La misteriosa ragazza Saiyan di lady_sayuri (/viewuser.php?uid=922850)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 52 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
CAPITOLO
1
Splendeva il
sole su Satan City quando, da qualche parte
nella città, qualcosa cambiò.
Vicino ad un
edificio, non poco lontano dal centro, apparve
all’improvviso una ragazza; sulla quindicina o poco
più, portava lunghi capelli
lisci e castani che le arrivavano fino a metà schiena; i
suoi grandi occhi neri
si muovevano veloci studiando l'ambiente circostante: le persone
intorno a lei
non sembravano notarla, impegnati a raggiungere ognuno la propria
destinazione.
La ragazza si sentiva leggermente spaesata, ma sapeva lo stesso dove
dirigersi
per cominciare a mettere in atto il suo piano. Si guardò un
po’ attorno,
ammirando gli edifici della città, che però non
riconosceva; pensò per un
attimo a quanto la tecnologia avesse fatto progressi in così
poco tempo. Fece
un respiro profondo, come ad assorbire la pace del mondo intorno a lei,
e
cominciò a camminare, ignorando un gruppo di ragazzi
dall’altra parte della
strada che la osservavano attentamente, squadrandola da capo a piedi.
Sembravano particolarmente interessati, ma Rose non badò a
loro: aveva altre
questioni urgenti di cui occuparsi.
Subito si
mosse e si recò verso il luogo di destinazione;
camminò per qualche minuto, per poi rendersi conto che
volare le sarebbe
costato meno tempo. Così, girando l’angolo di un
edificio e assicurandosi che
nessuno la stesse osservando, spiccò il volo.
Dopo qualche
minuto arrivò a destinazione: ecco che davanti
a lei si stagliava l’edificio tondo della Capsule
Corporation, circondato da un
cancello che superò velocemente, atterrando dietro un albero
per non farsi
notare dalle persone presenti: voleva prima studiarle un po’.
Si ricordò
improvvisamente di azzerare l’aura, ma pensò che
forse era troppo tardi: uno di
loro, forse, se n’era già accorto. Comunque,
rimase lì dietro per qualche
minuto, osservando come quelle persone mangiavano e parlavano
tranquillamente,
ridendo e scherzando. Per un attimo il suo cuore si
alleggerì di fronte a
quella scena, riempiendo la ragazza di felicità.
All’improvviso, però, notò che
Vegeta, che le dava le spalle, si girò verso di lei come per
tentare di scovare
la presenza di qualcuno: era stata scoperta. Così, decise
subito di lanciarsi
all’attacco.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
CAPITOLO
2
La
ragazza si incamminò a passo deciso verso il tavolo dove
tutti stavano mangiando. Vegeta la guardò subito, e dopo di
lui anche tutti gli
altri. Si fermò vicino al tavolo, e, mentre tutti la
osservavano incuriositi,
Bulma si alzò di scatto dalla sedia e le disse, alzando
leggermente la voce:
«Scusa,
questa è proprietà privata. Non ti hanno
insegnato
le buone maniere? Nessuno è autorizzato ad entrare qui senza
permesso!»
«Sì,
lo so, e ti chiedo scusa, Bulma» rispose subito la
ragazza, conoscendo il carattere burrascoso di Bulma.
«Chi
sei?» chiese all’improvviso Vegeta. Bulma lo
guardò
subito con enorme stupore: Vegeta, d’altronde, non aveva mai
nutrito interesse
nei confronti di un altro essere umano, all’infuori della sua
famiglia e di
Goku.
«I-io…
io mi chiamo Rose, piacere» rispose la ragazza,
facendo un leggero inchino verso di loro «Sono venuta qui per
una questione
importante…»
«Qualunque
questione importante sia» la interruppe Chichi,
leggermente infastidita «adesso Bulma non può
parlare. Come vedi, stiamo
pranzando, e vorremmo finire il nostro pranzo in santa pace.
Incontrerai Bulma
dopo»
«In
realtà, io non sono venuta qui per vedere Bulma, ma per
chiedere l’aiuto di tutti voi. Posso sedermi?»
chiese Rose, in tono molto
educato.
«Siediti,
c’è posto!» esclamò Goku,
entusiasta, indicando la
sedia vuota vicino a Pan. Sia Chichi che Bulma, allibite, rivolsero a
Goku uno
sguardo interrogatorio, mentre la ragazza si sedeva e prendeva da
mangiare.
«Allora,
raccontaci, qual è il problema?» le chiese Goku,
afferrando una coscia di pollo e mangiandola.
Rose,
chiedendosi per un attimo tra sè e sè chi fosse
quel ragazzino, rispose:
«Io
sono venuta per chiedere il vostro aiuto perché nel
luogo dove vivo io la situazione non è molto pacifica. So
che voi siete molto
forti, e il vostro aiuto mi farebbe molto comodo per risolvere questa
situazione»
«Si
tratta di un malvivente?» chiese Pan
all’improvviso,
incuriosita «perché se è
così, posso benissimo venire io e metterlo K.O!»
«No,
Pan, magari fosse così semplice» le disse Rose,
voltandosi verso di lei. Notò in quel momento come era
vestita la ragazzina: indossava una maglia a maniche corte
rossa, un
jeans con una catena e una bandana arancione. Era così
maschiaccio! Quasi non
la riconosceva, ma osservarla così da vicino le infondeva
tenerezza e nello
stesso tempo stupore. Non l’aveva mai vista così.
«S-scusa,
ma come fai a conoscere il mio nome?!» le chiese
Pan.
Rose
subito pensò ad una risposta plausibile: non voleva
farsi scoprire così presto. Doveva prima studiare la
situazione e vedere se poteva
agire. Così, notando Mr. Satan dall’altro lato del
tavolo, rispose:
«Beh,
ovvio, sei la nipote del campione del mondo Mr. Satan,
è normale che io ti conosca!»
Satan,
compiaciuto dalle parole della ragazza, intervenne subito:
«Aaah
ecco! Scommetto che sei una mia fan! L’autografo posso
fartelo dopo, se vuoi.
In quanto al delinquente che devasta la tua città, ci penso
io!» ed esplose in
una fragorosa risata.
Rose
accennò un sorriso, divertita: Mr. Satan, al contrario
di Pan, non era cambiato affatto nel corso del tempo.
«E
dicci, dove abiti?» le chiese Gohan, seduto di fronte a
lei.
Rose
disse il primo nome a caso che le venne in mente: «Nelag
City»
«Dov’è?»
intervenne Videl «non l’ho mai sentito questo
posto»
«Davvero?»
chiese Vegeta, alzandosi improvvisamente in piedi
e assumendo un ghigno beffardo. Subito alzò il braccio e,
aprendo la mano,
lanciò un’onda verso la ragazza.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
CAPITOLO
3
Rose,
non pensandoci troppo su, istintivamente colpì
l’onda con il
braccio e la mandò via: non era poi così potente.
Tutti,
nel frattempo, la fissavano ad occhi sgranati. Come era
possibile che un' umana avesse il potere di resistere ad
un’onda energetica?
«Vegeta,
ma che cosa fai?!» gli rimproverò subito Bulma,
sconcertata.
«Lo
sapevo» esclamò Vegeta, sedendosi di nuovo ma
mantenendo lo
stesso ghigno beffardo di prima. «Lo sapevo che non ce la
raccontavi giusta»
Tutti
guardavano Rose esterrefatti, attendendo una risposta da
parte sua. Però prima intervenne Goku:
«Lo
avevo sospettato anche io che c’era qualcosa che non andava.
Ho percepito subito la tua aura quando sei arrivata. E non è
quella di un
comune umano. Chi sei realmente?»
Rose
si sentì messa alle strette. Non avrebbe voluto rivelare la
sua identità così presto, ma d’altra
parte era inevitabile. Avrebbe dovuto
immaginarsi che Vegeta (e, evidentemente, anche quel curioso ragazzino)
avrebbe
scoperto facilmente la sua identità. Non aveva altre chance,
ma all’improvviso
notò una cosa: mancava una persona tra di loro.
Pensò che la cosa fosse a suo
vantaggio, per cui decise di rivelare loro la verità:
«E
va bene, vi dirò tutto. Come vi ho già detto mi
chiamo Rose e…
vengo dal futuro»
Nessuno
si aspettava questa risposta, men che meno Vegeta, che,
per la prima volta, la fissò sgranando gli occhi. Si
aspettava che la ragazza
dicesse di venire da un altro pianeta, ma mai che venisse da un altro
tempo.
Improvvisamente, a lui come a Bulma e a Goku, ritornò in
mente il Trunks del
futuro che parecchi anni prima era venuto da loro per cercare aiuto.
Possibile
che la ragazza appartenesse a quello stesso futuro?
«Che
cosa?» intervenne Mr. Satan, scoppiando in una risata
nervosa, che subito dopo si trasformò in
un’espressione preoccupata. Avrebbe
tanto voluto che quello fosse uno scherzo, ma, osservando le facce
stupite ma
nello stesso tempo serie degli altri, capì che la cosa
poteva essere vera.
D’altronde, nel corso degli anni aveva imparato che da quelle
due famiglie non
poteva che aspettarsi cose strane... «Se questo è
uno scherzo non è per
niente…»
«O
mio Dio!» esclamò Chichi, interrompendo Mr. Satan
«Non ci posso
credere! Esattamente come parecchi anni fa quando venne Trunks dal
futuro!»
«Per
caso vieni da quel tempo lì?» chiese Bulma, un
po’
preoccupata.
«I-io…
non vengo da quel futuro lì» rispose la ragazza
«Vengo
da... 17 anni più avanti rispetto a questo tempo»
«Anche
lui veniva da un futuro di circa 17 anni più avanti
rispetto al nostro tempo» osservò Chichi
«Era venuto per chiedere aiuto per combattere
gli Androidi»
Rose
aveva già sentito questa storia, ma non ricordava bene i
dettagli. Qualcuno gliel’aveva raccontata, quando era
piccola; subito girò lo
sguardo per osservare tutti i presenti, e notò che non
mancava solo una
persona, ma ben due. Stava per chiedere dove fossero quei due, ma fu
distratta
dalla voce di Goku, che le domandò:
«Ma
quindi sei parente di qualcuno di noi?»
La
ragazza non rispose
subito. Osservò per qualche istante quel ragazzino
dall’aria spensierata seduto
a capotavola, che la guardava con le braccia alzate e le mani dietro la
testa,
con la tipica espressione curiosa di un bambino.
Ma
chi era? Faceva fatica a
riconoscerlo…
«Io…»
cominciò a dire lei, titubante. Non sapeva se fosse il caso
di rivelarsi così presto. Tuttavia, era molto tentata di
dirlo davanti a tutti,
visto che il diretto interessato non c’era.
«Te
lo dico io, Kakarot»
intervenne Vegeta all’improvviso, rivolgendole lo stesso
ghigno beffardo che
non aveva mai lasciato il suo volto da quando aveva lanciato l'onda
energetica «Sicuramente non sei
umana, o comunque, se
lo sei, non lo sei al 100%. Quindi,
le cose sono due: o
vieni da un altro pianeta nel futuro oppure sì, sei parente
di qualcuno di noi.»
Seguì
qualche secondo di
silenzio, mentre i presenti muovevano la testa da Vegeta a Rose e
viceversa, in
attesa di qualche chiarimento.
Ancora
una volta, la ragazza non aprì bocca. Il ragionamento di
Vegeta la incuriosiva e avrebbe voluto vedere dove sarebbe arrivato.
«Allora»
riprese Vegeta «tu potresti avere all’incirca
quindici
anni o poco più, quindi, se vieni da un tempo di 17 anni
avanti, vuol dire che
tra qualche anno nascerai. Per cui, facendo due calcoli, potresti
essere figlia
o di Trunks oppure di Goten. Non penso tu possa essere figlia di Pan o
di Bra,
perché sono ancora troppo piccole»
Pan, dall'altro capo del tavolo, alzò un sopracciglio
«e
sinceramente voglio anche evitare di pensare a questa ipotesi. Tuttavia
potresti anche essere la figlia di
Gohan e
Videl, non è da escludere»
Ora
tutti osservavano la ragazza per cercare di captare qualche somiglianza
a qualcuno dei presenti.
«Beh»
intervenne Bulma «ha i capelli castani.
Non puoi averli presi da Gohan e Videl»
«Ma
non è vero!»
intervenne Pan «Guarda,
abbiamo gli stessi occhi!
Potremmo benissimo essere sorelle! Sei mia sorella?»
Rose
sorrise di fronte all'entusiasmo della ragazzina, ma non rispose.
«E
quindi di chi sei figlia?» chiese Videl.
«Io…
preferirei non dirlo. Insomma, il Supremo mi ha
esplicitamente avvertita di non rivelare la mia
identità… soprattutto alle
persone direttamente interessate.»
Rose
preferiva non dirlo, a
meno che non
fosse strettamente necessario. Come le aveva chiaramente spiegato il
Supremo, rivelare ai suoi genitori la sua vera identità
avrebbe potuto mettere a rischio il presente.
Junior,
che fino a quel momento era stato in disparte a meditare
in giardino, comparve improvvisamente alle spalle di Bulma, che
sussultò dallo
spavento. Rivolgendosi alla ragazza, chiese: «Il Supremo ti
ha mandato qui?»
Mostrava un evidente interesse, cosa che non sfuggì a
nessuno dei presenti.
Junior era un po’ come Vegeta: non mostrava mai interesse nei
confronti di
nessuno, a meno che non si trattassero di guerrieri
o nemici dal
potenziale molto forte…
Rose
non si aspettava l’arrivo improvviso di Junior. Lo
guardò
attentamente: nel suo tempo non lo conosceva così bene, anzi
non lo conosceva
affatto, solo di vista. Anche lui, d’altronde, nel suo tempo
non esisteva già
più..
«Sì.
Diciamo che mi ha aiutata a compiere questo viaggio» rispose.
La
curiosità e l’interesse di Junior parvero
aumentare. Guardò
intensamente la ragazza, dopodiché, accennando un leggero
sorriso, disse:
«Molto strano»
«Perché?»
chiese subito Rose, mostrando un certo stupore.
«Perché
viaggiare nel tempo non è concesso a nessuno, ma
soprattutto, né Dei né Supremi aiuterebbero mai
qualcuno a farlo, anche perché
è una cosa che va contro tutte le regole del Cosmo»
Vi
fu un breve silenzio, nel quale tutti rifletterono per un
attimo sulle parole appena pronunciate da Junior: se gli esseri
dall’alto non
potevano permettere a nessuno di viaggiare nel tempo, perché
avevano aiutato
proprio quella ragazza? E se lei
stesse mentendo? Se in realtà
fosse qualcun altro venuto per tentare di ingannarli? La ragazza
dall’apparenza
sembrava sincera, ma se c’era una cosa che avevano imparato
nel corso del tempo
era che niente è mai ciò che sembra…
Subito
dopo, Junior riprese a parlare: «Comunque, immagino che ti
abbiano mandata qui per un motivo di estrema importanza. Vuoi dirci che
cosa è
successo nel tuo futuro di tanto grave?»
Era
giunto il momento di dire tutto. Rose era pronta a questo
momento, ma soprattutto era pronta a chiedere il loro aiuto, senza il
quale la
situazione non si sarebbe mai risolta.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
CAPITOLO
4
Così,
la
ragazza cominciò a raccontare:
«Allora,
tutto è cominciato l’anno scorso. Vivevamo tutti
una vita
tranquilla, a parte per alcuni sporadici episodi accaduti quando ero
piccola:
mi ricordo di alcuni nemici, anche molto forti, che sono venuti sulla
Terra, anche se in verità
non li ricordo molto bene… però eravate
riusciti a sconfiggerli sempre.
Invece l’anno scorso, purtroppo, è
arrivato un nemico molto diverso
rispetto a tutti gli altri, un certo Ludir.
Tutti
avete
combattuto contro di lui, avete provato a sconfiggerlo, e
stavate quasi per farcela, - anche perché non è
nemmeno forte quanto Vegeta – quando…»
La
ragazza si interruppe e abbassò lo sguardo, turbata,
come se stesse rivivendo in quel momento il dramma di ciò
che stava raccontando.
«Me
lo ricordo come se fosse ieri.
Vegeta ce l’aveva messa tutta, stava per farcela, stava per
infliggergli il colpo finale, quando all’improvviso lui
tirò fuori i suoi
artigli e lo graffiò ad un braccio. All’inizio
sembrava un semplice graffietto,
insomma nulla di cui preoccuparsi, ma dopo un po' vedemmo Vegeta
diventare sempre più debole ed
accasciarsi al suolo,
finché… non fu eliminato»
«Per
un
semplice graffio?!» sbuffò Vegeta
dall’altro capo del tavolo «Evidentemente non
devo essere stato in buona salute. Figuriamoci se mi faccio eliminare
da un
semplice graffietto!»
«E
qui
sta il punto» riprese Rose «questo nemico, anzi,
questo mostro, ha la
particolarità di avere nel corpo una sorta
di veleno
che, non appena viene a contatto con il sangue di un Saiyan, lo uccide
immediatamente»
La
ragazza fece una piccola pausa, durante la quale percepì uno
sgomento generale:
erano tutti talmente allibiti e concentrati su quello che stava
dicendo,
che per un momento nessuno proferì parola. Ma fu Bulma a
porre una domanda per
prima:
«Ma
come
fa uno ad avere un veleno del genere nel
proprio corpo? Cioè, non mi pare
sia una cosa molto naturale, non l’ho mai sentita
prima»
«Infatti»
confermò la ragazza «Lui ci ha raccontato che
è stato creato da un certo “Baby”
che ha inserito nel suo corpo questo liquido, creato apposta per
vendicarsi dei
Saiyan. Ludir ci ha raccontato che il pianeta di Baby tempo
fa…»
«Era
stato invaso da noi Saiyan» completò Vegeta
«Conosciamo già questa storia. Baby
è venuto sulla Terra non poco tempo fa, tentando di
possedere tutti noi per
vendicarsi»
«Lo
so»
affermò Rose «Nel futuro me lo avete raccontato,
conosco già questa storia»
«Quindi
ci stai dicendo che Baby è tornato nel tuo futuro?
E’ che è ancora vivo?» chiese
Goku, che si mostrava sempre più interessato alla faccenda.
Un nuovo nemico era
alle porte, e per giunta sembrava una bella sfida da affrontare: non
vedeva
l’ora di saperne di più, sia sulla nuova ragazza
che sulla sua storia.
«No
no,
era stato eliminato da voi tempo fa. A quanto sembra, Ludir fu creato
molto
prima della sua morte» rispose Rose. La ragazza, osservando
sempre di più il
ragazzino, cominciò a vagare con la mente sulla sua
possibile identità. Pur
quanto ci provasse, non riusciva a capire di chi si trattasse. Nel suo
tempo
non c’era nessuno di vagamente simile a lui, e, facendo due
calcoli, quel
ragazzino nel suo futuro avrebbe dovuto avere all’incirca 30
anni. Così, decise
di porre fine a tutti i suoi interrogatori:
«Scusa,
ma… posso chiederti chi sei?»
«Eh?»
Goku parve sorpreso. Alzò la mano e con l’indice
si indicò il viso, incredulo:
«Vuoi dire che non mi conosci?»
«Mi
spiace, no» Rose arrossì leggermente, mostrando un
certo dispiacere. Aveva
forse sbagliato a chiedergli la sua identità? Magari nel suo
futuro quel
ragazzino era già morto e adesso glielo aveva appena
rivelato, col rischio di
aver alterato il presente. Ma le sembrava parecchio strano che, anche
se nel
suo futuro lui fosse morto, nessuno le avesse mai parlato di lui.
«Aspetta,
aspetta» Chichi, alzandosi in piedi e sbattendo le mani
contro il tavolo, assunse
un’espressione disperata: «mi stai dicendo che Goku
non ci sarà più?! Vuoi
vedere che nel futuro mi lascerà di nuovo da sola per andare
a combattere?! O,
peggio ancora, sarà eliminato da qualcun altro?!»
Rose osservò prima Chichi e poi, di scatto, girò
lo sguardo
verso il ragazzino, sgranando gli occhi. Che
cosa?! Quel
ragazzino era Goku?! Non ci poteva credere.
Era proprio lui?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
CAPITOLO
5
«No,
non ti preoccupare» Rose tentò di consolare Chichi
«nel
futuro non ti lascerà nè per andare a combattere
nè perché verrà eliminato.»
La
sua risposta parve calmare Chichi, tuttavia gli
occhi della ragazza rimasero fissi su Goku.
Goku.
Quasi
non riusciva a
credere che fosse lui. Lo guardò per qualche istante, e
mille pensieri
cominciarono ad attraversarle la mente. Impiegò qualche
secondo per tramutare
tutti i suoi pensieri in parole:
«Non
è possibile. Se sei Goku, perché sei
così piccolo? Ho per
caso viaggiato troppo indietro nel tempo?!»
Rose
era confusa. Quello era il Goku di
cui le
avevano sempre parlato, fin da quando era una bambina? Aveva sentito
talmente
tante storie su di lui, che nella sua testa ormai lo vedeva solo quasi
come un
personaggio dell’immaginazione.
«Ma
allora mi conosci!» esclamò Goku, sorridendo.
«Non
proprio» dovette ammettere Rose «io ti conosco
solamente perché
mi hanno raccontato di te, ma in realtà io non ti ho mai
conosciuto dal vivo»
«Quindi
nel tuo futuro io non ci sarò?» domandò
lui,
leggermente stupito.
«No.
Tutti gli altri» Rose scorse velocemente con lo sguardo tutti
i presenti «mi hanno sempre parlato di te, ma io
effettivamente non ti ho mai
conosciuto, perché so che tu te ne sei andato poco prima che
io nascessi. Per
cui non ho mai avuto l’occasione di incontrarti. Ma
spiegami una cosa, perché sei così piccolo? Non
dovresti avere
la stessa età della… cioè,di Chichi?»
«Purtroppo»
Pan, con fare rassegnato, intervenne prima che qualcun
altro potesse aprir bocca «il nonno si è fatto
trasformare da alcuni scagnozzi
quando era al Palazzo del Supremo, che hanno espresso il desiderio che
lui
diventasse piccolo di nuovo. Per questo adesso è
così»
Rose
notò che Pan era
parecchio contraria alla cosa, ed anche molto scocciata. Quasi non la
riconosceva:
in quel tempo era così piccola, molto più piccola
rispetto a come la
conosceva lei. Era così buffa! Con quell’aspetto
da teenager l’aveva vista
solamente in alcune foto.
Ormai
era passato già
così tanto tempo da quando
non la vedeva, e le mancava tantissimo.
Era
di certo felice che Pan, in quel momento,
fosse al suo fianco, ma nello stesso tempo provò un senso di
tristezza e di malinconia
che le appesantirono il cuore…
Se solo fosse riuscita nel
suo intento, forse
avrebbe avuto la possibilità di rivederla…..
Poi,
le venne in mente che lo sapeva. Aveva già sentito quella
storia. Tempo fa, la stessa Pan glielo aveva raccontato: le aveva
raccontato di
quando Goku era stato trasformato in bambino, e di quando, in seguito,
avesse
dovuto affrontare, assieme a lui e a Trunks, un viaggio nello spazio
alla
ricerca
delle sfere del drago.
«Ah,
è vero! Adesso ricordo!» esclamò Rose
«la conosco questa
storia, me l’hai raccontata, me l’ero completamente
dimenticata!»
«Io?!»
domandò incredula
Pan.
«Quale
storia?» Qualcuno
parlò dietro di lei, e Rose si girò di scatto.
Aveva riconosciuto quella voce.
Si ritrovò davanti chi si aspettava: Trunks, con i suoi
capelli viola portati a
caschetto e i suoi occhi azzurri. Quegli occhi
azzurri. Rose
si soffermò per qualche istante a guardarli. Certo, li aveva
guardati molte
volte, ma non era quella la cosa più importante. Quegli
occhi le ricordavano
un’altra persona, una persona a lei molto cara.
I ricordi cominciarono a
riaffiorare nella sua testa, e in particolare andarono a soffermarsi
sull’avvenimento più recente, di certo non uno dei
ricordi più felici della sua
vita. Sentì gli occhi inumidirsi e un nodo formarsi alla
gola. Pensò di non
riuscire più a parlare: troppi ricordi cominciavano ad
affollarle la testa.
Per
fortuna, fu Bulma a
prendere in mano la situazione:
«Ciao,
tesoro! Sei uscito adesso da lavoro?»
«Sì.
Scusate per il ritardo, ma ho avuto parecchio da fare!»
«Non
ti preoccupare. Siediti e mangia! Ti abbiamo lasciato del
cibo!» disse Bulma entusiasta. Trunks si mise a sedere e
cominciò a prendere da
mangiare.
«Trunks,
questa è Rose» Bulma, da brava padrona di casa,
fece le
presentazioni. «Rose, immagino che tu non
abbia bisogno di
presentazioni» aggiunse, sorridendo e facendole l'occhiolino.
Trunks,
che stava per allungare la mano per presentarsi, la ritirò
e chiese: «Perché no? Mi conosci
già?»
Rose
si presentò brevemente: «Ehm, in realtà
sì, io… vengo dal
futuro, e conosco già tutti voi perché...
appartengo alla vostra famiglia» notò Trunks
aggrottarsi le sopracciglia, mentre un’espressione stupita
comparve sul
volto «Sono venuta qui per chiedere il vostro aiuto,
perché nel mio futuro la
situazione è molto grave. C’è un nemico
molto potente, che, come stavo dicendo
agli altri, ha fatto piazza pulita e ha sconfitto tutti voi.»
riprese dunque il
suo racconto da dove l’aveva lasciato prima.
«Ludir
ha eliminato tutti voi, perfino Vegeta e Pan, che nel
futuro sono i più forti. Ha lasciato in vita solamente noi,
ovvero i “più
giovani”, a parte mio fratello, che purtroppo è
stato eliminato da Ludir mentre
tentava di proteggere mia madre.» Fece una breve pausa, che
le diede la forza
di scacciare via quel brutto ricordo. «Oltre a noi,
l’unica adulta che ha
lasciato in vita è stata Bulma, perché ovviamente
gli torna utile per le sue
conoscenze scientifiche e tecnologiche.
E,
in questo anno intero, Ludir ha costretto tutti noi a vivere nello
stesso palazzo, insieme a lui. Insieme al mostro che ha sterminato la
nostra famiglia.»
la ragazza fece una smorfia
«
e voi
forse vi chiederete, come abbiamo fatto a vivere, per un anno intero,
con il mostro che ha ucciso i nostri genitori?
Spesso me lo sono
chiesta anche
io, e posso dire che ce l’abbiamo fatta solo facendoci forza
a vicenda.
L’obiettivo di Ludir è infatti quello di
trasformare noi Saiyan in esseri
cattivi a sua completa disposizione, in modo da dover obbedire a tutti
suoi
ordini. Lui vuole conquistare l’intero universo servendosi
della forza dei noi
Saiyan - anche perché lui non è poi
così forte -, per questo, durante l’ultimo anno,
ci ha sottoposto
ad allenamenti
durissimi, ma anche a prove durissime: dovevamo infatti dimostrargli
completa obbedienza, e in caso ci fossimo opposti ci avrebbe torturato.
Tuttavia, però, non avrebbe mai
potuto
eliminarci, anche perché il suo piano di conquista sarebbe
completamente fallito senza di noi.
Spesso
ci chiedeva, come “prove della sua
fedeltà”, di fare cose
orrende, per esempio uccidere innocenti. Ellen all’inizio era
molto restia a farlo,
ma poi, per forza di cose, ha dovuto farlo. Non ha avuto altra
scelta.
Io,
invece,
ci ho messo un po’ più tempo per trovare il
"coraggio" di farlo: le prime
volte mi rifiutavo
sempre, infatti sono stata torturata parecchie volte» Rose
mostrò loro la
lunga ferita che aveva sulla parte anteriore del braccio «ma
poi, purtroppo,
l’ho dovuto fare anche io.» La voce le si
spezzò e abbassò gli occhi, che
tradivano un profondo dolore e un grande senso di colpa. Un giorno,
pensò,
avrebbe ridato la vita a tutti quegli innocenti, in un modo o
nell’altro.
I
presenti, turbati dal racconto, guardavano la ragazza con enorme
dispiacere. Ma fu Pan, qualche secondo dopo, a interrompere il silenzio
che si era creato: «Chi è
Ellen?»
Rose,
talmente presa dal suo racconto, non si era nemmeno resa
conto di averla nominata. Ma poco importava, ormai: tutti dovevano
sapere anche
di lei e della sua storia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
CAPITOLO 6
Rose
guardò con la coda dell’occhio Trunks, che, seduto
alla sua destra, era intento
a mangiare. Peccato che quella domanda le fosse stata rivolta proprio
in quel momento…
se le fosse stata fatta poco prima del suo arrivo, avrebbe potuto
parlarne più
liberamente.
«Ellen
è una mia amica, una mia carissima amica. Anche lei fa parte
della nostra
famiglia»
Fece
una piccola pausa, durante la quale si aspettava che qualcuno le
chiedesse di
chi Ellen fosse parente, ma nessuno lo fece. Pan, seduta alla sua
sinistra, era
accovacciata sulla sedia e cingeva le gambe con le braccia, con la
testa
appoggiata sulle ginocchia; era protesa verso Rose, mostrando un
evidente
interesse per la storia che la ragazza stava raccontando, o forse
ancora di più
nello scoprire chi fosse Ellen. Ciò spinse Rose a continuare
il suo racconto:
«Ellen
è un anno più piccola di me, e tra i ragazzi che
Ludir ha lasciato in vita io e
lei siamo le più grandi. È solo grazie al nostro
sostegno reciproco che io e
lei abbiamo potuto vivere per un anno intero al palazzo di Ludir; credo
che se
non ci fosse stata lei io sarei impazzita prima, e lei altrettanto.
Vedete, l’unica motivazione che ha portato me ed Ellen a
resistere per un anno
intero è stata la certezza che un giorno ci saremmo
vendicate. Per tutto questo
tempo, infatti, Bulma ha costruito di nascosto una macchina del tempo,
grazie
alla quale io ho potuto intraprendere questo viaggio, anche se, in
realtà,
inizialmente dovevamo farlo io ed Ellen insieme» Rose si
fermò e, abbassando
leggermente lo sguardo, assunse un’espressione un
po’ triste.
«Che
le è successo?» chiese subito Goku.
«E’...
stata eliminata da Ludir, poco prima che io arrivassi qui»
Riuscì
a completare la frase poco prima di sentire l'ormai famigliare nodo
alla gola.
Tentò di ricacciare indietro le lacrime.
«Non
ci posso credere.» commentò Videl
«eliminare una ragazza così giovane...»
«Già»
disse Rose «Ludir di solito non ci permetteva quasi mai di
uscire dal suo
palazzo, ovviamente senza il suo consenso.
La settimana scorsa, io ed Ellen siamo uscite dal palazzo per andare ad
allenarci - senza dire nulla a Ludir - e abbiamo passato 3 giorni al
Palazzo
del Supremo nella stanza dello Spirito e del Tempo, in modo da poter
affrontare
questo viaggio ed arrivare qui ben allenate. Ovviamente, la nostra
assenza ha
fatto preoccupare Ludir, che ha chiesto agli altri dove noi fossimo.
Al
nostro ritorno, io ed Ellen abbiamo trovato Bulma per terra, nella sua
stanza,
senza vita.»
Bulma
sussultò e sgranò gli occhi, ricambiando turbata
lo sguardo della ragazza.
«P-perché
sono stata uccisa?»
«Eri
l'unica che sapeva dove fossimo. Ludir è venuto da te per
chiedere informazioni
in merito, tu non hai voluto rivelargli nulla, così ti ha
fatto fuori.
Inoltre,
credo che avesse anche capito che tu gli stessi nascondendo qualcosa -
la
costruzione della macchina del tempo - e che quindi abbia deciso di
metterti
"fuori gioco"»
Rose
percepì un improvviso cambiamento nell’aura di
qualcuno alla sua destra: si
voltò e si accorse che proveniva da Vegeta. Lo vide
stringere un pugno e
digrignare i denti, lo sguardo infuriato rivolto verso di lei.
«Ellen
ti è molto legata, Bulma» continuò la
ragazza «quindi appena ti ha vista senza
vita, non è riuscita a trattenersi ed è andata
subito a cercare Ludir.
Io
ho tentato in tutti i modi di calmarla per non farle prendere una
decisione
avventata, cercando di spiegarle che sarebbe stato inutile andare
lì ed
affrontarlo, dal momento che con un solo graffio la avrebbe messa K.O.
Purtroppo,
però, non ha voluto ascoltarmi. O, per lo meno, in quel
momento non ci riusciva
proprio.
Una
volta uscita dal palazzo, ha cominciato a far esplodere tutto, compreso
il
palazzo stesso (dovete sapere che dentro il palazzo noi non possiamo
usare i
nostri pieni poteri, perché Ludir lo ha costruito con
apposite tecnologie che
limitano il nostro potere, in modo da tenerci
“calmi” e a bada).
Una
volta arrivato Ludir, ci ha accusate di nascondergli qualcosa, dicendo
che
Bulma avesse fatto “la fine che meritava”. Io ho
avuto la prontezza di prendere
Ellen per una gamba e trattenerla mentre cercava di volare verso Ludir
per
attaccarlo, tentando in tutti i modi di farla ragionare, dicendole che
sarebbe
stato del tutto inutile attaccarlo. Le dicevo di calmarsi, ma lei non
mi
ascoltava... era completamente fuori di sé»
Rose,
mentre parlava, rivisse nella mente quell’episodio accaduto
solo il giorno
prima.
Nel
tentare di convincere l’amica a non attaccare Ludir, si
era ritrovata all’improvviso
un’onda energetica vicino al viso, pronta ad essere lanciata
da Ellen.
«Lasciami
andare, Rose» le aveva detto la ragazza, il volto devastato
dalla
rabbia.
«No»
aveva risposto lei con fermezza.
L’onda
si era ingigantita.
«Non
oseresti»
«Tu
credi?»
L’onda
era diventata sempre più grande, ma Rose aveva resistito.
Non si sarebbe potuta permettere
un eventuale fallimento del loro piano, il piano che stavano
programmando da
mesi ormai, solo perché Ellen non riusciva a controllare la
sua rabbia.
Ma
la ragazza le aveva lanciato l’onda in pieno volto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
CAPITOLO 7
«Non
ricordo bene per quanto tempo io sia rimasta svenuta.
Ricordo
solo che quando mi hanno risvegliata Ellen stava combattendo come una
furia
contro Ludir.
Dal
momento che non era più possibile fermarla, ho cominciato ad
aiutarla, anche
senza intervenire direttamente, perché se mi fossi unita a
lei nel
combattimento e lui ci avesse eliminate entrambe, non ci sarebbe stato
più
nessuno a mettere in atto il nostro piano per salvare il nostro tempo.
Quindi,
ho cercato di aiutarla telepaticamente dicendole dove si trovasse Ludir
quando
si nascondeva per poi attaccarla, oppure suggerendole le sue possibili
mosse»
«Ellen,
si è nascosto dietro a quella roccia in basso alla tua destra»
aveva comunicato la
ragazza telepaticamente alla sua amica.
Ellen,
sospesa a mezz’aria a qualche metro sopra gli altri,
aveva abbassato lo sguardo verso
la roccia e si era fiondata contro di essa.
Aveva
frantumato completamente la roccia creando un polverone, mentre Ludir,
approfittando
della poca visibilità, aveva preso il
volo per attaccarla
di sorpresa da dietro.
La
ragazza era riuscita e rispondere nonostante il forte colpo alla
schiena;, ma Ludir
le aveva sferrato un colpo talmente forte da farla schiantare con
forza al suolo,
alzando nuovamente un polverone.
«Ellen,
si sta dirigendo velocemente contro di te! Alzati! Spostati!»
fu quello che
Rose era riuscita a comunicare telepaticamente all’amica, la
quale
evidentemente non era riuscita ad
eseguire l’ordine, perché subito dopo Ludir
l'aveva per un braccio lanciandola
in un lago.
«Ellen!
Mi senti?»
Ma
Rose non aveva ricevuto alcuna risposta dalla sua amica. Erano
già passati un paio
di minuti da quando era finita nel lago...
Nel
frattempo, Ludir era scoppiato in una fragorosa risata.
«In
quanto a voi» si era rivolto ai ragazzi rimasti a guardare la
scena da terra «se
osate opporvi come ha fatto lei, farete una fine ben
peggiore.»
Proprio
in quel momento, il suono di un movimento dentro
l’acqua aveva fatto girare i presenti verso il punto del lago
dal quale la ragazza era spuntata improvvisamente, sfrecciando poi
velocissima verso il mostro.
Nonostante
lui non se l’aspettasse, era riuscito a evitare a pelo
il pugno della ragazza, approfittando del momento per tirare
fuori gli artigli e graffiarla al
petto, proprio nel
punto che era rimasto scoperto mentre la ragazza si era protesa per
sferrargli
il pugno.
«No!»
aveva urlato Rose disperata, portandosi le mani sulla bocca.
«Scusa
se interrompo il tuo racconto» intervenne
all’improvviso Junior, destandola dalle immagini che stava
rivivendo
«sbaglio o hai
detto che comunicavi con la tua amica telepaticamente?»
«No,
non sbagli» rispose la ragazza
«perché?»
«Beh,
diciamo che non è una cosa molto comune, nemmeno tra i
Saiyan» affermò Junior
con fermezza.
«Urca,
hai ragione, Junior!» esclamò Goku, illuminandosi
all’improvviso «Ora che mi ci
fai pensare, il potere di parlare telepaticamente appartiene solo al
Supremo e
agli Dei, giusto?»
«Proprio
così» disse Junior.
Rose
era un po’ allibita. In quel momento stava raccontando una
storia, stavano parlando
di un altro argomento, perché Junior si era concentrato su
quel particolare
così insignificante? Nel suo futuro, la sua famiglia
conosceva benissimo questo
sua caratteristica e ci erano tutti abituati. Che cosa c’era
di tanto strano?
«Beh,
io non ci vedo niente di strano» disse lei «Ho
questo potere fin da quando ero
bambina, quindi per me è del tutto normale»
«Non
lo è, credimi» disse Junior.
Rose
non sapeva che cosa rispondere. Junior la scrutava attentamente, come
se
cercasse di captare qualcosa in lei.
Perché
quella ragazza era in grado di comunicare telepaticamente? E,
soprattutto,
perché era stata autorizzata dal Supremo in persona a
compiere un viaggio nel tempo?
Niente di tutto ciò quadrava, nonostante ci ragionasse
sopra. Decise dunque che
doveva scoprirlo, in un modo o nell’altro.
Assorbito
da questi pensieri, nemmeno si rese conto che la ragazza aveva ripreso
a
parlare:
«Ellen
si accasciò al suolo, senza vita, proprio come era accaduto
l’anno prima a
tutti gli altri.
Così,
ho deciso immediatamente di partire: non potevo più
aspettare.
Ho
approfittato dell’affaticamento di Ludir dopo il
combattimento per partire; ho
raggiunto in fretta e furia il Palazzo del Supremo, dove Bulma aveva
nascosto
la macchina del tempo, ed eccomi qui.
Non
avrei potuto rimanere con gli altri, perché sicuramente
Ludir mi avrebbe
chiesto informazioni sui nostri piani e mi avrebbe torturata fino a che
non gli
avessi detto tutto. Inoltre, non si sarebbe mai più fidato
di me perché ho
osato scappare dal suo palazzo per giorni senza il suo consenso, quindi
mi
avrebbe eliminata di sicuro.»
«Ma…
chi sono, gli altri?» domandò
Pan con grande curiosità.
Rose
esitò.
«Altri
membri della nostra famiglia che voi non conoscete ancora. Sono molto
piccoli
nel mio tempo, e nessuno di loro ha mai saputo nulla circa il piano di
me Ellen
e Bulma di viaggiare nel tempo.
Abbiamo
deciso di non dire niente a nessuno per proteggerli, altrimenti se
Ludir avesse
capito che sapevano qualcosa, li avrebbe torturati fino alla
morte.»
I
presenti erano spiazzati dal racconto della ragazza. Fissavano Rose con
enorme
stupore e dispiacere. Avrebbero tutti voluto dire qualcosa per
esprimere il
loro rammarico nei confronti della sua situazione, ma fu Chichi a
prendere per
prima la parola:
«O
mio dio, tesoro! Che situazione orribile! Insomma, sei così
giovane e hai
dovuto affrontare tutte queste disgrazie! Goku» disse con
fermezza, girandosi a
guardarlo «dobbiamo fare qualcosa! Devi aiutarla! Dobbiamo
eliminare noi quel
farabutto!»
A
Rose venne improvvisamente in mente un’immagine.
Precisamente, una foto, che le
era stata mostrata da Chichi stessa, nel suo futuro, e che la ritraeva
con una
pentola in testa, una cucchiaia di legno in mano e altri oggetti da
cucina,
pronta a combattere, insieme a Videl, il nemico di turno.
Sorrise
tra sé e sé di fronte a quell’immagine
nella sua testa, chiedendosi se in quel
tempo l’episodio in questione fosse già accaduto.
«Ehm,
certo» rispose Goku, con fare un po’ confuso
«ma dimmi una cosa, come faremo a
batterci con lui? Dobbiamo viaggiare nel tempo e venire con te nel tuo
futuro?»
«Non
sarà necessario» rispose Rose
«verrà lui qui».
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
CAPITOLO 8
«Come,
verrà lui qui?» chiese Pan, inorridita
«vuoi dirmi che lui sa viaggiare nel
tempo?»
«No,
no, verrà
lui qui di sua spontanea volontà»
affermò Rose. Avrebbe voluto che gli altri si
accontentassero della sua risposta, ma, osservando le loro facce
confuse, capì
che, giustamente, volevano saperne di più, per cui dovevano
venire a conoscenza
anche di quell’altra parte della storia che avrebbe voluto
evitare di spiegare
così, davanti a tutti. Era un argomento ancora molto
delicato per lei, che
avrebbe voluto esporre con calma, più avanti; ma, ora come
ora, non poteva non farlo.
Così, con leggera riluttanza, prese coraggio e
cominciò a raccontare:
«No
Pan,
lui non sa viaggiare nel tempo. Vi devo raccontare un’altra
cosa affinché voi
comprendiate meglio il resto della storia.
Vedete,
io, già parecchi mesi prima dell’arrivo di Ludir,
stavo insieme ad un ragazzo,
che si chiama David. Lui è praticamente cresciuto con me ed
Ellen, ed eravamo
amici fin da quando eravamo piccoli. Lui, quindi, è al
corrente di tutto, e con
questo mi riferisco al fatto che conosce bene la nostra famiglia e sa
chi siamo
veramente.
Ed
è
stato proprio lui, insieme a me e ad Ellen, ad aver ideato il piano,
ovvero il
viaggio nel tempo, che solo in un secondo momento è stato
sviluppato da Bulma
che ci ha aiutato a metterlo in pratica.
Dopo
che
è arrivato Ludir e ci ha rinchiusi nel suo palazzo, io e lui
abbiamo continuato
a frequentarci di nascosto, anche perché Ludir, come vi ho
già detto, non
voleva nemmeno che uscissimo dal palazzo, figuriamoci per incontrare
altra
gente.
Credo
che
comunque Ludir sospettasse che io e lui ci vedevamo di nascosto, ma
soprattutto
credo che sapesse che fosse coinvolto anche lui nei nostri piani, e che
quindi
possa essere al corrente di dove mi trovo io.
Mi
immagino che adesso che io sono scappata e che Ellen non
c’è più, Ludir vada da
lui per chiedergli informazioni su di me»
«Quindi
è
in pericolo anche lui adesso?» chiese Videl, preoccupata.
«Sì,
ma
lui era ed è sempre stato a conoscenza dei rischi a cui
andava incontro, dal
momento stesso in cui ha ideato il piano con noi.»
Spiegò
di
come, durante il volo per il palazzo del Supremo e verso la macchina
del tempo,
si fosse imbattuta in David (aveva insegnato anche a lui a volare), il
quale le
aveva chiesto che cosa fosse successo, avendo sentito dei boati
provenienti dal
palazzo di Ludir.
«Ellen
è
stata eliminata da Ludir.»
Il
ragazzo aveva sgranato gli occhi, ma senza proferire parola.
«Ludir
ha
eliminato Bulma, ed Ellen non è riuscita a
contenersi» gli aveva spiegato
brevemente.
«Quindi
adesso… immagino tu stia andando dalla macchina del
tempo?»
La
ragazza aveva annuito.
«Quanto…
quanto tempo ti serve? Per fare tutto?»
«Penso
tre mesi, circa.»
«Ok.
Ce
la metterò tutta e cercherò di resistere il
più possibile.»
La
ragazza
terminò il racconto, omettendo tuttavia una piccola parte
della scena che le
era rimasta in testa fino a quel momento.
Infatti,
dopo aver informato David dell’accaduto, la ragazza stava per
riprendere il suo
volo verso il Palazzo, ma la sua mano sinistra era stata bloccata da
quella di
David, che l'aveva fatta fermare proprio di fronte a lui.
«Rose,
ci
rincontreremo di nuovo?»
Nella mente di Rose era ancora impressa l’immagine del viso
di lui: nei suoi
occhi verdi colmi di speranza aveva anche intravisto preoccupazione,
paura.
Forse, era terrore.
Si
era sentita
stringere la mano, come se lui non volesse più lasciarla
andare.
Come
se
lasciarla andare avesse voluto dire non rivedersi mai
più.
L'estrema
tenerezza e dolcezza con cui l'aveva guardata (un tipo di sguardo che
lui aveva
solo quando posava gli occhi su Rose) le fece capire tutto in un
baleno: lui
era ancora innamorato di lei, nonostante tutto ciò
che era successo tra di
loro.
Ciò
che
infatti non aveva detto ai presenti, era che, per vari motivi, i due si
erano
lasciati un mese prima.
«Non
lo
so» Rose, profondamente turbata, aveva improvvisamente
sentito un peso
opprimente sul suo petto, così si era liberata dalla presa
di lui e aveva
spiccato di nuovo il volo, allontanandosi più veloce che
poteva. Aveva pensato
che aumentare la distanza tra di loro l'avesse aiutata ad alleggerire
quel peso
che sentiva nel petto ma, una volta arrivata al Palazzo del Supremo,
prima di incontrare
Dende, aveva dovuto asciugarsi la scia lasciata dalle lacrime che
avevano
solcato il suo volto.
Solo
la
domanda che le fece Bulma ridestò Rose dai suoi ricordi:
«Tre mesi? E lui che
cosa deve fare in questi tre mesi?»
«Deve
scappare. Ludir lo cercherà, gli darà la caccia
in ogni parte del globo, e lui
dovrà nascondersi per non farsi trovare. E’ in
questo senso che deve
“resistere”. Probabilmente lui minaccerà
e forse ucciderà anche gli abitanti
della Terra per sapere dove si trova lui, ma purtroppo questo
è il prezzo da
pagare per tentare di salvare la situazione. Verranno tutti riportati
in vita
in qualche modo, ne sono certa!»
Un
luccichio apparve negli occhi della ragazza. Goku la osservò
attentamente:
oltre ad essere interessato alla storia che stava ascoltando,
ciò che più aveva
catturato la sua attenzione era stato il carattere della ragazza.
Riconosceva
in lei quella bontà e quel senso di giustizia che anche lui
stesso provava
quando si trattava di proteggere e salvare gli abitanti del pianeta.
«E
quindi… come farà questo Ludir ad arrivare
qui?» chiese Gohan.
«Con
una
macchina del tempo. Abbiamo fatto in modo di fare una copia del
manoscritto di
Bulma in cui ci sono le istruzioni di come costruire la macchina del
tempo e
David ce l'ha con sé. Una volta che David uscirà
allo scoperto e si farà
trovare da Ludir (sempre che Ludir non lo trovi prima), dopo avergli
fatto
perdere un po' di tempo per avvantaggiarci, dovrà
consegnargli le
istruzioni.
Non
sappiamo quanto tempo ci metterà per farsela costruire, ma
siamo abbastanza
sicuri che ce la farà.
Ovviamente, ci vorrà un po’ di tempo, che, se
sommato a quello che lui
impiegherà per cercare David e tentare di scoprire dove sono
io, credo
passeranno circa tre mesi, se non di più. Ho detto a David
di resistere il più
possibile e di rivelare tutto ciò che sa a Ludir, nel caso
lo riducesse in fin
di vita. Noi, però, dobbiamo prepararci prima del suo
arrivo»
«E
come?»
chiese Goku, scendendo dalla sedia e cominciando a fare stretching
«Io sono già
pronto! Non vedo l’ora di affrontare questo nuovo
nemico!»
«Purtroppo,
non sarà così facile»
affermò Rose «E di certo non potrete affrontarlo
così
come siete adesso».
Si
mosse
leggermente per prendere un oggetto dalla tasca del suo vestito rosso,
e lo
mostrò a tutti: si trattava di una piccola fiala contenente
un liquido di
colore blu.
«Questo»
disse, rivolta a Bulma «E’ l’antidoto che
stavi preparando nel futuro, Bulma,
prima di essere eliminata. Se assunto da noi Saiyan, servirà
per contrastare
gli effetti dei graffi di Ludir. E’ ancora incompleto, per
cui ho bisogno che
tu lo finisca in tempo. Ovviamente, deve essere pronto prima del suo
arrivo»
Bulma,
un
po’ titubante, prese in mano l’antidoto e lo
osservò da vicino. «Cercherò di
fare del mio meglio. Ma… come posso lavorarci su
così, senza informazioni sul
suo contenuto, e nemmeno sulle modalità con le quali
è stato creato?»
«Niente
paura» affermò Rose, estraendo dalla tasca un
libricino e un foglietto di carta
e porgendoli a Bulma «Questi sono tutti i tuoi appunti,
quelli che scrivevi
mentre creavi l’antidoto»
Bulma
aprì il libricino e diede una scorsa veloce alle pagine,
dopodiché sgranò
leggermente gli occhi «Oddio, queste sono cose molto
complesse… credo che
alcune di queste invenzioni non siano ancora state messe a punto nel
nostro
tempo!»
«Lo
so»
disse Rose «molte delle cose che abbiamo nel mio futuro non
esistono ancora in
questo tempo. C’è stato un rapidissimo sviluppo
tecnologico quando io ero
piccola, ed è ancora in corso. Però, confido in
te e nelle tue capacità, Bulma.
