Gigeryon

di bahamut
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap.1 L'inizio ***
Capitolo 2: *** La Locanda ***



Capitolo 1
*** cap.1 L'inizio ***


Vi era, in un tempo lontano, una terra dove gli uomini vivevano a stretto contatto con i Kerrias, esseri divini e con poteri al di fuori dell’umana comprensione, che si presentavano come eteree presenze o terribili tiranni. Molti nomi vennero dati nel tempo a questa terra: Valgoroth per i popoli dell’est, Rigmurd per le tribù del sud, Orfinland per l’ovest. Ed infine il nome dato dai popoli del nord, scelto dagli eruditi come ufficiale nome del continente, ovvero Gigeryon.

Per quanto su Gigeryon vi fossero diversi paesi con altrettanti Kerrias protettori, due in particolare spiccavano nella sua geografia politica: Trempors, guidata dal signore della luce Schelliarn, e Gtemian, condotta invece dalla regina dell’abisso Kromis. Queste due grandi città stato, dedite l’una ai precetti di giustizia e rettitudine del Kerrias Schelliarn e l’altra alla ricerca del massimo potenziale della persona a discapito di tutto e tutti insegnato da Kromis, in pochi decenni crebbero da piccoli regni ai due massimi imperi di Gigeryon, alleandosi e conquistando i paesi confinanti. I rapporti tra le due super potenze non furono mai amichevoli poiché, per quanta brama di potere e conquista possedessero, i due Kerrias al loro comando si equivalevano in potenza, portando dunque ad alcune schermaglie ma mai allo scoppio della guerra, ritenendo più proficuo rimanere su canali diplomatici di pace, per quanto forzata. Tuttavia questa pace apparente era destinata a durare poco, come presto tutta Gigeryon avrebbe purtroppo constatato.

Ai confini dei due imperi tanti piccoli villaggi prosperavano tra agricoltura, caccia, pesca e lavoro d’artigianato e, proprio in uno di questi, viveva un giovane ragazzo appena entrato nell’età adulta ma che, tutto sommato, tanto adulto non voleva diventare. Mestral era il suo nome, figlio di un modesto venditore itinerante e con poca voglia di fare, conosciuto in tutto il villaggio e dintorni come un ragazzo che non prendeva nulla sul serio e nulla riusciva ad appassionarlo. Quando gli si chiedeva cosa volesse fare, se avesse sogni o progetti, egli rispondeva con sbuffi e mormorii, affermando di non volere, come molti ragazzi della sua età, fama e fortuna come cavaliere di uno dei due Imperi o come grande commerciante, ma al contempo non confermava di volere una  tranquilla tra i campi o in perenne viaggio col carro del padre: non sapeva cosa voleva e, in tutta sincerità, non aveva alcuna intenzione di scoprirlo nel breve termine. Fu costretto, però, a dover fare i conti con la realtà della situazione quando suo padre, in un periodo di pausa tra una carovana e l’altra, si impuntò di voler riparare il tetto della loro casa, nonostante Mestral glielo avesse sconsigliato, propendendo per l’assunzione di un mastro carpentiere «Siamo a corto di soldi Mes» fu la risposta del padre «E poi sono in grado di riparare il tetto della mia stessa casa!» e proprio mentre esclamava irritato queste parole perse l’equilibrio e rotolò giù dal tetto, fratturandosi un braccio ed una gamba. Quando il dottore del villaggio ordinò all’uomo un lungo periodo di degenza la situazione divenne più complicata di quanto Mestral avesse mai voluto «la prossima carovana dovrebbe passare di qui a breve e io non posso muovermi…Mes, dovrai andare tu con il carro» l’espressione del ragazzo diceva tutto sulla sua idea a riguardo «Devo proprio?» «Beh, se vuoi sopravvivere dovrai eccome! Ti ho insegnato tutto quel che so, sia sul mercanteggiare, sia sul vivere al di fuori di questo villaggio, te la caverai benissimo! E sia mai che finalmente ti decidi a prendere il mio posto! Gli anni cominciano a pesare su queste vecchie ossa…e vederti così, buttare la tua vita e senza uno scopo alla tua età, mi fa solo rabbia!» Il volto del ragazzo rimase impassibile ma dentro di sé subì duramente le parole del padre, come ogni volta che gli veniva rinfacciato da lui o da chiunque altro lo conoscesse. Non gli mancavano certo le capacità, gli era stato insegnato fin dalla tenera età l’arte della contrattazione e a sopravvivere all’adiaccio, in previsione di tempi peggiori, ma egli stesso non sapeva ne capiva cosa davvero volesse fare e mal sopportava le pressioni degli adulti che, invece, pretendevano una scelta di vita dai giovani, prima ancora di diventare maturi fisicamente e mentalmente. «Va bene papà, mi metterò in viaggio con la carovana…» Fu dunque la sua risposta. «Bene…la direzione questa volta è l’impero di Trempors, dovrai metterti in viaggio tra due giorni e raggiungere la strada maestra. Ti ricordi di Briggers giusto? Affiancati al suo carro e seguilo nelle sue tappe. Se  tutto va bene dovresti raggiungere la capitale nel giro di tre settimane, lì avrai più possibilità guadagnare qualcosa, soprattutto rimanendo a ridosso delle mura poiché il mercato popolare si trova lì» Il viso di suo padre mostrava un misto di apprensione e sconforto, ormai erano mesi che i rapporti tra gli imperi mostravano scintille d’attrito e serpeggiavano anche voci di una imminente dichiarazione di guerra: tutto ciò portava al declino dei piccoli mercanti di utensili vari come loro, poiché il popolo aveva sempre meno da spendere. La situazione non era delle più rosee e questo non faceva altro che incupire il già pessimo umore di Mestral.

