Non toccarmi.

di Lesye
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ragazzi pericolosi. ***
Capitolo 2: *** Sfida. ***
Capitolo 3: *** Thè o Te? ***
Capitolo 4: *** Casini e scherzi. ***
Capitolo 5: *** Sorelle E Incontri. ***
Capitolo 6: *** Libri. ***



Capitolo 1
*** Ragazzi pericolosi. ***


Ragazzi pericolosi.






Odiavo gli uomini. I loro forti profumi, i bruschi modi, la loro arroganza, insomma non mi piaceva nulla. Fin a pochi mesi fa, avevo sempre frequentato un'accademia femminile, appunto per questo mio leggero disturbo. Ma, mia madre decise che, dovevo superare quest'avversità e mi iscrisse in una scuola mista, spostandomi proprio all'ultimo anno di liceo. Non avevo mai avuto una figura maschile stabile, mio padre era scappato, quando aveva saputo di me. I parenti ci abbandonarono, non volevano una donna non sposata e, incinta per giunta a parer loro, di “chissà chi”. Insomma con tutte le sue forze mia madre mi tirò su, diffidente e sospettosa. Spesso fin da piccola, mi avvertiva di non fidarmi degli uomini, erano bugiardi e ingannevoli, ma adesso che ho diciannove anni, voleva che mi innamorassi. Ma come potevo fare se, per colpa sua guardavo sprezzante l'altro sesso, senza riuscire ad avvicinarmi? Tutte le ragazze nell'istituto privato mi dicevano sempre che ero una “bellezza sprecata”. E' vero, ero esteticamente bella, con i miei lunghi capelli biondo miele e, i miei occhi verde chiaro, il mio fisico era magro e tonico, non ero eccessivamente alta ma, nella norma di un metro e sessanta tre. Alla fine tutto questo che mi serviva? Tra mille dubbi ed incertezze, presi il mio zaino lo sistemai sulle spalle e varcai la soglia di quel nuovo liceo, dove ormai mi ero trasferita già da un mese. Avevo avuto modo di conoscere le ragazze della mia classe: Melody, Kim, Violet, Iris e Rosalya. Con l'ultima diventammo subito amiche, mi dava consigli su moda, trucco e vestiti. Anche se, non provavo il desiderio d'essere toccata da un uomo, adoravo invece farmi guardare. Mi piaceva essere sempre bella e curata, soltanto per me stessa. Indossavo sempre gonne, raramente pantaloni, oggi avevo un'adorabile vestitino a maniche lunghe di pizzo, con una gonna a ruota e, gli immancabili tacchi, quest'oggi erano stivaletti neri, come l'abito. Nella mia classe c'erano solo quattro ragazzi: Nathaniel, Kentin ed i gemelli Alexy e Armin. Il primo era il delegato di istituto, insieme alla prima delle cinque ragazze che avevo precedentemente nominato. Mi era capitato di parlarci solo una volta, per pura urgenza, avevo bisogno di una mano per finire il completamento dell'iscrizione. Prima di varcare la soglia della nostra classe, l'aula A, un ragazzo nel corridoio mi fischiò. Lo guardai, con quanto più disprezzo e odio potevo mandare, tramite un'occhiata. Andai lì a grandi falcate, lo vidi ghignare.
- “Che problema hai, bifolco!?”- Urlai praticamente, il ragazzo di fronte a me aveva un commentabile color rosso, che gli pervadeva tutti i capelli. Non era della mia classe, infatti si stava recando presso l'aula B. Aveva un abbigliamento aggressivo, come la sua espressione. Indossava, stretti pantaloni neri che, lo fasciavano, una maglietta rossa con un teschio, ed il classico giubbotto da macho, nero di pelle. - “Apprezzavo soltanto...”- Lo disse, con un tono così ammiccante che, mi sentii sporca, come se mi avesse denudata con gli occhi.
- “Sei davvero un cafone, alle pecore si fischia.”- Incalzai incazzata.
- “Mi scusi, dolcezza.”- Disse deridendomi. Me ne andai infuriata, mentre mi avviavo ad entrare, mi fischiò ancora dietro, con l'aggiunta di una fragorosa risata. Decisi di ignorarlo e continuare per la mia strada. Era quel genere di ragazzo totalmente inutile e pieno di se, decisamente superficiale.
In classe, ormai nessuno faceva più conto a me, anzi, mi trattavano tutti come se ci fossi sempre stata. L'unico ragazzo con cui potevo parlare tranquillamente era Alexy, essendo omosessuale, non lo vedevo come una minaccia.
- “Margot,”- mi chiamò Rosalya, la guardai, con i miei occhioni verdi.
- “Dimmi,”- dissi semplicemente.
- “Oggi c'è il cambio dei posti, tocca a te, sorteggiare.”- Con ansia, mi avvicinai alla cattedra dove c'erano ancora un paio di bigliettini chiusi. socchiudendo gli occhi, ne afferrai uno.
- “Numero undici.”- Dissi ad alta voce, sommessamente Nathaniel si alzò, spostandosi al posto, dove una volta c'era Rosalya, ormai, mia ex compagna di tavolo. Mi avvicinai nervosa, al mio banco, risiedendomi, il sangue mi bolliva. Guardai il biondo di fianco a me, spalle larghe postura impeccabile, molto curato e, due occhi dorati da togliere il fiato. Ma tra tutti perché proprio un uomo, così attraente e pericoloso! Questa mia breve vita da liceale stava diventando davvero faticosa...

 

 

 

Angolo mioooo
Salve a tutte ragazze, volevo sperimentare qualcosa di nuovo, una storia più complicata. La protagonista come avrete letto, ha seri problemi a relazionarsi con l'altro sesso. Fa palesemente di tutta l'erba un fascio, giudicando tutti gli uomini inutili, bugiardi e arroganti. Ma la nostra eroina, riuscirà davvero a mantenere le distanze da questi “uomini pericolosi” ?
Vorrei avere delle vostre opinioni, fatemi sapere se vi sembra interessante o no!

Un bacione Lesye.

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Capitolo 2
*** Sfida. ***


SFIDA.

 

 


 

