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Autore: bahamut    06/12/2016    2 recensioni
In un mondo fantastico due grandi fazioni condotte da altrettante potenti e temibili divinità sono sull'orlo di una guerra. Nulla sembra poterlo evitare, nessun mortale o divinità minore è in grado di contrastare i loro poteri. La storia di un ragazzo che suo malgrado si ritrova nel mezzo di questo conflitto e che farà di tutto per preservare la sua vita tranquilla.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi era, in un tempo lontano, una terra dove gli uomini vivevano a stretto contatto con i Kerrias, esseri divini e con poteri al di fuori dell’umana comprensione, che si presentavano come eteree presenze o terribili tiranni. Molti nomi vennero dati nel tempo a questa terra: Valgoroth per i popoli dell’est, Rigmurd per le tribù del sud, Orfinland per l’ovest. Ed infine il nome dato dai popoli del nord, scelto dagli eruditi come ufficiale nome del continente, ovvero Gigeryon.

Per quanto su Gigeryon vi fossero diversi paesi con altrettanti Kerrias protettori, due in particolare spiccavano nella sua geografia politica: Trempors, guidata dal signore della luce Schelliarn, e Gtemian, condotta invece dalla regina dell’abisso Kromis. Queste due grandi città stato, dedite l’una ai precetti di giustizia e rettitudine del Kerrias Schelliarn e l’altra alla ricerca del massimo potenziale della persona a discapito di tutto e tutti insegnato da Kromis, in pochi decenni crebbero da piccoli regni ai due massimi imperi di Gigeryon, alleandosi e conquistando i paesi confinanti. I rapporti tra le due super potenze non furono mai amichevoli poiché, per quanta brama di potere e conquista possedessero, i due Kerrias al loro comando si equivalevano in potenza, portando dunque ad alcune schermaglie ma mai allo scoppio della guerra, ritenendo più proficuo rimanere su canali diplomatici di pace, per quanto forzata. Tuttavia questa pace apparente era destinata a durare poco, come presto tutta Gigeryon avrebbe purtroppo constatato.

Ai confini dei due imperi tanti piccoli villaggi prosperavano tra agricoltura, caccia, pesca e lavoro d’artigianato e, proprio in uno di questi, viveva un giovane ragazzo appena entrato nell’età adulta ma che, tutto sommato, tanto adulto non voleva diventare. Mestral era il suo nome, figlio di un modesto venditore itinerante e con poca voglia di fare, conosciuto in tutto il villaggio e dintorni come un ragazzo che non prendeva nulla sul serio e nulla riusciva ad appassionarlo. Quando gli si chiedeva cosa volesse fare, se avesse sogni o progetti, egli rispondeva con sbuffi e mormorii, affermando di non volere, come molti ragazzi della sua età, fama e fortuna come cavaliere di uno dei due Imperi o come grande commerciante, ma al contempo non confermava di volere una  tranquilla tra i campi o in perenne viaggio col carro del padre: non sapeva cosa voleva e, in tutta sincerità, non aveva alcuna intenzione di scoprirlo nel breve termine. Fu costretto, però, a dover fare i conti con la realtà della situazione quando suo padre, in un periodo di pausa tra una carovana e l’altra, si impuntò di voler riparare il tetto della loro casa, nonostante Mestral glielo avesse sconsigliato, propendendo per l’assunzione di un mastro carpentiere «Siamo a corto di soldi Mes» fu la risposta del padre «E poi sono in grado di riparare il tetto della mia stessa casa!» e proprio mentre esclamava irritato queste parole perse l’equilibrio e rotolò giù dal tetto, fratturandosi un braccio ed una gamba. Quando il dottore del villaggio ordinò all’uomo un lungo periodo di degenza la situazione divenne più complicata di quanto Mestral avesse mai voluto «la prossima carovana dovrebbe passare di qui a breve e io non posso muovermi…Mes, dovrai andare tu con il carro» l’espressione del ragazzo diceva tutto sulla sua idea a riguardo «Devo proprio?» «Beh, se vuoi sopravvivere dovrai eccome! Ti ho insegnato tutto quel che so, sia sul mercanteggiare, sia sul vivere al di fuori di questo villaggio, te la caverai benissimo! E sia mai che finalmente ti decidi a prendere il mio posto! Gli anni cominciano a pesare su queste vecchie ossa…e vederti così, buttare la tua vita e senza uno scopo alla tua età, mi fa solo rabbia!» Il volto del ragazzo rimase impassibile ma dentro di sé subì duramente le parole del padre, come ogni volta che gli veniva rinfacciato da lui o da chiunque altro lo conoscesse. Non gli mancavano certo le capacità, gli era stato insegnato fin dalla tenera età l’arte della contrattazione e a sopravvivere all’adiaccio, in previsione di tempi peggiori, ma egli stesso non sapeva ne capiva cosa davvero volesse fare e mal sopportava le pressioni degli adulti che, invece, pretendevano una scelta di vita dai giovani, prima ancora di diventare maturi fisicamente e mentalmente. «Va bene papà, mi metterò in viaggio con la carovana…» Fu dunque la sua risposta. «Bene…la direzione questa volta è l’impero di Trempors, dovrai metterti in viaggio tra due giorni e raggiungere la strada maestra. Ti ricordi di Briggers giusto? Affiancati al suo carro e seguilo nelle sue tappe. Se  tutto va bene dovresti raggiungere la capitale nel giro di tre settimane, lì avrai più possibilità guadagnare qualcosa, soprattutto rimanendo a ridosso delle mura poiché il mercato popolare si trova lì» Il viso di suo padre mostrava un misto di apprensione e sconforto, ormai erano mesi che i rapporti tra gli imperi mostravano scintille d’attrito e serpeggiavano anche voci di una imminente dichiarazione di guerra: tutto ciò portava al declino dei piccoli mercanti di utensili vari come loro, poiché il popolo aveva sempre meno da spendere. La situazione non era delle più rosee e questo non faceva altro che incupire il già pessimo umore di Mestral.