Il giorno della partenza arrivò rapido ed ineluttabile. Mestral salutò suo padre, che si raccomandò più volte sul tenere sempre d’occhio la mercanzia e di non cacciarsi nei guai, ed infine diede di redini al cavallo, iniziando ufficialmente il suo primo viaggio da solo. Partì poco prima dell’alba, quando la maggior parte degli abitanti del villaggio ancora dormiva, così da incontrare il minor numero di conoscenti possibile: non amava i saluti e voleva evitare possibili commenti o battute sul suo presunto essersi messo la testa a posto.
Il carro avanzava lentamente sulla strada battuta, trainato dal vecchio cavallo di famiglia, senza fretta alcuna. Col passare delle ore il sole si alzava sempre più in cielo, permettendo a Mestral di ammirare i campi in semina, i pascoli dove i bovini pigramente passeggiavano brucando le erbacce, senza una preoccupazione al mondo. Mestral, osservandoli, ne invidiava la vita quieta, per poi ricredersi pochi secondi dopo, ricordando a quale sorte la maggior parte di quelle creature sarebbe andata incontro. Alcuni vitellini di vari colori, alcuni bianchi, altri pezzati di marrone e nero, saltellavano tra gli adulti: questa scena strappò un sorriso al volto pensieroso del ragazzo, mentre le ruote del carro cigolavano nell’aria ferma del mattino. A lungo andare il lento dondolare del carro e la piacevole calura primaverile intorpidirono la mente del giovane, inducendolo ad addormentarsi senza quasi accorgersene. Al risvegliò poté constatare che il cavallo, che tante volte aveva percorso quella strada, aveva continuato indisturbato la sua marcia, portandolo fin quasi sulla strada maestra. Mestral accostò il carro a lato della strada e fece fermare l’animale, concedendogli del meritato riposo e, dopo averlo liberato dal giogo per permettergli di brucare liberamente, si voltò ad osservare il paesaggio che gli si presentava dinanzi: la strada che aveva seguito fino a quel momento cominciava, a qualche metro da lui, una dolce discesa in mezzo allo sterminato verde, serpeggiando fino a raggiungere l’immensa strada che collegava direttamente le due grandi capitali e che, chi voleva raggiungerle, doveva obbligatoriamente seguire. Si era fermato sulla sommità di una delle varie colline che punteggiavano il territorio e questo, assieme alla scarsità di boschi, gli consentiva una visione perfetta per alcuni chilometri. Coprendosi gli occhi dal sole con una mano scrutò nella direzione da cui sarebbe dovuta arrivare la carovana, trovandola e indovinandone approssimativamente la posizione rispetto all’incrocio dove si sarebbe unito ad essa: aveva ancora un paio di ore prima che la testa giungesse nelle vicinanze. «Dovrebbe mancare un’ora a mezzogiorno, direi che posso imitare il Vecchio e mettere qualcosa nello stomaco» e così dicendo si avviò verso il carro per prendere alcune delle provviste e l’otre con l’acqua. Recuperato un tozzo di pane, due strisce di carne secca ed una mela, andò a sedersi all’ombra di una quercia lì vicino, godendosi la pace ed il silenzio del luogo, tra un morso alla carne ed un sorso d’acqua. «Incantevole vero?» esclamò d’un tratto una voce alle spalle di Mestral, facendolo quasi soffocare col boccone che aveva in gola. Tossendo convulsamente e colpendosi il petto per espellere il pane che gli era andato di traverso, sentì una mano dargli un colpo pesante alla schiena, sbloccandolo e permettendogli di tornare a respirare «Oooh cielo, non intendevo sorprenderti così, anche se effettivamente arrivare alle spalle della gente e parlare senza prima essersi annunciato non è il modo migliore per evitare queste situazioni!» Mestral, che nel frattempo cercava di calmare gli spasmi del suo corpo ed immettere nei polmoni più aria possibile, osservò dunque a chi appartenesse la voce che lo aveva portato ad un passo dal soffocamento: