abbassamento del volume della musica svegliarono un po' Margaret dal torpore in cui era caduta a causa del caldo e dell'alcool.
"Carino il tuo amico..." iniziò subito Margaret non appena si accese la sigaretta.
"Non è roba per te, carissima, lascia perdere" Miles era serio e la cosa insospettì Margaret.
"Perchè? Piace a te?"
"No, cretina!"
"Un momento... è gay?"
"Nemmeno!"
"Allora direi già che è un ottimo candidato per scaldarmi durante queste gelide notti inglesi!" Commentò Margaret ironica.
"Posso elencarti almeno cento motivi per cui non mi sembra il caso che questa cosa accada e ti assicuro che novantanove di questi non c'entrano con il fatto che Alexander potrebbe scoprirlo, anche perchè in effetti Fray non glielo direbbe mai forse" l'ultima parte della frase sembrava un pensiero a voce alta piuttosto che un discorso rivolto a Margaret.
"Fray?" La ragazza però aveva sentito benissimo quello che aveva detto Miles.
"Già." Rispose Miles con tono solenne.
"Liam. Manchester. Tuo amico. Musica. Quello lì dentro con mia cugina è Liam Fray."
"Esattamente, mia cara." Confermò Miles.
"Dirmelo prima, mio caro?"
"Non mi andava, volevamo divertirci un po' a vedere quanto tempo ci avresti messo a capirlo...e ammettiamolo, se non te l'avessi detto io, tu ora non lo sapresti."
"No, idiota! Non l'ho mai visto in faccia e poi è sempre misterioso quando risponde alle domande! Sei una merda! Avresti potuto farmelo capire!" Lo accusò Margaret.
"Naaah, è stato più divertente così!"
"Stronzo, anzi, stronzi!"
Miles non rispose all'insulto, ma fece passare qualche secondo di silenzio. Stava diventando serio e Margaret sapeva quale sarebbe stato l'argomento di conversazione successivo.
"Come stai?" Kane decise di prenderla alla larga.
"Bene e tu come te la passi? Ho saputo che i 'Little Flames' si sono sciolti."
"Sì, non era più il caso di andare avanti, non avevamo stimoli e nonostante questo me la passo bene, dai. Mi sto prendendo un po' di tempo per decidere cosa fare della mia vita. Tu che fai ora?"
"Vivo a Londra, lavoro in un museo, faccio la guida e sembra che le cose mi stiano andando stranamente bene, ma non diciamolo a voce troppo alta."
Miles sorrise, ma non rispose.
"Alex che dice della tua scelta di prenderti del tempo dal mondo della musica?"
"Chi, Turner? Quello che se n'è andato in America e che è praticamente sparito, inghiottito dai mille impegni per l'uscita dell'album?"
"Non ci credo." disse Margaret scioccata.
"Già. Pensa che quando gliel'ho detto al telefono, doveva scappare in studio e mi ha detto 'ti richiamo appena posso'. Quando mi ha richiamato, abbiamo parlato tutto il tempo di un giro di chitarra su una nuova canzone."
"Miles...mi dispiace."
"Non essere dispiaciuta per me. Io ho tanti amici, mi diverto, io vivo. Dovresti essere dispiaciuta per lui. Da quanto non lo vedi?"
"L'ho visto a luglio l'ultima volta, l'ho incrociato a New York con Alexa."
"Ah, non mi ha detto niente."
"Non c'è molto da dire in effetti,  a parte il fatto che con i capelli lunghi sta molto bene." disse Margaret facendo l'occhiolino per cercare di allegerire la situazione.
"Siete stati bravi almeno questa volta?"
"Sì sì, tranquillo. A parte un bacio molto lungo e appassionato, non è successo niente, ma forse è andata così solo perchè eravamo in pubblico, in un parco precisamente."
"Margaret!" Finse di rimproverarla Miles, ben sapendo che la colpa non era solo della ragazza.
"Miles, che ci possiamo fare? Quando siamo insieme, non riusciamo più a stare separati, ma quando siamo lontani, non vogliamo avere nulla a che fare l'uno con l'altra." Rispose Margaret allargando le braccia.
"Questo è quello che credi tu, o che vuoi credere, perchè non sei una stupida e sai di chi stai parlando...ma vabbè, io non sono nessuno per giudicarvi."
"La cosa divertente è stata presentarci davanti ad Alexa e Mark qualche ora dopo...Mark, per inciso, era il mio ragazzo di allora. Due facce di bronzo notevoli, sembravamo due amiconi del liceo che avevano trascorso insieme una mattinata a parlare di aneddoti dell'adoloscienza, quando in realtà dopo il bacio siamo stati circa venti minuti stesi sul prato in silenzio senza nemmeno guardarci mano nella mano."
Miles sorrise comprensivo, ma anche un po' triste, perchè gli mancava Alex, il suo Alex, quel coglione che rideva alle sue battute e sentir parlare di lui gli faceva indubbiamente piacere, ma gli lasciava anche un po' di amaro in bocca perchè una volta, non poi così lontana, lui era quello che le cose le scopriva solo guardandolo negli occhi.
Margaret vide un'ombra di turbamento nello sguardo di Miles e si sentì terribilmente in colpa.
"Rientriamo, ho bisogno di bere. Ho bisogno di bere per dimenticare la terribile figuraccia fatta con Liam."
Miles annuì energicamente con la testa e aprì la porta del locale. La canzone in sottofondo in quel momento era Twist and Shout.
Margaret sorrise non appena la sentì e si trattenne dal girarsi verso Miles e dirgli che quando sentiva quella canzone, immaginava lui e Alex in camicia bianca, boxer e calzini che la cantavano per casa sua usando degli oggetti trovati in giro come microfoni, da bravi fanboy del quartetto di Liverpool.
Liam ed Elizabeth stavano ondeggiando in mezzo alla folla mentre cantavano quella canzone ridendo e scherzando.
Miles e Margaret andarono a prendere qualcos'altro da bere, perchè quella pausa fuori dal locale aveva smontato un po' l'umore spensierato di inizio serata.
Il resto della compagnia li raggiunse al bancone proprio mentre stava iniziando la canzone successiva, la quale aveva un intro fin troppo riconoscibile. Miles e Margaret si guardarono e sorrisero rassegnati, non si sarebbero mai potuti liberare di certe figure.
Liam dette una pacca sulla spalla all'amico di Liverpool.
"C'è il tuo amico! Anzi, il vostro amico, mi sembra di aver capito."
Margaret si chiese da cosa avesse potuto capire che Alex era amico di entrambi, ma non voleva parlarne nè tantomeno confermare la sua teoria.
"Così pare." rispose seccamente Miles.
Margaret raggiunse la massa della gente che stava saltando a ritmo della batteria di Brianstorm, per quanto possibile, e iniziò a seguire il ritmo della folla, voleva distrarsi, divertirsi.
Liam, rimasto solo al bancone perchè Miles era sparito chissà dove ed Elizabeth aveva raggiunto sua cugina, la osservò attentamente. C'era qualcosa che non capiva di quella ragazza, gli sembrava che si trattenesse, si vedeva lontano un miglio che non era stata se stessa durante la serata, anche perchè Miles gli aveva parlato di lei dopo la telefonata del pomeriggio e non si aspettava di certo una cosa del genere dopo i mirabolanti racconti di Kane su una ragazza che aveva fatto perdere la testa a parecchi ragazzi.
A lui sembrava una normalissima ragazza, di certo bellissima e con ottimi gusti musicali, ma non particolarmente witty o spiritosa ed era intenzionato a capire di più della situazione in generale, ma quella serata era troppo dispersiva.

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Capitolo 8
*** VIII ***




Il mal di testa di Miles il mattino dopo fu uno di quelli così dolorosi, che si portò dietro il ricordo per molto tempo, mentre Fray invece dopo una sana dormita era la persona più tranquilla del mondo.
Avevano programmato un pranzo con le ragazze fuori e Miles si imbottì di aspirine prima di riuscire a farsi una doccia.
Incontrarono le ragazze in un posto tranquillo, niente di particolarmente lussuoso o particolare. Margaret ed Elizabeth sembravano sane, Miles era quello conciato peggio, ma faceva così pena che nessuno se la sentì di infierire.
Il pranzo trascorse tranquillo e spensierato, Liam aveva più confidenza della sera precedente con le ragazze, quindi il quasi perenne silenzio non disturbò nessuno.
Liam aveva voglia di fare conversazione, aveva il cruccio dalla sera prima perchè non capiva, non capiva proprio Margaret, non la inquadrava, ed era intenzionato invece a scoprire chi fosse, il problema era che la conversazione non stava portando a niente di nuovo sul conto di quella ragazza.
Non rispondeva in modo affrettato e anzi, le domande venivano quasi subito eluse con risposte inutili o con riferimenti ad Elizabeth e il cantante di Manchester stava quasi per rinunciare al suo intento quando un piccolo avvenimento gli fece capire tutto.
Stavano parlando di cosa poter fare quel pomeriggio tutti insieme, quando il telefono di Miles iniziò a suonare. Liam fece cadere l'occhio sullo schermo del telefono di Miles e lesse un nome. Miles, appena si accorse della telefonata, rispose immediatamente. Dallo sguardo sembrava agitato e anche il suo atteggiamento era cambiato in pochi istanti: da cadavere si era trasformato in un ragazzo che aveva appena visto un cadavere.
"Pronto?"
"No, non sono a casa, sono a pranzo fuori con... con degli amici."
Dopo questa frase si alzò chiedendo scusa con un cenno della mano per allontanarsi un attimo e parlare in pace con il proprio interlocutore. Nessuno si insospettì per questo atteggiamento, ma di certo le cose non rimasero le stesse quando tornò a sedersi al tavolo dagli altri.
"Ragazzi, scusate, ma oggi pomeriggio non posso proprio accompagnarvi in centro. Un mio vecchio cugino a cui sono molto legato passa da Liverpool e vuole assolutamente vedermi e chissà quando lo incontrerò di nuovo, sapete, viene dall'Ame- Australia e non posso proprio dirgli di no." Disse tutto d'un fiato non appena si fu riseduto. Miles era un pessimo bugiardo, ma Liam non lo sapeva ancora ed Elizabeth non lo conosceva nemmeno fino alla sera prima, quindi nessuno dei due capì nulla. Margaret purtroppo per lui aveva capito, ma non voleva creare casini, voleva tenere un profilo basso, non voleva attirare l'attenzione o tantomeno farsi rovinare quella piccola vacanza.
"Ragazzi, scusate, ma devo fumare una sigaretta. Torno subito" Margaret pensava di essere stata furba ad usare la scusa della sigaretta per allontanarsi un po' dal tavolo e dalla vista di Miles, che in quel momento le faceva venire il vomito, ma non aveva considerato che anche Liam fumasse e infatti quest'ultimo si alzò senza nemmeno chiederle se volesse compagnia, perchè era anche un suo diritto fumarsi una sigaretta dopo il pasto.
Fuori dal locale Margaret non accennò al voler fare conversazione, ma Liam si era insospettito per quella pausa sigaretta intervenuta subito dopo la telefonata di Miles.
"Strano che Miles non faccia uscire suo cugino con noi, no?" Liam voleva prenderla alla larga.
"Ho già sentito parlare di questo cugino di Miles... forse non è il caso che ci raggiunga, sembra un sociopatico da come viene descritto da Miles e sua mamma." Margaret si sentiva esposta, ma ormai non aveva più molte speranze di non essere beccata.
"Peccato... anche io ho sentito parlare di lui qualche volta e sembra un verio talento in quello che fa, dev'essere un personaggio interessante."
"Un genio incompreso proprio." disse rassegnata Margaret, consapevole del fatto che Liam ormai avesse capito.
"Per il pesante accento di Sheffield direi 'incomprensibile' più che incompreso."
"Come hai fatto?" chiese Margaret curiosa.
"E' importante a questo punto?"
"No, non credo." ammise la ragazza sconsolata.
"Non vuoi proprio vederlo?" Liam attese qualche secondo prima di farle questa domanda.
"Sei pazzo?! No, no, no assolutamente." Margaret rispose con violenza.
"Comunque sono sollevato dal fatto che Turner abbia te..."
"Cosa vuoi dire? E poi non mi ha! Ma cosa stai dicendo?" La ragazza iniziò a farfugliare dopo quella affermazione di Liam.
"Voglio dire che credo che sia una cosa comune per noi cantautori o menestrelli comunque tu voglia chiamarci. Conosco una ragazza, si chiama Irene e lei è...lei è tutto quello che vorrei ma che in questo momento non posso avere. E' in tutti i testi che scrivo, in tutte le canzoni che ascolto, in tutte le ragazze che incontro."
Margaret si era incantata ad ascoltarlo mentre parlava di questa musa.
"Presumo che tu per Alex sia la stessa cosa, o almeno che tu lo sia stata." disse Liam cercando gli occhi della ragazza.
"Non lo so."
"Andiamo, non è vero che non lo sai. Siamo così vanitosi che spesso facciamo di tutto perchè determinate persone capiscano e si sentano quanto meno lusingate anche solo da un nostro verso. E' la nostra natura."
A Margaret venne in mente la conversazione in cui Alex aveva ammesso che tutto l'album dei Puppets c'era il suo pensiero e la sua immagine e sorrise pensando al fatto che si trovassero esattamente a Liverpool, la stessa città in cui lei ora stava parlando con Liam Fray.
"Visto? Siamo esseri estremamente prevedibili."
"In realtà non più di tanto, visto che Alex non si palesava con Miles da mesi, ma ha deciso di chiamarlo proprio quando ci sono in circolazione." rispose Margaret portando la conversazione su un piano meno nostalgico.
"Destino?" disse Fray allusivo.
"No, si chiama sfortuna. Rientriamo, Miles se la starà facendo sotto per oggi pomeriggio e, poveretto lui, non può di certo scegliere di non vederlo, sta aspettando questo momento da mesi."




Miles raggiunse l'hotel in cui alloggiava Alex in anticipo, ma non salì subito. Si accese una sigaretta, perchè voleva raccontarsi la balla di non essere impaziente di vederlo, ma la spense a metà, perchè aveva troppe cose da dirgli e troppe spiegazioni da ricevere per bruciare il tempo fumando una sigaretta.
Alex era seduto a un tavolino del bar dell'hotel e stava fissando la tazza di tè fumante appoggiata davanti a lui. Miles si prese qualche secondo per osservarlo da lontano indisturbato.
Indossava un maglione blu scuro con il collo alto ripiegato su se stesso, di certo un regalo di Alexa, perchè Miles sapeva benissimo che Alex non avrebbe mai scelto consapevolmente niente di così ingombrante. I capelli erano lunghi come non li aveva mai visti  e gli occhi più scuri del solito. Aveva delle occhiaie pronunciate, ma era l'unica imperfezione che compariva sul suo viso: l'acne e i brufoli erano spariti, c'era qualche cicatrice sparsa, ma niente di che.
Il colorito diafano non gli conferiva un aspetto sanissimo, ma Miles non potè fare a meno di pensare che fosse in forma. Sembrava cresciuto sia per i tratti del viso, ora più spigolosi, sia per il corpo, leggermente più voluminoso di come lo ricordasse.
Doveva prendere coraggio e avvicinarsi, quindi sospirò rumorosamente prima di incamminarsi verso il tavolino di Alex. Il ragazzo di Sheffield alzò lo sguardo quando si accorse che una figura sottile e longilinea si stava avvicinando e non appena capì che si trattava di Miles, si alzò in piedi, spostò le sedie che intralciavano il passaggio e allargò le braccia per accoglierlo con un abbraccio.
Miles si fermò poco distante da Alex perchè non era convinto di voler abbracciare quel ragazzo, non dopo tutto quello che aveva fatto, o meglio, non aveva fatto, ma la resistenza durò ben poco, visto che Miles non riuscì a resistere allo sguardo dispiaciuto e al sorriso timido che Alex gli rivolse.
I loro atteggiamenti erano sempre molto fraintendibili, ma quella volta era evidente a tutti che quello era l'abbraccio di due amici che non sarebbero mai riusciti a separarsi del tutto.
Sciolto l'abbraccio, si accomodarono l'uno di fronte all'altro.
"Ho ordinato un tè anche per te, va bene, no?" chiese Alex educatamente.
"Certo."
"Miles, mi dispiace essere piombato qui senza preavviso, ma non avevo scelta, o facevo così oppure non trovavo mai il tempo o il modo. Ne approffitato alla prima occasione disponibile."
"Tranquillo, tanto io non sono molto impegnato in questo periodo. Fortuna tua avermi trovato a Liverpool da mia mamma invece che a Londra."
"Un cocco di mamma come te non sta lontano da Pauline durante le feste."
"E Penny? Ha avuto l'occasione di vedere il suo bimbo?" Il tono con cui Miles rivolse questa domanda ad Alex risultò più acido del dovuto, ma il cantante di Sheffield sapeva di non essere nella posizione adatta per prendersela o rispondere a sua volta con acidità.
"Sì, ce l'ho fatta per fortuna. Non mi avrebbe più voluto vedere se non ci fossi riuscito."
"Balle, tua mamma ti ama incondizionatamente e non ti farebbe mai una cosa del genere, sei comunque il suo bambino."  rispose Miles senza guardarlo neglio occhi, mentre si versava del tè nella tazza.
"Quindi anche tu mi ami incondizionatamente visto che hai acconsentito a vedermi nonostante io mi sia comportato di merda negli ultimi mesi. Sono comunque il tuo migliore amico?"
"Che palle, Alex, hai preso il tè verde. A me fa cagare!" rispose Miles deviando in modo molto poco nascosto la domanda.
"Scusami." disse Alex seriamente, mentre Miles si stava alzando per andare a ordinare qualcosa di suo gradimento.
"Ma figurati! Nessun problema."
"Miles, non stavo parlando del tè. Perdonami, davvero."disse Alex questa volta guardandolo negli occhi.
"Mi piace come suona quando lo dici... non so se è merito della tua nuova voce o se è il mio sadismo a parlare, ma ripetilo ogni tanto, così, giusto per il gusto di accontentarmi."
Miles si avviò verso il bancone e Alex iniziò a torturarsi le mani nervosamente: sapeva che Miles l'aveva già perdonato praticamente, ma doveva ancora parlargli della parte più pesante di quei mesi e non sapeva come introdurre il discorso. Solo Matt sapeva, ma non gliel'aveva detto, il batterista ci era arrivato da solo.
"E comunque hai un tempi-" stava iniziando a dire Miles mentre si riaccomodava al tavolo.
"Alexa era incinta." Alex sputò fuori la frase all'improvviso prima che Miles ebbe anche solo il tempo di accomodarsi.
Il cantante di Liverpool sgranò gli occhi e si lasciò cadere sulla poltroncina. Non si era visto arrivare niente di tutto questo e in pochi istanti riuscì a immaginarsi benissimo come doveva essere stato Alex.
"E' successo ad Agosto..."
"Cosa in particolare è successo ad Agosto?" chiese Miles ancora in stato confusionario.
"Alexa, la gravidanza... ci sei, Miles?"
"Sì, scusa, dimmi..."
"Eh, niente, insomma, è rimasta incinta ad Agosto, l'ha scoperto a inizio settembre e quindi, beh... abbiamo dovuto pensare a cosa fare al riguardo."
"Cosa fare al riguardo?!" Chiese Miles interdetto.
"Se tenerlo oppure no..." rispose Alex come se stesse parlando a un bimbo.
"Sì, avevo capito, ma pensavo che fosse chiaro che avreste dovuto" iniziò a dire Miles.
"Non tenerlo di certo." Concluse Alex la frase per Miles.
"Tenerlo." Replicò Miles.
"Stai scherzando spero..." Alex era sconvolto dal discorso di Miles.
"No, affatto. State insieme da anni ormai e lei può essere l'unica donna a diventare la madre dei tuoi figli"
"Forse e in ogni caso non ora, Miles, ho 24 anni!"
"Sì, va bene, come vuoi."
"Comunque, lei aveva preso la decisione di tenerlo e io mi ero adattato, solo che poi..."
"Che merda che sei. Ti sei adattato?" Gli fece eco Miles imitando il segno delle virgolette sulle ultime parole.
"Miles, lo sai meglio di me che non posso diventare padre ora!"
"Sì, lo so, ma potresti parlarne con la tua compagna invece che lasciare che le cose ti accadano e basta...se la gravidanza fosse andata avanti, cosa avresti fatto?"
"Mi sarei adattato al ruolo di papà, ovviamente."
"Mah, quasi sono sollevato per il fatto che l'abbia perso. Povera Alexa, però."
"Non lo voleva nemmeno lei, non raccontiamoci balle. Le piace troppo essere Alexa Chung e Alexa Chung non può diventare madre ora."
"Sì, ma chissà come deve essere stata..."
"Sì, non ha passato, non abbiamo passato un bel periodo."
"Mi dispiace, Alex, non pensavo fosse successo qualcosa del genere..."
"Nessuno lo sa. Solo Matt ha capito qualcosa e mi ha tartassato di domande fino a quando non gliel'ho detto. Gli altri non lo sanno. Non volevo dirlo in giro per i soliti motivi..."
"Hai fatto benissimo, ci mancherebbe..."
"Ma? Stai per aggiungere un ma."
"Ma magari ti avrebbe fatto solo bene parlare con qualcuno in quel periodo..."
"Sì, ne sono convinto, ma non avevo il coraggio di dirlo in giro per paura che diventasse reale. Vivevo in un incubo, in una bolla."
"E poi a luglio hai rivisto quell'altra... Non devi essere stato proprio lucido." Miles introdusse l'argomento 'Margaret' a tradimento.
"Vedo che sei informato! Complimenti"
"L'ho scoperto ieri sera, figurati, non sono così informato." Ammise Miles credendo che Alex capisse che Margaret era a Liverpool, ma il cantante non badò a questo particolare.
"Dopo averla vista a Luglio mi ero praticamente deciso a prendere in mano la mia vita e avevo intenzione di lasciare Alexa, ho temporeggiato per trovare il coraggio, ma lei mi ha preceduto con quella notizia. L'avrei lasciata perchè non l'amavo, perchè non mi andava di continuare a prenderla in giro. Ci avevo provato, mi ero anche trasferito con lei a New York, avevo tagliato i contatti con Margaret, avevo chiuso con quella parte della vita che a lei non piaceva ed ero quasi riuscito a trovare il mio equilibrio, ma poi mi sono bastate poche ore con Margaret per vedere che vivevo nella finzione più assoluta."
Miles ascoltava attentamente e quindi non potè fare a meno di notare che Alex l'aveva definito la parte della sua vita che Alexa meno apprezzasse, ma non fece commenti, perchè sapeva che Alex non dava molta importanza a quello che gli altri pensavano, nemmeno se si trattava della sua compagna.
"Prima che tu tirassi fuori questo discorso, ti stavo dicendo che hai un tempismo fantastico..."
"Perchè?"
"Perchè lei è qui."
"Non è possibile."
"Cioè, non proprio qui qui. E' in giro in centro con Elizabeth, sua cugina, e Liam Fray."
"Cos'è? Ora è il suo turno?" Chiese Alex inacidito.
"Non succederà nulla, stai tranquillo." lo rassicurò Miles.
"Ma perchè è a Liverpool?"
"E' venuta qui in vacanza qualche giorno e ci siamo sentiti e quindi voilà. Ieri sera siamo usciti insieme e oggi ero a pranzo con loro quando mi hai chiamato." spiegò Miles.
"Ma lei lo sa?"
"L'ha capito, non è cretina e io non so mentire, quindi lo sa, ma, prima che tu possa chiedermi qualsiasi cosa, non ha detto una sola parola."
"Nemmeno una?" chiese speranzoso Alex.
"Nessun commento. Si è solo fumata una sigaretta quando l'ha capito, ma quando è tornata dentro il ristorante non ha tirato fuori il discorso."
Alex abbassò lo sguardo deluso.
"Non posso vederla, non in questo periodo. Ho bisogno di tranquillità, devo restare concentrato sulle cose importanti, Alexa ha bisogno del mio supporto." Disse Alex, più per convincere se stesso che rivolgendosi a Miles.
"Bravo, è la cosa giusta per ora."