Ah,
inoltre, confido in te anche nella riparazione della macchina del tempo
che ho
usato per venire qui. Credo necessiti di ulteriore carburante per
compiere il
viaggio di ritorno»
«C-certo»
disse Bulma «mi metterò al lavoro il prima
possibile»
«Ovviamente»
disse Rose, sorridendole «avrai tutto il mio aiuto. Se
necessario, starò tutto
il tempo in laboratorio con te per darti una mano. Certo, non sono
capace
quanto Ellen quando si tratta di scienza e di tecnologia, ma di molte
cose me
ne intendo»
"Se
Ellen
non fosse stata così avventata” pensò
Rose “adesso sarebbe qui con me e
potrebbe dare una mano a Bulma. In questo modo, il tempo di
completamento
dell''antidoto sarebbe di certo stato minore. Speriamo in bene..."
«Ciao
a
tutti, siamo arrivati!»
Rose
non
ebbe bisogno di girare lo sguardo per capire chi avesse pronunciato
quella
frase. Lo aveva riconosciuto. Era proprio lì, a qualche
metro da lei, appena
uscito dalla porta della casa di Bulma che dava sul giardino, e si
stava
dirigendo verso di loro con un gran sorriso. Ma non era solo.
Era
arrivato il momento che Rose aveva più temuto e desiderato:
rivedere i suoi
genitori.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
CAPITOLO
9
Il
ragazzo si avvicinò sempre di più al tavolo:
teneva il braccio sinistro attorno alla vita della ragazza accanto a
lui, mentre lei, che indossava un vestito giallo che le arrivava fino a
metà cosce, aveva un grosso sorriso stampato sul volto,
incorniciato da lunghi capelli mossi e castani.
Il
ragazzo aveva invece capelli neri e indossava un pantalone viola e una
maglia bianca. Quei capelli a spazzola erano sempre rimasti gli stessi
nel corso del tempo, pensò Rose mentre lo guardava arrivare.
Erano
così dolci insieme: vederli così giovani e
innamorati suscitò in Rose un senso di felicità,
misto alla commozione di poterli rivedere dopo un intero anno in cui
aveva terribilmente sentito la loro mancanza. Adesso erano
lì, davanti a lei, pronti a presentarsi. Già,
come se non si conoscessero… come dei perfetti sconosciuti.
«Siete
arrivati, finalmente!» esclamò Chichi, girandosi
«giusto in tempo per il dolce. Sedetevi!»
Bulma
chiamò due dei suoi camerieri, i quali fecero portare due
sedie, che furono poste proprio davanti a Rose.
«Ciao,
sono Goten!»
Il
ragazzo si presentò poco prima di sedersi, notando la
sconosciuta di fronte a lui.
«P-piacere,
Rose» rispose, sentendosi arrossire.
«Oh,
“Rose”! Che bel nome!» esclamò
la ragazza vicino a Goten «piacere, io sono Valese!»
Sua
madre, per qualche motivo, era così entusiasta di
conoscerla: Rose si sentì all’improvviso
attraversare da una ventata di felicità, tanto che il senso
di commozione e di malinconia che aveva provato fino a quel momento
svanirono in un attimo.
Valese
era così bella, in tutti i suoi –quanti anni
doveva avere? Rose fece due conti… Ah, sì, sua
madre a quell’epoca aveva 27 anni.
«Piacere
di conoscerti!» disse Rose, ricambiandole il sorriso.
Si
mise per un attimo a fissarli. Era così contenta di averli
proprio lì, davanti ai suoi occhi, che fu travolta da
un’emozione indescrivibile. Probabilmente qualcuno
dei presenti, osservando la scena, si sarebbe accorto che lei aveva
“qualcosa a che fare” con loro due, ma a Rose non
importava: voleva solo godersi quel momento. Era passato troppo tempo
dall’ultima volta che li aveva visti.
Goten,
sorpreso dal modo con il quale la ragazza li fissava, le
domandò:
«Scusa,
ci conosciamo?»
Rose
si riprese un attimo, e disse, balbettando un po’:
«N-noi?
No, no, assolutamente no. Cioè, non credo, per lo meno! I-io
sono…» si girò velocemente alla sua
sinistra per guardare Pan «io sono un’amica di Pan!
Vero, Pan?» concluse, dandole una leggera pacca sulla schiena.
Pan,
presa alla sprovvista, impiegò qualche secondo per
realizzare la situazione, dopodiché disse, emulando un certo
entusiasmo:
«C-certo!
Rose è una mia cara amica, l’ho invitata a
mangiare un
boccone con noi!»
Goten
parve convinto della risposta, e non disse più nulla.
«Oh!
Hai il ciondolo uguale al mio!» esclamò Valese,
indicando il
collo di Rose.
“Non
è uguale al tuo, è proprio
il tuo” pensò la ragazza,
portandosi istintivamente la mano sul ciondolo. Si ricordava come se
fosse ieri
il giorno in cui sua madre glielo regalò.
Aveva
appena soffiato sulle candeline e i presenti la avevano
applaudita, quando sua madre le si era avvicinata con un piccolo
pacchetto tra
le mani e le aveva detto:
«Pensavo
di dartelo per il tuo diciottesimo, ma non voglio aspettare
altri quattro anni. Sei una ragazza molto coscienziosa, quindi sono
sicura che lo
custodirai tanto quanto l’ho fatto io.»
La
ragazza, curiosa, aprì la scatola ed estrasse una collana
scura
dalla quale pendeva un ciondolo a forma di mezza luna.
«La
tua collana!» esclamò, stupita.
«E
adesso è tua. E’ una tradizione che tramandiamo da
generazioni:
mio nonno, che era un orefice, creò appositamente questa
collana per mia nonna
e gliela regalò quando lei stava molto male per via di una
grave malattia.
Qualche tempo dopo, tuttavia, mia nonna riuscì a guarire e,
una delle prime
cose che mi aveva detto dopo la guarigione, fu che quella collana le
aveva donato
molta forza.»
“La
stessa forza che mi servirà per portare a termine questa
missione” pensò la ragazza, accarezzando il
ciondolo e ripercorrendo quel
ricordo nella sua mente.
«Non
pensavo ne facessero altri così» riprese a dire
Valese,
pensierosa «il mio me l’ha fabbricato mio nonno.
Sai, era un orefice!»
Rose
le sorrise calorosamente.
«Allora
tuo nonno deve essere stato un ottimo orefice»
A
qualche sedia di distanza, a capotavola, Goku, insospettito dalla
particolarità dell’evento, continuava a girare la
testa prima a destra, verso
Rose, e poi a sinistra, verso Goten e Valese. E viceversa.
«Adesso
ho capito!»
Si
alzò sulla sedia e sbattè le mani sul tavolo,
spostando l’attenzione
di tutti i presenti su di lui. Puntò il dito verso Rose e
disse:
«Tu
devi essere la figlia di…»
Non
fece in tempo a finire la frase poiché Chichi si
spostò immediatamente
verso di lui e gli mise le mani sulla bocca.
«La
figlia di quello che ci viene a portare la frutta!» disse lei
completando
la frase del marito «Sì, ti abbiamo riconosciuta,
sei proprio tu! Ecco perché ti
sembrava famigliare, Goten!»
Per
qualche secondo, tutti i presenti rimasero a fissare Goku che
cercava di parlare nonostante avesse le mani di Chichi sulla bocca,
mentre,
nello stesso tempo, si divincolava come un matto per allontanarla.
«Non
sono sempre così sai, a volte sono anche normali»
cercò di
giustificare Goten a Rose.
La
ragazza si lasciò andare ad un piccolo risolino, proprio
mentre
i camerieri cominciavano a servire il dolce.
Nessuno,
per qualche minuto, aprì bocca, tranne che per mangiare
le deliziose pietanze che avevano cucinato i cuochi di Bulma.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
CAPITOLO
10
Nel
frattempo, Rose aveva avuto l’occasione di osservare tutti,
uno ad uno.
A
parte per suo nonno Goku, che era la prima volta che vedeva di persona,
tutti gli altri erano sì cambiati e invecchiati nel corso
del tempo, ma caratterialmente erano sempre rimasti gli stessi: nonna
Chichi, per esempio, era sempre così premurosa nei confronti
della sua famiglia e, in quel tempo in particolare, Rose
notò che era molto spensierata e felice.
Nel futuro, invece, Chichi era di certo felice di avere attorno la sua
famiglia, ma sicuramente non lo era quanto lo era adesso.
Osservò
prima lei e poi il “piccolo” Goku, e le ritornarono
subito in mente tutti gli avvenimenti e le vicende che le aveva sempre
raccontato sua nonna fin da quando era piccola, e che riguardavano
Goku: le aveva raccontato di come si erano conosciuti, di come si erano
sposati e di tutte le volte che il nonno era scomparso per
chissà dove, per poi ritornare sempre da lei; era sempre
accaduto così, diceva Chichi, ma non 17 anni fa, quando se
ne andò via e non tornò mai
più.
Rose conosceva a memoria queste storie, e anche
l’atteggiamento di Chichi quando le raccontava: sembrava
così estasiata quando parlava di Goku, ma nello stesso tempo
era triste, e Rose sapeva che sentiva più di tutti la sua
mancanza.
Doveva
essere quello stesso anno, proprio quello nel quale si trovava adesso,
in cui Goku se ne sarebbe andato; la nonna le aveva sempre detto che
Goku era partito qualche mese prima della sua nascita.
Gohan
e Videl, invece, erano pressappoco sempre gli stessi.
Lo zio Gohan era sempre rimasto un uomo buono e gentile, dedito al
sapere e alla cultura, che la aveva sempre aiutata negli studi quando
ne aveva bisogno: andava sempre da lui a chiedere chiarimenti sulle
lezioni, e lo zio era sempre pronto ad aiutarla.
Aveva capito molte cose grazie a lui!
Inoltre, Rose andava spesso a casa loro, quando poteva: oltre a voler
scambiare due chiacchere con gli zii, le piaceva anche passare del
tempo nella loro biblioteca, perché anche Rose amava tanto
leggere; lì aveva l’imbarazzo della scelta in
quanto a libri.
La
zia Videl, invece, era casalinga a tempo pieno, e si occupava spesso
dei suoi nipotini. Andava anche spesso a trovare Chichi,
così come lo faceva Rose, in quanto l’anziana
donna era rimasta sola e spesso aveva bisogno di una mano.
Che
dire di Pan? Beh, Pan era la sua cuginetta!
Nel suo tempo non era tanto piccola, però restava pur sempre
la sua cuginetta, quella preferita, quella che praticamente
l’aveva cresciuta.
Rose conosceva Pan come le sue tasche: nel suo futuro, si vedevano
molto spesso nonostante Pan avesse una sua famiglia, e per Rose era
come una sorella maggiore. Le confidava tutto, ma proprio
tutto, e Pan era sempre pronta a darle dei consigli.
Inoltre era stato grazie a Pan che Rose aveva raggiunto
l’elevato livello di potenza che possedeva adesso: certo, il
suo livello non era alto come quello della stessa Pan oppure di Ellen
(che si allenava tantissimo rispetto a lei), ma di certo non si poteva
definirla debole, per essere una donna Saiyan.
Era stata infatti Pan ad allenarla fin da quando era bambina,
poiché suo zio e suo padre si allenavano raramente.
Le venne subito in mente ciò che le aveva detto Pan una
volta:
“Se ci fosse stato il nonno Goku, avresti potuto allenarti
anche con lui, ogni volta che volevi. Lui amava tantissimo il
combattimento, e probabilmente ti avrebbe resa mille volte
più forte!”. Pan, ovviamente, si riferiva al fatto
che lei aveva una famiglia propria, e dunque spesso non aveva neanche
tempo di vedere Rose per allenarla.
Invece,
le cose erano diverse per Ellen. Lei aveva suo nonno Vegeta che la
allenava quando voleva: anche per questo motivo lei era molto
più forte di Rose.
C’è anche da dire che Ellen aveva molta
più determinazione e volontà di lei
nell’allenarsi: forse, pensava Rose, questo era dovuto al
fatto che per Ellen l’allenamento costituiva soprattutto una
valvola di sfogo, che le consentiva di liberare tutta quella rabbia che
aveva dentro, causata da un brutto avvenimento che le era accaduto
quando era piccolina:
la morte di sua madre.
Questa
sua componente aggressiva si rivelava soprattutto
attraverso il suo carattere: Ellen non era docile e delicata come lo
era Rose.
Ellen era un vulcano, una ragazza testarda e a volte molto irascibile,
ma nello
stesso tempo era anche molto solare ed estroversa. Le piaceva tanto
uscire la
sera, stare sempre con i suoi amici e andare a ballare con loro. Cosa
che non
era mai andata molto a genio al padre Trunks.
Suo
padre era un po’ severo nei suoi confronti, secondo Rose:
spesso la rimproverava di stare troppo tempo fuori casa e di tornare
troppo
tardi la sera, e quando diceva a sua figlia di non uscire oppure quando
le
proibiva di fare qualcosa, lei puntualmente lo faceva, spesso e
volentieri di
nascosto.
D’altronde,
l’atteggiamento di Trunks era comprensibile: aveva
perso la moglie quando sua figlia era molto piccola, per cui era stato
costretto a badare a lei da solo e voleva assicurarsi che fosse al
sicuro e che
non finisse nei guai.
Inoltre,
Trunks ed Ellen vivevano in una villa molto grande non molto distante
dalla Capsule Corporation, e Trunks si sentiva molto spesso solo quando
la figlia non c’era. Tuttavia, non poteva aspettarsi un
atteggiamento diverso dalla figlia, che attraverso il suo essere
disobbediente tentava di costruirsi una propria identità, le
cui fondamenta erano venuta a vacillare nel momento stesso in cui aveva
perso sua madre.
Ma
c’era un altro fatto da prendere in considerazione per
Trunks: sua figlia era molto bella. Era una bellezza diversa rispetto a
quella di Rose: se Rose aveva i tratti scuri tipici della sua famiglia,
ovvero occhi neri e capelli castani, Ellen aveva invece ereditato gli
occhi azzurri dal padre e dalla nonna, mentre i capelli biondi dalla
madre; i capelli mossi, invece, non era certo da chi li avesse
ereditati, dal momento che nella sua famiglia possedevano tutti i
capelli lisci. Infatti Bulma sosteneva sempre che Ellen, in quanto ad
aspetto esteriore, assomigliava molto a sua madre da giovane.
Caratterialmente, invece, Bulma la aveva sempre paragonata a se stessa
da giovane: una sorta di "Bulma in miniatura", ma molto più
energica di quanto fosse lei alla sua età.
Nonostante
fossero molto diverse, anzi quasi opposte, Rose ed Ellen andavano molto
d’accordo: erano cresciute insieme, esattamente (come le
avevano detto) come i loro padri, che da piccoli ne avevano combinate
tante insieme. Anche nel futuro, Trunks e Goten erano rimasti molto
amici, e spesso si organizzava qualche pranzo o cena per stare tutti
assieme.
Rose
andava d'accordo con Trunks, ma era capitato, più e
più volte, che Rose, nel coprire l'amica quando usciva di
nascosto e/o con qualche ragazzo, notasse lo sguardo torvo che Trunks
le rivolgeva non appena scopriva che gli stava mentendo.
Ellen,
infatti, ne combinava tante: Goten si trovava spesso a ricevere visite
di Trunks che voleva sapere dove fossero le due ragazze.
Goten di solito lasciava sempre molto libera sua figlia, per cui a
volte non sapeva bene dove lei si trovasse e non sapeva dare una
risposta certa a Trunks; capitava che Goten rimproverasse Rose,
dicendole di non coprire Ellen nel caso combinasse qualcosa di grave,
ma Rose aveva sempre preferito aiutare l’amica, alla quale
piaceva molto uscire con i ragazzi.
Se lo avesse saputo Trunks, sarebbe sicuramente andato su tutte le
furie!
Rose lo sapeva, ovviamente, e credeva non ci fosse niente di male:
anche lei, d'altronde, prima di mettersi con David, era uscita con
alcuni ragazzi, e non aveva avuto alcun tipo di problemi con suo padre.
Entrambi i suoi genitori, infatti, la lasciavano estremamente libera di
fare ciò che più desiderava, sia a lei che a suo
fratello Lucas. Ed era questo ciò che Rose amava di
più dei suoi genitori: la fiducia che riponevano in lei.
Certo,
c’era anche da dire che Rose non aveva lo stesso carattere di
Ellen: lei infatti non amava uscire spesso la sera, a differenze
dell’amica. Le piaceva passare molto tempo a casa con la sua
famiglia, e passava spesso a trovare Pan o la nonna Chichi, che era
sola. Inoltre, usciva anche spesso con il suo ragazzo, che era ben
accetto nella sua famiglia.
David era infatti il classico bravo ragazzo, un ragazzo dolce e
intelligente, che aveva deciso di conquistare Rose dopo
un’infanzia passata come semplici compagni di giochi. Avevano
frequentato le scuole elementari insieme, ma durante le scuole medie
avevano completamente perso i contatti. Solo grazie ad un gruppo di
amici in comune, con i quali uscivano la sera, i due si erano ritrovati
dopo tanto tempo, e, dopo un periodo di frequentazione, si erano messi
insieme. Lui era 3 anni più grande di lei; nel tempo in cui
si trovava adesso, pensò Rose, lui era già nato.
David piaceva molto alla sua famiglia, in particolare ai suoi genitori:
era molto gentile ed era anche molto simpatico, ma, cosa più
importante, la trattava come fosse la persona più
importante per lui. E Rose sapeva che era così.
Rose, infatti, non riusciva a non perdere la testa per i bravi ragazzi:
questo, se da un lato era un punto a suo favore, dall’altro
lato era invece stato uno svantaggio per lei, soprattutto quando, il
mese prima della sua partenza, era successo
quell’avvenimento, che aveva scosso le fondamenta della sua
relazione, e l’aveva portata alla rottura con David.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
CAPITOLO
11
Nessuno,
per fortuna, le rivolse qualche altra domanda sul suo
futuro e sulla sua vicenda nel corso del pranzo. Forse,
pensò Rose, perché
avevano quasi tutti capito il suo legame con Goten e Valese, in base al
modo
con il quale si era comportata con loro, dopo aver mentito
spudoratamente sulla
sua vera identità. Rose capì che i suoi pensieri
erano fondati quando, vedendo
che Goten si accingeva ad assaggiare un piatto a base di salsa di noci,
la
ragazza intervenne un po’ allarmata:
«Ma
che cosa fai? Perché mangi quel piatto?»
Goten,
un po’ sbigottito, le domandò:
«Perché? Che cosa c’è di
strano?»
«Beh,
è un piatto a base di noci, e tu sei allergico alle
noci»
disse Rose con molta naturalezza. La ragazza si accorse solo in un
secondo
momento di essersi tradita, talmente abituata com’era ad
avvertire il padre
ogni volta che a tavola c’era una pietanza contenente noci.
«Oh»
esclamò Goten, aggrottando un po’ le sopracciglia.
Poi si
rivolse alla madre «non mi avevate detto che qui dentro
c’erano noci»
«Oh,
tesoro, mi ero completamente dimenticata che eri allergico
alle noci!» disse Bulma, scusandosi con Goten.
«Non
fa niente» disse Goten, allontanando il piatto. Subito dopo,
però, si accorse che qualcosa non andava: Rose lo vide
cambiare espressione ed
assumerne un’altra che rivelava sospetto ed
incredulità.
E
quell’espressione
era rivolta a lei. Così, Rose si ritrovò a dover
rispondere alla sua domanda:
«Scusa,
ma tu come fai a saperlo?»
Vi
fu qualche secondo di silenzio generale, durante il quale tutti
i presenti fissavano, allarmati, prima Goten e poi Rose.
La
ragazza pensò che ormai avevano capito tutti, e che
ciò che
aveva appena detto ne era stata la conferma. Per fortuna, prima che
Rose
riuscisse a trovare una scusa plausibile da potergli raccontare, Chichi
prese
la parola, salvando la ragazza in extremis:
«Gliel’ho
detto io!»
Goten
si girò e la fissò incredulo, ancora
più confuso di prima.
«Vedi,
Goten, gliel’ho detto io perché Rose ci ha aiutati
a
preparare il cibo. Voleva a tutti i costi dare una mano,
così le ho detto che,
nel caso avesse voluto cucinare piatti a base di noci, non avrebbe
dovuto
offrirli a te perché ne sei allergico!»
Goten,
ancora una volta, sembrò convinto della risposta che gli
diede la madre. Si girò ancora una volta verso Rose, e le
sorrise.
Rose,
che
temeva che il suo futuro padre avesse per un attimo sospettato di
qualcosa,
all’improvviso si sentì sciogliere di fronte a
quel sorriso e sentì il cuore
alleggerirsi. Quanto avrebbe voluto dirgli la verità!
Avrebbe
voluto passare
del tempo con loro due, per recuperare tutto il tempo che aveva
trascorso senza
di loro.
Passò
circa un’oretta, durante la quale si parlò del
più e del
meno; non venne più citata la storia di Rose, la
quale rimase per la maggior
parte del tempo in silenzio ad osservare gli altri e a godersi quei
momenti di
pace, che, probabilmente, sarebbero giunti al termine
nell’arco di 3 mesi, a
meno che David non avesse parlato prima e che Ludir non fosse stato
più veloce
nel scoprire dove lei si trovasse e nel costruire una macchina del
tempo.
Goten
e Valese, dopo una lunga chiacchierata con gli altri,
comunicarono la loro decisione di andare al cinema nel pomeriggio,
quindi
salutarono tutti e se ne andarono.
«Piacere
di averti conosciuta!» esclamò Valese a Rose poco
prima
di avviarsi verso il cancello d’uscita. Rose non sapeva
perché, ma
evidentemente era rimasta molto impressa nella mente della futura madre.
Rose
rispose con un «Altrettanto!», dopodiché
i due sparirono
oltre il cancello.
Non
passarono neanche dieci secondi da quando si furono
allontanati, che Chichi, tutta emozionata, subito domandò
alla ragazza,
attirando l’attenzione di tutti i presenti: «Rose!
Tu sei la figlia di Goten e
Valese, giusto?»
Sua nonna, trattenendo l’emozione, fissava la ragazza
sorridendo e attendendo
una conferma da parte sua.
Rose
arrossì nuovamente e, alzando leggermente lo sguardo verso
Chichi, disse, con voce flebile:
«Si
vedeva così tanto?»
«Oh,
tesoro! Non ci posso credere! Avrò un’altra
nipotina!»
esclamò Chichi entusiasta, unendo le mani davanti al viso.
Intrecciò le
dita delle mani tra loro e le avvicinò alle labbra,
nascondendo un largo
sorriso.
«Wow!»
intervenne Pan «che bello! Quindi tu sei mia
cugina!»
«Sì»
rispose semplicemente Rose, cercando di contenere l’emozione
che anche lei stava provando nell’essere riconosciuta dalla
sua famiglia.
Se
fino a qualche ora prima l’avevano vista solo come
un’estranea, adesso invece
capivano finalmente che non lo era mai stata.
«Urca!»
esclamò Goku, dall’altro capo del tavolo
«adesso mi spiego
perché somigli così tanto a Goten!
Però adesso è chiaro anche il motivo per cui
fin dall’inizio ho percepito la tua forza. Non ne sono ancora
sicuro, ma
percepisco dalla tua aura una buona forza combattiva». Sul
suo volto erano
disegnate un’espressione e un sorriso di sfida che Rose, fino
a quel momento,
aveva visto solo in Vegeta.
«Che
ne dici» le propose Goku «se un giorno di questi ci
allenassimo insieme? Mi piacerebbe molto vedere quanto sei
forte»
«Volentieri!»
rispose Rose, entusiasta.
Un
allenamento con suo
nonno Goku? Non aveva aspettato altro!
Quando
lei ed Ellen avevano programmato
il viaggio nel passato, spesso avevano pensato all’emozione
di poter conoscere
il leggendario Goku. Bulma aveva detto loro:
“Vi consiglio di viaggiare nel tempo e di arrivare a 17 anni
fa, ovvero nel
periodo precedente alla partenza di Goku, in modo che possa aiutarvi.
Potete
contare sul suo aiuto, sono certa che non esiterà a darvi
una mano; secondo me,
sarà anche emozionato nel sapere di poter avere un nuovo
nemico da affrontare.
Inoltre, avrete l’opportunità di conoscerlo, e
chissà, magari anche di
allenarvi con lui!”.
Nel suo tempo, in particolare per lei e per Ellen, Goku era sempre
stato solo
un personaggio delle favole, raccontate dai loro genitori e dai nonni
prima di andare a letto per
farle addormentare. Ma anche per farle divertire: c'erano talmente
tanti aneddoti da raccontare che si era sempre chiesta se
tutte quelle storie che aveva sentito fossero vere.
Avevano
ascoltato tante
avventure della vita di Goku, ma Rose non avrebbe mai immaginato che un
giorno
avrebbe avuto l’opportunità non solo di
conoscerlo, ma addirittura di potersi
battere con lui e di testare la sua potenza. Non se lo sarebbe mai
immaginato,
eppure stava per tramutarsi in realtà.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
CAPITOLO
12
Rose passò i giorni
che seguirono a casa di Bulma. Ancora non se la sentiva di stare a casa
dei suoi nonni oppure dei suoi zii sul monte Paoz: sarebbe andata da
loro solamente dopo aver dato una mano a Bulma. Inoltre,
non riusciva a guardarli e a non pensare, inevitabilmente, alla
versione di loro stessi nel suo futuro, ovvero quelli che lei
conosceva: aveva bisogno di un po’ di tempo per elaborare la
cosa.
La maggior parte del tempo,
quindi, lo passava con Bulma in laboratorio, aiutandola a comprendere
sia la composizione dell’antidoto sia il procedimento
necessario al suo completamento. Ma era un’impresa ardua:
Rose, più che intendersi di chimica e di scienza, aveva
sentito parecchie volte Ellen e Bulma discutere sul contenuto e sul
procedimento di preparazione dell’antidoto, per cui tentava
di aiutare Bulma con quel poco che era rimasto impresso nella sua
memoria. Era anche per questo motivo che Rose avrebbe preferito che ci
fosse stata anche Ellen al suo fianco: probabilmente, Bulma avrebbe
potuto completare l’antidoto molto più velocemente
con un’esperta come lei al suo fianco. Se solo Ellen non
fosse stata così stupida e impulsiva!
La ragazza, nel frattempo,
aveva avuto l’occasione di fare un giro nell’enorme
casa di Bulma. Ovviamente la conosceva già molto bene: aveva
praticamente passato gran parte della sua infanzia lì
dentro, sia a giocare con Ellen che a presenziare ai grandi eventi
organizzate da Bulma, come il suo 70esimo compleanno. Rose se lo
ricordava come fosse ieri: lei ed Ellen avevano rispettivamente 9 e 8
anni.
Avevano finito di pranzare da
un bel po’, e mentre gli altri erano tutti rimasti in sala a
chiacchierare, lei ed Ellen erano andate in una cameretta a giocare. Le
tornò alla memoria la gran quantità di giochi che
c’erano in quella stanza, tutti regalati da Bulma sia a sua
nipote che a Rose; molti erano in quella stanza perché le
bambine, spesso, andavano lì insieme per giocare.
Rose entrò in quella
camera: attualmente, Bulma la utilizzava come una semplice stanza degli
ospiti, ed era praticamente intatta. C’era un letto sulla
destra, un enorme tappeto per terra e una finestra posta proprio sul
muro opposto rispetto all’entrata, che dava sul cortile della
casa. La ragazza girò lo sguardo verso sinistra, dove ora si
ergevano degli enormi scaffali pieni di oggetti di decorazione, che
entro qualche anno, pensò Rose, sarebbero spariti per fare
posto a tutti i loro giocattoli. Il suo sguardo, subito dopo, cadde in
quell’angolo della stanza, quello tra gli scaffali e la
finestra: era ancora perfettamente integro!
“No, la storia deve
andare così! Non come dici tu!” furono le parole
che Ellen le aveva urlato addosso, quando, giocando con le bambole, era
venuto il momento di decidere la storia.
“No! Io voglio che li
facciamo sposare! Non devono essere solo amici!” le aveva
replicato Rose.
“Le bambole sono mie
quindi decido io!”
“Assolutamente no!
Sto giocando anche io quindi devo decidere anche io!”
Fu un attimo, e dalle parole si
passò ai fatti: lei ed Ellen cominciarono a litigare
pesantemente e Rose, infuriata, le lanciò un’onda,
che Ellen parò con la mano con facilità,
mandandola fuori dalla finestra.
“E’ tutto
qui ciò che sai fare?!” le aveva domandato Ellen
con fare arrogante; come se ciò non bastasse a far saltare i
nervi a Rose, l’amica aveva cominciato anche a farle
linguacce e a prenderla in giro. Rose non aveva nemmeno fatto in tempo
ad aprire bocca che aveva visto Ellen creare un’onda con
entrambe le mani, proprio di fronte a lei e, in un nanosecondo, aveva
visto l’onda avanzare velocemente verso di lei; solo uno
spostamento rapido le
aveva permesso di evitare l’onda per un soffio.
L’onda, però, con un forte boato era andata a
colpire l’angolo della stanza proprio dietro di lei, causando
un enorme buco nella parete.
Sconcertate, le bambine erano
rimaste a fissare la parete con terrore pensando alla reazione che
avrebbe avuto Bulma quando lo avrebbe visto. Un attimo dopo avevano
sentito la porta aprirsi, ed erano comparsi Valese,
Bulma, Trunks e la madre di Ellen, i quali, allarmati, avevano prima
guardato le bambine e poi, solo in un secondo momento, si erano accorti
del buco alla parete di fronte a loro.
“Bambine!”
Aveva urlato Bulma con disperazione “ma che cosa avete
combinato? Avete distrutto la parete!”
“Che cosa
è successo? Perché avete distrutto la
parete?” aveva chiesto la madre di Ellen con fare
interrogatorio, guardando torva la figlia.
Rose ricordava vagamente la
madre di Ellen: di lei rammentava solo i capelli biondi e lisci che
portava fino sopra le spalle, e i suoi occhi verde smeraldo. Era sempre
stata una donna serena e pacata, ma nei confronti
dell’educazione di sua figlia era abbastanza severa: la
rimproverava spesso per tutti i danni che faceva (Ellen,
d’altronde, non era mai stata una bambina tranquilla), e la
metteva spesso in punizione. Nonostante ciò, amava
moltissimo sua figlia, nei confronti della quale aveva sempre
desiderato il meglio.
Aveva conosciuto suo marito
durante una festa organizzata dai dipendenti della Capsule Corporation,
che era stata indetta per festeggiare un affare importantissimo appena
concluso da Trunks con un’azienda multinazionale. A quei
tempi, lei lavorava solo da pochi mesi nella Capsule Corporation, per
cui non aveva ancora avuto l’opportunità di
incontrare il presidente; lui era conosciuto a livello mondiale, ma lei
non aveva che visto di lui solamente una o due foto su qualche
giornale. Partecipando a quella festa, le aveva raccontato Ellen una
volta, sua madre e suo padre avevano avuto
l’opportunità di conoscersi e, a sua detta, era
stato amore a prima vista.
Purtroppo,
all’età di 8 anni, Ellen aveva perso sua madre in
un incidente stradale, ed era stato da quel momento in avanti che aveva
cominciato ad incrementare i suoi allenamenti e a raggiungere un
elevatissimo livello di potenza, rendendo Ellen la ragazza che Rose
aveva sempre conosciuto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
CAPITOLO
13
Era ormai passata poco
più di una settimana dall’arrivo di Rose nel
passato, e la ragazza non vedeva l’ora di allenarsi con suo
nonno Goku; una mattina, quindi, decise partire alla volta del monte
Paoz. Non impiegò nemmeno 10 minuti ad arrivare a
destinazione: non fece neanche in tempo a riconoscere le tipiche
montagne a forma appuntita che dominavano il paesaggio circostante, che
subito le vide: le due case a forma ovale, una appartenente ai nonni e
l’altra agli zii, collegate tra loro tramite un vialetto.
Atterrò proprio
davanti alla porta d’ingresso della casa più
piccola di colore giallo, quella dei suoi nonni. Bussò alla
porta e aspettò; Chichi le venne ad aprire quasi subito.
«Oh, ciao
tesoro!» esclamò entusiasta la donna, che
evidentemente non si aspettava l’arrivo della ragazza
«che bello rivederti! Come stai? Entra pure!»
«Ciao,
nonna…» Rose si interruppe
all’improvviso. Forse non era molto carino che una "perfetta
sconosciuta" (nell’ottica di Chichi, ovviamente) la chiamasse
“nonna”. Per cui le venne naturale chiederle:
«Ti spiace se ti
chiamo così? Insomma, io nel futuro sono abituata a
chiamarti così…»
«Ma figurati! Anzi,
devi chiamarmi così!» la rassicurò
Chichi, facendole l’occhiolino.
Rose si sentì
sollevata, così sorrise ed entrò. Anche la casa
dei suoi nonni era rimasta praticamente la stessa nel corso del tempo,
a parte per alcuni mobili, sostituiti nel suo futuro con alcuni in
versione più moderna. La ragazza ebbe subito la sensazione
di sentirsi a casa, al sicuro: è in quella casa che, fin da
quando lei era bambina, tutta la sua famiglia si riuniva, e si passava
del tempo tutti assieme.
«Allora, come hai
passato questi giorni, Rose?» le chiese sua nonna,
sorridendole affettuosamente.
«Abbastanza bene. Li
ho passati principalmente in laboratorio ad aiutare Bulma con
l’antidoto»
«Avete fatto qualche
passo in avanti?»
«Pochi»
rispose la ragazza, un po’ rassegnata «ma sono
certa che ce la faremo , prima o poi»
«Ne sono
certa!» replicò Chichi, sorridendole ancora una
volta. Poi le domandò: «Ti va una tazza di
tè?»
«Oh, no grazie,
nonna. Magari dopo» Rose notò che c’era
un silenzio tombale in casa, per cui immaginava che Goku non fosse in
casa. «Sai dov’è andato il
nonno?»
«E’ andato
da qualche parte qui vicino ad allenarsi»
«Oh, perfetto! Allora
vado subito da lui»
«Oh, è una
battaglia persa con voi!» affermò Chichi con fare
rassegnato, scuotendo la testa.
«Che cosa?»
Rose rimase molto sorpresa dall’affermazione di Chichi, e la
guardò stupita.
«Voglio dire, non
importa chi tu sia, ma se sei parente di Goku oppure semplicemente un
Saiyan, avrai sempre nel sangue la voglia di allenarti e di combattere.
Credo che per voi sia una sorta di istinto, qualcosa di connaturato.
Vero?» concluse Chichi, questa volta sorridendole e facendole
nuovamente l’occhiolino.
Per un momento, Rose aveva pensato che Chichi fosse arrabbiata con lei:
sapeva che sua nonna aveva sempre preferito una vita tranquilla per
tutti i suoi familiari, ma nel suo futuro, dal momento che Goku non
c’era più, aveva sempre spronato i suoi nipoti ad
allenarsi, “per il futuro della Terra”, diceva.
Anche in quel momento, la nonna si era dimostrata comprensiva.
«Credo proprio di
sì» rispose Rose «ma non è
sempre del tutto vero. Ci sono alcune persone nel futuro, come per
esempio mio fratello, alle quali non piace combattere, per cui non si
allenano neanche»
Chichi parve un po’
stupita delle sue parole. Rose pensò per un attimo che il
suo stupore fosse dovuto al fatto di aver appena sfatato una sua
teoria, invece Chichi chiese, emozionata: «Mi stai dicendo
che avrò anche un nipotino?!»
«E’ quello
che ho detto, no?» Anche Rose le fece l’occhiolino,
e si avviò verso la porta. Poco prima varcare la soglia di
casa, però, sentì Chichi domandare:
«Rose, tesoro, pranzi
con noi oggi?»
«Perché
no?» rispose lei, raggiante. Così, uscì
di casa e spiccò il volo, alla ricerca di Goku.
Lo trovò non molto
lontano dalla casa: era intento ad allenarsi, da solo, lanciando pugni
e calci a raffica. La ragazza si avvicinò a lui ma, poco
prima di atterrare, Goku si girò verso di lei: probabilmente
l’aveva già sentita arrivare.
«Rose!»
esclamò, contento «ciao! Quale buon vento ti porta
qui?»
«Sono venuta ad
allenarmi con te, nonno!»
La
ragazza gli rivolse un gran sorriso: era molto
emozionata di potersi trovare con Goku in carne ed ossa, ma soprattutto
di
avere la possibilità di allenarsi con lui.
«Oh,
giusto!» disse Goku, come se se lo fosse appena ricordato
«Allora mettiamoci subito al lavoro! Non vedo l’ora
di scoprire quanto sei forte»
Goku si mise subito in
posizione da combattimento, con il braccio destro e la gamba destra
tesi in avanti, rivolgendo alla ragazza uno sguardo di sfida.
Lo stesso fece Rose.
Non vedeva l’ora di cominciare il combattimento.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
CAPITOLO
14
Rose attaccò Goku
per prima, sferrandogli un pugno, che però lui
parò con facilità. La ragazza cominciò
dalle basi, anche perché doveva ancora scaldarsi: lo
attaccava continuamente con calci, pugni e qualche onda; era anche
abbastanza veloce nello schivare i colpi del nonno, ma sapeva benissimo
che anche lui stava impiegando solamente una misera percentuale della
sua totale potenza: lo percepiva dalla sua aura. Continuarono a
combattere in questo modo per più di 10 minuti, ovvero il
tempo necessario per completare il loro riscaldamento;
dopodiché, Goku si fermò e disse:
«Non male, per non
avermi mostrato ancora tutta la tua potenza»
Rose lo guardò
intensamente e ricambiò lo stesso sorriso di sfida che aveva
Goku impresso sul volto.
«Bene, allora
cominciamo a fare sul serio» disse lei.
Così, ripresero il
combattimento, ma con maggior foga rispetto a prima: si sferrarono
calci, onde e pugni molto più potenti. Molte volte Goku
riuscì ad allontanare la ragazza mandandola per terra contro
un masso, ma lei riuscì sempre ad alzarsi e a tornare da lui
per combattere.
La battaglia si faceva sempre
più agguerrita, fino a che Rose non vide Goku cominciare a
creare un’enorme onda energetica, pronta per essere lanciata
nella sua direzione; la ragazza non perse tempo e creò anche
lei un’onda, che andò a scontrarsi con quella di
Goku producendo un enorme boato. I due tentavano più che
potevano di potenziare la propria onda per avere la meglio
sull’altro, ma Rose dopo un po’ si accorse di non
essere in grado di fronteggiare un’onda così
potente senza un “piccolo” ausilio, che dunque mise
subito in atto.
Così,
dall’altra parte, Goku sentì il flusso della sua
onda energetica diminuire, mentre quello di Rose aumentava ed arrivava
sempre più velocemente nella sua direzione; si chiese da
dove provenisse tutta quella potenza improvvisa. Quindi, decise di
trasformarsi in Super Saiyan di primo livello, e, con lo spropositato
aumento della sua aura, incrementò anche la potenza
dell’onda, che, seppur con qualche difficoltà,
riuscì alla fine a colpire il suo avversario, travolgendo
completamente la ragazza.
Dopo che gli effetti
dell’onda sparirono, Goku, un po’ malconcio, ma
ancora trasformato in Super Saiyan, vide a terra la ragazza e subito
volò nella sua direzione, per accertarsi che stesse bene.
Rose era a terra stremata, ma appena vide Goku si rialzò, e
si mise di nuovo in posizione di attacco.
«Ah, vedo che stai
bene. Meno male!» esclamò Goku «Ascolta,
mentre lanciavamo l’onda come hai fatto ad aumentare la tua
aura così all’improvviso? Per riuscire a
contrastare la potenza della tua onda ho dovuto trasformarmi in Super
Saiyan…»
«Beh, non
è così difficile» rispose
lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Fece tre passi indietro e
cominciò ad incrementare la sua energia, mettendosi nella
classica posizione: braccia aperte e mani a pugni, con le gambe
leggermente piegate. Goku la vide concentrarsi profondamente, e dopo
qualche secondo, vide l’inimmaginabile, ciò che
non si sarebbe mai aspettato: i capelli della ragazza di fronte a lui
assunsero una colorazione bionda e si alzarono leggermente, mentre
tutto il suo corpo veniva circondato da un’aura dorata.
All’improvviso, sprigionò talmente tanta forza che
Goku fu costretto ad allontanarsi leggermente per non essere travolto
dalla sua energia.
Di fronte a quella scena, Goku
rimase a bocca aperta: fissava Rose incredulo, come se non riuscisse a
credere ai suoi occhi.
Li riaprì e li
richiuse ripetutamente per vedere meglio ciò che aveva
davanti ai suoi occhi: una ragazza che si era appena trasformata in
Super Saiyan.
Era talmente preso a guardarla
che non si accorse in tempo che la ragazza, alla velocità
della luce, era partita verso di lui per sferrargli un pugno: lo
colpì dritto nella pancia, così fu scaraventato
all’indietro. Subito sentì molto dolore
all’altezza dello stomaco, ma riuscì comunque a
fermarsi e guardare nuovamente la ragazza. Prima che lei attaccasse di
nuovo, disse, spalancando la bocca:
«Che cosa?!
T-tu… sai trasformarti in Super Saiyan?! Ma come
è possibile?!»
Rose, che non si aspettava una
domanda del genere, né tantomeno di vedere tutto lo stupore
dipinto sul volto di suo nonno, disse:
«Beh, che cosa
c’è di strano? Non hai mai visto un Super
Saiyan?»
«Sì, ne ho
visti molti nella mia vita, ma è la prima volta che vedo una
donna
trasformarsi in Super Saiyan!»
Questa volta, fu Rose a
rimanere sorpresa.
Come, non aveva mai visto una
Super Saiyan donna? Non era possibile, c’era qualcosa che non
andava… Le venne per un attimo in mente l’immagine
di una persona del suo tempo, che la fece riflettere.
Non poteva essere.
“Ma
come, ma non si trasforma…?” si domandò
tra
sé e sé, aggrottandosi le sopracciglia.
Possibile
ci fosse qualcosa che non andava?
«Davvero?»
domandò lei «beh è molto strano,
perché…»
Ma
si fermò all’improvviso.
“Mi
raccomando, non rivelare mai le cose prima
del tempo.” -ricordava le parole di Dende come se le fossero
state dette ieri- “è
importante non compromettere il naturale corso delle cose”.
Forse, in quel momento, era
Rose ad essere più confusa di Goku, ma decise comunque di
non dire niente, per il momento, a Goku: avrebbe poi scoperto da sola
il motivo di quella stranezza.
«E’ molto
strano!» si limitò a dire la ragazza, in tono
serio «Ma comunque non fa niente. Riprendiamo il
combattimento!»
Si
lanciò nuovamente contro il “ragazzino”
ma, questa volta, Goku non fu più
colto alla sprovvista e riuscì a parare tutti i colpi della
ragazza. Lei se la cavava molto bene, anzi alla grande, per cui fu un
combattimento interessante per lui.
Dopo un’oretta circa,
Goku riuscì a mandarla al tappeto trasformandosi in Super
Saiyan di secondo livello: con quel livello, la ragazza non aveva le
minime possibilità di competere contro di lui e di resistere
ai suoi attacchi; per cui, dopo l’ennesima onda energetica,
entrambi terminarono il combattimento stremati.
«Brava» le
disse Goku, con un occhio mezzo chiuso «sei molto forte,
complimenti. Sei anche molto più forte di Pan!»
«Grazie»
replicò Rose, sorreggendosi un braccio che sanguinava
leggermente «Però, c’è da
dire che nel futuro Pan è il triplo, se non di
più, più forte di me. Con lei, mi ricordo, non
avevo mai speranze di batterla!»
«Sì, Pan
ha un buon potenziale» affermò Goku
«infatti sono convinto che se si allenasse di più
raggiungerebbe un livello molto più elevato rispetto a
quello che ha adesso»
Entrambi raggiunsero volando la
casa di Chichi, che nel frattempo era intenta a cucinare il pranzo
assieme a Videl. Gohan, invece, era seduto sul divano, assorto nella
lettura di un giornale.
Appena li videro entrare,
Chichi, allibita, abbandonò la cucina e venne verso di loro.
«Ma come vi siete
ridotti?! Goku, potevi pure andarci piano con lei!»
«Perché
avrei dovuto?» rispose Goku, divertito «Non ce
n’era alcun bisogno. E’ molto forte»
Rose sorrise al
complimento, ma Chichi sembrò non notarlo e
trascinò la ragazza con sé, dicendo, tutta
preoccupata: «Vieni, ti medico io»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
CAPITOLO
15
Le giornate seguenti passarono
molto tranquillamente per Rose, la quale divideva il suo tempo tra casa
Briefs e casa Son.
Finalmente, la ragazza si stava
sempre più abituando alla compagnia della sua famiglia in
versione più “giovane”, e ormai non
faceva solo che pensare a trascorrere dei bei momenti e delle belle
giornate, facendo tesoro di ogni momento passato con loro. Infatti, non
sapeva quale sarebbe stato il suo destino: se perire nel passato per
mano di Ludir, oppure se sarebbe riuscita in qualche modo a tornare nel
suo futuro, con o senza Ludir.
Il suo pensiero tornava spesso
a coloro che erano rimasti nel futuro: erano 5 in totale, 5 bambini
ancora nelle mani di Ludir. Tre bambini erano figli di Pan, mentre due
di Bra. Rose sperava che stessero tutti bene, e in particolare che
Melanie, la bambina a cui voleva particolarmente bene, non sentisse
troppo la sua mancanza.
Melanie aveva solo 6 anni, ed
era la preferita di Rose: infatti, tra di loro si era instaurato un
legame profondo sin da quando la bambina era nata: Rose
l’aveva praticamente vista nascere. Melanie era una bambina
vivace ma nello stesso tempo dolce e gentile: aveva ereditato la
spensieratezza e la determinazione dalla madre e la gentilezza dal
padre. Esteriormente, invece, era tutta suo padre: aveva ereditato da
lui gli occhi blu e i capelli biondi, che però erano lisci
come quelli della madre. Li portava non troppo lunghi, fino alle
spalle, mentre due ciocche che partivano dalla fronte attraversavano
tutta la testa e si univano dietro la nuca, legati da un fermaglio di
colore verde.
Melanie, nonostante fosse
figlia di Pan, non aveva una gran forza energetica, anche se era
comunque più forte dei suoi coetanei. Negli ultimi mesi Rose
aveva dovuto allenarla, sotto richiesta di Ludir, anche se la bambina
non era particolarmente mai stata interessata al combattimento; anche
nei tempi di pace, sia Rose che Pan avevano provato ad allenarla, ma
lei non aveva mai nutrito un grande interesse per la lotta.
Piuttosto,
alla bambina piaceva molto fare la “parrucchiera”: Rose ricordava con piacere
tutti quei momenti in cui, mentre lei era seduta a tavola a
chiacchierare tranquillamente con gli altri, Melanie le era spuntata
dietro la schiena e le aveva preso i capelli per pettinarla oppure per
farle qualche acconciatura strana. La bambina era sua consigliera anche
nella scelta dell’outfit: ogni volta che Rose indossava
qualcosa oppure era indecisa su cosa mettersi, Melanie non perdeva mai
occasione di dire la sua su quale vestito o abbinamento fosse
più adatto.
Rose, inoltre, passava molto
tempo con la bambina e la faceva giocare spesso: in fondo, anche lei si
divertiva un sacco!
Ricordava di tutte quelle volte
passate in giardino a giocare e a rincorrerla mentre la bambina rideva,
oppure di quando, ogni volta che dovevano mangiare tutti assieme, lei
si sedeva accanto a Rose oppure direttamente in braccio a lei. Ancora
ricordava quella foto: c’erano lei stessa, Rose, seduta su
una sedia, e sopra di lei era comodamente seduta Melanie, sulla quale a
sua volta era seduto il cane della sua famiglia, costretto dalla
bambina stessa a rimanere seduto sopra di lei. Doveva ancora avere
quella foto, da qualche parte.
D’altro canto
però, Rose sapeva benissimo che il fratello di Melanie,
George, si sarebbe preso cura di lei nel migliore dei modi. George non
era tanto piccolo, anzi era un ragazzino: aveva 12 anni ma aveva
già la testa sulle spalle ed era molto in gamba. Lui, al
contrario della sorellina, aveva ereditato il carattere tranquillo e
gentile dal padre, mentre i capelli e gli occhi neri li aveva presi
dalla madre. Assomigliava un po’ a suo nonno Gohan: infatti,
i capelli erano ribelli e tendevano ad andare verso l’alto,
un po’ come il taglio di capelli di tutti i Saiyan della sua
famiglia.
Lui,
esattamente come Rose ed Ellen, non si era mai fatto sottomettere da
Ludir e dalle sue idee nel corso dell’ultimo anno:
d’altronde era tra i più grandi di quelli rimasti,
per cui era meno influenzabile dalle idee malvagie che Ludir aveva
cercato di inculcare in tutti loro. Nonostante ciò, i tre
ragazzi avevano sempre fatto finta di seguirle, pena la tortura o
peggio ancora la morte.
Lo stesso non si poteva dire
dei bambini: Rose ed Ellen avevano cercato più che potevano
di prenderli in disparte e di farli ragionare, convincendoli a non
ascoltare ciò che Ludir diceva loro. Non sempre,
però, la cosa aveva funzionato: più volte avevano
assistito alle azioni brutali che Ludir aveva fatto compiere loro, in
particolare ai due cugini di Ellen.
La bambina più
piccola che c’era tra di loro aveva solo 3 anni, e per
fortuna non capiva ancora molto di ciò che succedeva attorno
a lei; data la sua età, Ludir la faceva allenare ma la
trattava con maggior rispetto e cautela rispetto a come trattava gli
altri.
D’altronde, la
bambina era piccola e aveva maggior potere su di lei, per cui la
trattava bene e voleva che crescesse secondo la sua volontà.
La piccola Cloe poteva sembrare una perfetta combinazione tra i tratti
della madre e quelli del padre: infatti, aveva i capelli neri e gli
occhi azzurri. Di fatto, però, i suoi occhi non erano
azzurri come quelli del padre, rispetto ai quali erano molto
più chiari, quasi tendenti al grigio: esattamente come il
colore degli occhi di sua nonna Videl.
I
pensieri di Rose, però, non andavano solo ai piccoli Saiyan
rimasti nel suo tempo: aveva pensato molto anche a David.
Si
chiedeva che cosa stesse facendo, dove si trovasse in quel momento e se
sarebbe riuscito a resistere alle eventuali torture che Ludir gli
avrebbe inflitto nel caso gli avesse chiesto di parlare.
Sperava
che Ludir ci impiegasse molto tempo a trovarlo, in modo che, trascorsi
i 3 mesi di tempo di cui Rose aveva bisogno, David avesse solamente
dovuto rivelargli tutto tranquillamente, senza subire alcun tipo di
tortura. D’altronde, Rose non voleva che David soffrisse a
causa sua: era già successo, e non voleva che si ripetesse
di nuovo. Certo, in passato si erano trattate di sofferenze
“psicologiche” più che fisiche, ma era
comunque già abbastanza ciò che Rose aveva fatto
passare a quel povero ragazzo.