girandosi si trovò dinanzi ad un uomo sulla trentina, dal viso scarno e bruciato dal sole, i capelli bruni scompigliati  che gli davano l’aria di qualcuno che non faceva il bagno da diverso tempo. Le mani, grandi e inspessite dai calli, cingevano ora la cintura di corda che teneva il pantaloni di tela grezza in posizione, mentre il precoce incurvamento della schiena confermava la sua identità di contadino, abituato a lavorare nei campi nel mezzo delle arsure estivi ed i geli invernali. Ciò che colpiva di più però erano gli occhi color nocciola, pieni di spontanea bontà, ma anche di un qualcosa che sembrava indicare che quell’uomo potesse sondare l’anima di chi gli si trovava di fronte senza problema alcuno. «E ancora persevero nella maleducazione! Il mio nome è Masur, lieto di fare a vostra conoscenza» disse tentando un goffo inchino. «Mestral…il piacere è tutto mio…» rispose il ragazzo «Non riconosco il vostro accento messer Masur, deduco non siate dei dintorni» disse perplesso. «Ah, per carità, abbandoniamo queste formalità caro mio! Non sono un gran signore, come puoi vedere, e, senza offesa, non lo sembri nemmeno tu!» ribatté il contadino scoppiando in una risata, mostrando la mancanza di diversi denti. «Hai orecchio ragazzo! Abito a diverse leghe di distanza in direzione ovest, ben oltre le colline di Svroff, sono in viaggio verso Trempors, dove risiedono alcuni miei parenti!» l’affermazione non poté che stupire Mestral: per un uomo a piedi non era certamente un cammino breve, un viaggio per cui poteva volerci ben più di un mese. Non riusciva a capacitarsi di quali motivazioni potessero spingere un contadino come lui ad intraprendere una simile fatica solitaria giusto per visitare dei parenti, forse la recente penuria di viveri lo avevano messo in condizioni tali da dover lasciare la propria casa. Mentre rimuginava, tra i due calò il silenzio, Masur che lo fissava con un sorriso bonario mentre attendeva un qualche tipo di risposta o reazione. «Oh, Trempors! Anche io mi sto dirigendo lì…Sono in attesa di una carovana a cui mi devo aggregare.» disse Mestral ridestandosi dai suoi pensieri. «Bene bene! Sembra essere meta ambita di questi tempi la capitale! Così come d’altro canto anche Gtemias…con la guerra che si avvicina, nessuno vuole essere preso nel mezzo.» mentre diceva questo, gli occhi di Masur si riempirono di una profonda tristezza, che tuttavia scomparve l’attimo successivo. «Bene giovane Mestral, mi attendono ancora molte miglia da percorrere, e non vi è ancora uomo o Kerrias che possa impedire al tempo di scorrere rapido ed inesorabile! Ti auguro buon viaggio, sperando di reincontrarci a Trempors!» così dicendo prese una sacca nascosta dietro al tronco dell’albero sotto cui stavano e si incamminò in direzione della strada maestra. Perplesso il ragazzo rimase ad osservare quello strano personaggio, che in appena due minuti si era presentato e si era anche accomiatato da lui, non permettendogli di realizzare davvero cosa fosse successo. Senza neanche pensarci esclamò «Vuoi venire con me? La nostra meta è la stessa, e sicuramente ci metterai meno se viaggerai in carro…dovrai sopportare alcune tappe, ma almeno non sarai solo…». L’uomo si girò, un altro sorriso stampato sul viso «Per tutti i Kerrias! È bello vedere che c’è ancora gente di animo gentile ed altruista in tempi come questi! Accetto volentieri la tua offerta!». Tornarono a sedersi sotto la quercia, ad ammirare il cielo e a parlare del più e del meno, finché non giunse l’ora di rimettersi in cammino. Recuperarono il Vecchio, che nel frattempo si era allontanato di alcuni metri, e, dopo avergli rimesso il giogo, partirono alla volta della strada maestra, dove già la testa della carovana si avvicinava, e con essa l’incontro con Briggers e l’inizio della loro avventura alla volta di Trempors.


