La misteriosa ragazza Saiyan

di lady_sayuri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 52 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Splendeva il sole su Satan City quando, da qualche parte nella città, qualcosa cambiò.

Vicino ad un edificio, non poco lontano dal centro, apparve all’improvviso una ragazza; sulla quindicina o poco più, portava lunghi capelli lisci e castani che le arrivavano fino a metà schiena; i suoi grandi occhi neri si muovevano veloci studiando l'ambiente circostante: le persone intorno a lei non sembravano notarla, impegnati a raggiungere ognuno la propria destinazione. La ragazza si sentiva leggermente spaesata, ma sapeva lo stesso dove dirigersi per cominciare a mettere in atto il suo piano. Si guardò un po’ attorno, ammirando gli edifici della città, che però non riconosceva; pensò per un attimo a quanto la tecnologia avesse fatto progressi in così poco tempo. Fece un respiro profondo, come ad assorbire la pace del mondo intorno a lei, e cominciò a camminare, ignorando un gruppo di ragazzi dall’altra parte della strada che la osservavano attentamente, squadrandola da capo a piedi. Sembravano particolarmente interessati, ma Rose non badò a loro: aveva altre questioni urgenti di cui occuparsi.

Subito si mosse e si recò verso il luogo di destinazione; camminò per qualche minuto, per poi rendersi conto che volare le sarebbe costato meno tempo. Così, girando l’angolo di un edificio e assicurandosi che nessuno la stesse osservando, spiccò il volo.

Dopo qualche minuto arrivò a destinazione: ecco che davanti a lei si stagliava l’edificio tondo della Capsule Corporation, circondato da un cancello che superò velocemente, atterrando dietro un albero per non farsi notare dalle persone presenti: voleva prima studiarle un po’. Si ricordò improvvisamente di azzerare l’aura, ma pensò che forse era troppo tardi: uno di loro, forse, se n’era già accorto. Comunque, rimase lì dietro per qualche minuto, osservando come quelle persone mangiavano e parlavano tranquillamente, ridendo e scherzando. Per un attimo il suo cuore si alleggerì di fronte a quella scena, riempiendo la ragazza di felicità. All’improvviso, però, notò che Vegeta, che le dava le spalle, si girò verso di lei come per tentare di scovare la presenza di qualcuno: era stata scoperta. Così, decise subito di lanciarsi all’attacco.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

La ragazza si incamminò a passo deciso verso il tavolo dove tutti stavano mangiando. Vegeta la guardò subito, e dopo di lui anche tutti gli altri. Si fermò vicino al tavolo, e, mentre tutti la osservavano incuriositi, Bulma si alzò di scatto dalla sedia e le disse, alzando leggermente la voce:

«Scusa, questa è proprietà privata. Non ti hanno insegnato le buone maniere? Nessuno è autorizzato ad entrare qui senza permesso!»

«Sì, lo so, e ti chiedo scusa, Bulma» rispose subito la ragazza, conoscendo il carattere burrascoso di Bulma.

«Chi sei?» chiese all’improvviso Vegeta. Bulma lo guardò subito con enorme stupore: Vegeta, d’altronde, non aveva mai nutrito interesse nei confronti di un altro essere umano, all’infuori della sua famiglia e di Goku. 

«I-io… io mi chiamo Rose, piacere» rispose la ragazza, facendo un leggero inchino verso di loro «Sono venuta qui per una questione importante…»

«Qualunque questione importante sia» la interruppe Chichi, leggermente infastidita «adesso Bulma non può parlare. Come vedi, stiamo pranzando, e vorremmo finire il nostro pranzo in santa pace. Incontrerai Bulma dopo»

«In realtà, io non sono venuta qui per vedere Bulma, ma per chiedere l’aiuto di tutti voi. Posso sedermi?» chiese Rose, in tono molto educato.

«Siediti, c’è posto!» esclamò Goku, entusiasta, indicando la sedia vuota vicino a Pan. Sia Chichi che Bulma, allibite, rivolsero a Goku uno sguardo interrogatorio, mentre la ragazza si sedeva e prendeva da mangiare.

«Allora, raccontaci, qual è il problema?» le chiese Goku, afferrando una coscia di pollo e mangiandola.

Rose, chiedendosi per un attimo tra sè e sè chi fosse quel ragazzino, rispose:

«Io sono venuta per chiedere il vostro aiuto perché nel luogo dove vivo io la situazione non è molto pacifica. So che voi siete molto forti, e il vostro aiuto mi farebbe molto comodo per risolvere questa situazione»

«Si tratta di un malvivente?» chiese Pan all’improvviso, incuriosita «perché se è così, posso benissimo venire io e metterlo K.O!»

