In queste lamentose illusioni, tu non piangi

di Beyond Life
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Opening ***
Capitolo 2: *** Thirty-fourth day ***
Capitolo 3: *** Noah Miller ***



Capitolo 1
*** Opening ***


Opening
 
 
 










14 ottobre – Giovedì
 

Scrivo questo diario, per documentare ciò che sta succedendo. Non ho certezze sul fatto che qualcuno, presto o tardi, possa trovarlo, ma voglio far sapere a chiunque stia leggendo queste pagine, la verità.
Questo, chiamiamolo, “fenomeno” si ripete ogni sette giorni, iniziando di giovedì e finendo il mercoledì sera. Per l'esattezza, questa è la terza volta che...rivivo giovedì 14 ottobre.
Non sono pazza.
Io e la mia famiglia siamo qui, imprigionati nella nostra stessa casa, costretti a ripetere e ripetere questo continuo cerchio. Eppure, sembra che io sia l'unica a rendersene conto. I miei genitori e il mio fratellino vivono ogni singola giornata come se fosse nuova, senza capire ciò che avviene intorno a noi.
Se guardo fuori dalla finestra di camera mia, vedo sempre lo stesso mare, gli stessi alberi e le stesse case ed è così con ciascuna uscita di questa casa, tranne una. Dalla porta principale, se aperta, non si va da nessuna parte...o così sembra. Papà la apre tutti i giovedì e venerdì per andare al lavoro, sorridendo e convinto di trovarsi all’esterno, eppure la prima volta che l’ho notato, ho visto sconvolta solo mio padre addentrarsi in una nube nera. Tuttavia, il giorno dopo l’ho guardato uscire dalla finestra ed l’ho visto salire sulla sua automobile parcheggiata sul vialetto, salutarmi e partire, per poi tornare la sera, come se nulla fosse.
Riesco a capire ciò che sta succedendo, ma non riesco a comprenderlo.
Dove ci troviamo? Cosa succede ogni mercoledì sera e perchè non riesco a ricordarmelo?
 
 
Il mio nome è Beatrice Bisognini, ho 19 anni e...ho paura.
 
 
Aiutatemi












Note d'autore
Buonasera a tutti ^_^
Allora..cosa ne pensate di questa "opening"? Vi ho incuriosito almeno in parte?
Dico già da subito che i prossimi capitoli non saranno raccontati come in questo capitolo, attraverso un diario..forse in alcuni in parte...ma comunque verranno narrati come in un normale racconto in prima persona.
Spero che, chi leggerà questa parte, decida di seguirmi anche nelle prossime!! ;)

See you soon <3
B.L.

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Capitolo 2
*** Thirty-fourth day ***


Thirty-fourth day










 
Mi chiude lentamente la porta alle spalle, facendo attenzione a non far troppo rumore, e mi dirigo verso il mio letto.
Osservo distrattamente l’orologio sul comodino e so perfettamente cosa sta per succedere: tra una decina di minuti, mamma urlerà a Thomàs di smetterla di correre su e giù per le scale e di andare ad aiutarla ad apparecchiare la tavola, nell’esatto momento in cui papà rincaserà dopo essere stato “dal nostro vicino”. Mi lascio sfuggire un leggere ma malinconico sorriso per poi tornare seria ricordandomi quello che sono venuta a fare.
Mi inginocchio al lato del letto ed allungo una mano sotto di esso finchè non sento l’asse di legno del parquet traballare; spingo col dito e l’estremita di quel rettangolo si solleva, rivelando l’oggetto che cercavo. Mi rimetto in piedi con in mano il mio diario per poi tornare seduta sulle lenzuola color corallo, spostando i vestiti e i libri che ho lasciato quella stessa mattina. Mi allungo per afferrare una penna dal mio cassetto ed inizio a scrivere.
 