*mio primo racconto, in fase di scrittura. Sappiatemi dire se vi piace. Bene accette critiche di ogni tipo!*

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Capitolo 2
*** La Locanda ***


Giunsero dunque alla strada maestra. La testa della carovana aveva già superato l’imbocco da cui arrivavano loro, dunque si fermarono e attesero finché Mes non intravide un corpulento braccio agitarsi nell’aria, salutandolo: era Briggers, seduto alla guida del suo pesante carro coperto con stoffe raffazzonate e di diversi colori e motivi. Mes non lo vedeva da almeno 3 anni, l’ultima volta che era passato per il suo villaggio a salutare suo padre: era un uomo sulla cinquantina, sempre stato corpulento ma ora notevolmente aumentato di peso, i capelli neri che iniziavan a presentare diverse spruzzate di argento e una incipiente stempiatura. Era sempre gioviale e Mestral non ricordava di averlo mai visto imbronciato o preoccupato. Anche il quel momento sfoggiava uno dei suoi migliori sorrisi, mentre continuava ad agitare il braccio ininterrottamente anche dopo aver raggiunto i due viandanti.-MEEEEEEEEMEEEEEEEEEEE!- Il ragazzo sforzò un sorriso: odiava quel soprannome -Quanto tempo! Lode a Brollan, sei cresciuto tantissimo! Come mai ci sei tu al posto di tuo padre? E’ forse successo qualcosa?- Mestral spiegò velocemente al mercante quanto era accaduto al padre mentre altri carri gli facevano posto e gli permettevano di unirsi alla carovana. Quando ebbe finito Briggers annuì pensieroso -Capisco…brutta faccenda davvero! Mi dispiace molto ma sono sicuro che si rimetterà presto! Ha tempra da vendere quell’uomo!- dicendo ciò posò lo sguardo incuriosito su Masur -Invece il tuo compagno qui chi sarebbe? Non è una faccia nota.. Mostrando il suo miglior sorriso sdentato il viandante fece un abbozzo di inchino, arrivando a toccarsi le ginocchia piegate con la fronte -Il mio nome è Masur, piccolo contadino in viaggio verso la luminosa meraviglia di Trempors! Ho incontrato il giovane Mestral lungo la via e la fortuna ha voluto che fosse così gentile da offrirmi un passaggio sulla sua vettura!- -Benissimo! Qui più siamo meglio è! Bravo Meme, vedo che stai superando la tua ritrosia!- fu la risposta dell’uomo. Mestral evitò di rispondere: tendeva a non fidarsi troppo degli estranei e cercava di evitare qualsiasi tipologia di problema potesse presentarglisi davanti… tuttavia con Masur aveva agito senza riflettere come suo solito. Ancora stava rimuginando sull’incontro col contadino quando Briggers interruppe il filo dei suoi pensieri -A proposito di ritrosia…come sta Lali?- A quelle parole Mest divenne completamente rosso: Lali, diminutivo di Laliamor, era una sua giovane compaesana per cui il ragazzo aveva una cotta; era una ragazza di piccola statura, i capelli castani facevano da cornice ad un visino dolce ed ingenuo, con due bei occhi nocciola ed un’espressione premurosa. Non si poteva definire una gran bellezza ma era piacevole alla vista e Mestral ne era invaghito da tempo, senza però aver mai avuto il coraggio di esporsi e dichiararsi a lei -Ehm…si..bene..sisi…beh- si limitò a bofonchiare; la domanda lo aveva colto alla sprovvista e il tono del mercante faceva intuire che l’aveva fatta apposta per stuzzicarlo -Come dici scusa? Non ti si capisce bene quando borbotti così!- Briggers se la stava ridendo sotto i baffi -Ho detto che sta bene!- sbottò di rimando il ragazzo ancora a disagio. Durante questa piccola scenetta Masur spostò più volte lo sguardo da un oratore all’altro rimanendo costantemente in silenzio, negli occhi una scintilla di curiosità ma desideroso di rispettare la privacy del suo nuovo amico e benefattore.
 