Il giorno della partenza arrivò rapido ed ineluttabile. Mestral salutò suo padre, che si raccomandò più volte sul tenere sempre d’occhio la mercanzia e di non cacciarsi nei guai, ed infine diede di redini al cavallo, iniziando ufficialmente il suo primo viaggio da solo. Partì poco prima dell’alba, quando la maggior parte degli abitanti del villaggio ancora dormiva, così da incontrare il minor numero di conoscenti possibile: non amava i saluti e voleva evitare possibili commenti o battute sul suo presunto essersi messo la testa a posto.
Il carro avanzava lentamente sulla strada battuta, trainato dal vecchio cavallo di famiglia, senza fretta alcuna. Col passare delle ore il sole si alzava sempre più in cielo, permettendo a Mestral di ammirare i campi in semina, i pascoli dove i bovini pigramente passeggiavano brucando le erbacce, senza una preoccupazione al mondo. Mestral, osservandoli, ne invidiava la vita quieta, per poi ricredersi pochi secondi dopo, ricordando a quale sorte la maggior parte di quelle creature sarebbe andata incontro. Alcuni vitellini di vari colori, alcuni bianchi, altri pezzati di marrone e nero, saltellavano tra gli adulti: questa scena strappò un sorriso al volto pensieroso del ragazzo, mentre le ruote del carro cigolavano nell’aria ferma del mattino. A lungo andare il lento dondolare del carro e la piacevole calura primaverile intorpidirono la mente del giovane, inducendolo ad addormentarsi senza quasi accorgersene. Al risvegliò poté constatare che il cavallo, che tante volte aveva percorso quella strada, aveva continuato indisturbato la sua marcia, portandolo fin quasi sulla strada maestra. Mestral accostò il carro a lato della strada e fece fermare l’animale, concedendogli del meritato riposo e, dopo averlo liberato dal giogo per permettergli di brucare liberamente, si voltò ad osservare il paesaggio che gli si presentava dinanzi: la strada che aveva seguito fino a quel momento cominciava, a qualche metro da lui, una dolce discesa in mezzo allo sterminato verde, serpeggiando fino a raggiungere l’immensa strada che collegava direttamente le due grandi capitali e che, chi voleva raggiungerle, doveva obbligatoriamente seguire. Si era fermato sulla sommità di una delle varie colline che punteggiavano il territorio e questo, assieme alla scarsità di boschi, gli consentiva una visione perfetta per alcuni chilometri. Coprendosi gli occhi dal sole con una mano scrutò nella direzione da cui sarebbe dovuta arrivare la carovana, trovandola e indovinandone approssimativamente la posizione rispetto all’incrocio dove si sarebbe unito ad essa: aveva ancora un paio di ore prima che la testa giungesse nelle vicinanze. «Dovrebbe mancare un’ora a mezzogiorno, direi che posso imitare il Vecchio e mettere qualcosa nello stomaco» e così dicendo si avviò verso il carro per prendere alcune delle provviste e l’otre con l’acqua. Recuperato un tozzo di pane, due strisce di carne secca ed una mela, andò a sedersi all’ombra di una quercia lì vicino, godendosi la pace ed il silenzio del luogo, tra un morso alla carne ed un sorso d’acqua. «Incantevole vero?» esclamò d’un tratto una voce alle spalle di Mestral, facendolo quasi soffocare col boccone che aveva in gola. Tossendo convulsamente e colpendosi il petto per espellere il pane che gli era andato di traverso, sentì una mano dargli un colpo pesante alla schiena, sbloccandolo e permettendogli di tornare a respirare «Oooh cielo, non intendevo sorprenderti così, anche se effettivamente arrivare alle spalle della gente e parlare senza prima essersi annunciato non è il modo migliore per evitare queste situazioni!» Mestral, che nel frattempo cercava di calmare gli spasmi del suo corpo ed immettere nei polmoni più aria possibile, osservò dunque a chi appartenesse la voce che lo aveva portato ad un passo dal soffocamento: girandosi si trovò dinanzi ad un uomo sulla trentina, dal viso scarno e bruciato