19 ottobre - Martedì
 
Questa mattina, ho fatto “un esperimento”: normalmente Thomàs, il martedì 19 delle scorse settimane si alza alle 8.30 per guardare alla televisione il suo cartone animato preferito e nessuno ha mai interferito, nemmeno io. Ma questa volta, poco dopo che il cartone è iniziato, ho provato a  cambiare canale, credendo che il mio fratellino si sarebbe arrabbiato, ma così non è stato; su ogni canale che provavo, il 4,il 23,il 77, ogni singolo canale trasmettevano lo stesso identico programma: il cartone animato. Un altro fatto che ho notato, è che Thomàs sembrava nemmeno vedermi, come se non stesse succedendo niente, anche se io ero lì, vicino a lui.
Poi ho capito, o per lo meno, ho dedotto il perché. Nel giorno 19 ottobre, alle 8.30 esatte di mattina, non vi è l’esistenza di Beatrice all’interno di quella stanza perché io, a quell’ora, sono in camera da letto a dormire.
A chi sta leggendo questo diario, puoi capire cosa sto dicendo? Le cose che normalmente devono succedere nei giorni  tra il 16 e il 20, non possono essere in alcun modo mutate. Se una cosa deve succedere (come mio fratello con la televisione), allora quella cosa succederà, anche se io provo ad impedirlo.
Più questa...cosa va avanti e più mi sembra di impazzire. Mi creo le mie stesse domande, i miei dubbi e cerco di trovare risposte ma non ho alcuna certezza. Beh...una la ho. Sono sicura che la chiave per capire questo “fenomeno” sia il capire cosa avviene ogni mercoledì, ma per quanto io cerchi di concentrarmi e di ricordare...nulla. Vuoto assoluto.
Sarò costretta a rivivere e rivivere, a passare il resto dei miei giorni in questa casa, con la consapevolezza di star rivivendo ogni istante continuamente e senza poter modificare il mio futuro?

 



Chiudo il diario e lo stringo tra le mie braccia, puntando gli occhi verso lo specchio nell’angolo della mia stanza.
L’immagine che riflette è quella di ragazza di 19 anni, non molto alta, con dei  lunghi e rossi capelli legati in una coda di cavallo e degli occhi verdi circondati da profonde occhiaie. Mi passo una mano sul viso e mi fermo a riflettere, sebbene sia la stessa cosa che faccio ormai da giorni interi, arrivando a perdere il sonno e l’appetito.
Tremo e mi viene la pelle d’oca, al ricordo del pensiero che, seppur per un breve istante, mi è passato per la mente la scorsa notte. Per me la famiglia è sempre stata tutto; non ho molti amici perché a nessuno è mai venuta in mente la brillante idea di fare amicizia con la ragazza più strana del liceo, quella che non ha mai avuto un ragazzo (o che tanto meno, ne abbia mai mostrato interesse), quella che non è mai stata a nessuna festa, in nessun locale, quella che invece di uscire il sabato sera a “sballarsi”, preferiva stare a casa a leggere i suoi adorati libri fantasy e,in generale, quella che non ha mai mostrato alcun interesse verso le persone della propria età. Sorrido anche solo all’idea che, in effetti, non si possono  nemmeno considerare “amici” persone che per miracolo ne conosci il nome, ma il cui unico contatto è il fatto di studiare nello stesso tavolo durante il dopo scuola.
È per questo che trovo il mio unico conforto nella mia famiglia. Loro mi capiscono, mi incoraggiano a seguire il mio istinto e, soprattutto, non provano a farmi cambiare. Forse è vero, sono infantile, asociale e tutto il resto, ma non vorrei essere in nessun altro. E se ciò che sta succedendo doveva succedermi, sono felice sia stato con la mia famiglia.
Scuoto la testa a destra e sinistra.
Questo è davvero un pensiero irrazionale! Non posso essere felice in un momento simile! Sbuffando, mi chino vicino al letto per mettere il mio diario nel suo posto segreto. Ricordo di averlo scoperto quando ci siamo trasferiti in questa casa: mentre sistemavamo il mio letto, inciampai in un asse di legno leggermente sollevata al cui interno, ci poteva stare perfettamente un piccolo quaderno. Così trovai il luogo perfetto per nascondere ogni cosa.
Mi risistemo sul letto, con l’idea di prendere un po sonno, ed è ciò che succede poco dopo, ma non prima di sentire mio padre aprire la porta di casa e mia mamma urlare.
-Thomàs! Smettila di correre sulle scale e vieni ad aiutarmi ad apparecchiare il tavolo!-








Note d'autore

Premetto che la verità su questo "déjà vu" verrà spiegata un po più avanti, quindi spero non vi arrabbiate sul fatto di non capirci quasi nulla >_< Beh...per ora spero vi stia intrigando almeno in parte quindi...fatemi pure sapere cosa ne pensate ^_^
Al prossimo capitolo!