Rose fu costretta a pensarci di
nuovo, anzi addirittura a dover raccontare quella tediosa
vicenda, quando, seduta ad un tavolino in un bar assieme a Pan e Bra,
la conversazione era vertita sull’argomento
“ragazzi”.
Rose era uscita con le due
ragazze in seguito ad un invito da parte loro, ed era stata
contentissima di aver avuto l’opportunità di
approfondire la conoscenza con una Pan e una Bra giovani, praticamente
sue coetanee, pur quanto le sembrasse strano avere a che fare con la
versione più giovane delle due donne che conosceva nel suo
futuro.
«Io ultimamente mi
vedo con un ragazzo» esordì Bra «ma
ancora niente di serio. Vedremo come va! Spero solo che mio padre non
ne venga a conoscenza, sennò si arrabbierebbe un bel
po’!»
«Oh, beata te che
hai questo tipo di problemi!» esclamò Pan
con fare rassegnato «Io invece ho un problema ben
più grave» il suo sguardo all’improvviso
si fece triste e sconsolato «non riesco a trovare un ragazzo!
Tutti quelli con cui sono uscita dopo un po’ mi hanno
scaricata!»
Pan sembrava davvero disperata,
e Rose, osservandola, si chiese subito quale fosse il motivo di
ciò che aveva appena detto: non riusciva a capacitarsene,
dal momento che nel suo futuro, parlando con la Pan adulta che
conosceva, non le era mai parso che avesse avuto problemi nel trovare
un ragazzo.
Aveva anche avuto
l’occasione di vederla in qualche foto quando era giovane, e
non le era sembrata per niente una brutta ragazza. Confrontò
mentalmente le foto che aveva visto con la Pan di adesso:
effettivamente, era ancora un po’ piccola, e nelle foto che
aveva visto doveva avere avuto qualche anno in più. Sarebbe
cambiata così in fretta, nel corso del tempo.
«Perché ti
hanno scaricata, Pan?» le domandò Rose, mostrando
un atteggiamento comprensivo nei suoi confronti.
Pan alzò lo sguardo
triste verso di lei: «Non lo so. L’ultimo mi ha
scaricata l’anno scorso mentre cercavo di mettere fine ad una
rapina in corso; infatti a causa di quella rapina, il cinema era stato
chiuso e io volevo andare al cinema con lui. E lui, anziché
essermi riconoscente, è scappato via a gambe
levate!»
A quel punto
appoggiò i gomiti sul tavolo e affondò il viso
nella mani, sbuffando.
«Ma è
normale, Pan!» intervenne Bra «Non devi mai
mostrare la tua reale forza ai ragazzi, perché loro vogliono
essere più forti di noi. Sai, per poterci proteggere. So che
non sarà mai così, ma per lo meno devi farglielo
credere»
Rose pensò che
c’era un po’ di verità in ciò
che Bra aveva detto, ma non era del tutto d’accordo.
Così disse:
«Questo è
vero. Però secondo me un ragazzo dovrebbe accettarti
così come sei se veramente gli piaci e gli interessi, anche
se sei più forte di lui. Il mio ex ragazzo, per esempio, lo
sapeva, e tra di noi questa cosa non è mai stata motivo di
conflitto»
Rose, guardando
l’interessamento che all’improvviso era comparso
sui volti di Pan e di Bra, pensò che forse non avrebbe
dovuto parlare di David; ormai, però, erano finite in pieno
in quell’argomento, e ora non poteva più tirarsi
indietro.
Certo, le avrebbe fatto piacere
parlare a qualcun altro che non fosse Ellen di quella storia, ma nello
stesso tempo parlarne e ricordare quegli avvenimenti le causava dolore,
anche perché erano abbastanza recenti: erano accaduti solo
il mese precedente alla sua partenza.
«Ah, è
vero!» si illuminò Pan all’improvviso,
dimenticandosi dei pensieri che aveva avuto fino a poco prima
«Ricordo ora che l’altra volta avevi parlato del
tuo ex ragazzo! E’ quello che sta scappando per non essere
catturato da Ludir, vero?»
«Sì,
proprio lui» rispose Rose, accennando un sorriso.
«E come si
chiama?» chiese Bra, curiosa «Quanti anni
ha?»
«Si chiama David ed
è 3 anni più grande di me. Quindi nel futuro ha
19 anni»
«Se posso
chiederti…» intervenne Pan con fare indiscreto
«hai appena detto che lui sapeva della tua forza ma non ha
mai avuto problemi al riguardo. E allora perché vi siete
lasciati?»
Rose, sentendo quelle parole,
si rese subito conto di come fosse evidente che Pan non avesse mai
avuto una relazione fino a quel momento. Era ancora inesperta: era
evidente che ci fossero milioni di motivi per i quali una relazione
potesse giungere al termine, e il fatto che lei fosse molto
più forte di lui non c’entrava assolutamente
niente con i motivi della rottura.
«E’
una storia molto lunga!» disse Rose, così
cominciò a raccontare.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
CAPITOLO
16
«Allora,
tutto è cominciato il mese scorso,
quando Ludir ha organizzato una festa di compleanno per festeggiare
i 15
anni di Ellen. Vedete, lui, nonostante sia malvagio, fa spesso queste
cose, con
il solo obiettivo di entrare nelle nostre grazie, in modo da non
sembrare ai
nostri occhi un essere troppo cattivo. E’ una mossa sporca e
ovviamente io ed
Ellen non ci siamo cascate, ma comunque ci ha fatto piacere evadere un
po’
dalla monotonia quotidiana in cui ci aveva rinchiuso Ludir da lungo
tempo.
Comunque,
Ludir ha invitato in questa festa
praticamente tutti i ragazzi si Satan City, a parte il mio ragazzo,
ovviamente,
perché credo che non abbia mai sopportato la sua
presenza.
In
ogni caso, non aveva molta importanza, perché
sarebbe stata una festa breve senza alcuna conseguenza, o almeno io
così
credevo all’inizio.
Io
ed Ellen ci eravamo vestite molto bene, nel
senso che entrambe indossavamo un vestito e dei tacchi. Eravamo davvero
belle e
ci sentivamo bene, era da tanto che non ci sentivamo
così» Rose arrossì e
sorrise, ripensando a quel ricordo.
«Mi
ricordo che la festa era cominciata da circa
una mezz’oretta, ed Ellen stava ballando con gli altri in
pista mentre io ero
al bancone a prendere qualcosa da bere, quando all’improvviso
vidi entrare lui.
Questo
ragazzo si chiama Michael, e io lo
conoscevo già prima di conoscere David: vedete, lui era
fidanzato con una
ragazza quando lo conobbi, e subito dopo che lui si era lasciato mi
ricordo che
avevamo cominciato a sentirci, e io ci avevo provicchiato
perché mi era sempre
piaciuto, fin da subito. Ricordo che eravamo andati in discoteca e che
avevamo
ballato insieme, ed eravamo addirittura stati sul punto di baciarci, ma
lui mi
aveva frenata dicendomi che non voleva “usarmi”
solo per fare un torto alla sua
ex ragazza (per la quale stava ancora male), e inoltre mi aveva detto
chiaramente che non meritavo questo trattamento. Un po’ me lo
aspettavo perché
era chiaro che lui pensasse ancora alla sua ex, però
dall’altra parte questo
fatto mi rese ancora più pazza di lui, perché
aveva dimostrato nei miei
confronti un’enorme sincerità. Io sapevo di
piacergli, perché era chiaro che
anche lui ricambiasse, però dopo quell'avvenimento ci
perdemmo un po’ persi di
vista e non ci sentimmo più, e io qualche mese dopo mi misi
con David.
Due
mesi dopo che mi ero messa con lui, però,
ebbi l’occasione di rivedere Michael ad una festa organizzata
da mio cugino, in
quanto loro due sono molto amici. Lì, tra un bicchiere di
vino e l’altro, lui
cominciò a flirtare con me: mi ricordo ad un certo punto che
stetti tutto il
tempo seduta su di lui, e lui voleva prendermi la mano, ma io cercavo
di
ritraermi sempre, nonostante l'evidente attrazione che c'era tra me e
lui. Lo
so, sono una brutta persona» replicò Rose di
fronte agli sguardi stupiti e un
po’ giudicanti di Pan e Bra «però non ci
potevo fare niente, quel ragazzo mi ha
sempre attratto. Ci fu anche un momento in cui rimanemmo da soli in una
stanza,
dove era evidente che lui avrebbe voluto baciarmi, ma io ovviamente non
lo feci
perché ero fidanzata»
Rose
fece una piccola pausa, durante la quale
Pan e Bra non dissero nulla: erano concentrate su di lei, aspettando di
sentire
il resto della storia.
«Comunque,
come stavo dicendo, lo vidi lì, di
fronte alla porta, arrivare nella sala dove si stava svolgendo la festa
organizzata da Ludir. Mi ricordo che appena lo vidi rimasi di stucco, e
lo
fissai con gli occhi sgranati tenendo il bicchiere in mano; intanto
ripetevo nella
mia testa:
“Stai
calma, Rose, stai calma. Non agitarti”
Io
non sapevo che cosa dire e nel frattempo
notai (con enorme piacere) che lui mi stava squadrando tutta, da capo a
piedi;
potevo solo immaginare che cosa stesse pensando di me, e quel pensiero
mi fece
arrossire. Poi fu lui a prendere l’iniziativa, quindi si
avvicinò a me e disse:
“Rose
anche tu qui? Sono contento di rivederti!
Quanto tempo!” e poi ci abbracciammo. Ovviamente era
altamente improbabile che
lui non fosse a conoscenza del fatto che ci sarei stata anche io a
quella
festa, ma feci finta di niente e gli chiesi il motivo per il quale si
trovava
lì. Ovviamente mi disse che era per via
dell’invito di Ludir, così si sedette
al bancone con me e cominciammo a chiacchierare e a bere qualche
bicchiere.
Il
tempo passava veloce e ci perdemmo a
chiacchierare per più di un’ora: mi sono sempre
trovata benissimo a parlare con
lui, ho trovato sempre piacevole la sua compagnia»
Rose
si interruppe un attimo, abbassò lo sguardo
e sorrise, pensando a Michael e a tutti i discorsi che fecero quella
sera.
A
quel punto Pan e Bra si guardarono a vicenda,
dopodiché Bra chiese:
«E
lui invece, quanti anni ha? E com’è?»
«Lui
è un anno più grande di me, anche se sembra
molto più grande, di statura. Ha i capelli neri, gli occhi
castani e la barba.
Esteriormente, secondo me, è un ragazzo molto carino, ma
poi, più che altro, è
un ragazzo molto dolce, gentile e di buone maniere»
«E
poi, che è successo?» domandò Pan
incuriosita.
«Purtroppo»
continuò Rose «mi accorsi troppo tardi
di aver bevuto qualche bicchierino in più, e dopo
un’ora che stavamo parlando
provai ad alzarmi in piedi, ma barcollai e stetti per cadere; per
fortuna
Michael ebbe i riflessi pronti e riuscì a prendermi poco
prima che cadessi. A
quel punto mi disse che sarebbe stato meglio se ci fossimo seduti sulle
poltrone non molto distanti dal balcone.
Così,
lui andò a sedersi su una poltrona e io,
da stupida quale sono, anziché andare a sedermi su
un’altra poltrona mi venne
la brillante idea di sedermi su di lui» il tono di Rose si
fece sarcastico.
«Quindi,
mi appoggiai sul suo petto e chiusi gli
occhi perché mi girava tanto la testa. Non so se lui si
aspettasse o meno che
io mi sedessi su di lui, ma ricambiò il mio
‘abbraccio’ appoggiando le mani sui
miei fianchi. In quel momento ricordo che sentii i brividi, forse per
l’emozione che provavo nell’essere così
vicina a lui…
Restammo
per qualche minuto in quella posizione,
dopoiché sentii il suo viso avvicinarsi sempre di
più al mio.
Aprii
gli occhi e lo vidi con gli occhi chiusi,
le sue labbra che sfioravano le mie.
Chiusi
di nuovo gli occhi, senza fare nulla, e
lui si avvicinò ancora di più, posando le sue
labbra sulle mie.»
«Ma....
David....» sibilò Pan, preoccupata.
«Lo
so» fece Rose «Il bacio si fece sempre
più appassionato
ma io, mi resi conto all'improvviso di quello che stava accadendo e mi
staccai
da lui.
Non
feci neanche in tempo ad alzarmi che subito
sentii una voce familiare urlare il mio nome.
Mi
girai e, vedendo Ellen venire verso di noi,
mi alzai subito e la raggiunsi. Anche Michael fece lo stesso e mi
seguì: in
quel momento sperai che non mi toccasse né facesse qualche
altra mossa che
potesse far capire ad Ellen che tra di noi c’era appena stato
qualcosa. Lei ci
chiese che cosa stessimo combinando, con fare molto sospettoso.
“Niente!”
risposi io quasi urlando. Poi mi girai
verso Michael e dissi: “Ellen, questo è Michael.
Michael, lei è Ellen”
“Non
hai bisogno di presentazioni” gli disse
Ellen, sorridendo “ti conosco già per sentito
dire”
Ovviamente
questa frase mi creò non poco
imbarazzo, perché non volevo far sapere a Michael che avevo
parlato di lui ad
Ellen, anche se il mio interesse per lui era purtroppo molto evidente.
Michael
si presentò con un “piacere” e sorrise,
dopodiché Ellen si avvicinò leggermente a me e mi
sussurrò:
“Rose,
mi raccomando, fai attenzione e non fare
cose di cui potresti pentirti”
Io
mi allontanai e le urlai, barcollando “Ma
figurati! Stai tranquilla”; poi, credo stetti per cadere
perché sentii le
braccia di Michael che mi sostenevano da dietro. A quel punto Ellen,
vedendomi
barcollare, mi chiese:
“Rose,
ma quanti bicchieri hai bevuto?!”
“Pochi”
risposi io “era l’alcool che c’era
dentro che era insolitamente troppo forte…”
Non
feci in tempo a finire la frase che vidi
arrivare un ragazzo (che non avevo mai visto) dietro di Ellen, il quale
si
avvicinò a lei e posò le mani sul bacino, dandole
un bacio sulla guancia. Ellen
girò la testa e, vedendo che era lui, gli sorrise. Lui le
chiese di tornare a
ballare con lui in pista e lei fece cenno di sì col capo,
dopodiché si girò
verso Michael e disse, assumendo un’espressione
molto seria:
“Mi
raccomando. Abbi cura di lei e non
approfittartene visto che è in questo stato!”
Sentii
Michael dietro di me fare di sì con la
testa, dopodiché Ellen e quel ragazzo se ne
andarono.
Così
rimanemmo soli io e lui e tornammo a
sederci sulla poltrona.
Questa
volta, però, cercai di mantenere un po'
di quel senno che avevo perduto con i troppi bicchieri di alcool, e
andai a
sedermi sull'altra poltrona anziché nuovamente sopra
Michael.
"Rose,
sei sicura di sentirti bene?"
ricordo che mi chiese lui.
Io
gli risposi con un debole cenno, prima di
chiudere gli occhi e di lasciare andare la testa all'indietro, sfinita.
Poco
dopo sentii lui alzarsi e venire verso di
me. Mi prese la mano e disse:
"Dai,
alzati. Ti porto a letto, hai bisogno
di stenderti un po', è evidente che non stai bene"
L'unica
cosa che uscì dalla mia bocca fu un
mugolio, e non ricordo poi il tragitto che facemmo dalla sala ad una
delle
camere da letto del palazzo»
«Ahia»
commentò Bra «Non penso questa storia
vada a finire molto bene»
Rose
guardò la ragazza per un momento senza dire
nulla, dopodiché riprese il suo racconto:
«Arrivati
nella stanza, mi ricordo che mi aiutò
a stendermi sul letto e che poi si stese anche lui, di fianco a me. Io
ad un
certo punto, però, mi girai su un fianco verso di lui e lo
abbracciai.
Lui
ricambiò l'abbraccio, dandomi un bacio sulla
fronte.
Dopo
qualche minuto lui si avvicinò di più a me
e cominciò a giocare con i miei capelli e ad accarezzarmi la
testa; a me faceva
anche molto piacere, essendo in quello stato. Mi ricordo che mi fece
rilassare
un sacco.
Poi,
però, si avvicinò sempre di più e mi
baciò
di nuovo. Ancora una volta non riuscii a staccarmi subito: era come se
ci fosse
una calamita che mi attirava in qualche modo a lui»
La
ragazza si interruppe per qualche secondo e
abbassò lo sguardo, triste.
«Per
fortuna, prima che il bacio si trasformasse
in qualcos altro, lo bloccai.
"Scusami.
Mi sono lasciato troppo
andare" mi disse lui.
“No”
dissi io “la colpa è anche mia. E' come se
ci fosse qualcosa, tra me e te, che...”
Non
riuscii a completare la frase, perché avevo
paura di quello che volevo dire. Poi però lui disse:
“Lo
so. Anche tu mi attrai molto e, per qualche
motivo, mi è molto difficile resisterti.”
Ci
guardammo per qualche secondo ma nessuno
disse più nulla. Io chiusi gli occhi e, presa dalla
stanchezza e dallo
stordimento dell'alcool, mi addormentai.»
Nel
frattempo, Pan e Bra erano talmente prese
dal racconto di Rose che l’arrivo della cameriera che portava
le bibite che
avevano ordinato le fece sussultare.
«E
quindi» le domandò Bra, sorseggiando la sua
bevanda «insomma, alla fine… non è
successo niente?»
«Non
proprio.» la ragazza
assunse un’espressione addolorata.
«La
mattina dopo mi svegliai
che lui era ancora affianco a me. Quasi mi ero dimenticata che avevamo
dormito
insieme, quindi lì per lì mi prese il panico che
fosse successo qualcosa tra di
noi durante la notte.
Così,
lo svegliai e glielo chiesi.
"Ahimè,
no" fu la risposta che mi
diede lui "non è successo nulla tra di noi stanotte. Abbiamo
solo
dormito."
Mi
sentii subito sollevata dalla sua risposta.
"Grazie al cielo!", pensai.
Così,
ci alzammo e uscimmo dalla camera, ma ciò
che ci trovammo davanti mi fece saltare il cuore di parecchi
battiti»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
CAPITOLO
17
«Vedemmo
David
in corridoio. Che vagava da solo, come se stesse cercando
qualcosa.»
Pan
e Bra
sgranarono gli occhi, completamente assorbite dal racconto di Rose.
«Appena
mi vide uscire dalla camera gli si illuminarono gli occhi, ma non
appena notò
Michael spuntare dietro di me, il suo entusiasmo svanì in un
attimo.
Io
lo
guardai spiazzata, in completo panico, con il cuore in gola.
Rimasi
immobile a fissarlo, non sapendo che fare, mentre lui decise di venirci
incontro.
"Rose?
Ma, che cosa..." guardava ripetutamente me e Michael come se non
credesse
ai suoi occhi "Che cosa sta succedendo qui?"
"Ludir
ha dato una festa per i quindici anni di Ellen, ieri sera" gli risposi.
"E
perché nessuno me lo ha detto?"
"Ludir
ce lo ha fatto sapere ieri pomeriggio, e poi non ci ha permesso
più di uscire
dal palazzo. E sai che non ci permette di avere nemmeno un cellulare
per
comunicare tra di noi"
David
per
qualche secondo non disse più nulla, limitandosi a osservare
stranito Michael.
"Ma
tu che ci fai qui?" gli chiesi io, sperando di deviare la sua
attenzione
su un altro argomento, ma soprattutto per evitare la domanda che stava
per
farmi.
"Mi
è arrivato un messaggio da un numero sconosciuto, credevo
fossi tu. Anzi, c'era
scritto che eri tu. Diceva di
venire al Palazzo perché dovevi
dirmi qualcosa, visto che Ludir oggi non c'era"
"Ma
non sono stata io!"
Ero
allibita, anche perché io non avevo mai fatto una cosa del
genere.
"Come
no? E allora chi è stato?" mi chiese David.
Io
alzai
le spalle, ma la sua attenzione fu di nuovo attirata dalla presenza di
Michael.
"E
lui chi è?"
"Oh,
lui è Michael. David, questo è Michael, e
Michael, questo è David"
Michael
porse una mano verso di lui, che però David
ignorò per chiedermi "E perché
siete usciti dalla stessa camera? Avete passato la notte insieme?"
In
quel
momento non sapevo che dire. Avevo il cuore in gola, impaurita da
quello che
dovevo spiegargli.
"Ehm...
sì, abbiamo passato la notte insieme, però ti
assicuro che non è successo
nulla."
David
si
mise a guardarmi per cercare di capire se avessi mentito o meno, ma poi
sentimmo una voce alle nostre spalle dire:
"Ah
sì? Non è successo nulla? Io invece qui ho dei
filmati che dimostrano il
contrario."
Ci
girammo tutti e tre a guardare Ludir che, tenendo in mano un oggetto
che
assomigliava ad una telecamera, avanzava verso di noi.
"Ieri
sera questi due “piccioncini” si sono dati da fare
in tua assenza" spiegò
lui a David "guardali, seduti qui insieme sul divano, uno sopra
l'altro."
Girò
l'aggeggio verso di lui e gli fece vedere il filmato di me e Michael
seduti in
salotto, che mostrava proprio il momento stesso in cui lui mi diede il
bacio.
"Poi
sono andati in camera e hanno passato la notte insieme. E secondo te
non è
successo nulla?" scoppiò in una fragorosa risata "Che
ragazzo
ingenuo" e sparì dalla nostra vista svoltando l'angolo.
Quel
farabutto aveva messo delle telecamere nella sala e
nell'ingresso.»
«Non
ci
posso credere» fece Bra.
«Ma
tu e Michael comunque non siete andati oltre e non avete fatto niente
in camera
da letto!» esclamò Pan «David ti ha
creduto, vero?»
Rose
guardò la cugina e sentì gli occhi inumidirsi.
«Non
dimenticherò mai lo sguardo che mi rivolse dopo aver
guardato quei filmati: era
deluso e amareggiato, come se il mondo gli fosse appena crollato
addosso. Nei
suoi occhi vedevo la speranza e la fiducia che aveva sempre riposto in
me
diventare sempre più piccole e svanire
completamente.»
La
ragazza si fermò un attimo per cercare di mandare
giù il nodo alla gola che le
impediva di proseguire il discorso, e a ricacciare indietro le lacrime.
«Non
mi
disse più nulla: si girò e se ne andò.
Io gli corsi dietro, cercando di rassicurarlo
sul fatto che non fosse successo nulla tra me e lui in camera da letto,
ma lui
non si voltò e, una volta fuori, spiccò il volo e
sparì dalla mia vista.
Nei
giorni seguenti tentati di contattarlo, di andarlo a trovare e di
cercare di
spiegargli come erano andate le cose, ma lui non mi ha più
voluta sentire nè
vedere.
Almeno,
fino a che Ellen lo ha contattato per dirgli del nostro piano segreto
contro
Ludir. Lì. è stato costretto a vedermi»
«Quindi...
non avete più parlato dell'accaduto?» chiese Bra.
«Di
fatto, no. Non abbiamo più avuto occasione di chiarirci.
Anche perché poi, come
vi ho già spiegato, è successo tutto
all'improvviso quando Ellen si è
arrabbiata con Ludir per la morte di Bulma, quindi sono dovuta partire
subito e
io e lui non ci siamo più parlati»
«Ma...
quindi è stato Ludir a inviare quel messaggio a
David?» domandò Pan.
«Già»
«Ma
perché fare una cosa del genere?»
«Perché
Ludir non ha mai visto di buon occhio David, sapeva che era molto
legato sia a
me che ad Ellen e che quindi non poteva essere soggetto alla sua
influenza:
sapeva che, se avesse avuto occasione, David gli sarebbe andato contro.
Inoltre, aveva paura che io ed Ellen ci potessimo servire di lui (visto
che io
e lei non potevamo quasi mai uscire dal Palazzo) per organizzare
qualcosa
contro di lui. Cosa che, in ogni caso, siamo riusciti a fare.
Quindi,
gli ha inviato quel messaggio per farlo venire al Palazzo e cogliere me
e
Michael sul fatto.»
«Ma...
se
non lo voleva di torno, come mai non lo ha eliminato?» chiede
Bra.
«Semplice. Ludir
voleva tenerselo come "arma di ricatto" nei miei confronti: sai
quante volte mi minacciava dicendo che, se non avessi fatto quello che
diceva
lui, sarebbe andato a uccidere David?»
«Terribile»
commentò Bra.
«E
comunque, il motivo per il quale voleva allontanarmi da David era anche
un
altro, che ho scoperto grazie a Michael.
Vedete,
qualche giorno dopo quell'avvenimento, Michael venne al
palazzo di Ludir
per vedermi perché voleva parlarmi, ma io stavo talmente
male per via di quello
che era successo con David che non volevo rivederlo. Lui tuttavia
insistette,
facendomi capire che era una cosa urgente, quindi accettai di parlare
con
lui.
Mi
rivelò
che quando Ludir aveva inviato l’invito per la festa a tutti
i ragazzi della
città, aveva precisato che chiunque fosse riuscito ad andare
a letto con una di
noi due, avrebbe ricevuto un premio in denaro.
Io
rimasi
scioccata, e Michael mi disse che quella non era stata, per lui, la
ragione per
la quale aveva partecipato alla festa, dicendomi che era venuto
solamente per
vedermi e per passare del tempo con me, anche solo in amicizia; mi
disse che a
lui non importava niente del denaro che Ludir aveva promesso loro. Io
all’inizio non gli credetti e mi arrabbiai con lui, pensando
che avesse tentato
di baciarmi solo per portarmi a letto, quella sera. Tuttavia,
più ragionavo e
più effettivamente mi rendevo conto che lui aveva comunque
rispettato il mio
volere e che non aveva mai osato andare oltre, quindi decisi di non
incolparlo
di nulla, anche perché era chiaro come il sole che fosse
sincero mentre mi
parlava»
«Scusa,
ma perché Ludir voleva che uno dei ragazzi venisse a letto
con voi?» chiese
Bra, confusa.
«Voleva
che almeno una di noi due rimanesse incinta. In questo modo, avrebbe
potuto
allevare lui stesso un bambino Saiyan fin da piccolo, magari
inculcandogli
tutte le sue idee di conquista dell'Universo. Anche
perché, quasi tutti
noi Saiyan rimasti nel futuro siamo abbastanza grandi da sfuggire al
lavaggio
del cervello che lui ha sempre voluto subissimo»
Bra
e Pan
rimasero per un attimo spiazzate nel sentire le parole di Rose, che
parevano
tanto crudeli quanto assurde.
«Le
cose
andarono bene per me» riprese a dire Rose «in
quanto, per fortuna, non successe
mai nulla tra me e Michael, ma purtroppo le cose non andarono
altrettanto bene
per Ellen, che invece scoprì qualche giorno dopo di essere
rimasta incinta»
«O
mio
Dio!» esclamò Pan, sgranando gli occhi e
mettendosi una mano davanti alla
bocca.
«Già.
Il
giorno dopo, quando mi sono risvegliata, andai nella camera di Ellen
per vedere
se stesse bene e per raccontarle ciò che mi era accaduto la
sera prima con
Michael, e lei mi raccontò che aveva avuto un rapporto con
un ragazzo, lo
stesso con la quale la avevo vista la sera prima.»
«Ma
quindi…» intervenne Bra «quando
l’altro giorno hai detto che Ellen è stata
eliminata da Ludir… insomma lei era incinta quando
è stata eliminata? E Ludir
non lo sapeva?»
«No,
non
era incinta» affermò Rose
«perché io ed Ellen, giusto il giorno prima di
compiere il viaggio nel tempo, siamo andate nella stanza dello Spirito
e del
Tempo per allenarci, e lì, durante l’allenamento,
Ellen perse il bambino. Il
nostro allenamento, d'altronde, non è stato per niente
leggero.»
Pan
e Bra
alzarono leggermente le sopracciglia, dispiaciute.
«Lo
so, è
una cosa molto brutta, ma è stato un bene per Ellen. Diceva
sempre che non
voleva dare luce ad un bambino che poi sarebbe stato allevato da Ludir,
né
tantomeno voleva avere un bambino in grembo durante il viaggio nel
passato che
avrebbe dovuto fare con me.
Ricordo
ancora quanto Ellen stette male per questo fatto, ma da una parte fu
positivo
perché riuscì a tirare fuori il meglio di lei:
tutta la rabbia che aveva
dentro, infatti, si riversò nel combattimento, e le permise
di migliorare
tantissimo in un solo giorno»
Bra
e Pan
fissavano Rose con grande dispiacere, pensando a ciò che la
ragazza aveva
appena detto.
«Ma
è orribile»
esclamò Pan «Io credo che abortire sia una cosa
terribile»
Rose
fissò Pan per un attimo, pensando a ciò che lei
stessa le aveva sempre
raccomandato, nel suo futuro:
“Rose,
mi
raccomando. Usa sempre precauzioni con il tuo ragazzo. Non
fare il mio stesso
errore, perché, pur quanto io adesso sia felice con la mia
famiglia, ho passato
momenti molto difficili e crescere un figlio da adolescenti non
è una cosa per
niente facile”.
Rose
aveva sempre seguito i consigli che le dava Pan, perché
sapeva che lei lo
diceva solo per il suo bene; è anche grazie a lei, infatti,
che a Rose non era
mai capitato nulla con David. Erano sempre stati attenti.
«Lo
so,
Pan, lo penso anche io» disse Rose, ridestandosi dai suoi
pensieri «Però penso
che, vista la situazione che abbiamo nel futuro, quello che
è successo sia
stata la cosa migliore.»
Vi
fu un
attimo di silenzio, durante il quale le tre ragazze pensarono ad Ellen
e alla
sua vicenda.
«Ma…
io
non ho ancora capito chi sia questa Ellen» disse Bra,
interrompendo il
silenzio.
«Sarà
tua
nipote, Bra» rispose Rose, accennando un sorriso
«Ma mi devi promettere che non
dirai nulla a Trunks.»
La
ragazza si illuminò in un secondo, mostrando il suo stupore
nei confronti di
ciò che Rose aveva appena detto.
«C-certo!»
esclamò Bra «Non ti preoccupare, non gli
dirò nulla!»
«Scusa,
Rose» intervenne Pan «non credi che,
dopo tutto quello che è successo tra voi due, David possa
vendicarsi e dire
tutto a Ludir appena lui lo trova?»
«Non
credo lo farebbe» replicò Rose «Vedete,
pur quanto possa essere arrabbiato con
me, lui non metterebbe mai a rischio il nostro futuro solamente per
delle
questioni personali.
Io
sono
venuta a fare questo viaggio non per svago, ma per cercare di salvare
il mio
tempo, nel quale tutta la popolazione mondiale è sottomessa
a Ludir, e non c’è
nessuno che possa fermarlo»
«E
dopo
la vicenda che ci hai raccontato» domandò Bra
«che cosa è successo con Michael?
Hai continuato a vederlo oppure no?»
«No.
Il
giorno stesso in cui è venuto a spiegarmi le reali
motivazioni che avevano
spinto Ludir a organizzare quella festa, mi disse che era dispiaciuto
per ciò
che era successo con David, e si era addirittura offerto di andare a
parlarci
per cercare di spiegargli che non era successo nulla tra di noi, ma gli
avevo
detto di lasciar perdere perché David avrebbe pensato in
ogni caso che mentisse
per me. Inoltre, era meglio evitare che si
rivedessero»
«Saggia
decisione» commentò Bra «Magari
si sarebbero anche presi a botte»
«Poi
evidentemente ha capito che sarebbe stato meglio non intromettersi tra
me e
lui, perciò non ci siamo più nè visti
nè sentiti.
Io
mi
sono dedicata al 100% al piano contro Ludir, e a cercare di
metabolizzare
l'enorme dolore che mi ha provocato la rottura con David.»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
CAPITOLO
18
«E quindi»
disse Bulma «nonostante io nel futuro abbia 78 anni, sono
comunque una vecchietta intelligente ed arzilla?» concluse la
frase facendo l’occhiolino a Rose.
Lei, Rose, Vegeta , Trunks e
Bra stavano tranquillamente discutendo in una delle grandi sale della
Capsule Corporation, mentre erano a tavola ed avevano appena finito di
mangiare un lauto pranzo.
Rose le rispose con un largo
sorriso, al che Bulma le domandò, con tono scherzoso:
«E, dimmi,
sarò anche bella come adesso?»
«Adesso non
esageriamo, mamma!» intervenne Trunks, prendendola in giro
«Ormai hai una certa età…»
«Che cosa vuoi
dire?!» si infuriò Bulma «Guarda che
tutti mi dicono che sembro molto più giovane rispetto alle
donne della mia età…»
Rose e Bra ridacchiarono, ma la
loro risata fu interrotta da una voce che proveniva dalla porta:
«Mi spiace
interrompere la vostra conversazione»
Tutti si girarono e si
ritrovarono a fissare Junior, con il suo cappello bianco e viola e il
suo mantello lungo.
«Oh, ciao,
Junior!» lo salutò Bulma, un po’ presa
alla sprovvista «Come mai qui?»
«Rose, ho bisogno che
tu venga con me» replicò Junior, con quel fare
molto serio che lo aveva sempre contraddistinto.
Tutti parvero improvvisamente
stupiti da quella sua affermazione, in particolare Rose, che non si
aspettava assolutamente né il suo arrivo, né
tantomeno la richiesta che le aveva appena avanzato.
Vegeta, a differenza degli
altri, non mostrava la sua curiosità, e se ne stava a
braccia conserte a guardare Junior. Forse un po’ se lo
aspettava, ma neanche così tanto: d’altronde,
Junior era quasi sempre intervenuto solo durante situazioni di estrema
importanza, e tra sé e sé si chiedeva quale fosse
il motivo per il quale aveva chiesto a quella ragazza venuta dal futuro
di seguirlo. Forse, pensò, voleva discutere con lei riguardo
questioni del futuro che sarebbero state importanti per il destino
della Terra; Junior, d’altronde, era per metà un
Dio.
«I-io?»
balbettò Rose, un po’ preoccupata
«è successo qualcosa?»
«No»
rispose Junior «ti prego di seguirmi».
Così, si girò verso la porta e svoltò
l’angolo, sparendo dalla vista degli altri.
«Scusate»
disse Rose agli altri, alzandosi dalla sedia «vado con
Junior»
«Vai tesoro, non ti
preoccupare!» esclamò Bulma, sorridendole.
Così, la ragazza
uscì dalla porta, ma non vide nessuno.
“Mi trovo fuori dalla
Capsule Corporation” fu la frase che sentì
sussurrare nella sua testa; il tono di voce era quello di Junior. Le
stava parlando telepaticamente.
La ragazza non perse tempo e
subito uscì dall’edificio tondo, e
trovò Junior in giardino. Appena lo vide, gli chiese,
confusa:
«Junior, che succede?
Perché mi hai chiesto di venire con te? Dove dobbiamo
andare?»
Junior, sempre mantenendo un
tono serio, rispose:
«Tu
seguimi» e spiccò il volo. Rose, che non se lo
aspettava, vide Junior allontanarsi talmente veloce che
pensò che doveva fare in fretta, altrimenti lo avrebbe
perduto facilmente; così, prese il volo anche lei e
accelerò più che poteva, fino a che non lo
raggiunse.
Volarono insieme per qualche
minuto, ma poi cambiarono la traiettoria del volo, che, da orizzontale,
divenne verticale: si stavano dirigendo verso l’alto. Rose
capì subito dove si stavano recando, anche perché
anche lei, più volte, aveva già percorso quella
traiettoria, per andare al Palazzo del Supremo.
La ragazza si chiese quale
fosse il motivo per cui la stava portando lì, per cui
cercò di pensare a qualche risposta plausibile, non
riuscendo comunque a trovarne una convincente che potesse giustificare
una visita così avventata.
Era forse già
arrivato Ludir nel suo tempo, oppure stava per arrivare e loro volevano
avvisarla? Sperò nel profondo che le cose non stessero
così, anche perché era troppo presto, fin troppo
presto per incontrare Ludir… non si sentiva ancora pronta, e
poi, Bulma non aveva ancora finito di creare
l’antidoto.
I suoi pensieri si
interruppero nel momento stesso in cui lei e Junior atterrarono e
videro che ad attenderli c’erano Popo e Dende, entrambi in
piedi e uno accanto all’altro, come se sapessero
già del loro arrivo e li stessero aspettando. Forse,
pensò Rose, Junior li aveva avvertiti prima. Oppure no;
d’altronde, lei stessa conosceva il potere di premonizione e
di telepatia che avevano gli Dei.
«Ciao,
ragazzi» li salutò Dende sorridendo
«siete arrivati. Vi stavamo aspettando»
«Lei è la
ragazza di cui ti parlavo» disse Junior.
«Ciao,
Rose» la salutò Dende, abbassando la testa insieme
a Popo e facendo un piccolo inchino «piacere di
conoscerti»
«Il piacere
è mio» disse Rose, inchinandosi a sua volta;
pensò subito che li conosceva già entrambi nel
suo futuro, e anche molto bene: era stato Dende, d’altronde,
ad averla aiutata ad affrontare il viaggio nel tempo.
«Allora, ti starai
chiedendo il motivo per cui sei qui, immagino?» le
domandò Dende; Rose aveva l’impressione che le
avesse appena letto nel pensiero, ma pensò anche che poteva
benissimo averlo dedotto dalla sua espressione, che doveva essere
confusa e sconcertata.
«Esatto»
rispose la ragazza, sorridendo un po’ nervosamente: non si
aspettava affatto di trovarsi in quella situazione, e temeva la
avessero chiamata per qualcosa di grave.
«Non ti preoccupare.
Lo scoprirai subito» le disse Dende, come se volesse
confortarla.
Così, entrambi si
spostarono poco più in là, come se avessero
bisogno di silenzio e di concentrazione; ma soprattutto, di stare da
soli. Dende la fece sedere sul pavimento a gambe incrociate e
così fece anche lui, mettendosi di fronte a lei. Rose
pensò subito che volesse dirle qualcosa che la avrebbe
scossa, dal momento che lui sembrava voler creare un ambiente
tranquillo nel quale parlare con lei; tutte le sue supposizioni,
però, si rivelarono infondate nel momento stesso in cui lui
disse:
«Rose,
adesso ti chiedo di chiudere gli occhi ed incrociare le mani. Sii
completamente rilassata, e concentrati sulla tua energia
interiore»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
CAPITOLO
19
Rose faceva tutto
ciò le diceva Dende, ma continuava comunque a non capire il
motivo per cui le stesse facendo fare quelle cose: erano esercizi per
imparare a controllare la propria energia, cosa che lei, essendo una
Saiyan, aveva sempre saputo fare fin da bambina.
“Rose,
concentrati più sulla tua energia che sui tuoi
pensieri!” fu la frase che Rose sentì pronunciare
da Dende nella sua testa. La ragazza aprì un attimo gli
occhi per guardarlo, ma poi li richiuse e cominciò a
concentrarsi più che poteva.
I pensieri si
fecero pian piano più tranquilli e la ragazza si
rilassò quasi completamente, fino a che non sentì
di nuovo la voce di Dende nella sua testa:
“Adesso
concentrati sul tuo respiro e lascialo fluire”
Sembravano
esercizi di meditazione, e Rose si stava rilassando talmente tanto che
a momenti non sentiva quasi più il suo corpo, ma solamente
la sua energia interiore.
Passò
qualche minuto, dopodiché sentì Dende porre una
mano sul suo braccio, in modo molto delicato. All’inizio non
accadde niente, ma poi all’improvviso sentì una
sorta di scarica elettrica provenire dal braccio di Dende, che si
inoltrava nel suo corpo; la ragazza tentò di resistere al
fastidio che la scarica provocava mentre si addentrava dentro di lei,
ma ad un certo punto il suo corpo cominciò a tremare e nella
sua mente apparve un’immagine: c’era lei, Rose, ma
non la Rose col suo corpo.
Aveva un
altro corpo. E si trovava in un punto indefinito
nell’Universo, mentre, tra le stelle, osservava alcuni
pianeti sottostanti. Più che osservarli,
sembrava li stesse controllando e manovrando, attraverso il suo sguardo.
Improvvisamente,
così come era arrivata, l’immagine scomparve; il
suo corpo non ce la faceva più, in quanto continuava a
tremare e non riusciva più a sopportare la scarica elettrica
emanata dal braccio di Dende.
Così,
la ragazza si liberò dalla presa e il suo corpo smise di
tremare; subito dopo aprì gli occhi, mostrandosi in uno
stato chiaramente agitato e confuso.
Guardò
Dende come se volesse chiedergli spiegazioni, ma lui, notando la sua
espressione, sembrò dapprima prendere coscienza di qualcosa,
e poi assunse un’espressione soddisfatta.
Perché,
pensò Rose, Dende doveva essere così compiaciuto
dopo che lei era stata male? Sicuramente tutto quel trambusto
l’aveva scombussolata, anziché rilassarla.
Dende
accennò un sorriso, e subito si avvicinarono Popo e Junior,
il quale chiese a Dende:
«Allora?»
«Junior,
avevi ragione. Rose, mi sai descrivere che immagine hai visto nella tua
mente mentre facevamo l’esercizio?»
«I-io,
ehm» tentò di rispondere la ragazza, un
po’ sconvolta «ho visto me stessa, ma non proprio
me stessa: ero diversa in qualche modo, e credo avessi un altro corpo.
Mi trovavo nell’Universo e stavo guardando un ammasso di
pianeti di fronte a me»
Junior e Dende si
scambiarono subito un’occhiata.
«E
perché li stavi guardando? Voglio dire, hai avuto la
sensazione che un pianeta fosse il tuo pianeta natio oppure
no?» le chiese Junior.
«In
realtà no. Ho avuto più la certezza di stare
guardando quei pianeti per controllarli, in
qualche modo»
Junior e Dende si
guardarono di nuovo, ma questa volta diversamente: sembravano aver
capito qualcosa che invece a Rose sfuggiva completamente. Che avevano
da guardarsi? Pensò la ragazza. Che cosa avevano scoperto
che lei non sapeva?
A quel punto
Dende si alzò e aiutò la ragazza a fare
altrettanto, dopodiché le disse:
«Rose,
dobbiamo dirti una cosa. Tu non sei solo una terrestre e una Saiyan, tu
sei l’incarnazione di un Dio»
Rose
sgranò immediatamente gli occhi e, guardando Dende, non
riuscì nient’altro che a dire «Che
cosa?!»
Credeva fosse uno
scherzo organizzato da Dende e da Junior, ma più li guardava
e più capiva che non c’era alcun tipo di scherzo:
i due ricambiavano il suo sguardo smarrito con delle espressioni
serissime.
«Voi…
state scherzando, vero?» chiese lei.
I due scossero la
testa, e Dende disse:
«Vedi,
Rose, se avessi fatto fare l’esercizio che hai fatto tu a
chiunque altro, nessuno, ricevendo la mia scossa, avrebbe reagito
tremando in questa maniera, ma, soprattutto, nessun altro avrebbe
potuto avere una visione come quella che hai avuto tu. In altre parole,
solo un dio avrebbe potuto rispondere alla mia scossa in questo modo.
Un semplice umano avrebbe percepito solo un piccolo fastidio al
braccio, e nient'altro»
Rose, sempre
più confusa, chiese:
«M-ma…
che cosa vuol dire, esattamente, che sono
“l’incarnazione di un Dio”? Insomma, gli
dei vivono in mondi completamente separati da noi e si occupano di
altre faccende, come posso io essere uno di loro?»
«Tu hai
visto te stessa nell’universo, mentre osservavi dei pianeti.
E li stavi controllando.» disse
Junior «Vedi, il controllo dei pianeti, anzi delle cose ma
anche delle persone, è di proprietà esclusiva
degli dei. Se non sbaglio anche tu hai questo potere, vero?»
A Rose vennero
subito in mente una miriade di immagini: da quando aveva memoria,
ricordava di essere sempre stata in grado sia di leggere nella mente
delle persone, che di controllarne (in parte) le azioni. Ricordava di
quando usava il suo potere per leggere la mente di suo padre e di sua
madre, che le era tornato parecchie volte utile per evitare di ricevere
una punizione; ricordava anche di tutte quelle volte che, litigando con
Ellen quando erano entrambe piccoline, lei riusciva ad evitare che la
colpisse grazie ad un piccolo sforzo della mente, bloccando a
mezz’aria il pugno che Ellen le stava per sferrare.
Credeva che tutto
questo fosse normale. Nel suo
futuro, sia i suoi genitori che Ellen sapevano della sua
capacità di leggere nella mente degli altri, ma nessuno
sapeva della sua capacità di controllare il corpo e le
azioni delle persone; d’altronde, lei stessa non sapeva
gestire bene quest’ultimo potere, in quanto era una delle
cose che giudicava più difficili in assoluto.
«Sì»
sibilò Rose, come se stesse cercando di rassegnarsi ad una
verità ormai evidente. Poi alzò lo sguardo verso
di loro: «Oltre al controllo delle persone e delle cose, sono
anche in grado di leggere nella mente degli altri»
Nessuno dei due
parve stupito, mentre la ragazza, invece, era scossa. Non poteva
credere alle sue orecchie: un dio? Non
sapeva neanche bene come fossero fatti gli dei, che ruolo avessero
nell’universo, quanti ce ne fossero… Non sapeva
niente di loro.
«Vedi,
Rose» disse Dende «questi poteri che tu hai non
sono affatto comuni, nemmeno tra i Saiyan. I Saiyan sono tra i
combattenti più forti dell’Universo, ma non si
è mai sentito di qualcuno che avesse questo tipo di poteri.
Devi sapere,
inoltre, che gli dei si possono incarnare: possono decidere di nascere
in un pianeta a loro scelta. Sta a loro discrezione se decidere di
incarnarsi con un obiettivo ben specifico oppure per sperimentare
semplicemente la vita di un determinato pianeta; di solito,
però, gli dei si incarnano per un motivo ben preciso, ovvero
per portare a compimento un obiettivo. Inoltre, è
estremamente raro che gli dei si incarnino, e non è neanche
permesso a tutti gli dei: possono farlo solo quelli delle cerchie
più alte»
«Delle
cerchie più alte?» ripeté Rose
«alte quanto?»
«Non lo
sappiamo di preciso» ribatté Junior «Ed
è per questo che avremo bisogno dell’aiuto di
qualcun altro per scoprirlo»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
CAPITOLO
20
Passarono alcuni giorni da
quando Rose si era recata per la prima volta al Palazzo del Supremo del
tempo in cui si trovava, e non aveva ancora riferito a nessuno
dell’accaduto. Non aveva ancora detto a nessuno di avere
scoperto quelle cose su sé stessa, anche perché
era lei stessa a non capirci molto.
Sapeva chi erano gli dei, ma
oltre al Supremo non ne aveva mai conosciuto uno; aveva molte domande
che le frullavano nella testa, e alle quali non riusciva a dare una
risposta chiara; era venuta in quel tempo per risolvere la situazione
nel suo futuro, invece si era ritrovata a scoprire quelle cose su
sé stessa… alle quali stentava a credere. Lei era
Rose, come poteva essere anche qualcun altro, o meglio dire qualcos’altro?
«Rose» le
disse Dende «cerca di rilassarti più che puoi e di
liberare la mente»
La ragazza si trovava al
Palazzo del Supremo, in quanto Dende e Junior avevano stabilito che
doveva recarsi da loro regolarmente, in quanto, a detta di Junior,
“avevano il compito di aiutarla a riscoprire la sua vera
identità”.
Rose, come in tutti gli
esercizi che le facevano fare, teneva il braccio appoggiato su quello
di Dende, in modo che lui potesse stabilire un collegamento con la
“divinità” che c’era nella
ragazza, per poterla risvegliare. In quel momento, Dende le stava
facendo fare un esercizio diverso: era un esercizio di visualizzazione,
secondo il quale doveva immaginare di essere in un determinato luogo.
Rose era scettica nei
confronti dell’esercizio, in quanto pensava che non la
avrebbe portata a niente: in fondo, si trattava solamente di
visualizzare qualcosa. Niente di reale, dunque.
La ragazza cadde in uno stato
profondo di tranquillità, nel quale sentiva solo
l’energia che lei e Dende si scambiavano attraverso il
braccio.
Fu allora che tutto accadde:
all’improvviso, nella sua mente apparve
un’immagine, molto vivida. Vide sé stessa insieme
a delle persone, numerose persone con le quali chiacchierava
tranquillamente e si sentiva a proprio agio: era felice. Quelle
persone, però, avevano dei tratti molto strani, che la
ragazza non aveva mai visto: sicuramente non erano umani. Dialogava con
loro in una lingua strana, che Rose, in quel momento, capiva benissimo,
come se la conoscesse da sempre.
All’improvviso,
però, tutto cambiò: dal cielo vide arrivare due
navicelle spaziali, abbastanza piccole e di forma circolare, che
atterrarono giusto vicino a loro; subito si scatenò il
panico tra la folla, che cominciò ad urlare e ad
allontanarsi. Alcuni bambini, che evidentemente tenevano
particolarmente a lei, si nascosero invece dietro le sue spalle,
impauriti.
Lei era l’unica ad
essere rimasta immobile, poiché non aveva paura dei nuovi
arrivati: li conosceva benissimo. Dalle navicelle spaziali vide
scendere due uomini, molto possenti e robusti e con i capelli neri;
portavano all’occhio un radar, e avanzavano con fare molto
serio e quasi minaccioso verso di lei.
«Tu» disse
uno dei due «sei riuscita a sottomettere la popolazione di
questo pianeta? Mi raccomando non familiarizzare troppo con loro.
Ormai ti abbiamo dato troppo
tempo, e il tempo a tua disposizione per sottometterli è
scaduto»
Si guardò un attimo
attorno, osservando con aria disgustata le persone che erano andate a
rifugiarsi dietro le capanne, e disse: «Questo popolo ci
è completamente inutile. Non hanno tecnologie né
nient’altro per cui valga la pena tenerli in vita»
poi, girandosi verso di lei, disse: «Ti ordino di eliminarli
tutti. Adesso. Così potrai porre rimedio a tutti i danni che
hai fatto in passato e dimostrare così la lealtà
nei confronti del nostro Re»
Nella sua mente, Rose
ripercorse velocemente tutti i “danni” ai quali
l’uomo si stava riferendo: infatti, aveva più
volte cercato di salvare le popolazioni che la razza a cui apparteneva
lei stessa aveva cercato di eliminare. Il suo obiettivo era quello di
fare finta di essere dalla loro parte, essere mandata su quei pianeti e
fare finta di sottometterli. Invece, voleva salvarli dalla furia
distruttiva del suo popolo.