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Capitolo 9
*** IX ***


"Chiediamo a Miles se ci raggiunge per l'aperitivo?" Propose Liam prima di entrare nel locale che avevano scelto per bere qualcosa prima di andare a cena.
"Prova a chiamarlo, ma dubito che ti risponderà se è con Alex." Margaret non aveva smesso di pensare tutto il pomeriggio a dove si trovasse Miles invece che essere con loro in giro per la città. Era stato molto maleducato da parte sua abbandonare Liam con due ragazze semi sconosciute. Per sua fortuna Liam era una persona comprensiva e sapeva benissimo che Miles non poteva mancare all'appuntamento con Alex.
"Pronto?"
"Tra quanto ti liberi?"
Le due ragazze sentivano solo le risposte di Liam.
"Noi siamo davanti al bar in cui mi hai portato due giorni fa. Ti aspettiamo qui?"
"D'accordo, a dopo."
Liam concluse la telefonata e sorrise.
"Ci raggiunge tra poco qui, noi entriamo."
I tre andarono ad accomodarsi e ordinarono da bere.
"La settimana prossima siete a Londra?" chiese il cantante di Manchester.
"No, io torno a Manchester dopodomani." Disse Elizabeth.
"Io sì." rispose distrattamente Margaret.
"La settimana prossima organizzo una festa con alcuni amici, lo faccio da sempre dopo capodanno, perchè odio il fatto che dopo capodanno tutto il clima di festa si perda."
"Cerchi un pretesto in più bere, insomma." lo accusò Elizabeth.
"No, sono serio... avete notato che dopo capodanno non si fa più niente? Perchè si deve festeggiare solo la notte del primo dell'anno?" cercò di difendersi Liam.
"Sì, okay, ripetiti quello che vuoi. Dov'è la festa?"
"A casa di un mio amico produttore."
"Miles ci viene?"
"Ovviamente."
"Allora ci faccio un pensierino, nel caso vengo con lui."
"Ci conto. Ti potresti divertire davvero, c'è molta gente dell'ambiente." Disse Liam allusivo. Concluse la frase con un occhiolino e in cambio ricevette un sorriso sarcastico.
"Fantastico. Devo andare a fare una telefonata, arrivo subito."
Margaret uscì dal locale prima che le potessero rivolgere una qualsiasi domanda.
Non doveva chiamare nessuno, ma era da un'oretta buona che aveva voglia di scrivere un messaggio ad Alex. Prese fuori il cellulare e fissò lo schermo, non le veniva nulla in mente, solo frasi stupide e inutili.
"Puoi anche passare a salutare." Digitò queste parole, ma fu distratta da un movimento davanti a lei. Un taxi con a bordo due persone si era fermato esattamente davanti al locale.
Una delle due figure scese e lei immediatamente riconobbe la figura come quella appartenente a Miles.
Immediatamente spostò lo sguardo dentro l'automobile e vi trovò quello che cercava davvero.
Un ragazzo con i capelli lunghi e un cappotto scuro era seduto sul sedile posteriore e stava guardando Miles prima di salutarlo. Non si accorse subito della ragazza sul marciapiede, ma quando lo fece, alzò la mano per salutarla con un cenno. Margaret ci mise qualche secondo in più per capire cosa stesse succedendo, ma fece in tempo a ricambiare il saluto con la mano prima che il taxi ripartisse.
Miles si accorse solo in quel momento di quello che era appena successo, perchè era stato troppo impegnato a salutare decentemente Alex.
Sorrise colpevole in direzione della ragazza, che intanto aveva cancellato il testo del messaggio e aveva messo via il cellulare.
"Perdonami, non pensavo fossi stata qui."
"E' tutto a posto, tranquillo."
"Sicura? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma."
"E' quello che è." rispose secca la ragazza.
"Margar-"
"No, Miles, è vero. Ora avrai i bollori di una ragazzina perchè l'hai appena visto e sei felicissimo, ma è stato una merda, più con te che con me. Spero almeno ti abbia dato spiegazioni, tu te le meriti."
"Margaret, lascialo stare." Miles non poteva dire a Margaret quello di cui avevano parlato.
"Fosse facile."
Miles le passò un braccio intorno alle spalle per accompagnarla dentro il locale dagli altri.
"E' inutile che fai il ruffiano."
"Margaret, ti prego, non fartela con me, io non ho fatto niente..."
"No, certo, come no. Ti avrà fatto gli occhioni da cucciolo colpevole e triste e tu ti sarai sciolto e avrai fatto finta di niente, appunto." Ribattè Margaret.
Avevano raggiunto Liam ed Elizabeth al tavolo, quindi Miles colse l'occasione per non rispondere alla ragazza, perchè non voleva e non poteva raccontare come fossero andate realmente le cose.


La tentazione di scendere dal taxi era stata fortissima e Alex si era praticamente violentato forzandosi a limitarsi a un semplice cenno con la mano.
Avrebbe preferito non vederla affatto, ma non negò, almeno a sè stesso, che era stato bello vederla, anche se solo per pochi secondi.
Con Miles erano stati lasciati argomenti in sospeso, ma non poteva di certo monopolizzarlo, soprattutto perchè la sua era una visita inaspettata e Miles non era di certo libero di passare ogni secondo con lui.
Alex non poteva pensare di averla lasciata sul marciapiede senza nemmeno una parola, era sempre Margaret, la sua Margaret.
Prese fuori il cellulare dalla tasca del cappotto e iniziò a riflettere su una perifrasi lunga e articolata per chiederle scusa o comunque per farle capire che gli dispiaceva, ma fu distratto dalla vibrazione che lo avvisava che gli era arrivato un messaggio.
"sì Al, è stato bello rivederti  anche per me"
 Margaret non era riuscita a resistere alla tentazione di scrivergli, di dargli fastidio, di punzecchiarlo, soprattutto non dopo aver ricevuto un trattamento tanto freddo.
Alex sorrise, nonostante il messaggio, perchè era un gesto, un segno evidente che anche lei stava come lui, con l'unica differenza che lui non doveva e non poteva lasciarsi andare, aveva delle responsabilità nei confronti di Alexa e si era già comportato abbastanza male nei confronti di entrambe per continuare a fingere che i suoi atteggiamenti non avessero delle conseguenze.
Mise via il cellulare senza rispondere, perchè una conversazione con Margaret, anche se solo per messaggio, non avrebbe portato a nulla, a nulla di buono chiaramente.
Guardava fuori dal finestrino e non riusciva a non sorridere, nonostante la tragicità della situazione. La sentiva ancora un po' sua e forse lo era ancora.

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Capitolo 10
*** X ***




Margaret si era completamente dimenticata dell'invito alla festa fatto da Liam a Liverpool e ovviamente una volta tornata a Londra, non ci aveva più pensato, ma Miles aveva deciso che lei ci sarebbe dovuta essere, sopratutto perchè pensava che avesse bisogno di una distrazione.
Tornati entrambi da Liverpool si erano ripromessi di restare in contatto, quindi quando una mattina dei primi giorni di gennaio il telefono di Margaret suonò, lei non si sorprese più di tanto nel vedere che Miles la stava chiamando.
"Buongiorno, splendore! Ti disturbo?" Chiese Miles di buon'umore, come al solito.
"Certo che no, Kane, dimmi tutto."
"Stasera passo a prenderti alle 8 e andiamo, okay?" propose il cantante.
"Andiamo dove, esattamente?" Chiese sorpresa e confusa Margaret.
"Come dove? Alla festa!"
Margaret continuava a non capire e il suo silenzio fu eloquente.
"Liam mi ha detto che a Liverpool ti aveva invitato alla festa di Joe..."
Margaret si ricordò in quel momento della conversazione avuta con Liam prima del simpatico avvistamento di Alex in taxi.
"E' stasera?"
"Sì, svegliona"
"Stai calmino, cì. "
"Ti passo a prendere alle 8, cì. Sistemati per bene, ti voglio in forma."
"Quando mai non sono in forma?" Chiese Margaret facendo la finta offesa.
"Hai ragione, sei sempre splendida. Allora diciamo così: ti voglio al massimo delle tue potenzialità."
"Ahahahaha d'accordo, anche se devo uscire per trovare qualcosa da indossare e non ne ho mezza voglia."ammise Margaret.
"Muovi il sederino. Ti accompagnerei io, ma ho da fare."
"Che devi fare di più importante di accompagnare me a fare shopping?" Chiese Margaret incuriosita dal tono che Miles aveva.
"Fatti miei."
"Ne riparliamo stasera."
"Sìsì, tu fatti trovare pronta alle 8." Miles chiuse la telefonata così.


Margaret stava aspettando Miles sotto casa, perchè non voleva sentire le sue lamentele e rimproveri e Miles arrivò puntuale all'appuntamento con un automobile nera.
"'Sera" disse semplicemente Margaret sedendosi sul sedile posteriore insieme a Miles.
"Ciao." rispose Miles sorridendo.
"Che hai oggi?" chiese Margaret, perchè Miles le sembrava più euforico del solito.
"Niente, te lo assicuro."
"Mmh, sarà."
"Come è andata la ricerca dell'abito?"
"Bene, ho trovato qualcosa di decente, dai."
"Sono curioso."
"Non è niente di che, è un vestito."
"Mmh, sarà." Rispose Miles facendo il verso alla ragazza.
La conversazione di spense così, ma Miles sembrava voler dire qualcosa.
Era euforico, non riusciva a stare fermo, picchiettava nervosamente le lunghe dita sul ginocchio, si girava spesso verso la ragazza, ma poi rimaneva in silenzio.
"Miles, mi stai facendo venire il mal di mare. Parla."
"Oggi sono tornato in studio." rispose tutto d'un fiato il cantante.
"Davvero? Ma è meraviglioso!" disse Margaret entuasiasta. Gli sorrise felice, perchè non poteva nemmeno immaginare quanto fosse difficile per Miles restare lontano dal suo mondo.
"Sì... non ho concluso niente, ovviamente, però ho preso i contatti con della gente e mi hanno proposto di iniziare delle sessioni per un album solista" Le ultime due parole le sussurrò quasi si vergognasse di quello che stava per fare.
"Auguri, Miles! Ti immagini? L'NME che ti dedica copertine, i tour in giro per il mondo, i festival..."
"Hei, hei, hei, fermati. Nulla è sicuro per ora. Stiamo solo parlando dell'eventualità."
"Dimmi che non vuoi farlo!"
"Non ho detto questo, è ovvio che io voglia farlo, ma..."
"No, ti impedisco di dire quello che stai per dire. Non ci sono 'ma' o 'se'. Devi trovare il tuo momento. Sei un bravo musicista e un bravo cantante, non ti manca niente, nè tantomeno nessuno."
Miles sorrise, rassicurato dalle parole di Margaret.
Trascorsero il resto del tragitto in macchina facendo mille speculazioni sul progetto solista di Miles.

La festa era stata organizzata nella villa fuori Londra di un produttore di Manchester, tale Joe Cross, amico di Liam.
Miles e Margaret furono i primi ad arrivare, ma c'era già Liam, già con una birra tra le mani.
Era stato assunto un dj per la serata, oltre a un servizio di catering, infatti dei camerieri stavano sistemando le ultieme cose: i flute sui vassoi, i vasi con i fiori, alcune luci.
Il padrone di casa e Liam erano nella sala principale e stavano facendo due chiacchiere in piedi, vicino alla console del dj.
Appena videro Miles e Margaret entrare, si avvicinarono a loro.
"Buonasera!" Disse lo sconosciuto.
"Benvenuti alla festa!" Li accolse Liam.
"Lei è Margaret, una nostra amica." Continuò il ragazzo di Manchester.
La ragazza porse la mano per presentarsi.
"Io sono Joe, molto piacere. E' un piacere vedere anche te, Miles."
"Piacere mio" rispose Miles porgendo la mano a Joe.
"Potete lasciare a me le giacche, vado a parlare con i ragazzi che lavorano qui questa sera, ci dovrebbe essere qualcuno all'entrata per sistemare il guardaroba, con permesso."
Aiutò Margaret a togliersi il cappotto e poi prese anche quello di Miles e si allontanò.
Margaret indossava un cardigan nero lungo fino alle ginocchia sopra vestito accollato verde, corto e senza maniche. Era cosparso di inserti di perline. Ai piedi portava degli stivaletti neri corti con il tacco. I capelli erano sciolti e liberi, c'era solo un fermaglio dello stesso colore del vestito a tenere una ciocca di capelli. Il trucco non era esagerato: un po' di matita e di mascara per evidenziare gli occhi e il rossetto scuro.
"Mi sembri mia nonna." Esclamò Miles dopo aver esaminato tutto con cura.
"Solo perchè ho questo cardigan addosso." Rispose Margaret senza dar troppo peso alle parole del cantante di Liverpool.
"E allora toglilo!" la esortò Liam.
"Non ancora. Al contrario vostro, io ho solo un vestito, non una camicia e un maglioncino o una giacca che mi tengano caldo. Quando si sarà creato un po' di effetto bue e asinello, allora lo toglierò. Fino ad allora, sembrerò una nonna, non mi interessa." Li liquidò così, per farsi un giro per la sala.



"Ripetimi perchè ci stiamo andando."
"Perchè il nostro produttore ci ha invitato a una festa nella sua villa."
"Dai, Adam, non fare il palloso anche questa sera."
Theo passò un braccio intorno alle spalle della ragazza seduta di fianco a lui in auto, quasi a volerla proteggere da un attacco di Adam. Sapeva che il suo migliore amico e collega non poteva sopportarla, ma apprezzava il fatto che Adam non facesse niente per farlo capire agli altri, solo che quella sera era molto rischioso provocarlo o infastidirlo. Non aveva voglia di andare a quella festa a casa di Joe, era stanco e immaginava che non si sarebbe divertito, quindi l'aveva presa dall'inizio col piede sbagliato.
Theo, al contrario, era sempre ben disposto nei confronti di queste feste, si stava abituando piuttosto bene al nuovo ambiente e Angie, la sua ragazza, si godeva il momento: stava con un cantante remotamente famoso e aveva la possibilità di frequentare ambienti che comuni studentesse si sognerebbero.
Arrivati a destinazione, si incamminarono verso la grande villa e fuori c'era un po' di gente che chiacchierava, Adam riconobbe qualche radiofonico, qualche modella vista in giro ad altre feste, oltre a Joe.
Si avvicinò al produttore, che stava parlando con Liam Fray e una ragazza. Theo e Angie, entrarono subito perchè la ragazza aveva troppo freddo per passare a salutare.
'Ovviamente, se ti metti un vestito del genere a gennaio, non puoi non avere freddo.' pensò Adam acidamente, ma non emise alcun suono.
Adam non voleva interrompere, quindi si fece semplicemente notare da Joe, piazzandosi vicino a lui.
Liam, che stava parlando, si interruppe appena lo vide.
"Adam, che piacere!" disse Liam.
"L'ho fatto solo per te, sappilo." rispose Adam rivolgendosi a Joe.
"Lo so e ne sono onorato."Joe stava seguendo la nascita di Happiness, il primo album degli Hurts e aveva così imparato un po' a conoscerei due musicisti, quindi non si aspettava nulla di diverso dal chitarrista.
La ragazza che stava parlando con loro, o meglio, che stava in piedi con loro, era impegnata a guardare il cellulare e non alzò lo sguardo nemmeno quando sentì una voce diversa rispetto a quella di Liam e Joe.
Adam la guardò per qualche istante, giusto per capire se l'avesse già vista da qualche parte e lei, sentendosi osservata, sollevò lo sguardo e incontrò gli occhi gelidi di Adam che la guardavano intensamente.
"Buonasera" disse Adam porgendole la mano.
"Se-sera." rispose Margaret imbarazzata.
"Sono Adam."
"Piacere, Margaret." La ragazza non si era nemmeno accorta dell'arrivo di un tizio e pensò che fosse spuntato dal nulla, quindi era disorientata.
"Ora puoi tornare a guardare il telefono tranquillamente." Disse Adam prima di distogliere lo sguardo dagli occhi confusi della ragazza, per entrare nella villa.
Liam si cacciò a ridere per la frase di Adam e si aspettava una risposta acida da parte di Margaret, ma lei era rimasta senza parole, non sapeva cosa dire o come giustificarsi.
Era stata maleducata, ma di certo non poteva dire a praticamente tre sconosciuti che Alex le aveva appena scritto.
"E' inutile aspettarsi i tuoi auguri di complenno quest'anno?"
Era il 6 gennaio e per via di quella maledettissima festa, si era completamente dimenticata che fosse il compleanno di Alex quel giorno e Miles non aveva fatto riferimenti alla cosa, quindi lei non ci aveva minimamente pensato.
A questo si doveva aggiungere che durante il periodo natalizio, come in estate, ci si dimentica del giorno segnato sul calendario, quindi aveva trascorso quella giornata ignorando completamente l'avvenimento.
Voleva pensare a una risposta adatta, ma era ancora distratta dalla frase e dallo sguardo glaciale dello sconosciuto  e non riusciva a concentrarsi.
Rientrò nella villa per andare a cercare Miles per insultarlo per non averglielo ricordato.

Adam intanto aveva lasciato la giacca ad un elegantissimo ragazzo per andare a procurarsi qualcosa di forte da bere. Theo e Angie stavano parlando con Nicholas Grimshaw vicino alla roba da bere, ma lui voleva evitare accuratamente un certo tipo di persone, non aveva voglia di fare conversazioni banali sulla musica, sulla moda o su quello che aveva fatto a capodanno.
"Un cuba libre. E non metterci troppa coca cola." Margaret l'aveva preceduto di qualche secondo e aveva appena ordianto un cocktail.
Adam la guardò perplesso e notò che sembrava su di giri. Non pensava di averla fatta incazzare così tanto con quel commento acido, ma, riflettendoci, capì che era stato gratuito e che lei non aveva colpa se lui era stato costretto ad andare a quella festa.
"Senti..." Iniziò a dire Adam.
"Cosa vuoi?" la ragazza si girò di scatto verso di lui.
Adam ingoiò una risposta acida, per non rifare lo stesso errore di pochi minuti prima.
"Volevo scusarmi per quello che ti ho detto fuori. Non avevo il diritto di dirti una cosa del genere, sono stato maleducato." disse semplicemente, guardandola negli occhi per farle capire che era sincero.
"Sì, sei stato molto maleducato." Rispose Margaret.
"Ma anche io non sono stata proprio il massimo, solo che era un messaggio un po' particolare e quindi ero tutta presa dalla lettura." Ammise poi la ragazza.
Adam apprezzò la spiegazione non richiesta e sorrise impercettibilmente.
"A lei il suo cuba libre con poca coca cola." Disse il barman.
Margaret prese il bicchiere, ma non iniziò a bere, voleva aspettare che anche Adam ordinasse.
"Direi che prendo quello che ha preso lei." Disse poi Adam al ragazzo dietro il bancone.
Margaret intanto aveva appena notato alle pareti delle stampe appese e Adam seguì il corso del suo sguardo per capire cosa stesse guardando. Non fece commenti sulle rappresentazioni, perchè magari non era quello che stava guardando Margaret.
"Quanto può essere di fuori luogo tenere dei Picasso alle pareti in una sala usata per una festa?" disse a bassa voce Margaret, quasi parlando tra sè e sè.
"Scusa?" Adam pensava di aver sentito male.
"Oh, no, niente, riflettevo a voce alta."
"No, dimmi."
"Stavo pensando che tenere delle stampe di Picasso in un sala che si usa per delle feste non è proprio il massimo. Joe pensa di aver pensato a qualsiasi particolare, ma non ha curato per niente questo aspetto."
Adam la guardò sorpresa per l'argomento della conversazione e per la franchezza con cui aveva sparato questo giudizio.
"Cosa avrebbe dovuto fare?" chiese incuriosito dal parere della ragazza.
"Non lo so. E' una stanza molto bella, avrebbe potuto tenere libere le pareti, oppure mettere qualcosa di colorato e vivace, qualcosa di piacevole alla vista."
"Stai criticando Picasso?"
"No, non lo farei mai, ma l'arte ha sue funzioni specifiche. C'è l'arte che fa riflettere, che provoca, che insegna e poi c'è l'arte che abbellisce, l'arte fatta solo per essere guardata, e di certo le opere di Picasso non fanno parte di questa seconda categoria." concluse Margaret.
"A lei, signore." disse il barman, facendo notare ad Adam che il suo cocktail era pronto.
Adam lo prese e lo avvicinò a Margaret per fare un brindisi.
"Alle scelte sbagliate di Joe in tema di arte."
Margaret sorrise e fece toccare il suo bicchiere con quello di Adam.
Sorseggiarono il cocktail guardandosi negli occhi, chiedendosi quale sarebbe stata la prossima dell'altro, ma furono interrotti dall'arrivo di Miles.
"Heilà! Come procede?" Chiese portando un braccio intorno alle spalle della ragazza.
In quel momento Margaret si ricordò di uno dei motivi per cui era rientrata e fulminò Miles con lo sguardo.
"Tu, brutta testa di cazzo! Hai anche il coraggio di presentarti qui con quella faccia da schiaffi?"
Adam non riuscì a trattenere una risata davanti all'immagine di una ragazza tanto bella quanto sboccata che insultava un ragazzo.
"Cosa ho fatto ora?" chiese Miles.
"Scusami un secondo." Disse Margaret rivolgendosi ad Adam prima di tirare fuori il telefono dalla pochette per far leggere al cantante di Liverpool il messaggio che le era arrivato qualche minuto prima.
Adam capì che sarebbe stata una conversazione privata e quindi si allontanò silenziosamente dai due.
Dopo aver insultato Miles per cinque minuti buoni, Margaret si decise a rispondere al messaggio.
'Tanti auguri'
Inviò il messaggio e mise via il telefono.