B.L.

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Capitolo 3
*** Noah Miller ***


 

Noah Miller











-Noah Miller! Hai intenzione di studiare per l'interrogazione di domani, o speri ancora in un miracolo divino?- chiese una donna sulla cinquantina, con un rovo al posto dei capelli ed un megafono al posto della voce. Osservava attentamente un ragazzo, intento a raccogliere qualche foglio e qualche biro per poi gettarli incurante nel suo zaino.

La campanella era suonata da qualche secondo e già lui era pronto a scattare verso la porta.

Le sorrise. -Se mai succederà, le prometto che lei sarà la prima a saperlo, Signora Oober!- rispose con un cenno di mano, mentre, seguito dai suoi compagni, si incamminava per i corridoi.

Venne subito raggiunto dal suo più caro amico, Mike Olsen, nonché capitano dei Coyote, la squadra di football della loro scuola. Iniziò ad elencargli come avrebbero passato il pomeriggio, tra videogiochi e popcorn, per terminare con una serata al Black Hopes, il locale più famoso e frequentato di quella piccola cittadina dimenticata da Dio. Noah tentava in continuazione di interromperlo per fargli sapere i suoi di progetti, ma l'amico, che agli occhi della maggioranza delle ragazze in quell'edificio appariva perfetto, con i suoi occhi azzurri, capelli biondi, sorriso che potrebbe riportare in vita un cagnolino (così lo avevano descritto una volta un gruppo di “innocenti fanciulle”, che probabilmente di innocente non avevano più nemmeno l'orecchio) ma aveva forse il peggiore dei difetti.

Non ascoltava.

-Mike...- ripetè Noah per la diciottesimo volta, quando raggiunsero il parcheggio.

-...e vedrai, quella Vanessa stasera ti si appiccicherà come una colla! Avanti ammettilo che è carina, ti sta puntando da quasi un mese ma tu non le hai dato nemmeno una possibilità! Non ti dico che devi sposartela, solo concedile una notte con il tanto desiderato Noah Miller! E poi...-

-Mike non posso oggi!- riuscì ad urlargli tutto di un fiato. L'amico si bloccò con la bocca ancora aperta. Passò qualche secondo di completo silenzio, quando gli chiese il perché.

-Te lo avrò ripetuto mille volta da giorni ormai. Oggi mi trasferisco in quella nuova casa.- gli disse mentre cercava le chiavi della toyota dal suo zaino.

-E allora? Cos'è, devi appendere le tendine rosa ricamate alle finestre?- gli chiese l'amico aprendo le braccia. -Avanti amico non puoi non venire stasera!-

Noah si fermò un'istante per guardare il suo compagno, poi si voltò, aprì l'auto e si mise alla guida, non prima di aver urlato al suo amico, con un ghigno sulle labbra -In realtà le volevo attaccare lilla!-


 

Guidò per una ventina di minuti, prima di parcheggiare davanti ad una villetta piuttosto malconcia. La vernice era assai vecchia, i vetri delle finestre rotti, se doveva fare un elenco delle cose che non andavano, sarebbe rimasto ad osservarla per un giorno intero.

Ad attenderlo, davanti alla porta, c'era sua madre, impeccabilmente vestita con un tailleur rosso fuoco, i lunghi capelli castani acconciati in una chignon basso e un tacco che faceva venire le vertigini a lui. Era in compagnia di un'altra donna, l'agente immobiliare probabilmente.

Sbuffando, scese dall'auto e le raggiunse, salutando entrambe.

-Tesoro finalmente sei arrivato! Il camion dei traslochi è già arrivato, ho fatto lasciare i tuoi scatoloni in salotto. Allora che te ne pare?- chiese la madre con un enorme sorriso, indicando la struttura dietro se.