«No, Pan, magari fosse così semplice» le disse Rose, voltandosi verso di lei. Notò in quel momento come era vestita la ragazzina: indossava una maglia a maniche corte rossa, un jeans con una catena e una bandana arancione. Era così maschiaccio! Quasi non la riconosceva, ma osservarla così da vicino le infondeva tenerezza e nello stesso tempo stupore. Non l’aveva mai vista così.

«S-scusa, ma come fai a conoscere il mio nome?!» le chiese Pan.

Rose subito pensò ad una risposta plausibile: non voleva farsi scoprire così presto. Doveva prima studiare la situazione e vedere se poteva agire. Così, notando Mr. Satan dall’altro lato del tavolo, rispose:

«Beh, ovvio, sei la nipote del campione del mondo Mr. Satan, è normale che io ti conosca!»

Satan, compiaciuto dalle parole della ragazza, intervenne subito: «Aaah ecco! Scommetto che sei una mia fan! L’autografo posso fartelo dopo, se vuoi. In quanto al delinquente che devasta la tua città, ci penso io!» ed esplose in una fragorosa risata.

Rose accennò un sorriso, divertita: Mr. Satan, al contrario di Pan, non era cambiato affatto nel corso del tempo.

«E dicci, dove abiti?» le chiese Gohan, seduto di fronte a lei.

Rose disse il primo nome a caso che le venne in mente: «Nelag City»

«Dov’è?» intervenne Videl «non l’ho mai sentito questo posto»

«Davvero?» chiese Vegeta, alzandosi improvvisamente in piedi e assumendo un ghigno beffardo. Subito alzò il braccio e, aprendo la mano, lanciò un’onda verso la ragazza.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

Rose, non pensandoci troppo su, istintivamente colpì l’onda con il braccio e la mandò via: non era poi così potente.

Tutti, nel frattempo, la fissavano ad occhi sgranati. Come era possibile che un' umana avesse il potere di resistere ad un’onda energetica?

«Vegeta, ma che cosa fai?!» gli rimproverò subito Bulma, sconcertata.

«Lo sapevo» esclamò Vegeta, sedendosi di nuovo ma mantenendo lo stesso ghigno beffardo di prima. «Lo sapevo che non ce la raccontavi giusta»

Tutti guardavano Rose esterrefatti, attendendo una risposta da parte sua. Però prima intervenne Goku:

«Lo avevo sospettato anche io che c’era qualcosa che non andava. Ho percepito subito la tua aura quando sei arrivata. E non è quella di un comune umano. Chi sei realmente?»

Rose si sentì messa alle strette. Non avrebbe voluto rivelare la sua identità così presto, ma d’altra parte era inevitabile. Avrebbe dovuto immaginarsi che Vegeta (e, evidentemente, anche quel curioso ragazzino) avrebbe scoperto facilmente la sua identità. Non aveva altre chance, ma all’improvviso notò una cosa: mancava una persona tra di loro. Pensò che la cosa fosse a suo vantaggio, per cui decise di rivelare loro la verità:

«E va bene, vi dirò tutto. Come vi ho già detto mi chiamo Rose e… vengo dal futuro»

Nessuno si aspettava questa risposta, men che meno Vegeta, che, per la prima volta, la fissò sgranando gli occhi. Si aspettava che la ragazza dicesse di venire da un altro pianeta, ma mai che venisse da un altro tempo. Improvvisamente, a lui come a Bulma e a Goku, ritornò in mente il Trunks del futuro che parecchi anni prima era venuto da loro per cercare aiuto. Possibile che la ragazza appartenesse a quello stesso futuro?

«Che cosa?» intervenne Mr. Satan, scoppiando in una risata nervosa, che subito dopo si trasformò in un’espressione preoccupata. Avrebbe tanto voluto che quello fosse uno scherzo, ma, osservando le facce stupite ma nello stesso tempo serie degli altri, capì che la cosa poteva essere vera. D’altronde, nel corso degli anni aveva imparato che da quelle due famiglie non poteva che aspettarsi cose strane... «Se questo è uno scherzo non è per niente…»

«O mio Dio!» esclamò Chichi, interrompendo Mr. Satan «Non ci posso credere! Esattamente come parecchi anni fa quando venne Trunks dal futuro!»