«Datemi ancora
tempo» si ritrovò a dire lei «Vedete, il
pianeta è grande e non tutte le persone sono state
sottomesse…»
«Dal momento che le
cose stanno così» la interruppe lui «non
ci resta altro che eliminarli noi tutti quanti, uno a uno»
I due volarono verso l'alto e
lei, sapendo esattamente che cosa stessero per fare,
cominciò ad urlare agli altri, più veloce che
potevai:
«Mettetevi in salvo!
Scappate!»
Tutti si misero a gridare e
fuggirono disperati, mentre le onde energetiche dei due uomini
cominciavano a devastare il territorio; lei, nel frattempo, tentava, il
più velocemente possibile, di salvare più vite
che poteva proteggendo loro dalle onde energetiche dei due che
arrivavano dal cielo. Però era del tutto inutile: sarebbe
stato solo questione di tempo, e i due avrebbero raso al suolo
l’intero pianeta. Così, decise di avvicinarsi a
più persone possibili per toccarle e teletrasportarle in un
altro pianeta: ovviamente doveva portarli in uno disabitato, in modo
che il suo popolo non sospettasse la presenza di una vita sul pianeta e
non cominciasse ad attaccarlo.
Nonostante i suoi sforzi,
riuscì a salvare solo pochissime persone, e dopo qualche
minuto il pianeta già non esisteva più.
La sua furia fu
inarrestabile: sentì crescere dentro di
sé talmente tanta rabbia che andò subito
all’attacco dei due, senza pensarci su due volte.
Combatterono entrambi contro di lei, ma lei era talmente in preda alla
rabbia che riusciva a parare i loro colpi e a sferrarne altrettanti;
usava anche molto spesso uno dei poteri che le riusciva meglio: il
controllo delle persone.
Quindi, si
concentrò sui due, che puntarono le mani verso di lei con il
palmo aperto, sul punto di lanciarle delle onde, ma rimasero fermi in
quella posizione, impossibilitati a muoversi.
Ne
approfittò subito per attaccarli; inutile dire che
lo scontro si concluse con l’eliminazione dei due, e lei,
stremata dal combattimento, decise che sarebbe dovuta scappare su un
altro pianeta, in quanto la schiera dei combattenti del Re e il Re
stesso lo avrebbero sicuramente scoperto di lì a poco e
sarebbero andati a cercarla. Doveva scappare.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
CAPITOLO
21
Non fece in tempo a trovare un
pianeta nel quale rifugiarsi, in quanto nel tragitto che percorse
riuscì solo a vedere pianeti disabitati oppure
abitati da popolazioni già sotto il controllo della sua
razza. Dunque fu solo questione di tempo che vide tantissime navicelle
pararsi davanti a lei e bloccare il suo passaggio; pur quanto
tentò di liberarsi di loro, non ci riuscì e la
catturarono.
La portarono sul suo pianeta
d’origine, nel quale sperava di potersela cavare in qualche
modo, esattamente come aveva fatto in passato; ormai, però,
era un po’ scettica e non credeva, questa volta, di potersela
cavare tanto facilmente. Aveva già fatto troppo.
Fu condotta direttamente al
cospetto del Re, trascinata da due dei suoi soldati; la gettarono
lì, di fronte a lui, e Rose sentì, quasi come
fosse reale, il suo corpo sbattere per terra contro il pavimento del
Palazzo. Riuscì a fatica ad alzarsi da terra, e il Re, un
uomo sulla cinquantina, muscoloso e con i capelli neri che si rizzavano
verso l’alto, disse:
«Bene. Mi hanno
detto più e più volte che non sei
riuscita a portare a compimento tutte le missioni che ti abbiamo
affidato. E’ un vero peccato, anche perché sei una
delle migliori combattenti che abbiamo»
Il Re le posò una
mano sul mento e la accarezzò, aggiungendo:
«Nonché una delle più belle»
Lei gli tolse subito la mano
dal viso con un rapido movimento del braccio, guardandolo infastidita
ed arrabbiata.
«So che hai sempre
avuto un carattere difficile» proseguì lui,
camminando per la stanza con le mani dietro la schiena «ma
noi ti abbiamo sempre accettata, facendo in modo che tu ti sentissi a
tuo agio.
Sai benissimo che ti abbiamo
dato una casa fin da quando eri una ragazzina, e ti abbiamo sempre
accudito»
«Ah
sì?» lo aggredì lei «Quindi
prendere in ostaggio tutta la mia famiglia solo perché
avevate scoperto che io ho dei poteri speciali, e usarmi in modo che io
obbedissi ai vostri ordini di distruzione vuol dire “accudire
una persona”?»
Il Re si fermò e la
fissò con uno sguardo molto serio.
«E’ stato
necessario. Se non avessimo preso “in custodia” la
tua famiglia, tu non avresti mai obbedito ai nostri ordini. I tuoi
poteri sono troppo importanti ed utili per i nostri obiettivi di
conquista dell’universo; non potevamo lasciarti andare
così.
Purtroppo, nonostante
ciò, tu non hai mai obbedito fino in fondo ai nostri ordini
e, anziché sottomettere i pianeti in cui ti abbiamo mandato,
trattavi tutti con gentilezza ed amore e addirittura hai tentato
più volte di salvarli» sul suo viso apparve un
espressione di disgusto.
«Noi te ne abbiamo
perdonate tante, con la speranza che tu potessi migliorare, e invece
no… Adesso siamo arrivati al limite. Ti ho più
volte detto che se avessi sbagliato un’altra volta e non
avessi obbedito ai nostri ordini, uno dei tuoi familiari ci sarebbe
andato di mezzo.
Ora, dal momento che non ci
possiamo più fidare di te, e dal momento che tu hai
provocato innumerevoli danni ai nostri piani di conquista, ho deciso di
ripagarti con la tua stessa moneta»
Una porticina non poco distante
dal trono si aprì e comparve uno dei soldati del re che
teneva sua sorella, la sua
sorellina, con le mani legate dietro la schiena. Sul suo
volto si leggeva un’espressione chiaramente spaventata, ma
anche un po’ rassegnata, come se fosse a conoscenza di
ciò che stesse per accadere di lì a poco.
«No, no!»
si mise ad urlare Rose, guardandola e tentando di andare verso di lei
per liberarla; i soldati del Re dietro di lei, però, furono
più rapidi e la trattennero con tutte le loro forze,
affinché rimanesse bloccata a guardare la scena che si stava
per compiere proprio di fronte ai suoi occhi.
Fu solo questione di secondi,
che vide il braccio del Re alzarsi dritto verso sua sorella, e lanciare
un’onda potente verso di lei.
Il soldato che la teneva subito
si scansò per non essere colpito, e la ragazza cadde per
terra.
Rose intanto sentiva il suo
corpo dimenarsi dalla presa dei due, che decisero di lasciarla andare;
subito corse da lei e, con le lacrime agli occhi, tentava di richiamare
in vita la sorella, tastandole il volto.
Era stata tutta colpa sua se
era stata uccisa… tutta colpa sua…
«E ora
è il tuo turno» sentì il Re
pronunciare. Si girò verso di lui e lo vide puntare il
braccio verso di lei: non oppose nemmeno resistenza, perché
non ce l’avrebbe mai fatta e poi perché si sentiva
felice al solo pensiero di poter raggiungere sua sorella.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
CAPITOLO
22
Rose non ce la faceva
più. Il dolore di quelle visioni era troppo forte, quasi
come se fosse reale e palpabile: così, allontanò
di scatto il braccio da quello di Dende e, sudando e ansimando, si
lasciò andare all’indietro, poggiando le mani sul
pavimento dietro la sua schiena.
Impiegò qualche
minuto ad aprire gli occhi, lasciando che il respiro affannoso si
facesse pian piano più calmo. Lentamente, aprì
gli occhi e guardò Dende, che era lì, proprio di
fronte a lei, con le braccia appoggiate sulle cosce in attesa che lei
si riprendesse dallo stato di agitazione che l’aveva travolta.
«C-che
cos’era?» fu la domanda che Rose riuscì
a pronunciare, fissando Dende sconvolta.
«Non so,
Rose» replicò Dende «Tu che cosa hai
visto?»
Così la ragazza gli
raccontò per filo e per segno tutto ciò che aveva
visto, mentre sia Dende che Junior la ascoltavano con attenzione.
Alla fine del suo racconto,
Dende e Junior si scambiarono un’occhiata veloce,
dopodiché Dende le spiegò:
«Rose, ciò
che hai visto si tratta di un ricordo. Hai appena visto un ricordo di
una tua vita passata, e credo di andare sul sicuro dicendo che, in base
a ciò che mi hai appena raccontato, tu sia stata incarnata
sul pianeta Vegeta»
«Il pianeta
Vegeta?» ripeté Rose «Vuoi dire il
pianeta dove vivevano i Saiyan?»
«Esattamente»
intervenne Junior «Da come li hai descritti sembravano
proprio loro. E poi, loro sono stati gli unici nel corso dei secoli ad
aver tentato di colonizzare l’intero Universo; fino ad
adesso, infatti, ci sono sempre state singole personalità a
voler dominare l’Universo, ma la razza dei Saiyan
è stata l’unica ad aver cercato di sottomettere e
conquistare quasi tutti i pianeti di questo Universo.
Questi avvenimenti sono
successi tantissimo tempo fa. Come forse saprai, il pianeta Vegeta
è stato distrutto da Freezer meno di un secolo fa, e fino ad
allora i Saiyan erano i dominatori di questo Universo. Non so
precisamente a quando risalga il tuo ricordo, ma in base a
ciò che mi hai detto potrebbe essere 200 o 300 anni
fa»
Rose spalancò gli
occhi. Ma che stavano dicendo? Erano per caso fuori di testa? Lei era
solo una ragazza, lei era Rose… Com'era
possibile che fosse vissuta 200-300 anni fa? E che cosa erano tutte
quelle “incarnazioni”, "vite passate" di cui
stavano parlando?
«Ma come»
cominciò a dire lei «Mi avete detto
l’altra volta che sarei l’incarnazione di un
“dio”, e adesso mi dite anche che sono stata una
Saiyan già in una mia vita precedente?»
«E’
naturale» le rispose Dende, sorridendole «Tu sei un
dio, e come ti ho già detto solo quelli di alto rango
possono incarnarsi; possono dunque scegliere quante volte farlo a loro
piacimento, non c’è un limite. Evidentemente, tu
secoli fa hai deciso di incarnarti sul pianeta Vegeta, mentre adesso
sei qui sulla Terra. Ma rimani comunque un dio»
Rose era sempre più
confusa; ripensò un attimo a quando vide, nella sua visione,
sé stessa intenta a controllare il corpo di quei due uomini
che la stavano attaccando.
Anche la sé della
sua visione,
pensò, era
effettivamente in possesso degli stessi poteri che aveva lei adesso.
Ripensò anche
velocemente all’ultima scena che aveva visto: sua sorella
morire… sua sorella…
Le venne in mente
l’immagine di lei, e sentì una sensazione strana;
era quasi come se… la conoscesse già.
C’era qualcosa che
non andava… più pensava a lei, più
sentiva che stava per afferrare qualcosa che le sfuggiva…
All’improvviso, le
venne in mente cos’era: quella ragazza le ricordava
terribilmente qualcuno. Aveva la sensazione che lei fosse qualcuno
che conosceva bene.
Si mise una mano sulla fronte e
chiuse gli occhi, come se si stesse spremendo le meningi per arrivare a
quella conclusione, che arrivò subito dopo: Ellen.
Sì, adesso aveva capito: aveva come la sensazione
che la ragazza della sua visione fosse in realtà
Ellen.
Riferì subito il
tutto ai due namecciani davanti a lei.
«Ellen?»
ripetè Dende «Ellen quindi nel tuo futuro sarebbe
la figlia di Trunks?»
«Esattamente»
rispose lei.
«Beh, potrebbe
veramente essere lei» disse Junior
«d’altronde, la possibilità di
reincarnarsi non è data solamente agli dei di rango elevato.
Lo possono fare anche altri tipi di esseri viventi. Quindi, potrebbe
benissimo essere che quella ragazza che hai visto nella tua visione
fosse la reincarnazione di Ellen, anzi, viceversa»
Rose rimase di stucco. In
così pochi giorni, la sua vita era cambiata radicalmente:
aveva scoperto delle cose di cui non era mai stata minimamente a
conoscenza, e che non si sarebbe mai aspettata di sapere.
Tutto ciò la
spaventava, oltre che ad incuriosirla: se Dende e Junior stavano
dicendo la verità, o meglio, se tutte le sue visioni fossero
vere, allora chi era
lei realmente?
Certo, lo sapeva, glielo
avevano detto, ma stentava a crederci. Le erano cadute le poche
certezze che aveva, per lo meno sulla sua identità: non solo
lei era Rose, ma era anche qualcos’altro, che Dende e Junior
definivano un dio.
Non sapeva come affrontare la
cosa, così si alzò e disse:
«Scusate, si
è fatto un po’ tardi. Vorrei tornare a
casa»
«Va bene, abbiamo
già fatto abbastanza per oggi» le disse Dende
sorridendole.
«Rose» la
chiamò Junior prima che la ragazza potesse spiccare il volo
«Ricordati che devi venire qui anche nei prossimi giorni. Il
nostro lavoro non è ancora finito»
La ragazza gli rispose con un
cenno del capo, dopodiché prese il volo.
Non vedeva l’ora di
andarsene da lì e di andare a riposare; ma, soprattutto,
aveva voglia di andare dalla sua famiglia, dai suoi parenti, con i
quali si sentiva al sicuro. Tutto ciò che era accaduto oggi
l’aveva scombussolata, e aveva bisogno di tempo per elaborare
tutto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
CAPITOLO
23
Gli
allenamenti tra Rose e Goku si
intensificavano sempre di più: suo nonno era curioso di
imparare a conoscere la
ragazza che un giorno sarebbe stata sua nipote, e inoltre aveva un buon
pretesto per allenarsi non solo durante il periodo di pace, ma
soprattutto per
essere preparato all’arrivo del famigerato Ludir; Rose,
dall’altra parte,
voleva rafforzarsi sempre più ed aumentare la propria forza
combattiva.
Inoltre,
le piaceva moltissimo stare insieme a
suo nonno: lo riteneva una persona affabile, gentile e di buon cuore, e
pensava
che fosse stato proprio un peccato che né lei né
suo fratello, nel futuro,
avessero avuto la possibilità di conoscerlo. Per di
più, il nonno era davvero
un esperto nelle arti marziali, e lei aveva imparato tantissimo da lui:
credeva
infatti di essere addirittura arrivata al limite della forma del Super
Saiyan
di primo livello, anche se non ne era poi così sicura.
Durante
la fine di uno dei loro allenamenti,
Goku le propose di allenarsi nella Stanza dello Spirito e del Tempo, in
quanto
lì dentro avrebbero davvero potuto allenarsi al pieno delle
proprie capacità,
senza curarsi di provocare danni all’ambiente circostante.
Rose accettò senza
neanche pensarci su, mostrandosi molto entusiasta della sua proposta.
«Cominciamo!»
disse Goku, assumendo la tipica
posizione di combattimento e quello sguardo di sfida che Rose si era
tanto
abituata a vedere sul suo volto.
I
due erano nella stanza dello Spirito e del
Tempo, in quanto Dende aveva concesso loro di allenarsi lì
dentro: d’altronde,
lui stesso, essendo Supremo della Terra, teneva quasi più di
loro
all’incolumità del pianeta.
«Però»
continuò a dire Goku «stavolta dovremo
combattere fin da subito al pieno delle nostre potenzialità.
Quindi ci
trasformeremo in Super Saiyan già da adesso» detto
ciò, si trasformò,
mantenendo la sua statura di bambino. Così, Rose lo
imitò e cominciò un
combattimento serrato: Rose voleva mettercela tutta, e lo stesso valeva
per
Goku, che voleva metterla alla prova.
I
due se la diedero di santa ragione per qualche
minuto, dopodiché il combattimento si fece ancora
più intenso e Goku decise di
trasformarsi in Super Saiyan di terzo livello. Rose non si aspettava
quel
cambiamento così repentino, così, rimasta un
attimo immobile dallo stupore, fu
colpita in viso da un pugno di Goku, che la mandò per terra.
Si
era fatta molto male, e sentiva la testa
pulsare; nello stesso tempo, però, si accorse che Goku stava
arrivando verso di
lei a gran velocità per attaccarla. Non era ancora pronta,
così alzò le braccia
con le mani aperte verso la direzione nella quale stava venendo Goku, e
con
tutte le forze tentò di bloccare il suo volo.
Goku,
intenzionato ad attaccarla, sentì
all’improvviso il suo corpo arrestarsi a mezz’aria,
come se ci fosse una forza
invisibile a tenerlo, ad impedirgli di continuare il suo volo.
Cercò di muovere
le braccia e le gambe, ma non riuscì nel suo intento: non
riusciva a capire di
che cosa si trattasse. Mosse gli occhi verso Rose, che era per terra
con le
braccia rivolte verso la sua direzione, e si chiese che cosa stesse
facendo: la
vedeva parecchio concentrata, mentre aveva gli occhi fissi su di lui,
immersi
in una concentrazione che deformava il suo volto in una smorfia,
causata
dall’enorme sforzo che stava facendo la sua mente in quel
momento.
In
particolare, notò che più cercava di muovere le
braccia e gambe immobilizzate, più le braccia di Rose
tremavano. Fu una questione
di secondi, e Goku riuscì finalmente a liberarsi da quelle
che gli sembravano
essere delle catene invisibili, ritrovandosi improvvisamente a
continuare il
tragitto che aveva iniziato qualche minuto prima; arrivato a terra,
però, dovette
fermarsi in quanto Rose era sparita.
Girò
lo sguardo a destra e a sinistra per
cercarla, ma subito dopo sentì un colpo fortissimo alla
schiena; si girò di
scatto e ricevette un pugno in faccia, che lo fece cadere per terra.
Rose si
posizionò davanti a lui con le mani sui fianchi, guardandolo
con un’espressione
soddisfatta e di sfida.
«M-ma
che cosa mi hai fatto?!» le chiese Goku,
alzandosi da terra.
«A
che cosa ti riferisci?»
«A
quando sono rimasto a mezz’aria senza neanche
riuscire a muovermi!»
«Ah!»
Rose capì all’improvviso, e sul suo volto
comparve un sorriso «Ho semplicemente usato i miei poteri per
immobilizzarti.
Mi ero fatta male dopo il pugno che mi hai tirato e se ti avessi
lasciato
proseguire mi avresti fatto ulteriormente male. Non ero pronta a
difendermi»
Goku
la guardò allibito, mentre da Super Saiyan
di terzo livello scese alla forma normale. Non credeva alle sue
orecchie!
«C-che
cosa? Tu sai controllare le persone?!»
«Sì»
affermò Rose, incrociando le braccia.
«Che
cosa strana! A parte Bills, non avevo mai
conosciuto prima qualcuno che avesse questo potere!»
«Chi
è Bills?»
«E’
il dio della distruzione. Lo abbiamo
conosciuto un sacco di tempo fa, ed è fortissimo»
Rose
pensò che non fosse molto strano ciò che
Goku le aveva appena detto: d’altronde, le era stato detto
che solo gli Dei
possedevano quello specifico potere. Decise però di non
rivelare ancora niente
della sua vera identità a nessuno, almeno fino a quando lei
stessa non fosse stata
certa e pronta a rivelare quell’informazione così
particolare.
«Bene.
Allora cercherò di raggiungere la sua
potenza!» disse la ragazza, aumentando tutto d’un
tratto la sua aura di Super
Saiyan e sferrando un calcio a Goku, che parò subito con il
braccio.
Così,
i due ripresero a combattere e Rose
dovette impegnarsi al massimo, soprattutto quando il nonno si
trasformò in
Super Saiyan di quarto livello: la ragazza non se lo aspettava
minimamente, ma
questa volta non lasciò che il suo momento di stupore si
trasformasse in
un’occasione, da parte di Goku, per attaccarla; cerco di
schivare tutti i tuoi
colpi, e nel frattempo lo osservava: suo nonno, dalla statura di
bambino con la
quale lo aveva conosciuto, era improvvisamente diventato
“grande”, e di fronte
a quella statura massiccia e quella potenza smisurata la ragazza non
credeva di
poter avere qualche speranza.
Riuscì
comunque ad impegnarsi più che poteva,
anche se l’allenamento la stava completamente provando; una o
due volte fecero
qualche pausa per mangiare e per dormire, anche se il nonno cercava di
limitare
le pause per poter combattere più a lungo.
Così,
passata l’intera giornata nella stanza, i
due uscirono il mattino seguente, stremati ma nello stesso tempo
soddisfatti
dell’allenamento e dell’elevato livello di energia
che avevano raggiunto.
Rose,
nonostante fosse provata dall’allenamento,
era nello stesso tempo contenta, in quanto, dopo una giornata intera
passata ad
allenarsi, la aspettavano le deliziose pietanze che preparava sua
nonna:
infatti, di lì a poche ore avrebbero dovuto recarsi a casa
di Gohan e Videl per
il pranzo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
CAPITOLO
24
«Rose,
tesoro!» esclamò Chichi all’improvviso
mentre stavano mangiando tutti assieme, rivolgendole un largo sorriso
«Se non
sbaglio hai passato un giorno intero nella stanza dello Spirito e del
Tempo.
Quindi è come se per te fosse passato un anno,
giusto?»
«Sì,
esatto» rispose la ragazza, sorridendole a
sua volta.
«Quindi
adesso dovresti avere 18 anni, vero?»
Rose
fece due conti a mente: allora, attualmente
doveva avere 16 anni, ma in pratica ne aveva 17 per
via del fatto
che era andata con Ellen, poco prima di partire, nella Stanza dello
Spirito e
del Tempo ad allenarsi. Con l’allenamento che aveva appena
concluso con Goku,
era passato un altro anno per lei, quindi in totale aveva 18 anni.
Chichi non
sbagliava.
«Hai
ragione» disse la ragazza, leggermente
stupita: nemmeno lei si era accorta di avere compiuto 18 anni, talmente
assorbita com’era negli ultimi giorni tra gli allenamenti con
Goku, gli
esercizi con Junior e Dende e l’aiuto che dava a Bulma in
laboratorio!
«Perfetto!»
esultò Chichi, ancora più raggiante
di prima «Allora ti organizzeremo una bella festa di
compleanno! Ho notato che
ultimamente hai avuto parecchio da fare e ormai è passato un
mese dall’ultima
volta che abbiamo mangiato tutti insieme con Bulma e gli altri, quindi
sarebbe
anche un’occasione di stare un po’ tutti assieme e
di festeggiare il tuo
compleanno! Che ne dici tesoro?»
Rose
accennò un sorriso: non si aspettava di
ricevere una proposta simile, e il solo pensiero di avere
un’altra occasione per
stare tutti insieme e per festeggiare, soprattutto prima che arrivasse
Ludir, la
rendeva molto felice.
Non
c’era sensazione più bella per lei, in quel
momento, di ritrovarsi in compagnia dei suoi familiari, gli stessi
verso i
quali, nel corso dell’ultimo anno, aveva sentito una
terribile mancanza.
Inoltre, ricevere così tanto affetto da persone per le
quali, in teoria, lei era
un’estranea, significava che ognuno dei membri della sua
famiglia l’avevano
accettata e ri-conosciuta.
Ormai
le volevano bene; erano le stesse
identiche persone meravigliose che lei conosceva nel suo futuro, solo
che in
versione più giovane. Guardò sua nonna Chichi,
sua zia Videl, suo zio Gohan e
sua cugina Pan, e sorrise. Goku, invece, era come al solito troppo
concentrato
a mangiare il suo cibo, probabilmente per recuperare tutte le energie
che aveva
perso nel combattimento con Rose; la ragazza, che ormai aveva imparato
a
conoscerlo, sorrise di fronte a quella scena e rispose alla nonna,
raggiante:
«Certo!
Perché no?»
«Ottimo!»
esclamò Chichi incrociando le mani
«Allora informo Bulma. Vedrai che cosa buone che ti
prepareremo! Però voglio
che questa volta la festa sia qui, a casa nostra, sui monti Paoz.
D’altronde,
noi abbiamo un sacco di spazio e di natura incontaminata che Bulma non
ha alla
Capsule Corporation» concluse facendole
l’occhiolino.
Tutti
finirono di mangiare e, nel frattempo, Rose
ebbe tempo di riflettere a ciò che le aveva appena detto la
nonna. Aveva già
compiuto 18 anni e nemmeno se ne era accorta! Si chiese come li avrebbe
festeggiati, se niente di tutto ciò fosse accaduto, se Ludir
non fosse mai
comparso sulla Terra. Chissà, forse Ellen le avrebbe
organizzato una festa a
sorpresa, conoscendola. Oppure lo avrebbe fatto David? O tutti e
due…
La
ragazza, dopo aver aiutato a sparecchiare, si
sedette sul divano e osservò Pan, intenta a guardare la tv
con i gomiti
appoggiati sul tavolino davanti al televisore e con
un’espressione annoiata
stampata sul volto.
«E’
stranissimo sapere che in questo tempo io
sia più grande di te, Pan!» le disse, attirando la
sua attenzione.
«Perché,
io nel tuo futuro quanti anni ho?»
«Sei
molto più grande di me! Hai 32 anni»
«Wow!»
Pan si animò all’improvviso, alzandosi
leggermente e sbattendo le mani sul tavolo «Allora conosci
benissimo il mio
futuro!»
«Certamente.
Conosco il futuro di tutti quanti
voi»
Gli
occhi di Pan presero a brillare: guardava
sua cugina con enorme curiosità, esattamente come se stesse
guardando una palla
magica che aveva il potere di predire il suo futuro.
Pan
si avvicinò un po’ di più alla ragazza
dai
capelli castani, e le domandò:
«E
dimmi, nel futuro ho un fidanzato? E chi è? Avrò
dei figli? Sarò…»
«Pan»
la interruppe Rose «E’ inutile che tu mi
faccia tutte queste domande. Non ti posso rispondere»
«Perché?»
chiese Pan, assumendo un’espressione
triste e sconsolata.
«Pan»
intervenne Gohan «Rose non può dirtelo
perché se lo facesse il nostro presente potrebbe cambiare
radicalmente. Il
tempo non è qualcosa con cui poter giocare»
Pan
parve ancora più imbronciata e si mise a
braccia incrociate sul tavolo, appoggiando la testa sopra.
«Ed
è anche per questo» disse Videl rivolta a
Pan «che tuo zio non sa nulla riguardo questa
faccenda»
Rose
pensò a Goten, che in quel momento non
c’era: non era un avvenimento molto strano, dal momento che,
nell’ultimo mese,
lo aveva visto solo pochissime volte. Il suo futuro padre, infatti, era
quasi
sempre fuori casa, in quanto passava la maggior parte del suo tempo con
Valese.
Inoltre, durante quelle poche volte in cui lui si trovava a casa, Rose
era
quasi sempre da Bulma oppure al Palazzo del Supremo.
Era
dispiaciuta di non riuscire a vederlo molto spesso,
ma forse era meglio così, perché ogni volta che
lo incontrava e parlava con lui
le doleva il cuore vedere che non la riconosceva, che la trattava come
se fosse
un’estranea. Anche se, per essere precisi, effettivamente lei
lo era davvero,
per lui.
Tuttavia,
le era parso qualche volta che Goten
la “studiasse”: c’era stata
più di un’occasione in cui lo aveva colto ad
osservarla,
e le era sembrato di captare nel suo sguardo un tentativo di capire la
sua vera
identità. Quasi come se non riuscisse a capire se
l’aveva già vista o meno da
qualche altra parte.
«Non
vi preoccupate» fu la voce di Chichi a
ridestare Rose dai suoi pensieri «Non credo che Goten
sospetti qualcosa. Anche
se a volte mi ha chiesto perché Rose fosse a casa nostra
nonostante l’assenza
di Pan, io sono sempre stata in grado di inventarmi una scusa»
«Secondo
me, invece» intervenne Goku, che fino a
quel momento era stato in silenzio «sospetta qualcosa.
E’ in grado anche lui di
percepire l’aura delle persone e qualche volta credo abbia
percepito l’aura di
me e Rose mentre ci allenavamo. L’aura dei Saiyan
è facilmente percepibile ed è
molto distinguibile»
Forse,
pensò Rose, era per quel motivo che Goten
la guardava in modo strano.
Sì,
doveva essere così… doveva aver percepito la
sua aura di Saiyan.
«Ma
figuriamoci!» intervenne Pan «Lo zio è
talmente concentrato su Valese che secondo me non si è
nemmeno accorto
dell’aura di Rose»
Rose
sapeva che Pan si sbagliava, ma in quel
momento non aveva voglia di discutere con lei: in quel tempo, Pan era
una
ragazzina molto capricciosa e testarda.
Nel
futuro, la Pan che conosceva lei manteneva
sempre la sua tenacia e non perdeva mai occasione di mostrare il suo
bel
caratterino, ma di certo non era così come Rose la conosceva
in quel momento.
D’altronde,
Pan nel suo futuro aveva una
famiglia tutta sua a cui badare; Rose ripensò al ragazzo che
sarebbe diventato
il marito di Pan, e si chiese tra sé e sé se Pan
lo conoscesse già in quel
tempo o meno.
La
Pan del futuro le aveva raccontato che,
quando aveva conosciuto il suo futuro marito, era passato del tempo
prima che i
due cominciassero a frequentarsi; che Rose sapesse, Pan in quel tempo
divideva
il suo tempo tra la scuola, i compiti e gli allenamenti, dunque non
usciva con
nessuno né tantomeno dava lezioni di volo a qualcuno. Era
proprio così,
infatti, che si era sviluppato il loro rapporto: non molto diverso da
come era
nato il rapporto tra i suoi genitori, Videl e Gohan.
«Rose,
i tuoi capelli sono diventati veramente
lunghi!» esclamò Chichi, passando dietro la sedia
dove era seduta la ragazza
«Prima della festa, se ti va, te li accorcio un po’
e ti faccio un bel taglio,
in modo da mettere in evidenza quel bel viso e quei bei occhi che mi
ricordano
tanto Goten!»
Rose
mise le mani dietro la testa e si raccolse
i capelli, cercando di toccare le punte, e scoprì che sua
nonna aveva ragione: erano
cresciuti veramente molto, tanto che le arrivavano praticamente ad un
palmo
sopra le natiche. D’altronde, era stata nella stanza dello
Spirito e del Tempo
per un giorno intero, per cui il suo corpo era effettivamente
invecchiato di un
anno.
Accarezzandosi
i capelli, le venne in mente
Melanie, la secondogenita di Pan, che nel futuro perdeva la testa per i
suoi
capelli lunghi; ogni volta che c’era lei, i suoi capelli
dovevano essere
spazzolati, pettinati oppure legati in qualche modo buffo.
La
ragazza si ritrovò a sorridere, domandosi se
la bambina stesse ancora bene, e che cosa stesse facendo in quel
momento.
Le
mancava già così tanto, e desiderò di
poterla
rivedere al più presto: dipendeva tutto da lei stessa,
d’altronde, riportare la
pace che nel suo futuro era venuta a mancare, in modo da poter
assicurare alla
bambina e a tutti gli altri un futuro pieno di pace ed armonia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
CAPITOLO
25
Rose,
nel frattempo, passava le sue giornate
allenandosi. Se da una parte gli incontri con Junior al Palazzo del
Supremo si
facevano sempre più difficili, anche gli allenamenti con
Goku non scherzavano:
sembrava infatti che il nonno, man mano che andavano avanti con gli
allenamenti, intensificasse di proposito la sua forza, in modo da
rendere alla
ragazza le cose ancora più complesse.
Junior
le dava una mano a recuperare i ricordi
della sua vita passata, affinché potessero far luce sulla
sua vera identità,
quella che, a quanto pare, si era dimenticata.
Tuttavia,
le cose procedevano un po’ a rilento,
poiché Rose riusciva a sopportare solo fino ad un certo
punto l’energia emanata
da Dende che serviva per aiutarla a ricordare (energia che le causava
mal di
testa); ma, soprattutto era dura sopportare il peso emotivo legato ai
suoi
ricordi: la maggior parte di essi, infatti, erano costituiti da
avvenimenti
negativi, e solo alcuni di essi le trasmettevano delle emozioni
positive.
Tra
i suoi ricordi, i più sfocati erano quelli
legati alla famiglia Saiyan della sua vita passata, di cui non
ricordava molto,
mentre tra quelli più vividi c’erano sicuramente
le emozioni positive che le
suscitava ricordare la popolazione con cui aveva passato del tempo nel
pianeta
che aveva difeso.
Inoltre,
c’era stato un ricordo in particolare
(anch’esso molto vago), nel quale ricordava la bellissima
sensazione di tornare
ad avere il suo corpo, ovvero le sembianze di Dio che aveva sempre
avuto; si
ricordava di essere in quel corpo e di goderne appieno i poteri
smisurati e l’energia
divina che scorreva in lei.
Si
era infatti accorta che, nonostante il suo
attuale corpo riuscisse a contenere molta potenza, non era comunque in
grado di
contenere tutta l’energia divina che sentiva scorrere in lei,
che veniva fuori
durante i ricordi delle sue vite passate.
Per
quanto riguarda gli allenamenti con Goku,
invece, il nonno la faceva allenare ogni due giorni e, man mano che
andavano
avanti, lui aumentava sempre più il suo livello di potenza
durante i
combattimenti: dal Super Saiyan di terzo livello, infatti, Rose si era
trovata
a dover fronteggiare il Super Saiyan di quarto livello, tanto
interessante quanto
estenuante. La forza del nonno, in quella forma, era spropositata, e la
ragazza, nonostante facesse del suo meglio, si stancava molto
facilmente. La
metteva a dura prova ma, grazie a questi allenamenti, la ragazza si
stava
accorgendo che pian piano i suoi poteri e la sua energia aumentavano a
dismisura.
Uno
di quei giorni Rose si trovava a casa dei
suoi nonni sul monte Paoz ed era intenta a guardare la televisione in
attesa di
suo nonno, quando sentì d’improvviso la porta
dietro di lei aprirsi.
«Finalmente»
disse lei, continuando a guardare
il televisore «ti aspettavo da un po’»
«Aspettavi
me?»
La
ragazza trasalì al suono di quella voce, che
riconobbe subito.
Si
voltò di scatto e vide Goten dirigersi verso
di lei, sul divano.
«Ehm…
n-no, in realtà stavo aspettando il n---
cioè, volevo dire, Goku»
L’emozione
di Rose la tradì completamente, e
Goten parve notare il suo improvviso disagio.
«Posso
sedermi?» domandò lui.
«C-certo»
Goten
prese posto accanto a lei e fissò lo
sguardo sulla tv.
Rose,
pensierosa, si chiese come mai avesse
scelto di sedersi proprio lì, accanto a lei:
d’altronde, quelle poche volte in
cui lo aveva visto di sfuggita, si era sempre e solo limitato a
salutarla con
un cenno mentre entrava o usciva di casa.
Che
si fosse accorto di qualcosa? Oppure
semplicemente aveva voglia di guardare la tv?
«Allora,
come ti sembra qui?»
Rose
sentì la voce di Goten incastrarsi tra uno
dei suoi pensieri, che subito cessarono e fecero posto ad altri.
“Qui”
inteso come casa Son, inteso come
“campagna”, oppure come qui, in questo tempo
presente?
Rose,
un po’ titubante, decise di rimanere sul
vago rispondendo: «In che senso?»
«Beh,
ormai mi pare ovvio che tu ti sia
trasferita qui. Insomma, vedo quasi più spesso te che Pan!
Allora, come ti
trovi qui in campagna? Deve essere molto più tranquillo che
in città»
«C-certo,
lo è» rispose la ragazza, cercando
nella sua testa altre cose da dire per non sembrare sospetta.
Vedendo
la ragazza un po’ in difficoltà, Goten
prese di nuovo la parola:
«Inoltre
credo che se voi vi allenaste in città
fareste molti più danni che qui»
Rose
sgranò gli occhi e fissò il suo futuro
padre.
«T-tu…hai
visto me e Goku allenarci?»
«Sì»
affermò il ragazzo con semplicità «Una
volta vi ho visti mentre tornavo a casa. E poi non è
così difficile percepire
l’aura di due Saiyan»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Capitolo 26 ***
CAPITOLO
26
Rose
restò per un attimo a fissare Goten,
tentando di nascondere l’espressione spaventata mista allo
stupore che stava
provando in quel momento.
Era
stata scoperta. E anche prima del previsto.
Non
sarebbe dovuto accadere.
Probabilmente,
il presente era già cambiato, e
tutto era accaduto per colpa sua; si chiese in quel momento se il
Supremo
oppure qualche Dio sarebbe intervenuto per rispedirla immediatamente
nel suo
futuro.
Notando
l’espressione leggermente spaesata della
ragazza, che lo fissava senza proferire alcuna parola, Goten riprese a
parlare:
«Io
però non sapevo esistessero altri Saiyan
sulla Terra. O, per lo meno, credevo che gli unici sopravvissuti
fossero Vegeta
e mio padre. Tu da dove vieni? Sei per caso un’aliena o
qualcosa del genere?»
L’espressione
di Goten faceva trasparire una
certa spontaneità, che fece immediatamente capire a Rose
come stavano le cose:
lui non sapeva davvero nulla, e nessuno gli aveva mai rivelato niente.
Era
semplicemente lì, davanti a lei, che attendeva, nel modo
più sincero possibile,
una sua risposta.
Rose,
compiendo il viaggio nel passato, si era
già preparata ad aspettarsi di tutto, ma quello era
l’unico avvenimento al
quale invece non si era preparata: certo, aveva pensato di dirgli che
era
semplicemente un’amica di Pan, ma non aveva pensato che suo
padre avrebbe
potuto scoprire così presto le sue origini di Saiyan.
Lei
e il nonno erano stati attenti a scegliere
un luogo che fosse abbastanza lontano dalla loro casa in modo da non
permettere
che Goten percepisse la loro aura, ma, a quanto pare, non era servito a
nulla.
Mentire
o non mentire? Questa era la domanda che
martellava in testa a Rose in quel momento.
Se
avesse mentito, che storia avrebbe potuto
raccontargli? Una storia tipo quella di Vegeta, di uno dei Saiyan
sopravvissuti
alla distruzione del pianeta, che girovagava nello spazio?
Nah,
era troppo giovane ed era già passato molto
tempo dall’accaduto.
“Pensa
Rose, pensa…”
Nella
testa della ragazza balenavano un sacco di
idee, una diversa dall’altra.
“Ci
sono!”
Nel
frattempo Goten, leggermente insospettito
dalla lunga attesa della risposta, la guardava accigliato.
«Io…
Sì, sono un’aliena. Nello specifico, sono
figlia di alcuni sopravvissuti alla distruzione del pianeta Vegeta. Io
e i miei
genitori abbiamo viaggiato parecchio tempo nell’Universo,
nella speranza di
trovare altri come noi. E, finalmente, ce
l’abbiamo fatta.»
Rose
sperò tra sé e sé di risultare
credibile,
augurandosi che le sue emozioni non la stessero tradendo tramite
l’espressione
del volto.
«Oh»,
sibilò Goten, sorpreso.
Rose
notò che era visibilmente confuso: sbatté
ripetutamente le palpebre per qualche secondo prima di riuscire a dire
altro.
«Ma…
perché nessuno me lo ha mai detto?»
Rose
si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea»
«E…
come mai non mi hai detto nulla la prima
volta che ci siamo visti?»
«Beh,
perché… Non ero sicura ancora di potermi fidare
di voi»
Qualche
secondo di silenzio precedette l’altra
domanda di Goten.
«E
dove sono i tuoi genitori? Non sono venuti
anche loro?»
«I-I
miei genitori…» comincio a dire la ragazza.
“Questa
volta è un po’ più facile
parlare” pensò
“D’altronde, adesso devo solo dire la
verità”.
«I
miei genitori sono stati eliminati dal mostro
che sta devastando il nostro pianeta. Ed è questo il motivo
per cui mi trovo
qui. Per chiedere il vostro aiuto»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Capitolo 27 ***
CAPITOLO
27
Rose
gli raccontò tutta la sua storia,
riadattata alla piccola ‘bugia’ che gli aveva
appena detto: gli descrisse nel
dettaglio l’identità di Ludir, i suoi poteri,
ciò che aveva fatto a lei, alla
sua famiglia e a tutti gli abitanti del suo
‘pianeta’.
«Quindi…
i tuoi genitori sono morti con un semplice
graffio?»
«Già»
«Mi
dispiace. Deve essere stata dura per te»
«Non
immagini quanto»
Soprattutto
perché uno dei suoi genitori si
trovava proprio davanti a lei, in quel momento. E non la riconosceva,
non
poteva.
Le
struggeva il cuore, non potersi nemmeno
avvicinare per uno dei suoi abbracci, che le mancavano così
tanto; ma, più di
tutti, le mancava quello sguardo rassicurante e quella parola in
più che il
padre aveva nei suoi riguardi, quelle parole che la facevano sentire al
sicuro
e che le trasmettevano tutta quella sicurezza per cui sapeva che poteva
contare
su di lui in ogni momento.
Perché
lui ci sarebbe sempre stato, per lei.
All’improvviso,
Rose notò un cambiamento nello
sguardo di lui.
«Ti
aiuteremo» disse lui con fermezza, serrando
i pugni e guardandola con determinazione «puoi contare sul
nostro aiuto. Io,
mio padre e tutti gli altri ti aiuteremo a distruggere questo
Ludir»
Rose
sentì d’improvviso i suoi occhi inumidirsi.
La fermezza, la convinzione e la sincerità con cui suo padre
aveva pronunciato
quelle parole le ricordarono proprio la persona che l’aveva
cresciuta per 16
anni, che avrebbe fatto di tutto per lei, pur di renderla felice e di
proteggerla; la stessa persona che, quando era piccola, tornava a casa
da
lavoro con un regalo per lei, che non vedeva l’ora di
scartare; la stessa che l’accompagnava
sempre a scuola insieme a suo fratello, ogni mattina, sorbendosi ore di
traffico;
la stessa che sorprendeva lei, sua madre e suo fratello mettendosi ai
fornelli
e cucinando i loro piatti preferiti.
Oh,
quanto le mancava suo padre!
Sembrava
quasi come se Goten le avesse letto nel
pensiero: aveva proprio bisogno di sentire quelle parole, in quel
momento.
Un
ramo a cui aggrapparsi, di fronte a tutta quell’incertezza,
ma soprattutto dopo tutta la sofferenza che aveva passato.
In
quel momento si sentì in colpa per avergli
mentito, per non avergli detto tutta la verità. Avrebbe
voluto urlargli che in
realtà era sua figlia,
la bambina ormai diventata ragazza che
lui aveva sempre accudito fin da quando era nata.
Se
ne stava lì, davanti a lui, cercando di
ricacciare indietro le lacrime e di trovare qualcosa da dire che non
facesse
tradire la sua commozione.
Tuttavia,
mentre Rose cercava di sforzarsi affinché
i suoi occhi non si inumidissero ulteriormente, Goten disse:
«Sai,
fin dalla prima volta in cui ci siamo
visti e ci siamo presentati, ho notato in te qualcosa di particolare,
un
qualcosa di famigliare, come se ti avessi
già vista da qualche parte.
Era una sensazione strana che ho sempre provato quando ti vedevo.
Però non ci
ho mai dato molta importanza. Ora capisco perché: anche tu
sei una Saiyan, come
noi. Avrò percepito inconsciamente la tua aura,
probabilmente era questo»
Rose
sentì il cuore saltare di un battito, e il
nodo alla gola che le comparve in quel momento le impedì del
tutto di parlare.
Per fortuna, udirono subito dopo una voce dietro di loro:
«Oh,
ciao Goten! Sei già a casa!»
Entrambi
si voltarono e videro Chichi, che era
appena rientrata in casa e portava con sé delle buste della
spesa. Notando poi
anche Rose, subito disse:
«Oh,
Rose è venuta qui da noi perché aspetta
Pan…»
«Non
è necessario» la interruppe subito Rose
«gli ho appena detto tutto»
Chichi,
assumendo un’espressione attonita,
riuscì solo a produrre un suono indistinto:
«Ah».
«Sì,
ormai sa che sono una Saiyan venuta da
un altro pianeta per chiedere il vostro aiuto»
specificò la ragazza,
mettendo l’accento sulla parola
“pianeta”, sperando che la nonna cogliesse la
differenza rispetto alla verità che aveva raccontato a lei.
«Perché
non mi avete detto chi è veramente?»
domandò Goten.
«Uhm…»
Chichi impiegò qualche secondo per
trovare una risposta. Incrociò lo sguardo di Rose, che
cercò di dirle
telepaticamente di reggerle il gioco, e poi rispose:
«Non
lo so, Goten. Ma sei sempre così tanto in
giro che ormai ti si vede poco in casa, è normale che tu non
ne sapessi nulla!
E ora aiutami a portare la spesa, per favore»
“Un
classico di nonna Chichi,” pensò Rose
“rigirare la frittata a suo favore richiamando gli altri al
proprio dovere!”.
I
due aiutarono la donna con le buste,
scomparendo in cucina.
La
serata passò tranquillamente e Rose fu felice
di condividere quei preziosi momenti con le persone che amava, ma
soprattutto
con suo padre, che ora conosceva, almeno in parte, la sua
identità.
Le
era dispiaciuto mentirgli, ma d’altronde era
necessario, per il bene del presente.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Capitolo 28 ***
CAPITOLO
28
Finalmente
era arrivato il fatidico giorno di
festa, quello che Rose aspettava da alcuni giorni: la sua festa di
compleanno.
Anche
se non era veramente il giorno del suo
compleanno (data che Rose aveva intenzionalmente evitato di rivelare,
per via
dei possibili effetti che avrebbero potuto esserci sul presente), la
ragazza
era comunque felicissima di avere un intero giorno a sua disposizione
da
passare con le persone che amava.
In
quel momento, si trovava nella camera dell’edificio
della Capsule Corporation in cui Bulma la ospitava, e osservava allo
specchio
il vestito blu che le aveva prestato Bra.
“Chissà
come sta David… che cosa sta facendo”
pensò, osservando come il vestito le calzasse alla
perfezione, ma notando che forse
era un po’ troppo attillato.
Erano
ormai passati quasi due mesi dall’arrivo
della ragazza nel presente, e David ancora non si era fatto vivo. Che
fosse
stato trovato da Ludir…e addirittura eliminato?
Rose
cercò di non pensare a questa ipotesi,
tentando di scacciare il senso di oppressione al petto che aveva appena
provato.
Anche
se così fosse, Ludir avrebbe comunque
trovato un modo per rintracciarla? Sarebbe mai riuscito a far parlare
David
prima di eliminarlo e a fargli dire la verità? O magari
David avrebbe resistito
fino alla fine?
Conoscendo
il mostro, Rose immaginava che lo
avrebbe torturato fino in fondo prima di eliminarlo per davvero, per
scoprire
la verità dietro alla scomparsa della ragazza.
“Quante
cose sta passando David, a causa mia”
pensò.
Prima
la rottura, l’allontanamento dalla ragazza
che amava, poi questo… il doversi nascondere
perché inseguito da un mostro che
potenzialmente potrebbe farlo fuori solo con un semplice pugno.
La
ragazza, osservandosi meglio allo specchio,
notò un piccolo difetto su uno dei bottoni che decoravano la
parte superiore
del vestito: c’era un piccolo filo che sbucava fuori.
«Hai
un filo!» la aveva avvisata Melanie, la
terzogenita di Pan, quasi un anno e mezzo prima.
La
bambina che, come spesso accadeva, era
intenta a pettinarle i capelli, aveva avvistato un filo che pendeva
dalla
maglia di Rose e, senza neanche aspettare la reazione della ragazza,
prese subito
il filo tra le dita e lo tirò.
Rose
ricordò subito l’immagine della sua maglia
irrimediabilmente rovinata, tutta sfilata da quell’unico filo
fuori posto.
«Melanie!»
la aveva rimproverata Rose «Ti ho già
detto che non devi tirare il filo delle maglie»
Si
era poi subito alzata dalla tavola dove stava
mangiando con la sua famiglia, per andarsene in camera a cambiarsi.
David,
già presente all’epoca e invitato alle
loro cene, la aveva seguita in camera per assicurarsi che fosse tutto
apposto: era
stato difficile non notare il tono visibilmente scocciato della sua
ragazza.
«Tutto
bene?»
«No!»
aveva risposto lei, corrucciata «Questa
era una delle maglie più belle che avevo. Che
nervoso… Quella bambina non sa mai
tenersi le mani a posto. E’ già la terza maglia
che mi rovina»
Il
ragazzo era andato a sedersi sul letto,
mentre lei era intenta a cercare un’altra maglia
nell’armadio.
«Lo
so, bisogna avere pazienza con i bambini. Non
sempre capiscono al primo colpo»
«Già.
E Melanie certe volte mette a dura prova la
mia pazienza»
«Beh,
vedila così: stai già facendo pratica per
i nostri futuri bambini»
Rose
lo ricordò come se fosse ieri: si era girata
a guardarlo con le sopracciglia alzate.
«Se
anche i nostri figli saranno così combinaguai,
giuro che me ne scappo di casa e me ne vado alle Hawaii!»
David
era scoppiato e ridere, mentre lei si era
avvicinata a lui. Gli aveva messo le braccia attorno al collo e gli
aveva dato
un bacio sulla fronte.
«Scherzo.
Se ci sei tu al mio fianco supero ogni
cosa»
La
ragazza si destò dal ricordo e si tolse il
vestito blu con veemenza buttandolo sul letto, come se volesse
liberarsi da tutta
quella sofferenza. La sofferenza di non averlo più
lì con lei, di aver mandato in
fumo il rapporto con un ragazzo con cui avrebbe voluto costruire un
futuro.
Prese
un altro vestito, questa volta di color
nero.
“Michael”…
Rose
ripensò al ragazzo per il quale aveva avuto
una cotta in passato e che aveva flirtato con lei alla festa
organizzata da Ludir
per il compleanno di Ellen.
Era
per ciò che aveva fatto lui (anche se alla
fine non era successo nulla, tra di loro) e anche a causa
dell’intervento di
Ludir che il suo rapporto con David si era sgretolato.
Avrebbe
dovuto subito rifiutare il bacio di
Michael e non esitare così tanto…
La
ragazza si tolse il vestito e lo lanciò sul
letto, con ancora più disperazione di prima.
“Era
molto meglio quello blu…”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Capitolo 29 ***
CAPITOLO
29
Tra
i monti Paoz, nel frattempo, gli ospiti
erano già arrivati.
Fortunatamente,
era una giornata di sole, e
tutti si trovavano all’esterno della casa di Goku e di
Chichi, nella lussureggiante
campagna poco al di fuori di Satan City.
Era
stato allestito un tavolo lungo per il gran
numero di presenti, tutti invitati a festeggiare il compleanno della
ragazza venuta
dal futuro, che aveva compiuto 18 anni.