“Gran bel posto mamma, la affittano per fare le feste di halloween?” pensò lui. La venditrice doveva aver notato il suo sguardo per nulla convinto, perché si mise a ridere mentre, voltandosi verso la madre le disse -Oh signora Miller, ha un figlio davvero bellissimo! Ha preso il suo stesso colore di capelli ed il suo sorriso!-

-Vero Signora Woon? Gli occhi verdi sono del padre, ma per il resto è cento per cento sua madre! Avanti Noah non ti scoraggiare, ci vorranno solo dei piccoli aggiustamenti e questa casa tornerà a splendere!-

“Qui di piccolo vedo gran poco...” -Posso entrare?- chiese il ragazzo.

La donna annui, porgendogli un mazzo di chiavi che comprendeva una molto più lunga rispetto alle altre. Prese quella e la inserì facendo scattare la serratura.

Dentro c'era il vuoto ed il silenzio più assoluto. Oltre alcuni scatoloni, c'erano gli oggetti che dovevano appartenere ai vecchi proprietari, coperti da lenzuoli piuttosto ingialliti e impolverati.

L'interno non era male: subito si presentava una scala che portava al piano superiore, di legno, a sinistra vi era il salotto piuttosto buio ed a destra,si vedeva parte della cucina. Si guardò attorno, notando che in effetti, la casa non era male se messa a nuova e sorridendo tra sé e sé, anche quelle tendine lilla avrebbero dato un bel tocco di classe.

Lui aveva già iniziato a salire le scale, mentre sentiva la donne che discutevano sui possibili arredamenti, sui colori dei muri e altri discorsi che si persero in quell'enorme struttura. Sopra era altrettanto mozzafiato: c'erano due bagni ed uno sgabuzzino, tre camere da letto, una leggermente piccola, una matrimoniale ed una stranamente in discreto strato e lui entrò proprio in quest'ultima.

Si appoggiò al letto, anch'esso coperto da un lenzuolo ed iniziò a pensare che ormai, doveva abituarsi all'idea che quella sarebbe stata la sua nuova stanza...e la sua nuova casa. Erano passati quattro anni da quando suo padre, Mark Miller, era morto in un incidente stradale, lasciando da soli lui e sua madre. La donna soffrì molto per quella perdita, ma da qualche mese si frequentava con un uomo, simpatico sotto sotto, ma per Noah ormai quella casa in cui anche il compagno di lei aveva iniziato a viverci, era diventata troppo stretta ed opprimente.

Così aveva deciso di andare a vivere da solo e, tra i vari annunci immobiliari, incredibilmente aveva trovato questa casa. Beh, lui avrebbe preferito un appartamento, ma sarebbe stato molto più lontano da scuola e troppo vicino alla sua vecchia casa.

Gli mancava il padre, molto spesso. Il primo periodo fu più difficile di quanto credesse: non era mai a casa, saltava le lezioni, frequentava soltanto locali e letti di sconosciute, ma sapeva che così non poteva continuare. Fu grazie al suo amico Mike, che uscì da quel lungo e buio tunnel di disperazione. Tuttavia, aveva scelto ugualmente di andarsene. Non l'aveva presa così male sua madre, quando venne a conoscenza di questa sua idea. Lo aveva anche aiutato e così, trovarono questa casa. Venne subito informato del motivo per cui questa casa era rimasta senza padrone per molti anni. Qui...

Si risvegliò da quei ricordi proprio quando sua madre varcò la porta di quella stanza, sorridendogli e andando a sedersi sul letto vicino a lui.

-Allora?- gli chiese.

-Mi piace. Non è male.-

-Ne sono felice Noah! Che ne dici di iniziare subito? Se vuoi partiamo da questa stanza, vedo che ti piace molto.- le disse la donna dando un buffetto sulla guancia del figlio. -Avanti, se vuoi ti aiuto a spostare questo vecchio letto. So che lo preferisci al centro della stanza, non vicino alla finestra.- continuò.

-No, per ora lo lascio qua. Andiamo a vedere la cucina.-

Si alzarono insieme ed uscirono dalla stanza, dirigendosi al piano inferiore.

Le loro voci si dispersero nell'aria, in quella casa che racchiudeva molta tristezza...e non solo.

Forse, se avessero spostato il letto, avrebbero notato quella piccola asse rettangolare di legno, leggermente sollevata.

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