 La festa si era riempita di gente e c'era un caldo esagerato e lei aveva bevuto un drink a stomaco vuoto. La testa iniziava a girare, sudava freddo e la nausea si impossessò di lei.
Cercò un bagno, ma non lo trovò al piano terra, quindi prese coraggio e iniziò a salire le scale per raggiungere il primo piano. Ogni scalino era un'impresa e si teneva allo scorrimano per non cadere. Era arrivata a metà scala e si stava maledicendo per non aver chiesto a qualcuno di aiutarla, ma non voleva farsi vedere in quelle condizioni e non voleva disturbare nessuno, anche perchè conosceva pochissima gente a quella festa.
Mentre cercava di salire, incrociò lo sguardo di una persona che stava scendendo e doveva apparire molto in difficoltà perchè lo sconosciuto si fermò.
"Tutto bene?" Chiese educatamente.
Lei scosse leggermente la testa perchè non voleva parlare, la nausea stava aumentando.
"Devi vomitare?"
Lei annuì col capo e lui non fece altre domande, ma si avvicinò a lei, le mise un braccio intorno alla vita per sorreggerla e farle fare le scale più velocemente.
La portò in bagno e le aprì la porta.
Lei si fiondò nella toilette e si inginocchiò davanti al water.
Avrebbe voluto avere la forza di chiudere la porta per non far sentire quello che stava succedendo, ma per fortuna ci aveva pensato lo sconosciuto.
Restò in bagno pochi minuti, perchè non aveva chissà che da vomitare, poi si alzò tremante, si sciacquò il viso e la bocca e si avviò con passo incerto verso il corridoio che dava sulle scale.
"Meglio?" chiese una voce alle sue spalle.
Lo sconosciuto l'aveva aspettata fuori dal bagno.
"Molto. Ti ringrazio, se non ci fossi stato tu probabilmente avrei sboccato sulle scale." disse Margaret imbarazzata.
"Tranquilla" disse il ragazzo.
Margaret lo osservò attentamente solo in quell'istante, perchè il tono con cui aveva pronunciato quella singola parola l'aveva turbata.
Era un ragazzo molto alto, indossava un completo grigio e una camicia bianca.
Stava appoggiato di lato contro il muro con le braccia conserte. I capelli chiari erano tirati indietro con della gelatina, il viso era simmetrico e preciso: un profilo delicato e uno sguardo concentrato mettevano in risalto gli occhi grandi.
"Ha un nome il mio salvatore? Chiese Margaret incuriosita da quel ragazzo che sembrava uscito da una fotografia degli anni '20.
"Piacere, sono Theo." Rispose la figura maschile porgendole la mano.
"Molto piacere, Margaret."
"Tu devi essere quella con cui stava parlando il mio amico prima."
"Se il tuo amico è quello con lo sguardo da generale nazista che se ne va in giro a fare commenti acidi e inappropriati anche con persone sconosciute, allora sì, sono io."
"Povero Adam, lui nemmeno voleva venirci a questa festa." disse Theo per giustificare il collega.
"Bhe, di certo non è colpa mia." concluse Margaret.
"Torniamo di sotto?" propose Theo.
"Certo, devo prendere un po' d'aria fresca."
"Ti accompagnerei volentieri, soprattutto per ascoltarti insultare il mio collega, ma non credo che la mia ragazza la prenderebbe bene." Theo le fece l'occhiolino.
'E ci credo, se fossi il mio ragazzo ti terrei d'occhio 24 su 24'
Margaret ovviamente non espresse il suo pensiero a voce alta, ma si avviò verso il piano di sotto.
Andò subito in giardino e tirò fuori il telefono per controllare l'orario e vide che le era arrivato un messaggio, anzi due.
'Non mi deludere, sono certo tu possa fare di meglio.'
'E' troppo chiederti una telefonata?'
Erano stati inviati a dieci minuti di distanza l'uno dall'altro.
Margaret ci pensò per qualche secondo, ma senza considerare attentamente pro e contro, fece partire la chiamata.
"Buonasera" rispose la voce profonda dall'altra parte e Margaret si sentì mancare per un attimo perchè non aveva avuto il tempo di pensare a quello che stava facendo.
"Ciao."
"Come stai?" chiese Alex educatamente.
Margaret non voleva parlare di come stesse, perchè non era proprio in formissima, sia per quello che era successo qualche minuto prima in bagno, sia per colpa della sua voce.
"Buon compleanno, Al!"
"Non volevo costringerti a farmi gli auguri stasera, sai quanto poco me ne frega di queste cose."
Ci fu una pausa e Margaret sapeva che Al non aveva detto tutto quello che voleva dire, quindi aspettò.
" E' che in determinati giorni ci si aspetta un messaggio, qualcosa, per capire che non si è gli unici a pensare a certe situazioni, presente tipo Natale e feste del genere? Non so se sono riuscito a spiegarmi, mio padre mi ha riempito il bicchiere varie volte stasera."
"Sì, Alex, ho capito perfettamente. E non mi sono dimenticata del tuo compleanno, o almeno, non volontariamente, è che oggi sono stata molto impegnata e non mi ero accorta del giorno segnato sul calendario."
"Okay."
"Sei dai tuoi quindi?"
"Sì, sono a Sheffield, sono tornato qualche giorno a casa, sono arrivato oggi."
"Come stai?"
"Rilassato, stranamente. Oggi sono stato con Miles e poi sono venuto qui, mi mancava casa, i miei, le mie persone."
"Hai visto Miles?"
"Sì, sono stato con lui in studio, l'ho accompagnato."
"Ecco perchè ha avuto il coraggio di tornarci allora!"
"Diciamo che ci stava pensando da un po', aveva solo bisogno di qualcuno che lo accompagnasse." spiegò Alex.
"E chi meglio di te..."
"A qualcosa sono utile anche io."
"Evidentemente. Io sono a una festa con Miles."
"Sì, lo so, da Joe. Ti stai divertendo?"
"Diciamo di sì, dai."
Entrambi non commentarono il fatto che stessero avendo una normale conversazione al telefono, non avevano ancora tirato fuori il discorso di quello che era successo pochi giorni prima a Liverpool.
"Ti sta simpatico Fray? Gli devo ancora un pugno in faccia."
"Lascialo stare, è simpatico e gentile."
"Non ci ha ancora provato con te?" Chiese Alex sembra ombra di gelosia o malizia.
"Non è interessato, ha la mente occupata da un'altra ragazza e io non ho bisogno di un altro musicista nella mia vita." Ammise Margaret.
"Oggi ho sentito Miles dirti che ti voleva tutta bella e perfetta per la festa." Alex voleva cambiare discorso, visto che l'ultima risposta di Margaret avrebbe portato a discorsi poco convenienti.
"Ecco perchè mi sembrava più allegro del solito, era con te!"
"Sì, eravamo a fare colazione. Quindi, come ti sei conciata? L'hai accontentato?"
"Diciamo di sì. La prima cosa che mi ha detto è che sembro una vecchia, solo perchè ho un cardigan sopra il vestito. Il vestito è molto bello però, te lo giuro, è verde scuro, corto, accollatto"
"Anche la sera del nostro primo bacio avevi un vestito verde scuro. Era corto e avevi la schiena completamente scoperta. Eri bellissima." Disse Alex semplicemente.
Margaret non rispose, sorpresa e turbata per quelle parole così semplici, ma efficaci a farle venire gli occhi lucidi.
"E di certo sei bellissima anche stasera, non ho bisogno di vederti per saperlo."
"Al..."
"E' un semplice complimento, Margaret, non prenderlo male. Sei una bellissima ragazza, oggettivamente, a prescindere da quello che posso pensare di te. Accettalo senza ribattere, ti prego. Siamo stati così bravi fin'ora."
"Grazie, Alex."
"Figurati, Margaret. Dovresti andare, sei una festa, goditela, non voglio tenerti al telefono."
Margaret avrebbe voluto rispondergli che avrebbe potuto trattenerla tranquillamente, che lei non si sarebbe opposta assolutamente, che preferiva parlare con lui così tutta la sera, perchè era da un po' che non succedeva, ma sapeva che non poteva superare un certo limite. Avevano fatto la loro scelta e dovevano rispettarla, non potevano fare sempre quello che volevano.
"Sì, anche perchè un tizio mi ha già ripreso perchè stavo leggendo un messaggio e sono stata maleducata con lui."
"E chi è questo?" Chiese Alex fingendosi indignato.
"Non lo so, è uno che lavora con Joe, ma non l'ho mai visto. Tutto quello che so è che si chiama Adam e che è di Manchester e questa ultima cosa l'ho capita solo perchè voi northerner ci tenete tanto al vostro accento marcato."
"Ahahaha, lo so. In ogni caso è stato poco cortese ad apostrofarti."
"Sì, lo è stato, ma poi si è scusato perchè mi ha visto su di giri, si è sentito in colpa, stellina."
"Meglio, molto meglio, ma tu lo sai che quello di Manchester sono stati cresciuti a latte e odio."
"Sì, lo so."
"Allora...Ti lascio andare. Buona serata, Margaret."
"Anche a te."
"Io stasera faccio il bravo ragazzo, vado a dormire ora. La mia cameretta mi aspetta esattamente come l'ho lasciata."
Margaret sorrise per il tono soddisfatto con cui Alex aveva parlato della sua 'cameretta'.
"Allora buonanotte, Alex."
"Un abbraccio." concluse Alex prima di concludere la telefonata.
Margaret ringraziò il cielo per il fatto che Alex avesse chiuso subito la telefonata, le sue ultime parole le avevano fatto venire gli occhi lucidi e il groppo in gola. Nessuno poteva nemmeno immaginare quanto volesse che quell'abbraccio fosse reale, che lui fosse a scaldarla tenendola tra le sue braccia come tanti anni prima nel giardino di casa di Matt.
Una valanga di ricordi la investirono, ma non voleva abbandonarsi alla nostalgia, così ricacciò indietro le lacrime e tornò dentro da Miles.


La ragazza cercò Miles e lo trovò impegnato in una profondissima conversazione sulla moda con una biondina.
"Eccoti, finalmente." Disse Margaret senza preoccuparsi di interrompere la conversazione.
"Ciao.." Rispose Miles quasi risentito per l'intrusione.
"Tu hai intenzione di restare ancora tanto?" Chiese la ragazza senza minimamente considerare la biondina.
Miles guardò invece proprio nella direzione di quella ragazza e lo sguardo da cerbiatta lo catturò.
"Sì, penso di sì. Tu vuoi andare?"
"Sì, penso che prenderò un taxi." Annunciò Margaret molto poco sorpresa dalla risposta di Miles.
"Ti conviene dividerlo con qualcuno, siamo un po' lontani dalla città, anche se non so se a quest'ora incontrerai qualcuno disposto a tornare indietro." Le spiegò Miles, prima di rivolgere tutte le sue attenzioni alla ragazza con cui stava parlando prima.
"Okay, okay. Buon proseguimento, Miles. Ci sentiamo nei prossimi giorni."
Margaret si stava allontanando, ma decise che si sarebbe presa una piccola vendetta per il fatto che Miles non le avesse ricordato che era il compleanno di Alex.
Tornò indietro.
"Chiedile la carta d'identità prima di portatela a letto, potrebbe essere ancora minorenne." Gelò entrambi con quest'uscita prima di andarsene, ma la biondina sorrise in modo colpevole, quindi c'era un fondo di verità in quello che Margaret aveva appena detto.
Margaret iniziò a cercare Joe e Liam in mezzo alla confusione della festa per salutarli prima di prendere la strada di casa. Li individuò vicini alla porta mentre parlavano con Adam.
Andò da loro con la stessa determinazione con cui si era presentata da Miles pochi minuti prima.
Si avvicinò, ma non li interruppe, perchè era già stata ripresa una volta da Adam per la sua maleducazione, ma si accorse dai loro discorsi che Adam stava salutando perchè stava andando via.
"Scusa, stai andando a Londra?" chiese Margaret speranzosa.
"Sì, ho chiamato un taxi, perchè?"
"Anche io sto andando via e mi chiedevo se potessimo dividere il taxi."
"Certo." Rispose Adam.
Margaret andò a recuperare il cappotto e poi tornò dal gruppo per salutare il padrone di casa e Liam.
"Bellissima festa e bellissima casa, davvero!" Disse Margaret salutando Joe.
"Non devi dirgli altro?" La frase di Adam le gelò il sangue nelle vene.
Lei si voltò per fulminarlo con lo sguardo, ma Joe aveva sentito benissimo e la guardava con fare interrogativo.
"Cosa?"
"Beh...non è niente, è solo che magari le stampe di Picasso alle pareti non ci stanno proprio bene per una festa di questo genere." Ammise la ragazza imbarazzata.
Joe si mise a ridere per niente risentito.
"Lo terrò a mente per la prossima volta."
Finiti i convenevoli i due uscirono e si avviarono verso la fine del giardino per attendere il taxi.
Margaret si accese una sigaretta e Adam era tentato di fare commenti su questa cosa, ma decise che per quella volta poteva risparmiala.
"Sei sempre così gentile o stasera sei particolarmente acido?"
"Diciamo che questa sera sono più sadico del solito." ammise Adam sorridendo.
"Me l'ha detto anche Theo."
"L'hai conosciuto?" chiese Adam incuriosito.
"Sì, mi ha aiutato prima per una cosa. E' stato molto gentile."
"Sì, lui è un gentiluomo."
"Perchè non torna con te?" Chiese Margaret interessata al motivo per cui non potesse condividere il taxi anche con quel bellissimo ragazzo.
"Torna più tardi, Angie vuole godersi la serata in mezzo a queste persone pseudo famose."
"Dal tuo tono si sente che ti sta proprio simpatica questa ragazza."
"Già." Adam non aggiunse una sola parola sull'argomento.
Margaret non ebbe bisogno di chiedere chi fosse Angie, immaginò fosse la sua ragazza.
Il taxi arrivò dopo qualche minuto, tempo che trascorsero in silenzio.
Adam le aprì la portiera e la chiuse e andò a prendere posto dall'altra parte del sedile posteriore.
Il conducente chiese loro l'indirizzo a cui portarli e Adam le fece un cenno con la mano per farle dire prima il suo indirizzo di casa.
"Grazie" disse semplicemente Margaret e lui accennò un sorriso.
Dopo altri interminabili minuti di silenzio, Margaret prese l'iniziativa per fare conversazione.
"Prima Theo ti ha definito collega." disse. Adam fece un cenno con la testa per confermare.
"Ma cosa fate esattamente?"
"Siamo una band." Rispose Adam.
"Gli altri componenti non sono venuti stasera?" fu l'ingenua domanda di Margaret.
"Non ci sono altre persone, siamo un duo."
"E come vi chiamate?"
"Hurts."
Margaret non commentò il nome della band.
"Non penso di avervi mai sentito."
"Non siamo ancora famosi, il primo album esce ad agosto."
"E che genere fate?" L'argomento musica incuriosiva sempre Margaret.
"Non indie rock se è quello che ti interessa."
"Come fai a dire che sia quello che mi interessa?"
Adam la guardò con un sopracciglio alzato.
"Sei venuta alla festa con Miles Kane e conosci Liam Fray..."
"Che c'entra? Miles lo conosco da anni e Fray lo conosco solo grazie a lui. E poi chi ti dice che io ascolti la loro musica?"
Adam la guardò male.
"Okay, sì, li ascolto, ma non ascolto solo indie rock."
"Ah sì? E cosa mi risponderesti se ti chiedessi cosa ascolti?"
"Come prima cosa ti direi che non sono affari tuoi e poi ti dico che te lo dico soltanto se mi dici che genere fate."
"Davvero sei interessata al genere? La musica è tutta bella, non è bella per genere. Io, per dire, ascolto Depeche Mode, Beatles e Michael Jackson."
"Interessante, ma continui a non rispondere alla domanda."
"Vieni a vederci e lo scoprirai." Azzardò Adam sorridendo.
"Dove suonate?"
"Facciamo un piccolo set la settimana prossima in un locale alla moda di Londra. Joe ci ha procurato la serata e ha invitato un sacco di gente dell'ambiente."
"Ci penserò."
"Viene anche Liam, quindi puoi chiedere i dettagli a lui se sei interessata."
Adam considerava chiuso l'argomento ed era molto soddisfatto per essere riuscito a chiederle di rivedersi senza chiederle un vero e proprio appuntamento, ma Margaret tornò alla carica con delle domande dopo qualche minuto di silenzio.
"Theo canta, vero?" chiese Margaret, conoscendo già la risposta, perchè si ricordava fin troppo bene della voce di quel ragazzo.
"Già."
"E tu che strumento suoni?"
"Vari."
"Non scoprirò niente su di voi, vero?"
"A meno che tu non vada su internet a cercare, dubito tu possa sapere qualcosa."
"Nonostante la tentazione sia forte, ho deciso che mi godrò la sorpresa la settimana prossima."
"Quindi vieni?"
"Probabilissimo."
Tutto quel mistero l'aveva incuriosita e poi voleva assolutamente sentir cantare Theo.
Margaret iniziava ad avvertire una certa stanchezza e nonostante volesse continuare a parlare con il suo compagno di taxi, appoggiò la testa contro il finestrino e dopo poco si addormentò.
Adam la svegliò toccandole leggermente il braccio.
"Sei arrivata, bell'addormentata."
"Oh, sì, scusate."
"Figurati, so di essere noioso." scherzò Adam.
"Non ho detto questo."
"Scherzavo, Margaret, tranquilla. Ci vediamo la settimana prossima."
Margaret fece per tirare fuori il portafogli per pagare la sua parte di tariffa, ma Adam la fermò prendendole il braccio.
"Lascia stare. Mi devo far perdonare."
Margaret provò a insistere, ma lui era irremovibile.
"A presto allora."
Uscì dall'auto e si avviò verso il portone di casa.
Una volta aperto, si girò verso la strada e notò che l'auto non era ancora partita. Fece un cenno con la mano e Adam rispose allo stesso modo poi entrò.

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Capitolo 11
*** XI ***





"Ti manca, eh?" la domanda di Penny colse alla sprovvista Alex, che non si era accorto che sua madre non era ancora andata a dormire, ma stava ancora leggendo in salotto, seduta su una poltrona.

Alex immaginò che stesse parlando di Alexa, ma non aveva voglia di mentire, così come non aveva voglia di raccontare delle balle.
"Non ero al telefono con Alexa."
"Lo so" disse Penny sorridendo.
"Come fai a saperlo?"
"Evidentemente ha provato a chiamarti mentre avevi il telefono occupato, perchè dopo ti ha cercato sul mio cellulare, ma io non ho risposto."
"Perdonala, probabilmente non ha pensato al fuso orario, non dovrebbe chiamarti a quest'ora."
"Stai tranquillo. Tu piuttosto dovresti chiamarla."
"Non mi va sinceramente" ammise Alex sinceramente.
"D'accordo" Penny riprese a leggere il suo romanzo tranquillamente. Non era una donna di molte parole e non era una madre impicciona, Alex era stato abituato ad avere i suoi spazi e i suoi tempi per parlare delle cose che voleva condividere ed era libero di dire praticamente qualsiasi cosa a sua madre.
"Comunque sì, mi manca" esordì all'improvviso Alex.
Penny chiuse il libro che stava leggendo e lo appoggiò sul tavolino davanti a lei.
Alex intanto si era accomodato sul divano e aveva appoggiato la testa sulla spalliera del sofà e fissava il soffitto.
"Non vorrei sembrarti inopportuna, ma visto che non stiamo parlando di Alexa, mi cogli un attimo impreparata."
"Ha importanza sapere di chi stiamo parlando?"
"Assolutamente no" Penny sorrise consapevole del fatto che Alex fosse sulla difensiva.
"Lei è... è..."
"Alex, non devi dirmelo per forza" lo rassicurò sua madre.
"Ti ricordi quella ragazza che si è presentata qui una domenica mattina di gennaio dell'ultimo anno del liceo?" chiese Alex dopo parecchi secondi di silenzio.
"Mary, Meg...qualcosa del genere?"
"Margaret."
"Giusto, Margaret. Sì, me la ricordo vagamente, anche se credo di averla vista solo quella volta."
"Ecco...io no. L'ho rivista, parecchie volte e l'ultima non più tardi di due settimane fa."
Penny annuì con la testa, ma non disse nulla, non sapeva dove volesse andare a parare suo figlio e non voleva metterlo sotto pressione con delle domande.
"E' molto amica di Matt e di Miles, li sente e li vede spesso. Io e lei invece...ecco, non credo che riusciremo mai a essere amici. Non l'abbiamo mai voluto e non ci abbiamo mai provato."
"E ti dispiace?" Penny continuava a non capire.
"Diciamo che non siamo fatti per essere amici. Per mesi ci siamo combattuti, fatti la guerra, represso i nostri sentimenti, ma poi una volta abbiamo abbassato la guardia..."
Penny si cacciò a ridere dopo l'ultima frase di Alex e lui la guardò confuso.
"Non ho potuto resistere, ma mi viene da ridere pensando al fatto che mio figlio usi una metafora mentre mi sta dicendo che è andato a letto con una ragazza, scusami."
Alex sorrise: era più in imbarazzo lui a parlare di determinate cose con sua mamma di quanto non fosse lei ad ascoltarlo.
"Sì, insomma, hai capito."
"Sì, direi di sì. E da allora?"
"Non è cambiato niente, ma tutti sanno che dopo aver provato una cosa piacevole, è difficile dimenticarla. Se prima mi mancava un po' quando diventavo nostalgico, dopo averla stretta tra le mie braccia sentivo il vuoto circondarmi quando pensavo a lei. Mi mancava il suo odore, mi mancava il suo viso, mi mancavano le sue mani. Quando sono con lei sono naturalmente portato a starle vicino, a tenerle la mano o a cingerle le spalle con un braccio. Il mio corpo si muove in funzione della sua figura e quando non c'è... beh, sento la sua assenza ovunque, sento il senso di impotenza scorrermi in tutto il corpo, sento perfettamente le mani vuote, sono perfettamente cosciente del fatto che il mio essere sia privo della voglia di fare qualsiasi cosa, perchè manca lei e quindi mi ritrovo a scrivere canzoni su di lei."
Penny sapeva perfettamente di cosa stesse parlando Alex, nonostante il fatto che le sensazioni che provava suo figlio dovevano essere traslate rispetto a quelle di una madre che viveva a centinaia di chilometri da suo figlio.
"E hai deciso di allontanarti ancora di più da lei" disse riferendosi al suo trasferimento a New York.
"Sì, dovevo andare via"
"Con Alexa" Penny aveva sottolineato la presenza di Alexa perchè voleva delle spiegazioni su questa cosa da Alex. Non era una persona incline ai giudizi affrettati, ma non poteva ignorare il fatto che suo figlio non si fosse proprio comportato in modo corretto nei confronti di un'altra ragazza.
"Sì, con Alexa. Dovevo fare finta che non fosse successo niente, che fosse tutto frutto della mia immaginazione e per un po' quasi ci riuscii. Scaricavo tutto sul nuovo album, mettevo ogni ricordo in ogni nota o frase e mi è stato utile, ma qualcuno lassù ce l'ha con me. L'ho rivista a New York per caso quest'estate."
"Mmm."
"Non è successo niente di grave" disse subito Alex.
"Grazie per aver specificato, almeno capisco che non mi stai prendendo in giro" puntualizzò Penny riferendosi al 'niente di grave' di Alex.
"Il problema è rimasto in ogni caso e avevo quasi deciso di chiudere con Alexa, almeno per non continuare a prendere in giro lei, ma per una serie di casi non ho potuto farlo e non me la sento nemmeno ora" Alex non voleva parlare della gravidanza interrotta della sua compagna, sua madre non aveva bisogno di sapere.
"Mi hai detto che l'ultima volta che l'hai vista è stato non più tardi di due settimane fa, no?" chiese Penny.
"Già, ma non ci siamo parlati. L'ho solo intravista mentre andavo via in macchina."
"E...?" Penny non voleva finire la domanda a voce alta, perchè sarebbe stata la fine della conversazione, doveva evitare le domande dirette ad Alex.
"E ho sentito di nuovo quella sensazione di lasciarmi scivolare via dalle mani qualcosa che desideravo intensamente" sospirò Alex.
"Ma lei sa?"
"Cosa dovrebbe sapere in particolare? Non sono mai riuscito a dirle davvero quello che volevo e a volte penso di non saperlo nemmeno io. Credo che si sia fatta delle domande, ma non so se sia riuscita a trovare la risposta giusta. Subiamo questa situazione, tratteniamo l'impulso di scriverci frecciatine tutto il tempo o di chiamarci prima di andare a dormire per la buonanotte. Più di questo non saprei cosa fare e a volte non ci  riesco nemmeno, come stasera."
"Oggi avevi la scusa facile del compleanno, no?"
"Esattamente"
Penny sorrise comprensiva.
"Matt e Miles cosa dicono?"
"Lasciamoli perdere. Si sono messi in mezzo anche troppo" rispose Alex sperando che sua madre non cogliesse il vero significato di quella frase.
"D'accordo, d'accordo."
Entrambi rimasero in silenzio per parecchi secondi. Penny sapeva che non poteva dirgli niente che non gli fosse già stato detto, non aveva voglia di fargli la morale per quello che aveva fatto alle spalle di Alexa, perchè sapeva benissimo che suo figlio fosse consapevole del fatto che fosse un comportamento irrispettoso e che non aveva bisogno di una strigliata. Alex non era una persona egoista e non aveva nemmeno paura di restare da solo, non erano questi i motivi per cui non aveva ancora lasciato Alexa. Non si trattava nemmeno di mancanza di coraggio, evidentemente c'erano altri motivi e Penny non era tenuta a saperli a tutti i costi.
"Tesoro, è tardi per me. Vado a letto" Annunciò Penny.
"Okay, ma', buonanotte" Alex si alzò in piedi e salutò sua madre con un bacio sulla guancia.
Lui non aveva sonno e restò nel salotto di casa dei suoi a pensare e ripensare a delle frasi che gli gironzolavano in testa da un po'.
'When I'm not being honest, I pretend that you were just some lover'