C’erano
proprio tutti: da Mr. Satan al genio
delle tartarughe, da Crilin e la sua famiglia fino a Yamcha e Tensin.
In
attesa dell’arrivo delle pietanze (e anche
della festeggiata), molti di loro si erano già seduti a
tavola e conversavano
tra loro.
«Papà,
allora come sono andati gli allenamenti
con Rose?» domandò Gohan al padre, seduto a
capotavola.
«Molto
bene» rispose prontamente Goku «Anzi,
meglio di quanto mi aspettassi. La ragazza è più
forte di quanto credessi»
«Effettivamente
sembra molto in gamba» replicò
Gohan.
Pan,
seduta di fronte al padre, lo guardò un po’
corrucciata e, cercando di mantenere un tono neutro che non lasciasse
trapelare
il leggero senso di invidia che le parole pronunciate dal nonno avevano
suscitato in lei, chiese, rivolta a Goku:
«In
che senso?»
Voleva
saperne di più. Voleva sapere come mai il
nonno trovasse tanto in gamba la ragazza venuta dal futuro. Che fosse
addirittura più in gamba di lei?
«Beh,
principalmente perché ha una buona forza
combattiva. Poi perché è in grado di trasformarsi
in Super Saiyan».
Molte
delle persone presenti, tra cui anche
Videl, Bulma e Chichi che stavano posando i piatti in tavola, smisero
di fare
ciò che stavano facendo per fissare Goku ad occhi sgranati.
«Che
cosa?!» chiese Gohan sbalordito, senza
togliere gli occhi di dosso da Goku «M-ma… come
è possibile? Io credevo che le
donne non avessero il potere di trasformarsi in Super Saiyan!»
«Già!
Neanche io!» intervenne Pan, presa più che
mai dal discorso. Fissava suo nonno con enorme attenzione:
com’era possibile
che sua cugina del futuro, Rose, potesse trasformarsi in Super Saiyan,
mentre
lei no?
«Anche
io non lo credevo possibile» affermò Goku
«invece è così. L’ho visto
con i miei stessi occhi».
«E
allora perché non puoi trasformarti anche tu,
Pan?» le chiese Crilin.
«Non
lo so!» sbuffò Pan, lasciandosi andare
sulla sedia e incrociando le braccia, assumendo
un’espressione sconsolata.
Lo
sgomento generale fu interrotto
dall’improvviso arrivo di Junior, che, come al solito,
comparve in giardino senza
alcun preavviso, teletrasportandosi vicino alla tavola dei presenti,
che
sussultarono sentendolo arrivare.
«Junior!»
esclamò Goku guardandolo «Ciao! Che ci
fai qui?»
«Sono
qui per una questione importante. Devo
avvisarvi sull’identità di Rose»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** Capitolo 30 ***
CAPITOLO
30
Molti
dei presenti rivolsero a Junior uno
sguardo preoccupato, e Gohan disse:
«Che
vuoi dire?»
«So
che nessuno di voi lo sa, ma è una questione
piuttosto delicata. Voglio essere io a dirvelo perché credo
sia mio dovere
farlo».
Con
gli occhi di tutti puntati addosso, tra cui
anche quelli di Vegeta che, dall’altro capo del tavolo
rispetto a Goku, lo guardava
con velato interesse, disse:
«Vedete,
la ragazza, è in realtà l’incarnazione
di un dio».
Furono
poche e semplici parole, ma ebbero un
forte impatto su tutti i presenti: l’alieno dalla pelle
verde, infatti, osservò
gli sguardi allibiti e confusi dei presenti, che lo guardavano come se
non
avessero compreso fino in fondo il significato delle sue parole.
«L’incarnazione
di un dio?» ripeté Vegeta,
mantenendo il suo solito tono indifferente ma alzando un sopracciglio
«Vuoi
dire come Uub che è l’incarnazione della parte
cattiva di Majin Bu?»
«Non
proprio, ma simile» rispose Junior «Uub
è
l’incarnazione della parte di un altro essere, mentre Rose
è ed è sempre stata
un dio, uno spirito a sé stante. Nonostante la sua attuale
forma umana, il suo
spirito è quello di un dio, anche se non se lo ricorda
ancora al cento per
cento».
«In
che senso, “non se lo ricorda”?»
domandò Gohan.
«Quando
un dio si incarna, di solito perde
momentaneamente memoria della sua vera identità. Tuttavia,
è possibile distinguere
lo spirito di un dio incarnato osservando bene i suoi poteri: il fatto
che Rose
sia in grado di leggere la mente e di controllare gli altri ne
è una prova
innegabile. Inoltre, ci sono degli esercizi specifici che aiutano
questo tipo
di spiriti a ricordare»
«Rose
sa leggere la mente?!» domandò Bulma spalancando
gli occhi.
Junior
si limitò ad annuire.
Lo
stupore era dipinto sul volto di tutti, in
particolare su quello di Goku, che mostrava forte interesse nei
confronti della
faccenda. Sentiva la curiosità crescere dentro di lui: non
solo la ragazza lo
aveva stupito trasformandosi in Super Saiyan, ma adesso aveva anche
scoperto
che era l’incarnazione di un dio. Non vedeva l’ora
di saperne di più al
riguardo, così domandò a Junior:
«Che
tipo di dio è? Voglio dire, dello stesso
livello del Supremo oppure di Kaioshin?»
Junior
abbozzò un sorriso e rispose:
«Nessuno
dei due. In base ai ricordi della
ragazza posso essere abbastanza sicuro di affermare che è un
dio di livello
superiore a quello di Kaioshin.
Vi
ricordate la vicenda che raccontò Kaioshin qualche
tempo fa? Quell’episodio accaduto all’inizio dei
tempi, quando Majin Bu eliminò
i tre dèi principali che governano tutti gli
Universi?»
Qualcuno
fece cenno con la testa.
«Beh,
lei è uno di loro.
Non
so come sia successo, probabilmente lei non
è mai stata davvero eliminata oppure si deve essere
semplicemente nascosta
dalla furia di Majin Buu, sta di fatto che è
sopravvissuta»
«Ma…
come hai scoperto tutte queste cose?»
domandò Gohan.
«Diciamo
che ho da subito percepito qualcosa di
particolare in lei. Qualcosa che, in qualche modo, era molto
simile a
me. Poi, è venuta al Palazzo del Supremo e io e il Supremo
le abbiamo fatto
fare esercizi che avrebbero confermato oppure smentito i nostri
sospetti.
Gli
esercizi li hanno confermati tutti, e la
ragazza ha cominciato anche ad avere ricordi della sua vita come
dio»
Seguì
qualche secondo di silenzio, interrotto
solo da Goku.
«Ma…
quindi, se è uno dei tre dèi che governano
gli Universi… questo vuol dire che ha addirittura un livello
superiore a quello
di Bills, giusto?»
«Esattamente»
confermò lui.
Tutti
fissavano Junior sbigottiti, ma prima che
qualcun altro potesse dire qualcosa, udirono una voce femminile.
«Che
facce serie!»
Tutti
si voltarono e posarono il loro sguardo su
Rose, che era appena arrivata.
«Che
cosa succede, qui?»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** Capitolo 31 ***
CAPITOLO
31
«Scusate
il ritardo! Mi sono persa qualcosa?» disse
Rose, rivolgendo ai presenti un sorriso smagliante.
In
quel momento, tutti notarono in lei qualcosa
di diverso; quel giorno era diversa.
Nei
suoi occhi neri, proprio gli stessi occhi
che condivideva con il padre Goten, lo zio Gohan, Pan e con i nonni
Chichi e
Goku, brillava uno sguardo luminoso, che faceva trapelare tutta la
felicità che
in quel momento provava nell’essere lì, con loro.
La
ragazza aveva un taglio di capelli
leggermente diverso: adesso li portava leggermente più
corti, fino a metà
schiena, esattamente come li aveva quando era arrivata.
I
suoi capelli castani e lisci, pettinati con
estrema cura, si dividevano tra la spalla e il petto, e le ricadevano
dolcemente su una maglia aderente di colore nero, costituita da due
spalline
che la tenevano su, lasciando scoperta la parte superiore del petto.
Anche
i jeans che indossava erano belli
aderenti, e mettevano in risalto le sue belle gambe slanciate, magre ma
nello
stesso tempo muscolose.
In
viso la ragazza era leggermente truccata: un
filo di matita e di eyeliner ne valorizzava gli occhi, mentre un
rossetto di
colore rosso faceva esaltare le sue labbra morbide e carnose.
Rose
era bellissima, e tutti in quel momento lo
notarono, dimenticando per un attimo le parole che Junior aveva appena
pronunciato riguardo la ragazza.
«Wow,
che bella che sei tesoro!» esclamò Bulma,
sorridendole.
«Grazie»
le rispose Rose, ricambiando il sorriso
e arrossendo leggermente.
«Hai
visto che bei capelli?» intervenne Chichi
tutta contenta, rivolta a Bulma «Ho impiegato quasi tutta la
mattinata per
farglieli, ce li aveva veramente lunghi prima!»
Rose,
avvicinandosi al tavolo per prendere posto
vicino a Pan, disse:
«Allora,
mi sono persa qualcosa? Avete tutti
delle espressioni strane».
«Sì»
rispose di getto Pan, appena Rose si
sedette «Perché tu sei in grado di trasformarti in
Super Saiyan e io no?»
Rose,
che non si aspettava quella risposta,
osservò Pan e notò in lei
un’espressione infastidita.
Prima
di risponderle, diede uno sguardo veloce
ai presenti per accertarsi che suo padre non fosse lì,
altrimenti avrebbe dovuto
fare più attenzione alle parole da usare.
Tuttavia,
notò che non era ancora arrivato.
«Pan»
replicò Rose «in realtà anche io sono
rimasta
molto stupita del fatto che tu non riesca a trasformarti in Super
Saiyan. Cioè,
nel mio tempo tu sei perfettamente in grado di farlo»
«Davvero?!»
gli occhi di Pan brillavano dalla
gioia.
«Certo»
«Ma
io credevo che le donne non fossero in grado
di trasformarsi» disse Videl.
«Già,
anche io» intervenne Bulma «Insomma, né
Pan
né Bra sono state in grado di farlo, fino adesso»
«Ma
non è vero che le donne non possono trasformarsi»
affermò Rose, scuotendo la testa «io ne sono la
prova vivente»
«E
allora perché io non ci riesco?»
domandò di
nuovo Pan, affondando il viso sconsolato tra le mani.
«Perché
devi ancora innalzare il tuo livello di
energia» intervenne Vegeta, mantenendo sempre il suo sguardo
impassibile e
distaccato «Sei ancora troppo debole»
Pan
si voltò verso di lui, lanciandogli
un’occhiataccia.
Vegeta,
ignorando completamente la reazione
della ragazza, aggiunse:
«E
poi, credo che tu non abbia ancora
avuto uno stimolo abbastanza forte che possa provocare in te un
innalzamento
del tuo livello di energia.
Gohan,
per esempio, è riuscito a trasformarsi
solo quando ha tirato fuori tutta la sua rabbia, nonostante si
allenasse già da
tempo. La rabbia ha fatto sì che tutto il suo potenziale
venisse fuori e gli ha
permesso di trasformarsi».
«Beh,
diciamo che io non mi sono trasformata in
quel modo la prima volta, però immagino che sia una
possibilità» replicò Rose.
«Tu
come ti sei trasformata?» le chiese Pan,
incuriosita.
«Io
sono sempre stata in grado di farlo fin da
quando ero piccola, da che io abbia memoria».
«E…
dimmi un po’» continuò Pan, sempre
più
incuriosita «Anche quell’altra ragazza- che adesso
non ricordo più come si
chiama- sa trasformarsi anche lei in Super Saiyan?»
«Ti
riferisci ad Ellen?» le domandò Rose.
Pan,
alzando per un attimo gli occhi in alto per
pensare, rispose:
«Uhm,
sì, intendo la figlia di Trunks».
Trunks,
che fino a quel momento stava ascoltando
la conversazione distrattamente, subito si girò verso Pan e
aggrottò le
sopracciglia, come se non fosse sicuro di aver sentito bene.
Pan
aveva detto che la ragazza di cui tanto Rose
aveva parlato, quella Ellen, era sua figlia?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 32 *** Capitolo 32 ***
CAPITOLO
32
Rose
lanciò uno sguardo preoccupato verso
Trunks: avrebbe preferito che non venisse a saperlo.
Per
quale motivo Pan non riusciva a tenere la
bocca chiusa? Aveva rivelato un sacco di cose sia a lei che a Bra, e in
quel
momento sperò che non avesse spifferato altre informazioni
agli altri, specie ai
diretti interessati.
Nel
suo futuro, Pan era la sua più stretta
confidente; in quel tempo, evidentemente, era ancora molto piccola e
non sapeva
ancora tenere a bada la lingua.
Pan
si accorse qualche secondo dopo dell’errore
che aveva commesso, proprio nel momento stesso in cui notò
l’espressione
interrogatoria che Trunks aveva sul volto.
Subito
si voltò verso Rose, che la stava già
guardando torva.
Sentendosi
in colpa, si grattò la testa, imbarazzata, e disse:
«Ehm,
scusa, Rose… non mi ricordavo che Trunks
non lo sapesse. Mi è sfuggito!»
Rose,
scuotendo leggermente la testa per la
disperazione, rifletté per un attimo su cosa dire a Trunks.
Ormai era troppo
tardi, e non poteva più porre rimedio all’errore
commesso da Pan con una bugia.
Doveva
per forza dirglielo: sarebbe stato troppo
evidente se avesse mentito di fronte alle affermazioni di Pan.
Allora
decise di prendere la parola e dire a
Trunks, che la guardava ancora sorpreso e confuso in attesa di una
spiegazione:
«Avrei
preferito che non lo sapessi, Trunks, né
tantomeno avrei voluto che tu lo scoprissi in questo modo, anche
perché non
posso rivelarvi troppe informazioni riguardo il mio futuro, soprattutto
alle
persone interessate direttamente…
Comunque
sì, Trunks, Ellen è tua figlia nel
futuro»
Lo
sguardo di Trunks si fece sempre più stupito:
sempre con lo sguardo fisso su Rose, spalancò leggermente
gli occhi dallo
stupore, mentre mille pensieri gli attraversavano la mente.
Era
rimasto un po’ sconcertato da quelle parole,
ma nello stesso tempo, dentro di sé, sentiva nascere un
sentimento diverso:
felicità. Da una parte, era contento di aver saputo che nel
futuro avrebbe
avuto una figlia, ma dall’ altra, forse, avrebbe preferito
non saperlo: era
come se gli avessero “rovinato” la sorpresa che il
futuro gli aveva riservato.
Non
ricordava molto, in realtà, di ciò che la
ragazza dai capelli castani gli aveva detto riguardo questa
“Ellen”, quindi le
chiese:
«Ellen
è la ragazza che è stata eliminata da
quel mostro poco prima che tu partissi, giusto?»
«Sì,
è lei» rispose Rose, chiedendosi che
reazione avrebbe potuto avere venendo a conoscenza di quella notizia.
«Ah»
sibilò Trunks, abbassando lo sguardo.
Rose
lo vide sempre più immerso nei suoi pensieri:
era evidentemente turbato da quella notizia, e Rose poteva capirlo.
D’altronde,
chi è che non sarebbe rimasto senza parole nello scoprire
non solo che nel
futuro avrebbe avuto una figlia, ma che addirittura sarebbe stata
eliminata da
un nemico, per lo più da giovane?
Seduto
proprio di fianco a Trunks, Rose notò con
la coda dell’occhio anche un’impercettibile
reazione da parte di Vegeta: il
Saiyan si mosse leggermente, come per mettersi più comodo
sulla sua sedia, ma
la ragazza notò i suoi occhi chiudersi per qualche secondo,
le braccia
incrociate farsi più rigide e il pugno, semi nascosto dietro
il braccio,
irrigidirsi sempre di più. Anche la sua aura ebbe un
improvviso innalzamento di
energia.
«Bene»
disse Trunks all’improvviso, guardando determinato
Rose «Vorrà dire che da adesso ho un motivo in
più per incrementare i miei
allenamenti. Se quel mostro riuscisse ad arrivare fin qui,
farò anche io la mia
parte e prometto che gliela farò pagare per tutta la
sofferenza che vi ha
causato»
«Ci
puoi giurare!» intervenne Bulma, alzandosi
dalla sedia e protraendosi in avanti, con le braccia poggiate sul
tavolo «E potremo
sconfiggerlo tutti insieme grazie all’antidoto!»
Rose
sorrise di fronte alla reazione dei tre
membri di casa Brief, e sperò in cuor suo che Bulma avesse
ragione.
Anche
se il potere di Ludir era ben più elevato
di quello di Trunks, il che voleva dire che, anche se fosse arrivato,
il
ragazzo non avrebbe avuto molte possibilità di batterlo
senza l’antidoto, Rose
era comunque contenta di vederlo più coinvolto nella
faccenda: fino a quel
momento, infatti, lo aveva quasi sempre visto esclusivamente
concentrato sul
lavoro.
Certo,
in futuro la situazione non sarebbe
cambiata granché, a parte per il fatto che il Trunks che
conosceva lei, quello
del futuro, avrebbe già raso al suolo metà
pianeta terra alla notizia della
morte della figlia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 33 *** Capitolo 33 ***
CAPITOLO
33
Rose
scorse lo sguardo tra i presenti e si
chiese se i suoi genitori avrebbero partecipato alla sua festa di
compleanno.
Guardò l’ora e vide che mancava ancora un quarto
d’ora prima che la festa
cominciasse: così aveva stabilito Chichi.
Tuttavia,
continuava a sentirsi degli sguardi
strani addosso: alcuni di loro, infatti, distoglievano lo sguardo
appena lei li
guardava. Era come se la stessero guardando in modo diverso dal solito,
come se
la stessero osservando attentamente.
«Ehm»
sibilò lei di fronte ai loro sguardi
«c’è
qualcosa che non va?»
«Perché?»
domandò Crilin, sorridendo imbarazzato.
«Non
so, oggi mi guardate in modo un po’
strano…»
«Ho
appena svelato loro la tua vera identità»
replicò Junior senza mezzi termini.
«Oh»
sibilò Rose un po’ spiazzata: non si
aspettava che Junior fosse stato così veloce nel dire loro
tutta la verità. Si
chiese per un attimo se questa nuova informazione avrebbe potuto
cambiare
l’opinione che loro avessero su di lei, e che tipo di impatto
avrebbe avuto su
di loro.
«Avrei
voluto dirvelo io, ma effettivamente
forse è andata meglio così, visto che Junior
praticamente ne sa più di me su
questa faccenda… E’ una cosa che mi ha proprio
presa alla sprovvista»
«Invece
io l’ho trovata una cosa abbastanza
evidente» ribatté Junior «Non so come i
tuoi parenti del futuro abbiano fatto a
non capirlo.»
«Beh,
Junior, nel mio futuro mio padre si allena
poco, lo zio Gohan forse ancora meno e il nonno Goku non
c’è» la ragazza diede
uno sguardo veloce a Goku «L’unica che si allena un
po’ di più probabilmente è
Pan, però nel futuro anche lei considera normali i miei
poteri, anche perché sa
che ce li ho fin da quando ero piccola.»
«Beh,
è anche vero che noi non conosciamo i
poteri di un dio» replicò Trunks, che ormai si era
inserito appieno nel discorso.
«Forse
nel mio tempo Vegeta sarebbe l’unico che
avrebbe potuto accorgersene» disse Rose guardando il principe
dei Saiyan «ma
praticamente non lo vedo quasi mai»
«Perché?»
chiese Bulma con un pizzico di curiosità
mista a preoccupazione.
«Beh,
perché se ne sta sempre per i fatti suoi.
Le uniche volte in cui mi capitava di vederlo era in occasione di
pranzi o di
cene organizzate per festeggiare qualcosa, oppure quando cercavo Ellen
e la
trovavo ad allenarsi con Vegeta. Del resto, non mi aveva quasi mai
visto
combattere, quindi non ha mai avuto l’occasione di
scoprirlo.»
Vegeta
la guardò senza replicare, con la sua
solita espressione indifferente dipinta sul volto. Bulma, invece, si
abbandonò
ad un sospiro di sollievo, come se avesse temuto per qualche secondo
che
Vegeta, per qualche motivo strano, nel futuro non fosse stato
granché presente.
«Tsk»
Vegeta emise un piccolo verso di
compiacimento «Dev’essere senz’altro
così»
«Siamo
arrivati!»
Rose
guardò oltre le spalle di Gohan, seduto
davanti a lei: suo padre e sua madre erano finalmente arrivati.
Tuttavia, non
aveva ancora avuto modo di avvisare i presenti ciò che suo
padre sapeva
realmente di lei.
“Junior”
si affrettò a dire la ragazza, comunicando
telepaticamente “i miei genitori ancora non sanno la
verità su di me. Ho detto
a Goten che sono una ragazza venuta da un altro pianeta e che ha
origini
Saiyan, per questo mi posso trasformare” Junior la
guardò aggrottando le
sopracciglia ”l’altro giorno si è
accorto che io posso trasformarmi in Super
Saiyan e mi sono dovuta inventare qualcosa, per questo gli ho
raccontato questa
‘mezza verità’. Quindi, per favore, non
nominare il fatto che vengo dal futuro”
“E
come hai intenzione di farlo sapere ai
presenti?”
“Mi
aiuti con la telepatia?” La ragazza gli
sorrise.
I
due cominciarono dunque a entrare con il
pensiero nella testa dei presenti, alcuni dei quali si guardarono
intorno
circospetti per capire chi stava parlando nella loro testa, mentre
altri, tipo
Vegeta, si accorsero subito dell’origine delle voci, e
posarono lo sguardo sui
diretti interessati con fare interrogatorio. Pan, invece, quasi cadde
dalla
sedia quando sentì Rose sussurrare nella sua testa
“Pan, mi raccomando, mio
padre Goten non sa che io sono sua figlia e che vengo dal futuro. Gli
ho detto
che sono una ragazza di origini Saiyan venuta da un altro pianeta, i
cui
genitori sono riusciti a sfuggire prima che il pianeta Vegeta venisse
distrutto, e con loro ho vagato per la galassia parecchio tempo prima
di
trovare altri Saiyan come noi”.
Goku,
Gohan e Trunks, invece, la guardarono
incuriositi, tuttavia senza proferire alcuna parola.
Mentre
Goten e Valese prendevano posto, Goku
tornò al discorso di prima, come se nulla fosse:
«Ma
quindi sei di livello addirittura superiore
a quello di Kaioshin il Sommo?» domandò con una
voce che tradiva tutta la sua
curiosità.
Rose
alzò leggermente le spalle: evidentemente
non lo sapeva con certezza, ma, prima che potesse dire qualcosa, Junior
rispose
al suo posto:
«Sì,
Goku.»
«Non
ci posso credere che sei addirittura più
forte di Bills!» disse Bulma incredula, guardando la ragazza
con gli occhi spalancati.
Rose
ricambiò il suo sguardo abbozzando un
sorriso, ma non sapeva che cosa dire. D’altronde, non aveva
mai conosciuto
questo Bills e, a parte che fosse un dio della distruzione, non sapeva
nient’altro di lui. Ma, a quanto pare, doveva essere
fortissimo.
«Scusate,
ma di cosa stiamo parlando?» chiese
Goten, confuso.
«Abbiamo
scoperto che Rose è l’incarnazione di
un dio» rispose Goku, e Rose si augurò in cuor suo
che avesse ascoltato bene
ciò che Junior gli aveva comunicato telepaticamente e che
non rivelasse
ulteriori informazioni.
Goten
osservò la ragazza, ancora più confuso di
prima. «Cosa? E che cosa vuol dire, esattamente?»
Junior
gli spiegò tutto brevemente, e Rose si
ritrovò addosso gli sguardi stupiti di Goten e Valese, che
la guardavano ad
occhi spalancati. Ma per la ragazza fu abbastanza semplice capire che,
se da
una parte suo padre era sorpreso da ciò che aveva appena
sentito, dall’altra
parte sua madre, invece, era più confusa che altro, non
essendo ancora molto
avvezza a questo tipo di discorsi.
“Eh
già” pensò la ragazza tra se e se,
ricambiando lo sguardo dei genitori “quando
nascerò vi ritroverete con una
figlia che sarà in grado di capire ogni vostro pensiero. Mi
dispiace per tutti
i guai che vi combinerò!”
Ignorando
le reazioni dei due, Junior proseguì
con la sua spiegazione di prima. «Come vi ho già
detto, gli dèi del suo rango sono
solo tre in totale e stanno alla base di tutti gli Universi.
All’inizio
dei tempi Majin Bu aveva sconfitto
gli dèi dei ranghi superiori dell’Universo, e
credevo che non ne fosse
sopravvissuto nemmeno uno, ma a quanto pare lei riuscì a
scappare in qualche
modo. Anche perché altrimenti non spiegherebbe il fatto che
è qui tra di noi, e
che abbia avuto la possibilità di incarnarsi.»
«M-ma
gli dèi, quindi… si possono incarnare?»
domandò Bulma, sempre più incredula.
«Se
lo vogliono, certo. D’altronde, è di
dèi che
stiamo parlando. Inoltre, esattamente come prima di incarnarsi era al
cento per
cento un dio, anche quando si disincarnerà, ovvero quando
morirà, tornerà ad
essere il dio che è sempre stata.»
Vi
fu un breve silenzio, durante il quale alcuni
riflettevano sulla faccenda, mentre altri guardavano stupiti Rose.
Rose,
dal canto suo, dentro di sé si sentiva
fiera di ascoltare quelle parole, e di aver scoperto una cosa di
sé di cui
prima non era minimamente consapevole; nello stesso tempo,
però, non si sentiva
parte di dèi di un rango così elevato: lei,
dopotutto, si sentiva solo una
ragazza normale, un’umana prima
di tutto.
«Beh…»
Rose riprese a parlare «In realtà io, pur
avendo questi poteri, mi sono sempre sentita una ragazza normale e, a
parte per
qualche ricordo che ho avuto, è difficile per me immaginarmi
come un dio.
Tu
mi stai dicendo tante cose su di me, Junior,
però io non mi sento così. Non mi sento di
appartenere ad un rango elevato, né
tantomeno di essere un dio»
«E’
normale» replicò Junior «E’
una cosa tutta
nuova per te ancora. E inoltre, non hai ancora nemmeno riacquistato i
poteri di
un dio.»
«Che
cosa accadrebbe se riacquistasse tutti i
suoi poteri?» domandò Goku, con la faccia di un
bambino che sta per aprire un regalo.
«Beh,
c’è un solo modo per scoprirlo.»
«E
sarebbe?» domandò Goku, ancora più
emozionato.
«Chiamare
Bills.»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 34 *** Capitolo 34 ***
CAPITOLO
34
«Ma
sei impazzito?!» esclamò Bulma, spalancando
gli occhi.
«E’
il modo migliore che abbiamo affinché lei
possa prendere atto di chi è veramente e di riscoprire i
suoi poteri» rispose
Junior impassibile, restando a braccia conserte.
«Ma…»
Bulma esitava. «Ogni volta che l’abbiamo
fatto venire praticamente è stato sempre sul punto di
distruggere la terra!»
«Non
lo farà» Junior alzò lo sguardo verso
Bulma
«sono abbastanza sicuro che anche lui sia interessato a
conoscere Rose e a
scoprire chi è davvero. E poi, se gli prepari uno di quei
deliziosi piatti che
a lui piacciono tanto, sono sicuro che non succederà niente
alla Terra»
concluse accennando un sorriso.
Bulma
parve ancora perplessa, ma Gohan forse lo
era anche più di lei. Con un’espressione piuttosto
pensierosa, disse: «Speriamo
sia davvero come dici tu.»
«Tu
sei d’accordo, Rose?» chiese Junior alla
ragazza, che in quel momento stava prestando molta attenzione ai loro
discorsi.
Non
sapeva che cosa dire, visto che non lo
conosceva; era davvero così temibile? Dal momento
però che probabilmente la
avrebbe aiutata a recuperare sia i suoi ricordi che i suoi poteri,
decise che
per lo meno ne sarebbe valsa la pena provare.
«S-sì»
rispose lei «Spero solo che riesca
davvero a darmi una mano ma soprattutto spero che per colpa mia non
distrugga
il pianeta!»
«Non
lo farà» disse Junior con fermezza,
mantenendo un mezzo sorriso «sono sicuro che non se ne
pentirà una volta che
sarà qui».
«Bene»
esclamò Bulma, alzandosi di scatto dalla
sedia. Se prima era piuttosto titubante, adesso aveva improvvisamente
riacquistato tutta la sua fermezza «allora so già
che cosa fare. Chichi, vieni
con me» e si diresse dentro la casa con Chichi.
Ormai
tutti avevano finito di mangiare e la
tavola venne sparecchiata, dopodiché le due donne tornarono:
Bulma sorreggeva
un vassoio di cibo, che aveva un aspetto molto buono. Nonostante Rose
fosse
completamente sazia, guardando quel piatto, le veniva
l’acquolina in bocca!
«E’
così che si chiama un dio?» chiese lei,
leggermente spiazzata.
«No
tesoro» le rispose Bulma «vedi, gli dèi
normali solitamente possono essere chiamati normalmente, invece Bills
ha
bisogno di questo per essere attirato sulla Terra»
A
Rose parve una situazione piuttosto buffa:
Bulma era lì, in piedi, sorreggendo quel vassoio con aria
leggermente
scocciata; gli altri erano sparpagliati lì attorno,
c’è chi era seduto ancora
su una sedia del tavolo, c’è chi invece era in
piedi. Tutti la fissavano e ad
un certo punto Bulma, alzando gli occhi al cielo, urlò:
«Bills!
Whis! Vi ho preparato un piatto
delizioso, fatto apposta per voi! Venite!»
Rose
attese, guardando anche lei il cielo: era
intimorita nel sapere chi si sarebbe trovata davanti, ma nello stesso
tempo era
emozionata. Chissà che tipo era questo
“Bills” che, a detta degli altri,
l’avrebbe aiutata?
Per
qualche secondo non successe nulla, ma poi
subito dopo vi fu un bagliore che accecò tutti per qualche
istante; la ragazza
mise un braccio davanti agli occhi, ma poco dopo lo abbassò
di nuovo e li vide.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 35 *** Capitolo 35 ***
CAPITOLO
35
Erano
lì, proprio di fronte a Bulma, davanti al
vassoio.
Si
sorprese nel vedere un essere dalle sembianze
feline con la pelle di colore viola e un altro con la pelle azzurra,
leggermente sollevato da terra, proprio lì, davanti a Bulma.
Uno
dei due, quello con la pelle viola, appena
posò gli occhi sulla pietanza, sgranò gli occhi
contento e, mentre da un lato
della bocca quasi gli colava la bava, disse: «Wow! Deve
essere delizioso!» poi,
alzando lo sguardo su Bulma, chiese «A che cosa devo questo
onore, Bulma?»
Junior
prese la parola ancora prima che Bulma
potesse replicare:
«Ho
un caso interessante da mostrarti, Bills»
Bills
si girò di scatto verso di lui incuriosito.
«Che
cosa vuoi dire?»
«C’è
una ragazza, alla tua destra, che vuole
conoscerti»
Bills
si girò verso i presenti con fare
interrogatorio.
Assumendo
un’espressione piuttosto confusa, scorse con lo sguardo tra
i presenti e guardò anche Rose, ma non si
soffermò su di lei.
«Quale?«
domandò Bills «qua ce ne sono tre».
«Beh,
non è molto difficile» replicò Junior
«l’unica che non hai mai visto»
Bills
osservò ancora attentamente tra i
presenti, e finalmente questa volta il suo sguardo si posò
su Rose.
«Mmm»
sibilò, portandosi una mano vicino al viso
e strofinando le dita sul mento «Allora, la ragazza con i
capelli neri dovrebbe
essere la figlia di Gohan mentre quella con i capelli blu credo sia la
figlia
di Bulma. Ma… ora che mi ci fai pensare, non ho mai visto
questa ragazza con i
capelli castani».
Rose
si sentì osservata dai due esseri, ma notò che
l’essere dalla pelle azzurra, quel certo
“Whis”, le stava rivolgendo uno
sguardo molto intenso, come se la stesse studiando.
Fu
proprio in quel momento, quindi, che Whis prese
parola, senza smettere di osservarla:
«Tu
non appartieni a questo tempo, vero?» le
domandò con una voce piuttosto aggraziata.
Rose
esitò. Non potevano discutere di quelle cose
in quel momento, in presenza dei suoi futuri genitori: non dopo che era
stata
così attenta, addirittura avvertendo tutti i presenti
tramite la telepatia.
“No,
non appartengo a questo tempo” gli rispose
con la telepatia “ma per favore non ditelo ad alta voce
perché qui ci sono i
miei futuri genitori. Sono stata raccomandata dal Supremo della Terra
di non
rivelare troppo di me ai diretti interessati.”
Whis
spalancò la bocca e sgranò gli occhi.
“Tu sai
comunicare telepaticamente?” le chiese, utilizzando anche lui
la voce della
mente.
“Sì.”
“Ma
sei un dio?”
Ma,
prima che potesse rispondergli, Bills
cominciò ad urlare. Puntando un dito verso Bulma disse,
infuriato:
«Cosa?!
Non dirmi che avete di nuovo infranto le
leggi temporali?!»
Probabilmente,
aveva ascoltato la conversazione
telepatica tra Rose e Whis.
«Io
non c’entro niente stavolta!» si difese
subito Bulma.
“Oh,
no!” pensò la ragazza, portandosi una mano
sulla fronte, “Perché Bills si è messo
a parlare ad alta voce?!“
«E
allora perché lei è qui?!» chiese Bills.
Rose
decide di intervenire, dal momento che
restare completamente zitta e comunicare solo telepaticamente avrebbe
destato
più sospetti che parlare ad alta voce, cercando tuttavia di
utilizzare le parole
giuste.
«Sono
venuta a chiedere l’aiuto di tutti loro. Quindi
se c’è qualcuno che devi incolpare, sono io quella
che ha infranto le leggi
temporali»
«Voi
umani state superando ogni limite…» disse
Bills, con una vena che cominciava a pulsargli in fronte.
«Bills»
intervenne Junior «io non credo che lei fosse
riuscita a compiere il viaggio nel tempo senza l’aiuto che le
ha dato il
Supremo del suo tempo»
«E’
impensabile che un Supremo aiuti qualcuno a viaggiare
nel tempo» replicò Bills con tono severo
«Non è possibile, è contro la
legge»
si voltò verso la ragazza, scrutandola.
«Io
ti ho già visto prima» affermò Whis in
tono
molto pacato.
Lentamente,
sempre con i piedi sollevati da
terra, si avvicinò a lei.
Rose,
un po’ in soggezione, si chiese cosa Whis
avesse intenzione di fare, così cercò di restare
lì, al suo posto, anche se
avrebbe voluto indietreggiare di fronte ad un essere di rango e poteri
così
elevati.
Appena
arrivato di fronte a lei, le sorrise
calorosamente e le porse la mano:
«Scusami,
che maleducati, non ci siamo neanche
presentati. Io sono Whis e lui è Bills»
La
ragazza, titubante ma nello stesso tempo
felice di quel gesto, le porse la mano, ricambiando il sorriso.
Stava
per rispondergli “Piacere, io sono Rose”,
ma non ce la fece.
Non
appena toccò la mano di Whis, infatti, sentì
un’enorme energia che la travolse: tutto il suo corpo fu
pervaso da
quest’energia, un’energia elettrica che la fece
leggermente sussultare.
D’istinto,
chiuse immediatamente gli occhi e fu
allora che le vide: delle immagini sfocate, nelle quali c’era
Whis, che la
guardava.
Lo
aveva già visto da qualche parte prima.
Anzi, lo
conosceva già.
E
non solo lui, anche Bills. Li aveva già
conosciuti prima. Ma dove?
Rose
si sforzò per ricordare, ma il tutto sparì
all’improvviso così come era venuto.
Aprì
gli occhi e guardò Whis, rimasto,
esattamente come lei, in quella posizione: lui ricambiò il
suo sguardo e lei
capì subito che anche lui aveva avuto le sue stesse
identiche sensazioni.
Sulle
labbra di Whis comparve un sorriso di
contesa, come se in quel momento avesse capito tutto. O quasi.
Mentre
Rose, molto confusa, lo guardava con aria
spiazzata, Whis fece qualche passo indietro allontanandosi un
po’ dalla ragazza
e domandò, sempre fissandola:
«Junior,
dimmi, che cosa hai scoperto su di
lei?»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 36 *** Capitolo 36 ***
CAPITOLO
36
Junior,
avvicinandosi ai due, disse:
«E’
in grado sia di leggere che di controllare
la mente altrui. Inoltre, grazie all’aiuto del Supremo della
Terra, l’abbiamo
aiutata a recuperare alcuni ricordi, che credo dimostrino che lei in
realtà sia
un dio».
«Un
dio?!» Bills, con gli occhi spalancati, fece
qualche passo in avanti e si avvicinò ai tre; osservava la
ragazza come se non
credesse ai suoi occhi. Whis, invece, non parve particolarmente
sorpreso da ciò
che Junior aveva appena detto, e guardava la ragazza con estrema
tranquillità,
come se ciò che aveva appena sentito fosse la cosa
più naturale del mondo.
«Com’è
possibile che sia un dio?!» domandò Bills
«A me pare una ragazza terrestre come tante altre…
anzi, dalla sua energia
credo sia anche una Saiyan».
«Infatti
lo sono» confermò la ragazza.
«Un’altra
Saiyan?!» disse Bills a braccia
conserte «certo che voi Saiyan crescete come
funghi».
«A
quale rango degli dèi credi che appartenga?»
chiese Whis a Junior.
«Non
ne sono certo, ma credo che sia uno dei tre
dèi degli Universi»
«Cosa?!»
chiese un Bills ancora più sbigottito
di prima. Cambiando in un secondo la sua espressione, si immerse in una
profonda riflessione, dopodiché disse «Mmm, fammi
pensare. Tutti e tre gli dèi
dell’Universo sono stati eliminati molto tempo fa da Majin
Bu… a parte una» il
suo viso s’illumino all’improvviso e
guardò la ragazza «C-cosa? Non mi dire che
quella sei tu?!»
«Ho
l’impressione che sia proprio lei»
affermò
Whis, accennando di nuovo un leggero sorriso.
Rose,
nel frattempo, ricambiava i loro sguardi
stupita. Ascoltava i loro discorsi, ma nello stesso tempo aveva una
strana
sensazione nei loro confronti: dove li aveva conosciuti? Dove li aveva
già
visti? Non riusciva a togliersi questo pensiero dalla testa.
«Non
ne siamo sicuri» disse Junior «Per questo
vorrei che voi la aiutaste a recuperare i suoi ricordi».
Tutti
avevano ora lo sguardo fisso su Bills,
che, con una mano sul mento, era intento ad osservare la ragazza e a
pensare
sul da farsi. Nessuno parlò per qualche secondo,
poiché aspettavano tutti la
sua risposta, che non tardò ad arrivare:
«Un
modo c’è. Con questo metodo potrai tornare
ad essere il dio che sei sempre stata, ma solo temporaneamente; per
cui,
ricorderai tutto e riacquisterai tutti i tuoi poteri, ma non al cento
per
cento, in quanto il tuo attuale corpo umano costituisce un limite.
Credo potrai
riacquistare un ottanta per cento dei tuoi poteri, anche
perché il tuo corpo è
metà Saiyan, quindi è in grado di reggere
l’elevata quantità di energia che
possiede un dio, anche se mai al cento per cento. Se fossi stata solo
un’umana,
credo saresti arrivata a sopportare solo il trenta per cento della tua
totale
energia.
Però
devo avvertirti: la mia tecnica funzionerà
solo se sei realmente un dio. Perché se in realtà
non lo sei, la mia tecnica ti
farà morire all’istante»
Rose,
così come tutti gli altri che stavano
assistendo alla scena, si destabilizzò un attimo sentendo le
parole di Bills.
Era così rischiosa questa tecnica? E se in realtà
Junior si fosse sbagliato e
lei non fosse realmente un dio? Sarebbe perita così,
all’istante, lasciando l’umanità
sopravvissuta del suo futuro in balia di Ludir, senza poterli salvare?
Provò
per un attimo paura pensando a quello
scenario, ma i suoi pensieri furono interrotti dalla domanda di Junior:
«Tu
te la senti di provare, Rose?»
Rose
rifletté ancora per qualche secondo. Se
fosse riuscita a recuperare completamente i suoi poteri, forse,
all’eventuale
arrivo di Ludir, sarebbe stata in grado di fronteggiarlo, e forse anche
sconfiggerlo; ora come ora, infatti, non era in grado di farlo. Se i
suoi
poteri di Saiyan non erano sufficienti, forse i suoi poteri divini
potevano
farcela.
Così,
prese un po’ di coraggio e rispose:
«Sì»
«Bene»
disse Bills «Ma come ti ho già detto
prima, il tuo risveglio sarà temporaneo. Riacquisterai i
tuoi poteri, ma più il
tempo passerà più cominceranno a calare, fino a
che tu non tornerai la ragazza
che sei adesso.
In
quanto ai ricordi invece, dopo che sarai
tornata come prima credo che riuscirai a mantenere la maggior parte dei
ricordi,
ma dovrai lavorarci ancora su per recuperarli tutti»
«E
allora che cosa serve fare questa cosa se
dopo tornerò ad avere i poteri di prima?»
domandò la ragazza.
«Il
tuo livello di energia salirà indubbiamente,
per cui quando ritornerai ad essere come sei adesso ti sarà
più facile
controllare i tuoi poteri divini, come il controllo mentale, e di
conseguenza
ti sarà anche più facile innalzarli.
E’
un lavoro che devi fare tu da sola, io non
posso che darti una soluzione temporanea per aiutarti»
Era
perfetto. Fino a quel momento, infatti, Rose
si era trovata molto in difficoltà nell’utilizzare
quei poteri che aveva sempre
avuto fin dall’infanzia: le richiedeva un enorme sforzo
fisico ed energetico
per utilizzarli. Adesso, forse, grazie all’aiuto di Bills,
sarebbe stata in
grado di controllarli più facilmente.
«Bene»
disse lei, portandosi i pugni sui fianchi
e guardando Bills con determinazione «Sono pronta»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 37 *** Capitolo 37 ***
CAPITOLO
37
Tutti
gli altri erano lì che assistevano alla
scena, curiosi di vedere ciò che potesse accadere da un
momento all’altro.
Chichi, in particolare, in piedi con le mani davanti al visto come se
stesse
pregando, guardava Bills e Rose, che in quel momento erano uno di
fronte
all’altro, con uno sguardo estremamente preoccupato: in quel
breve periodo di
tempo, infatti, aveva avuto modo di affezionarsi molto a quella
ragazza, che un
giorno sarebbe stata la sua nipotina. Sperava che non le accadesse
niente.
Goten,
accanto alla madre Chichi, fissava concentrato
e sconcertato la ragazza e il dio dalla pelle viola. Che cosa sapeva su
quella
ragazzina, entrata nelle loro vite solo due mesi prima, che
inizialmente gli
avevano detto che era un’amica di Pan, e poi, essendosi
accorto che era in
grado di trasformarsi in Super Saiyan, era venuto a conoscenza che in
realtà veniva
da un altro pianeta? Adesso, aveva appena sentito che veniva
addirittura da un
altro tempo, per chiedere il loro aiuto. Allora perché non
gli era stato riferito
nulla? A giudicare dalle espressioni degli altri quando lei aveva
confermato
che veniva da un altro tempo, nessuno aveva avuto una reazione
particolare,
come se lo sapessero già tutti quanti. Perché lui
no? “Possibile che mi stiano
nascondendo qualcosa?” si domandò tra
sé e sé, aggrottando le sopracciglia e
guardando
Bills
che, con gli occhi chiusi, alzava il braccio e, aprendo il palmo,
posava la mano sulla fronte della ragazza.
Lei
chiuse gli occhi, mentre lui lì aprì e si
illuminarono di rosso: nello stesso momento, il suo braccio fece un
piccolo
sussulto e dalla sua mano scaturì una luce bianca che
toccò la fronte della
ragazza. Rose barcollò leggermente all’indietro,
come se avesse appena ricevuto
una scarica elettrica, ma riuscì a rimanere in piedi.
Bills
rimase lì ad osservarla con un’aria molto
seria, mentre tutti gli altri avevano lo sguardo fisso sulla ragazza.
Passò
qualche secondo in cui la ragazza rimase
lì, con la testa rivolta verso il basso, senza muoversi.
All’improvviso,
però, alzò lo sguardo su Bills,
e tutti si stupirono nel vedere negli occhi di lei la stessa identica
luce
rossa che aveva avuto un attimo prima Bills negli occhi.
La
luce sparì subito e lasciò il posto a due
occhi molto diversi da quelli che c’erano prima.
Erano
dello stesso colore, sì, ma lo sguardo
della ragazza era cambiato radicalmente: adesso, guardava Bills con uno
sguardo
fermo e determinato, quasi come se lo stesse fulminando con gli occhi.
Era
abbastanza inquietante, in realtà: era come
se non ci fosse più la stessa Rose di prima, la ragazza
tranquilla e dolce che
non avrebbe mai fatto del male ad una mosca.
Tutti
i presenti la fissavano esterrefatti:
nessuno la riconosceva quasi più.
«Tz»
sul viso di Rose apparve un ghigno «Guarda
chi si rivede»
«Già»
Bills ricambiò lo stesso ghigno «chi non
muore si rivede, eh? Ne è passato di tempo»
«Cosa?»
chiese Goku esterrefatto «Voi due quindi
vi conoscete davvero?!»
La
ragazza, a braccia conserte, gli lanciò uno
sguardo senza nemmeno girare la testa e rispose:
«Sì, e anche da parecchio
tempo»
Whis
si avvicinò alla ragazza e, con lo stupore
generale, si inchinò di fronte a lei e disse, sorridendo:
«Ciao.
E’ davvero un piacere rivederti»
«Whis»
disse lei, ricambiando il sorriso «Sai
che non mi sono mai piaciute tutte queste formalità.
E’ un piacere anche per me
rivederti»
Whis
si rialzò e Bills disse:
«Già,
è proprio un piacere. Dimmi, che fine hai
fatto dopo la distruzione del pianeta Vegeta? Non ti ho più
vista nei paraggi»
«Beh,
è normale che non l’hai più
vista»
intervenne Whis «Hai dormito per tutto quel tempo»
Tra
qualche risata generale, Bills, leggermente infastidito,
rispose:
«Non
è vero. Mi sarò addormentato poco dopo,
giusto in tempo per vedere la fine di quel pianeta»
Vegeta,
nel frattempo, ancora seduto ad una
sedia del tavolo, stava prestando molta attenzione ai loro discorsi.
Adesso
stavano parlando del pianeta Vegeta, del suo pianeta natale, distrutto
a causa
di Freezer.
«Già,
il pianeta Vegeta…» Rose chiuse gli occhi
per qualche secondo, come se stesse ripescando un ricordo importante
«E’ stato
veramente un bene averti ordinato di distruggere quel pianeta, Bills.
Se
avessero continuato a vivere, non avrebbero fatto altro che causare
ulteriori
danni nell’Universo, ancor più di quanti ne
stessero già facendo»
«Che
cosa?!» esclamò Vegeta a gran voce,
alzandosi di scatto dalla sedia e fissando Rose. Una vena cominciava a
pulsargli sulla fronte.
«Sei
stata tu a decidere di distruggerlo?!»
«In
realtà» intervenne Bills «sono stato io
ad
ordinarlo a Freezer, ma non è stata una mia idea (anche se
nemmeno a me stavate
molto simpatici, voi Saiyan), ma in pratica sì,
l’ordine mi è arrivato
direttamente da lei. Io rispondo solo agli dèi del suo
rango, che sono della
gerarchia subito superiore alla mia»
Vegeta
era sempre più arrabbiato.
«Come
avete potuto?! Noi Saiyan eravamo la razza
migliore dell’Universo!»
«Ah
sì?» replicò Rose con tutta
tranquillità
«Quindi per te essere migliori vuol dire sterminare razze
intere?»
«Noi
eravamo i più forti, quindi di conseguenza
eravamo superiori a tutte quelle razze deboli che non erano neanche in
grado di
difendersi. Era inevitabile sottometterli e sterminarli! I
più forti vincono
sempre!»
Rose
non batté ciglio. «Vegeta, i Saiyan stavano
versando troppo sangue nell’Universo, e io non potevo
permettere che le cose
andassero avanti così. Decidere di distruggere il pianeta
è stata la decisione migliore,
per tutti»
«Tu»
la accusò Vegeta, puntando il dito contro di
lei «come hai osato?! Sei l’essere immondo che ha
ordinato la distruzione del
mio pianeta natale. Brutto farabutto, non la passerai
liscia!» scattò in avanti
e volò veloce nella direzione di Rose, pronto a sferrarle un
pugno.
«Vegeta!»
lo chiamò Bulma, preoccupata.
La
ragazza alzò velocemente il braccio, aprì la
mano nella sua direzione e, nel momento stesso in cui piegò
leggermente le dita
verso l’interno, Vegeta si arrestò
all’improvviso e si immobilizzò, fermandosi a
un metro da lei, come impietrito.
Riusciva
a muovere solo la bocca e gli occhi. «Che
cosa?!» riuscì a dire, guardando Rose ad occhi
spalancati.
I
presenti osservavano la scena allibiti. Perché
Vegeta si era fermato così, in quella posizione strana, come
se non riuscisse
improvvisamente più a muoversi?
«Perché
Vegeta non si muove più?» Domandò Pan,
preoccupata.
Fu
Whis a darle una risposta. «Il controllo
degli altri è un potere tipico degli
déi»
«Vegeta!»
lo rimproverò nuovamente Bulma «Ma che
cosa fai? Lo sai che non si devono attaccare gli dèi! Vuoi
essere ridotto in polvere
in un istante?!»
«Che
ci provi!» la provocò Vegeta, guardando infuriato
la ragazza.
Rose
non batteva ciglio, lo sguardo determinato fisso
su Vegeta. I due si guardarono per qualche secondo, senza dire nulla,
dopodiché
Rose abbozzò un sorriso, che non aveva nulla di divertente o
di piacevole. «Vedo
in te la stessa identica arroganza che avevano i tuoi
predecessori»
Il
principe dei Saiyan sembrò ignorare ciò che
la ragazza aveva appena detto, e continuò imperterrito:
«Te
la sei tanto presa con noi Saiyan, hai
addirittura distrutto il nostro pianeta, però ti incarni in
un corpo Saiyan
quando ti fa comodo!»
Molti
dei presenti trattennero il respiro,
temendo sia la reazione di Rose che quella di Bills, il quale, con gli
occhi
ridotti a fessure, guardava infastidito Vegeta, come se stesse
offendendo anche
lui e il suo onore.