Occhi dorati incontravano i miei, spesso, pure troppo. L'ansia lentamente mi divorava, non riuscivo a concentrarmi sulla lezione.
- “Era da tanto che, volevo parlarti.”- Una voce profonda ruppe il silenzio. Quasi indugiò, nel pronunciare quella frase, se non l'avesse detta, mi sarei sentita meglio. Un profondo fastidio mi scosse, non volevo aver nulla a che fare con questi uomini inutili. Sentii uno sguardo maligno poggiarsi sulla mia schiena, subito la drizzai. Piegai il collo, osservando la provenienza di quelle onde negative, Melody. Non mi era mai piaciuta, in questo mese era sempre stata gentile ma, in modo sospetto. Sembrava come se, dietro ad ogni suo gesto garbato ci fosse una ragione o, semplicemente, non riuscivo a comprendere la bontà d'animo incondizionata. Il mio compagno di banco, leggermente con il gomito mi toccò il braccio, rabbrividii.
- “Non toccarmi così, alla leggera.”- Lo sgridai, con voce bassa.
- “Scusa, io...”- Arrossi il biondo, continuando la frase, - “sembravi sovrappensiero.”-
- “Non ti preoccupare per me.”- Aggiunsi, riservandogli una fredda occhiata, dopo distolsi subito lo sguardo, non riuscivo a concentrarmi su di lui. Sentii caldo, spostai i miei lunghi capelli da un lato, poi, impugnai la penna cercando di scrivere svariati appunti su, una lezione di cui non avevo sentito quasi nulla. Lui non parlò più, si limitò a guardarmi di tanto in tanto. Come si spostò, percepii subito un dolce profumo di vaniglia, fin troppo delicato per un uomo, però, non mi dispiaceva. Almeno una nota positiva era che, aveva lo stesso odore di una ragazza.
- “Il tuo profumo.”- Dissi, arricciando il naso, - “è troppo dolce.”- Conclusi, lo ammetto stavo indagando, cercando di restare più discreta e distaccata possibile, magari apparteneva davvero ad una ragazza, forse con una con cui stava.
- “Mia sorella,”- disse, poggiandosi una mano alle tempie in un gesto esasperato. - “Ne ha spruzzato così tanto stamattina che, l'odore mi sarà rimasto addosso.”- Risi, leggermente e delicatamente potandomi una mano davanti alla bocca. Mi regalò un sorriso, - “finalmente, una bella espressione!”- Commentò lui, subito mi fermai tornando seria e composta. - “Mi sono lasciata coinvolgere,”- ammisi con una punta di menefreghismo. Sentì il suo sguardo addolcirsi, - “Anch'io sono sempre freddo con chi conosco poco.”- Mi misi con le braccia conserte, sfoderando una delle mie più dure espressioni, - “Odio gli uomini, è diverso.”- L'osservai attentamente, cambiò drasticamente espressione, spalancando le palpebre e rimpicciolendo le iridi dorate. Per fortuna la campanella suonò liberandomi da quella prigione, cinque ore di scuola erano trascorse, alternandosi tra noia e ansia. Mi scostai rumorosamente dal banco, lasciando Nathaniel lì.
Uscì da scuola passando dal cortile, pochi sapevano che fumavo, presi il pacchetto dalla giacca e portai alle labbra una sigaretta, avevo bisogno di nicotina. Frugai nello zaino, alla ricerca dell'accendino quando, qualcuno l'accese per me. Alzai lo sguardo afferrando la sigaretta tra l'indice e il medio, i miei occhi si poggiarono su Castiel, il ragazzo di stamane. Sapevo già il suo nome, per la sua non bella nominata che circolava in tutta la scuola, il mio sguardo verde brillante si soffermò sul suo grigio scuro, perfino i nostri occhi erano in contrasto.
- “Dolcezza.”- Disse a mo' di saluto, ancora con la piccola macchinetta focaia in mano.
- “Ancora tu?”- La mia voce sembrava leggermente esasperata mentre, con tranquillità assaporavo e sentivo la nicotina entrare in circolo. Iniziai a camminare verso casa, ignorando il rosso che ancora mi seguiva, tenendomi il passo.
- “Sei davvero interessante.”- Disse cercando di sfiorarmi con la mano la guancia, ma mi scostai.
- “Non toccarmi!”- Gli ringhiai contro.
- “Sei diversa dalle altre.”- Constatò, con un favoloso sorriso che, avrebbe fatto sciogliere quasi tutte le donne del pianeta, ma non me.
- “Tu invece sembri il solito stronzetto maschilista che, va a letto con tutte e poi le molla.”- Commentai acida, guardandolo sprezzante. Lui con tranquillità, fece l'ultimo tiro alla sua sigaretta e successivamente la butto nell'asfalto, spegnendola col piede.
- “E' un cliché intramontabile.”- Rise, poggiandomi un braccio sulle spalle.
Mi rizzai a quel contatto indurendomi, lui se ne accorse e strinse di più la presa, in modo che non riuscissi a divincolarmi.
- “Castiel, lasciami,”- sospirai.
- “Altrimenti?”- Disse beffardo, d'un tratto si fermò, guardandomi stordito. - “Come mai sai il mio nome?”- Aveva un sorriso beffardo, che non voleva proprio sparire, anzi, il fatto che io già sapessi come si chiamasse, mentre per lui il mio nome restava un mistero, l'aveva stuzzicato ancor di più.
Avevo ancora più di metà sigaretta accesa, lo presi dalla T-shirt e glie la spensi sopra. Sorrisi e gli diedi un leggero schiaffetto in faccia.
- “Quando ti dico una cosa devi farla.”- Con quel gesto risposi solo alla sua prima frase, ignorando completamente la sua seconda domanda, con un sorriso di scherno me ne andai vittoriosa, lasciandolo là.
- “Sarai mia!”- Mi urlò dietro, anche se non mi girai sentii sulla schiena i suoi occhi puntati.
Per fortuna che non mi aveva seguito oltre, figuriamoci se mi innamorerò mai di lui! Rientrai in casa dove, trovai mia madre sdraiata sul divano a dormire, aveva ancora in mano una tavolozza di colori, l'odore dei pastelli ad olio inebriava la stanza, i pennelli erano posti in modo disordinato dentro il piccolo recipiente che conteneva acqua raggia per sgrassarli. Il suo ultimo quadro raffigurava una natura morta, delle bellissime rose che stavano appassendo, anche su un dipinto gravava la costante del tempo. Sospirai, spalancando le finestre per togliere quel forte odore, presi il mio blocco da schizzi e come facevo di solito iniziai a disegnare. Era una cosa di famiglia, che mia madre era riuscita a trasmettermi, io però adoravo i ritratti, le posizioni e spesso adoperavo carboncini e matite. Mentre mi dilettavo a scarabocchiare sul mio blocchetto, mi soffermai a guardare il corpo esile di mia madre ed, a pensare a quante ne avesse passate per colpa di quello stronzo, subito una forte rabbia mi fece stringere talmente tanto i palmi da rompere la matita che si trovava nella mano destra in due. Mi alzai lasciando il ritratto incompiuto, cercando qualcosa da mangiare nel frigo, presi un'insalata giusto per tenermi leggera. Il mio cellulare vibrò, lo presi controllando il mittente di quel messaggio: -“Rosalya.”- Pronunciai a bassa voce il suo nome, lessi velocemente il messaggio in cui mi invitava ad uscire per provare una nuova pasticceria francese. Sapeva proprio come prendermi, andavo ghiotta per i dolci! Preferivo rinunciare ad un pasto piuttosto che ad un dessert, forse tutti quegli zuccheri compensavano la mia mancanza in amore.
L'appuntamento era per le quattro davanti al negozio del suo fidanzato Leigh che, era proprietario di una graziosa boutique d'abbigliamento. A me andava bene quel luogo perché distava solo cinque minuti da casa mia, nonostante non mi fidassi dell'altro sesso, quel ragazzo mi ispirava fiducia, quindi ero contenta per Rosa. Girovagando per casa il tempo passò velocemente, tra una doccia e una lettura veloce ai testi scolastici, si fecero le quattro e svegliai mia madre che, doveva andare ad aprire la nostra piccola Galleria D'arte. Eh sì, dopo tanti sforzi c'era riuscita, aveva risparmiato tanto per aprire questo piccolo spazio tutto suo, per esporre i sui preziosi dipinti, aveva anche già un buon numero di acquirenti, che andavano a trovarla ad ogni nuovo quadro. Si poteva dire tranquillamente che si stava integrando nel mondo degli affari. Anche io in questo mese qui mi ero rimboccata le maniche, avevo trovato un lavoretto part-time in un grazioso bar e, la paga era decente. Il mio turno attaccava alle cinque e mezza quindi, la mia passeggiata con Rosalya sarebbe stata abbastanza veloce. Infilai dei pantaloni neri aderenti, abbinati con degli stivali del medesimo colore, di pelle e con il tacco quadrato. Con un bel maglioncino color senape, intrecciato davanti, misi in fretta il mio giubbotto di pelle, afferrai la borsetta ed uscii di casa con il cellulare in mano chiamando già Rosa.


ANGOLO MIOOOOOO
Salve ragazze, posto adesso, lo so in ritardo, ma ho preferito scrivere Sweet Amoris!
Mi scuso se ci sono errori ma ho appena il tempo di postarla, domani, o pomeriggio la correggerò. >_>
Chiedo venia, fatemi sapere cosa ne pensate, un bacione Lesye! 

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Capitolo 3
*** Thè o Te? ***


Thè o Te?