La settimana trascorse lenta e senza particolari avvenimenti.
La mattina del giorno dell'esibizione degli Hurts, Margaret era al lavoro. Lavorava nella redazione di un giornale che si occupava di arte, musica e spettacoli e scriveva articoli per la pagina internet della testata. Il lavoro le piaceva, ma lo considerava un'occupazione transitoria, anche se non sapeva ancora quali potessero i suoi progetti per il futuro. L'ambiente le piaceva molto, i suoi colleghi erano giovani e l'ambiente piuttosto tranquillo.
Quella mattina, durante la pausa, era a prendere un caffè con una collega, Mary, e stavano chiacchierando su cosa avevano fatto durante le vacanze di Natale, quando le arrivò un messaggio da un numero sconosciuto.
'Mi hanno detto che stasera devi venire con me da quei due mancuniani. Liam'
Il messaggio di Fray si riferiva ovviamente al concerto degli Hurts.
'Chi te l'ha detto?' rispose.
'Immagina. Vieni da sola o preferisci che ti passi a prendere?'
'Non credo che mi facciano entrare se mi presentassi da sola, non sono nessuno'
'Mandami l'indirizzo di casa tua, passo a prenderti alle 7'
A Margaret piaceva questa cosa di Liam e Miles: l'avevano presa sotto la loro ala protettrice e sembravano felici di coinvolgerla nelle loro cose. Miles ovviamente la conosceva meglio e da più tempo, ma anche Liam era evidentemente disposto a trascorrere del tempo con lei, a prescindere dalla presenza di Miles.
Durante il pomeriggio Margaret pensò intensamente a come conciarsi per la serata, doveva trovare qualcosa di adatto, visto che non si trattava di un pub di periferia.
Tornata a casa, si fece una doccia, si sistemò i capelli in una coda alta e poi aprì l'armadio. Aveva in mente due idee: la prima ipotesi era un tubino nero semplice, elegante e nemmeno troppo corto, la seconda era un completo nero con i pantaloni a vita alta e la giacca senza bottoni aperta da indossare sopra una camicia bianca infilata dentro i pantaloni.
Si provò prima l'abito ma, per quanto le stesse bene, si sentiva un po' banalotta, quindi tentò con la seconda ipotesi e per quanto non fosse molto più originale dell'altro caso, optò per il completo.  Non sapeva bene perchè ci tenesse così tanto a non sembrare monotona e ordinaria, ma di certo non dipendeva solo dal locale, era sicura che c'entrasse anche con il gruppo che stava andando ad ascoltare.
L'aspetto di Theo l'aveva colpita e l'atteggiamento di Adam l'aveva incuriosita parecchio, ma non aveva fatto alcun tipo di ricerca sulla rete per cercare di scoprire qualcosa di più su di loro.
Liam si presentò sotto casa sua in taxi, non aveva preso la sua macchina per non precludersi la possibilità di bere.
Indossava un cappotto blu lungo elegante sopra una camicia bianca e dei pantaloni marroni.
"Ti fanno entrare così al Groucho?" chiese Margaret non appena entrò in macchina.
"Sono iscritto, posso fare quello che voglio."
In macchina non chiacchierarono molto all'inizio, perchè ascoltavano la radio. Da Jo Whiley si parlava del teenager cancer trust.
"...per ora si parla della presenza di Noel e di un Liam la stessa sera, ma non si tratterebbe di suo fratello, bensì del cantante dei Courteeners..."
Margaret si girò verso Liam e lo vide sorridere compiaciuto.
"E' vero?" chiese immediatamente.
"Non posso dire niente, tra poco faranno gli annunci ufficiali."
"Parla."
"Io posso confermarti la presenza della mia band... per quanto riguarda Noel non posso dire nulla."
"E' vero quindi" sussurrò Margaret eccitata.

Arrivati al locale, Liam si fermò fuori a parlare con della gente che conosceva mentre Margaret se ne stava in silenzio di fianco a lui. Si sentiva fuori luogo, non conosceva praticamente nessuno e non era nemmeno dell'ambiente, nonostante avesse come migliori amici due musicisti inglesi affermati. Guardando il locale e l'ambiete, iniziò ad immaginare Alex ad una serata del genere, ma per quanto non ci provasse, non riusciva proprio a vederlo nella sua mente inserito in quell'ambiente, forse perchè non l'aveva mai visto se non in compagnia dei suoi amici nonchè colleghi. Non le era mai capitato di incontrarlo in una serata del genere, anche se era ovvio che frequentasse persone al di fuori del giro dei Monkeys e di Miles.
Questa era una cosa che aveva sempre pensato: non aveva mai vissuto la quotidianeità di Alex da cantante famoso e non sapeva come potesse comportarsi, anche se, conoscendolo da vari anni, poteva immaginare che non desse troppa confidenza a persone di cui gliene importasse il giusto.
Liam finì la sigaretta, la prese a braccetto e la distolse dai suoi viaggi per portarla dentro il locale.

Si accomodarono a un tavolo per due non molto appartato.
"Chissà cosa crederà la gente vedendoci insieme" disse Margaret guardandosi intorno.
"Qui si fanno un po' tutti i cavoli propri e i fotografi aspettano fuori di solito, ma non sono una vittima abbastanza celebre, quindi tranquilla, Turner non saprà di questa serata se è questo quello che ti interessa."
Margaret lo fulminò con lo sguardo perchè non stava minimamente pensando a quello che avrebbe potuto dire Alex scoprendo che lei usciva con Liam.
"Stanno per iniziare" comunicò Liam dopo un'oretta buona trascorsa  a parlare di tutto e niente. Il ragazzo si avvicinò allo spazio lasciato libero da tavolini e sedie e occupato da una tastiera, una batteria e un'asta del microfono, ma Margaret non lo seguì, preferiva godersi lo spettacolo da più lontano e poi non voleva farsi vedere subito da Adam.
Adam, Theo e il batterista fecero il loro ingresso e salutarono i presenti con sorrisi tesi. Non dissero una parola, ma presero tutti posizione: Theo davanti al microfono e Adam alla tastiera. Non dissero il titolo della canzone, ma partirono a suonare dopo il segnale di Adam.
Margaret si perse a osservarli e non si concentrò subito sulla canzone: Theo era elegantissimo e teneva le mani congiunte davanti al petto mentre cantava a occhi chiusi, Adam era concentrato e fissava la tastiera, ogni tanto ondeggiava a ritmo della canzone, non si guardava attorno, ogni tanto rivolgeva lo sguardo verso Theo senza un apparente motivo.
La prima canzone si concluse e dal ristretto pubblico partirono degli applausi. Sul volto di Theo si dipinse un sorriso soddisfatto.
"Vi ringrazio" disse semplicemente.
Adam intanto si era alzato e aveva recuperato una chitarra acustica nera e aveva cambiato lato rispetto a Theo. Ora era rivolto verso il pubblico e guardava la piccola folla davanti a sè con aria di sfida, era impettito e immobile.
Margaret potè notare che indossava una camicia nera con il collo coreano sopra dei pantaloni neri che mettevano in risalto le gambe muscolose.
Adam guardava la gente tra il pubblico, passava in rassegna tutti i presenti e Margaret potè constatare con un briciolo di soddisfazione un'ombra di delusione negli occhi del musicista per non averla trovata vicino a Fray. Sorrise e fu in quel momento che Adam decise di estendere la ricerca ai pochi rimasti seduti ai loro tavoli. La fissò un secondo prima di farle l'occhiolino e partire a suonare dopo il segnale del batterista. Questa volta Margaret, come per le sette canzoni successive, ascoltò attentamente la canzone e non se ne pentì.
Margaret era ipnotizzata dagli Hurts: nonostante l'arrangiamento acustico, riusciva a percepire la potenza delle canzoni. La voce potente di Theo riempiva la stanza accompagnata magistralmente dagli accordi di Adam. La ragazza si alzò per raggiungere Fray quando Theo annunciò che quella successiva sarebbe stata l'ultima canzone. Ogni tanto incrociava lo sguardo con quello di Adam e se le prime volte credeva che si trattasse di un caso, dopo un po' capì che non era cosí. Sembrava che il chitarrista stesse cercando la sua approvazione o che stesse cercando di incuriosirla. Finito il set, i tre uscirono dalla sala e non vi rientrarono per un po'. Liam e Margaret discussero del concerto, a entrambi era piaciuto molto. Margaret di tanto in tanto si guardava attorno in cerca di quegli occhi di ghiaccio e a un certo punto vide una sagoma con la camicia grigia al bancone. Stava per avviconarsi, ma qualcuno le parlò.
"Nessun incidente in bagno questa volta?" Theo l'aveva raggiunta alle spalle e lei riconobbe immediatamente la voce.
"Sembra proprio di no per fortuna."
"Meglio, anche perchè con quest'aspetto più sano, sei ancora più bella."
Margaret avvampò e si guardò attorno in cerca della ragazza di Theo. Il cantante capì.
"Non c'è la mia ragazza, stai tranquilla. Domani ha un esame e non poteva venire" Spiegò.
"Ah...okay."
Passò qualche secondo di silenzio: Theo era di fronte a lei e la stava osservando e lei si sentiva in imbarazzo, ma si riprese.
"Complimenti per la serata. È stato molto bello" disse per fare conversazione.
"Ti ringrazio. Spero ti piacerà anche l'album"
"Ci sono buone premesse."
Trascorsero altri secondi di silenzio e questa volta Margaret non sapeva come venirne fuori.
"Prima che ti raggiungessi e ti mettessi in imbarazzo con un semplice complimento, mi sembravi intenzionata a raggiungere il bancone per fare i complimenti al mio collega, immagino."
"Già, stavo andando da lui"ammise la ragazza.
"Vai allora, altrimenti poi ti toccherà fare la fila" disse Theo indicando un gruppo di ragazze stanziato vicino ad Adam.
La ragazza sorrise e si allontanò per raggiungere Adam.
"Buonasera!" esordì Margaret per palesarsi.
"Buonasera a te" rispose Adam girandosi verso di lei per guardarla dalla testa ai piedi e constatare che quel completo le stava veramente bene.
"Come stai?"
"Bene, la tensione deve ancora scemare, ma mi sto riprendendo"
Margaret si sorprese per una risposta del genere, perchè Adam non sembrava un ragazzo ansioso, ma era anche vero che non lo conosceva per niente, quindi questa sua convinzione era basata solo sul suo aspetto freddo e distaccato da qualsiasi cosa e dai suoi occhi gelidi e seri.
"Era la prima volta che suonavate davanti ad altra gente?"
Adam sorrise e sorseggiò il suo Jack Daniel's.
"No, affatto, abbiamo fatto migliaia di serate con il vecchio gruppo. È solo che stasera era diverso, perchè abbiamo suonato per persone dell'ambiente, persone che sanno cosa sia la musica e quindi sentivo un po' di pressione"
"Direi che ve la siete cavata egreggiamente, no?"
"Credo di sì"
"Quando uscirà l'album?"
"È ancora in fase di produzione, infatti ero contrario a questo concerto, perchè molte cose sono ancora da sistemare, ma Joe ha insistito per questa serata  e il nostro manager ha colto l'occasione."
"Sembra che tu ti stia giustificando"
Adam rise e bevve un altro sorso del suo whiskey.
"In parte lo sto facendo. L'idea dell'album è un po' diversa da questo set acustico e spero che non ci rimarrai male quando lo sentirai."
"Non è detto che lo farò" rispose Margaret sorridendo.
"Lo farai, se non altro per sentire almeno la voce di Theo"
"Geloso?" chiese Margaret guardandolo negli occhi. Adam sorrise.
"No. Sarebbe comunque una copia in più venduta"
"Sei proprio un mancuniano" disse la ragazza quasi risentita.
"Cosa c'è di male in questo?"
"A parte il fatto di nascondersi dietro alle vendite per mascherare l'importanza che ha la tua musica per te, niente."
"E sentiamo, perchè questa sarebbe una prerogativa di noi mancuniani? Da cosa lo deduci?" chiese Adam interessato.
"Precedenti illustri."
"Oh, capisco. Sai, non è bello fare di tutta l'erba un fascio, anche se non mi dispiace appartenere al fascio in cui c'è anche Noel."
"L'unica cosa che avete in comune, a parte Manchester, sono gli occhi azzurri."
"Non sapevo lo conoscessi."
"Time out, vi prego" Liam li aveva raggiuntie stava ascoltando la loro conversazione da qualche secondo, non che ci volesse molto di più a capire che si stavano acidando addosso.
"Fray, che piacere!" disse Adam.
"Non vedo l'ora di sentire l'album, Anderson, davvero."
"Spero non ti deluda."
"Quanto dobbiamo aspettare ancora?" Chise William.
"Mi sa che ti toccherà aspettare l'estate, ma ci sono sempre i singoli!" Adam sembrava tornato di buon'umore.
Margaret si allontanò dai due per andare a fumare una sigaretta fuori.
Si guardò attorno e notò vari volti più o meno noti del mondo della televisione e della radio. Si perse qualche minuto a cercare di ricordare i loro nomi e la loro occupazione con scarsi risultati.
"Disturbo?" Adam l'aveva raggiunta fuori.
"Dipende."
"Da cosa?"
"Hai intenzione di diventare simpatico?"
"Tanto lo so che ti diverti."
Margaret sorrise.
"Hai ragione, un po' mi diverto."
"Non sono sempre così, mi hai visto solo in particolari circostanze."
"E come sei di solito?"
"Davanti a un pezzo di torta di carote posso sembrare quasi simpatico."
"Non mi sembra che la torta di carote sia nel menù" Margaret sapeva benissimo cosa volesse dire Adam, ma voleva che glielo dicesse esplicitamente, senza evitare giri di parole.
"Sei furba."
"Mi lusinghi."
Adam sorrise.
"Domani hai impegni?"
"Domattina lavoro, ma nel pomeriggio sono libera."
"Ci vediamo davanti allo Starbucks di Green Park alle cinque."
"Non so se ho un appunt-"
"No, non era una domanda."
Adam si avvicinò e le posò un leggero bacio sulla guancia prima di rientrare nel locale.

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Capitolo 12
*** XII ***


Appena rientrati in casa, Alexa si diresse in cucina.
"Vuoi un bicchiere di rosso?" chiese al ragazzo ancora impegnato a togliersi il cappotto.
"Non abbiamo già bevuto abbastanza per stasera?" rispose Alex con quel poco di lucidità che gli restava dopo una serata in giro per locali a bere per riuscire a sopportare gli amichetti della sua ragazza.
"Sei un vecchio" disse Alexa andando verso il salotto per accomodarsi sul loro divano che sembrava enorme rispetto all'esile corporatura della modella.
Alex si sedette di fianco a lei su esplicito invito della ragazza.
"Non sono vecchio, è che conosco i miei limiti e non mi va di passare la notte in bagno a vomitare"
"Principiante" rispose Alexa dopo avere preso un sorso dal suo calice di vino rosso più pieno del dovuto.
"Come vuoi" rispose Alex contro voglia.
La ragazza si sporse ad appoggiare il bicchiere ul tavolino di fianco al lato del divano su cui era seduto Alex e dopo si sedette a cavalcioni su di lui.
Alex aveva capito immediatamente le intenzioni della ragazza, perchè quando era ubriaca era più disinibita del solito, quindi non si sorprese più di tanto quando se la ritrovò spalmata addosso.
Alexa lo guardava dal basso con i suoi particolarissimi occhi a mandorla, mentre con le mani accarezza il collo del ragazzo e giocava con i suoi capelli.
"In taxi stavi per addormentarti" commentò Alex.
"E ora mi sono svegliata" sussurrò Alexa per cercare di ottenere qualche risultato più soddisfacente, ma Alex sembrava immune quella sera.
"Io però ho sonno ora"
"Dopo dormi" rispose Alexa prima di baciarlo.
Alex all'inizio rispose al bacio, ma quando notò che la ragazza aveva iniziato a sbottonargli la camicia, si staccò e le prese dolcemente i polsi per farla smettere.
"Dio, Alex ma cos'hai stasera?"
Alex non ne aveva voglia, non la voleva, voleva solo andare a dormire per far terminare un'altra giornata noiosa, ma non poteva dirglielo, non poteva dirle che non la voleva, che non la voleva più ormai da troppo tempo.
"Sono molto stanco" provò a giustificarsi Alex.
"Non è una giustificazione per rifiutarmi" disse Alexa, mentre si alzava dal divano.
"Non ti sto rifiutando, amore, lo sai"
"Alex, smettila. Sei tornato da pochi giorni e riparti tra pochissimo per il tuo cazzo di tour e da quando sei tornato abbiamo fatto l'amore solo una volta e solo perchè io ti sono praticamente saltata addosso. Credi che non me ne accorga? Non prendi mai l'iniziativa, il massimo di contatto che sei disposto a concedermi sono delle carezze prima di dormire. Non sono un cane, sono la tua donna, ricordatelo"
Alex non poteva ribattere, sapeva che la sua ragazza aveva ragione e in fondo sapeva anche che prima o poi si sarebbe accorta di quanto fosse diventato freddo, ma nonostante tutto ciò non riusciva proprio a trovare la spinta. Da quando era tornato dalle vacanze di Natale in famiglia non riusciva nemmeno più a fingere di volerla e si nascondeva dietro la stanchezza per il tour di Humbug, anche se non era stato nulla di distruttivo fino a quel momento.
Le cose si erano già raffreddate in passato, sopratutto dopo l'interruzione della gravidanza, perchè Alexa raramente era dell'umore, ma dopo Natale si era ripresa un po' ed evidentemente sperava che le cose tornassero almeno in parte come una volta, ma non aveva fatto i conti con i fantasmi di Alex.
"Lo so" rispose laconicamente Alex.
"Sicuro?" chiese Alexa inacidita.
"No, non sono sicuro"
Alex non sapeva a cosa imputare una risposta del genere: forse senso di colpa condito con alcool, forse la solita indisponenza che lo prendeva quando Alexa voleva litigare o discutere, poco probabilmente il desiderio di essere sincero.
"Come scusa?"
Alexa si era allontanata per andare a recuperare una sigaretta nella borsa, ma dopo quella risposta di Alex si era fermata a metà strada ed era tornata verso il ragazzo.
Alex non sapeva come venirne fuori, ormai il danno era fatto ed aveva bevuto troppo per costruire una scusa decente per quella risposta.
"Cosa hai detto, Alex?" chiese Alexa con le mani sui fianchi davanti al cantante.
Alex alzò dal divano per andare a prendere le sigarette dal cappotto abbandonato su una sedia vicino all'ingresso.
Ne prese due e una la portò ad Alexa, che intanto continuava a guardarlo e ad aspettarsi una spiegazione.
"Alexa, io...io non so cosa voglio in questo periodo"
"Cosa vuoi dire? Non addolcire la pillola, parla chiaramente e basta"
"Io non...non so se sono ancora innamorato di te" Bugie su bugie, lo sapeva benissimo anche lui di non essere assolutamente più innamorato della modella, la sua testa e il suo cuore erano altrove, forse nemmeno dall'altra parte dell'oceano da Margaret, forse non voleva veramente nessuno in quel periodo.
Alexa lo guardava negli occhi, non mostrava segni di dispiacere o di arrabbiatura, stava aspettando ancora delle spiegazioni.
"Da quanto hai questi dubbi?" chiese dopo qualche secondo di silenzio.
"Non so il giorno esatto, ovviamente..."
"Rispondi alla domanda"
"Non lo so, Alexa"
"Me ne avresti parlato se non me ne fossi accorta?"
"Non lo so"
"Perchè?"
"Forse speravo che le cose tornassero a posto senza doverti dire determinate cose, non volevo farti soffrire"
"Come sei premuroso" rispose Alexa in modo acido.
"Mi dispiace"
"Non quanto dispiace a me"
Alex non sapeva cosa rispondere, non sapeva nemmeno cosa avesse intenzione di fare Alexa ora che sapeva dei suoi dubbi.
"Cosa facciamo?" chiese Alex.
"Per stanotte dormi sul divano, non voglio di fianco a me a letto un ragazzo che non sa se mi ama. Ora non mi va di affrontare la cosa, ne parliamo domattina" disse Alexa cercando di nascondere il fatto che avesse gli occhi lucidi.
"Alexa, davvero, mi dispiace, davvero. L'ultimo anno è stato molto stressante e-"
"Domattina, Alex. Risparmia il fiato e le spiegazioni per domani"



Alex era collassato a sul divano dopo almeno due ore passate a osservare il soffitto. Il filo dei suoi pensieri non aveva avuto una connessione logica chiara, aveva ricordato migliai di visi, milioni di situazioni, tutte inutili eppure tutte essenziali perchè l'avevano condotto a quel momento preciso della sua esistenza.
Si era interrogato anche su cosa avrebbe detto ad Alexa il mattino dopo, ma non era giunto a nessuna conclusione accettabile e sapeva che l'unica cosa che doveva fare era lasciarla.
Si svegliò all'improvviso senza un apparente motivo, non c'era nessun rumore e grazie ai tour era ruscito a imparare a dormire anche con la luce e persino con Matt che si sedeva sulle sue gambe per molestarlo.
Aprì gli occhi con calma per evitare di accecarsi con la luce bianca del mattino newyorkese. Di fronte a lui, sulla poltrona, c'era Alexa; indossava la sua vestaglia di raso blu scuro e reggeva tra le mani un a tazza fumante.
"Buongiorno" sussurrò Alex con la voce ancora impastata per il sonno.
"Buongiorno"
"Da quanto sei lì?"
"Mezz'oretta credo" rispose Alexa.
"Ah...oh...scusa, potevi svegliarmi" disse Alex mettendosi a sedere e strofinandosi gli occhi.
"Ma figurati. Caffè?" chiese Alexa alzandosi per andare a prendere qualcosa per il suo ragazzo.
Alex era sorpreso per questo tipo di attenzioni da parte di Alexa, in due anni di relazione gli aveva portato la colazione a letto al massimo due volte, e sempre in occasioni particolari e del tutto diverse da quella in cui si trovavano in quel momento.
Alex avrebbe preferito del tè quella mattina, ma non se la sentiva di avanzare richieste.
"Sì, grazie"
Alexa tornò in salotto dopo nemmeno un minuto, gli passò la tazza fumante e tornò a sedersi sulla poltrona di fronte a lui.
"Come hai passato la notte?" chiese la ragazza.
"Ho un po' di mal di schiena" cercò di scherzare Alex per allegerire la situazione e Alexa sorrise comprensiva.
"Tu?"
"Per fortuna avevo sonno" commentò laconica la ragazza.
Alex non sapeva come tirare fuori il discorso della sera precedente, ma sentiva che doveva farlo.
"Alexa, ascolta, a proposito di ieri sera... io ti devo delle spiegazioni"
"Al, prima che tu dica qualsiasi cosa, ascolta la mia proposta" disse Alexa risoluta.
"Vai"
"Io ti amo e sono certa che tu sia l'uomo della mia vita. Non lo sto dicendo per convicerti a restare con me o per cercare di risolvere la situazione. Lo sto dicendo perchè è quello che sento. Io non so cosa tu senta in questo momento, non so cosa tu abbia fatto in passato, non so cosa provi per me veramente, ma io non voglio sapere nulla di tutto ciò. Sono una persona troppo orgogliosa per perdonare, ma allo stesso tempo sono troppo debole per lasciarti andare e so che se venissi a sapere delle cose che non mi piacciono su di te, sarei lacerata. Sarei capace di restare con te pur rinfacciandoti le cose e non mi va"
Alex annuì per farle capire che la stava seguendo.
"Io non voglio sapere niente, non devi darmi nessuna spiegazione. Io ho solo bisogno di chiarezza e mi sembra che tu in questo momento non abbia le idee chiare, quindi prenditi il tuo tempo. Ora partirai per il tour e avrai tempo per capire se alla fine vorrai tornare qui a New York o se preferirai andare altrove."
"E' una pausa di riflessione?" chiese Alex cercando di fare ironia.
"Chiamala come vuoi, io non ho nulla su cui riflettere, io so cosa voglio" ammise Alexa con gli occhi lucidi.
Alex si alzò e si avvicinò a lei, le posò un bacio sui capelli.
"Non ti farei mai del male intenzionalmente"
"Lo so, Al, lo so"



Margaret non sarebbe mai riuscita ad essere davanti allo Starbuck di Green Park alle cinque.
Era fisicamente impossibile e lo sapeva, i contrattempi degli ultimi minuti al lavoro le avevano tolto qualsiasi possibilità. A quell'ora la metro era impraticabile e il traffico sempre denso.
Decise comunque di provarci e la metro sembrava la possibilità migliore, si sarebbe fatta piccola piccola pur di salire su un vagone.
Adam intanto era arrivato in anticipo e se ne stava appoggiato al muro mentre controllava il telefono.
Era comunque gennaio e il freddo si faceva sentire, soprattutto nei piedi, così cercò di iniziare a riacquistare sensibilità camminando avanti e indietro sul marciapiedi.
Controllava l'orologio spasmodicamente, odiava le persone in ritardo e alle 17.01 il suo umore mutò notevolmente. Si ripeteva di stare calmo, ma non sopportava i ritardi: si diede come limite dieci minuti e poi se ne sarebbe andato.
Quei dieci minuti diventarono quindici e poi diciotto, stava cercando di resistere il più possibile, ma alla fine ne ebbe abbastanza e si incamminò a piedi verso la fermata del suo autobus.
Margaret arrivò davanti alla caffetteria qualche minuto dopo che Adam se ne era andata e non fu affatto sorpresa di non trovarvi il ragazzo, aveva immaginato il suo disappunto e i suoi occhi gelidi e quasi quasi fu contenta di non avercelo davanti.
In ogni caso non poteva lasciare che la loro conoscenza si fermasse per colpa del traffico londinese, così entrò da Starbucks, ordinò una cioccolata calda, si sedette a uno dei tavolini più appartati e tirò fuori il telefono: doveva fare un giro di telefonate.