«Vero»
affermò Rose con tutta tranquillità
«nessun
altro corpo sarebbe stato in grado di contenere il mio spirito se non
quello di
un Saiyan. Devi sapere, Vegeta, che ordinare la distruzione del pianeta
dei
Saiyan era un atto necessario affinché
l’equilibrio dell’Universo venisse ripristinato.
I Saiyan stavano facendo troppo razzie nell’Universo, e io
non potevo
permettere che andassero fino in fondo. C’è un
limite a tutto. E voi lo avevate
superato»
Vegeta
digrignò i denti con fare cagnesco.
Vi
fu qualche secondo di silenzio. Poi Rose proseguì:
«Io
stessa mi sono incarnata sul pianeta Saiyan
trecento anni fa, e ho potuto sperimentare di persona la
brutalità dei Saiyan e
assistere con i miei stessi occhi alle missioni di genocidio che
compievate su
altri pianeti.
Ero
una combattente al servizio del re,
costretta ad essere tale solo perché si erano accorti della
mia smisurata
potenza e per convincermi ad entrare nell’armata avevano
preso in ostaggio la
mia famiglia.
Ho
dovuto compiere molte brutalità per
dimostrare di essere al loro servizio, ma il mio reale obiettivo era
andare su
quei pianeti e difendere le popolazioni, per poter in qualche modo
calmare la
furia dei Saiyan.
Ho
tentato di fermarvi dall’interno, ma
purtroppo ho fallito. Quindi, qualche tempo più tardi, sono
dovuta ricorrere a
misure più estreme»
Tutti
i presenti fissavano la ragazza esterrefatti:
un conto era sentire da Junior la storia della vita passata di Rose, un
altro
invece era sentirlo da lei, anzi direttamente dalla sua parte divina
che parlava.
Aveva un modo di fare molto sicuro di sé, deciso, ma nello
stesso tempo molto
pacato e tranquillo: non aveva la tendenza a scomporsi come Bills, anzi
si
poteva dire di avere un temperamento più simile a quello di
Whis.
«Tuttavia»,
riprese lei «ho fatto in modo che
qualche Saiyan si salvasse. Pochi, affinché la razza non si
estinguesse, anzi
pochissimi per evitare che venissero compiute ulteriori razzie in giro
per l’Universo»
«Tz»
sbuffò Vegeta «quindi adesso dobbiamo anche
dirti grazie per averci salvato la pelle?»
«Vegeta»
intervenne Bills, leggermente adirato
«Faresti meglio a tenere a freno la lingua e a comportarti
con più rispetto
dinanzi agli dèi!»
«E’
tutto a posto, Bills» disse Rose, ma le
parole della ragazza non bastarono a placare il nervosismo dipinto sul
volto
del dio.
«Quindi
sei stata tu a salvare me, Vegeta e
tutti gli altri?» domandò Goku.
«Non
proprio. Vi ha salvati chi vi ha allontanati
dal pianeta Vegeta, ma diciamo che io ho aiutato a far sopravvivere chi
doveva
essere salvato»
Rose
osservò gli sguardi stupiti dei presenti,
che ascoltavano con interesse e curiosità,
dopodiché riprese a parlare:
«Purtroppo,
però, la mia precedente incarnazione
sul pianeta Vegeta non finì bene. Il re e i suoi sudditi
scoprirono i miei
piani di sabotaggio e uccisero sia me che la mia famiglia»
«Tz»
ghignò Vegeta, con un’espressione trionfante
sul volto «Quindi alla fine sono stati loro ad eliminare
te»
Bills
gli lanciò un’occhiataccia, ma senza dire
nulla.
Vegeta,
mantenendo il suo solito ghigno beffardo,
riprese a parlare:
«Vedo
che neanche la tua forza di dio è
stata in grado di fermare il potere di noi Saiyan»
«Vedi,
Vegeta, il problema di quando mi incarno
è che perdo gran parte della mia memoria e i miei poteri
sono molto più
limitati rispetto a quelli che ho quando riacquisto il mio corpo
originale di
dio. Esattamente come mi è accaduto adesso. Per cui,
nonostante io sia stata
incarnata tra i Saiyan molto tempo fa, i miei poteri divini non erano
molto
sviluppati mentre quelli energetici erano di poco inferiori ai vostri,
per cui
non sono riuscita a fermarvi»
La
ragazza, vedendo che Vegeta si era ormai
calmato, lo liberò dalla morsa. Lui, non appena riprese il
controllo del suo
corpo, scrollò le spalle e mosse le braccia come per
sgranchirle, dopodiché,
lanciando un’ultima occhiataccia a Rose e a Bills,
tornò a sedersi a tavola, incrociando
le braccia.
La
ragazza continuò: «Inoltre,
c’è anche un motivo
ben preciso per cui ho scelto Goten come mio padre in questa
incarnazione»
I
presenti si scambiarono sguardi allarmati:
perché, giusto qualche minuto prima, Rose aveva chiesto loro
telepaticamente di
non rivelare tutta la sua identità a Goten, mentre adesso
stava esponendo la
verità con tutta quella nonchalance?
Goten,
che stava ascoltando con interesse, si
destò improvvisamente sentendo nominare il suo nome e,
spaesato, chiese: «I-io…
cosa? Che cosa c’entro io?»
Ma
la ragazza non prestò attenzione alla domanda
di Goten e proseguì nel suo racconto:
«Goten,
in una sua vita precedente, era un
abitante di un pianeta che ero stata mandata a colonizzare. Mi accolse
quando stavo
scappando dai Saiyan che avevano scoperto il mio piano, e fu lui che mi
diede
rifugio e che mi accolse in casa sua assieme alla sua famiglia di
allora. Mi
trattò proprio come una figlia»
l’espressione della ragazza, che fino a quel
momento era stata composta e determinata, si ammorbidì e
rivolse un sorriso
pieno di affetto a Goten, il suo primissimo sorriso da quando aveva
assunto la sua
forma originaria di dio.
Goten
avrebbe tanto voluto ricambiare quel
sorriso, ma in quel momento era talmente confuso che non sapeva che
cosa dire o
fare.
Gli
altri guardavano i futuri padre e figlia a
bocca aperta, ma fu Bills a intervenire.
«Rose,
non avresti dovuto dirlo» la ammonì.
Lei
si girò verso di lui, mantenendo la sua compostezza.
«E’ arrivato il momento che anche lui sappia la
verità»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 38 *** Capitolo 38 ***
CAPITOLO
38
«Comprometterai
questo tempo» affermò Bills, rivolgendo
alla ragazza uno sguardo di rimprovero «I diretti
interessanti non devono
sapere…»
Ma
Rose lo interruppe. «E’ già successo, in
passato, che qualcuno abbia compiuto un viaggio nel tempo»
replicò sicura di sé,
spostando per un secondo gli occhi verso Trunks «E tutti
sappiamo che i diretti
interessati erano venuti a conoscenza della sua vera
identità, e quel tempo – che
corrisponde al tempo in cui ci troviamo ora
– cambiò inevitabilmente, ma
questo non impedì a lui di nascere. Inoltre, il mio stesso
viaggio nel tempo ha
già cambiato le sorti di questo tempo, siano esse in
negativo o in positivo»
Bills
non disse più nulla, limitandosi a
guardare Rose contrariato e a braccia conserte.
«Comunque,
è per questo che sono qui, per questo
che ho deciso di incarnarmi come tua figlia» Rose si
girò verso Goten, continuando
la sua spiegazione «tu mi avevi trattato come fossi parte
della tua famiglia,
mi avevi aiutata, e adesso io ricambio il favore aiutando non solo la
tua
famiglia – che adesso è anche mia – ma
ricambiando anche il favore che tu mi
facesti un centinaio di anni fa»
Anche
Valese, in piedi accanto a Goten, era
esterrefatta e guardava confusa prima Rose, poi il suo fidanzato.
«Ma
che storia è questa?» chiese Goten «Di
che
cosa stai parlando? Io non sono tuo padre. Ti sarai confusa con qualcun
altro!»
Rose
non rispose, ma si limitò a guardarlo
impassibile. Un silenzio di piombo era calato sul giardino di casa Son;
alcuni dei
presenti cercavano dentro di loro le parole per spiegare a Goten come
stavano
le cose, ma nessuno ci riuscì.
All’improvviso,
qualcosa cambiò nello sguardo di
Goten: il ragazzo trasalì, come se colpito da un fulmine.
“Vedo
che stai ricollegando i pezzi” pensò la
ragazza, abbozzando un sorriso.
Goten
la osservò prima ad occhi spalancati, poi
subito dopo aggrottò le sopracciglia e spostò lo
sguardo dalla ragazza a
Valese. E viceversa.
«Tu…»
iniziò a dire «Tu vieni dal futuro, e il
motivo per cui sei una Saiyan non è perché vieni
dal pianeta Vegeta e i tuoi
genitori sono sopravvissuti all’esplosione, ma
perché sei mia figlia»
Rose
non rispose subito. «Mi sembrava giusto
dirtelo. Tanto, prima o poi lo avresti scoperto lo stesso»
«Scusami?»
Valese, accigliata, prese la
parola «Mi stai dicendo che tu hai già una figlia?
Perché non me lo hai mai
detto?» gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime.
Goten
volse uno sguardo preoccupato verso Rose,
cercando conferma negli occhi della ragazza dei suoi dubbi. Lei sorrise
e gli
fece un cenno rassicurante con la testa.
«Credo
che sia anche tua, di figlia» la
rassicurò Goten.
Gli
occhi di Valese si animarono improvvisamente
e alzò immediatamente lo sguardo verso Rose, a qualche metro
da lei. «Ma che
cosa state dicendo? Io non ho una figlia…»
«Lei
viene dal futuro» precisò
Goten. «Non
hai ascoltato quello che si sono detti fino adesso?»
«M-ma
io credevo stessero scherzando, insomma
come è possibile che esista il viaggio del tempo? E
poi… che cosa sono tutte
queste storie delle vite passate?»
«E’
possibile viaggiare nel tempo spiegò» Whis
«Ed è altrettanto possibile vivere più
vite in più corpi. Le anime si spostano
da un corpo all’altro. Dopo la morte, si passa un periodo
nell’aldilà,
dopodiché, quando l’anima è pronta,
torna su un pianeta per fare un’altra vita»
Valese,
più che allibita, cominciava a
incuriosirsi sempre più. «Wow! E chi le sapeva
tutte queste cose!» Prese la
rincorsa e andò ad abbracciare Rose. «Che bello,
avrò una figlia! E tu sarai la
mia bambina!»
Rose,
stretta nell’abbraccio della sua futura
madre, perse un po’ della sua compostezza, e ai presenti
parve come se, per un
secondo, i suoi occhi fossero tornati ‘normali’,
ovvero quelli dolci e anche un
po’ insicuri della Rose che avevano imparato a conoscere.
Tuttavia,
la ragazza parve tornare come prima
nel momento stesso in cui Valese si separò da lei e
tornò vicino a Goten, il
quale continuava a fissare Rose senza dire nulla, come se lo stupore
gli avesse
fatto perdere completamente il dono della parola.
Nel
frattempo, fu Goku a interrompere il
silenzio:
«Comunque,
se non ho capito male» disse
piombando giù dalla sedia e avvicinandosi lentamente a Rose
«adesso i tuoi
poteri sono al massimo, vero?»
«Corretto»
rispose la ragazza, guardandolo
mentre si avvicinava.
«E
si sente. Adesso la tua energia è diversa ed
è aumentata moltissimo» Goku si fermò
vicino a lei, guardandola con aria di
sfida.
«Ti
va di mostrarmi i tuoi poteri e di
combattere con me?»
Rose
lo guardò per un istante e poi,
sorridendogli e ricambiandogli lo sguardo di sfida, rispose:
«Perché
no?»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 39 *** Capitolo 39 ***
CAPITOLO
39
Nonno
e nipote si misero in posizione di
combattimento. Si erano leggermente allontanati dagli altri, altrimenti
avrebbero combinato un disastro stando vicino a loro, ma erano comunque
visibili a tutti.
Goku
guardava la ragazza negli occhi: notò il
suo sguardo penetrante e molto determinato. Si mosse per primo e si
avvicinò
per attaccarla; lei parò tutti i suoi colpi con gambe e
braccia, senza alcuna
fatica apparente. Continuarono così per qualche secondo,
dopodiché Rose
cominciò a schivare, con estrema facilità, i
colpi inferti da Goku, nonostante
fossero sempre più veloci.
“Esattamente
come Whis” pensò Goku tra sé e
sé,
mentre era concentrato a combattere “Anche lui riesce
facilmente a schivare i
miei colpi. E’ proprio vero che la sua forza è
aumentata, perché prima non
riusciva a schivare i miei colpi così facilmente…
sono curioso di scoprire che
altro sa fare adesso!”
Proprio
in quel momento, la ragazza cominciò a
sferrargli colpi, con sempre più veemenza. Goku ricevette un
pugno sulla
guancia e, con sua grande sorpresa, provò molto dolore. Si
fermò un attimo per
toccarsi la guancia ma non ebbe tempo, in quanto Rose era
già lì ad attaccarlo.
Lui rispose, e continuarono così il riscaldamento per
qualche minuto.
Per
ogni minuto che passava, l’allenamento si
faceva sempre più duro e feroce.
Si
lanciarono qualche onda, e Goku fu sorpreso
nel notare che la ragazza le parava tutte con estrema
facilità. Goku quindi
decise di trasformarsi in Super Saiyan di primo livello per rendere il
combattimento ancora più interessante, ma la lotta
andò avanti incessantemente
senza che lei sentì la necessità di trasformarsi
a sua volta.
Sempre
più sconcertato, Goku notò che lei
riusciva senza alcuna difficoltà a fronteggiarlo nonostante
lui si fosse
trasformato e lei no. Riuscì addirittura a mandarlo a
sbattere contro una
roccia e lanciargli una Kamekameha, e Goku riuscì a malapena
a rispondere
all’attacco, sia perché era stata troppo veloce,
sia perché la sua onda era
molto potente.
Goku
quindi decise di trasformarsi direttamente
in Super Saiyan di terzo livello, per vedere se lei sarebbe riuscita a
fronteggiarlo ugualmente senza trasformarsi a sua volta.
«Cosa?!»
esclamò Bulma mentre assisteva
esterrefatta allo scontro «Goku si è addirittura
trasformato in Super Saiyan di
terzo livello mentre lei è ancora nella sua forma
normale?!»
«E
non ha ancora tirato fuori il massimo della
sua energia» disse Whis «E’ ancora ben
lontana dalla sua forma massima»
Goku
sapeva che il suo corpo di piccole
dimensioni non gli permetteva di mantenere la forma di Super Saiyan di
terzo
livello a lungo, ma voleva comunque mettere ulteriormente alla prova la
forza
della ragazza, che se la cavava fin troppo bene, per i suoi gusti:
combatteva
con molta tenacia, e sembrava non avere molta difficoltà,
nemmeno con il Super
Saiyan di terzo livello.
Goku
continuò a combattere in quella forma per
qualche minuto, ma, vedendo che lei riusciva comunque a destreggiarsi
tranquillamente tra i suoi colpi, pensò:
“E’
giunto il momento di sfoderare la mia arma
migliore. Vediamo come se la cava con il Super Saiyan di quarto
livello, visto
che la scorsa volta non è stata capace di
fronteggiarmi”.
Si
trasformò sfoderando tutta la sua energia e
facendo tremare il suolo, mentre Rose si allontanò
leggermente per assistere
alla sua trasformazione. Di sotto, tutti dovettero mettersi un braccio
davanti
agli occhi per non essere accecati dall’energia prodotta da
Goku in quel
momento.
«Adesso
vediamo come te la cavi» le disse Goku.
Lei
non disse niente e si limitò a volare
velocemente verso di lui e ad attaccarlo. Goku notò con
piacere che la ragazza
riusciva a difendersi lo stesso bene, ma era evidente che adesso faceva
molta
più fatica di prima: egli riuscì infatti a
tirarle un pugno sullo stomaco e a
mandarla a sbattere giù al suolo, sollevando un enorme
polverone. Senza esitare
nemmeno un attimo, cominciò a creare una Kamekameha potenza
dieci, la tecnica
più forte e che meglio gli riusciva nel suo attuale stato, e
la lanciò verso la
ragazza che si trovava ancora per terra. L’onda si stava
pericolosamente
avvicinando a lei e Goku vide che anche lei riuscì a creare
velocemente una
Kamekameha per contrastare la sua onda, ma evidentemente la sua era
molto più
forte e la travolse, provocando un forte boato.
«Oh,
no!» urlò Chichi alzandosi dalla sedia,
tutta preoccupata «Goku! Non esagerare! Oddio, si
sarà fatta male?»
«Non
ti preoccupare» disse un indifferente Bills
«quell’onda non le ha fatto niente. Credo che si
sia fatta solo qualche graffio»
Intanto
Goku guardava attentamente verso il
basso per cercare di vedere qualcosa oltre l’enorme polverone
che si era
sollevato, quando vide Rose volare velocemente verso l’alto e
posizionarsi di
fronte a lui, a qualche metro di distanza, leggermente malridotta:
respirava un
po’ a fatica e aveva qualche graffio qua e là sul
corpo.
«Hai
la pelle dura» disse Goku sorridendole.
«Non
immagini quanto» disse lei, ricambiando il
sorriso.
All’improvviso, la
ragazza si mise nella
tipica posizione di trasformazione e, urlando, sfoderò tutta
la sua energia, di
fronte alla quale Goku dovette sforzarsi per rimanere fermo nella
posizione in
cui si trovava.
La
ragazza si era trasformata in Super Saiyan:
adesso era circondata da un’aura gialla e i suoi capelli
erano diventati biondi
con le punte leggermente alzate verso l’alto, mentre gli
occhi erano diventati
verdi.
“La
sua potenza è aumentata tantissimo!”
pensò
Goku sgranando gli occhi.
Di
sotto, nel frattempo, non c’era nessuno che
non fosse rimasto sconcertato di fronte alla trasformazione che la
ragazza
aveva appena compiuto: d’altronde, nessuno di loro aveva mai
visto prima una
ragazza trasformarsi in Super Saiyan! Gli occhi di tutti, fissi a
guardare
verso l’alto come se avessero appena visto qualcosa di
sconvolgente, erano
puntati su di lei.
«Wow!»
esclamò ad un certo punto Pan «Voglio
imparare anche io a trasformarmi come lei!»
«Oh,
no!» esclamò Chichi rassegnata, portandosi
una mano sulla fronte dalla disperazione «Ma allora
è proprio vero che anche le
ragazze possono trasformarsi in Super Saiyan! Era già
abbastanza che lo
sapessero fare i maschi!»
«E’
pazzesco!» esclamò Bulma «Bra, quindi
volendo puoi trasformarti anche tu in Super Saiyan!»
La
ragazza dai capelli blu guardò storto la
madre e disse:
«Ma
figurati, mamma! Sai benissimo che a me non
piace combattere!»
«Già»
disse Bulma «A te interessa solo la
moda…»
«Beh,
almeno sai che non si caccerà mai nei
guai» affermò Chichi.
Bulma
alzò le sopracciglia. «Avrei qualche
dubbio, su questo»
Gohan,
Trunks e Videl, invece, osservavano la
scena ammirati, mentre Goten, accanto a Gohan, guardava la ragazza in
alto con
gli occhi spalancati.
Subito
dopo si voltò verso gli altri e disse:
«Ma…
quindi voi già sapevate che Rose viene dal futuro e che
è mia figlia?»
Molti
annuirono.
«Ma
perché io lo vengo a sapere solo adesso?»
«Rose
ci ha detto di non dirti nulla» rispose
Chichi.
«Già»
intervenne Gohan «Il Supremo del suo tempo
le ha detto di fare attenzione a rivelare questo tipo di informazioni
ai
diretti interessati»
«E
perché adesso mi ha detto tutto? Che cosa è
cambiato da prima a adesso?»
Prima
che qualcun altro potesse replicare, Whis
prese la parola.
«Fino
a qualche minuto fa, Rose ci parlava
tramite la sua parte umana, quella che è stata ammonita dal
Supremo di non
rivelare troppo la sua vera identità. Ora, invece,
è emersa la sua parte divina
che conosce l’Universo e i suoi meccanismi molto meglio di
noi, e se ha
cambiato idea e ha deciso di rivelarsi vuol dire che questo
è sicuramente parte
del suo piano, e evidentemente è stata la cosa
più giusta da fare»
Goten
rimase qualche secondo in silenzio,
immerso nei suoi pensieri, dopodiché disse:
«Wow.
Io… non mi aspettavo niente di tutto questo»
volse lo sguardo di nuovo verso l’alto, tornando a seguire il
combattimento tra
suo padre e la sua futura figlia, pensieroso.
“Ecco
perché ho sempre avuto un po’ come la
sensazione di conoscerla già…”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 40 *** Capitolo 40 ***
CAPITOLO
40
Nel
frattempo, Goku e Rose avevano ripreso a
combattere; questa volta, Goku ebbe molta più
difficoltà di prima nel
fronteggiare gli attacchi della ragazza, in quanto era diventata
decisamente
più forte rispetto a prima. Se la davano di santa ragione:
nonostante lui utilizzasse
i suoi attacchi più forti, lei riusciva comunque a
difendersi, e anche
piuttosto bene. Erano praticamente alla pari, ma forse Rose era un pelo
più
forte di lui.
Stremato
e col fiato alla gola, Goku le disse:
«Forza!
Non ti contenere! So benissimo che non
hai ancora tirato fuori tutta la tua energia!»
«Notevole»
disse lei, incrociando le braccia e
accennando un sorriso «Non credevo te ne fossi
accorto»
Ancora
una volta, la ragazza decise di tirare
fuori tutta la sua energia, e, urlando, da lei scaturì
talmente tanta potenza
che il suolo si mise a tremare e parecchie rocce sottostanti esplosero;
i
presenti dovettero tutti correre a ripararsi, in quanto il tavolo dove
avevano
appena mangiato si rovesciò e volò via.
Goku
adesso la guardò: nonostante avesse ancora
mantenuto la forma di Super Saiyan, attorno a lei volteggiavano delle
scariche
di energia, che scomparivano e apparivano di continuo e producevano il
rumore
tipico dell’energia elettrica.
Questo
voleva dire solo una cosa: Super
Saiyan di secondo livello.
«Uh»
la ragazza osservò il proprio corpo aprendo
e chiudendo le dita sul palmo «non avevo mai raggiunto questa
forma prima
d’ora. Credo di dover ringraziare la mia potenza
divina»
Goku
sorrise beffardo.
«Perfetto.
Adesso sì che il gioco si fa ancora
più interessante»
Rose
lo guardò e in un secondo si trovò proprio
di fronte a Goku, che fece in tempo a tirare su un braccio per
difendersi ma
non servì a nulla, perché la ragazza
riuscì comunque a tirargli un pugno sul
viso: il suo naso cominciò subito a sanguinare. La ragazza
non perse altro
tempo e fu talmente veloce che sferrò anche un pugno sullo
stomaco a Goku, che
si piegò in due dal dolore e con un calcio fu mandato a
sbattere verso il basso
frantumando completamente una roccia.
I
presenti, riparati un secondo prima dietro ad
una roccia, erano stupefatti di assistere a quella scena.
«C-cosa?»
disse Gohan «In così poco tempo ha già
messo al tappeto il Super Saiyan di quarto livello?!»
«Ma…
ha delle scariche elettriche attorno al
corpo» notò Goten «credo abbia raggiunto
il secondo livello di Super Saiyan!»
«Già»
confermò Bills, osservando il
combattimento molto interessato «E adesso è anche
alla sua massima potenza. O
per lo meno, è la massima potenza che il suo corpo, ora come
ora, può
sopportare»
Gohan,
incuriosito, chiese: «Questo vuol dire
che se lei si allenasse di più e aumentasse la sua potenza,
il suo corpo
potrebbe sprigionare un’energia ancora superiore a quella che
ha adesso?»
«Esatto»
confermò Bills.
«Incredibile!»
esclamò Trunks.
«Sì,
ma purtroppo è molto difficile per lei
raggiungere questo stato in cui si trova adesso in condizioni
normali» spiegò
Whis «ricordiamoci che adesso lei si trova in questo stato
solo
temporaneamente. Le ci vorranno moltissimi anni di duro allenamento per
raggiungere da sola una forma simile»
Goku,
intanto, era riuscito ad alzarsi e stava
di nuovo combattendo con Rose, che, puntualmente, riusciva sempre a
mandarlo al
tappeto facendolo sbattere da tutte le parti; cercò di
tirare fuori più energia
che poteva, che fece prolungare lo scontro ma senza procurargli nessun
vantaggio rispetto alla forza della nipotina.
Stremato,
dopo l’ennesima caduta al suolo, tornò
volando malconcio di fronte a lei, che era sospesa in alto ad
osservarlo a
braccia conserte.
«Riesci
ancora a stare in piedi?» gli chiese
lei.
Goku
non disse niente, anche perché non aveva
neanche quasi più la forza di parlare, così si
mise solo in posizione di
attacco.
«Facciamo
una scommessa?» chiese lei,
guardandolo con aria di sfida «scommettiamo che non riesci
più a toccarmi? Ti
metterò al tappeto senza nemmeno sfiorarti»
Goku
riuscì a malapena a fare un sorriso, e
cercò di recuperare le sue ultime forze per resistere ai
suoi attacchi.
Lei
alzò improvvisamente il braccio con il palmo
rivolto verso di lui, come se stesse per lanciargli un’onda
energetica, ma dal
palmo non uscì niente; così, piegò le
dita verso il palmo e Goku si sentì
completamente bloccato. Non riusciva più a muoversi.
“Urca,
mi sono completamente dimenticato che lei
ha anche questo tipo di potere!” pensò lui
“Adesso che i suoi poteri sono al
massimo, deve saper padroneggiare bene anche questa abilità.
D’altronde,
l’ultima volta che abbiamo combattuto ha fatto una fatica
enorme ad utilizzare
questo potere. Adesso, sembra quasi che le venga naturale”.
Nel frattempo,
tentò in ogni modo di liberarsi da quella morsa e di
riuscire nuovamente a
muoversi, ma invano. Era come se ci fosse una forza invisibile a
tenerlo
immobile.
All’improvviso,
sentì il suo braccio alzarsi da
solo verso l’alto e creare una sfera di energia: il tutto
contro la sua
volontà.
Rivolse
gli occhi verso la ragazza e vide che,
con il movimento dell’altra mano che aveva libera,
controllava la sua onda, che
venne lanciata in aria. Lei mosse la mano e l’onda, che si
stava dirigendo
verso l’alto, cambiò direzione. Fece un altro
movimento della mano e l’onda si
diresse direttamente su Goku, che lo colpì e si fece
parecchio male.
«Ahia!»
esclamò Goku «così non è
valido!»
La
ragazza ridacchiò.
«Hai
ragione» disse «Allora finiamola qui»
Detto
fatto: sempre con il movimento del suo
braccio, allontanò Goku da lei e cominciò a
creare una Kamekameha.
Goku
si accorse solo in un secondo momento che
senza il braccio direzionato verso di lui, la ragazza non poteva
più controllarlo,
e quindi aveva di nuovo il controllo completo del suo corpo;
così, quando la
ragazza gli aveva già lanciato l’onda,
riuscì a crearne una in tempo per
contrastarla, e i due rimasero per qualche secondo a spingere
faticosamente
l’onda l’uno contro l’altro.
Alla
fine, Goku non riuscì a respingere tutta
l’energia che sentiva arrivare verso di lui, così
fu travolto completamente e
con un assordante boato cadde per terra insieme all’onda, che
con l’impatto con
il suolo provocò in quel punto un’enorme voragine.
La
ragazza, ancora trasformata in Super Saiyan
di secondo livello, atterrò proprio davanti a tutti gli
altri, che ebbero il
modo di osservare la sua trasformazione da vicino. Notarono che la
trasformazione per le ragazze non era poi così diversa da
quella degli uomini:
la sola differenza era che i capelli non andavano completamente verso
l’alto,
ma si sollevavano solo leggermente dal corpo e dalla testa.
Rose
tornò nella sua forma normale e, guardando
il cratere che si era creato, si strofinò la mano sul mento
pensierosa e disse:
«Forse
ho esagerato un po’…»
«No,
per niente» disse una voce dietro di lei.
Si girò di scatto e vide Goku, ancora trasformato in Super
Saiyan di quarto
livello, arrancare verso di lei tenendosi un braccio, quasi
completamente
andato fuori uso.
«Era
quello che volevo vedere» disse lui, con un
mezzo sorriso. Arrivato vicino a Rose, si fermò e
tornò nella sua forma di
bambino, dopodiché cadde a terra stremato.
«Wow!»
esclamò ancora una volta Pan, guardando
Rose stupita «sei riuscita addirittura a battere il
nonno!»
«Già!»
disse Bulma «Non è una cosa da tutti i
giorni vedere qualcuno che riesce a battere Goku!»
«Tz»
Vegeta emise un breve suono e girò la testa
dall’altra parte, con un’espressione evidentemente
scocciata e contrariata.
«Vegeta»
disse Bulma con un tono di malizia,
essendosi accorta del fastidio che la sua frase aveva provocato al
marito
«perché non ti batti anche tu con lei?»
«Io
non combatto con una ragazzina» rispose lui
freddamente.
«Tesoro»
replicò ancora una volta Bulma con un
sorriso beffardo stampato sul volto «non è che in
realtà hai paura di perdere
contro di lei?»
«Io?
Paura di perdere? Tz!» rispose, mentre una
vena cominciava a pulsargli sulla testa. All’improvviso,
prese il volo e sparì
all’orizzonte.
«E’
sempre bello stuzzicare Vegeta!» disse
Bulma, e tutti scoppiarono in una fragorosa risata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 41 *** Capitolo 41 ***
CAPITOLO
41
«Ehm,
scusate se sono venuto così, volando attraverso la
recinzione, ma all’ingresso ci sono le guardie che non mi
lasciavano entrare
perché giustamente non mi conoscono» disse il
ragazzo grattandosi la testa
imbarazzato e sorridendo nervosamente.
«Scusa,
e tu chi saresti?» chiese sospettosa Bulma, alzandosi in
piedi.
«Non
ci posso credere» disse Rose alzandosi di scatto dalla sedia
e portandosi una mano sul petto.
Il
cuore le batteva all’impazzata.
Tutti,
che prima guardavano il ragazzo incuriositi, adesso avevano
invece lo sguardo fisso su di lei, domandandosi che cosa stesse
accadendo.
La
ragazza si mise a correre verso il ragazzo e gli buttò le
braccia intorno al collo.
Lui
le posò le mani sui fianchi e la strinse a sé con
tutta la
forza che poteva.
Lei
fece altrettanto, cercando di non esagerare, in quanto era
(ovviamente) molto più forte di lui.
Gli
altri, nel frattempo, guardavano stupiti la scena, chiedendosi
chi fosse il nuovo arrivato; ad un certo punto, udirono dei singhiozzi
provenienti da Rose, che, evidentemente, era scoppiata in lacrime.
Non
la vedevano perché era girata dall’altro lato, ma
riuscivano
invece a vedere il viso del ragazzo, che era appoggiato dolcemente su
una
spalla di lei.
Aveva
gli occhi chiusi e la stringeva forte a sé.
Non
piangeva, ma era visibilmente commosso ed emozionato.
Dalla
sua espressione, era felice di rivedere la ragazza che, al
momento, era completamente abbandonata a lui tra le sue braccia.
Rose
sollevò la testa dalle spalle del ragazzo e i due rimasero a
guardarsi per pochissimi secondi; lei avrebbe voluto baciarlo, ma
resistette al
desiderio pensando che tutti gli altri erano lì, a
guardarli.
Così
si staccò da lui e, mettendo per un attimo da parte la
felicità che provava nel vederlo lì, proprio di
fronte a lei, si lasciò
travolgere dallo stupore:
«Ma…
Che cosa ci fai tu qui?! Come è possibile?!»
«Io…
sono riuscito a scappare… non sai che casino che
è successo…»
Bulma,
qualche metro dietro di loro, cominciò a tossire per
attirare la loro attenzione:
«Ehm,
Rose, scusa tanto se interrompo il vostro momento, ma vuoi
per caso chiarirci le idee e dirci chi è questo
ragazzo?»
La
ragazza si voltò e i due si avvicinarono agli altri.
Rose
si schiarì per un attimo la voce e disse:
«Ehm…
questo è David»
Vi
fu un attimo di stupore generale, nel quale alcuni, come Bra e
Pan, parvero comprendere mentre altri, confusi, non capivano ancora chi
avessero di fronte. Fu Goku e chiederlo:
«David?
E chi è?»
Evidentemente
non si ricordava già più chi fosse.
«Come
chi è, nonno?!» intervenne Pan alzando la voce
«E’ David! Il
ragazzo di Rose!»
«Che
cosa?!» disse Videl, adesso sorpresa come tutti gli altri
«Ma… che ci fa qui? Non dovrebbe essere nel
futuro?»
«In
effetti dovrei» rispose lui.
Adesso
tutti gli sguardi erano puntati su di lui.
David
pareva un ragazzo molto a modo. Aveva il bel fisico di un
giovane ragazzo della sua età: era una decina di centimetri
circa più alto di
Rose, e, anche se non era particolarmente muscoloso, aveva comunque
delle belle
spalle larghe. I capelli di color castano chiaro erano leggermente
lunghi e li
ricadevano fin sopra le orecchie, mentre gli occhi verdi facevano
trasparire
l’animo gentile e ben educato del ragazzo.
Sì,
si poteva dire, sin dal primo impatto, che fosse un bravo
ragazzo. Insomma, uno di quelli che i genitori vorrebbero che le
proprie figlie
presentassero a casa.
«Dovrei
essere nel futuro, me per fortuna sono riuscito a venire
qui ancora prima di Ludir.
Vedi,
Rose, quando te ne sei andata, come puoi aver immaginato è
scoppiato un casino in città, perché Ludir si
è messo a cercarti e non ti
trovava.
Prima
di tutto, si è messo a chiedere a George e agli altri dove
tu fossi, e, visto che si è reso conto che non lo sapevano
per davvero, si è
messo a cercare me, esattamente come avevamo predetto»
«L’avevo
immaginato» disse Rose «E’ fin troppo
prevedibile!»
«Io,
ovviamente, subito dopo che sei partita me ne sono andato via
anche io, ma ho fatto in modo che lui sapesse che mi stessi spostando,
in modo
da fargli perdere tempo nel seguire le mie tracce.
Visto
che per più di un mese non è stato in grado di
trovarmi, ha
deciso di mettermi una taglia sulla testa come ricercato,
però poi, vedendo che
ancora non mi facevo vivo, è passato alle maniere forti: ha
cominciato a radere
al suolo intere città e a minacciare tutti gli abitanti
della Terra che se non
mi avessero trovato avrebbe sterminato tutti»
Il
ragazzo era visibilmente turbato.
«Ma
è terribile!» esclamò Bulma.
«Visto
che era ancora passato solo poco più di un mese e tu, Rose,
mi avevi chiesto di resistere per tre mesi, decisi di aspettare ancora
qualche
altro giorno prima di farmi vivo. Ma fu credo la decisione
più sofferta che
abbia mai preso, perché nel frattempo Ludir aveva
già sterminato molte città»
Adesso
David aveva lo sguardo rivolto verso il basso, con gli
occhi tristi che guardavano il suolo.
«Lo
so David che è dura» cercò di
rincuorarlo Rose, mettendogli
una mano sulla spalla «però è stato
anche necessario perché noi stiamo facendo
tutto questo per far tornare la situazione alla normalità.
Non ti preoccupare,
se riusciremo a risolvere questa situazione tutti torneranno in
vita»
Lui
alzò lo sguardo e guardò la ragazza accennando un
piccolo
sorriso:
«Speriamo»
Rose
gli ricambiava lo sguardo fiduciosa. Lui rimase per qualche
secondo incantato a guardarla, dopodiché, riprendendosi come
se per un attimo
fosse stato su un altro pianeta, riprese
a parlare:
«Comunque,
dopo qualche giorno ho deciso di uscire allo scoperto,
così Ludir mi ha catturato e mi ha portato al suo Palazzo
– che nel frattempo
era già stato ricostruito dopo che Ellen l’aveva
semi-distrutto – e mi ha
tenuto lì per due settimane.
I
primi giorni ho cercato di non dirgli nulla, sempre per
prolungare i tempi, ma poi non sono più riuscito a resistere
alle sue torture e
gli ho dovuto dire tutto»
«Torture?»
chiese Pan tutta preoccupata.
«Tipico»
disse Rose, alzando un sopracciglio dal disappunto «sai
quante volte lo ha fatto con me ed Ellen?»
«Quel
farabutto!» disse Chichi arrabbiata, incrociando le braccia
«non vedo l’ora di vederlo, così magari
avrò anche io l’onore di tirargli due
sberle!»
David,
sotto gli sguardi preoccupati e turbati dei presenti,
decise di continuare il suo racconto:
«Avendo
saputo che Bulma aveva costruito una macchina del tempo,
Ludir è riuscito a recuperare tutte le informazioni dal suo
computer, e in
queste settimane è riuscito a farsi costruire
un’altra macchina del tempo.
Io,
grazie all’aiuto di George e degli altri»
girò un attimo lo
sguardo verso Rose «sono riuscito a scappare e a manomettere
alcune delle
informazioni sulla destinazione della macchina del tempo, per cui
Ludir, pur
essendo già partito, attualmente si trova su un altro
pianeta di un’altra
galassia, per cui impiegherà un po’ di tempo prima
di arrivare qui»
Rose
si stupì.
«Grande!
Sei stato molto furbo!»
«Perché
te ne stupisci, scusa?» Lui la guardò torvo.
«Io?
No no, non ho mai dubitato della tua furbizia!» rispose lei
sarcastica, girando gli occhi da un’altra parte e
fischiettando.
David,
diffidando delle sue parole, la guardò e poi scosse la
testa, sorridendo.
Gli
altri scoppiarono a ridere.
«E
tu come diavolo hai fatto a viaggiare nel tempo?» gli chiese
Rose.
«Ti
ricordi il “luogo segreto” che usavamo io te Ellen
e Bulma per
incontrarci e discutere dei nostri piani? Beh, una volta ci ero andato
e per
sbaglio avevo aperto una porticina di una stanza nella quale
c’era una piccola
macchina del tempo.
Né
tu né Ellen ne siete mai state a conoscenza, ma credo che
Bulma
si sia costruita un’ altra macchina del tempo nel caso
servisse, per evenienza.
Chissà,
forse la voleva usare lei stessa dopo la partenza di te ed
Ellen, oppure la teneva solo di scorta, non so… sta di fatto
che ho usato
quella per venire qui.
Volevo
arrivare prima di Ludir per avvisarvi del suo arrivo, in
modo che non vi cogliesse impreparati»
«Hai
fatto bene» disse Bulma con sguardo molto determinato
«l’antidoto è già a buon
punto, però credo che mi ci voglia ancora qualche
settimana per finirlo»
«Qualche
settimana?!» ripeté lui preoccupato «In
realtà... credo
che Ludir possa essere qui sulla Terra tra una settimana al
massimo»
«COSA?!»
urlò Bulma spalancando gli occhi «I-io…
non credo di
riuscire a finire l’antidoto entro quella data!!»
David
e Rose si scambiarono un’occhiata preoccupati.
«Ma
comunque, adesso che me lo hai detto» disse Bulma, tentando
di
rassicurare i due ragazzi «cercherò di finire
l’antidoto entro questa
settimana! Cercherò di fare del mio meglio»
«Grazie,
Bulma!» le disse Rose sorridendole.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 42 *** Capitolo 42 ***
CAPITOLO
42
David
rimase lì con loro a parlare tutto il pomeriggio.
Esattamente
come nel futuro, si era trovato completamente a suo
agio con loro, sia con la famiglia di Bulma che con quella di Rose.
Erano
tutti ovviamente molto più giovani rispetto alle persone che
lui era abituato a vedere; in particolare, aveva notato che mancavano
moltissime persone all’appello, come la madre di Rose e,
ovviamente, tutti i
bambini che in quel tempo non erano ancora nati.
Prima
che avesse avuto l’occasione di osservare per bene tutti,
una ragazzina dai capelli neri con la frangetta e una bandana arancione
sulla testa
gli chiese:
«Hai
nominato più volte questo “George”. Ma
chi è?»
David
guardò bene la ragazza, la stessa che prima aveva spiegato
agli altri chi lui fosse, ma alla quale fino a quel momento lui non ci
aveva
fatto particolarmente caso. Subito il suo viso si illuminò
dallo stupore:
«No…
Rose, non dirmi che lei è Pan?»
Pan,
che anziché una reazione del genere si aspettava invece una
risposta alla sua domanda, fu colta alla sprovvista e
arrossì leggermente,
guardando i due ragazzi imbarazzata.
«Proprio
lei» rispose Rose.
«Non
ci posso credere!» esclamò lui, continuando a
fissarla «E’
così piccola! Quanti anni ha?»
«Quasi
quindici!» rispose Pan imbronciata: evidentemente, essere
stata definita “piccola” da quel ragazzo
l’aveva infastidita.
Il
ragazzo sorrise di fronte alla sua reazione.
«Scusami
tanto, Pan, è che nel nostro futuro sei molto più
grande di
noi, quindi quasi non ti riconoscevo»
Pan
si sciolse subito di fronte alle scuse che le aveva fatto David,
per cui il broncio le passò.
«Quindi
tu mi conosci nel futuro?» gli chiese lei, emozionata.
«Sì.
Conosco praticamente tutti voi» disse il ragazzo scorrendo
con
lo sguardo tra i presenti.
In
particolare, il suo sguardo si soffermò qualche secondo in
più
su Goten, ma, quando David notò che Goten si era accorto del
suo sguardo, lo
tolse subito.
Goten,
in realtà, era stato a fissarlo quasi per tutto il tempo,
senza neanche avergli mai detto una parola. Il ché faceva
molto strano a David,
in quanto nel futuro lo conosceva abbastanza bene, e poteva dire di
essere
sempre andato d’accordo con lui, con il padre della sua
(ormai ex) ragazza.
Forse,
pensò tra sé e sé, Goten in quel
momento non lo conosceva e
lo stava in qualche modo “studiando”, per capire
che tipo fosse.
Nello
stesso tempo, però, temeva il tipo di reazione che avrebbe
potuto avere. D’altro canto, però, si chiese se
lui sapesse che Rose era sua figlia…
Proprio
mentre era immerso in quei pensieri, Goten all’improvviso
gli domandò:
«Conosci
anche me, vero?»
«Beh,
sì» rispose lui, leggermente imbarazzato.
«Quindi
tu saresti – se ho capito bene – il fidanzato di
Rose?»
gli chiese Goten, come se volesse indagare a fondo sulla faccenda.
David
non riusciva ad interpretare la sua espressione: nonostante
nel futuro lo conosceva come un padre non eccessivamente geloso, adesso
temeva
una reazione diversa da parte sua. Chissà, magari quando era
più giovane era
diverso!
«E’
il tuo futuro genero, Goten!» intervenne Chichi entusiasta,
prima ancora che David potesse aprir bocca. Evidentemente, David le era
piaciuto fin da subito, in quanto generalmente era molto diffidente nei
confronti degli eventuali pretendenti dei suoi familiari, che siano i
suoi
figli oppure i suoi nipoti.
«Beh,
non esageriamo!» disse David, forse ancora più
imbarazzato
di prima.
Genero?
Un giorno gli sarebbe piaciuto diventarlo. Anzi, per
essere più corretti, prima gli
sarebbe tanto piaciuto diventarlo: ora come ora, infatti, lui e Rose
non
stavano più assieme. Già da quasi tre mesi.
Gli
venne subito in mente ciò a cui avrebbe tanto preferito non
pensare in quel momento, l’argomento che più gli
faceva male a lo stesso
argomento al quale, mentre era nascosto per via di Ludir, aveva
riflettuto per
lungo tempo: ciò che era successo a Rose qualche tempo
prima, nonché il motivo
stesso per cui si erano lasciati.
Il
tradimento di Rose.
L’argomento
gli faceva male solo a pensarci, ma in quel mese di
vagabondaggio mentre scappava da Ludir aveva avuto sia il modo che il
tempo di
pensarci su e di rielaborare la cosa, quindi adesso gli faceva un
po’ meno male
rispetto a prima.
Ma
gli faceva comunque male.
Rose
notò subito lo sguardo intristito di David, e lo conosceva
talmente bene ormai da sapere il motivo del suo repentino cambiamento
d’umore.
Non
ci poteva fare niente, ma sapeva già che lui stava pensando
al
fatto che loro due non stavano più insieme, ed
automaticamente a ciò che era
successo tempo addietro.
Qualche
istante prima, appena l’aveva visto, si erano scambiati un
caloroso abbraccio, e lei avrebbe tanto voluto baciarlo, ma sapeva che
quell’abbraccio non aveva risolto niente tra di loro: in quel
momento, infatti,
entrambi avevano solamente accantonato ciò che era accaduto
prima, per
concentrarsi solamente sul momento presente, ovvero sul fatto che non
si erano
visti per molto tempo, ma soprattutto sul fatto che si fossero rivisti.
Nessuno
dei due, infatti, prima di rincontrarsi, sapeva come
sarebbero andate le cose: se sarebbero morti prima senza riuscirsi a
rivedere
oppure se invece ce l’avrebbero fatta.
Per
fortuna, era accaduta la seconda opzione, ma questo non voleva
assolutamente dire che le cose tra di loro si fossero risolte.
«Dai,
poverino, così lo metti in imbarazzo, Chichi!»
intervenne
Bulma.
«Ma
è un bravissimo ragazzo, vorrei tanto che diventasse il
marito
di mia nipote!» disse ancora Chichi.
«Ma
cosa dici mamma, sono ancora troppo giovani!» disse Goten.
Chichi
lo guardò un po’ perplessa, ma nello stesso tempo
incuriosita: non si aspettava da lui quel tipo di reazione.
Anche
Rose lo guardò, questa volta però un
po’ sorpresa: conosceva
abbastanza bene suo padre da capire che in quella frase c’era
un pizzico di
gelosia, che però non voleva dare a vedere.
Quella
reazione non le sarebbe sembrata particolarmente strana se
pronunciata da suo padre nel futuro, ma dal Goten si quel tempo non se
lo
sarebbe aspettata: dopotutto, loro due, nonostante avessero passato
parte del loro
tempo assieme, si conoscevano comunque ben poco. O, per lo meno, era
lui che la
conosceva poco, visto che lei lo conosceva come le sue tasche.
Guardando
il suo futuro padre, le vennero in mente tutte quelle
volte in cui lui e sua madre avevano invitato David a mangiare a casa
loro: se
da una parte lo avevano fatto per cortesia, dall’altra lo
avevano fatto anche
per conoscerlo meglio, per capire se fosse un bravo ragazzo, ma
soprattutto per
assicurarsi che potesse stare con la loro figlioletta primogenita. Dopo
si
furono assicurati che il ragazzo ebbe passato il
“test”, David era praticamente
diventato parte della famiglia e lo avevano sempre trattato come tale.
In
particolare, rivide nella mente suo padre che non perdeva mai
occasione per scherzare con David; erano sempre andati molto
d’accordo.
Le
mancavano moltissimo quei momenti.
«Nonna,
noi non stiamo più insieme» decise di chiarire
Rose,
rimarcando la frase con un tono che sperava le facesse capire di
interrompere
il discorso: non era proprio il caso di parlare di quell’argomento
proprio in quel momento.
«E
come mai?» domandò Chichi.
Notando
l’imbarazzo che si era creato in quel momento tra Rose e
David, Bulma decise di prendere in mano la situazione:
«Beh,
saranno affari loro Chichi, non credi?»
Chichi
la guardò torva, e, incrociando le braccia stizzita, non
disse più nulla.
Al
suo posto, inaspettatamente, intervenne ancora una volta Goten:
«Beh,
non conosco il motivo per cui vi siete lasciati, però spero
che tu non le abbia fatto niente di male»
David
lo osservò: nonostante Goten lo avesse detto con un tono
molto tranquillo e pacato, manteneva comunque uno sguardo risoluto.
Provò un po’
di timore di fronte a quell’affermazione, ma sapeva che la
aveva detta
solamente perché effettivamente non lo conosceva, per cui
non sapeva che tipo
di ragazzo lui fosse: nel futuro, infatti, il padre di Rose era sempre
stato
tranquillo nei suoi confronti.
Rose,
dal canto suo, osservava la situazione un po’ divertita.
«No,
non ti preoccupare, lui
non ha fatto niente» disse Rose a Goten, sorridendogli.
Goten
non disse più nulla e l'argomento, fortunatamente, non fu
più toccato per il resto del pomeriggio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 43 *** Capitolo 43 ***
CAPITOLO
43
David
e Rose quella sera stessa furono ospitati da Bulma alla
Capsule Corporation: visto che la sua casa era piena di stanze per gli
ospiti,
aveva dato a ciascuno di loro una camera propria.
Dopo
cena, Rose e David si avviarono verso le rispettive camere,
che si trovavano sullo stesso piano, una accanto all’altra,
e, arrivati sul
ciglio delle proprie porte, si diedero la buonanotte e si salutarono.
David
entrò in camera sua, mentre Rose, esitante, rimase davanti
alla porta.
Non
poteva andare a letto e lasciarlo così, senza nemmeno averci
parlato: erano tante le cose sulle quali dovevano chiarirsi.
In
fondo, non si vedevano da qualche mese, e lei aveva passato
gran parte del suo tempo a pensare a lui, chiedendosi come se la stesse
cavando, ma, soprattutto, aveva ripensato più e
più volte alla loro - ormai
passata- relazione.
Quindi,
si incamminò verso la porta dalla quale poco prima era
entrato David, e bussò.
«Sì?»
rispose David da dentro.
«Sono
io David, fammi entrare»
La
ragazza se lo ritrovò lì, davanti alla porta.
«Che
cosa c’è?»
«David,
vorrei parlarti»
I
due si guardarono per qualche secondo.
Gli
occhi di lei, un po’ malinconici, fissavano speranzosi quelli
verdi di lui, che, conoscendo a memoria quell’espressione,
compresero in un
istante ciò a cui si riferiva la ragazza.
Fu
un attimo, e il ragazzo si scansò per farla entrare.
Lui,
dopo aver chiuso la porta, andò a sedersi sul letto.
«Allora,
come sei stato in tutto questo tempo?» le chiese lei,
restando in piedi. Aveva bisogno di stare in piedi e di camminare per
scaricare
l’agitazione che le provocava l’affrontare
quell’argomento con lui.
«Io?