Mi sentivo leggermente stretta con le cosce foderate dai pantaloni però, ero di fretta e, con questo vento non mi sembrava il caso di indossare una gonna svolazzante. Mi strinsi tra le spalle per la forte brezza fredda, del resto cosa mi aspettavo da un novembre inoltrato?
Entrai nella calda boutique, piccola e rassicurante, sempre illuminata e piena di vestiti il cui odore di nuovo inondava l'ambiente, insieme al profumo di cannella emanato dal diffusore vicino alla porta.
- “Ciao Leigh! Dov'è Rosa?”- Dissi salutando a gran voce mentre con passo svelto mi avvicinai al bancone.
- “E' andata un secondo nel magazzino, adesso arriva.”- Mi rispose il ragazzo dai capelli corvini, Rosalya aveva buon gusto, questo era certo, sia nei vestiti che negli uomini. Infatti Leigh risultava essere un ragazzo davvero dolce e premuroso, si accorgeva sempre dei dettagli.
- “Ah!”- Parlò di colpo spaventandomi e scrollandomi dai miei pensieri.
- “Che è successo?”- Chiesi preoccupata.
- “Domani arriva il mio fratellino!”- Disse tutto sorridente mentre applicava i prezzi ai vestiti. Chissà come sarà, mi avevano solo accennato alcune cose tipo, che gli piacevano i dolci, che era smemorato, si dimenticava sempre le cose e che aveva un carattere gentile. Sicuramente sarà proprio un bel bambino! Sorrisi di rimando, anche se la cosa non mi toccava quando vedevo la gente felice mi sentivo subito di buon umore.
- “Sicuramente sarà un'amore!”- Commentai, il moro mi guardò stranito.
- “Beh, perché non vieni a conoscerlo domani?”- Non captai subito il suo ghigno sotto i baffi.
- “Certo!”- Esultai allegra.

Nel frattempo Rosa tornò, con un ammasso di vestiti tra le braccia che gettò sul bancone di vetro.
- “Leigh devo uscire, puoi sistemarli tu?”- Chiese, giungendo le mani a mo' di preghiera.
- “Certo amore,”- gli diede un dolce bacio a stampo sulle labbra. Dopo di che c'è ne andammo, osservai Rosalya con ancora indosso la divisa del negozio, era elegante comunque.
- “Non ti sei nemmeno cambiata per la fretta di stare con me.”- Commentai canzonandola.
- “Visto che lavori, sarà una cosa veloce.”- Sospirai a quelle parole, tra nemmeno mezzora attaccava il mio turno.
Mi portò in una pasticceria davvero graziosa in stile anni ottanta, con tanto di cameriere vestite a modo. Tra me e me pensai che, nemmeno se mi avessero pagato oro mi sarei messa una tenuta di un giallo canarino così acceso. Ordinammo un caffè macchiato con diversi dolcetti, al tavolo ci arrivarono muffin di vari gusti; cioccolato, crema, mirtilli e vaniglia, con due ciambelline ripiene di marmellata alla fragola. Mi brillavano letteralmente gli occhi! Per me tutto quello era il paradiso, per giunta ogni cosa era squisita.
Alla fine dell'ahimè sbrigativa sosta, Rosa pagò il conto, da brava testarda si era impuntata ad offrire con la solita frase: - “ti ho invitato io, pago io!”- Chi si poteva mettere contro di lei, solo un folle. A metà strada ci salutammo con un caloroso abbraccio mentre esitante le chiesi:
- “devo portare qualcosa a Lysandro?”- A quella domanda la ragazza sgranò gli occhi.
- “In che senso scusa?”- Notai il suo sguardo confuso.
- “Beh, Leigh mi ha detto che domani arriva il suo fratellino, non so gli compro un giochino?”- A quel punto la ragazza scoppiò dalle risate, reggendosi con le mani la pancia.
- “Si ti prego!”- Esclamò ridendo a crepapelle.
- “Cosa dovrei portargli?”- Domandai, guardandola perplessa per il suo comportamento.
- “ Gli piace scrivere, cerca qualcosa orientandoti su questo.”- Si asciugò una lacrima per le troppe risate. Con la strana sensazione d'esser presa in giro, me ne andai salutandola ancora.

Guardai rapidamente l'orologio, cavolo, ero in ritardo! Mi precipitai di corsa al bar. Anche se ancora il sole non era del tutto tramontato, l'insegna “Caffè Volpini”, era già accesa. Era un antico bar-caffè letterario dove si riuniva principalmente gente calma che leggeva o studiava al portatile, oppure, su i libri. Adoravo quell'ambiente tranquillo, quindi ci tenevo davvero tanto a mantenere quel lavoro. Salutai lo staff e andai negli spogliatoi, aprii il mio armadietto e presi la tenuta. Era un'elegante completo: la gonna era a tubino nera poco più sopra del ginocchio, una camicetta bianca sblusata dentro la gonna e un gilet elegante amaranto. Come scarpe delle graziose pumps basse con un laccetto sulla caviglia, davvero belle.
- “Margot, puoi buttare la spazzatura?”- Mi urlò dall'altra stanza il proprietario.
- “Certo!”- Ribattei finendo di sistemarmi. Mi aspettò fuori dalla porta con in mano in grande sacco nero. - “Sei così bella che, mi dispiace darti questo compito.”- Disse, amareggiato osservandomi.
- “Non si preoccupi, ai suoi ordini,”- risposi asciutta prendendo l'enorme busta e uscendo dal retro. Almeno potevo stare all'aperto. Iniziai con entrambe le mani a sollevarlo, feci un breve pezzo di strada a piedi fin quando non vidi il grosso bidone dell'umido e, gettai la dentro il pesante carico che mi portavo d'appresso, mi scrollai le mani. Un forte rombo di moto mi sfrecciò di fianco, subito intravidi un'ombra rossa. Sgranai gli occhi, non potevo crederci, il ragazzo si fermò al centro della strada frenando di colpo, per fortuna non arrivava nessuno in quel momento. Si alzò la visiera del casco, riconobbi subito i suoi occhi. Mi spostai rapidamente accelerando il passo, nonostante i tacchi entrai abbastanza alla svelta nel locale, nascondendomi. Mi lavai le mani e come il capo volle fui costretta a stare al bancone, in bella mostra. Mi tremavano le gambe, speravo seriamente che non entrasse ma invece, Dio aveva in servo per me una punizione.
Lui. Con il casco appoggiato sotto il braccio, contro il fianco, entrò sicuro di se, giubbotto di pelle, capelli rosso fuoco, t-shirt rock 'n roll, pantaloni neri con cerniere e converse amaranto. Non era proprio adatto per questo locale o forse, non era adatto per nessun posto. Si affrettò venendo verso di me, sedendosi in uno sgabello. Poggiò il casco sulle sue gambe mentre, le sue dita tamburellavano sul bancone in mogano.
- “Dolcezza.”- Il suo tono era indimenticabile, profondo e ostinato.
- “Non chiamarmi così.”- Gli imposi facendo una smorfia di disgusto.
- “Non sapevo che lavorassi.”- Mi guardò sorpreso, squadrandomi con i suoi occhi color cenere.
- “Ci sono tante cose che non sai di me.”- Ribattei stizzita.
- “Sì e, non hai idea di quanto piaccia!”- Mi fece un sorriso sghembo che, sembrava più un ghigno.
- “Allora ordini qualcosa?”- tagliai corto, fissandolo con le mani poggiate su i fianchi.
- “Te.”- Disse mordendosi il labbro, senza dubbio alludeva alla mia persona ma, si sa ci sono molti giochi di parole. Già vittoriosa iniziai a preparargli del thè, quando glie
lo misi davanti scoppiò a ridere.

- “Sei straordinaria!”- Commentò, divertito.
- “Bevi e fai il bravo, è un posto silenzioso questo.”- Lo rimproverai, poggiandogli di fianco una fetta di limone e dello zucchero. Lo vidi spremere leggermente la fettina gialla ma, lasciare da parte lo zucchero.
- “Non mi piacciono le cose dolci.”- Commentò facendomi una linguaccia.
- “ Noi due, non abbiamo nemmeno una sola cosa in comune, sicuramente.”- Commentai fredda.
- “Ma gli opposti si attraggono.”- Così dicendo, mi sfoderò uno dei suoi più sexy sorrisi che, quasi mi venne caldo.
- “Allora cercherò di esserti simile, così ci respingeremo.”- Dissi alzando il sopracciglio e osservandolo mentre soffiava sul thè caldo.
- “Fai tanto il duro ed adesso, sembri una novantenne che fa un break con thè e biscotti.”- La mia acidità era alle stelle, ma solo con lui.
- “Non vedo i biscotti.”- Constatò sorridendomi. Non ero riuscita a trattenermi, davvero. Scoppiai a ridere, portandogli un biscotto ricoperto di cioccolata. Lo vidi fare una smorfia, non appena appoggiai il piattino.
- “Mangialo per me.”- Gli imposi divertita, lui mi guardò con aria di sfida, mi stava scrutando come mai nessuno aveva fatto.
Afferrò il biscotto tra le sue sfilate e lunghe dita, era pronto a portarlo alle labbra. In un gesto netto lo morsicò, lo mangiò con grandi bocconi. I suoi polpastrelli erano imbrattati di cioccolato, si leccò il pollice, mentre il suo sguardo era dritto nei miei occhi verdi smeraldo. Arrossii di colpo, indietreggiando di qualche passo.
- “Dolcezza, se hai queste reazioni così carine mi uccidi. ”- I suoi complimenti se, così potevo chiamarli mi mettevano in soggezione.
- “Quando te ne vai?”- Rimasi fredda, più o meno.
- “A che ora stacchi dal lavoro?”- Mi domandò.
- “Tra mezzora,”- sospirai.
- “Allora me ne vado tra mezzora.”-
Ad essere sincera era abbastanza garbato, non mi aveva disturbato durante il lavoro anzi, stava tranquillo a giocare con il cellulare. Durante questo turno avevo notato un ragazzo che mi fissava in modo strano, era biondiccio, sulla ventina più o meno. Aveva cercato di parlarmi tra un ordine e un altro, ma oltre alla cortesia tra estranei ero rimasta fredda e impassibile. Ma poco mi importava tra cinque minuti il mio turno finiva.
- “Vado a cambiarmi.”- Dissi a voce bassa a Castiel, passandogli vicino.
- “Ti aspetto fuori”- Replicò all'istante.