Adam aveva da poco finito di cenare quando il suo telefono vibrò. Non stava aspettando nessuna telefonata e non conosceva il numero da cui proveniva la chiamata, quindi si prese qualche secondo in più per rispondere, perchè stava cercando di capire.
"Sì?" disse infine, sconfitto.
"Oggi non mi sono dimenticata di te" Adam sorrise.
"Ti sei solo dimenticata l'orario"
"No, cretino. Ho avuto dei contrattempi al lavoro e non avevo il tuo numero per avvisarti e per ottenere il tuo numero ci ho impiegato circa un'ora"
"Chi ha ceduto alla fine?" chiese Adam curioso.
"Posso dirtelo davanti a un bicchiere di rosso?"
"Sono a casa in tuta, non mi va di uscire" rispode Adam acido.
"Non c'è problema, io sono sotto casa tua al gelo."
Adam non disse una parola, ma si diresse subito alla finestra del salotto che dava sulla strada, si affacciò e vide la figura esile di una ragazza con un cappotto nero e un cappello verde.
"Certo che sei proprio fissata col verde" commentò Adam al telefono.
"Certo che puoi pure aprirmi"
Adam sorrise, interruppe la conversazione e andò al citofono.
Per fortuna era un ragazzo ordinato e casa sua era pulita e a posto, perchè Margaret era piombata a casa sua senza il minimo preavviso e ciò avrebbe generato panico e disperazione per qualunque altro ragazzo della sua vita che viveva da solo.
Adam aprì la porta di casa quando sentì il familiare rumore dell'ascensore.
"E' stato Theo, vero?" le chiese prima di farla accomodare.
"Quel caro ragazzo!" disse Margaret entrando nel suo appartamento.

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Capitolo 13
*** XIII ***


Margaret rischiò di cadere circa tredici volte nel tragitto dalla stazione metropolitana di Chalk Farm fino all'appartamento di Miles.
Uno sottile strato di ghiaccio aveva ricoperto le strade di Londra e lei pur di non mettersi un paio di Timberland come andavano molto di moda tra i giovani, avrebbe preferito camminare scalza, quindi attraversava Londra con i suoi soliti stivaletti neri con un po' di tacco.
Arrivò sotto l'elegante palazzo in cui c'era l'appartamento di Kane e suonò sperando che si muovesse ad aprire il portone.
“Scendo” disse Miles al citofono.
Margaret rimase stranita da questa risposta, perchè Miles l'aveva esplicitamente invitata a bere un tè caldo a casa sua, quindi non si aspettava di doverlo aspettare fuori.
Miles fece la sua comparsa avvolto in un caldissimo doppiopetto marrone.
“Buonasera” esordì.
“Pensavo che saremmo stati da te”
“Lo pensavo anche io, ma poi Jeff ha deciso di venire a schiacciare un pisolino qui”
Margaret aveva tanto sentito parlare di questo Jeff, ma non l'aveva mai conosciuto. Era un grande amico di Miles e, stranamente, era un musicista, un chitarrista anche piuttosto bravo.
“D'accordo, d'accordo. Dove mi porti allora?” chiese Margaret.
“Qui vicino c'è un posto carino, mi ci portava sempre Agyness” disse Miles.
Si incamminarono allontanandosi dalle lussuose abitazion idel quartiere di Miles, per raggiungere la via in cui c'erano negozi e bar.
Parlarono di stupidaggini durante il tragitto, non si vedevano da un po'.
Miles si fermò davanti a un piccolo locale: fuori c'erano dei tavolini e delle coperte per gli avventori.
Entrarono e Miles ordinò un latte, senza nemmeno leggere le proposte, mentre Margaret si perse a leggere i nomi di tisane che non aveva mai sentito.
“Immaginavo non l'avessi conosciuto per conto tuo questo posto”
Miles sorrise.
“Ci mettiamo fuori?”
Margaret annuì pensando al fatto che nonostante fosse gennaio, sarebbe riuscita a resistere al freddo con una coperta e una tisana calda.
“Come procede in studio?” chiese Margaret all'improvviso.
“eh... bene direi, non ho ancora concluso molto” ammise Miles
“Però lo farai, no?”
“Se Al mi darà una mano, sì”
Margaret alzò gli occhi al cielo quando sentì il nome dell'amico di Miles.
“Non fare così, non ci posso fare niente”
“Scusa, scusa, hai ragione” disse Margaret.
La ragazza del locale uscì, portando loro quello che avevano ordinato e Margaret ne approfittò per controllare il telefono, cosa che aveva già fatto spesso da quando era con Miles.
“Chi ti deve scrivere?” chiese Miles allusivo.
“Evidentemente nessuno” sospirò la ragazza.
“Ma non eri uscita con quel tizio la settimana scorsa? Non mi hai più detto come è andata”
“Sono arrivata tardi all'appuntamento e così ho dovuto strisciare per ottenere da Fray il numero di qualcuno che lo conoscesse, perchè Liam non ce l'aveva. Alla fine sono riuscita a strapparlo dal suo collega e mi sono presentata a casa sua con del vino, per farmi perdonare”
“Secondo me per fare altro...” la interruppe Miles.
“Miles! No! Mi sembrava solo un gesto carino...”
“Sì, sì, vai avanti, come è finita?”
“Siamo stati bene, abbiamo chiacchierato. E' simpatico quando vuole e mi fa ridere, scherza in un modo che mi piace...”
“Ma...?”
“Ma è da quella sera che non lo sento. Il mio numero ora ce l'ha, ma è sparito.”
“Lui come ti è sembrato? Ti sembrava interessato?” chiese Miles.
“E' stato lui a chiedermi di uscire!”
“Intendevo dire quella sera!”
“Boh, sì, mi sembrava di sì” concluse Margaret rassegnata.
“E quindi controlli il telefono così da una settimana?” Miles scoppiò a ridere al solo pensiero.
“Sì, idiota.”
“Ma scrivigli!”
“Tu sei pazzo”
“Tu stai diventando pazza!”
“No no no. Passerà, non è l'unico ragazzo sulla faccia della terra”
“Margaret, in una settimana non ti è passata. Ascoltami: cos'hai da perdere?”
“Lo conosco questo discorso: sono stata un'amica adolescente di un'altra adolescente prima di te” lo prese in giro Margaret.
“Sono serio, Margaret. Chiedigli se di solito si comporta così con le ragazze o se è stata solo colpa del tuo ritardo quel pomeriggio”
“No”
“Dai”
“No”
“Muoviti”
“No”
“Su”
“E va bene” si arrese alla fine Margaret.
“Tira fuori il telefono”
“No, lo faccio dopo da sola a casa”
“No, lo fai ora davanti ai miei occhi”
“Che ansia d'uomo che sei”
“Anche io ti voglio bene”
Margaret prese fuori il telefono e contemporaneamente una sigaretta.
“Come glielo scrivo?”
“Allora...” Miles avrebbe voluto fare una battuta squallida e cattiva, ma se la risparmiò, anche perchè non aveva senso ricordarle in quel momento che Alex era quello bravo con le parole, non lui.




Il telefono di Adam si illuminò per l'avviso di un messaggio non appena accese il telefono. Per fortuna si era ricordato di spegnerlo: aveva avvisato tutti di lasciarlo stare per quelle settimane, ma non aveva riposto poi così tanta fiducia nei suoi amici e parenti.
Lui e Theo erano a registrare nella penisola scandinava ed erano tipo ritirati a vita di clausura.
Dovevano finire l'album, mancava poco, ma dovevano sistemare le ultime cose: sentivano che stava venendo bene e non potevano permettersi di trattare con sufficienza quella fase della registrazione. Era il loro primo album e doveva andare bene: non avevano alternative alla musica per la loro vita.

'Una domanda velocissima: di solito sparisci dalla vita delle ragazze con cui esci oppure ho fatto qualcosa in particolare per infastidirti? Ritardo e sorpresa a casa tua esclusi, ovviamente.'

Adam sorrise: non si aspettava un messaggio da quella ragazza, ma si sentì un po' in colpa per essersi fatto di nebbia. Non le aveva detto che sarebbe partito per qualche settimana e una volta in studio, aveva pensato pochissimo a tutto quello che non era musica.
Theo si stava facendo la doccia nel bagno del piccolo appartamento sopra lo studio che avevano affittato e Adam constatò che quello era il momento migliore per occuparsi di quella faccenda.
Non sapeva cosa risponderle, non sapeva cosa scrivere per spiegarsi, non aveva voglia di perdere tempo a pensare a un messaggio esaustivo, così la chiamò.


Margaret era appena uscita da una caldissima doccia: era tornata a casa da poco dopo l'appuntamento con Miles.
Rispose al telefono senza guardare chi la stesse chiamando, perchè di certo non si aspettava che fosse proprio lui, al massimo da lui avrebbe potuto ricevere un messaggio di risposta.
“Pronto?”
“Ciao, Margaret”
Per il primo mezzo secondo la ragazza non riuscì a processare l'informazione che il suo udito voleva mandarle: era Adam.
“Ciao”
“Come stai?” chiese Adam disinvolto.
“Be-bene. Tu?”
“Me la cavo. Sono in studio a registrare a molti km di distanza da Londra.” spiegò Adam.
“Aaaah”
“Non sono scappato e non sono sparito. Sto lavorando e sono molto preso e mi sono dimenticato di dirtelo”
“Ma, ma non mi dovevi nessuna spiegazione, assolutamente” Margaret si sentì tutto a un tratto una cretina per il messaggio che gli aveva mandato.
“No, hai ragione, ti sarò sembrato bipolare. E' che quando lavoro sono un po' fuori dal mondo, infatti ti sto chiamando solo ora perchè ho appena riacceso il telefono, non so nemmeno quanto tempo fa mi hai mandato quel messaggio”
“Almeno due ore fa”
“Ecco... che cafone che sono. Ti ho fatta aspettare” Adam rise di gusto per la sua stessa battuta.
“Bellina questa, sì, complimenti”
“Dai, non te la prendere”
“No, ma figurati”
Adam sentì che il rumore della doccia si era fermato, quindi Theo doveva aver finito.
“Ascolta, io sarò lontano da Londra ancora per un po'. Quando torno posso vederti oppure mi sono già bruciato le mie possibilità?” chiese Adam.
“Puoi. Fatti sentire tu quando torni.” chiuse il discorso Margaret.
“Molto bene. Buona serata, Margaret”
“Anche a te!”
Adam mise via il cellulare pochi istanti prima che Theo entrasse nel piccolo salotto.
“Con chi eri al telefono?”
Il ragazzo di Manchester pensava di essersi salvato e invece Theo l'aveva beccato in pieno.
“Margaret”
“Uhuhuh bene. Non mi hai ancora ringraziato per averle spifferato il tuo numero”
“Devo farlo?”
“Ti sprechi per una telefonata internazionale, qualcosa vorrà pur dire.”
“Chi lo sa” rispose freddamente Adam dirigendosi verso il bagno perchè era arrivato il suo turno per la doccia.

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Capitolo 15
*** XIV ***


Salve,
So che non vi aspettavate quasi più un aggiornamento, ma sto tornando, ve lo giuro. Vi farei un riassunto delle puntante precedenti, ma non saprei da dove partire a riassumere, quindi vi dico soltanto che la storia riprende esattamente da dove l'ho lasciata. Non ci sono salti temporali pazzeschi, solo tre settimane dagli avvenimenti dell'ultimo capitolo pubblicato prima di questo.
Non odiatemi per la mia assenza e nemmeno per il mio ritorno, buona lettura.





"Stasera, a casa mia. Una cena per farmi perdonare"
 
 
Questo messaggio le arrivò mentre era a fare la spesa e Margaret ci mise qualche secondo a processare l'informazione.
Erano passate tre settimane da quando Adam si era fatto sentire l'ultima volta dopo che lei gli aveva scritto un messaggio perché era sparito.
Un sorriso spontaneo le si allargò sul volto e chiamò la prima persona che le venne in mentre.
"Pronto?" La voce nasale di Miles si palesò dopo vari squilli.
"Ciao Miles!"
"Ciao splendore! Come stai?"
"Benissimo! Ho appena ricevuto un invito a cena!"
"Alex é a Londra?" Chiese Miles sapendo benissimo che quell'invito non poteva provenire dal suo migliore amico.
"No, cretino! Adam é tornato a Londra!"
"Uhuhuh il misterioso ragazzo di Manchester. E dove ti porta di bello?"
"A casa sua" ammise Margaret aspettandosi già le battute del cantante di Liverpool sulla scelta del posto.
"Ha fretta questo ragazzino eh?"
"Perché devi pensare subito a certe cose? É un gesto molto carino, vuole cucinare per me"
"Oppure é troppo povero per portarti fuori a cena"
"Che palle, Miles, mi fai passare tutto l'entusiasmo"
"No, dai, stella, scusami, hai ragione" rispose Miles dispiaciuto.
"C'é un qualche motivo per la tua simpatia contagiosa di oggi?"
"Mi annoio a morte, Margaret. Non so che fare. Sono tutti o in tour o in studio di registrazione. Agyness é chissà dove per le sfilate. Mi sto ammazzando di playstation"
"Per un attimo ho avuto paura che dicessi che ti stavi ammazzando di seghe"
"Per un attimo ho avuto la tentazione di dirtelo" scoppiarono entrambi in una fragorosa risata.
"Vieni a casa mia tra un'ora. Preparo un tè e mi aiuti a decidere cosa mettere stasera"
"Affare fatto"
"A dopo"
 
Miles suonò al campanello di casa e in mano reggeva un busta con dei dolci.
Laura andò ad aprire e i due si salutarono con due baci sulla guancia.
"Non sapevo ci saresti stata tu, altrimenti mi sarei conciato meglio" disse Miles entrando in casa. Si erano visti a casa di Margaret qualche volta ed erano sempre andati d'accordo.
"Vivo qui Miles, é molto probabile trovarmi a casa. E comunque sei bellissimo lo stesso, stai tranquillo" rispose la coinquilina di Margaret.
"Grazie tesoro. La principessa dov'è? "
"In camera a sclerare perché dentro a quell'armadio grande quanto Città de Vaticano sembra non esserci nulla adatto a stasera"
"Aiuto, sarà un pomeriggio lunghissimo" disse Miles togliendosi l'elegante cappotto grigio e abbandonandolo sul divano in salotto.
"Venite qui ad aiutarmi invece che sfottermi"
Laura mise il bollitore sul fuoco prima di raggiungerla.
Margaret era seduta a gambe incrociate per terra davanti all'armadio spalancato.
Miles si tolse le scarpe e si stese a letto, mentre Laura optò per la sedia vicino alla scrivania.
"Mi mette in crisi, é sempre impeccabile lui. Sempre elegante e composto"
"Quindi direi che abbiamo eliminato i colori dalla nostra scelta. Ci limiteremo a osservare i capi grigi, neri e bianchi"
"Al massimo vi concedo il blu"
"Blu come i suoi occhi" la scimmiottó Laura che aveva sentito quel commento innumerevoli volte.
Margaret non rispose e Miles sorrise senza farsi notare. Margaret si alzò in piedi e tiró fuori dall'armadio un tubino nero, dei pantaloni neri, una camicetta bianca, un cardigan blu, degli skinny grigi, una canotta grigia, un altro vestito nero e una canotta nera.
"Forse ci siamo limitati troppo" ammise Miles.
"Lo vedete che non ho niente da mettermi? Come faccio?"
"Questa non é la tecnica giusta. Dicci cosa vuoi che veda stasera di te" intervenne Laura pratica.
"Sono una ragazza simpatica, carina, sensibile, sicura di se, che non si prende troppo sul serio e..."
"Hai dimenticato modesta" la interruppe Miles.
"No, non sono modesta. Ho gli specchi a casa e so come sono fatta" rispose Margaret risoluta.
Laura si alzò dal letto e si piazzò davanti all'armadio, ma il bollitore iniziò a fischiare, così si defilò per andare in cucina.
"Yorkshire per tutti?" Chiese dal corridoio.
"Si" rispose Miles.
"Direi che jeans e maglietta é troppo informale, non vi siete visti così tante volte e ci saranno altre occasioni per andare a prendere un caffé di pomeriggio, quindi puoi mettere via le canotte e le t shirt. Hai qualche camicetta? Anche colorata va bene" chiese Miles.
Margaret rovistò un po' nell'armadio e tiró fuori una camicia rossa a manica corta molto sfiancata e scollata.
"Quella potrebbe stare bene a me"
"Idiota"
"Non ha tutti i torti" disse Laura che intanto li aveva raggiunti.
In mano non reggeva un vassoio con delle tazze, ma una gruccia con un vestito appeso.
"Cosa ne pensate? Io non l'ho mai messo, ma penso che potrebbe essere un opzione"
Era un vestito bianco con una fantasia modesta e poco appariscente,  avevate un ampia scollatura sulla schiena e una ripresa subito sotto il seno. La gonna era un po' larga e finiva con una fascia di raso blu, che riprendeva i colori della fantasia. Non era troppo serio ed elegante, ma non era nemmeno informale.
"Mi piace" disse Miles.
A Margaret si illuminarono gli occhi.
"Perché non l'hai mai messo? É bellissimo" afferró la gruccia che Laura le stava porgendo.
"Perché non ne ho mai avuto l'occasione" ammise Laura.
"Provalo"
Margaret non se lo fece ripetere due volte e iniziò a spogliarsi.
"Aspetta almeno che io esca" Miles si stava già alzando dal letto.
"Tanto non è niente che tu non abbia già visto"
"Oh, beh, si, ma poi so che mi sentirei in colpa e dovrei dirlo ad Alex"
"embé? Non é un problema mio" disse Margaret infilandosi il capo.
"Giá. E quando mai lo é stato"
"Divertente, Miles, davvero"
"Prima o poi voglio conoscerlo questo Alex" si intromise Laura.
"Non ti perdi niente. Un bel paio di occhi scuri e grandi e il sorriso bianco. Così come nelle foto che l'nme si diverte tanto a propinarci" rispose Margaret con indifferenza.
"Non é vero, ma non ascoltarla, lei é di parte" Miles intervenne a difesa del suo amico.
"Disse il suo migliore amico. Ma comunque, basta parlare di lui. Come sto?" Aveva finito di cambiarsi e si stava specchiando.
"Per me é perfetto" ammise Miles osservando la scollatura sulla schiena.
"Le scarpe?" Fece notare Laura.
"Ti proibisco di usare le ballerine" il cantante di Liverpool era estremamente serio.
"Nere non vanno bene. Bianche non ce l'ho e nemmeno blu. Come la mettiamo?"
"Scegliamo borsa e scarpe insieme. Hai qualcosa di grigio?" Chiese Laura.
"Ho degli stivaletti non molto alti"
"Potrebbero andare. Io ho una pochette grigia di pelle" Laura sparì in camera sua per andare a recuperare la borsa.
"Mi ricordo quel vestito nero" disse Miles serio indicando un vestito abbandonato sul letto di Margaret.
"Alex ti stava mangiando con gli occhi quella sera. Eravamo a Liverpool dopo l'Eletric Prom. Penso tu l'abbia preso con mia mamma."
"Già" disse Margaret rabbuoiandosi.
"Sono contento che tu non abbia scelto quello. Nei miei ricordi quel vestito é associato ad Alex"
"Anche nei miei, ma non dirlo in giro"
Miles sorrise per quella ammissione.
"Eccomi qua" Laura spuntó da camera sua con una pochette color cuoio semplice ma elegante.
"Ce l'abbiamo fatta" esultò Miles.
"Andiamo a fare merenda" propose la coinquilina.
"Io ho lo stomaco chiuso, bevo giusto un po' di té"
"Vorrà dire che la torta di carote che mi sono fermato a comprare la mangeremo solo io e Laura.
"La torta preferita di Adam" disse Laura anticipando Margaret.
"Non sono così, dai"
"oh, no, di solito sei molto peggio"
 