«Per caso vieni da quel tempo lì?» chiese Bulma, un po’ preoccupata.

«I-io… non vengo da quel futuro lì» rispose la ragazza «Vengo da... 17 anni più avanti rispetto a questo tempo»

«Anche lui veniva da un futuro di circa 17 anni più avanti rispetto al nostro tempo» osservò Chichi «Era venuto per chiedere aiuto per combattere gli Androidi»

Rose aveva già sentito questa storia, ma non ricordava bene i dettagli. Qualcuno gliel’aveva raccontata, quando era piccola; subito girò lo sguardo per osservare tutti i presenti, e notò che non mancava solo una persona, ma ben due. Stava per chiedere dove fossero quei due, ma fu distratta dalla voce di Goku, che le domandò:

«Ma quindi sei parente di qualcuno di noi?»

La ragazza non rispose subito. Osservò per qualche istante quel ragazzino dall’aria spensierata seduto a capotavola, che la guardava con le braccia alzate e le mani dietro la testa, con la tipica espressione curiosa di un bambino.

Ma chi era? Faceva fatica a riconoscerlo…


«Io…» cominciò a dire lei, titubante. Non sapeva se fosse il caso di rivelarsi così presto. Tuttavia, era molto tentata di dirlo davanti a tutti, visto che il diretto interessato non c’era.

«Te lo dico io, Kakarot» intervenne Vegeta all’improvviso, rivolgendole lo stesso ghigno beffardo che non aveva mai lasciato il suo volto da quando aveva lanciato l'onda energetica «Sicuramente non sei umana, o comunque, se lo sei, non lo sei al 100%. Quindi, le cose sono due: o vieni da un altro pianeta nel futuro oppure sì, sei parente di qualcuno di noi.»

Seguì qualche secondo di silenzio, mentre i presenti muovevano la testa da Vegeta a Rose e viceversa, in attesa di qualche chiarimento.


Ancora una volta, la ragazza non aprì bocca. Il ragionamento di Vegeta la incuriosiva e avrebbe voluto vedere dove sarebbe arrivato.

«Allora» riprese Vegeta «tu potresti avere all’incirca quindici anni o poco più, quindi, se vieni da un tempo di 17 anni avanti, vuol dire che tra qualche anno nascerai. Per cui, facendo due calcoli, potresti essere figlia o di Trunks oppure di Goten. Non penso tu possa essere figlia di Pan o di Bra, perché sono ancora troppo piccole» Pan, dall'altro capo del tavolo, alzò un sopracciglio «e sinceramente voglio anche evitare di pensare a questa ipotesi. Tuttavia potresti anche essere la figlia di Gohan e Videl, non è da escludere»

Ora tutti osservavano la ragazza per cercare di captare qualche somiglianza a qualcuno dei presenti.

«Beh» intervenne Bulma «ha i capelli castani. Non puoi averli presi da Gohan e Videl»

«Ma non è vero!» intervenne Pan «Guarda, abbiamo gli stessi occhi! Potremmo benissimo essere sorelle! Sei mia sorella?»

Rose sorrise di fronte all'entusiasmo della ragazzina, ma non rispose.

«E quindi di chi sei figlia?» chiese Videl.

«Io… preferirei non dirlo. Insomma, il Supremo mi ha esplicitamente avvertita di non rivelare la mia identità… soprattutto alle persone direttamente interessate.» 

Rose preferiva non dirlo, a meno che non fosse strettamente necessario. Come le aveva chiaramente spiegato il Supremo, rivelare ai suoi genitori la sua vera identità avrebbe potuto mettere a rischio il presente.

Junior, che fino a quel momento era stato in disparte a meditare in giardino, comparve improvvisamente alle spalle di Bulma, che sussultò dallo spavento. Rivolgendosi alla ragazza, chiese: «Il Supremo ti ha mandato qui?» Mostrava un evidente interesse, cosa che non sfuggì a nessuno dei presenti. Junior era un po’ come Vegeta: non mostrava mai interesse nei confronti di nessuno, a meno che non si trattassero di guerrieri o nemici dal potenziale molto forte…

Rose non si aspettava l’arrivo improvviso di Junior. Lo guardò attentamente: nel suo tempo non lo conosceva così bene, anzi non lo conosceva affatto, solo di vista. Anche lui, d’altronde, nel suo tempo non esisteva già più..

«Sì. Diciamo che mi ha aiutata a compiere questo viaggio» rispose.