Tanto sarei fuggita dal retro, era stato con me oggi tutta la durata del mio orario, sarebbe stato troppo lasciarmi riaccompagnare.
Una volta rivestita chiusi di nuovo l'armadietto a chiave, salutai il direttore ed uscii silenziosamente dal retro, mi aggiustai la borsetta in spalla ed aprii la grossa porta blindata. Ad aspettarmi fuori era quel losco tipo di prima, mi guardava appoggiato al muro.
- “Ciao Margot! E' da tanto che ti osservo.”- Ammise quasi con la bava alla bocca. - “CHE VUOI?”- Gli urlai contro cercando di allontanarmi ma, avevo le spalle al muro.
- “Sei così bella, mi sei piaciuta subito!”- Disse afferrandomi e cercando di baciarmi.
- “CASTIEL!!”- Urlai di nuovo, presa dal panico e dalla paura. - “Castiel..”- Piagnucolai ancora, cercando di respingere quell'uomo il più possibile, ma la sua presa era troppo forte.
Come una furia, la sua chioma rossa mi sfrecciò davanti con veemenza, tirando un pugno così forte a quell'individuo da, scaraventarlo a terra.
- “TI AMMAZZO BASTARDO!”- Continuò imperterrito salendogli di sopra senza dargli la possibilità di alzarsi e, colpendolo a più non posso, con dei cazzotti sul volto. Dentro di me volevo che gli facesse così male da cambiargli i connotati da, non farlo riprendere mai più ma, quando vidi le nocche di Cass diventare rosse ed imbrattate di sangue decisi di fermarlo, afferrandolo dal giubbotto e tirandolo delicatamente. Lui si bloccò a quel tocco con ancora la mano a mezz'aria. - “Basta,”- riuscì a dire soltanto, con un filo di voce. Si alzò abbracciandomi più forte che poteva, cercai di divincolarmi ma, con poca convinzione.
- “Ti porto a casa, da adesso in poi ti verrò sempre a prendere.”- Senza volerlo, iniziai a tremare, avevo ancora paura, annuii, senza pensarci per la prima volta mi abbracciai ad un ragazzo. Sentivo che qualcosa in me, stava lentamente cambiando ma, non riuscivo a capire quale parte di me. Intanto il mio cuore non smetteva di battere forte.

 

 

Angolo miooooo

Salve ragazzotte è da un po' che non aggiorno, spero vi piaccia il nuovo capitolo! Vorrei tanto ricevere i vostri pareri quindi, recensiteeeee

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Capitolo 4
*** Casini e scherzi. ***


CASINI E SCHERZI.










Mi rigirai nel letto, ormai al sicuro. Non mi sembrava vero tutto quello che era appena successo.
- “Accidenti,”- digrignai a denti stretti, ormai ero nella mia stanza, non avevo neppure acceso la luce, mi crogiolavo nella penombra. Mi sembrava surreale, Castiel mi aveva accompagnato in moto fino a casa e, con un gesto inaspettato ed elegante mi aveva dato il suo casco. Mi dava un fastidio enorme quell'aver avuto bisogno di lui, in quel momento. Avrei solo voluto urlagli un “lasciami in pace” e, dileguarmi nel nulla, ma purtroppo il fato volle che, il mio stato confusionale dopo un “quasi stupro”, se possiamo proprio chiamarlo così, non mi permise nemmeno di spostarmi di un millimetro. Mi sentivo una debole.
Mentre eravamo in moto, mi ero accasciata con il viso contro la sua schiena ed avevo pianto silenziosamente. Odiavo piangere, ancor di più vicino a qualcuno. Ho una calamita per i guai e, per le situazioni difficili. Mi aveva lasciato sotto casa, ed aveva anche approfittato di quello stato di caos nella mia mente per, scoccarmi un bacio, semplice a stampo. Volevo sciogliermi nell'acido. L'avevo guardato con sguardo confuso, mentre soddisfatto mi sorrideva, come se avesse vinto un premio raro. Senza dire nulla, me ne andai, in un gesto apatico e automatico, come se quello che aveva fatto, non fosse mai successo. Salita in casa mi sciacquai la bocca svariate volte, strofinando la superficie delle labbra con il sapone.
- “Bastardo.”- Urlai ancora, guardando il soffitto della mia camera.
Glie l'avrei fatta pagare, in un modo o nell'altro. Mi ero sentita usata, soltanto perché mi aveva aiutato, non significava che poteva prendersi una ricompensa così preziosa come, il mio primo bacio.
Decisi di dormirci su, meditando sul da farsi. Domani mi sarebbe toccato anche il turno lavorativo subito dopo scuola, me l'ero fatto spostare per incontrare il fratellino di Leigh. Chissà quanto sarebbe stato carino, sicuramente con i capelli neri e gli occhi scuri. Non vedevo l'ora di incontrarlo, i bambini mi facevano sempre tanta tenerezza. Con un pensiero felice, mi addormentai.

Il mio umore ondeggiava, oggi mi sentivo nervosa in modo strano, mi si contorceva lo stomaco e non vedevo l'ora di incontrare Castiel. Mi preparai, indossando una minigonna nera di pelle, calze spesse dello stesso colore, con degli anfibi borchiati sulle punte ed una maglietta a maniche lunghe che però, lasciava l'ombelico scoperto. Mi presi il giubbotto di pelle e lo zaino, come una furia mi precipitai fuori dalla porta, salutando brevemente mia madre.

La colazione l'avrei fatta al bar vicino alla scuola, che, raggiunsi dopo quindici minuti di camminata veloce.
Ero arrivata mezzora prima, un record per me che, al massimo riuscivo sbrigarmi pochi secondi prima del tintinnio della campana scolastica. Presi posto in un tavolino con due sedie, e poggiai subito la borsa sull'altra per non avere scocciatori. Ordinai un cappuccino ed un cornetto, mangiai di buon'umore, era dolce ed al cioccolato. Soffiai più volte sul cappuccino che ancora bruciava, mentre il mio sguardo si soffermò su un ragazzo. Confuso dalla gente presente nel bar, non aveva un angolo libero per poggiare la sua tazza di caffè. Pensai che avrebbe fatto meglio ad ordinarlo d'asporto. Notai il suo abbigliamento, sembrava antico, come quei pomposi abiti vittoriani ma, solo la giacca con tutti quei bottoni me li ricordava. Osservai i suoi capelli, argentei e più lunghi da un lato, mi piacevano. Sembrava un soggetto intrigante e totalmente diverso da tutti gli altri. Come se si risvegliasse da un coma, mi guardò, notando che il posto difronte a me era l'unico ancora libero. Imprecai così tante volte nella mia mente che forse, avevo nominato tutto il calendario santo. Tolsi lo zaino dai piedi e gli lasciai la sedia, con cortesia prese posto.
- “Grazie.”- Disse brevemente, la sua voce era profonda come il suo sguardo che adesso notavo, era davvero particolare, bicolore. Estrasse dalla tasca interna della giacca un taccuino tutto nero e, senza disturbarmi iniziò a scrivere. Di sottecchi mentre sorseggiavo il mio cappuccino ormai freddo, lo fissavo. Strano ammetterlo ma, era davvero bello. Osservavo tutto di lui, le sue lunghe ciglia nere, il modo in cui impugnava la penna, o come portava la tazzina del caffè alle labbra. C'era qualcosa di diverso, di...Distante da me, o da qualsiasi altra persona.
Dopo quindici minuti, finì ciò che gli era rimasto, nella foga dello scrivere aveva strappato e appallottolato una pagina che lasciò sul tavolo.
- “Grazie per il posto.”- Disse semplicemente, sorridendomi con quei suoi denti bianchi.
- “Prego,”- mugugnai ancora incanta mentre, lui se ne stava andando.
Come una ladruncola, afferrai quel foglio stropicciato e cercai di lisciarlo contro il petto e con le mani. Questa era invasione della privacy ma, non me ne fregava nulla, mi sentivo troppo curiosa.
All'interno con enorme stupore vi trovai una poesia.