 
Le ore sembravano volare a casa Anderson. Quel pomeriggio era andato a fare la spesa con Theo e poi erano tornati a casa a preparare, ma visto che non aveva scelto piatti complicati, non ci misero molto a sistemare tutto.
Aveva preparato dei crostini con vari paté come antipasto per accompagnare un calice di prosecco, la pasta condita con pomodoro fresco e ricotta dura e come secondo aveva selezionato vari formaggi e salumi italiani. Non erano ricette per niente complicate e sperava che lei apprezzasse: aveva scelto di farle assaggiare cose che lui aveva provato a Verona nei pochi mesi in cui ci aveva vissuto. Si era fatto consigliare un vino rosso dal bottegaio che gli aveva venduto i formaggi e i salumi. Per il dolce era andato su qualcosa di classico, sempre italiano, e l'aveva preparato lui, ma non aveva avuto il coraggio di assaggiarlo, così Theo si era sacrificato e aveva provato il suo tiramisù: era venuto così bene che rischiava di finirlo.
Per le sette avevano finito di apparecchiare e di preparare le portate. La pasta l'avrebbe cucinata sul momento perché rendeva meglio. Theo era anche andato a comprare delle rose bianche da mettere al centro del tavolo, Adam non era molto bravo in queste cose, per lui era importante la sostanza, non la forma e il suo amico lo sapeva bene, per questo si era offerto di aiutarlo.
Verso le sette e mezza di sera Theo se ne andò lasciando Adam prima che andasse sotto la doccia a rinfrescarsi un po'.
"Fammi sapere come va, eh"
"Contaci" rispose Adam sulla porta.
"Non voglio sapere i dettagli in tempo reale, solo se sta andando bene"
"Se non senti niente, vuol dire che va tutto bene"
"D'accordo allora, buona serata" e con queste ultime parole il cantante si dileguò.
Adam si infilò sotto la doccia, mentre Margaret era arrivata in anticipo sotto casa sua, ma non aveva il coraggio di suonare per non disturbare, così rimase sotto casa del chitarrista.
Fumó la prima sigaretta, chiamò sua madre per occupare un po' di tempo, fumó la seconda sigaretta e quando mancavano due minuti alle otto decise di suonare.
"Sí?"
"Pizze d'asporto" rispose al citofono.
"Terzo piano" disse Adam prima di aprire il portone.
L'attendeva sulla porta imbacuccato in una camicia bianca, dei pantaloni grigi e le bretelle. Le sorrise non appena la sua immagine apparve dietro le porte dell'ascensore.
"Buonasera" l'accolse.
"Sera"
Erano tesissimi entrambi e si percepiva benissimo.
"Come va?"  chiese Margaret prima di posare un leggero bacio sulla guancia di Adam.
"Tutto bene e tu?"
"tutto bene, grazie"
Durante i convenevoli di rito erano entrati in casa e Adam l'aveva aiutata a disfarsi del cappotto.
"Accomodati dove preferisci, io devo andare un secondo in cucina a controllare l'acqua.
"Uhuhuh, pasta stasera!"
"Già! Menù tutto italiano. Spero ti piaccia!"
Margaret lo seguì in cucina superando il tavolo apparecchiato per due.
"Come potrebbe non piacermi? Volevo anche trasferirmi in Italia a studiare, ma poi ho ripiegato per la Francia!"
"Io ci ho vissuto qualche mese con Theo. A Verona precisamente"
"La città di Romeo e Giulietta"
"é meravigliosa" commentò semplicemente Adam.
"Avete visto altri posti?" Chiese Margaret curiosa.
"Venezia, Milano, Roma e Firenze soltanto"
"i grandi classici"
"Già, quelli che non deludono mai"
"Io sono stata solo a Roma, ma conto di tornarci per visitare altre città"
"E in Francia?Dove hai vissuto?"
"a Marsiglia con mia mamma e poi Parigi"
"Quindi parli francese?"
"Mia mamma é francese e mio padre inglese, quindi sono bilingue, mi parlano nella loro rispettiva lingua da quando sono piccola"
"Che spettacolo! Io so solo qualche parola in tedesco perché in Germania sembrano adorarci e quindi ci siamo stati già varie volte"
Margaret sorrise pensando che aveva affrontato una conversazione simile con Alex molti anni addietro e anche il cantante di Sheffield sapeva qualcosa di tedesco perché sua madre era un'insegnante.
"Brutta faccenda il tedesco"
"Theo infatti è molto più bravo di me"
La conversazione si fermò e Adam ne approfittò per tirare fuori il vino.
"Ti va un bicchiere di prosecco?"
"Così a stomaco vuoto?"
"No, ovviamente, ho pensato anche a questo. Vieni con me"
Tornarono in salotto e Adam prese il vassoio dal tavolo apparecchiato per due per mostrarle delle tartine.
"Uhuhuh, allora lo accetto volentieri" disse Margaret dopo aver preso un crostino.
"Torno subito" Adam sparì in cucina e Margaret si mise a curiosare in salotto. Sulla libreria c'erano pochi libri e molti cd, così si mise a spulciare: Depeche Mode, Oasis, Police, Coldplay, Muse, Beatles, Kraftwerk, Madonna, Queen, Michael Jackson, The Last Shadow Puppets, Interpol.
"trovato qualcosa di interessante?"
"Che collezione eterogenea"
"É normale per un amante della musica"
"finalmente scopro i tuoi gusti musicali, hai tenuto il mistero dalla prima volta in cui ci siamo conosciuti"
"Sorpresa?"
"Un po' si, mi chiedo cosa ci facciano i Puppets con Madonna e Prince a dirti la verità"
Vedere The Age of the Understatement l'aveva colpita, ma forse solo perché non era abituata a considerarli famosi, visto che conosceva personalmente gli artisti.
" me l'ha consigliato Theo quell'album, ma non lo ascolto molto perché non sono quasi mai dell'umore. A te piace?"
Margaret era tentata di mentire, ma poi pensó che non aveva senso dire una bugia. Bastava non dire tutta la verità.
"É uno dei miei album preferiti di sempre, ma non lo ascolto molto per via dei ricordi che si porta con sé"
Adam intanto si era avvicinato e le aveva portato un calice di prosecco.
"Il vostro album invece?" Chiese per cambiare discorso.
"Finito tutto. Ora dobbiamo solo farlo uscire"
"Uhuhuh. Soddisfatto di come é venuto?"
"Non sono mai soddisfatto del tutto io: diciamo che abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare"
"quanto dovremo aspettare ancora?"
"non lo so di preciso e non sono sicuro di volerlo sapere" ammise Adam.
"Come mai?"
"Perché sono le ultime settimane da uomo libero. Sento già l'ansia da tour"
"In che senso?" Chiese incuriosita la ragazza.
"Arrivo subito, scusami un secondo" Adam tornò in cucina per buttare giù la pasta.
Ricomparve dopo pochi secondi.
"Se vuoi accomodarti, tra poco la pasta é pronta, é pasta fresca quindi non dovrebbe metterci troppo a cucinare"
"Agli ordini"
Adam scoló la pasta e la condí accuratamente per poi portare i due piatti a tavola.
"e voilá a lei, signorina"
"grazie mille! Ha un aspetto buonissimo"
"lo spero, non é difficile da preparare e per farla venire male mi ci dovrei proprio impegnare"
"come mai una cena preparata da te e non il solito appuntamento fuori?"
"ah, é un appuntamento questo?"
Margaret stava per mangiare il primo boccone, ma fermò la forchetta a pochi centimetri dalle labbra, confusa dalla risposta di Adam. Era serio e lei non capiva se stesse scherzando.
"é ovvio che sia un appuntamento, stai tranquilla"
"Avevo paura di aver fatto una gaffe galattica"
"Ho notato, la tua espressione era impagabile"
"Buonissima!" Commentò Margaret per cambiare argomento e deviare sul cibo.
"Ti ringrazio"
"e comunque prima mi stavi dicendo che non sei tranquillo a proposito del tour"
Adam aveva cercato di evitare l'argomento e sperava che la ragazza se ne fosse dimenticata.
"Si, beh...diciamo che suonare davanti alle persone mi mette un po' di ansia, ma ci sto lavorando"
"Anche perché, se farete successo, ti ci dovrai abituare"
"A parte che il successo dell'album é fuori discussione e poi non è che tu mi stia aiutando" rispose Adam versando del vino rosso nel calice di Margaret.
"Caro mister simpatia, conosco persone che mai avrei immaginato potessero suonare davanti a migliaia di persone e che ora lo fanno " ovviamente si riferiva ad Alex, ma non voleva tirare fuori l'argomento, quindi si limitó a frasi generiche.
"Vorrei sapere come hanno fatto a farci l'abitudine"
"Solo certa che tu possa farcela"
"Speriamo"
Restarono in silenzio e mangiarono un po'.
"Non ti chiederò a cosa brindiamo, perché certe scene da film mi fanno venire il voltastomaco" disse Margaret afferrando il calice di vino rosso.
"E se io invece volessi fare un brindisi?" Scherzó Adam.
"Avanti, allora, a te l'onore"
"al nostro appuntamento"
"Che banalità!"
"Anche io odio i brindisi in realtà, volevo solo infastidirti"
Margaret bevve un sorso dal suo calice.
"Parlando del nostro appuntamento"
"Dimmi"
"un mio amico mi ha detto che secondo lui mi hai invitato a casa tua solo per portarmi a letto" Margaret si era rilassata un po' rispetto all'inizio ed era tornata la solita ragazza a cui piace mettere in difficoltà la persona davanti a sé e in quel caso ancora di più perché sembrava che Adam adorasse fare cose del genere.
"E se anche fosse? Ci sarebbe qualcosa di male?" Chiese Adam con aria innocente.
"No, assolutamente, ma non ti saresti dovuto sbattere per preparare una cena, bastava tu prenotassi una camera d'hotel"
"E tu saresti venuta ugualmente?"
"Chi lo sa. Forse si, forse no. Secondo te?"
 "Mi piacerebbe pensare che saresti venuta, ma dubito, perché non mi sembri così disperata e squallida. Se volessi qualcuno con cui andare a letto, ti basterebbe entrare in un locale e scegliere"
"Lo prendo come un complimento" disse Margaret leggermente imbarazzata.
"No, é un dato di fatto, chiunque può trovare qualcuno con cui scopare"
"Potevi semplicemente dire che era un complimento" disse Margaret quasi infastidita.
"No. Sei una ragazza bellissima e lo sai bene, quindi dubito tu ti possa o voglia accontentare del primo a caso conosciuto in discoteca. Mi sbaglio?"
"No, non sbagli"
"Per questo hai accettato il mio invito a cena: per capire se ne valga la pena"
"Sei molto sicuro di te, perché mi parli come se mi conoscessi bene"
"Può darsi"
"Per ora non hai detto niente di sbagliato, ma non pensare di avermi compresa solo perché hai capito un po' come ragiono"
"Sembra una minaccia. Fammi indovinare:  anche tu sei una ragazza difficile e complicata?" Ironizzò Adam sapendo benissimo che non era quello che intendeva dire.
"Non dirò mai una cosa del genere, Dio me ne scampi e liberi. Dico solo che non é detto che sarò sempre così prevedibile. Potresti arrivare ad odiarmi"
"Ora mi stai spaventando davvero"
"Stai tranquillo, non ho alcuna intenzione di farmi detestare, so solo che alcune persone mi detestano"
"Mi piacerebbe sapere perché queste persone siano arrivate a odiarti"
"Questo non ti é dato saperlo. Per ora tranquillizzati, non sono una pazza che si fissa. Non troverai mai mille chiamate o messaggi da parte mia o cose del genere"
"Parli già al futuro, come se fossi certa che ci saranno altre occasioni tra me e te"
"Hai ragione, in effetti potrei anche decidere di non vederti più dopo stasera"
"Se continuiamo così, potrebbe essere probabile" disse Adam prima di alzarsi per toglierle il piatto.
"Ne vuoi ancora?" Chiese educatamente.
"No, ti ringrazio"
Adam si avvicinò per portarle via il piatto e si chinò.
"E comunque stai tranquilla, non ho intenzione di sfiorarti nemmeno con un dito stasera. Torno subito" le aveva sussurrato queste parole prima di sparire in cucina.
Margaret si alzò per andare a recuperare il cellulare nella borsa per controllare se qualcuno l'avesse cercata.
"Miles si ferma a dormire da noi stanotte. Ci guardiamo un film insieme" Laura le aveva scritto questo messaggio e Margaret sorrise non appena lo lesse. Quei due erano pericolosi insieme e anche se sapeva dei sentimenti che legavano Miles ad Agyness, non era del tutto convinta che lui se ne sarebbe ricordato una volta steso sul divano con la sua coinquilina.
"Usate le precauzioni, mi raccomando"
La risposta di Laura non si fece attendere.
"Cretina. Suppongo che se hai avuto il tempo per rispondere ai messaggi, la cena non stia andando così bene"
"Sbagli" Margaret non aggiunse altro e mise via il telefono perché aveva sentito i passi di Adam avvicinarsi.
"Come secondo ho pensato a un tagliere con salumi e formaggi italiani, perché non avrei saputo cosa scegliere tra le mille ricette italiane"
"Va benissimo, non capita spesso di trovare cose del genere in giro"
"Già" rispose Adam accomodandosi e bevendo un lungo sorso dal suo calice.
"Prima degli Hurts cosa facevi?"
"Prima di questa band, c'erano i Daggers, ma prima della musica c'erano lavoretti saltuari e poco remunerativi. Mi sono trasferito a Londra quando avevo sedici anni e da allora mi sono mantenuto senza rompere le scatole ai miei. Mio padre pensava che le mie mani fossero più adatte a costruire case piuttosto che a suonare il pianoforte, ma penso che non abbia ancora capito cosa significhi per me avere la possibilità di incidere un album"
"Dove abitavi a Manchester?"
"In periferia, una brutta zona"
"ti piace Manchester? Ti manca?"
"Non più di tanto. Ora la mia vita é qui, il mio lavoro é qui e non ho bisogno di altro. Ogni tanto torno a trovare i miei, ma mai per più di due giorni consecutivi. É difficile vivere con i propri genitori se non lo fai da quando hai sedici anni"
"Comprendo perfettamente"
"Tu invece? Hai sempre vissuto in Francia?" Chiese Adam e Margaret quasi desideró di non aver mai tirato fuori un argomento simile.
"No, vivevo a Sheffield prima"
"Come mai sei andata in Francia poi?"
"Mio padre é stato traferito a lavorare e sono andata a vivere con mia mamma"
"Ti é dispiaciuto andare via dall'Inghilterra?"
La ragazza ripensò a quei giorni, ad Alex e a quel momento, era stato l'inizio della fine per il loro precario rapporto.
"Non troppo. L'unica cosa fastidiosa é stata lasciare gli amici, ma per fortuna non ci siamo mai persi, quindi non é stato traumatico come mi aspettavo" ed era vero, Matt era rimasto, nonostante la distanza, gli impegni, le vite diverse, il suo migliore amico, quasi il suo angelo custode.
Per fortuna Adam non fece altre domande e la conversazione si spostò su argomenti più leggeri, così l'ombra del pensiero di Alex si fece più evanescente fino a sparire quasi del tutto.
 
 
"Posso andare sul balcone a fumare una sigaretta?" Chiese Margaret prima del dolce.
"Posso chiedertene una?"
"certo! Non sapevo che fumassi"
"Solo ogni tanto"
Uscirono sul balcone e l'aria fresca li svegliò un po' dal torpore in cui erano entrati a causa del cibo.
"Come mai conosci Fray?" Chiese Adam.
"Amici in comune"
"Chi? Se posso chiedere"
"Mia cugina ha studiato a Manchester e si sono conosciuti in tempi non sospetti" mentí prontamente la ragazza. Non era sicura che Adam ci potesse arrivare, ma se avesse detto che la conoscenza in comune era Miles Kane poi le domande sarebbero continuate e il nome di Alex sarebbe venuto fuori prima o poi.
"Theo come sta?" Chiese Margaret per cambiare argomento.
"benissimo. Era con me prima, come per le ultime settimane insieme" rispose Adam quasi sofferente.
"É difficile la convivenza forzata?"
"per lui di sicuro. Non deve essere facile vivere con me per troppo tempo. Tendo a diventare antipatico e insofferente se tenuto in cattività. Lui é a posto, infatti non so come abbia fatto a non mandarmi a quel paese negli ultimi mesi"
"Probabilmente sa come prenderti"
Intanto la mente di Margaret era volata al pensiero di un altro duo che conosceva: Alex e Miles avevano vissuto periodi di convivenza forzata e lei si era sempre chiesta come avesse fatto Miles a non tirare un cazzotto ad Alex ogni tanto.
"Ha imparato a ignorarmi"
"Poveretto, sembra un così caro ragazzo" scherzó lei.
"Lo é, infatti ogni tanto mi chiedo cosa abbia fatto di male per finire a lavorare con me" ammise Adam.
"Chi sta facendo la ragazzina complessata ora?"
"Beccato, hai ragione, hai ragione" disse Adam spegnengo la sigaretta senza averla nemmeno finita.
"Vado dentro a prendere il dolce, tu fai con comodo"

Dopo aver portare le coppe con del tiramisù a tavola, Adam riempì i loro bicchieri di vino rosso e tornò nuovamente sul balcone da lei.
"Mi vuoi alcolizzare stasera? È la seconda bottiglia di rosso!" commentò Margaret.
"Non ti piace bere?"
"Sì, però è rischioso, non sempre reggo bene l'alcool. A volte mi viene sonno, altre volte faccio cose sconvenienti"
"Tipo?" chiese Adam incuriosito.
"Una volta a un concerto ho baciato un mio amico, nonchè migliore amico di un mio ex e me lo volevo portare in tenda. Per fortuna mi ha bloccata e mi ha fatto andare a dormire"
"Interessante questa Margaret alcolizzata"
"Una marea proprio"
"Ma che concerto era?"
"Glasto 2007"
"Wooo. Non sono mai stato a Glasto, mi piacerebbe andarci un giorno, anche solo a suonare. Voglio vedere il fango di cui tutti parlano  e il Pyramid Stage"
"E' molto bello, l'atmosfera, la gente, la musica. Tutto favoloso"
"Cosa hai visto quell'anno?"
"Solo gli Arctic Monkeys, non potevo restare per tutta la duarata del festival"
"E chi altro hai visto in concerto in generale?"
"Oasis, Coldplay, Muse tra i più famosi, e poi band semi sconosciute di cui non mi ricordo nemmeno il nome in locali altrettanto sconosciuti. Tu?"
"Oasis, Depeche Mode molte volte, Morrisey, Marr per par condicio , e poi basta di noti"
"Nella mia personale collezione mancano solo i Blur, poi posso ritenermi soddisfatta"
"A me ne mancano un sacco: Prince, Madonna, Michael Jackson, Queen e poi chissà di chi mi sono dimenticato"
"I Beatles e poi hai detto tutti"
Adam rise.
"Già"
Intanto Margaret aveva finito la sua sigaretta e così rientrarono.
"Cosa fate in questi giorni?" chiese Margaret per capire il programma della band di Adam.
"Sinceramente non lo so, devono uscire i singoli, ci saranno le prima interviste, le prime esibizioni, ma io non seguo queste cose, non sono pratico. Mi devono solo dire dove andare e io ci vado, faccio  quello che devo fare e sono a posto"
"Detta così sembra la vita di un killer professionista. Non sembri minimamente eccitato da tutto questo"
"Lo sono, ma non voglio crearmi delle aspettative troppo alte rispetto a questa cosa, voglio restare con i piedi per terra"
"Fai bene, ma io nei tuoi panni sarei fuori di me. In ogni caso, se va male, potrai provare con la carriera da pasticcere perchè questo tiramisù è meraviglioso"
"Grazie mille!"
"Tu invece cosa farai nei prossimi giorni?" chiese Adam dopo qualche secondo di silenzio.
"Nulla di particolare credo. Non ho una vita entusiasmante: lavoro e poi torno a casa dalla mia coinquilina"
"Uscirai ogni tanto la sera, no?"
"Sì, stasera sono venuta a cena qui"
Adam la guardò male.
"Eh va bene, sì, esco la sera, la maggior parte delle sere, ma non posso fare tardi in settimana, perchè devo andare al lavoro al mattino, quindi le mie serate me le faccio solo nel week end. Contento ora?"
"Che posti frequenti?"
"Random, io seguo i miei amici, un posto vale l'altro alla fine"
"Mi piacerebbe conoscere i tuoi amici"
ll panico invase Margaret: si immaginò una conversazione tra Adam e Laura o tra Adam e Miles e il cuore iniziò a batterle fortissimo.
"Sono tipi ordinari, non ci sarebbe niente di interessante"
"Mah, sarà, ma io non credo. Hai paura?"
"Una fottuta paura"
"Tranquilla, mi sembra ancora presto per essere presentato agli amici"
Margaret trattenne il sorriso pensando che i suoi amici sapevano già tutto quello che era possibile sapere su Adam.
Il telefono di Adam prese a squillare.
"Devo rispondere, scusa" si alzò da tavola e andò verso la cucina.
Margaret guardò il suo di cellulare e notò che si era fatta una certa ora. Sarebbe rimasta volentieri a parlare un altro po' con Adam, ma doveva tornare a casa assolutamente entro un orario decente, altrimenti il giorno dopo sarebbe stato un incubo al lavoro.
Adam tornò dopo pochi secondi in salotto.
"Aveva sbagliato persona, era mio fratello e di solito non mi chiama a quest'ora, quindi avevo paura che fosse successo qualcosa, scusami"
"Tranquillo, però forse è meglio che io mi avvii"
"Oh, si certo, tranquilla. Come torni a casa?"
"In metro, non ho la macchina"
"Non ci pensare nemmeno, ti chiamo un taxi"
"Ma figurati, prendo la metro, sono solo poche fermate"
"Allora ti accompagno" disse Adam risoluto.
"Non scherzare, torno spesso a casa in metro la sera"
"E fai male! Io non ho la macchina, quindi o vengo con te o prendi un taxi"
"Non ci penso minimamente a farti uscire di casa solo per accompagnarmi e non ho bisogno di un taxi"
"Ho improvvisamente voglia di prendere una boccata d'aria fresca" affermò Adam senza lasciarle possibilità di ribattere.
Margaret sorrise riconoscente e lui andò a prendere il suo cappotto.
Durante il tragitto verso casa di Margaret non incontrarono pericoli e in metropolitana non c'era nessun soggetto sospesso e Margaret passò tutto il tempo a scherzare e a sfottere Adam visto che non le sarebbe successo nulla se lei fosse tornata a casa da sola.
"Non sarei stato tranquillo io a saperti in giro a quest'ora da sola. Non dovresti rischiare così tanto"
"Saprei difendermi" disse Margaret decisa.
"Non dopo tutto quello che abbiamo bevuto"
"Ammettilo, l'hai fatto solo per scoprire dove abito" scherzò la ragazza fermandosi sotto il portone del suo palazzo.
"Ovvio!" sorrise Adam.
"Ti inviterei su a bere qualcosa, ma ci tengo molto a stare lontana dai clichè da film. In più Laura sta già dormendo. Scusami" disse Margaret seria.
"Stai tranquilla" rispose Adam avvicinandosi a lei un poco.
Erano l'uno di fronte all'altro, ogni tanto i loro sguardi si incrociavano, ma Margaret imbarazzata cercava di scappare sempre, anche se era naturalmente attratta a guardare quel celeste così limpido e  cristallino, mentre Adam invece non aveva alcuna intenzione di distogliere lo sguardo dal bel viso della ragazza.
I secondi sembravano diventare ore, ogni movimento era sospetto, Margaret si sentiva come una bomba pronta a scoppiare, aspettava qualcosa, un segnale.
E il segnale arrivò, ma non era quello che si era aspettata.
"Buonanotte, Margaret" disse Adam prima di avvicinarsi e lasciarle un bacio sulla fronte, mentre con la punta delle dita le sfiorava una guancia.
"Notte" rispose Margaret in un sussurro dopo quel contatto quasi solo accennato e aprì il portone per sparirvici dentro.