La giornata passò lentamente e senza particolari eventi fino a che non calarono finalmente le tenebre. La carovana si andò a disporre per la notte e diversi falò spuntarono tra i carr,i dove i viaggiatori ed i mercenari assoldati per respingere gli assalti di possibili predoni cenarono e disquisirono di vari argomenti, dalla validità di una spada rispetto ad un’ascia all’aumento del prezzo del grano. Dopocena Briggers rivelò l’esistenza di una locanda non troppo distante dove servivano la migliore birra della regione e propose di andare a brindare per il loro incontro e per la speranza di un viaggio tranquillo e, soprattutto, proficuo. Di buon grado i tre amici e qualche altro mercante aggregatosi all’idea si incamminarono al seguito di Briggers verso la decantata locanda; bastò una decina di minuti di cammino per raggiungere la casupola di modeste dimensioni che, tuttavia, sprizzava di euforia e calore già dall’esterno, mentre si sentivano cori e risate fragorose provenire dall’interno. Il locale era colmo di gente festante, complice la vicinanza di due villaggi, ma riuscirono comunque a trovare un tavolo a cui sedersi e poter ordinare i loro boccali un coro di esulti seguì il brindisi di Briggers anche da parte dei tavoli vicini, desiderosi di fare baldoria. Mentre sorseggiava la sua birra Mestral notò che, vicino al camino, vi era un grosso tavolo rotondo ricoperto di ogni ben di dio e occupato da un uomo che definire enorme sarebbe stato un eufemismo: completamente calvo ma con una folta barba bruna, l’uomo seduto sovrastava il livello delle teste presenti di molto e l’enorme ventre flaccido tremolava ogni volta che esplodeva in una fragorosa risata, causata da battute sue o dei suoi commensali; le enormi mani afferravano voracemente qualsiasi cibo gli potesse capitare a tiro e buttava giù il tutto con notevoli sorsate di birra.
 