La curiosità e l’interesse di Junior parvero aumentare. Guardò intensamente la ragazza, dopodiché, accennando un leggero sorriso, disse: «Molto strano»

«Perché?» chiese subito Rose, mostrando un certo stupore.

«Perché viaggiare nel tempo non è concesso a nessuno, ma soprattutto, né Dei né Supremi aiuterebbero mai qualcuno a farlo, anche perché è una cosa che va contro tutte le regole del Cosmo»

Vi fu un breve silenzio, nel quale tutti rifletterono per un attimo sulle parole appena pronunciate da Junior: se gli esseri dall’alto non potevano permettere a nessuno di viaggiare nel tempo, perché avevano aiutato proprio quella ragazza? E se lei stesse mentendo? Se in realtà fosse qualcun altro venuto per tentare di ingannarli? La ragazza dall’apparenza sembrava sincera, ma se c’era una cosa che avevano imparato nel corso del tempo era che niente è mai ciò che sembra…

Subito dopo, Junior riprese a parlare: «Comunque, immagino che ti abbiano mandata qui per un motivo di estrema importanza. Vuoi dirci che cosa è successo nel tuo futuro di tanto grave?»

Era giunto il momento di dire tutto. Rose era pronta a questo momento, ma soprattutto era pronta a chiedere il loro aiuto, senza il quale la situazione non si sarebbe mai risolta.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

Così, la ragazza cominciò a raccontare:

«Allora, tutto è cominciato l’anno scorso. Vivevamo tutti una vita tranquilla, a parte per alcuni sporadici episodi accaduti quando ero piccola: mi ricordo di alcuni nemici, anche molto forti, che sono venuti sulla Terra, anche se in verità non li ricordo molto bene… però eravate riusciti a sconfiggerli sempre.
Invece l’anno scorso, purtroppo, è arrivato un nemico molto diverso rispetto a tutti gli altri, un certo Ludir.

Tutti avete combattuto contro di lui, avete provato a sconfiggerlo, e stavate quasi per farcela, - anche perché non è nemmeno forte quanto Vegeta – quando…»

La ragazza si interruppe e abbassò lo sguardo, turbata, come se stesse rivivendo in quel momento il dramma di ciò che stava raccontando.

«Me lo ricordo come se fosse ieri.
Vegeta ce l’aveva messa tutta, stava per farcela, stava per infliggergli il colpo finale, quando all’improvviso lui tirò fuori i suoi artigli e lo graffiò ad un braccio. All’inizio sembrava un semplice graffietto, insomma nulla di cui preoccuparsi, ma dopo un po' vedemmo Vegeta diventare sempre più debole ed accasciarsi al suolo, finché… non fu eliminato»

«Per un semplice graffio?!» sbuffò Vegeta dall’altro capo del tavolo «Evidentemente non devo essere stato in buona salute. Figuriamoci se mi faccio eliminare da un semplice graffietto!»

«E qui sta il punto» riprese Rose «questo nemico, anzi, questo mostro, ha la particolarità di avere nel corpo una sorta di veleno che, non appena viene a contatto con il sangue di un Saiyan, lo uccide immediatamente»

La ragazza fece una piccola pausa, durante la quale percepì uno sgomento generale: erano tutti talmente allibiti e concentrati su quello che stava dicendo, che per un momento nessuno proferì parola. Ma fu Bulma a porre una domanda per prima:

«Ma come fa uno ad avere un veleno del genere nel proprio corpo? Cioè, non mi pare sia una cosa molto naturale, non l’ho mai sentita prima»

«Infatti» confermò la ragazza «Lui ci ha raccontato che è stato creato da un certo “Baby” che ha inserito nel suo corpo questo liquido, creato apposta per vendicarsi dei Saiyan. Ludir ci ha raccontato che il pianeta di Baby tempo fa…»

«Era stato invaso da noi Saiyan» completò Vegeta «Conosciamo già questa storia. Baby è venuto sulla Terra non poco tempo fa, tentando di possedere tutti noi per vendicarsi»

«Lo so» affermò Rose «Nel futuro me lo avete raccontato, conosco già questa storia»

«Quindi ci stai dicendo che Baby è tornato nel tuo futuro? E’ che è ancora vivo?» chiese Goku, che si mostrava sempre più interessato alla faccenda. Un nuovo nemico era alle porte, e per giunta sembrava una bella sfida da affrontare: non vedeva l’ora di saperne di più, sia sulla nuova ragazza che sulla sua storia.