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Capitolo 16
*** XV ***


Nei due giorni successivi Adam non si fece sentire e nemmeno Margaret osó scrivergli un messaggio. Sapeva che suo fratello sarebbe stato a Londra qualche giorno e che quindi sarebbe stato impegnato con lui. In più non sapeva cosa pensare a proposito del loro appuntamento, soprattutto per come era finito e doveva ancora riprendersi.
Miles organizzò una serata fuori visto che era venerdì sera e Margaret poteva permettersi di stare fuori fino a quando voleva, così andarono a ballare al Koko, una discoteca londinese frequentata da giovani. Era un posto molto carino e Margaret ci era già stata, perché ogni tanto c'erano serate di musica dal vivo in collaborazione con l'nme.
La serata andò molto bene, i due amici ballarono un sacco e fecero molto tardi e Miles restò a dormire a casa della sua amica, cosa che succedeva spesso, come anche il contrario.
Il mattino successivo Margaret fu svegliata da una chiamata.
Non lesse il nome il nome della persona che la stava chiamando perché non le si aprivano ancora bene gli occhi.
"Pronto?"
"Buongiorno" disse Adam dall'altra parte del telefono.
"Chi sei?" Chiese Margaret ancora troppo tra le braccia di Morfeo per capire.
"Sono Adam, Margaret. Scusami, non volevo svegliarti, torna a dormire" si scusò Adam sentendosi un po' in colpa.
Margaret si riprese un pochino capendo che si trattava di Adam.
"No, dimmi, ci sono, scusami"
"Sono dalle parti di casa tua e mi chiedevo se fossi a casa per prendere un caffè insieme da Starbucks"
"Certo! Solo che sono ancora a letto quindi ci dovrei mettere un po' a prepararmi"
"Posso aspettare, non ho nulla da fare"
"Oppure potresti portarmi la colazione a casa" propose Margaret fiduciosa, visto che non aveva mezza voglia di prepararsi per uscire, anche se si sarebbe comunque dovuta sistemare per rendersi presentabile.
"Ammettilo, vorresti che te la portassi a letto" scherzó Adam intraprendente.
"Questo non l'ho mai detto"
"Va bene, va bene, tra poco sono a casa tua"
"Ti aspetto"
Chiusero la telefonata e lei si fiondò sotto la doccia per darsi una sciacquata veloce, mentre Miles continuava a dormire beatamente in camera di Laura dopo che la ragazza era uscita per andare a lavorare.
Il citofono dell'appartamento suonò dopo dieci minuti e Margaret si fiondò ad aprire, anche se non era ancora completamente vestita.
Miles si svegliò per il rumore del citofono e si alzò dal letto per recuperare un bicchiere d'acqua visto che la sera prima aveva bevuto un bel po' e la sete lo stava quasi essiccando.
Margaret pensava di riuscire a fare in tempo per andare ad aprire la porta, ma per la fretta si era infilata la maglietta al contrario, quindi fu bloccata in bagno qualche secondo in più, perché ovviamente quando si ha fretta, tutto va contro il previsto.
Adam suonò al campanello e Miles fece la cosa più naturale del mondo, cioè andò ad aprire la porta, ancora in pigiama e in uno stato catatonico.
Adam per un nano secondo pensó di aver sbagliato interno, ma il cartellino con i cognomi non poteva sbagliare.
"Sono Adam" disse allo sconosciuto davanti a lui.
"Adam chi?" chiese Miles ancora molto poco reattivo.
Anderson alzò le sopracciglia meravigliato dalla domanda e soprattutto confuso dalla figura che gliela aveva posta.
Margaret comparve in salotto trafelata.
"Ciao, perdonami, ero in bagno" disse rivolgendosi ad Adam.
"Ah, sei quell'Adam" disse Miles accorgendosi all'improvviso della figuraccia.
"E tu saresti?" Chiese quell'Adam.
"Sono Miles" rispose il cantante di Liverpool.
"Un mio amico" precisò Margaret per Adam.
"Si, mettiamo subito le cose in chiaro, visto che almeno questa volta non ho fatto niente di male" disse Miles mentre camminava verso la camera di Laura per vestirsi.
Adam invece entrò in casa su tacito invito di Margaret che intanto non osava guardarlo in faccia per via dell'ultimo commento di Miles.
Margaret sperò che Adam non avesse colto il reale significato di quella frase e si comportò facendo finta di nulla.
"Libero un secondo il tavolo e ci mettiamo a fare colazione, okay?" chiese sorridente.
"Certo" Adam era scuro in volto.
Miles ricomparve dalla camera di Laura, so era rivestito.
"Vado a casa, chiamami dopo" disse rivolto a Margaret prima di lasciarle un bacio sulla guancia.
"É stato un piacere conoscerti" disse rivolto ad Adam e stava per uscire, ma Adam parlò.
"Scusa, Miles?"
Il cantante di Liverpool si girò titubante.
"Non volevo svegliarti, mi dispice aver disturbato. Vuoi prendere qualcosa per la colazione?" chiese Adam, incuriosito da quel ragazzo: sembrava un amico di Margaret, ma alcune allusioni erano ambigue, quindi voleva indagare.
"No, ti ringrazio, potrei vomitare se mangiassi ora. E comunque, Alex 0- Adam 1 cara Margaret! Scuse accettate, ci si vede" detto questo si chiuse la porta di ingresso dietro le spalle.
"Quindi Miles Kane dorme a casa tua e fa allusioni a situazioni non bene determinate" affermò Adam accomodandosi al tavolo.
"Già" replicó Margaret che in quel momento avrebbe preferito essere sotterrata viva piuttosto che sentire il peso della curiosità negli occhi di Adam poggiato sulle sue spalle.
"Che incontro bizzarro e interessante"
"Mmm" fu l'unico suono che riuscì ad emettere la ragazza.
"Stai bene?"
"Potrei stare meglio"
"Perché?"
"Perché le sento le domande tacite che mi stai rivolgendo, ma non sono sicura di volerti rispondere"
Ed era vero, Adam stava cercando il modo di capire a cosa si riferisse Miles: aveva alluso al fatto che quella volta non era successo niente tra loro due e poi aveva tirato fuori un altro nome maschile.
"Mettiti nei miei panni : arrivo a casa tua e tutto m'aspetto al di fuori di incontrare un ragazzo. Soprattutto un ragazzo che ammette di essere stato a letto con te almeno una volta."
"Evidentemente non é un ragazzo, ma una rana dalla bocca larga"
"Stai evitando volontariamente il discorso"
"Cosa vuoi che ti dica? Si, una volta é successo, tanti tanti anni fa, ma da quell'unica volta mai più. È uno dei miei più grandi amici, quindi lo sentirai spesso nominare e non c'è niente che tu possa fare al riguardo. Chiaro?"
"Cristallino, anche se ci sono ancora due o tre cose che non mi sono chiare"
"E sei sicuro che queste due o tre cose ti riguardino?" Chiese Margaret spazientita.
Adam trasalì per questa affermazione, non si aspettava una reazione del genere.
"No, non ne sono sicuro"
"Ecco, infatti"
"Sono solo sicuro che la fiducia e la limpidezza siano importanti, tutto qui"
"Messaggio ricevuto. Ora mangiamo?" Chiese Margaret già esausta da una giornata che doveva ancora iniziare.
"Certo "
La colazione non era iniziata proprio bene ed entrambi provarono a salvarla attraverso la conversazione, ma in quei pochi minuti si erano allontanati di km. Adam diffidente e Margaret indisposta a parlare di certe cose li portarono a parlare di banalità atroci, fino a quando Adam non decise di porre fine alle loro sofferenze, annunciandole che doveva andare per un non precisato impegno.

Questa volta Adam non si avvicinó nemmeno per lasciarle un bacio sulla guancia: una generica promessa di sentirsi e un freddo saluto e poi se ne andò.
Margaret andó sul balcone a fumare una sigaretta non appena Adam uscì da casa sua.
Si era innervosita: quella che poteva essere una bella situazione con Adam , si era trasformata in un incubo.
E tutto ciò per colpa di Miles che probabilmente era ancora ubriaco dalla sera prima e aveva detto le prime cose che gli erano passate per la testa, senza considerare che così facendo avrebbe messo nei casini Margaret.
Lo odiava per aver lasciato intendere che una volta erano andati a letto insieme, per aver tirato fuori il nome di Alex, per aver fatto battute sulla diversità tra i due.
Odiava Adam per l'aria inquisitoria che aveva assunto e per la morale sulla fiducia e la limpidezza nei rapporti.
Forse era per questo che lei non aveva avuto molte relazioni: aveva sempre voluto celare tutta quella parte della sua vita dietro un muro impenetrabile. Nessuno dei ragazzi con cui era uscita sapeva qualcosa della sua storia più significativa per lei.
Sempre che di storia si possa parlare.
Non era una storia, però era la relazione che più l'aveva segnata e cambiata, quella per cui era stata più male, il rapporto più lungo che avesse avuto con una persona fino a quel momento, complice il fatto che lo conoscesse dalle superiori, nonostante la lontananza.
Adam le piaceva, le piaceva tanto e in modo sano e per un qualche strano motivo lei sembrava interessare a lui, almeno fino a quel mattino.
Ma se lui era interessato a lei, doveva anche sapere come lei fosse arrivata a diventare la ragazza a cui portare la colazione un sabato mattina a caso.
Adam doveva sapere qualcosa della Margaret del passato per capire la Margaret del presente e apprezzarla nella sua interezza.
Questa conclusione arrivò a fine sigaretta.
Lei rientró in casa e sistemò un po', poi si sedette sul divano e involontariamente si mise a riflettere su un ipotetico discorso da fare ad Adam senza rischiare il pericolo di bruciarsi le poche possibilità che le sembravano rimaste con lui.
Il telefono di Margaret squilló tanto in quei giorni e lei all'inizio sobbalzava, ma poi la consapevolezza che lui non si sarebbe fatto sentire presto prese posto e lei smise di farci caso.
Ci pensava ogni giorno, voleva sentirlo, ma non sapeva se sarebbe stato inopportuno da parte sua prendere in mano la situazione e chiamarlo.
Voleva parlargli, doveva parlargli, ma non lo voleva fare attraverso dei messaggi o con una chiamata. Voleva guardarlo negli occhi e provare a leggere quello che gli passava per la mente mentre lei gli rivelava una parte importante di se.
Dopo tre giorni di silenzio decise che era arrivato il momento di fare qualcosa.
Pensò mille volte al tipo di messaggio da inviare per iniziare una seppur breve conversazione prima di chiedergli se avesse del tempo per prendere un caffe.
Dopo mille tentativi, optò per una scelta radicale: lo chiamò.
Dopo soli due squilli, Adam rispose.
"Pronto?"
"Hei, ciao, ti disturbo?"
"Nono, sto andando da Theo, sono in macchina"
"Stavi controllando il telefono in attesa di una mia chiamata, ammettilo" provò a scherzare Margaret per allentare un po' il tono serio che Adam sembrava avere.
Dal canto suo Adam avrebbe voluto dire che si, stava aspettando un messaggio o una telefonata e che non gli era parso vero che lei lo stesse veramente chiamando. Aveva paura di aver esagerato il giorno della colazione a casa, aveva paura di essere apparso troppo duro e intransigente, anche se non c'era ancora nulla tra noi.
"può darsi. Oppure no"
"Mmm, va bene , va bene. Come stai?"
"Io bene e tu?"
"Tutto bene, per fortuna siamo già quasi a metà settimana"
"Io non ho più la concezione del tempo" ammise Adam.
"Beato te"
"Non so se sia un bene o un male"
La conversazione si era arenata dopo quella affermazione, Margaret non sapeva se avrebbe trovato il coraggio di chiedergli di vedersi, ma il tono tranquillo di Adam faceva ben sperare.
"Mi avevi chiamato per un motivo o stiamo per metterci a parlare del tempo?" Adam aveva colto un po' dell'esitazione e dell'agitazione di Margaret, quindi cercò di semplificarle il lavoro.
"Si, volevo chiederti se avessi tempo per un caffé nei prossimi giorni" rispose Margaret tutto d'un fiato.
"Credo di si, ma non sono sicuro sul quando. Torna in città il nostro manager, era fuori per altri artisti e credo che ci voglia vedere"
"Okay okay, tranquillo. I miei impegni sono sempre gli stessi, quindi fammi sapere tu quando puoi" disse Margaret sollevata.
Intanto Adam era arrivato e Margaret lo capí perché lo sentí parlare con il tassista.
"Ora ti lascio, buona serata" disse per salutarlo.
"No, aspetta, sono in anticipo, possiamo stare un altro po' al telefono" non voleva che quella conversazione si chiudesse troppo in fretta. Gli attraversò la mente anche l'idea di chiederle scusa per il suo comportamento di qualche giorno prima, ma il suo orgoglio lo fermò.
Margaret sorrise per quella proposta, non si aspettava un Adam così ben disposto.
"Che fate di bello stasera?"
"Andiamo a cena fuori con della gente, non li conosco io, sono amici di amici"
"Non mi sembra tu ne abbia troppa voglia"
"No, infatti. Sono amici del tipo della festa a cui ci siamo conosciuti. Ce li vuole presentare per introdurci un po' nell'ambiente, ma sinceramente mi sembra un po' presto visto che non siamo nessuno teoricamente ancora"
"Dai, sono certa che saranno persone interessanti. Cerca di fare colpo, é importante avere le conoscenze giuste in un ambiente simile"
"Per me sarebbe più importante avere successo per la musica, non per la simpatia, anche perché altrimenti sarei fregato"
Margaret rise di gusto.
"Non ti buttare giù cosí"
"Non hai negato, quindi vuol dire che non ho tutti i torti"
"Diciamo che fai fatica a essere tranquillo in queste situazioni, quindi non rendi al meglio"
"Ti sei salvata in corner"
"Sono molto brava in queste cose. In ogni caso hai ragione sul fatto di avere successo attraverso i meriti musicali piuttosto che attraverso le conoscenze, ma sai cosa dice mia mamma a proposito di queste situazioni? Se una donna é bella, ma anche intelligente, deve sfruttare la sua bellezza per attirare l'attenzione e poi deve mostrare che oltre alle ciglia lunghe e alle labbra rosse, c'è anche un cervello pensante"
"Interessante teoria"
"Quindi stasera esalta la tua parte interessante e simpatica e vedrai che ascolteranno la tua musica con maggior entusiasmo e una migliore disposizione d'animo"
"Quindi devo mettere via la mia parte mancuniana, é questo quello che mi stai dicendo?" Chiese Adam ironico.
"Se ce la fai..."
"Speriamo che il vino sia buono allora" disse Adam
Margaret rise di gusto.
"Ora devo proprio andare"
"Vai tranquillo. Buona serata"
"Anche a te, Margaret"
Le piaceva come pronunciava il suo nome, le piaceva quando la chiamava per nome, mostrava interesse perché era una sottolineatura del fatto che stesse parlando con lei e con lei soltanto.
Chiuse la telefonata sorridendo, sollevata per come era andata, nessun intoppo, nessun imbarazzo. Probabilmente lui aveva apprezzato che lei avesse preso l'iniziativa e gli avesse chiesto di uscire, altrimenti non l'avrebbe tenuta al telefono ancora.
Margaret passó la serata in casa con Laura, scelsero un film da guardare e cenarono davanti alla tv.
Erano molto stanche per le rispettive giornate, così la loro scelta cadde su un classico che entrambe sapevano a memoria: 'la verità è che non gli piaci abbastanza".
Erano apparsi i titoli di coda e Laura aveva già iniziato la sua critica sul fatto che quel film finisse fin troppo bene per avere un titolo del genere, quando il telefono di Margaret vibrò.
'Theo mi sta guardando strano da tutta la sera e mi sorride. Penso che sia sorpreso e felice, quindi direi che sono stato bravo. Buonanotte'
Margaret, che fino a qualche istante prima stava rischiando di addormentarsi sul divano, di colpo era sveglissima e sorrideva per il messaggio inaspettato.
"Ecco, poi la mia coinquilina si rimbambisce a leggere dei messaggi" disse Laura notando il sorriso sulla faccia di Margaret.
"Piantala di fare l'acida. Ho le mie ragioni per sorridere. É da tre giorni che non mi considera"
Laura si ammorbidí un po' e smise di fare la zitella acida per essere l'amica felice delle gioie di Margaret.






"Domani mattina il manager parte, quindi domenica pomeriggio ci sono. Per te é okay?" questa era l'anteprima sul display del cellulare di Margaret.
Sabato pomeriggio Margaret era in giro a fare shopping con sua cugina, era venuta a trovarla per il week end, sarebbe ripartita il giorno dopo.
"A che ora riparti domani?" Chiese Margaret, mentre Elizabeth era dentro il camerino a provarsi una camicetta.
"Quando mi cacci, perché?"
"Adam mi ha chiesto di vederci domani pomeriggio" disse Margaret.
"Dimmi tu quando vuoi, per me non c'è problema. Ci sono treni ad ogni ora per Manchester" rispose Elizabeth tranquilla.
"Non voglio rinunciare a stare con te, é il nostro week end insieme e chissà quando ci ricapita. Lui vive a Londra, quindi si adatta un pochino"

'Va bene domani pomeriggio, ma più verso orario di cena, se non é un problema' Margaret inviò il messaggio senza esitazione

"Gli ho detto che ci vediamo verso l'orario di cena"
"Ma no, stai tranquilla, io parto prima" disse Elizabeth.
"Ormai l'ho inviato, e poi preferisco così"

'Va benissimo, lo dicevo per te visto che non volevo farti fare tardi visto che lunedì suona la sveglia. Per te'
'Ah ah ah. Andiamo a mangiare sushi. Nessuna discussione'
'Agli ordini. A domani'

"Quindi, come mi sta?" Chiese Elizabeth uscendo dal camerino con indosso una camicetta gialla, a metà tra l'elegante e il tranquillo.
"Molto bene!"
"Dici che posso metterla stasera?"
Miles le avrebbe portate al Groucho, ma Elizabeth non conosceva i programmi per il week end quando aveva preparato la valigia per andare da Margaret, quindi doveva comprare qualcosa di adatto, visto che lei e sua cugina non avevano nemmeno la stessa fisicità.
"Secondo me stai bene, ma potresti trovare di meglio" ammise Margaret.
"Tipo un vestitino o una maglia un po' più provocante"
"Stai cercando di ammogliarmi per caso?"
"non parlerei proprio di matrimonio, mi basterebbe che ti divertissi per una notte almeno"
"Premuroso da parte tua, grazie" commentò sarcasticamente Elizabeth prima di infilarsi dentro il camerino e togliersi la maglia che aveva provato per andare a cercare qualcos'altro.
Riuscirono a trovare un top molto carino e che metteva ben in risalto le curve di Elizabeth, senza farla apparire volgare. Era azzurro chiaro, senza spalline e un po' largo sui fianchi, anche se era sfiancato. Sotto ci avrebbe messo dei pantaloni neri e delle décolleté nere.
Margaret invece aveva deciso di indossare un vestito lungo nero. Non c'erano decorazioni o riprese, a parte una sulla vita che le segnava i fianchi. Le spalline erano strette e la scollatura non molto ampia sul davanti, ma profonda dietro.
Miles le passò a prendere in taxi verso le dieci e andarono subito al Groucho. Avevano chiesto anche a Laura se le andasse di seguirli, ma lei aveva già un altro impegno.
Miles fu molto dispiaciuto nel scoprire dell'assenza di Laura. Nell'ultimo periodo avevano legato un sacco e gli faceva piacere passare un po' di tempo con lei.
Quando arrivarono, non c'era molta gente, la situazione era ancora tranquilla.
C'era un dj che selezionava musica adatta alla situazione e i tavoli erano occupati solo da persone composte, che bevevano qualcosa discorrendo tra loro.
Fray arrivò poco dopo di loro, prese un tavolo con dei suoi amici, poi andò a salutarli.
Margaret notò lo sguardo di approvazione che rivolse a Elizabeth e si sentì soddisfatta per quel tacito complimento.
Ce li vedeva bene insieme, lei non spariva di fianco ai quasi due metri del ragazzo, perché era abbastanza alta e non si sarebbe spezzata con solo con uno sguardo più intenso, al contrario della maggior parte delle ragazze presenti.
"Io vado a fare un giro, vado a vedere chi c'è" annunciò Miles mentre Liam parlava con Elizabeth, visto che non la vedeva da capodanno ormai e Margaret ne approfittò per lasciarli soli, così lo seguì.
"C'é Russell Brand" disse Miles dopo aver passato in rassegna i tavoli.
"Lo conosci personalmente?" Chiese Margaret speranzosa.
"No, e non ho intenzione di andare a presentarmi"
"ma con chi é? Non vedo bene quello seduto al tavolo con lui"
"Mi sembra Noel, ma non voglio farti rischiare l'infarto"
Margaret aguzzó la vista nella direzione di quel tavolo per constatare che si, Russel Brand erano a un tavolo a pochi metri da loro a bere una birra. C'era anche Sarah, era con un'amica.
"Che bella la compagna di Noel" affermò Margaret con aria sognante.
"Sí, é una bella donna, e poi é dolcissima. A volte mi chiedo come faccia a stare con lui, ma poi sento parlare lui con lei e capisco tutto"
"Cioé?"
"Hai presente com'è Noel?"
"Uno stronzo scorbutico?"
"Esattamente, ma é così solo con noi comuni mortali. Con lei é dolcissimo e premurosissimo"
"Sono splendidi"
"se li fissiamo un altro po', si accorgeranno di noi" concluse il discorso Miles.
In quel momento Paul Weller fece il suo ingresso nel locale e Miles aprì la bocca involontariamente.
"Weller" disse Margaret.
"Già. E andrà a sedersi con Noel, lo so già"
Puntualmente Paul, dopi aver salutato della gente seduta ad altri tavoli, raggiunse Noel e Russell.
"Ci sono proprio tutti stasera eh" commentò Margaret.
Il telefono le vibrò nella tasca.

'Stai molto bene con quel vestito'

Era un messaggio di Adam. Lei alzò lo sguardo immediatamente per capire dove fosse, ma non lo trovò tra la gente. In compenso vide che Elizabeth e Liam erano stati raggiunti da un uomo. Era Joe, il tipo che aveva organizzato la festa in cui Margaret aveva conosciuto Adam.
"C'é Joe, andiamo a salutare" Margaret prese Miles sotto braccio e lo costrinse a seguirla. Voleva trovare Adam, ma non voleva che Miles scoprisse subito che c'era.
Joe li salutò in maniera cordiale e calorosa, ma Margaret era troppo impegnata a guardarsi attorno con scarsi risultati.

'Non ti vedo. Dove sei?'

La risposta non si fece attendere.
'Non te lo dico, voglio godermi lo spettacolo ancora un po''
 
Margaret non rispose a questo messaggio e mise via il telefono, voleva adottare la tecnica dell'indifferenza. Se e quando avesse voluto farsi vivo, sarebbe andato lui da lei.
Elizabeth in tutto questo non si era accorta di nulla, troppo presa e sorpresa dalle attenzioni che Liam le aveva riservato prima dell'arrivo di Joe.
"Andiamo a fumare?" Propose alla cugina più piccola.
Margaret accettò di buon grado e seguì la ragazza.

'Theo mi ha chiesto chi fosse la ragazza con te'

 Margaret si stava innervosendo per questo tipo di atteggiamento da parte di Adam, ma non voleva dargli soddisfazione, così rispose tranquillamente al messaggio.

'Mia cugina' rispose semplicemente e poi mise via il telefono.