Un sorriso m'increspa le labbra,
mentre un sapore pungente mi
pervade la bocca...

Mi possiedi,
io non resisto;
mentre ascolto un'eco lontano
di cavalli al galoppo..

No, non esistono parole
per descrivere quel tuo odore
speziato che penetra nella
mia pelle,
che mi completa, lasciandomi
senza respiro....

E poi era tutta stracciata e cancellata con l'inchiostro nero. Con cura ripiegai il foglietto e lo posai nel portafoglio, per conservarlo.
Andai a pagare il mio conto ma, qualcuno l'aveva già saldato. Sorrisi, per la prima volta in questo inizio giornata.
Con tutta la calma del mondo uscita dal bar, presi una sigaretta e me la portai alle labbra, assaporando con gusto il sapore della nicotina, in questi giorni avevo fumato davvero poco e, mi mancava. Sentii una risata fastidiosa, di scherno.
- “Che fai, mi aspetti?”- Proclamò una voce che, avevo riconosciuto già in lontananza.
- “Certo amore!”- Gridai euforica, stringendo la sigaretta con forza tra le labbra mentre, un bello schiaffo caricalo lo colpì sul volto.
- “Questo faceva male.”- Commentò incupendosi.
- “Bastardo, mi hai baciato ieri.”- Protestai, gettando la sigaretta a terra .
- “Mi sembrava troppo strana la tua reazione passiva, mi aveva quasi annoiato!”- Constatò euforico.
- “Prova a baciarmi adesso, porco! Ti spacco la facci...”- Non feci in tempo a continuare che, prese i miei insulti come un invito nel rifarlo. Mi afferrò dai polsi con forza
e, chiudendo gli occhi, mise fine alla distanza delle nostre labbra.

Quando mi mollò contento di esserci riuscito, gli arrivò un'altra sberla, sempre sulla stessa guancia, la quale era completamente rossa come i suoi capelli.
- “Anche per oggi, ho preso la mia dose di nicotina.”- Alluse alle mie labbra e, mi fece una linguaccia.
- “Sei il peggiore tra tutti gli uomini!”- Aggiunsi irritata e gli graffiai la guancia ancora sana, andandomene come una furia.
Tra tutti gli uomini stupidi proprio il più stronzo mi doveva rompere le scatole. La rabbia mi stava divorando, lo odiavo. Faceva un'azione tenera e diecimila che invece
mi infastidivano.

Furibonda entrai in classe, sbattendo la porta. Nathaniel era già lì, seduto che leggeva dei fascicoli ed al rumore sobbalzo.
- “Margot.”- Disse semplicemente, sorridendomi gentilmente.
- “Nath, sono di cattivo umore, perciò.”- Annunciai già, in modo da avvertirlo.
- “Avevo intuito dallo schiaffo che hai lanciato all'entrata.”- Ma come diavolo faceva a sapere sempre tutto.
- “Beh a meno che tu non voglia il resto, non tormentarmi.”- Fece una smorfia.
- “Come sei complicata.”- Aggiunse tornando su i suoi moduli. Nathaniel riusciva ad essere pacato e tranquillo ma, non per questo l'avrei trattato diversamente. Presi posto rumorosamente e accavallai le cosce, scoprendole ancor di più.
- “Preferibilmente, vestiti di più la prossima volta.”- Commentò sospirando il mio abbigliamento.
- “Preferibilmente, non stressarmi.”- Gli feci l'eco.
- “E' inutile sfondare un muro con la testa.”- Mi schernì.
- “Di che parlano questi moduli?”- Chiesi curiosa.
- “Gita.”- Disse abbozzandomi un sorriso sghembo, sapevo che non mi avrebbe aggiunto altro quindi, non gli diedi nemmeno da soddisfazione di chiedere.
La nostra conversazione finì qui, per tutta la giornata.


Col rintocco dell'ultima campanella, mi stiracchiai scomparendo velocemente dall'aula. Dovevo subito andare al lavoro. Mi sentivo a pezzi ma almeno, sgattaiolando presto non avrei visto Castiel.
Per la prima volta, dopo un bel po' di tempo mi fumai con calma una sigaretta ed andai a lavorare.
Raccontai cosa successe la volta precedente al lavoro ed, il capo mi spostò definitivamente l'orario lavorativo a questo: dalle 13:30 alle 16:00.
Durante queste interminabili ore a pulire bicchieri e fare caffè, mi ritrovai stranamente a pensare che, al ragazzo di oggi gli sarebbe sicuramente piaciuto questo antico bar. I suoi vestiti si sarebbero trovati bene. Finito il turno, mi cambiai rapidamente, ancora dovevo passare a comprare un giocattolo per il piccolo Lysandro. Svelta mi recai da Balzar che, vendeva un po' di tutto, sinceramente non avevo proprio idea di cosa comprare. - “Gli piace scrivere...”- Mormorai tra me e me. Notai un set di penne in stile antico, mi piacquero subito. Le presi, alla fine non sapevo di preciso quanti anni potesse avere questo “fratellino,” magari cinque come anche undici e, magari gli interessavano i cimeli. Presi anche dei dolcetti, con quelli si andava sul sicuro, sempre. Quasi saltellante mi diressi alla boutique, che aveva due graziosi palloncini verdi appesi fuori.
- “Salve!”- Urlai trionfante, sventolando il pacchettino regalo e tenendo saldamente i dolcetti.
- “Margot!”- Mi abbracciò Rosalya. - “Sei scappata oggi!”- Aggiunse.
- “Scusa, avevo il lavoro, mi hanno spostato il turno.”- Dissi, lasciandogli il vassoio.
Salutai Leigh che, stava aprendo una bottiglia di succo per versarcelo.
- “Dov'è Lysandruccio?”- Il mio tono era felice ed euforico, fin quando una voce profonda mi destò.
- “Sono qui.”- Disse il ragazzo che avevo incrociato sta mattina nel bar, adesso aveva un'espressione sorpresa e teneva in alto un sopracciglio.
Leigh e Rosa scoppiarono a ridere, meno male che non gli avevo preso “il mio diario segreto”, altrimenti mi sarei sotterrata.
Subito intervenne Rosalya poggiandogli una mano sulla spalla anche se, dato che era molto alto, dovette allungare completamente il braccio.
- “Gli avevamo fatto credere che, fossi un bambino!”- Disse la ragazza ancora con le lacrime per le risate. Questa non glie l'avrei perdonata tanto facilmente.
- “Scusa,”- intervenne Leigh.
Il mio sguardo confuso si spostò su tutti all'interno della stanza.
- “Tieni.”- Gli porsi il regalo che, mi era costato anche un bel po'. - “Ah e, grazie per la colazione.”- Aggiunsi imbarazzata da morire.
- “OH MIO DIO!”- Intervenne Rosa urlando entusiasta e saltellando dapertutto. - “Vi siete già conosciuti! E' destino, è destino!”-
- “Sei troppo rumorosa.”- Constatò l'albino, scartando con cura il regalo ed aprendolo. - “Sono stupende!”- La sua espressione mi mise a disagio, era così felice.