Beh, è inutile dirti che dopo che ci siamo lasciati sono
stato malissimo… Poi, ho avuto quel mesetto di tempo, in cui
sono stato in giro
a nascondermi, durante il quale ho avuto modo di pensare ancora di
più a ciò che era successo»
«Ho
capito» disse lei, osservando il pavimento, che in quel
momento era più facile da guardare «E…
quindi sei ancora fermo sulla decisione
che hai preso? Intendo… riguardo noi due»
«Più
o meno»
A
Rose venne un groppo alla gola. Come, più o meno? Questo
voleva
dire che tra di loro era finita definitivamente? Oppure c’era
ancora qualche
speranza?
La
ragazza spostò gli occhi su di lui, timorosa di sentire la
sua
risposta.
Il
ragazzo fece un grosso respiro, come se gli pesasse ciò che
stava per dire:
«Io,
lo sai bene Rose che non riesco facilmente a perdonare i
tradimenti. Ho pensato a tantissime cose, veramente, e posso dire che
questa
storia mia ha veramente distrutto… perché,
insomma, io e te siamo stati insieme
per quasi 2 anni, e il tuo tradimento mi ha veramente ferito»
Fece
una piccola pausa e guardò la ragazza, nei cui occhi si
poteva leggere il senso di colpa che provava in quel momento. Ma non
era di
certo questo il suo obiettivo… in fondo, la conosceva da
tantissimo tempo, e
sapeva bene che aveva già sofferto tanto anche lei per
quella storia, e il suo intento,
in quel momento, non era certo farla di nuovo sentire in
colpa…
«Comunque»
riprese «Io… vorrei darti una seconda
possibilità»
Rose,
che fino a qualche secondo prima era scura in volto, si
illuminò all’improvviso e lo guardò
allibita.
«Sì,
vorrei di nuovo averti accanto a me… perché in
questi mesi
che abbiamo passato senza vederci né tantomeno sentirci, mi
sono accorto che
tengo ancora molto a te, ma, soprattutto, che sono ancora innamorato di
te»
Rose
non credeva alle sue orecchie. Aveva sentito bene? Lui
era disposto a ritornare con lei?
Continuò
a guardarlo sconvolta. E se in realtà stesse scherzando?
Di solito, David non era un ragazzo che scherzava su queste cose, ma
quella che
aveva appena sentito era una notizia talmente bella che prima volle
assicurarsi
che non fosse uno scherzo…
Quindi,
gli chiese, ad occhi spalancati: «Ma…
davvero?»
Rose
cercò di trattenere il suo entusiasmo, nel caso la risposta
fosse stata negativa.
«Sì»
rispose lui «Perché dovrei mentirti? Insomma, tu
non l’hai
fatto con me… ed è forse questo che ho
più apprezzato. Ciò che hai fatto potevi
benissimo tenertelo per te e non dirmelo, facendo continuare la nostra
relazione… su una bugia, però. Ma tu hai deciso
di non farlo. E io l’ho
apprezzato molto…
Per
questo, oltre al fatto che ovviamente provo ancora dei
sentimenti per te, ho deciso di darti una seconda
possibilità e di riprovarci.
Sempre se sei d’accordo anche tu»
L’entusiasmo
che Rose aveva trattenuto fino a quel momento prese
possesso di lei, e il suo viso si illuminò di
felicità.
Osservava
il ragazzo con gli occhi pieni di gioia, che nel giro di
un secondo, però, cominciarono a riempirsi di lacrime.
David
le sorrise di fronte alla sua reazione e, battendosi le mani
sulle cosce, le disse:
«Vieni»
La
ragazza non ci pensò su due volte e andò a
sedersi sulle
ginocchia di lui.
Non
riusciva a trattenere le lacrime dalla felicità, per cui
appoggiò la testa sulla spalla di lui e, abbracciandolo,
cominciò a piangere.
Non
se l’aspettava minimamente. Mai avrebbe creduto che David
potesse perdonarla!
Certo,
l’aveva sperato e sognato parecchie volte, ma era sempre
stata molto pessimista al riguardo. Soprattutto dopo aver osservato la
reazione
che lui aveva avuto dopo che lei gli aveva detto tutto…
Lui
ricambiò l’abbraccio e la strinse forte a
sé.
Era
una sensazione magnifica, quella di poterla riabbracciare,
così forte, dopo tutto quel tempo…
«Non
sai quanto mi sei mancata» le sussurrò.
«A-anche
tu!» riuscì ad udire tra i singhiozzi.
I
due restarono per qualche secondo in silenzio, godendosi
quell’abbraccio
da tempo molto atteso.
Lui,
che stringeva tra le sue braccia il busto di lei, si accorse
all’improvviso
di quanto la ragazza fosse dimagrita: prima, da quel che si ricordava,
era più
in carne. Sicuramente, pensò, tutto quello stress scaturito
da quella
situazione doveva veramente averla messa sotto pressione…
Improvvisamente,
si dispiacque ancora di più per lei. Fino a quel
momento credeva di essere stato lui quello che aveva sofferto
maggiormente in
quella situazione, ma, adesso che ci pensava, era lei quella che prima
aveva
perso i suoi genitori, la sua famiglia, poi il suo ragazzo e poi la sua
migliore amica…
Ed
era anche per quel motivo che adesso aveva deciso di tornare di
nuovo al suo fianco. Lei aveva sempre fatto molto per lui, e adesso era
il suo
turno: mettere da parte l’orgoglio di uomo e fidanzato ferito
per dare una mano
alla persona che più amava.
Rose
alzò di nuovo la testa e David si ritrovò a
guardare i suoi
bei occhietti neri umidi.
Le
posò una mano sul viso e col pollice tentò di
asciugarle le
lacrime che le cadevano dagli occhi.
Poi,
con la mano scostò i capelli di lei e la posò sul
collo,
spingendo leggermente la testa di lei verso di lui.
Le
loro labbra si incontrarono, dando vita ad un lungo e appassionato
bacio.
Ben
presto a quel bacio ne seguirono altri e altri ancora, fino a
che non si evolsero in qualcos’altro, e i due giovani ragazzi
si lasciarono
andare all’amore forte ed intenso che provavano
l’un per l’altro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 44 *** Capitolo 44 ***
CAPITOLO
44
«Allora,
Bulma, come sta la mia nipotina? Ormai non la vedo da tre
giorni..» domandò Chichi, mentre posava un piatto
in tavola.
«Sta
bene» rispose Bulma «Credo anche che lei e David
siano
tornati insieme»
«Cosa?
Sono tornati insieme?!» chiese Pan, guardando Bulma scioccata
«non me l’ha detto!»
«Sono
contentissima per loro!» esclamò Videl, sorridendo
«sono
proprio una bellissima coppia! Mi ricordano molto me e Gohan alla loro
età…»
«Esatto,
e proprio come loro» disse Chichi, assumendo improvvisamente
un’espressione
seria e severa «voglio
che anche loro si sposino al più presto. D’altro
canto, quel David è proprio un
bravo ragazzo, come si deve! Mi piace molto! Mi ricorda un
po’ Goku da giovane,
hanno entrambi un buon cuore»
«Non
ti sembra troppo esagerato dire che si devono sposare già
adesso? A quest’età? In fondo, sono ancora troppo
giovani!» esclamò Bulma.
«Certo
che lo sono, ma se si amano devono prima sposarsi e poi
fare ciò che vogliono.
Lo
so che tu sei sempre stata una tipa molto libertina, Bulma, ma
Rose è la mia nipotina, quindi sicuramente la
penserà come la penso io»
Si
interruppe un attimo, per poi cambiare espressione e guardare
Bulma con fare minaccioso:
«Non
li avrai per caso messi nella stessa stanza, vero?!»
«No,
ovviamente!» rispose Bulma «ho più di
quaranta stanze, perché
avrei dovuto...»
«Li
hai messi nello stesso piano? Uno vicino
all’altro?» continuò
a domandare Chichi.
«Io…
beh… Sì, però…»
balbettò Bulma, cominciando a sentirsi
colpevole di fronte alle accuse di Chichi.
«Ecco,
lo sapevo!» Chichi si alzò di scatto dalla sedia e
sbattè
le mani sul tavolo «Bulma, sei la solita! Come puoi lasciare
due ragazzi
giovani, della loro età, a dormire da soli in camere
l’una accanto all’altra?!
Insomma, potrebbero combinare qualsiasi cosa!»
«Su,
mamma, non scaldarti!» intervenne Gohan, cercando di placare
la madre «adesso siediti e…»
«Gohan!
Lo dico proprio a te! E se sapessi che Pan, tra qualche
anno, dormisse nella stessa camera con un ragazzo?»
Gohan
si fermò un attimo a pensare e si girò a guardare
Pan, con
fare pensieroso: «Beh, ovviamente mi darebbe
fastidio»
«Ecco,
è quello che sto dicendo io!» esclamò
Chichi, determinata
«E pensa se Pan rimanesse incinta?»
Pan,
nel frattempo, osservava la nonna un po’ in apprensione, per
ciò che stava dicendo, e poi spostò lo sguardo
sul padre: Gohan, che adesso
aveva stampata sul volto un’espressione un po’
più seria, disse: «Farei in modo
che non succeda nulla del genere… Anche perché,
prima di tutto, deve finire i
suoi studi»
«Esatto!»
esclamò Chichi «L’istruzione
è la cosa più importante!»
«Chichi,
credo che adesso tu stia esagerando» intervenne Bulma
«Insomma, Rose è una ragazza molto in gamba e
coscienziosa, lo sappiamo tutti
ormai, e so che non farebbe mai una cosa del genere!»
Pan,
dopo aver sentito la frase di Bulma, guardò istintivamente
Bra, che stava proprio alla sinistra della madre, e le due si
scambiarono uno
sguardo d’intesa. Avendo capito di aver pensato la stessa
cosa nello stesso
momento, le due si scambiarono subito un sorriso e ridacchiarono
leggermente,
cosa che attirò l’attenzione di Bulma.
«Che
avete da ridere, voi due?!» domandò lei.
«Noi?»
riuscì a dire Pan, tentando di soffocare una risatina
«No,
niente…»
«Pan»
intervenne di nuovo Chichi, ripristinando il suo sguardo
minaccioso «lo stesso discorso varrà per te tra
qualche anno, quindi ti avverto
di non fare la furbetta»
Pan
fece finta di non aver sentito ciò che aveva detto sua
nonna,
e la sua attenzione venne subito attirata da suo zio Goten e da Valese
che si
incamminavano verso il loro tavolo, e nello stesso tempo,
dall’altra parte,
dalla figura di David che si avvicinava.
Il
povero ragazzo non fece nemmeno in tempo a salutare tutti che
Chichi subito gli si avvicinò e gli chiese:
«Ehi,
tu! Che cosa hai fatto con mia nipote? Eh?»
Tutti
furono inevitabilmente attirati da quella scena, in quanto
Chichi aveva parlato a voce molto alta; tra questi in particolar modo
Goten,
che, subito interessato alla domanda che sua madre aveva posto a quel
ragazzo,
chiese, sospetto:
«Che
cosa le hai fatto?»
David,
che era appena arrivato e che quindi non aveva la minima
idea di ciò che stessero parlando, si sentì messo
alle strette e, in qualche
modo, anche in colpa, anche se non sapeva perché doveva
sentirsi in colpa. Che
cosa aveva fatto di male a Rose? Imbarazzato, disse: «I-io?
C-che cosa le ho
fatto? Non lo so, che cosa le ho fatto?»
Si
sentì lo sguardo minaccioso di Chichi e quello indagatore di
Goten addosso, per chissà quale colpa che, inavvertitamente,
doveva aver
commesso.
«Lo
sto chiedendo a te» proseguì Chichi «non
fare il finto tonto!»
«I-io…
non le ho fatto niente…» cominciò a
balbettare lui.
Chichi
puntò il dito verso di lui: «Ti avverto, se scopro
che
avete fatto quelle cosacce, giuro che altro che Ludir, sarò
io quella che ve le
suonerà di santa ragione!»
Il
ragazzo, rosso in viso, cominciò a sorridere sentendo le
parole
della donna e disse, con espressione divertita:
«”Cosacce”?»
«Ah!
Lo sapevo! Hai capito benissimo che cosa intendo, quindi
questo vuol dire che voi…»
«Mamma»
intervenne Gohan, alzatosi apposta dalla sedia per andare
a recuperare sua madre, che ormai stava perdendo il controllo. Le
posò le mani
sulle spalle e, guidandola verso la sedia su cui prima era seduta,
disse:
«Adesso calmati, stai un po’ esagerando»
«Io
non sto esagerando!» insistè la donna
«Goten! Mi raccomando, devi
stare attento perché Rose è tua figlia, e non sai
mai che cosa può combinare
con questo ragazzo!»
Goten
guardò il ragazzo con un’espressione un
po’ confusa, tramite
la quale nello stesso tempo, però, scrutandolo, cercava di
capire se ciò che
aveva detto Chichi fosse vero o meno.
David,
sempre più imbarazzato, abbassò gli occhi per
terra,
cercando di evitare lo sguardo di Goten. In quel momento, addirittura
la
formica che passeggiava sul prato gli pareva più
interessante da guardare.
Per
fortuna, però, fu una voce femminile, appartenente alla
ragazza
dai capelli castani che era vicino a Goten, a spostare
l’attenzione del Saiyan
da lui:
«Che
cosa?» domandò Valese, scioccata e sconcertata
«Goten, tu…
hai una figlia?»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 45 *** Capitolo 45 ***
CAPITOLO
45
Nel
giardino calò il silenzio. Nessuno aveva il coraggio di dire
niente, di fronte alla domanda che aveva appena posto Valese.
Goten
la guardò spaesato e perplesso, e, mentre pensava a cosa
poterle dire, la ragazza parlò di nuovo:
«E
poi… questo nome, “Rose”… mi
sembra di averlo già sentito da
qualche parte…»
«E’
il nome della mia amica! Quella che hai conosciuto tempo fa!»
disse Pan.
«La
ragazzina dai capelli castani lunghi?» domandò
Valese.
«Proprio
lei» confermò Pan. Lo zio le lanciò
immediatamente uno
sguardo torvo, in quanto lo stava mettendo ancora più in
difficoltà di quanto
già non fosse: infatti non aveva ancora deciso, fino a quel
momento, se rivelare
tutto alla sua ragazza oppure no; però, in quel preciso
istante, si era
ritrovato costretto a doverle dare delle spiegazioni. Lo sguardo torvo
che
lanciò a sua nipote non servì comunque a nulla,
in quanto la ragazzina non
mostrava nessun senso di colpa, anzi al contrario li osservava curiosa
ed
interessata, come se stesse guardando il colpo di scena di un film.
Valese
spostò di nuovo lo sguardo sul suo fidanzato, in attesa di
una sua risposta. Lo guardava sconsolata, anche perché aveva
paura della sua
risposta: e se era davvero quel
che
pensava? Se in realtà Goten, per tutto questo tempo, la
avesse tradita e le
avesse tenuto nascosto il fatto che lui avesse una figlia? Da un’altra donna?
Si
sentì il cuore in gola.
Ormai
era da poco più di un anno che stavano insieme, e lui era
l’unico ragazzo “serio” che era riuscita
a trovare, l’unico in cui aveva sempre
ritenuto di poter riporre fiducia, in quanto era un ragazzo molto
dolce, serio
e sensibile. Proprio come piaceva a lei. Non come gli altri ragazzi che
aveva
avuto, tutti molto superficiali e che avevano una sola cosa in
mente…
Insomma,
lei aveva scelto Goten, e lui aveva scelto lei. E aveva
intenzione di costruire con lui un futuro, di sposarsi e creare una
famiglia
tutta loro… Era ciò che aveva sempre sognato.
Ora,
però, venendo a conoscenza di quel fatto, sentì
come se il
suo cuore avesse mancato qualche battito…
All’improvviso,
però, le venne in mente l’immagine della ragazza
che aveva visto qualche tempo addietro: adesso che ci pensava, doveva
avere
all’incirca una quindicina d’anni, se non poco
più. Facendo due conti, non era
possibile che Goten fosse suo padre, a meno che lui non avesse avuto
una figlia
a 12, 13 anni?!
Si
rese conto che non poteva essere possibile una cosa del genere.
Guardando
il suo ragazzo, notò che era leggermente in imbarazzo e
che, evidentemente, stava pensando a cosa dirle. Questo suo
atteggiamento la
fece riflettere ancora di più: se non era veramente sua
figlia, allora che cosa
aveva da nasconderle?
«I-io…
vedi, Valese…» cominciò a balbettare
Goten «ehm, ecco… sì,
lei è mia figlia»
La
ragazza spalancò gli occhi.
«Come
è tua figlia, Goten? Tu… tu non mi hai mai detto
niente del
genere prima d’ora!»
Il
tono di voce della ragazza si faceva sempre più affievolito
e
spezzato. Non poteva credere alle sue orecchie! Tutte le supposizioni
che aveva
fatto poco prima, come il fatto che non potesse essere sua figlia
perché era
troppo grande, svanirono all’improvviso e lasciarono solo il
posto alle parole
che aveva appena pronunciato Goten.
«Perché
in realtà nemmeno io lo sapevo, Valese, fino al mese
scorso»
La
ragazza lo guardò ancora più sbalordita. Ma come,
aveva avuto
una figlia da un’altra donna e questa persona non
gliel’aveva mai detto, fino
al mese scorso?
Non
riusciva a pronunciare nemmeno una parola, dallo sbigottimento
che provava in quel momento.
«Però
non è come sembra!» affermò Goten,
notando l’espressione
sconcertata della fidanzata. «Vedi, lei viene dal futuro. Per
cui è la figlia
che io avrò in futuro»
Valese,
che prima lo guardava stupita, adesso appariva confusa.
«La
figlia che tu avrai in futuro?» ripeté, come se
stesse
parlando tra se e se più che con Goten. Ci
rifletté su per qualche secondo,
dopodiché domandò: «M-ma… mi
stai prendendo in giro, Goten?»
«Assolutamente
no!» esclamò Goten «Puoi chiedere
conferma a tutti
loro!»
La
ragazza si guardò un attimo in giro, osservando con
noncuranza
i presenti. Alcuni avevano leggermente annuito la testa, altri invece
la
guardavano curiosi, come se stessero aspettando una reazione da parte
sua.
«Goten»
disse Valese tornando a guardare il fidanzato, mentre il
suo tono di voce si faceva sempre più spezzato «se
tu hai avuto una figlia da
un’altra donna me lo puoi dire tranquillamente. N-non
c’è problema… i-io potrei
accettarlo…»
«No,
Valese!» Goten, vedendo che la ragazza stava quasi per
scoppiare in lacrime, posò le mani sulle sue braccia
«giuro che ti sto dicendo
la verità, devi credermi!»
I
due si guardarono intensamente negli occhi per qualche secondo. Da
una parte c’era lui, con quegli occhi neri che cercavano di
trasmetterle
fiducia e serenità, e dall’altra c’era
lei, con gli occhi castani che
guardavano intimoriti quelli di lui.
Lei
voleva, ma soprattutto doveva
fidarsi di lui: d’altronde, era o non era stato
sempre onesto con lei, fin
dall’inizio della loro storia? Lei era venuta a conoscenza
fin dall’inizio che
lui, insieme a suo padre e a suo fratello, era in grado di sprigionare
un’
enorme potenza, creando un’aura gialla intorno a
sé, mentre i capelli
diventavano biondi. Questa trasformazione si chiamava Super
Saiyan, da quanto Goten le aveva detto. Ricordava di essere
rimasta incantata la primissima volta che lo aveva visto in quello
stato, e le
era piaciuto. Dunque, sapeva già che la famiglia di Goten
era fuori dal comune,
e si era già abituata da tempo alle loro
“stranezze”; sicuramente, questa era
una di quelle. Inoltre, osservando l’espressione di Goten,
capì che il suo
ragazzo non le stava mentendo…
«Q-quindi…
mi stai dicendo che si può viaggiare nel tempo?»
chiese
lei, ora sinceramente curiosa di saperne di più al riguardo.
«E’
proprio quello che ha fatto lei» confermò Goten,
felice del
fatto che non lo avesse preso per un pazzo e che avesse deciso di
credergli.
D’altronde, era proprio questa una delle caratteristiche che
più gli piacevano
di Valese: il fatto che fosse una ragazza semplice e che si fidasse di
lui.
«Wow!
Non lo sapevo!» esclamò lei, che adesso appariva
emozionata «Che
bello! Ma perché non me ne hai mai parlato prima di
lei?»
«Beh,
perché… ehm… l’hai vista
solo una volta, quindi non mi
sembrava il caso di dirtelo…»
«E
dimmi, Goten» disse lei, che adesso era entusiasta come una
bambina «se tu sei suo padre… allora chi
è la madre di questa ragazza?»
«Beh,
sei…» cominciò a dire Goten, che
però non riuscì a finire la
frase. Fu interrotto dalla voce di David, che disse a gran voce:
«Che
fame, ragazzi! Quand’è che cominciamo a
mangiare?»
Tutti
i presenti rimasero un attimo scombussolati di fronte alla
domanda di David, in quanto un momento prima erano praticamente tutti
assorbiti
dal discorso tra Goten e Valese, che era arrivato al momento clou, mentre ora avevano dovuto tutti
spostare l’attenzione alla domanda posta dal ragazzo, che
poco aveva a vedere
con il discorso dei due.
«Stiamo
aspettando solo Rose!» rispose Bulma «ma che
strano! Che
cosa sta facendo?»
«Dovrebbe
essere ancora al palazzo del Supremo» disse Goku.
«Sì,
ma dovrebbe avere già finito» esclamò
Chichi «mi aveva detto
che avrebbe finito verso l’una, adesso è
già in ritardo di quindici minuti»
«Ah,
già! Mi ero completamente dimenticato che era andata al
Palazzo del Supremo! » affermò David, guardando
con la coda dell’occhio Goten e
Valese; si tranquillizzò notando che i due ormai avevano
spostato la propria
attenzione sui presenti. Per fortuna, sembravano aver accantonato quel
discorso.
Sapeva
che i genitori di Rose non dovevano sapere la verità, per
cui si chiese il motivo per cui Rose aveva permesso a suo padre di
venire a
conoscenza della realtà dei fatti. Chissà, forse
Goten aveva scoperto la verità
per caso? Comunque fossero andate le cose, preferiva che almeno Valese
non ne
venisse a conoscenza. Almeno fino a quando Rose stessa non fosse stata
d’accordo.
Sedendosi
a tavola, David ripensò un attimo alle parole
pronunciate da Chichi poco prima: Rose era in ritardo, che le fosse
successo
qualcosa? Ormai erano passati parecchi giorni dal suo arrivo, e di
Ludir nemmeno
l’ombra. Però, guardando gli altri tutti
così felici, dedusse che quel
mostro non doveva ancora essere
arrivato sulla Terra, altrimenti tutti se ne sarebbero già
accorti.
Quindi,
si mise l’anima in pace e cominciò a chiacchierare
con gli
altri, aspettando l’arrivo della sua ragazza.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 46 *** Capitolo 46 ***
CAPITOLO
46
«Che
bello! Almeno adesso c’è qualcuno che mi capisce e
che sa
come ci si sente ad avere una ragazza più forte!»
esclamò Crilin esaltato,
guardando David.
«Perché,
cambia qualcosa?» chiese Chichi, in tono scettico.
«Ma
scherzi?! Cambia tutto!» affermò Crilin
« Io molte volte mi
sento in difetto perché è come se non potessi
proteggerla… Anche perché di
fatto, non posso. E questa non è una cosa molto positiva per
un uomo. Non è
molto bello sapere che lei è più forte di
te!»
«Beh
sì è vero» confermò David
«Però è anche vero che io sono
sempre tranquillo, quando siamo insieme ma soprattutto quando lei
è da sola,
anche perché so che almeno se la sa cavare benissimo senza
di me.
Anzi,
molte volte è positivo perché per esempio se
vogliamo andare
a fare una passeggiata io e lei di sera, oppure di notte, non ci
facciamo
nessun problema. Una volta è capitato che ci si era
avvicinato qualcuno con
cattive intenzioni, ma lei gli aveva dato un pugno e lo aveva lasciato
a terra
stordito»
«Beh
questa è la cosa positiva delle nostre famiglie»
disse Videl
sorridendo «le nostre figlie non corrono praticamente nessun
pericolo, qui
sulla Terra. Perfino Bra, che non si allena, ha comunque una forza
superiore a
quella di noi terrestri, quindi non ha nessun tipo di problema per
quanto
riguarda la sicurezza!»
«Eh
già!» disse Bulma, pensierosa.
«E
dimmi» intervenne di nuovo Crilin, rivolto a David
«anche Rose,
quando si arrabbia, diventa insopportabile e ti urla contro come una
matta
esattamente come molte delle donne qui presenti?»
All’improvviso
Crilin, che fissava David curioso in attesa della
sua risposta, si sentì addosso gli sguardi minacciosi di
Bulma, Chichi, Videl e
C-18.
«Rose?!»
disse David, sorridendo sarcasticamente «No no,
assolutamente, anzi quando si arrabbia lei diventa…
silenziosa. Il che secondo
me è ancora peggio che se mi urlasse addosso…
Perché almeno se una ragazza
urla, capisci perché è arrabbiata, invece lei
no…
Una
volta, per esempio, è capitato che la avessi fatta
arrabbiare:
eravamo in macchina e lei all’improvviso si era ammutolita.
Non diceva proprio
più niente. Quindi io la guardavo intimorito
perché non avevo idea di cosa le
passasse per la testa…
Io
le facevo delle domande e lei non rispondeva più. Mi ricordo
che aveva gli occhi chiusi, si vedeva che era arrabbiata con me, ma non
diceva
proprio più niente…
Poi,
all’improvviso, tutti i vetri della mia macchina esplosero, e
lei, sempre continuando a stare in silenzio, uscì dalla
macchina così, senza
dire nulla, e se ne andò…
Io
avevo provato a rincorrerla e farle delle domande, ma quella
volta l’unica risposta che ricevetti fu “Lasciami
in pace che è meglio”. E
seguii il suo consiglio. Credo sia stata la cosa migliore che avessi
mai
fatto!»
«Perché?
Sennò che cosa ti avrebbe fatto?»
domandò Pan «ti avrebbe
picchiato?»
«Picchiato?
No no, Rose non mi ha neanche mai alzato un dito.
Anche perché se lo avesse fatto, credo che a
quest’ora non sarei neanche qui!»
Alcuni
dei presenti ridacchiarono.
«Ah
beh, allora meno male che non ha preso da sua nonna!»
esclamò
Goku con un mezzo sorriso «E’ stata
fortunata!»
«Goku,
che cosa vorresti dire? Che io sono petulante??» gli chiese
Chichi, stizzita.
«Giusto
un pochetto…» disse Goku ridacchiando.
«Mph»
Chichi emise un o sbuffo infastidita «Non è
assolutamente
vero, e poi io mi arrabbio solo quando è
necessario!»
«Se
lo dici tu» disse Goku.
Scoppiò
di nuovo una risata generale.
«No
no, Rose non è per niente violenta»
continuò a spiegare David
«so che può sembrare una contraddizione visto che
pratica arti marziali, però è
così. Lei è veramente una delle persone
più buone che io abbia mai conosciuto.
Appena vede qualcuno in difficoltà, si sente sempre in
dovere di andare ad
aiutare»
«Già,
ce ne siamo accorti» disse Gohan, sorridendo.
«Beh,
è di famiglia!» disse Chichi, con aria orgogliosa.
«Quindi
tu conosci anche Ellen, giusto?» gli domandò Pan.
«Certo»
rispose il ragazzo «le conosco entrambe da quando eravamo
piccoli: eravamo tutti e tre compagni di classe alle elementari.
Mi
ricordo che non ci consideravamo tanto, eravamo solo compagni
di giochi. Però, c’era stata una volta che
entrambe mi erano rimaste molto
impresse: ricordo che era intervallo, e che avevo sentito delle voci di
due
persone che sembrava stessero litigando giusto dietro al giardino della
scuola,
quindi ero andato a vedere che cosa stesse accadendo. Mi ero appostato
dietro
ad un muretto per non essere visto; all’inizio la situazione
mi pareva normale,
perché avevo visto queste due bambine, una dai capelli
castani e l’altra
bionda, che si urlavano addosso perché stavano litigando.
All’improvviso, però,
mi ricordo che rimasi di stucco perché vidi che queste due
bambine avevano
cominciato a lanciarsi addosso quelle che adesso chiamerei onde
energetiche, ma
che allora non sapevo che cosa fossero. Vedevo queste sfere di luce che
uscivano dai palmi delle loro mani e che andavano a
finire o su un albero o per terra provocando
un piccolo boato, e poi avevo anche cominciato a vedere queste due
bambine che
si erano alzate da terra e che galleggiavano in aria, tirandosi calci e
pugni,
anche molto forti.
Io,
osservando quella scena ricordo di essere rimasto
terrorizzato, perché non mi aspettavo minimamente di vedere
una cosa del
genere!
Addirittura
da quella volta in poi ricordo che evitavo di giocare
con loro perché avevo cominciato ad avere paura di
loro!» alcuni ridacchiarono
«E comunque, fu da quel momento in poi che non me le sono mai
dimenticate»
«E
ci credo!» esclamò Bulma, sorridendogli
«Comunque anche i loro
padri, Trunks e Goten, erano esattamente così alla loro
età! Sempre a fare
combattimenti tra loro e a lanciarsi onde!»
«Sì,
ma immagino che per voi sia normale vedere tutto questo.
Ormai lo è anche per me, però all’epoca
ero veramente rimasto scioccato!»
«Beh,
anche io lo ero la primissima volta che conobbi Goku!» disse
Bulma «Comunque, poi com’è che tu e Rose
vi siete ritrovati?»
«Alle
superiori avevamo degli amici in comune con i quali uscivamo
entrambi assieme, quindi ci siamo rivisti. Entrambi ci ricordavamo
dell’uno e
dell’altro, anche se ci eravamo conosciuti quando eravamo
molto piccoli»
«E
–se posso chiederti- » intervenne Crilin
«come mai poi ti sei
messo con Rose e non con Ellen?»
«Beh,
perché Ellen è completamente diversa da
Rose.» rispose il
ragazzo, come se la sua fosse la risposta più scontata del
mondo «A me è sempre
piaciuta Rose perché è una ragazza molto
tranquilla, pacata, onesta, e poi
perché è anche divertente e simpatica. Anche
Ellen è molto simpatica, però lei
è una ragazza molto espansiva, energica, ma soprattutto
molto casinista: ne
combina veramente tante, quella ragazza. E’ un vulcano: di
solito è sempre in
giro, fa sempre come le dice la testa, è molto impulsiva.
Poi, diciamo che è
una ragazza che ascolta molto poco i consigli degli altri
–soprattutto quelli
del padre- e ne combina di tutti i colori. Ma comunque è una
ragazza molto
intelligente, come il resto della sua famiglia, ed è anche
molto solare,
allegra…»
«Ma
quindi le conosci bene entrambe?» chiese Bulma, leggermente
stupita.
«Sì
sì, io ed Ellen siamo molto amici»
«Eh
beh, mica scemo!» intervenne il Genio delle Tartarughe, che
fino a quel momento se n’era stato a dormire su una sedia a
sdraio con uno sei
suoi soliti “giornalacci” sulla testa
«anche io, se avessi due ragazze così
belle vicino a me, me le terrei strette come lui… Ah, quanto
vorrei avere di
nuovo la tua età, giovanotto, io sì che alla tua
età…»
Non
fece in tempo a finire la sua frase che ricevette una sberla
da Chichi.
«Senti
Genio, perché non torni a farti un’altra bella
dormita?
Preferisco non sapere che cosa facevi tu alla sua
età!»
Tutti
si misero a ridere di fronte a quella scena, compreso David,
che conosceva già alla perfezione il carattere del Genio
delle Tartarughe, per
cui non rimase molto scandalizzato da ciò che aveva detto,
anzi forse da ciò
che il Genio stava per dire.
«Ma…
i tuoi genitori sanno che sei qui?» gli chiese Videl, che, da
madre, si mise per un attimo nei panni dei genitori del ragazzo, tutta
preoccupata.
«No.
Io sono praticamente andato via di casa poco più di un mese
e
mezzo fa per sfuggire da Ludir, come ben sapete. Sapete anche che mi
sono
nascosto e che poi ho fatto il viaggio nel tempo per venire qui,
però loro non
sanno niente di tutto questo. Un giorno ho solamente preso alcune delle
mie
robe e sono partito. Ho solo lasciato loro un bigliettino con scritto
“Tornerò
presto”, nient’altro»
«O
mio dio, tua madre deve essere davvero in pena per te!» disse
Chichi.
«Lo
so. Però non ho potuto fare altrimenti. Non avrei mai potuto
dire loro la verità, anche perché li avrei messi
in pericolo, e poi non
avrebbero capito»
«Ma
loro conoscono Rose?» chiese Bulma.
«Sì,
certo. E hanno saputo anche che ci siamo lasciati. Chissà,
magari pensano che sono un pazzo e che sono scappato di casa per stare
con lei!
Tra
l’altro, che io sappia, mia madre e Rose si sentivano anche
dopo che io e lei ci siamo lasciati, anche perché loro due
hanno sempre avuto
un ottimo rapporto»
«Tu
hai dei fratelli?» chiese Chichi.
«Sì,
un fratello più piccolo» fece una piccola pausa
durante la
quale parve riflettere su qualcosa, dopodiché disse:
«Mi mancano già molto,
però adesso non ci devo pensare.
L’unica
cosa che importa, adesso, è portare a compimento questa
missione, in modo da eliminare quel farabutto di Ludir e sperare di
riuscire a
tornare nel futuro sani e salvi»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 47 *** Capitolo 47 ***
CAPITOLO
47
*Intanto,
mezz’oretta prima, al Palazzo del Supremo*
«Ciao!»
Rose,
appena atterrata, salutò Dende e Junior, che, come al
solito, la aspettavano a quell’ora per allenarla.
I
due ricambiarono il saluto.
«Cominciamo?»
chiese la ragazza, felice ed emozionata di poter iniziare
l’allenamento.
«Certo»
le rispose Dende sorridendo.
I
due si sedettero per terra a gambe incrociate, l’uno davanti
all’altro, come sempre. Chiusero gli occhi e si concentrarono
sulla loro
energia.
Rose,
focalizzandosi sull’enorme flusso di energia che si
risvegliava sempre di più dentro di sé,
all’improvviso udì la voce di Dende:
«Rose!»
La
ragazza aprì gli occhi e si ritrovò a guardare un
Dende
dall’espressione lievemente preoccupata.
«Che
succede?» chiese lei, allarmata.
«I-io…
ho percepito qualcosa di strano in te. Fammi controllare
meglio»
Le
posò una mano su un braccio e chiuse gli occhi.
La
ragazza sentì dentro di sé l’energia di
Dende che, partendo dal
suo braccio, raggiunse ogni parte del suo corpo fino ad arrivare ai
piedi.
Qualche
secondo dopo, il Supremo riaprì gli occhi e
chiamò Junior:
«Junior, vieni qui a controllare anche tu»
Il
namecciano si avvicinò e fece la stessa identica cosa che
aveva
appena fatto Dende.
«Eh
sì» disse Junior «E’ proprio
così»
«Ma
di che cosa state parlando?» domandò Rose,
leggermente
infastidita per non aver ancora capito il problema.
«Adesso
lo capirai tu stessa» disse Dende, ponendole ancora una
volta la mano sul braccio.
Rose
chiuse gli occhi e fu un attimo: dentro di sé
percepì
un’energia strana, diversa, proprio all’altezza del
bacino.
All’improvviso,
capì tutto.
Non
lo sapeva per certo, ma il suo istinto le diceva che si
trattava proprio di quello.
Riaprì
immediatamente gli occhi e guardò allibita Dende e Junior.
«C-cosa?»
chiese lei, con voce tremante «M-ma… è
proprio q-quello
che penso?»
«Temo
proprio di sì» rispose Junior, con tono pacato.
«M-ma…»
la ragazza si alzò di scatto da terra. I suoi occhi, che
guardavano verso il basso, si muovevano di continuo, fissando
pensierosi molti
punti del pavimento.
Fu
presa dalla paura, e sentì il suo cuore accelerare i
battiti.
«Vista
la tua attuale situazione» disse Dende «temo che
non
potremo più continuare gli allenamenti. Sarebbe troppo
rischioso per te.
E
comunque, credo che tu sia arrivata già ad un buon punto,
puoi
proseguire da sola»
La
ragazza alzò lo sguardo e lo posò su Dende.
«C-certo»
fu l’unica parola che riuscì a pronunciare
«B-bene.
Allora io… io vado»
I
due annuirono e la ragazza, dirigendosi a passo incerto verso il
bordo del Palazzo, spiccò il volo.
Dopo
alcuni minuti atterrò nel centro di Satan City,
entrò in un
negozio, uscì e spiccò di nuovo il volo, questa
volta in direzione della casa
dei suoi nonni sui monti Paoz.
Sapeva
che lì non doveva esserci nessuno, poiché i suoi
parenti
dovevano già essere tutti partiti alla volta della Capsule
Corporation.
Come
da lei previsto, in casa non trovò nessuno ed
entrò
indisturbata, dirigendosi verso il bagno. Dopo quella che per lei fu
un’ora, ma
che invece erano una quindicina di minuti, uscì dal bagno
con il cuore che le
batteva all’impazzata.
Aveva
fatto ben tre test di gravidanza, e tutti e tre erano
risultati positivi.
Non
poteva essere.
Come
poteva essere successo? Lei e David erano sempre stati
attenti, sempre.
Non
poteva essere capitato, proprio a e lei ma soprattutto proprio
in quel momento!
Era
furiosa, avvilita, si sentiva senza forze. Ma, soprattutto,
non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere! La aveva presa
completamente
alla sprovvista.
Guardò
per la decima volta i tre test di gravidanza che aveva in
mano, chissà, magari sperando in un qualche cambiamento:
sperava di aver visto
male, oppure che i test non fossero corretti. Ma come era possibile che
tre
test fossero tutti sbagliati?
Sperava
che fosse tutto un sogno, che tra qualche minuto si
sarebbe risvegliata al Palazzo del Supremo. Chissà, magari
facendo un esercizio
poteva essersi addormentata oppure svenuta per il troppo sforzo, e
quindi forse
doveva ancora svegliarsi?
Sperò
con tutto cuore che fosse così, ma più guardava i
test e più
si accorgeva che era tutto dannatamente reale.
Inoltre,
se si concentrava sulla propria energia interiore, in
particolare quella del bacino, poteva percepire benissimo
quell’energia, che le
diceva che c’era un altro esserino, minuscolo come una
formica, dentro di lei.
Era
una sensazione molto forte, bellissima ma nello stesso tempo
che le causava molta paura.
La
ragazza alzò gli occhi verso l’alto, mentre
un’ espressione di
disperazione appariva sul suo volto. Subito sentì gli occhi
inumidirsi; qualche
secondo dopo, erano pieni di lacrime. Chiuse le palpebre e
strizzò gli occhi:
non riuscì a trattenersi e scoppiò
immeditatamente in lacrime. Si lasciò
completamente andare in un pianto disperato, che durò
qualche minuto.
Nella
sua mente cominciarono a prendere forma vari pensieri: che
cosa avrebbe pensato, suo padre, se fosse lì con lei,
venendo a conoscenza di
quella notizia? Come avrebbe reagito? Sicuramente avrebbe un
po’ perso le
staffe, all’inizio, ma poi forse si sarebbe calmato. Se la
sarebbe presa anche
con David, ovviamente: si immaginava già la scena in cui suo
padre salutava il
ragazzo a fatica, quasi senza nemmeno guardarlo in faccia.
E
sua madre? Lei, forse, inizialmente sarebbe caduta in panico, ma
poi sarebbe stata un po’ più comprensiva nei suoi
confronti, e avrebbe cercato
di trovare una soluzione.
Provò
vergogna di fronte all’immagine dei suoi genitori che la
fissavano, allibiti, sapendo che era rimasta incinta.
D’altronde,
David era sempre stato uno di casa e loro lo avevano
sempre accolto a braccia aperte e si erano sempre fidati di lui;
probabilmente,
avrebbero perso completamente fiducia sia in lei che in lui.
E
poi, che cosa avrebbe pensato Pan? La Pan che conosceva la aveva
sempre messa in guardia, proprio di fronte all’esperienza che
lei stessa aveva
avuto quando aveva vent’anni, e che l’aveva portata
ad avere il suo primogenito,
George.
Nella
sua mente apparve Pan che la fissava con sguardo indignato,
mentre, scuotendo la testa, diceva: “Ti avevo avvertito,
io!”.
Che
cosa sarebbe accaduto se fosse riuscita a tornare nel suo
futuro, e a riportare in vita tutti quanti? Avrebbe detto loro
“Mamma, papà,
nel frattempo sono rimasta incinta nel futuro?!”
In
quel momento, sapeva solo che non poteva sopportare anche
questo, dopo tutto ciò che le era capitato: prima
l’arrivo di Ludir, poi la
morte di tutta la sua famiglia, poi la rottura con il suo ragazzo, poi
la morte
di Bulma, poi quella di Ellen e adesso anche questo.
Non
poteva sopportarlo.
Non
poteva essere capitato proprio
a lei!
Si
sentiva spaesata, non sapeva qual era il prossimo passo da
fare.
Anzi,
lo sapeva benissimo: andare da David.
Quindi,
si asciugò frettolosamente le lacrime che le rigavano il
volto e guardò l’orologio della cucina. Si accorse
di essere in ritardo per il
pranzo: ormai erano più di venti minuti che la stavano
aspettando.
Così,
prese di nuovo il volo alla volta della casa di Bulma.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 48 *** Capitolo 48 ***
CAPITOLO
48
«Oh
tesoro, eccoti! Finalmente sei arrivata!» esclamò
Chichi, non
appena vide la nipotina avvicinarsi al tavolo dove sedevano tutti loro.
«Ciao
a tutti. Scusate per il ritardo, ma ho avuto un po’ da fare
dal Supremo. Mi hanno trattenuta più del solito!»
La
ragazza sforzò un sorriso, cercando di mostrarsi il
più
naturale possibile.
Notò
che c’era una sedia libera proprio vicino a David (per
fortuna!), quindi si incamminò verso di lui.
Appena
raggiunse la sedia, i due ragazzi si scambiarono uno
sguardo: lui le sorrise dolcemente, e Rose lesse nei suoi occhi tutta
la
felicità che lui provava nel vederla proprio lì,
accanto a lui. La ragazza
provò un senso di tenerezza di fronte a quel sorriso, e
percepì del calore
proprio al centro del petto.
Tentò
di non farsi troppo prendere da quel sentimento, quindi lo
salutò mostrandogli un sorriso poco convinto e si sedette.
Osservandola
meglio, David si accorse che i suoi occhi erano
diversi dal solito. Cercando di non farsi notare, la guardò
ancora una volta. Era
proprio come aveva pensato: la ragazza aveva gli occhi rossi. Come se
avesse
pianto fino a qualche minuto prima.
«Tutto
bene?» le domandò subito lui sussurrando, mentre
tutti gli
altri cominciarono a mangiare.
«Mah.
Potrei stare meglio, diciamo» rispose lei freddamente.
«Perché?
E’ successo qualcosa al palazzo del Supremo?»
«Sì»
«Che
cosa?» rispose lui, che stava cominciando a preoccuparsi.
«Te
lo spiego dopo. Adesso non è il momento»
«Ma
sei arrabbiata con me?» chiese lui, notando
l’espressione un
po’ infastidita della ragazza.
«Ne
parliamo dopo» disse lei, bevendo un bicchiere
d’acqua.
«Ma
perché mi rispondi così? Che cosa ti ho
fatto?» domandò ancora
una volta lui, cominciando ad agitarsi.
«David,
ti ho detto che ne parliamo dopo!» disse lei alzando
leggermente la voce e sbattendo il bicchiere a tavola.
Tutti
i presenti alzarono improvvisamente la testa dal loro piatto
per guardarli, attirati dal rumore del bicchiere e dal tono delle loro
voci che
si era improvvisamente fatto più alto.
«Scusate!»
disse lei, guardando gli altri un po’ imbarazzata
«mi è
scivolato il bicchiere…»
David,
osservando la reazione della ragazza, la guardò confuso.
Che cosa era accaduto di così tanto grave da farla
arrabbiare in questo modo? Gli
vennero in mente un milione di pensieri: che cosa aveva detto o fatto
lui
stesso, negli ultimi giorni, da provocarle questo tipo di reazione? E,
inoltre,
perché gli sembrava che avesse appena pianto? Ci
pensò un po’ su, ma non trovò
nessuna motivazione valida. Inoltre, che cosa poteva essere accaduto al
palazzo
del Supremo, che riguardasse anche lui? Chissà, magari non
era neanche
arrabbiata con lui, ma con qualcun altro, e si stava semplicemente
sfogando con
lui.
Sperò
vivamente che fosse così, anche perché le cose
tra di loro
andavano a gonfie vele ultimamente, e a lui non pareva di aver fatto
niente di
strano per farla arrabbiare o per farla stare male.
Chissà,
magari in qualche modo era venuta a conoscenza di qualche
fatto accaduto nel futuro, che lui non sapeva ancora? Magari, tramite
l’ausilio
del Supremo?
Moriva
dalla voglia di sapere che cosa era successo, ma, a quanto
pare, doveva aspettare la fine del pranzo per venire a conoscenza del
motivo
del comportamento di Rose.
«Non
ti preoccupare» disse nel frattempo Bulma, guardando Rose
sorridendo
«so che a volte fate difficoltà a controllare la
vostra forza. Sai quanti
bicchieri Vegeta ha spaccato? Ne avrò dovuti ricomprare 100
minimo!»
La
ragazza ridacchiò, mentre Vegeta lanciò
un’occhiataccia a
Bulma, senza però dire nulla.
«Rose»
intervenne Goku «com’è andato
l’allenamento al palazzo del
Supremo?»
«B-bene»
rispose lei sorridendo, sperando e tentando di apparire
il più convincente possibile. «Junior ti fa
allenare tanto, eh?» chiese Goku
«E’ sempre stato così,
d’altronde!»
«Posso
confermare!» esclamò Gohan.
«Quindi
è stato lui che ti ha fatto tardare?»
domandò Chichi «la
prossima volta ci parlo io e gliene dico quattro! Non può
farti ritardare così
tanto quando abbiamo un appuntamento per pranzare tutti
insieme!»
«No,
non preoccuparti nonna!» si affrettò subito a dire
Rose «In
realtà è anche colpa mia se sono arrivata in
ritardo! Vedi, sono un attimo
passata a fare una doccia prima di venire qui»
Chichi,
per fortuna, non disse più nulla, e spostò di
nuovo la sua
attenzione sul piatto di fronte a lei.
«Quindi
voi siete fidanzati?» chiese una voce femminile
dall’altra
parte del tavolo. Rose spostò il suo sguardo su di lei: non
l’aveva notata fino
a quel momento, presa com’era da tutti i suoi pensieri.
Era
la seconda volta che la vedeva, sua madre. Certo, l’aveva
vista altre volte in casa dei suoi nonni, ma solo così, di
sfuggita; d’altronde,
lei stessa aveva passato la maggior parte del tempo alla Capsule
Corporation ad
aiutare Bulma, oltre che al Palazzo del Supremo.
E
Valese, ovviamente, passava molto più tempo a casa dei suoi
nonni piuttosto che da Bulma.
Rimase
un attimo spaesata nel vederla lì: non se
l’aspettava. Era
felice di vederla, ma nello stesso tempo sentì un vuoto
all’altezza del cuore,
che le fece ricordare immediatamente tutta la tristezza e il dolore
che, nell’ultimo
anno, aveva cercato di controllare e di nascondere dentro di
sé.
Ma,
visto che il dolore era tanto, non ci era mai riuscita, così
riaffiorò
all’improvviso, proprio in quel momento.
«Sì»
confermò la ragazza, guardando entrambi i genitori.
«Quindi
anche lui viene dal futuro?» domandò ancora una
volta
Valese, che sembrava sinceramente intenzionata e interessata a
conoscerli.
«Già.
Veniamo entrambi dal futuro» rispose David.
Rose
rimase allibita da quella domanda: non si aspettava
minimamente che sua madre fosse già al corrente di tutto.
Guardò
Goten in cerca di risposte, e lui disse, con un’espressione
colpevole stampata sul volto:
«Rose,
sa già tutto. Le ho spiegato tutto prima»
«Oh»
disse la ragazza, sorpresa dalla notizia «ok»
«Sì,
mi hanno detto tutto» disse Valese, che adesso appariva
felice come una bambina «so che sei la figlia di Goten e che
vieni dal futuro!»
“La
figlia di Goten?” ripeté la ragazza nella sua
mente. Che le avessero
omesso una parte della verità? Decise di chiedere subito al
diretto
interessato.
“Papà.
Lei sa che sono anche sua figlia?” chiese a Goten,
telepaticamente. Se prima le riusciva un po’ più
difficile parlare
telepaticamente, adesso, grazie, all’aiuto di Junior e del
Supremo, ci riusciva
con facilità.
Goten,
appena sentì la voce della ragazza nella sua testa, dallo
spavento fece uno scatto all’indietro che lo fece quasi
cadere dalla sedia. Per
fortuna, riuscì a non cadere aggrappandosi al tavolo, e si
rimise subito composto
mentre gli altri lo guardavano sgomenti, domandandosi che cosa stesse
facendo.
Il ragazzo rimase per qualche secondo immobile aggrottandosi le
sopracciglia, dopodiché
si girò verso la ragazza.
“Io…
mi ero dimenticato che tu sapessi parlare telepaticamente!
Ahah!” le rispose telepaticamente, sorridendole.
“Non
mi guardare, fai finta di niente sennò gli altri si
accorgeranno che stiamo parlando tra di noi!”
“Ehm…
sì, giusto!” –prese una forchetta in
mano e la affondò nel
piatto, fingendo un’aria di noncuranza-
“Comunque… no, non sa che è tua madre.
Non gliel’ho detto. Ho pensato che sarebbe stato meglio prima
chiedere a te e
poi nel caso dirglielo”
“Hai
fatto bene. Grazie, papà!”
Purtroppo
non poteva guardarlo in faccia, così la ragazza si
ritrovò
a sorridere guardando il piatto.
«Goten,
stai bene?» domandò Videl, avendo appena assistito
alla quasi
caduta di Goten.
«Io?»
disse il ragazzo, come se non fosse successo nulla
«sì sì,
tutto bene!»
«Com’è
il futuro?» chiese emozionata Valese, che, intenta a
guardare Rose, non si era accorta di ciò che era appena
accaduto a Goten.
«Beh…
ora come ora sicuramente non è bello. Diciamo che lo era
prima! Ma… se mi fai questa domanda vuol dire che in
realtà non ti hanno
raccontato niente» le rispose Rose.
«Cioè?»