Le dimensioni di quella persona, quasi al di fuori dell’umanamente possibile, e la sua voracità stupirono il giovane e Masur, incuriosito anch’egli dal soggetto -Lui è Brollan, Kerrias della festa e del cibo!- Mestral si girò di scatto verso Briggers, che sembrava avergli letto nel pensiero -Lui è un kerrias? Sono descritti come esseri sovrannaturali e, per quanto fuori dal normale possa sembrare, mi pare comunque un uomo!- un sorriso emerse dai baffi del mercante -Kerrias ce ne sono tanti e di ogni forma! I più potenti tendono a mostrarsi raramente e spesso si limitano ad osservare e dispensare ordini o consigli; altri, come Brollan, decidono di materializzarsi nella nostra realtà più spesso e vivere a contatto con la gente normale. Dipendentemente da cosa sono stati formati per proteggere possono farlo in piccoli templi a loro dedicati dai villaggi oppure nelle case, nelle taverne, nei campi di battaglia e negli orti. Ce ne sono davvero un sacco e molti sono legati anche ad un solo villaggio quindi chissà quanti ancora non sono stati incontrati!- i due compagni rimasero affascinati dalla spiegazione di Briggers: mai avrebbero immaginato che esseri come i Kerrias potessero interagire con il popolo come fanno dei vecchi compagni di bevute od un semplice anziano vicino di casa. Tuttavia una perplessità si insinuò in Mes –Brig, hai detto che i Kerrias si “formano”…che cosa intendi?- era curioso, non si era mai troppo interessato a cercare di capire le divinità che sembravano affollare quel mondo e finché vi era la possibilità voleva saperne il più possibile. Briggers tracannò una grossa sorsata di birra, emise un sonoro rutto per la gioia degli avventori e si pulì i baffi, dopodiché si accinse a rispondere –Non lo so nemmeno io con esattezza, vi racconto ciò che ho sentito da un vecchio nella periferia di Gtemian. Parrebbe che una teoria bislacca voglia dipingere i Kerrias come abitanti di una specie di mondo separato dal nostro, invisibile e intangibile a noi…ma la cui barriera è perfettamente oltrepassabile da loro. Sempre secondo queste voci essi sarebbero senza una forma specifica nel loro mondo…ma quando gli ideali, le idee, i sogni, i desideri e anche i pensieri e le richieste più macabre della gente sono abbastanza forti essi vengono attirati qui e guadagnano un loro aspetto e un loro scopo: una volta raggiunto questo stato parrebbe che siano in grado di fare avanti e indietro dal loro mondo recuperando la loro forma corporea ogni volta che vengono qui…-fece una pausa per controllare i suoi interlocutori: Mes ascoltava interessato ma una smorfia scettica aveva cominciato ad apparirgli in volto, Masur era sorridente anch’egli pareva interessato ma aveva la tipica espressione di chi  annuiva senza aver fondamentalmente capito nulla. Brig sospirò –Beh…è comunque solo una voce, sicuramente qualche pazzoide l’avrà messa in giro per attirare gente e darsi arie da grande filosofo!- dicendo questo finì di bere e ordinò un altro boccale.
 