Concluso tutto il trambusto del primo incontro, i due innamorati se ne andarono nel magazzino, a smistare i nuovi pacchi di vestiti appena arrivati.
- “La tua poesie era davvero bella.”- Commentai stranamente, rompendo il silenzio io, per prima. La frase che uscì dalla mia bocca spiazzò sia me che lui, mi guardava con occhi sgranati. Cosa diavolo mi stava succedendo, presa dal panico raccolsi le mie cose e rossa in volto me ne andai, salutando con un “ciao”. Non gli avevo dato il tempo di replicare e, nemmeno la volevo una risposta.
 Tutti questi maschi pericolosi mi stavano circondando, non avrei mai pensato che, a 19 anni mi sarebbero successi così tanti casini! Con ancora il cuore a mille, mi rintanai di corsa a casa. E con il fiatone mi accovacciai contro la porta.


Angolo miooooo

Salve ragazze, vorrei davvero sapere i vostri pareri al riguardo di questo capitolo forse, un po' troppo lungo. Non mi sento più le dita! >___< Con quale ragazzo secondo voi Margot starebbe meglio? Fatemi sapere. 

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Capitolo 5
*** Sorelle E Incontri. ***


Sorelle E Incontri.















Feci davvero fatica ad addormentarmi, quella notte mi girai e rigirai nel letto. Mi sentivo strana, il cuore non aveva smesso di sussultarmi e, anche a cena con mi madre ero diversa. Avevo un velo di imbarazzo che, mi era calato da quando me ne ero andata dall'atelier. Sentivo un groppo in gola quando, pensavo a Lysandro. Il suo nome, risuonava davvero in un modo strano nella mia testa, mi faceva fare blackout. Prima di dormire, con la sola luce del cellulare rilessi più volte la sua poesia, immaginando almeno quattro finali diversi. Poi il vuoto, con ancora quel pezzo stracciato tra le mani calai nelle braccia di morfeo.
Era piuttosto raro svegliarmi in una posizione decente, infatti non avevo nemmeno incasinato le coperte, miracolo. Mi alzai svogliatamente, non mi sentivo per niente fortunata oggi. Mi sbrigai nel bagno, passando la solita routine quella che, ormai si ripeteva da sempre; doccia, capelli, trucco.
Poi, mi misi davanti all'armadio con le mani poggiate su i fianchi, ad osservane il contenuto. Non avevo idea, non sapevo proprio che mettere.
Il mio sguardo passò alla finestra, il tempo era davvero nuvoloso. Presi una di quelle felpe lunghe XXL che, mi arrivava alle ginocchia. Mi sentivo protetta e al caldo, ci infilai di sotto delle calze nere e misi gli anfibi con le borchie sulle punte. Siccome il giubbotto di pelle non entrava con quel felpone, presi il parka. Prima di scendere al piano di sotto mi osservai allo specchio, i miei lunghi capelli biondi erano arrivati oltre l'ombelico e, lisci facevano davvero un bell'effetto. Mi spostai dalla stanza contenta, scollando ogni tanto la testa per vederli oscillare, quando mi accorsi che mia madre mi stava osservando.
- “Sembri allegra!”- Constatò felice mentre, poggiava sul tavolo una tazza di caffè fumante.
- “Non più del solito.”- La contraddissi, sedendomi ed afferrando il recipiente caldo.
- “Finalmente oggi riusciamo a fare colazione insieme.”- Disse, mentre si spostava freneticamente pulendo il bancone della cucina.
- “Come va la galleria?”- Chiesi, assaporando il dolce caffè della mattina, quello che ti carica, nulla era meglio del primo.
- “Benone, dovrei iniziare a lavorare a nuovi dipinti.”- Per tutti questi anni, sentivo sempre l'odore della tempera addosso a mia madre. Ormai era diventato il suo
profumo, una parte di lei.

- “Non ti stancare troppo, comunque adesso devo scappare!”- Mi mossi rapida, dandogli un bacio sulla guancia.
- “Ah, vero! Il tuo fidanzato ti stava aspettando fuori.”- Mi ghiacciai a quelle parole.
- “Cosa?!”- La guardai, con gli occhi spalancati.
- “Tranquilla, alla tua età anche a me piacevano i ribelli!”- Disse con aria sognante e rievocativa. Senza calcolarla quasi, scappai fuori afferrando lo zaino.
Castiel era lì, appoggiato contro la sua moto. Aveva il naso rosso per il freddo ed era stretto tra le braccia, le quali erano incrociate al petto. Respirai a fondo e mi avvicinai a lui, acchiappandolo dal colletto della maglia. Era rimasto impassibile, anche a quel contatto brusco e improvviso.
- “Cosa hai detto a mia madre?!”- Il mio tono era irritato e, non nascondevo il fastidio per quella invadenza.
- “Sono arrabbiato.”- Disse semplicemente, sbrogliando le sue braccia e passandole dietro la mia schiena.
- “Non me ne frega,”- lo guardai male, - “e non toccarmi.”- Conclusi cercando di divincolarmi.
- “Sei più fredda di un iceberg.”- Constatò ignorando ciò che gli avevo detto, mi poggiò la testa sulla spalla, come segno d'arresa. - “Non mi hai avvertito del cambio di turno,”- continuò imperterrito, - “ieri sono passato ma, non c'eri.”-
- “Perché non ti riguarda.”- Sospirai, avevo intuito che, dell'altro lo stava infastidendo ma, non volevo impicciarmene.
- “Voglio sapere tutto di te.”- Disse, con tono stranamente pacato.
- “Non ne hai il diritto Castiel, non sono tua, non ti riguardo, non siamo nemmeno amici.”- Lo sapevo, sembravo una stronza ma, non volevo attaccamenti da parte di nessuno né tanto mento da lui, così volubile, pericoloso e incomprensibile.
- “Lo sarai.”- Replicò sicuro, mentre sciolta da quell'abbraccio presi una sigaretta e me la portai alle labbra, come già successo l'accese per me. Gli sfilai dalle mani il clipper e l'osservai, era nero opaco con un piccolo teschio bianco. Sorrisi senza accorgermene, era da lui.
- “Te lo regalo.”- Bisbigliò guardandomi, mentre, ancora stupita fissavo il piccolo accendino.
- “Non voglio essere in debito di nulla.”- Dissi, tornandolo al proprietario. Lui non lo prese e, propose, - “allora dammi il tuo.”- Tecnicamente quello scambio non aveva senso ma, per l'amor della pace e nella speranza di concludere lì, accettai. Il mio, era in bic, piccolo e semplice, di un solo colore: lilla. Lo prese, senza badarci troppo e se lo infilò in tasca, prima che potessi ripensarci, feci lo stesso col suo.
- “Dobbiamo andare a scuola.”- Il mio tono si fece severo, mentre lui metteva le catene alla moto, bloccandola. Mi incamminai, ignorandolo, cercava di tenere il mio passo.
Era davvero strano il tutto! La situazione in sé scocciante ma, allo stesso tempo leggermente divertente, Castiel era un tipo non classificabile, non potevi semplicemente infilarlo in una categoria, perché riusciva sempre a farti cambiare idea e, da un momento all'altro ti ritrovavi ad osservarlo con occhi diversi come se, fosse la prima volta. Quando stavo in sua compagnia mi sentivo diversa, non ero più io, nel senso, quando lo vedevo fumare avevo voglia di smettere, mi piaceva ed infastidiva il suo modo di farlo, sopratutto come aspirava e inspirava, riusciva a far passare il fumo dalla bocca, al naso. Inoltre mi pentivo quando indossavo qualche capo di pelle, mi ricordava il suo modo di portarlo. Volevo essere il più diversa possibile da lui ma, eravamo davvero simili e, questo mi spaventava. Il bisogno di respingerlo mi dominava ad ogni suo contatto, non mi sentivo a mio agio. Senza rendermene conto, lo stavo fissando. Naso dritto e perfetto, ciglia folte, labbra sottili ma graziose, anche quel taglio appariscente non mi dispiaceva. Cercai di distogliere subito lo sguardo ma, se ne accorse.
- “Dolcezza, vuoi dirmi il tuo nome?”- Tastò il terreno.
- “Non ti cambierebbe la vita.”- Commentai acida, come al solito.
- “Non hai idea della voglia che ho, di sbatterti fino a farti urlare basta.”-Riprese, perverso ammiccandomi un sorriso.
A quelle parole sentii un brivido lungo la schiena come se qualcuno ci avesse fatto scorrere un dito freddo lungo tutta la lunghezza della colonna vertebrale.
- “Se è un basta che vuoi, non hai bisogno di sbattermi, te lo dico qui e ora : BASTA.”- Urlai l'ultima parola e, accelerai il passo ormai vicina alla scuola entrando prima di lui.