«No no, era stato eliminato da voi tempo fa. A quanto sembra, Ludir fu creato molto prima della sua morte» rispose Rose. La ragazza, osservando sempre di più il ragazzino, cominciò a vagare con la mente sulla sua possibile identità. Pur quanto ci provasse, non riusciva a capire di chi si trattasse. Nel suo tempo non c’era nessuno di vagamente simile a lui, e, facendo due calcoli, quel ragazzino nel suo futuro avrebbe dovuto avere all’incirca 30 anni. Così, decise di porre fine a tutti i suoi interrogatori:

«Scusa, ma… posso chiederti chi sei?»

«Eh?» Goku parve sorpreso. Alzò la mano e con l’indice si indicò il viso, incredulo: «Vuoi dire che non mi conosci?»

«Mi spiace, no» Rose arrossì leggermente, mostrando un certo dispiacere. Aveva forse sbagliato a chiedergli la sua identità? Magari nel suo futuro quel ragazzino era già morto e adesso glielo aveva appena rivelato, col rischio di aver alterato il presente. Ma le sembrava parecchio strano che, anche se nel suo futuro lui fosse morto, nessuno le avesse mai parlato di lui.

«Aspetta, aspetta» Chichi, alzandosi in piedi e sbattendo le mani contro il tavolo, assunse un’espressione disperata: «mi stai dicendo che Goku non ci sarà più?! Vuoi vedere che nel futuro mi lascerà di nuovo da sola per andare a combattere?! O, peggio ancora, sarà eliminato da qualcun altro?!»


Rose osservò prima Chichi e poi, di scatto, girò lo sguardo verso il ragazzino, sgranando gli occhi. Che cosa?! Quel ragazzino era Goku?! Non ci poteva credere. Era proprio lui?

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

«No, non ti preoccupare» Rose tentò di consolare Chichi «nel futuro non ti lascerà nè per andare a combattere nè perché verrà eliminato.»

La sua risposta parve calmare Chichi, tuttavia gli occhi della ragazza rimasero fissi su Goku.

Goku. Quasi non riusciva a credere che fosse lui. Lo guardò per qualche istante, e mille pensieri cominciarono ad attraversarle la mente. Impiegò qualche secondo per tramutare tutti i suoi pensieri in parole:

«Non è possibile. Se sei Goku, perché sei così piccolo? Ho per caso viaggiato troppo indietro nel tempo?!»

Rose era confusa. Quello era il Goku di cui le avevano sempre parlato, fin da quando era una bambina? Aveva sentito talmente tante storie su di lui, che nella sua testa ormai lo vedeva solo quasi come un personaggio dell’immaginazione.

«Ma allora mi conosci!» esclamò Goku, sorridendo.

«Non proprio» dovette ammettere Rose «io ti conosco solamente perché mi hanno raccontato di te, ma in realtà io non ti ho mai conosciuto dal vivo»

«Quindi nel tuo futuro io non ci sarò?» domandò lui, leggermente stupito.

«No. Tutti gli altri» Rose scorse velocemente con lo sguardo tutti i presenti «mi hanno sempre parlato di te, ma io effettivamente non ti ho mai conosciuto, perché so che tu te ne sei andato poco prima che io nascessi. Per cui non ho mai avuto l’occasione di incontrarti. Ma spiegami una cosa, perché sei così piccolo? Non dovresti avere la stessa età della… cioè,di Chichi?»

«Purtroppo» Pan, con fare rassegnato, intervenne prima che qualcun altro potesse aprir bocca «il nonno si è fatto trasformare da alcuni scagnozzi quando era al Palazzo del Supremo, che hanno espresso il desiderio che lui diventasse piccolo di nuovo. Per questo adesso è così»

Rose notò che Pan era parecchio contraria alla cosa, ed anche molto scocciata. Quasi non la riconosceva: in quel tempo era così piccola, molto più piccola rispetto a come la conosceva lei. Era così buffa! Con quell’aspetto da teenager l’aveva vista solamente in alcune foto. 

Ormai era passato già così tanto tempo da quando non la vedeva, e le mancava tantissimo.

Era di certo felice che Pan, in quel momento, fosse al suo fianco, ma nello stesso tempo provò un senso di tristezza e di malinconia che le appesantirono il cuore…

Se solo fosse riuscita nel suo intento, forse avrebbe avuto la possibilità di rivederla…..

Poi, le venne in mente che lo sapeva. Aveva già sentito quella storia. Tempo fa, la stessa Pan glielo aveva raccontato: le aveva raccontato di quando Goku era stato trasformato in bambino, e di quando, in seguito, avesse dovuto affrontare, assieme a lui e a Trunks, un viaggio nello spazio alla ricerca delle sfere del drago.