Margaret iniziò a chiedere a Elizabeth cosa le avesse chiesto Liam mentre lei e Miles si erano allontanati.
Dopo poco furono raggiunte dal cantante di Liverpool.
"Mi ha scritto Alexa. É a Londra anche lei e mi ha chiesto se fossi uscito. Le ho detto che sono qui, quindi tra un po' arriva" disse tutto d'un fiato. Aveva l'espressione mortificata e si aspettava che Margaret sclerasse da un momento all'altro.
"Beh, dai, dopo Adam, anche Alexa. Alex non viene?" disse Margaret a voce alta parlando più da sola che con gli altri.
"C'è Adam?" chiese Elizabeth sorpresa.
"A quanto pare sì. Mi ha scritto per dirmi che mi ha vista, ma non si è palesato ancora"
"Sembra un po' psicopatico" commentò Elizabeth.
"Probabilmente lo è. Io vado dentro a prendere da bere" annunciò Margaret prima di rientrare nel locale e lasciare Elizabeth e Miles fuori. Sapevano che si era innervosita e sapevano che non potevano farci nulla, quindi la lasciarono rientrare da sola.
Si avvicinò al bancone desiderosa di bere qualcosa, ma c'era un po' di gente prima di lei.
Sconsolata poggiò la testa sul palmo e si mise ad osservare tutti i superalcolici in ordine dietro il bancone.
"Ti stai annoiando?"
La familiare voce di Adam la sorprese alle spalle.
Le accarezzò la schiena con una mano prima di posizionarsi vicino a lei al bancone.
"Mi sto innervosendo" rispose Margaret senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.
"E perchè mai?"
"Discorso lungo" concluse la parentesi Margaret.
"Non mi aspettavo di vederti qui" commentò il ragazzo di Manchester.
"Non mi hai chiesto cosa facessi staseri, non potevi sapere che ci sarei stata"
l'acidità di Margaret confondeva Adam, le era sembrata tranquilla negli ultimi giorni e non si aspettava un trattamento del genere.
"Sei sicura che vada tutto bene?"
"Circa" finalmente Margaret si girò verso di lui e tutto quello che Adam lesse nei suoi occhi era la pochissima voglia di essere lì in quel momento.
"Hai già ordinato?" chiese Adam.
"No, c'è gente prima di me"
"Andiamo via" propose Adam.
Margaret lo guardò sorpresa e tentata.
"Non posso. Sono venuta qui con mia cugina, è qui per il week end, non posso lasciarla qui da sola"
"Non è sola, Theo l'ha puntata prima"
"Si può sapere dov'eri? Non ti vedevo, ma tu vedevi me"
Adam indicò il soffitto e Margaret notò che c'era anche un primo piano  con un balconcino che dava direttamente su quella sala.
"Non avevo mai notato" disse Margaret.
"Allora? Andiamo via?"
"Mi piacerebbe tanto, ma non posso proprio"
Adam non disse nulla, ma le prese la mano e se la portò dietro. Raggiunsero Elizabeth che intanto era rientrata e stava parlando di nuovo con Liam.
"Ciao, io sono Adam, piacere" si presentò a Elizabeth.
La ragazza lo guardò confusa, poi vide sua cugina dietro di lui e sorrise.
"Piacere mio, io sono Elizabeth"
"Liam, posso rubartela un secondo?"
"Dipende per cosa" disse Liam sospettoso.
"Anche Theo vorrebbe conoscere Elizabeth" disse Adam tranquillamente.
"E allora può venire lui qui, non capisco perchè io debba lasciarla andare così facilmente" disse Liam sorridendo.
"State parlando di me come se io non ci fossi"
"Perdonami, hai ragione" disse Adam sincero.
"In questo momento non so dove sia il mio compare, ma se si presenta un ragazzo alto, magro, con chili di gel, sappi che è Theo."
Elizabeth lo guardò confusa.
"Io sono venuto solo a dirti che io e Margaret andiamo a fare un giro"
"No, no, no, non andiamo da nessuna parte" si intromise a quel punto Margaret che non voleva abbandonare sua cugina in giro con i suoi amici.
"Invece mi sembra un'ottima idea" disse Elizabeth.
"Ma, ma, ma" cercò di opporvisi Margaret, ma Adam stava già sorridendo.
"Detto sinceramente, non mi sembra il caso che tu resti qui. Sappiamo benissimo che non hai voglia di vedere certe persone e se puoi fare altro, vai a fare altro"
"E tu come torni a casa?"
"A lei ci pensiamo noi. Mi sembra di capire che ci sono almeno tre ragazzi disposti a non lasciarla sola" disse Liam.
"E il fatto che Miles Kane sia il più innocuo di tutti mi sembra preoccupante" ammise Margaret sinceramente.
"So badare a me stessa, vai e goditi la serata" disse Elizabeth.
"Grazie Elizabeth, ti devo un favore"
"Avvisa tu Miles" riuscì a dire Margaret prima di essere trascinata fuori dal locale da Adam che non le aveva ancora lasciato la mano.
Sul marciapiede Adam si guardò in giro: non sapeva effettivamente dove andare e stava considerando le ipotesi.
Guardò l'ora: non era ancora troppo tardi, qualche altro posto più tranquillo in centro l'avrebbero trovato lo stesso.
"Dove andiamo?" chiese Margaret dopo qualche secondo di silenzio.
"E' quello che sto cercando di capire anche io"
"Fai in fretta, perchè vorrei evitare della gente"
"Io ho fame" disse Adam.
"Vieni"
Senza lasciarle la mano, iniziò ad incamminarsi verso Trafalgar Square.
"Ma tu hai sempre fame?" chiese Margaret.
"Tutte le volte che ci siamo visti c'era sempre il cibo di mezzo"
"Si, mi capita spesso di avere fame, mi piace mangiare" disse Adam risoluto.
Lungo la via c'era un posto che faceva hamburger, fish and chips e altre specialità appropriate per una dieta sana ed equilibrata.
"Ecco cosa ci vuole!" Esclamò Adam entrando nel negozio.
"Questo odore ha fatto venire fame anche a me" disse Margaret con tono colpevole.
Ordinarono due porzioni di patatine al formaggio e un hamburger e mangiarono seduti a un tavolino.
Erano estremamente fuori luogo: eleganti e bellissimi, ma con del cibo spazzatura tra le grinfie.
"Posso chiederti chi non volessi incontrare che stava arrivando al Groucho prima?" Adam aveva sentito Margaret dire qualcosa del genere prima e per quanto ci avesse provato, non era riuscito a resistere dal chiederglielo, così quando ebbero finito di mangiare lo fece.
"Fa parte della storia che ti avrei raccontato domani, ma direi che ne possiamo approfittare ormai"
"Sei sicura?" Chiese Adam delicato.
"Si. Se vuoi conoscermi davvero, devi sapere anche determinate cose, perché se sono fatta così é anche per colpa o merito di quello che é successo"
"Non volevo fare il pesante l'altra mattina, davvero, e ti chiedo scusa"
"No Adam hai ragione"
"Okay allora"
"Usciamo però, ho voglia di camminare un po'"
"Certo"
Una volta fuori dal locale, Margaret si accese una sigaretta e poi prese la mano di Adam. Lui non si aspettava un gesto del genere, ma non disse nulla, perché gli faceva piacere che lei avesse preso dell'iniziativa.
"Allora... Non mi sembra il caso di raccontare ogni singolo particolare, perché altrimenti un'intera notte non basterebbe e perché sinceramente non me li ricordo nemmeno più"
"D'accordo"
"Prima di trasferirmi in Francia da mia mamma ho conosciuto un ragazzo alle superiori. All'inizio non andavamo molto d'accordo, ma col tempo ho iniziato ad apprezzarlo, mi piaceva, ma lui era indecifrabile. A volte sembrava interessato, altre volte sembrava indifferente. Io non ero abituata a essere snobbata e quindi questa cosa mi faceva andare fuori di testa. La sera prima di trasferirmi definitivamente glielo dissi. Gli dissi che mi piaceva e che allo stesso tempo che lo detestavi perché non lo capivo"
"E lui?"
"Lui non disse nulla"
"Notevole"
"Già. Sono tornata in Inghilterra per pochi giorni qualche mese dopo e lui si é fatto avanti. Mi ha detto che gli piacevo anche io, solo che non aveva avuto il coraggio di parlare mesi prima perché io me ne sarei dovuta andare via"
"Comprensibile, no?"
"Sisi, assolutamente. Avevamo o sedici o diciassette anni, non ci si poteva aspettare chissà che cosa. In ogni caso io sono tornata in Francia e non l'ho più visto né sentito per un anno forse. Uno dei suoi più grandi amici é il mio migliore amico e lo sentivo con regolarità, ma l'altro mai"
"Possiamo dare un nome a questo ragazzo?" Chiese Adam.
"Alex, il suo nome é Alex"
"Bene"
"l'ho rivisto a Londra, perché ero venuta a trovare gli amici e c'era anche lui. Con la sua ragazza. Fin qui nessun problema. Io non avanzavo pretese su di lui e lui, giustamente, era andato avanti. Solo che quella sera ha quasi fatto a botte con un altro ragazzo per me e si é ingelosito di Miles, perché pensava che avessi delle mire su di lui"
"E ce le avevi?"
"Si, ma non feci nulla perché non volevo creare altro scompiglio"
"okay" disse Adam per farle capire che stava seguendo il discorso.
"Dopo quell'episodio penso di non averlo sentito o visto per un anno e mezzo, fin quando non decisi di andare a Glasto con una mia amica. Anche lui era lí con i suoi amici. La mia amica fece colpo e ora stanno ancora insieme, dopo tre anni e mezzo" Margaret si prese una pausa perché anche lei non si era mai accorta di quanto tempo fosse passato in realtà.
"Finito?" Chiese Adam perplesso. A parte il pessimo gusto di questo Alex nel mettersi con una sua amica, non gli sembrava fosse successo niente di grave, anche perché i due non sembravano essere così amici o intimi perché questo potesse far nascere dei problemi gravi.
"No. Da qui é l'inizio della fine. Io sono andata a letto con il suo migliore amico, Miles, e lui si é incazzato come una bestia quando lo ha scoperto. Mi ha tolto il saluto e ci siamo persi di vista per altri mesi, fin quando non ha deciso che voleva vedermi"
"L'hai fatto per ripicca?" Chiese Adam curioso di capire come ragionava.
"No. Non lo so. Non credo" rispose Margaret incerta.
Adam intanto si era fermato alla fermata dell'autobus.
"Dove andiamo?" Chiese Margaret che non sapeva che Adam avesse scelto una meta per il loro vagabondare.
"Ora vediamo, quando vogliamo, scendiamo"
"D'accordo" disse Margaret tranquilla.
"Cosa é successo quando vi siete rivisti?" Chiese Adam per riprendere il filo del discorso.
"Siamo andati a letto insieme"
"Ah"
"Per la prima volta. Prima di allora c'era stato solo una bacio. Ci abbiamo messo circa quattro anni a farcela"
"Meglio tardi che mai" Adam era infastidito da un'ammissione del genere, anche se era consapevole di non essere minimamente legittimato a infastidirsi.
"Si, dai, anche se abbiamo scelto il momento peggiore da quando ci conosciamo. Il mattino dopo mi ha detto che voleva stare con me, che avrebbe lasciato la sua ragazza per me e cose del genere, ma io ho gentilmente rifiutato le sue offerte"
"Perché? Ti piaceva? Eri innamorata?"
"Mi piaceva, sí, molto, ma non potevo stare con lui. Non mi fidavo minimamente e il fatto che avesse tradito la sua ragazza con me non lo aiutava affatto, anche perché nessuno da fuori avrebbe potuto dire che tra loro c'era qualcosa che non andava. Io in quel periodo stavo ancora in Francia e lui non aveva una fissa dimora, era praticamente sempre in giro per il mondo. Non avrei resistito una settimana in una relazione del genere."
"Immagino che ci sia rimasto bene"
"Benissimo, non puoi nemmeno immaginare. É passato quasi un anno prima che lo rivedessi. E tra l'altro é stato un caso quella volta, perché eravamo a New York"
"E cosa ci facevate a New York?"
"Io ero in vacanza con il mio ragazzo e lui abitava lì. Forse ci abita ancora, non lo so, con la sua ragazza. Non ti sto a spiegare la teoria dei sei gradi di separazione, immagino tu la conosca già"
"Si"
"a New York abbiamo passato una splendida giornata insieme, ma poi siamo tornati dai rispettivi amori" disse Margaret mimando il segno delle virgolette sull'ultima parola.
"Non lo vedo da quel giorno. L'ho sentito qualche volta al telefono, ma pochissimo. A distanza sembriamo andare d'accordo, siamo educati abbastanza da tenere una conversazione civile"
L'autobus arrivò in quel momento.
" e di persona?" Chiese Adam dopo che ebbero preso posto.
"Di persona abbiamo spesso litigato. Ci diamo sui nervi a vicenda"
"Ma siete andati anche a letto insieme"
"Si"
"Ci pensi spesso a lui?"
"Non spesso e mai dal punto di vista della ragazza innamorata. Come ti ho detto i miei due più grandi amici sono anche amici suoi, quindi ogni tanto si fa qualche battuta, ma ormai credo sia acqua passata, anche se sei il primo ragazzo che mi piace a cui racconto questa storia. Di solito la tengo piuttosto nascosta, come se non esistesse"
"Come mai?"
"Perché di solito è il motivo per cui le mie relazioni non vanno avanti"
"E cosa cambia questa volta?" chiese Adam.
"Non voglio che finisca per colpa sua. Non voglio che questa cosa rovini tutto, voglio essere sincera. E poi sono molto cambiata per merito, o colpa, non lo so, di questa cosa. Tempo fa ero più stronza, più menefreghista, più egoista. Ora penso di più a chi mi sta di fronte rispetto a quanto facessi prima"
Adam aveva captato ogni frase del discorso della ragazza e alcune lo avevano piacevolmente colpito, ma non voleva adagiarsi sugli allori, voleva sviscerare il discorso prima di potersi tranquillizzare.
"Posso chiederti chi era la persona che volevi evitare prima? Era lui?"
"No. Non so dove sia lui, ma Miles mi aveva avvisato del fatto che stesse arrivando la sua ragazza, la mia amica con cui sta tutt'ora"
"Ti senti in colpa? É per questo che non la vuoi vedere?"
"Non immagini nemmeno quanto. Non si merita una persona del genere. Per molto tempo l'ho detestata, sono sincera, ma ora non la invidio per niente"
"Capisco"
"altre domande?" Chiese Margaret.
"Hai detto che si chiama Alex e che il suo migliore amico é Miles. Per lavoro é spesso fuori città in giro per il mondo e ha conosciuto la sua attuale ragazza a Glasto"
"Stiamo giocando a 'Indovina chi?', vero?"
"É Turner, vero?"
Prima che Adam finisse di pronunciare l'ultima parola il suo telefonò iniziò a squillare.
"Pronto?"
Margaret aveva letto sul display che si trattava di Theo.
Non lo avevano avvisato del fatto che sarebbero andati via dal locale e ora stavano discutendo perché Theo non aveva voglia di stare lí da solo. Adam provò a giustificarsi e a chiedere scusa, ma Theo continuava a rinfacciargli che avrebbe potuto almeno avvisare. Dopo cinque minuti di conversazione che non sembrava portare da nessuna parte, Margaret perse la pazienza e prese il telefono dalle mani di Adam.
"Theo?"
"Cosa c'è?" Chiese il cantante con tono più infastidito di quello che avrebbe voluto utilizzare.
"Prima di tutti ti calmi. E poi stai tranquillo, non sei un cucciolo abbandonato. Sei un uomo grande e vaccinato, lí c'è un sacco di gente con cui parlare e un sacco di belle ragazze"
"Si, ma non é questo..." Provó a rispondere Theo.
Margaret non lo fece finire.
"se posso consigliarti, quella con il top azzurro senza spalline é libera. Buona serata" detto questo, Margaret chiuse la conversazione e porse il telefono ad Adam, che intanto stava ridendo silenziosamente per il trattamento che la ragazza aveva riservato al suo collega.
"Stavamo dicendo?" Chiese Adam per riprendere il discorso.
"Non ricordo" Margaret provó a mentire per scampare definitivamente all'ultima domanda di Adam prima della telefonata.
"Dove stiamo andando?" Chiese prima che Adam potesse rispondere.
"Non lo so, quando ci va, scendiamo e facciamo una passeggiata"
"D'accordo, d'accordo"
"Theo si é incazzato perché non l'ho avvisato ed é arrivata un po' di gente con cui eravamo fuori l'altra sera e gli stavano chiedendo di me"
"ah bene! Vuol dire che si ricordano, non é una bella cosa?"
"Si, per ora si ricordano di me, tra un po' noteranno solo il cantante" ammise Adam.
"E non é una cosa brutta! Tu sarai di sicuro più libero sul palco"
"Molto più libero, infatti non mi dispiace affatto, ma lui si beccherà tutte le ragazze più belle!"
"E che problema c'è? Tu non avrai bisogno di groupie" disse Margaret scherzando.
"Chi lo sa, forse le voglio anche io" Adam sapeva che non era una battuta da fare, soprattutto dopo quello che gli aveva detto Margaret sul fatto che non si fidasse di quel ragazzo.
"Giusto. Dimmelo prima però in quel caso" rispose Margaret facendo finta di non notare il collegamento al discorso precedente.
Appoggió la testa sulla spalla di Adam ed entrambi si misero a guardare fuori dal finestrino. Non sentivano la necessità di parlare: Adam stava riflettendo su quello che le aveva raccontato Margaret e lei invece stava pensando a quali potessero essere i pensieri di Adam su quello che gli aveva raccontato, anche se era distratta dal profumo del ragazzo. Era buonissimo: acre, elegante e profondo, la combinazione perfetta per descrivere anche quello poco di Adam che aveva avuto la possibilità di conoscere.
Si stavano avvicinando a St. Paul e a Margaret venne un'inspiegata voglia di fare un giro sul Millenium Bridge.
"Scendiamo a St. Paul?" Chiese, sperando che Adam acconsentisse.
"Vuoi andare a messa?"
"No, cretino, voglio fare una passeggiata in quella zona"
"Pensavo ti volessi confessare!"
"io l'ho già fatto. Tu piuttosto non mi hai detto nulla!"
"Cosa vuoi sapere?" Chiese Adam con indifferenza.
"Qualche storia importante che ti abbia segnato o di cui ti porti ancora le cicatrici addosso?"
"Secondo te?"
"Secondo me si"
"E cosa te lo fa pensare?"
"Nulla in particolare. Lo penso e basta"
"Vuol dire che non ci sono segni visibili" disse Adam pensando di averla zittita.
"Hai appena ammesso che ci sono dei segni, anche se non visibili. Comunque, se non ne vuoi parlare, tranquillo"
"Non c'è molto da dire. I miei problemi di fiducia derivano da un tradimento subito dopo due anni di relazione"
"Merda"
"Giá. Ha deciso di tradirmi con un uomo più grande, più ricco, che potesse garantirle un futuro da mantenuta"
"Merda"
"Lui non sapeva nemmeno che lei fosse fidanzata. Lei ha avuto almeno la decenza di lasciarmi subito dopo esserci andata a letto"
"Non te la sei vista arrivare immagino"
"No, ma é stato meglio così. Non ci ho messo molto a farmene una ragione, forse anche grazie al fatto che io e Theo stessimo iniziando a ricevere dei consensi"
"Quindi i segni di cui parlavi erano delle corna?"
"Esattamente" entrambi risero.
Venne annunciata la fermata di St. Paul ed entrambi si alzarono per scendere dall'autobus.
"Da che parte andiamo?" chiese Adam una volta per strada.
"Vieni" Margaret gli prese la mano e si avviò verso il Millenium Bridge.
"Sai che si morirà di freddo sul ponte?" Chiese Adam premuroso.
"Fatti venire un po' di entusiasmo, Adam!"
"Pensavo che mi rispondessi che mi avresti scaldato tu"
"Non sono così banale"
"Dici?" Chiese Adam.
Margaret si voltò verso di lui con un'espressione sorpresa mista ad offesa.
"Non te la prendere, hai altre qualità" continuò Adam.
"Tipo?"
"Vai a letto con gli amici delle persone a cui interessi"
Adam stava ovviamente scherzando, stava provando a fare battute su quello che gli aveva raccontato Margaret e la ragazza decise di provocarlo.
"Infatti stai attento, perché vado a letto anche con gli altri componenti delle band in cui c'è il ragazzo a cui interesso"
"L'hai già fatto o lo vorresti fare?"
"Entrambe"
"Sei seria?" Chiese Adam insospettito.
"Rispetto a Theo no, ovviamente"
"Pensi di interessarmi?" Rispose immediatamente Adam.
"In effetti no, hai ragione, scusa" disse Margaret, non sapendo se aspettarsi una risposta banale o seria da Adam.
"Ma davvero sei andata con un altro della band?"
"Si"
"E lui lo sa?"
"Si"
"I miei problemi di fiducia iniziano a farsi sentire" affermó Adam.
"Rilassati, é successo prima che scoprissimo cosa gli passasse per la testa, eravamo al liceo"
"É quasi un record"
"Di cui non mi vanto però" Margaret era diventata seria.
Camminarono in silenzio sul ponte per qualche minuto.
"Scusami" disse Adam.
La ragazza non rispose, ma si avvicinò al parapetto per guardare il corso del Tamigi. Adam si mise di fianco a lei, ma di spalle al fiume, perché era più interessato a osservare lei. Voleva capire se avesse davvero oltrepassato il limite con le sue battute, ma l'espressione della ragazza sembrava tranquilla, rilassata.
"Qual é il tuo film preferito?" Chiese Adam all'improvviso.
Margaret lo guardò sorpresa, ma dall'espressione seria capí che non stava scherzando.
"Non lo so, ce ne sono tanti"
"Ce ne sarà uno che ti é venuto in mente appena ti ho fatto la domanda"
"Si, ma mi sento giudicata, ho come l'impressione che tu ti senta un critico cinematografico mancato. Perché vorresti sapere qual è il mio film preferito?"
"Perché ci stavo immaginando a casa mia sul divano a scegliere un film e mi stavo chiedendo se avessimo gli stessi gusti in materia"
"Vuoi andare a vedere un film ora?" Chiese la ragazza confusa.
"No, parlavo in generale, in un futuro, non lo so"
Margaret sorrise.
"Senti, dimentica quello che ho appena detto"
"Perché?"
"Non avrei dovuto" sussurró Adam. Si era esposto troppo, lo sentiva e sapeva anche che non c'era alcun tipo di certezza tra loro due, ma non sapeva come mai, ci si vedeva bene in una situazione del genere con lei. Gli piaceva come pensava, come rispondeva alle sue provocazioni e l'aveva colpito il fatto che lei gli avesse raccontato della sua storia, ben consapevole che ciò avrebbe potuto minare una loro ipotetica relazione.
Margaret intanto ai era allontanata dal parapetto e si era piazzata di fronte a lui.
"Sai che di solito sono le ragazze a spararsi i viaggi?" Margaret lo stava provocando, voleva che lui facesse una mossa e puntualmente non venne delusa.
La prese per i fianchi e l'avvicinó a sé, poi le mise una mano sulla nuca e fu il suo turno di avvicinarsi: la bació.
Nonostante l'impeto con cui affrontó il momento, l'incontro fra le loro labbra non fu disordinato e scomposto, ma preciso e morbido.
Margaret non gli buttó le braccia al collo, perché non aveva bisogno di sorreggersi o aggrapparsi, ma lo abbracció lungo i fianchi, perché voleva avvolgerlo, voleva sentirlo vicino e voleva poter far vagare le sue mani sulla schiena di Adam.
Nessuno dei due seppe quanto durò quel bacio: se pochi secondi o vari minuti. Si presero il tempo per provare a comunicare tutto quello che sentivano e si aspettavano in quel momento da quel gesto.
Quando le loro labbra si staccarono, Margaret non mutò posizione, ma rimase con le braccia allacciate al busto di Adam. Lui invece spostò le mani sul viso della ragazza e le accarezzò le guance sfiorandola con i pollici.
"Pensavo che non l'avresti più fatto" ammise Margaret a bassa voce.
"avevi fretta?"
"La definirei più che altro voglia"
"la pazienza é una qualità importante" disse Adam serio.
"Non sono la persona più paziente del mondo proprio"
"Male, male"
"Cosa vuol dire? Quanto dovrò aspettare perché la situazione evolva?"
"Chi lo sa"
"Adam" disse Margaret quasi rimproverandolo.
Adam scoppiò a ridere.
"Secondo te perché non ti ho baciata quando sei venuta a cena da me?" Era una domanda retorica.
"Saremmo finiti di sicuro a letto insieme" continuò Adam.
"E sarebbe stato un problema?"
"Si, perché non saremmo arrivati su questo ponte stanotte dopo aver parlato di cose fondamentali"
"Mmmh, va bene"
"Torniamo al Groucho?" Chiese Adam.
"Io vado a casa, non torno lá"
"Non vuoi vedere lei?" Continuò Adam.
"Già"
"Facciamo così, torniamo lí, ma tu non entri, aspetti a debita distanza, così recuperi Elizabeth e io vado da Theo"
"Chiamo Miles e chiedo se lei é in giro, oppure se riesco a evitarla facilmente"
"D'accordo"
La telefonata con Miles durò poco: Alexa era passata solo per salutare della gente e poi era andata chissà dove con chissà chi, quindi, sollevata, comunicò la notizia ad Adam.
"Andiamo?" Propose lui.
Margaret non resistette e si allungò per lasciargli un bacio a stampo sulle labbra prima di incamminarsi verso St. Paul per andare a prendere l'autobus.







Miles stava facendo due chiacchiere con Fray fuori dal locale, non c'era molto casino e quindi quando gli squilló il telefono, lo sentì subito. Era Alex.
"Scusa un secondo" disse rivolto a Liam prima di rispondere.
"Pronto!"
"Ciao, Miles!"
"Come stai?" Miles non si aspettava una telefonata da parte sua quindi era alquanto sorpreso.
"Bene bene. Senti, che fai domattina?"
"Nulla, perché?" rispose Miles, non capendo il senso di quella telefonata, visto che Alex doveva essere dall'altra parte del mondo.
"Andiamo a fare colazione insieme allora. Sono appena atterrato a Londra"
Questa frase giunse alle sue orecchie proprio mentre Margaret e Adam stavano arrivando, mano nella mano, al Groucho.

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