Corsi all'armadietto, il mio umore stava peggiorando, presi dei libri e sospirando li infilai in borsa. Un colpo sordo distolse la mia attenzione, una bionda ossigenata si diresse verso di me seguita da altre due ragazze. Sentii subito un forte odore di vaniglia, mi sembrò famigliare.
- “Sei tu quella che ha graffiato Cassyuccio?”- Il suo tono era da oca giuliva mentre, mi guardava dall'alto in basso.
- “Non sono affari tuoi, Barbie.”- Commentai stizzita, richiudendo l'armadietto con forza.
- “Vedi come devi parlare, bruttona.”- Civettò mentre, teneva in mano una bottiglia d'acqua.
- “Vedi di non impicciarti.”- Non ero mai stata un tipo troppo rissoso ma, sapevo come difendermi e non mi sarei fatta mettere i piedi in testa, avevo già le scatole piene,
mi aveva beccato in un brutto giorno, per lei.

- “Non avvicinarti mai più a lui.”- Riprese schietta. - “Altrimenti...”- E versò il contenuto della bottiglietta sulla mia testa. Non era la mia giornata fortunata, decisamente.
Presa dalla rabbia, l'acchiappai dai capelli e mi avvicinai verso il bagno, trascinandola. Con una forza che, non sapevo nemmeno d'avere le infilai la testa sotto il rubinetto e l'aprii con il pomello dell'acqua fredda al massimo, mentre si lamentava ed urlava. Infondo un po' d'acqua non le avrebbe fatto male, così suoi bollenti spiriti si sarebbero calmati. Le altre due ragazze erano sparite, ma successivamente capii dov'erano andate.
La preside entrò urlando nel bagno, la bionda aveva il trucco sbavato e i capelli fradici e in disordine ed io, non avevo giustificazioni che tenessero. A raggiungerci correndo venne Nathaniel che, stava di fianco alla direttrice con lo sguardo sbigottito.
- “SIGNORINA MARGOT, IN PRESIDENZA!” - Urlò così forte da, far tremare i vetri. - “E LEI SIGNORINA AMBRA, VADA A SISTEMARSI.”- La cosiddetta Ambra uscii, tenendosi le mani sul volto in lacrime. Non potei far a meno di sorridere, non avevo fatto una bella azione ma, voleva fare la bulla con me, bisogna sempre reagire, alla fine era soltanto un po' d'acqua.
- “Signorina Margot, mi ha davvero delusa.”- Continuò con la ramanzina la preside, Nath stava in silenzio al mio fianco, non sapeva cosa dire o, da che parte stare. - “Dovrei sospenderla.”- Dedusse alla fine.
- “No, la prego, ho sbagliato ma, sono stata provocata!”- Cercai di giustificarmi.
- “E se, restasse con me a badare alla biblioteca? Come punizione.”- Disse il biondo cercando di trovare una soluzione.
- “Allora per un mese intero, dovrai restare a scuola fino alle quattro e, aiutare il delegato con le faccende.”- Era una punizione più accettabile anche se, avevo il lavoro. Senza aggiungere altro se ne andò verso l'ufficio, borbottando.

Feci lo stesso, correndo verso il giardino quando, un polso mi venne afferrato.
- “Nath, mollami...”- Dissi ,con voce tremante per la frustrazione.
- “Margot, ma che hai combinato?!”- Replicò ignorando la mia richiesta.
- “Non ti riguarda, cazzo!”- Avevo le lacrime agli occhi e, con uno scossone mi liberai.
- “Lo sai che è mia sorella, quella che hai ridotto una merda?!”- Iniziava ad infuriarsi anche lui.
- “E' una stronza!”- La insultai con noncuranza
- “Per questo ti ho difeso ma, devi dirmi che è successo.”- Il suo tono diventò più dolce, più affabile.
- “Non lo vedi? Sono fradicia, mi ha svuotato una bottiglia d'acqua di sopra e minacciato.”- Mi misi con le braccia incrociate sul petto.
- “Sì, ma gli hai immerso la testa nel lavandino.”- Commentò accigliato, ma gli comparve un sorrisetto.
Sbruffai, passandomi una mano tra i capelli fradici, ancora Nath mi stava seguendo mentre dal cortine stavamo andando in palestra. Mi soffermai a guardare il campo da basket, Castiel stava giocando.
Non appena si accorse di me, lanciò la palla nel mezzo del campo passandola ai suoi compagni, cerando di raggiungermi. Nathaniel fece una faccia strana e, spingendomi dalle spalle mi indirizzò velocemente agli spogliatoi.
- “Che problema hai?”- Dissi seria guardando il biondo che, aveva un'espressione attenta e vigile.
- “Non mi piace Castiel.”- Mi rispose brevemente.
- “Beh, mi devo cambiare davanti a te?”- Mi sollevai la felpa mostrandogli tutte le cosce, velate dai collant. Non mi sentivo in imbarazzo con il mio corpo quindi, non mi dava fastidio, trovato tutto naturale, bastava che non mi toccasse.
- “M-ma cosa fai?!”- Borbotto imbarazzato il ragazzo il quale, era diventato rosso in volto.
- “Come se non sapessi già com'è il corpo femminile.”- Risposi stizzita, lanciandogli la felpa in faccia, restando in intimo e calze.
- “Margot ma, non ci pensi alle conseguenze?!”- Si alterò, dandomi la schiena.
Poteva anche uscire, non lo stavo mica trattenendo la dentro.
Mi asciugai con il phon i capelli umidi, avevo solo la tuta orrenda ma, la indossai.
- “Puoi girarti adesso.”- Lui fece come gli ordinai, aveva ancora le goti colorate.
- “Possiamo andare?”- Riprese.
- “Potevi andartene pure prima!”- Dissi, avanzando ed uscendo dagli spogliatoi.
- “Non hai il senso del pudore, se fosse entrato qualcun altro e, avrebbe cercato di metterti le mani addosso? ”- Commentò asciutto.
- “L'avrei steso.”- Dissi sicura.
Nathaniel mi afferrò dai polsi, mi fece sbattere con la schiena contro il muro con forza, bloccandomi in una stretta salda, il mio corpo non rispondeva, non riuscivo a muovermi.
- “Non sottovalutare gli uomini.”- Mi rimproverò, lasciandomi. Mi sentii spiazzata con il cuore che batteva a mille, sia per non essermi difesa sia per qualcos'altro di indefinito.
Non avevo mai notato questo lato, diciamo che non avevo proprio mai preso in considerazione Nathaniel come ragazzo, l'avevo sempre sottovalutato considerandolo inoffensivo. Lasciandomi interdetta lui se ne andò. Per il resto della giornata cercammo di non parlarci più, incrociai un paio di volte Ambra anche lei in tuta, le sorrisi sempre.

 

Mi toccava la punizione, siccome i miei vestiti si erano asciugati me li ricambiai.
Con passo lento mi avviai verso la biblioteca mentre, tutti gli altri stavano uscendo per andare a casa, mi era toccato anche avvisare il capo. Per questo mese mi aveva sospeso dal lavoro, non avrei percepito lo stipendio ma, non mi avrebbe licenziato.
- “Dolcezza.”- Mi richiamò una voce famigliare.
- “Castiel, lasciami stare.”- Dissi esausta, voltandomi per guardarlo. Non credetti ai miei occhi, accanto a lui c'era Lysandro. Ma come mai era in questa scuola, ma sopratutto perché era con Castiel?!


Angolo miooo
Vorrei ringraziare tutte le ragazze che mi seguono, vi adoro, vi amo ed un bacio a tutte! Come vi è sembrato il calmo Nath?! Secondo voi potrebbe coinvolgere Margot? Come sempre vi chiedo di lasciare un piccolo commentino, magari aggiungendo qual'è il vostro ragazzo preferito! Un bacione Lesye!

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Capitolo 6
*** Libri. ***


Libri.