Rose
si ritrovò di nuovo a raccontare brevemente la sua storia.
«…e
quindi, dopo aver eliminato tutti voi, Ludir ha deciso di
tenerci come dei prigionieri…»
«Tutti
noi?» domandò
confusa Valese «Vorrai dire loro»
«Ehm…
sì, scusami, mi sono sbagliata!» si
affrettò a dire Rose,
sperando che la ragazza non si fosse accorta che il suo, in
realtà, non era
stato un errore.
Mentre
raccontava, notò come le espressioni di sua madre
cambiavano man mano che lei descriveva gli avvenimenti: era passata da
un’espressione
preoccupata a una terrorizzata, da quella arrabbiata fino a quella
compassionevole. Era veramente presa dal racconto di Rose, e alla
ragazza era
sembrato che riuscisse veramente a compatirla, a capirla, a provare le
stesse
emozioni che aveva provato lei sulla sua pelle.
Rimase
stupita dalla sua capacità di ascolto, ma soprattutto da
tutto l’interesse che sua madre mostrava nel sentire la sua
storia. In fondo,
per quel che Valese ne sapeva, la ragazzina che aveva di fronte a lei
era un’estranea.
Ok, sapeva che era la figlia del suo ragazzo, ma non sapeva che era
anche sua.
«Ma
è orribile!» fu il commento di Valese dopo aver
ascoltato
tutta la storia «Mi dispiace davvero tanto per tutto
ciò che ti è successo!»
La
guardava con un’espressione sinceramente commossa.
Rose
rimase sorpresa dalla sua reazione così comprensiva, e
cercò
di evitare di commuoversi anche lei.
«Lo
so» disse «ma che ci vuoi fare? Io sono venuta qui
nel passato
apposta per chiedere il loro aiuto. Solo in questo modo la situazione
potrà
risolversi»
«Capisco»
disse Valese. D’un tratto assunse un’espressione
pensierosa e disse:
«Ma…
posso chiederti una cosa?»
«Certo»
rispose Rose, intimorita dalla sua strana richiesta.
«Dove
hai preso quegli orecchini? Perché, vedi, mia madre ce li ha
proprio identici» si avvicinò un po’ a
lei e, allungando il braccio, toccò un
suo orecchino per guardarlo meglio «anzi, sembrano proprio
questi. E c’è anche
il suo nome!»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 49 *** Capitolo 49 ***
CAPITOLO
49
«D-davvero?»
Rose ridacchiò nervosamente. Era in imbarazzo, e non
sapeva che cosa dire.
Si
era completamente dimenticata che, mettendo quegli orecchini,
poteva correre il rischio di essere riconosciuta da sua madre:
d’altronde,
quegli erano orecchini d’argento assolutamente normali, e
solo al bordo di essi
c’era scritto, in piccolo, il nome di sua nonna. Come aveva
fatto Valese a riconoscere
subito quegli orecchini, e a leggere un nome scritto in caratteri
così
minuscoli?
Quegli
orecchini erano parte dell’eredità che sua nonna
aveva
lasciato a lei, Rose, giusto qualche anno prima, poco prima di morire.
Lei e
sua nonna erano sempre state molto legate, avevano sempre avuto un
rapporto
meraviglioso e, per lei, quei bei orecchini rappresentavano un ricordo
alla
memoria della cara e defunta nonna, oltre che ad essere un simbolo
dell’affetto
che aveva provato nei suoi confronti.
In
altre parole, per lei quegli orecchini erano un tesoro, un
dono.
«Devi
esserti confusa» disse Rose «v-vedi, questi sono
degli
orecchini che mi ha prestato una mia amica! Quindi
c’è scritto il suo nome! P-però
poi mi sono scordata di ridarglieli indietro..»
«Ma
no! Sono proprio questi!» insistette Valese «Io so
che ormai
non li fanno più di questo modello gli orecchini…
e poi mia madre se li è fatti
fare proprio su misura e apposta in questa maniera. Sono proprio i
suoi!»
«Ma
no! Io ne ho visti tanti in giro così! Vedi, è un
modello
comune nel mio futuro! E va anche di moda facendoci scrivere il proprio
nome
sopra»
Valese,
poco convinta delle parole che aveva appena detto Rose,
continuava a fissare gli orecchini, studiandoli sempre più.
Rose,
notando l’espressione di Valese, non sapeva più
che cosa dire
per convincerla del fatto che non fossero quelli gli orecchini di sua
madre. Ci
pensò su per qualche secondo, ma non le venne in mente
nient’altro che potesse
aiutarla nel persuadere la madre.
«Eh
già, sicuramente saranno una moda del futuro!»
intervenne Goten
«Tra l’altro ne ho visti molto simili qualche
giorno fa in un negozio, e poi
anche in giro! C’erano alcune ragazze che li portavano. Deve
essere una moda
che sta cominciando a diffondersi già da adesso!»
Valese
si girò a guardare il suo fidanzato, stupita.
«Davvero?»
chiese.
«Già!»
confermò Goten, grattandosi nervosamente la nuca.
Valese
guardò entrambi stupita, come se la notizia
l’avesse
scioccata.
«Non
lo sapevo!» disse lei «Ero convinta che fosse un
modello
raro..»
A
giudicare dall’espressione di Valese, Goten era riuscito
benissimo nel suo intento di convincerla: infatti adesso la ragazza non
guardava più Rose con sospetto, anzi il suo sguardo appariva
più tranquillo e
rilassato.
“Fiuuuu!”
pensò Rose “Ho perso tre anni della mia vita in
questi
minuti. Meno male che papà è riuscito a
convincerla!”.
Infatti,
nonostante suo padre fosse già al corrente di tutto, voleva
evitare che sua
madre venisse a conoscenza della verità su di lei.
Già non era positivo che suo
padre lo sapesse, figuriamoci sua madre! Avrebbe di certo sconvolto
troppe
cose, nel passato, più di quanto già avesse fatto
fino ad allora.
“Grazie
ancora, papà!” fu la frase che Goten
udì nella sua testa.
Visto che già stava guardando Rose, le sorrise dolcemente e
la ragazza sentì nella
sua testa “Ma figurati! E’ mio dovere
proteggerti”.
Tutti
mangiarono il lauto pasto preparato dai cuochi di casa
Briefs e, a fine pranzo, durante il momento del dolce, fu Vegeta, a
sorpresa di
tutti, a porre una domanda a Rose:
«Dimmi
un po’. Ma se nel tuo futuro non c’è
Kakarot, tu con chi ti
alleni?»
«Con
Pan» rispose Rose «Pan è
l’unica della famiglia che continua
ad allenarsi , nel futuro. Come vi ho già accennato, mio
padre e lo zio Gohan
si allenano di rado»
Pan
assunse un’espressione orgogliosa, dopo aver sentito le
parole
della cugina.
«E
invece Ellen con chi si allena?» domandò Trunks.
Rose
non si aspettava una domanda da lui. Fino a quel momento,
infatti, il ragazzo dai capelli viola le aveva fatto pochissime
domande, e quelle
poche riguardavano tutte Ludir. Mai la sua futura figlia.
«Beh,
con Vegeta, ovviamente» rispose la ragazza.
«Non
dirmi che nemmeno Trunks non si allena nel futuro!» disse
Vegeta con tono minaccioso.
«Solo
qualche volta. Diciamo che la maggior parte del tempo è
sempre occupato con la Capsule Corporation, visto che è il
presidente»
«E
dimmi» domandò Bulma, tutta curiosa «Bra
nel futuro combatte?
Sa trasformarsi in Super Saiyan?»
«Mamma!»
intervenne Bra, infastidita.
«No»
rispose Rose «Diciamo che lei non è mai stata
interessata a
combattere»
«Infatti
non lo sono neanche adesso» replicò Bra scocciata,
con le
braccia conserte.
«A
me pare che solo le donne della mia famiglia siano appassionate
di arti marziali!» disse Chichi con fare rassegnato.
«Ma
non è vero» replicò Rose «E
Ellen dove la metti?»
«Ellen
è la figlia di...?» domandò Chichi.
«La
figlia di Trunks» le ricordò velocemente Rose
«guarda che lei
è parecchio cazzuta»
«Beh,
dalle foto che ci hai mostrato non sembrerebbe» disse Videl
«sembra una ragazza molto aggraziata, molto bella, attenta
alla moda, poco
adatta al combattimento..»
«Non
sembrerebbe?!» ripeté David sorridendo
ironicamente «Si vede
che proprio non conoscete Ellen!»
«Già»
confermò Rose «Magari dalle foto può
sembrare tutta carina e
tranquilla, ma in realtà di persona è
tutt’altro»
«Io
invece non stento a crederci!» intervenne Bulma
«D’altronde,
sarà la nipotina di Vegeta!» concluse con un
sorriso, entusiasta.
«Mpf»
Vegeta emise un ghigno beffardo e, tenendo le braccia
incrociate, disse: «Neanche io stento a crederci. Oltre al
fatto che sia mia
nipote, e che quindi abbia il sangue del Principe Saiyan nelle vene,
sarò io
stesso ad allenarla, quindi è inevitabile che diventi la
più forte»
Appena
finito di parlare, lanciò il suo solito sorriso beffardo a
Goku, guardandolo con aria di sfida.
Rose,
osservandolo, notò come Vegeta fosse rimasto praticamente lo
stesso nel corso del tempo: stessi modi di fare, stesse espressioni e
stessi
comportamenti. Era cambiato solo un po’
nell’aspetto esteriore, in quanto nel
suo tempo appariva leggermente più invecchiato,
però aveva sempre avuto lo
stesso vigore che adesso leggeva nei suoi occhi.
In
particolar modo, Rose notò che gli era rimasto impresso il
fatto che una volta lei stessa avesse detto che Ellen era molto
più forte di lei,
nel futuro; ripensandoci, però, non trovò
così strano il fatto che lui lo
ricordasse: come poteva sfuggire un particolare così
importante alle orecchie dell’orgogliosissimo
Principe dei Saiyan, che era da sempre stato in competizione con suo
nonno Goku?
Glielo avevano sempre e solo raccontato, ma adesso vedeva questa
competizione con
i suoi stessi occhi.
E,
questa volta, stavano usando lei ed Ellen, le loro future
nipoti, come strumento di competizione.
Dopotutto,
entrambi erano gli unici, a quel tavolo, ad essere 100%
Saiyan, quindi, per natura, erano fatti così- competitivi e
fissati con il
combattimento.
«E’
normale che tua nipote sia più forte, Vegeta. Io non ci sono
nel loro futuro, quindi Rose non ha mai potuto allenarsi con me.
Però, se ci
fossi stato, sicuramente sarebbe stata più potente di tua
nipote»
«Non
credo proprio» affermò Vegeta, mantenendo il suo
sorrisetto.
«Ehi,
ci sarò anche io nel futuro!» intervenne Pan,
incrociando le
braccia stizzita «Non dimenticate che Rose ha detto che io
sarò la più forte
nel futuro, più di lei e di Ellen. Vero, Rose?»
«Eccome!»
confermò Rose «Pan, io ed Ellen non abbiamo
paragone
contro di te. Tu sei il doppio, se non il triplo più forte
di me e lei. Solo
per farti un esempio, quando combattiamo tu di solito sconfiggi me ed
Ellen in
poche mosse»
«Waaaaa!»
gli occhi di Pan brillavano dalla gioia «visto??»
Gohan,
guardando sua figlia, pareva altrettanto felice di aver
sentito ciò che aveva appena detto Rose. Anzi, a Rose parve
addirittura di
scorgere un senso di orgoglio nei suoi occhi, mentre guardava la
figlia.
«Beh,
Pan, c’è da dire però che non sei stata
mai allenata da
Kakarot» disse Vegeta.
«Uhm,
hai ragione» disse Pan, pensierosa «però
sarò comunque la
più forte di tutti!»
«Oh,
non c’è proprio speranza per la mia
famiglia!» esclamò
Chichi, portandosi una mano sulla fronte «Anche le mie
nipotine hanno le arti
marziali nelle vene! E dimmi, Rose, tuo padre nel futuro ti lascia
allenare
tranquillamente? Non pensa anche a farti studiare?»
«Mio
padre di solito mi ha sempre lasciato fare quello che voglio.
Non ha mai avuto nulla in contrario al fatto che io mi allenassi; in
fondo, è
una mia scelta. Però è anche ovvio che i miei
genitori tengano molto alla mia
istruzione!»
Gli
occhi di Chichi si illuminarono.
«Bene!»
esclamò «Allora vedo che anche Goten
sarà un buon padre.
Tu hai ottimi voti a scuola, vero?»
«Beh,
sì, diciamo che me la cavo!» rispose la ragazza,
tentando di
apparire il più modesta possibile.
Era
brava a scuola -di certo non era la secchiona della classe-
però aveva dei buoni risultati.
«Oh,
bene!» disse Chichi, improvvisamente contenta
«ricordati che
l’istruzione è molto importante!»
«Lo
è anche il combattimento» replicò la
ragazza.
Chichi
rimase per un attimo spiazzata da ciò che aveva appena
sentito: come poteva paragonare l’istruzione alle arti
marziali?!
Notando
l’espressione attonita e un po’ irritata della
nonna, Rose
non tardò a spiegarsi: «Beh, nonna, si sa che noi
siamo i più forti di questo
pianeta. Nel caso arrivasse un nemico, chi è che
proteggerebbe la Terra?»
Chichi,
incrociando le braccia, alzò il naso
all’insù e girò la
testa dall’altra parte dal disappunto.
«Mpf.
E si vede come siete stati in grado di proteggerla nel
vostro futuro!»
«Questo
è un caso diverso, mamma» intervenne Gohan
«il nemico in
questione utilizza altri mezzi all’infuori delle tecniche di
combattimento per
sconfiggere noi Saiyan. Per quanto riguarda la forza saremmo stati in
grado di
batterlo, se non avesse avuto quella sostanza strana nel suo corpo che
funziona
solo su noi Saiyan, no?»
«Giusto»
confermò Rose.
«C’è
anche da dire che se non fosse per la mia intelligenza e per
le mie conoscenze tecniche e scientifiche, voi non potreste mai battere
quel
mostro!» disse Bulma, facendo l’occhiolino.
«Ecco,
è proprio questo di cui parlavo!»
affermò risoluta Chichi.
«A
proposito, manca poco al completamento
dell’antidoto» disse
Bulma «Però al momento sono in una fase di stallo.
Non riesco ancora a capire
bene qualche passaggio. Di certo, un aiuto da parte di Ellen mi avrebbe
fatto
più che comodo!»
«Io
davvero non saprei come aiutarti, Bulma!» disse Rose,
preoccupata «Io non ci capisco molto di queste
cose..»
«E
tu, David?» chiese Bulma, speranzosa.
«Io?
Nemmeno io, mi spiace! Era Ellen quella che se ne intendeva
di queste cose!»
«Oh,
no!» Bulma, con le braccia appoggiate sul tavolo,
affondò il
viso tra i gomiti, disperata »I-io… non so se
riuscirò a terminare l’antidoto
entro pochi giorni!»
Rose
e David, istintivamente, si scambiarono uno sguardo
preoccupato. Che cosa sarebbe accaduto se Bulma non fosse riuscita a
completare
l’antidoto in tempo?
David
era arrivato da 5 giorni, e di Ludir ancora non c’era
traccia. Poteva arrivare in qualsiasi momento.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 50 *** Capitolo 50 ***
CAPITOLO
50
Quella stessa
sera, subito dopo cena,
David bussò alla porta della camera di Rose. Fu questione di
secondi e si
ritrovò la ragazza proprio lì, davanti a lui.
«Oh.
Sei tu»
Si
scansò per farlo entrare, dopodiché
tornò a sedersi sul suo letto.
La camera era
praticamente immersa nel
buio; l’unico punto da cui proveniva la luce era la tv,
posizionata proprio
davanti al letto, che regolava la luminosità della camera
attraverso il rapido
scorrere delle immagini.
«Come
mai così al buio?» domandò il
ragazzo, avvicinandosi al letto.
Rose
alzò le spalle.
«Così.
Mi andava di creare
un’atmosfera tranquilla»
«Un
po’ più depressa, direi» disse
lui, sedendosi accanto a lei. Tentò di guardarla negli
occhi, ma lei aveva lo
sguardo fisso a guardare la tv, e pareva fosse intenzionata a non
distogliere
la sua attenzione dalle immagini di alcune persone che erano
concentrate a
trovare la risposta ad un quiz posto dal presentatore.
«Che
cosa è successo, tesoro?» chiese
lui, allungando il braccio e appoggiando la sua mano sul mento della
ragazza,
cosicché lei fu costretta a girarsi verso di lui e a
guardarlo dritto negli
occhi.
I due, a pochi
centimetri l’un
dall’altro, si ritrovarono faccia a faccia.
Gli occhi di
lui, preoccupati,
tentavano di captare che cosa stesse succedendo dietro quelli di lei,
che ora
apparivano disperati e timorosi.
«David»
cominciò a dire lei, turbata
«io… Sono incinta»
«Cosa?»
Il ragazzo
adesso la guardava ad occhi
spalancati.
«Non
stai scherzando, vero?»
«Ti
pare che io possa scherzare su una
cosa del genere?!»
«E…
allora… come…?»
«Oh,
non devi essere tu a chiedermi
come è successo. Questo
te lo devo chiedere io!»
L’espressione
abbattuta di Rose aveva
ora lasciato il posto ad uno sguardo di rimprovero.
«I-io…
insomma, l’abbiamo sempre fatto
normalmente, no? Come le altre volte…»
Il ragazzo si
interruppe, mentre
un’espressione di terrore apparve sul suo volto.
«A-aspetta»
disse «adesso che ci
penso… Lo abbiamo fatto come tutte le altre volte. Questo
vuol dire che…
essendo abituato al fatto di utilizzare il preservativo, beh io
insomma… mi
sono comportato tutto il tempo come se lo avessi»
Rose lo
guardava come se non credesse
alle sue orecchie.
«Ma
non ce l’avevi! Come hai fatto a
non accorgerti di non averlo addosso?!»
«Beh,
io… sono talmente abituato ad
averlo quando facciamo l’amore, che per me era scontato che
lo avessi già
messo… E poi, mi sono fatto prendere dalla foga del momento,
insomma, io e te
non ci vedevamo da un sacco di tempo… cavolo, mi sono
completamente
dimenticato!»
«Non
ci posso credere!» esclamò lei. Era
rimasta scioccata dalla sua rivelazione: anche lei, d’altro
canto, non si era
accorta del fatto che David non avesse indossato il preservativo, per
cui era
convinta che in qualche modo si fosse rotto ed era capitato
l’incidente.
La ragazza
appoggiò i gomiti sulle ginocchia
e affondò il viso tra le sue mani, disperata.
Come potevano
essere stati entrambi
così stupidi?
Non era mai
successo niente del genere
prima d’ora. Proprio in quel momento doveva capitare?
«I-io
ti chiedo scusa, amore» disse
lui, visibilmente pentito.
La ragazza lo
guardò e scosse la
testa, con fare rassegnato.
«Ormai
è successo quel che è successo.
Non possiamo farci più niente»
«Ma…
come lo hai scoperto?» chiese
lui.
«Sono
andata al Palazzo del Supremo,
stamattina, per il
solito allenamento.
Non abbiamo neanche avuto il tempo di cominciare che subito il Supremo
si è accorto
che in me c’era qualcosa di diverso. Poi ha fatto sentire
anche me… così ho
intuito anche io che cosa c’era che non andava. Non ero
sicura della cosa, non
volevo credere al mio istinto, così sono andata a comprare
dei test di
gravidanza e li ho fatti… E, indovina un po’, sono
risultati tutti positivi»
«Quanti
ne hai fatti?»
«Tre»
«Tutti
e tre positivi? Caspita, allora
la cosa è veramente certa» disse il ragazzo
ridacchiando nervosamente.
«Certo
che lo è!» disse lei. Si girò e
guardò il suo ragazzo dritto negli occhi.
«Tu
non puoi immaginare ciò che sento
dentro di me… Sento un’energia particolare,
un’energia diversa proprio qui»
prese la mano di lui e la posò sul suo ventre
«che, man mano che passa il
tempo, sento consolidarsi ed espandersi sempre più. Sento
proprio come se ci
fosse un’energia minuscola, come se appartenesse a qualcun
altro ma che nello
stesso tempo fosse anche mia»
Nel frattempo,
le erano venute le
lacrime agli occhi. Il descrivere quelle sensazioni che
l’avevano accompagnata
per tutta la giornata la fece commuovere.
Non aveva mai
provato nulla del genere
prima!
Ed era
sicuramente una delle cose più
emozionanti che aveva mai provato.
David, con una
mano sul ventre della
ragazza, appoggiò l’altra sul viso di lei e
l’avvicinò dolcemente al suo.
Mentre le loro labbra si toccavano, una lacrima cadde dagli occhi di
lei.
Il ragazzo
sentì subito il suo pollice
inumidirsi, così lo mosse asciugando le lacrime di lei.
Qualche
secondo dopo lei si staccò da
quel bacio e si lasciò cadere sul suo petto, scoppiando in
lacrime.
Lui la strinse
a sé il più possibile e
le baciò la testa.
«D-david,
perché d-doveva capitare
p-proprio adesso? Insomma, n-non ci troviamo n-neanche nel nostro
t-tempo, e
poi s-siamo ancora troppo g-giovani.. E poi d-dobbiamo ancora b-battere
Ludir,
c-come pensi che io s-sia in grado di farlo s-se io sto
così? N-non poteva
esserci t-tempistica peggiore!»
«Lo
so, amore. Purtroppo è capitato in
un brutto periodo. Ma sono sicuro che riusciremo a risolvere questa
situazione
e che riusciremo a tornare alla normalità! Vedrai che non
appena torniamo nel
futuro le cose si sistemeranno!»
«Che
cosa intendi dire?» la ragazza si
rimise seduta e guardò il fidanzato con preoccupazione
«Ti riferisci
all’aborto?»
«Ma
che dici? Sai benissimo che non ti
farei mai fare una cosa del genere! E poi sai benissimo quanto a me
piacciano i
bambini e quanto vorrei che un giorno anche noi li avessimo»
«Un
giorno, sì, ma non adesso!»
«E
che ci vuoi fare? E’ capitato
adesso!»
«Q-quindi
tu lo terresti?»
«Certo
che sì»
Rose lo
guardò profondamente negli
occhi: di essi poteva facilmente leggerne la sincerità, in
ciò che aveva appena
detto. Anzi, poteva anche affermare che nei suoi occhi vi fosse anche
un
pizzico di felicità, testimoniata dal leggero sorriso con
cui la stava
guardando. Adesso, infatti, guardava la ragazza con
un’espressione dolce
stampata sul volto. Non era più rimasta traccia del terrore
che aveva provato
poco prima.
E fu in quel
momento che lei si rese
conto di tutto: quanto era fortunata ad averlo lì, accanto a
lei, ma
soprattutto come fidanzato!
L’aveva
confortata e le era stato
vicino quando Ludir aveva eliminato la sua famiglia, poi, qualche tempo
dopo,
si era allontanato lui stesso dalla sua famiglia, era fuggito da Ludir,
si era
nascosto per molto tempo, era stato catturato e poi torturato. Poi era
approdato nel futuro, aveva compiuto un viaggio nel passato esclusivamente per lei, perché
sapeva
che doveva aiutarla nella sua missione.
E ora era
lì, proprio accanto a lei, a
sostenerla nonostante tutto ciò che fosse appena successo;
non si era nemmeno
fatto prendere dallo sconforto, anzi, adesso appariva addirittura felice.
«David.
Come fai ad essere così felice
in questa situazione?» domandò lei, triste.
«Rosie.
So che tutto ciò che accaduto
è tremendo, però nello stesso tempo io sono
felice. Sono felice perché adesso
sono accanto a te, e siamo di nuovo insieme.
Tu non
immagini quanto io abbia
sofferto quando ci siamo lasciati e quando siamo stati completamente
separati
in questi mesi, senza vederci né sentirci. Adesso sei qui
con me, tra le mie
braccia, e non ho bisogno di nient’altro.
Poi, se devo
essere sincero, sono
ancora più contento se penso ad un futuro insieme in cui,
oltre a noi due, ci
possa essere un piccolo o una piccola bimba con noi»
«Ma
io che cosa ho fatto per
meritarti?» chiese lei, mentre un’altra lacrima
ricadeva sulla sua guancia.
«Vieni
qui»
David la
invitò dolcemente a sdraiarsi
con lui sul letto. I due si sdraiarono su un lato: lei davanti e lui
dietro,
con un braccio poggiato sul bacino della ragazza. La mano di lui era al
centro
del ventre di lei, proprio sul punto in cui Rose sentiva dentro di
sé
quell’energia particolare, che apparteneva al bambino che
stava per prendere
vita dentro di lei.
Entrambi si
misero a guardare la tv e
la ragazza si addormentò quasi subito, accoccolata tra le
braccia di lui nelle
quali si sentiva protetta e amata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 51 *** Capitolo 51 ***
CAPITOLO
51
Bulma
guardò l’orologio appeso nell’enorme
salotto di casa sua:
erano le nove e mezza. Fuori era buio già da un bel
po’.
Era
seduta sul divano vicino a Bra, ed entrambe erano intente a
seguire il quiz televisivo più seguito dai Satan City, che
però stava ormai per
giungere al termine.
«Bra.
Ti va un po’ di gelato?»
«Mmmm…
va bene! Però poco che sono a dieta!»
Ormai
era stanca di dover dire alla figlia che era già magra e che
non ne aveva affatto bisogno, così la donna non disse niente
e si alzò dal
divano per dirigersi verso il frigo.
“Potrei
chiederlo anche a Rose e David!” penso tra sé e
sé, mentre
tirava fuori il gelato. Lo posò per un attimo sul tavolo e
si incamminò verso la
camera di Rose.
Bussò
una volta, ma non rispose nessuno.
Bussò
una seconda volta, e ancora niente.
Quindi,
decise di aprire silenziosamente la porta, per accertarsi
che andasse tutto bene e che la ragazza fosse veramente lì.
Guardò
dentro e i suoi occhi furono attirati automaticamente
dall’unico
punto in cui c’era la luce, ovvero dove si trovavano David e
Rose, sdraiati sul
letto e illuminati dalla luce della tv di fronte a loro.
Rose
stava dormendo, mentre notò che David, con un braccio
appoggiato sul corpo della ragazza e l’altro piegato sotto la
sua testa, era
ancora sveglio e guardava la tv.
«Oh,
scusate!» disse Bulma a voce bassa, cercando di
indietreggiare
ed uscire dalla porta.
«Non
fa niente. Puoi entrare!» disse David sussurrando.
«Oh.
Posso?»
«Sì.
Entra pure!»
La
donna entrò cercando di fare il meno rumore possibile.
David
la salutò sussurrando, mentre Bulma, ricambiando il saluto,
si avvicinò a loro fermandosi poco dietro alla tv.
«Vedo
che Rose è già crollata!» disse la
donna, facendo attenzione
a tenere bassa la voce, mentre guardava la ragazza sorridendo
«oggi doveva
essere parecchio stanca! L’ho vista un po’
distrutta»
«Già!»
rispose lui «Si è stancata molto…
soprattutto al Palazzo
del Supremo!»
«Immagino!»
Prima
non ci aveva fatto caso, ma adesso che si trovava molto
vicino a loro, Bulma notò che la mano del ragazzo si trovava
proprio sulla
pancia della ragazza.
«Ma..
sta male? Ha mal di pancia?» chiese.
«Ah…
no no! Non ti preoccupare!» rispose lui, guardando la propria
mano appoggiata su Rose che Bulma aveva appena notato. La
spostò subito, per
evitare che Bulma si insospettisse troppo.
«Ma
sei sicuro? Perché io ho visto che Rose è stata
male oggi. L’ho
vista correre al bagno per vomitare parecchie volte»
«Davvero?»
disse lui, sperando tra sé e sé che il suo
stupore
potesse apparire reale agli occhi di Bulma «Non lo sapevo,
non me lo ha detto!
Quando si sveglia glielo chiedo»
«Sono
un po’ preoccupata perché magari è
stato qualcosa che ha
mangiato… e se così fosse, vado subito
giù nelle cucine a fare una bella ramanzina
ai cuochi!»
«No,
non ti preoccupare, Bulma! Magari stava male già di
suo!»
«Sarà»
disse Bulma, pensierosa «Comunque, sono venuta qui per
chiedervi se volete il gelato. Rose dorme, quindi magari glielo lascio
per
domani… tu lo vuoi?»
«No,
grazie! Lo mangerò anche io domani insieme a lei»
rispose lui
sorridendo.
«Va
bene!» disse Bulma, dirigendosi silenziosamente verso la
porta
«Scusatemi ancora per il disturbo!»
«Ma
figurati, nessun disturbo!» disse David.
Bulma
uscì e chiuse la porta delicatamente.
Si
avviò di nuovo verso la cucina, pensierosa.
Forse,
Chichi aveva ragione. Non avrebbe dovuto metterli in stanze
così vicine… da quando quel ragazzo era arrivato,
li aveva visti quasi sempre
insieme.
Però,
anche se li avesse messi in stanze lontane, si sarebbero comunque
cercati! Sperò tra sé e sé che Chichi
avesse torto e che quei due non avessero
combinato nulla di male. In fondo, sembravano due ragazzi
così maturi e
coscienziosi! Anche se doveva ammettere che, in ogni caso, maturi o
non,
restavano pur sempre due ragazzi molto giovani che avrebbero potuto
combinare
qualsiasi cosa.
Rose,
in fondo, aveva la stessa età di Bra. Pensò che
forse non
avrebbe mai lasciato dormire la figlia da sola con un ragazzo, neanche
se
avesse lo conosciuto alla perfezione. D’altronde, i ragazzi
erano pur sempre
ragazzi…
Anche
Bra, per quel poco che lei e Vegeta sapevano, frequentava
un ragazzo da qualche mese. Erano venuti a saperlo solo da qualche
settimana.
Il
marito, senza mai fare domande alla figlia, quando aveva il
sospetto che lei stesse per uscire con lui, puntualmente informava alla
moglie che
aveva da fare e che quindi doveva uscire.
Una
volta, lo aveva addirittura visto avviarsi verso la stanza
degli allenamenti, già vestito di tutto punto con la tuta
addosso, ma, non
appena aveva udito il “Mamma, papà, io
esco!” della figlia, subito aveva cambiato
la sua direzione ed era tornato in camera a cambiarsi. Qualche minuto
dopo, lo
aveva visto volare via dalla finestra.
Le
tornò alla mente un avvenimento avvenuto giusto qualche
giorno
prima: Bra aveva detto a lei e Vegeta che sarebbe rimasta a dormire da
un’amica.
Dopo
aver risposto all’interrogatorio di Vegeta durato quasi 10
minuti, tramite il quale si era potuto informare nel dettaglio sugli
spostamenti e i piani della figlia prima che lei mettesse piede in casa
dell’amica
per restare a dormire, Bra, visto i genitori che conoscevano bene la
sua amica,
ricevette il permesso di andare a dormire dall’amica.
Qualche
ora più tardi, su esplicito sollecitamento di Vegeta, Bulma
aveva chiamato la figlia per accettarsi che tutto stesse andando
davvero come lei
aveva detto loro.
Peccato
che il telefono della figlia continuasse a squillare senza
ricevere alcuna risposta. L’aveva richiamata più
di cinque volte, ma invano.
Così,
notando l’espressione sempre più seria e nervosa
che stava comparendo
sul volto di Vegeta, Bulma decise di dare un colpo di telefono anche
all’amica
di Bra che sicuramente li avrebbe rasserenati e dato loro un valido
motivo per
il quale la figlia non rispondeva alle telefonate.
«Pronto?»
«Ciao
Jessica. Bra è lì con te?»
«Bra?
Ehm…s-sì, c-certo»
«Me
la puoi passare un attimo per favore?»
«Ehm…
è che adesso è entrata in un negozio, e io la sto
aspettando
fuori…»
Dalla
voce fin troppo acuta e tesa dell’amica, Bulma aveva capito
che stava mentendo. Sicuramente c’era qualcosa che non
andava.
«Ehm,
guarda, non fa niente. Dille che abbiamo cambiato idea e che
stasera non può più restare a dormire da te.
Dimmi dove siete che la passiamo
subito a prendere»
Vi
fu un attimo di silenzio, dall’altro capo del telefono. Per
un
attimo, Bulma pensò che fosse caduta la linea.
«Pronto?»
«Oh,
sì sì, scusi, signora! Ehm…
io… cioè noi… siamo nei negozi
davanti al teatro»
«Ok.
Restate lì che passiamo subito a prenderla»
«Tzh.
Lo sapevo io che ci aveva mentito» disse Vegeta, alzandosi
dal divano «adesso vado a cercarla e se la trovo con quel
tipo farà una brutta
fine. Appena lo vedo gli spacco tutti i denti, così vediamo
se la prossima
volta ci pensa ancora ad approfittarsi di mia figlia!»
Sbattè
i pugni uno contro l’altro, infuriato, e cominciò
a
sgranchirsi le mani.
«Vegeta!
Calmati! Non essere così irruento. Mantieni la calma, per
favore!»
«No.
Devo dare una
lezione
a quel ragazzo. Giuro che se li trovo insieme…» un
ghigno di rabbia prese forma
sul suo viso, mentre una vena cominciò nervosamente a
pulsare sulle tempie.
Si
diresse verso la finestra, pronto per spiccare il volo, ma
Bulma fu più veloce di lui e si posizionò davanti
alla finestra a braccia
spalancate.
«Vegeta.
Non essere così avventato! Pensaci, qualunque cosa Bra
stia facendo in questo momento, sicuramente sarà costretta
ad interromperla e
ad andare dove si trova l’amica. Appena arriveremo
lì, la prenderemo e la
riporteremo a casa!»
«Io
preferisco coglierla in flagrante! Così quel ragazzo non
avrà
scampo»
«E
se fosse davvero insieme all’amica?»
Bulma
tentò di aggrapparsi a quel bagliore di speranza, anche se
sapeva che quella storia aveva solo il 10% di possibilità di
essere vera.
«Se
fosse così, beh, sarebbe meglio per lei»
Sollevò
la moglie da sotto le braccia come se stesse sollevando
una piuma e la appoggiò dietro di sé. In una
frazione di secondo, spiccò il
volo.
Alla
fine, Vegeta non era riuscito a trovare Bra (per fortuna!), e
Bulma la trovò assieme all’amica, esattamente nel
punto in cui l’amica aveva
detto loro di trovarsi.
Tornate
a casa, vi ritrovarono Vegeta che le stava aspettando.
«Dove
sei stata?» chiese alla figlia freddamente, cercando di
mantenere un tono impassibile.
«Ero
con la mia amica, esattamente come vi avevo detto» rispose la
ragazza con fare estremamente scocciato, mentre, a braccia incrociate,
rivolgeva lo sguardo da un’altra parte anziché al
padre.
«E
perché non hai risposto al telefono?»
«Avevo
il silenzioso e non ho sentito»
«E
non hai comprato niente, tesoro?» chiese la madre, sorridendo
sarcasticamente «Strano, non è da te!»
«Non
mi piaceva niente» rispose, continuando a guardare il muro,
stizzita.
«Bra»
intervenne Vegeta «Se fai un’altra volta una cosa
del genere
giuro che la prossima volta verrò a cercarti, che tu sia in
capo al mondo o a
Satan City, e resterai in punizione per tre mesi, senza comprare
vestiti né nient’altro.
Inoltre,
dì a questo ragazzo di fare attenzione, un passo falso e
farà una brutta fine»
«La
vita è mia e ne faccio quello che voglio!»
Vegeta
le lanciò uno sguardo di pietra.
«Comunque,
adesso sei un mese in punizione. Per averci mentito»
Bra
girò immediatamente lo sguardo sul padre e lo
guardò
sconcertata e indignata.
«Ma
io… io non vi ho…» non finì
la frase e, voltandosi, sbuffò e
corse via dalla porta.
Bulma
sorrise ricordando quell’avvenimento. Nel frattempo, era
tornata in sala con due bicchieri di gelato in mano, e sentì
la figlia parlare
al telefono con qualcuno:
«Anche
tu mi manchi tanto! Sì, lo so, l’altra volta non
abbiamo
avuto molto tempo…»
Appena
vide la madre, istintivamente riattaccò subito il telefono.
«Bra,
devi stare molto attenta» la avvertì Bulma
«Non devi fare
più cose come quella dell’altra volta. Conosci tuo
padre, e sai benissimo che
potrebbe scatenare un pandemonio»
«Quindi
mi stai dicendo che non posso uscire con nessuno?!»
«Ma
certo che puoi, tesoro. L’unica cosa che ti chiediamo
è di non
mentirci. So che tuo padre farà un po’ di fatica
ad accettare questa cosa, ma
alla fine vedrai che riuscirà ad accettarla. Inoltre, cerca
di essere cauta con
questo ragazzo e di andarci piano»
«Va
bene» mormorò la ragazza, leggermente scocciata.
«So
che tuo padre è molto severo con te, ma lo fa
perché ti vuole
bene»
«Mm»
la ragazza emise un verso indistinto con cui voleva far
intendere di aver capito, e cominciò ad abbuffarsi di gelato
assieme alla
madre.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 52 *** Capitolo 52 ***
CAPITOLO
52
«Facciamo
un brindisi!» esclamò Crilin, levando il bicchiere
di
champagne verso l’alto. Tutti lo imitarono.
«Ehm,
io…» Rose cercò rapidamente il primo
bicchiere d’acqua
disponibile «io brindo con l’acqua!»
«Perché?
Non si brinda con l’acqua!» disse C 18. Rose la
guardò
immediatamente, tentando di non fulminarla con lo sguardo. Quella,
forse, era
una delle pochissime volte che l’aveva sentita parlare da
quando era arrivata
nel passato e, per una delle poche volte in cui l’aveva
fatto, questa volta sicuramente
non le era di grande aiuto. Soprattutto in una situazione
già così complicata. «Insomma,
hai uno champagne da 100 zeni davanti a te, in più sei
giovane e in forma, che
male potrebbe farti?»
«Ehm…»
A Rose venne in mente l’unica scusa plausibile
«io… in
questi giorni non mi sento benissimo, specialmente a livello di
stomaco, quindi
preferirei evitare»
«Massù,
Rose, giusto un pochino! Solo per brindare!» intervenne
Pan, entusiasta «Guarda, ne bevo un po’ anche
io!»
«Pan,
non esagerare!» la apostrofò Videl.
Rose,
guardando l’espressione felice della cugina, e pensando che
forse era meglio non apparire troppo sospetta, si rassegnò e
prese il suo
bicchiere di champagne, levandolo in aria.
«Brindiamo
a David, che è venuto qui per aiutarci, e a Bulma, che
sta preparando l’antidoto per sconfiggere quel
mostro!» esclamò Crilin.
Vi
fu uno scintillio di bicchieri e tutti bevvero il loro sorso.
Rose fece finta di bere, e, mentre tutti erano ancora a testa in su,
riuscì a
versare il contenuto del suo bicchiere in quello di David, guardando il
fidanzato
con l’aria da “Non potevo farci niente”.
Lui non disse niente, limitandosi solo
a guardarla per farle capire che, secondo lui, aveva fatto bene.
Nonostante
non avesse bevuto niente, l’odore dell’alcool le
fece
venire la nausea, che era riuscita a farsi passare solo da poco.
“Di nuovo!”
pensò. Non ne poteva proprio più. Istintivamente
si alzò e disse ai presenti:
«Scusate, devo andare un attimo in bagno! Torno
subito!» e si allontanò
velocemente dal tavolo.
«Oh,
povera, chissà che cos’ha!» disse
Chichi, tutta preoccupata
«Forse era meglio non obbligarla a bere!»
«Beh,
scusate, io credevo non ci fosse niente di male» si
giustificò C 18.
Nel
frattempo, la ragazza aveva raggiunto il bagno. “Per un
pelo”
pensò, con la testa piegata verso il water. Per fortuna
durò poco, e si diede
subito una risciacquata, in modo che, tornando di là,
potesse far finta che non
fosse successo niente.
Si
sciacquò ben bene e uscì dalla porta del bagno.
Purtroppo,
dovette subito poggiarsi di nuovo alla porta, perché
sentì di nuovo un altro
conato; pensò subito di rientrare, ma si fermò,
in quanto il conato le passò
subito. Non fece in tempo a rilassarsi, che subito vide la figura di
Bulma
avvicinarsi verso di lei. Cercò di darsi un tono e di
apparire il più naturale
possibile, ma a quanto pare con scarso successo, visto che la donna dai
capelli
blu, con espressione preoccupata, la guardò e chiese:
«Tesoro, tutto bene?»
«Io?
S-sì sì, tutto bene, solo un po’ di mal
di pancia» rispose
lei, massaggiandosi lievemente la pancia.
Bulma
guardò il punto dove la mano della ragazza si era appena
mossa, dubbiosa.
Rialzò
lo sguardo verso di lei: «Sei sicura? Sicura sia solo mal
di pancia?»
Rose
la guardò, intimorita. Sperò che il suo timore
non fosse
troppo evidente, in quanto Bulma la stava già guardando
abbastanza scettica, e
non voleva confermare ulteriormente il suo scetticismo.
La
ragazza non rispose; si sentiva messa alle strette. La donna
prese la palla al balzo e continuò, stavolta però
con un tono decisamente più
dolce e comprensivo: «Tesoro, guarda che a me puoi dirlo. Non
puoi continuare a
nasconderlo, specialmente a me che ho avuto due gravidanze. So come ci
si
sente»
Rose
trasalì, guardandola terrorizzata. Come aveva fatto a
capirlo?! Come diavolo ci era arrivata? Che gliel’avesse
detto David? No,
impossibile, lui non farebbe mai una cosa del genere. E anche se fosse,
per
quale motivo avrebbe dovuto farlo? No, non poteva essere stato lui.
Ma
che cosa stava pensando? Stava parlando con BULMA, una delle
donne probabilmente più intelligenti del pianeta. Era ovvio
che ci fosse
arrivata da sola! Dopotutto, da quando l’aveva scoperto era
sempre stata in
casa sua… difficile che le fosse sfuggito un particolare del
genere.
Rose
distolse lo sguardo, un po’ provata dall’improvvisa
rivelazione.
«T-tu…
come fai a saperlo?» le domandò.
«Beh,
sono parecchi giorni che ti vedo strana. Senza contare che
ho notato che ultimamente andavi sempre in bagno, e ne uscivi sempre
distrutta.
E poi, adesso, ti sei rifiutata di bere alcool. Insomma, da quando sei
qui non
ti sei mai fatta problemi a berlo! Tutto questo è successo
da quando è arrivato
David, con il quale hai fatto pace da poco, quindi ho semplicemente
fatto due
più due. E poi, è impossibile che un semplice mal
di pancia duri così tanti
giorni!»
Rose
la guardò sconsolata. «Ti prego, non dire niente a
nessuno…»
«Ma
figurati se farei una cosa del genere!» Le sorrise, sperando
di rassicurarla. «Ma David lo sa, vero?»
«Certo»
rispose la ragazza, ora un po’ più tranquilla.
Sapeva di
potersi fidare di Bulma, sapeva che lei non lo avrebbe detto a nessun
altro.
Non
poteva immaginarsi l’imbarazzo che avrebbe provato se lo
avesse saputo sua nonna, i suoi zii, ma soprattutto suo padre!
«David
sa cosa?» una voce maschile aveva parlato dalle spalle di
Bulma. Una voce troppo familiare perché Rose non potesse non
riconoscerla:
sapeva già chi era, ancor prima che Bulma si voltasse
facendole vedere Goten.
«Oh,
ciao Goten!» disse Bulma, leggermente in imbarazzo
«Io e Rose
stavamo parlando di cose… beh, abbastanza
private…»
«Posso
parlare un secondo con lei?»
La
domanda colse entrambe inaspettate: lo fissarono un po’
spiazzate.
“Perché
mio padre vuole parlarmi, così,
all’improvviso?” pensò
Rose tra se e se, agitandosi sempre più “Non
è che ha scoperto anche lui, in
qualche modo, che io sono incinta?! Ma no, non è
possibile… come avrebbe fatto?
Su, su, non può essere vero, cerchiamo di tenere i piedi per
terra…”
Nel
frattempo, suo padre si era avvicinato e si era fermato davanti
a lei. Bulma, invece, era andata via.
«Come
stai?» chiese lui. La ragazza lesse nei suoi occhi una reale
apprensione nei suoi confronti: aveva addirittura percepito un filo di
preoccupazione nel tono di voce di Goten.
«B-bene,
grazie. Solo un po’ di mal di pancia, niente di
ché!».
Questa
volta il sorriso le uscì naturale, felice di avere
lì,
davanti a lei, suo padre che si stava preoccupando per lei, chiedendole
se
stesse bene. Proprio come avrebbe fatto suo padre nel futuro, quello
con cui
era cresciuta. Anzi, che l’aveva cresciuta.
«Ti
serve qualche medicina?»
«N-no,
grazie, sono certa che passerà da solo!»
«Va
bene. Però se c’è qualcosa che non va,
qualsiasi cosa, mi
raccomando non fare scrupoli a dirmelo»
Goten
la guardava sincero, con uno sguardo genuino. Rose si
ritrovò a fissare gli occhi neri del padre, gli stessi che
lei aveva ereditato,
e, trattenendo la commozione che la stava per travolgere, rispose, con
voce
flebile: «Grazie»
Per
fortuna, ci pensò Valese ad evitare che alla ragazza cadde
qualche lacrima davanti al padre, perché comparve
improvvisamente dietro Goten,
dicendo: «Rose, come stai? Tutto bene?»
Avanzò
con passo incerto, probabilmente per paura di averli
disturbati, ma lo sguardo del fidanzato le fece capire che era ben
accetta
nella conversazione, e che, anzi, era felice che fosse arrivata anche
lei. Dopotutto,
anche sei lei non lo sapeva, era la madre della ragazza.
«Sì
sì, tutto bene!» si ritrovò Rose a dire
per la terza volta.
«Bene,
sono contenta! Non vorrai mica perderti tutte le deliziose
pietanze che ci sono a tavola!»
Valese
le rivolse un sorriso dolce, lo stesso che chiunque avrebbe
rivolto ad un bambino. Ma a Rose non importava, perché
conosceva bene sua
madre, e sapeva che lei era fatta così. Era il suo modo di
sorridere e di
trattare le persone, specialmente lei e suo fratello. Sì,
quello era il sorriso
che aveva sempre rivolto a lei e a suo fratello, fin da quando erano
piccoli.
«Hai
ragione…» fu ciò che Rose si
ritrovò a dire poco prima di
scoppiare in lacrime.
Non
riusciva più a trattenersi. I suoi genitori le mancavano
così
tanto che non poteva fare a meno di stare male, ogni volta che li
vedeva; in
loro rivedeva tutto l’amore e l’affetto lei che
aveva sempre provato nei loro
confronti e lo stesso che lei aveva sempre ricevuto da loro; in loro
vedeva
coloro che l’avevano cresciuta, vedeva coloro con i quali
aveva condiviso, fino
a quel momento, la stragrande maggioranza della sua
quotidianità. Loro erano i
suoi pilastri, venuti a mancare l’anno prima. Sì,
appena li guardava, vedeva in
loro ciò che era successo l’anno prima, e il modo
brutale con cui erano stati
uccisi.
Fino
a quel momento, non c’era stato mai un giorno in cui non
avesse sofferto della loro mancanza.
Questi
pensieri, misti allo stress che le aveva provocato la
notizia della gravidanza, la portò allo stremo delle sue
forze.
La
ragazza scoppiò in lacrime e, senza neanche pensarci,
istintivamente si gettò tra le braccia di Valese, cingendole
il bacino e
poggiando la testa sul petto di lei. Cominciò a piangere a
dirotto, mentre
Valese, che non si aspettava minimamente quella reazione, rimase per un
attimo
spaesata, non sapendo che cosa fare. Nell’arco di un secondo,
però, anche il
suo istinto prese il sopravvento e ricambiò
l’abbraccio della ragazza posando
le sue braccia attorno alle spalle di Rose, che le arrivava poco
più sopra
delle spalle. Mentre le accarezzava dolcemente la testa,
riuscì a girare lo
sguardo verso Goten. Il ragazzo annuì sommessamente, dando
conferma allo
sguardo interrogatorio di lei, che lo aveva prima guardato con le
sopracciglia
aggrottate, e poi aveva indicato velocemente con lo sguardo la ragazza
che
piangeva sul suo petto, domandandogli con gli occhi se aveva
capito bene. Lo sguardo di lui le confermò tutto,
le confermò
esattamente tutto ciò che lei aveva sospettato fino a quel
momento, ma di cui
non era mai stata sicura.
Se
lo aveva chiesto fin dall’inizio, da quando era venuta a
conoscenza che la ragazza era in realtà figlia di Goten, se
fosse lei sua madre
o meno; aveva sperato con tutto il suo cuore che fosse così,
ma non aveva mai
osato chiedere al suo fidanzato. Non aveva osato per paura, paura di
ricevere
una risposta negativa. Quindi, aveva preferito rimanere nel dubbio.
Adesso,
invece, la reazione improvvisa della ragazza le aveva confermato tutto.
Valese
la strinse a sé, cercando con tutta se stessa di
rincuorarla; le dispiaceva vederla stare così male,
soprattutto perché era
venuta per assicurarsi che stesse bene, ma immaginava che dietro al suo
pianto,
in realtà, ci fosse ben altro, cose di cui lei non era a
conoscenza.
La
ragazza dai lunghi capelli castani, che Valese solo in quel
momento notò quanto fossero simili ai suoi, col volto
inondato dalle lacrime
guardo entrambi i genitori e disse: «Scusate. Scusate per
questa reazione. E’
c-che io… mi mancate tanto»
Goten
e Valese si scambiarono uno sguardo veloce, entrambi
addolciti da ciò che avevano appena sentito.
«Oh,
tesoro!» Valese allungò le braccia prendendo le
mani di Rose
tra le sue «Sono sicura che tutto si sistemerà per
il meglio! Vedrai!»
«Speriamo!»
disse la ragazza, mentre una lacrima, dalla sua
guancia destra, correva verso il basso in direzione del mento.
«Anche
io sono sicuro che riusciremo a risolvere tutto» intervenne
Goten, ottimista «vedrai che tornerà tutto alla
normalità. Dopotutto, è una promessa
che ti ho fatto, quindi la rispetterò»
Rose
lesse negli occhi del padre la stessa identica determinazione
che aveva sempre visto nel nonno,
nello
zio Gohan, in sua cugina Pan, in Vegeta, in Trunks e in Ellen; era la
stessa
identica luce che brillava in loro, esattamente come dentro lei stessa,
che
faceva di loro i Saiyan, protettori della Terra sempre pronti a
combattere per
la giustizia.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3478725
|