dal sole, i capelli bruni scompigliati  che gli davano l’aria di qualcuno che non faceva il bagno da diverso tempo. Le mani, grandi e inspessite dai calli, cingevano ora la cintura di corda che teneva il pantaloni di tela grezza in posizione, mentre il precoce incurvamento della schiena confermava la sua identità di contadino, abituato a lavorare nei campi nel mezzo delle arsure estivi ed i geli invernali. Ciò che colpiva di più però erano gli occhi color nocciola, pieni di spontanea bontà, ma anche di un qualcosa che sembrava indicare che quell’uomo potesse sondare l’anima di chi gli si trovava di fronte senza problema alcuno. «E ancora persevero nella maleducazione! Il mio nome è Masur, lieto di fare a vostra conoscenza» disse tentando un goffo inchino. «Mestral…il piacere è tutto mio…» rispose il ragazzo «Non riconosco il vostro accento messer Masur, deduco non siate dei dintorni» disse perplesso. «Ah, per carità, abbandoniamo queste formalità caro mio! Non sono un gran signore, come puoi vedere, e, senza offesa, non lo sembri nemmeno tu!» ribatté il contadino scoppiando in una risata, mostrando la mancanza di diversi denti. «Hai orecchio ragazzo! Abito a diverse leghe di distanza in direzione ovest, ben oltre le colline di Svroff, sono in viaggio verso Trempors, dove risiedono alcuni miei parenti!» l’affermazione non poté che stupire Mestral: per un uomo a piedi non era certamente un cammino breve, un viaggio per cui poteva volerci ben più di un mese. Non riusciva a capacitarsi di quali motivazioni potessero spingere un contadino come lui ad intraprendere una simile fatica solitaria giusto per visitare dei parenti, forse la recente penuria di viveri lo avevano messo in condizioni tali da dover lasciare la propria casa. Mentre rimuginava, tra i due calò il silenzio, Masur che lo fissava con un sorriso bonario mentre attendeva un qualche tipo di risposta o reazione. «Oh, Trempors! Anche io mi sto dirigendo lì…Sono in attesa di una carovana a cui mi devo aggregare.» disse Mestral ridestandosi dai suoi pensieri. «Bene bene! Sembra essere meta ambita di questi tempi la capitale! Così come d’altro canto anche Gtemias…con la guerra che si avvicina, nessuno vuole essere preso nel mezzo.» mentre diceva questo, gli occhi di Masur si riempirono di una profonda tristezza, che tuttavia scomparve l’attimo successivo. «Bene giovane Mestral, mi attendono ancora molte miglia da percorrere, e non vi è ancora uomo o Kerrias che possa impedire al tempo di scorrere rapido ed inesorabile! Ti auguro buon viaggio, sperando di reincontrarci a Trempors!» così dicendo prese una sacca nascosta dietro al tronco dell’albero sotto cui stavano e si incamminò in direzione della strada maestra. Perplesso il ragazzo rimase ad osservare quello strano personaggio, che in appena due minuti si era presentato e si era anche accomiatato da lui, non permettendogli di realizzare davvero cosa fosse successo. Senza neanche pensarci esclamò «Vuoi venire con me? La nostra meta è la stessa, e sicuramente ci metterai meno se viaggerai in carro…dovrai sopportare alcune tappe, ma almeno non sarai solo…». L’uomo si girò, un altro sorriso stampato sul viso «Per tutti i Kerrias! È bello vedere che c’è ancora gente di animo gentile ed altruista in tempi come questi! Accetto volentieri la tua offerta!». Tornarono a sedersi sotto la quercia, ad ammirare il cielo e a parlare del più e del meno, finché non giunse l’ora di rimettersi in cammino. Recuperarono il Vecchio, che nel frattempo si era allontanato di alcuni metri, e, dopo avergli rimesso il giogo, partirono alla volta della strada maestra, dove già la testa della carovana si avvicinava, e con essa l’incontro con Briggers e l’inizio della loro avventura alla volta di Trempors.


*mio primo racconto, in fase di scrittura. Sappiatemi dire se vi piace. Bene accette critiche di ogni tipo!*
  
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