15
luglio
2009
I need to be myself
I can’t be no one else
I’m feeling supersonic
Give me a gin and tonic..
La voce graffiante del più piccolo dei fratelli Gallagher la fece svegliare. Non si mosse subito, perché doveva rendersi conto di dove si trovasse. Dal solletico contro la guancia e il caldo sulla spalla sinistra intuì che qualcuno stava dormendo accanto a lei.
Si tolse le cuffie e mise a tacere quella canzone maledetta e per fortuna Mark non si svegliò nonostante i suoi momenti bruschi e nervosi.
Dopo sette ore di viaggio sfidava chiunque ad essere rilassata e poi faceva caldo, terribilmente caldo e il suo ipod si prendeva gioco di lei.
Doveva sopportare ancora un’ora di viaggio e non voleva pensare a quello che le aveva attraversato la mente nel momento in cui era partita quella canzone.
Mark finalmente sollevò la testa. Aveva gli occhi gonfi e prima di sorriderle fece uno sbadiglio enorme.
“Quanto manca?” chiese.
“Un’altra ora.” Rispose freddamente la ragazza.
“Tutto bene?” Mark era preoccupato.
“Sì Mark, tutto bene. Sono solo stufa di stare seduta.”
Mark era premuroso con lei, forse troppo, ma Margaret non aveva voglia di apparire acida e scocciata, anche perché non era colpa del fotografo. Si diede qualche secondo per scacciare il malumore poi si girò verso il ragazzo biondo che intanto aveva appoggiato la testa contro il poggia testa e fissava un punto davanti a sé.
“Allora, sei carico per domani?”
Impostò la conversazione sul motivo del loro viaggio a New York: il primo servizio importante per Vogue.
“Abbastanza, sì, diciamo di sì!” Rispose Mark facendo il finto rilassato.
“Smetti di comportarti come se non fosse importante! E’ Vogue!” Margaret gli infilò una mano tra i capelli biondi e glieli scompigliò per bene.
“Però prometti che domani mi porti in giro!”
“Assolutamente!”
“E domani, mio caro, vengo anche io con te!”
“Ma devo lavorare!”
“Lo so. Devi lavorare con modelle bellissime e gentilissime e io sarò lì. Zitta e immobile a ricordarti che sono pericolosa.”
“Lo so bene che sei pericolosa.” Rispose Mark prima di allungarsi a posarle un bacio leggero sulle labbra.
Trascorsero l’ultima ora del viaggio a progettare e proporre visite per quei quattro giorni a New York e il tempo sembrò volare.
Atterrarono a pomeriggio inoltrato e andarono subito in hotel a sistemare le valigie.
Era un posto molto carino e comodo, così si fecero una doccia per poi uscire per un aperitivo.
Erano troppo stanchi anche solo per passeggiare per la città, la notte prima avevano fatto after per riuscire ad essere abbastanza stremati quella sera e ci erano riusciti.
Si addormentarono quasi immediatamente dopo essersi stesi. Margaret come sempre era su un fianco, di spalle a lui. Era già capitato loro di dormire insieme, ma Mark non aveva mai avuto l’ardire di abbracciarla, perché notava quanto a lei desse fastidio dormire appiccicata a un’altra persona, ma quella sera gli sembrava la cosa più naturale del mondo e si stese di fianco a lei, cingendole la vita con un braccio.
Margaret non si spostò e non sbuffò, ma intrecciò le dita con quelle dell’uomo. Ogni tanto poteva anche lasciarsi andare.
La
mattina dopo si
svegliarono molto presto, ma riposati e eccitati.
Erano a New York per una
sottospecie di
vacanza. Si prepararono in fretta e raggiunsero lo studio in anticipo,
quindi
restarono in strada a fumare una sigaretta in pace.
Faceva
caldo e il traffico di
certo non rendeva la situazione più sopportabile, quindi
entrarono dopo poco
sperando che ci fosse l'aria condizionata. Lo studio era al secondo
piano di un
edificio moderno ed elegante.
Furono accolti da un signore
brizzolato e
gentile, che li portò in una stanza enorme e con le pareti
completamente
bianche. C'erano altre due porte oltre a quella da cui erano entrati,
ma erano
chiuse.
Mark
iniziò a tirare fuori
tutta la strumentazioni, mentre parlava con altri addetti ai lavori.
Margaret
si sedette su una delle poche sedie e prese una rivista da sfogliare.
Non
voleva disturbare Mark,
era una giornata piuttosto importante per lui. Da una delle porte a un
certo
punto iniziarono a uscire delle ragazze: le simpatiche modelle da cui
sarebbe
stato circondato Mark tutta la mattina. In realtà, ad un
primo sguardo a
Margaret non parvero poi così simpatiche: non sorridevano e
poche sembravano
felici di quello che stavano facendo; le altre sembravano piuttosto
annoiate e
scocciate, proprio come Margaret.
Quest'ultima
infatti dopo
nemmeno dieci minuti in quella stanza, raggiunse Mark per comunicargli
che
sarebbe andata a farsi un giretto della zona e a prendersi un
caffè.
Girovagò
per l'isolato in
cerca di un bar, una caffetteria, qualsiasi cosa e si
ritrovò in uno starbucks
imballato di gente. Fece una fila lunga chilometri e dovette aspettare
almeno
un quarto d'ora prima di sentire il suo nome pronunciato
all'altoparlante.
Qualcun'altro
era entrato
molto tempo prima nella caffetteria e sussultò a sentire il
nome della ragazza.
Si era già interrotto una volta perché due
ragazze sedute al tavolo di fianco
al suo stavano facendo casino. Le guardò male da sotto i
lunghi capelli castani
e poi riprese a leggere "L'idiota".
Ogni
tanto beveva un sorso
del suo tè verde e la mattinata sembrava procedere
tranquillamente, almeno fin
quando non sentì quel nome.
Si guardò attorno
sperando di riconoscere
qualcosa, di vedere un particolare noto, ma poi sorrise, pensando a
quanto
risultasse patetico. Non poteva essere lei. Tornò a
concentrarsi sul tomo,
mentre proprio quella Margaret usciva dalla caffetteria per tornare
verso lo
studio.