Il mio sguardo confuso si poggiò prima sul rosso e poi sull'albino. Mi sentivo al settimo cielo, stranamente.
- “Lysandro...”- Mormorai allibita.
Il suo sguardo si fece gentile quando si poggiò su di me. Mi sembrava strano persino pronunciare il suo nome, ogni volta che l'osservavo per me era come la prima, non che l'avessi visto così tante volte ma mi faceva sempre un certo effetto.
- “Margo',”- mi chiamò soavemente con la sua voce profonda, subito mi sentii accaldata. La doccia fredda che mi aveva fatto Ambra, non mi era bastata evidentemente.
Castiel si intromise letteralmente tra di noi separandoci, scrutò Lys con fare sospetto, i loro occhi si scontrarono silenziosi.
- “Da quando vi conoscete?”- Ringhiò con veemenza.
Subito presa dall'imbarazzo mi misi a gesticolare con le mani, avevo il volto rosso e le dita tremanti.
- “Qualche ora...”- Intervenni.
- “Da ieri, ”- ribadì l'albino con fermezza e freddezza.
- “Sì, sì!”- Confermai ondeggiando su e giù sui talloni con fare bambinesco. Mi sentivo una completa idiota ed il mio cervello era andato il tilt, mi morsi le labbra in un gesto nervoso osservando i due amici.
- “Com'è che lui sa come ti chiami ed io no?”- Intervenne Castiel, il suo tono era più acido di uno yogurt scaduto.
- “Di norma ci si presenta, non ci si fischia contro!”- Strillai esasperata, portandomi una mano ai capelli, ancora un po' umidi.
- “Davvero ti ha fischiato dietro?”- Chiese sorpreso perfino Lys, sgranando gli occhioni etero cromatici.
- “Non puoi capire, quel giorno era favolosa.”- Ammise senza imbarazzo alcuno.
- “Sì ma non puoi fischiare dietro alle donne!”- Senza volerlo Lysandro rise, sembrava anche a lui surreale come approccio, in quel momento e con quella frase confidenziale, capii subito il rapporto di profonda amicizia che c'era tra di loro, sicuramente si conoscevano da tempo.
- “Purtroppo è piatta come una tavola da surf...”- Intervenne sospirando come se il problema fosse il suo.
- “Punto primo, sono ancora qui!”- Protestai alzandogli il dito medio, - “ e secondo, sei un porco.”-
Castiel mi aveva messo in imbarazzo, avevo le guance rosse e avrei voluto sprofondare, quei commenti se li poteva risparmiare in mia presenza.
- “Andate sempre così d'accordo voi due?”- Domandò accigliato Lysandro. Senza rispondere strinsi le braccia al petto. -“Devo andare, sono in punizione, da adesso in poi lavorerò con Nathaniel in biblioteca. ”- Sbruffai violentemente.
- “Con il delegato?”- Brontolo il rosso digrignando i denti, aveva stampato in faccia un'espressione di disappunto.
- “Sì, ti crea qualche fastidio?”- Lo punzecchiai acida.
- “Margot, posso stare con te?”- Mi domando Lysandro guardandosi intorno, il corridoio si era letteralmente svuotato ed eravamo rimasti solo noi. L'albino con una mano si spostò il lungo ciuffo di capelli dietro l'orecchio, aveva le guance rosse, probabilmente per la domanda precedente che sembrava un invito a trascorrere del tempo insieme.
- “Lysandro, vieni da me a fare le prove della band!”- Protestò il rosso che sprizzava rabbia e onde negative da tutti i pori.
- “Mi piacerebbe stare con te.”- Miagolai guardando l'albino, a questo punto doveva scegliere, per un attimo sperai implorando tutti gli Dei per una grazia.- “Devo solo noleggiare un libro, poi ti raggiungo Castiel.”- Sentenziò il giovane.
Mi sentivo come una bambina, Lysandro era riuscito ad accontentarci entrambi, la sua mossa era stata estremamente matura e strategica. Avrebbe sia passato del tempo con me che con l'amico.
Castiel si allontanò con le mani intasca, farfugliando e brontolando sicuramente insulti.
Restare da sola con Lysandro mi metteva a disagio, lui sembrava tranquillo ed impassibile, non riuscivo a comprenderlo.
Quel cupo silenzio che si era creato era ricco di imbarazzi, decisi che io per prima avrei dovuto parlare. La prima domanda ovvia mi sembrava anche la più lecita.
- “Frequenti da tanto questa scuola, oppure ti sei trasferito adesso?”- Farfugliai imbarazzata.
- “In realtà sono qui dal primo anno, soltanto che per questioni famigliari ho iniziato questo in ritardo.”- Concluse, e con un gesto galante mi aprì la porta della biblioteca facendomi entrare per prima.
Nathaniel mi stava aspettando con le braccia conserte, la sua espressione era già irritata ma, quando vide un ragazzo al mio fianco sbottò d'ira.
- “Io ti salvo da una sospensione e tu arrivi pure in ritardo?!”- Disse alterato con un gesto nervoso, posò un libro nello scaffale quasi lanciandolo.
- “Scusa Nath mi ero fermata a parlare.”- Non potevo neanche controbattere, ero dalla parte del torto.
- “Non ti sembra di esagerare?”- Constatò con tono freddo Lys.
Il biondo si passò una mano tra i capelli scompigliandoli, le sue goti si erano tinte di rosso per la sfuriata precedente, si poggiò brusco contro uno scaffale.
- “Scusa Margot,”- riprese sospirando.
Mi sentivo strana, ero felice ma allo stesso tempo dispiaciuta. La prima derivava dal fatto che Lysandro mi aveva difeso e la seconda perché Nathaniel aveva ragione, dovevo prendere la punizione più seriamente.
- “Comunque,”- si schiarì la voce l'albino,- “Stavo cercando Dracula di Bram Stoker, per caso è disponibile?”-
- “Sì, se vai a guardare nella sezione folclore dovresti trovarlo subito.”- Tornò serio il biondo che si avvicinò a me.
Lysandro si immerse tra i corridoi formati dai libri, scomparendo dalla nostra vista.
Afferrai delicatamente un lembo della maglietta blu di Nath, lo sentii irrigidirsi e fermarsi.
- “Nathaniel, mi dispiace davvero molto, tu mi hai difeso e ti sei messo contro tua sorella, mi dispiace.”- Sussurrai, in un modo quasi impercettibile.
In un gesto strano e inaspettato vidi prima il suo volto mutare in un'espressione desolata, quasi afflitta, poi mi abbracciò stringendomi bruscamente tra le sue braccia e contro il suo ampio petto.
Il suo profumo sta volta era diverso ed intenso, l'odore di colonia si insinuò nelle mie narici.
Non riuscivo a comprendere se quel gesto mi infastidiva o mi piaceva, sentii la mia pelle andare a fuoco, lui era bollente e le sue braccia così accoglienti e forti.
- “Scusami, scusami..”- Si strinse ancora di più a me, - “non volevo attaccarti.”-
Non ricambiai l'abbraccio ma gli permisi di toccarmi e per me era già tanto, quando mi liberò lo guardai intensamente perdendomi i quei occhi dorati.
- “Non fa nulla.”- Sussurrai continuando a squadrarlo, lui avvampò e le sue guance si colorarono.
- “Dobbiamo sistemare dei libri.”- Si allontanò frettolosamente dirigendosi verso un'alta pila.

Spostandomi tra gli scaffali ogni tanto davo un'occhiata a Lysandro che stava leggendo, era perfetto ed emanava un'aria elegante e tranquilla. Era seduto sulle poltrone della biblioteca e teneva le gambe accavallate, tra un gesto ed un altro non riuscivo a distogliere lo sguardo, lo ammiravo come una statua.
Senza accorgermene urtai con veemenza uno scaffale.
- “ATTENTA”- Urlò Nathaniel, gettandosi di fretta verso di me, mentre la libreria mi stava cadendo di sopra.
Prontamente la sorresse ma i libri mi caddero numerosi e pesanti di sopra, in un attimo persi lentamente i sensi.

 

 

Angolo miioo

Salve girllllsss dopo anni luce torno con un altro capitoluccio, come sempre voglio le vostre opinioni ed i vostri pareri, plsssss. <3
Un bacione a chi mi segue da tanto ed uno a chi mi segue da poco.

 

 

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