In quel momento si spalancò la porta dell’osteria e l’atmosfera si congelò per un istante: un gruppo di quattro uomini entrò nell’ambiente sotto lo sguardo di tutti, le armature ed il vestiario li identificavano come cavalieri ma era il simbolo sul loro mantello che aveva lasciato tutti immobili, poiché si trattava di un pesce completamente nero e dotato di ali da pipistrello su sfondo verde smeraldo; il simbolo di Kromis, il simbolo Gtemian. L’armigero che stava in testa, un uomo di media statura e caratterizzato da una lunga chioma rosso fuoco e una barba del medesimo colore, avanzò deciso tra i tavoli fino a portarsi dinanzi a Brollan. Gli occhi del kerrias si fissarono in quelli color smeraldo dello sconosciuto per alcuni interminabili secondi, finché quest’ultimo non portò una mano al fianco dove era riposta la spada; la tensione aumentò notevolmente, nemmeno una mosca sembrava voler infrangere l’atmosfera che si era venuta a creare. Le dita del rosso arrivarono a sfiorare la spada ma subito dopo la oltrepassarono e andarono ad afferrare un otre agganciato alla cintura e parzialmente nascosto dal mantello. L’uomo lanciò l’otre a Brollan –Asprovino dell pianure del Nord, non troverai mai nulla di meglio per toglierti la sete!- disse aprendosi in un sorriso complice; anche sul viso della divinità comparve un sorriso, grande ed entusiasta, mentre stappava il recipiente e iniziava a sorseggiarne rumorosamente il contenuto; dopodiché si pulì la bocca ed emanò un grido di soddisfazione –Sai sempre come presentarti al mio desco, maledetto d’un gtemiano!- a quelle parole la tensione che fino ad allora aveva bloccato la sala si sciolse e tutti tornarono a bere e festeggiare come prima.
Il trio di viandanti era rimasto in religioso silenzio durante il tutto ma ora che la situazione si era smossa tornarono anch’essi a pensare ai loro affari, mentre il tavolo al loro fianco, liberatosi poco prima, veniva occupato dai nuovi arrivati. Masur si voltò ad osservarli e vi rimase talmente a lungo che venne notato dagli stessi soggetti, messi in soggezione da un esame così lungo e silenzioso –C’è qualche problema? Abbiamo forse qualcosa nella barba?- a rompere il silenzio fu proprio l’uomo dai capelli rossi, con un tono più incuriosito che nervoso. –No no, nessun problema messere…semplicemente è la prima volta che mi capita di osservare gente che proviene da Gtemian!- fu la candida risposta. Il rosso si voltò verso i suoi compagni per poi tornare a rivolgersi allo strano individuo –Ebbene, eccoci qui buon signore: fiera gente di Gtemian…come potete vedere non deriviamo da troll e altre strane creature, come ci dipingono in altri posti!- nel mentre si voltò di nuovo verso i suoi, indicando il più brutto della compagnia –Eccetto forse lui: le leggende narrano che sua madre fosse effettivamente un troll!- gli altri tre scoppiarono a ridere mentre il deriso incrociava le braccia e borbottava qualcosa, evidentemente abituato a tali commenti.
-Ci scusi, non volevamo disturbare la vostra sosta, anzi adesso finiamo e ce ne andiamo!- si affrettò a rassicurare Briggers: la nomea dei gtemiani era di notevoli attaccabrighe e l’ultima cosa che voleva erano problemi scaturiti da uno scrocca passaggi. Ma con sua grande sorpresa il cavaliere lo bloccò –Ma no, per carità! Incontrare gente che non ci evita come ratti ricoperti di letame da queste parti è sicuramente un piacere! Prego, prego! Rimanete al vostro desco e permettete di intrattenerci un poco con voi!- il mercante, che forse per la prima volta Mestral vide rimanere senza parole, si risedette –Ma certo…molto volentieri…messer…?- -Quell, Quell del casato Mostren! E qui con me abbiamo Tronas di Pyr- alzò la mano il più basso del gruppo, capelli castani e sbarbato, viso alquanto comune –Merlond di Tarm- stavolta a fare un cenno con la testa fu il cavaliere che era stato sbeffeggiato poco prima, la pelle del viso fortemente sfigurata da chissà quale malattia, capelli biondo paglia e parevano della stessa consistenza ma con u sguardo incredibilmente bonario –E infine Phom, anch’egli di Pyr-  altro cenno di saluto dall’ultimo rimasto, un bel viso affilato contornato da una lunga chioma di capelli corvini tirata all’indietro. Fu briggers invece a fare gli onori del trio –Io sono Briggers, commerciante di varie mercanzie che viaggia per tutta Gigeryon! Il giovanotto qui davanti è Mestral, anch’egli mercante in sostituzione del padre. Invece colui che ha dato inizio a questo incontro è Masur, viandante in direzione di Trempors- a turno i due interpellati salutarono, ricevendo un ulteriore saluto dai quattro. Mestral non poté evitare di incrociare lo sguardo fiero di Quell e provare una sensazione di ammirazione mista a sconforto per quell’uomo: sembrava aver raggiunto i propri obiettivi, avere una vita degna di essere definita piena, senza preoccupazioni o dubbi su cosa fare e come fare. Un’ombra di invidia attraversò la mente del ragazzo, che subito si vergognò di tale infimo sentimento: non poteva incolpare nessuno se non sé stesso della vita ai margini dell’inedia che viveva. Mentre era impegnato nelle sue mortificazioni mentali, Mestral non si accorgeva di essere osservato, non solo dal guerriero, ma anche da qualcun altro.


*secondo capitolo! spero vi piaccia! Come sempre sono bene accette idee, consigli e critiche!*

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