«Ah, è vero! Adesso ricordo!» esclamò Rose «la conosco questa storia, me l’hai raccontata, me l’ero completamente dimenticata!»

«Io?!» domandò incredula Pan.

«Quale storia?» Qualcuno parlò dietro di lei, e Rose si girò di scatto. Aveva riconosciuto quella voce. Si ritrovò davanti chi si aspettava: Trunks, con i suoi capelli viola portati a caschetto e i suoi occhi azzurri. Quegli occhi azzurri. Rose si soffermò per qualche istante a guardarli. Certo, li aveva guardati molte volte, ma non era quella la cosa più importante. Quegli occhi le ricordavano un’altra persona, una persona a lei molto cara.

I ricordi cominciarono a riaffiorare nella sua testa, e in particolare andarono a soffermarsi sull’avvenimento più recente, di certo non uno dei ricordi più felici della sua vita. Sentì gli occhi inumidirsi e un nodo formarsi alla gola. Pensò di non riuscire più a parlare: troppi ricordi cominciavano ad affollarle la testa.

Per fortuna, fu Bulma a prendere in mano la situazione:

«Ciao, tesoro! Sei uscito adesso da lavoro?»

«Sì. Scusate per il ritardo, ma ho avuto parecchio da fare!»

«Non ti preoccupare. Siediti e mangia! Ti abbiamo lasciato del cibo!» disse Bulma entusiasta. Trunks si mise a sedere e cominciò a prendere da mangiare.

«Trunks, questa è Rose» Bulma, da brava padrona di casa, fece le presentazioni. «Rose, immagino che tu non abbia bisogno di presentazioni» aggiunse, sorridendo e facendole l'occhiolino.

Trunks, che stava per allungare la mano per presentarsi, la ritirò e chiese: «Perché no? Mi conosci già?»

Rose si presentò brevemente: «Ehm, in realtà sì, io… vengo dal futuro, e conosco già tutti voi perché... appartengo alla vostra famiglia» notò Trunks aggrottarsi le sopracciglia, mentre un’espressione stupita comparve sul volto «Sono venuta qui per chiedere il vostro aiuto, perché nel mio futuro la situazione è molto grave. C’è un nemico molto potente, che, come stavo dicendo agli altri, ha fatto piazza pulita e ha sconfitto tutti voi.» riprese dunque il suo racconto da dove l’aveva lasciato prima.

«Ludir ha eliminato tutti voi, perfino Vegeta e Pan, che nel futuro sono i più forti. Ha lasciato in vita solamente noi, ovvero i “più giovani”, a parte mio fratello, che purtroppo è stato eliminato da Ludir mentre tentava di proteggere mia madre.» Fece una breve pausa, che le diede la forza di scacciare via quel brutto ricordo. «Oltre a noi, l’unica adulta che ha lasciato in vita è stata Bulma, perché ovviamente gli torna utile per le sue conoscenze scientifiche e tecnologiche. 

E, in questo anno intero, Ludir ha costretto tutti noi a vivere nello stesso palazzo, insieme a lui. Insieme al mostro che ha sterminato la nostra famiglia.» la ragazza fece una smorfia « e voi forse vi chiederete, come abbiamo fatto a vivere, per un anno intero, con il mostro che ha ucciso i nostri genitori? 
Spesso me lo sono chiesta anche io, e posso dire che ce l’abbiamo fatta solo facendoci forza a vicenda. 
L’obiettivo di Ludir è infatti quello di trasformare noi Saiyan in esseri cattivi a sua completa disposizione, in modo da dover obbedire a tutti suoi ordini. Lui vuole conquistare l’intero universo servendosi della forza dei noi Saiyan - anche perché lui non è poi così forte -, per questo, durante l’ultimo anno, ci ha sottoposto ad allenamenti durissimi, ma anche a prove durissime: dovevamo infatti dimostrargli completa obbedienza, e in caso ci fossimo opposti ci avrebbe torturato. Tuttavia, però, non avrebbe mai potuto eliminarci, anche perché il suo piano di conquista sarebbe completamente fallito senza di noi.

Spesso ci chiedeva, come “prove della sua fedeltà”, di fare cose orrende, per esempio uccidere innocenti. Ellen all’inizio era molto restia a farlo, ma poi, per forza di cose, ha dovuto farlo. Non ha avuto altra scelta. 

Io, invece, ci ho messo un po’ più tempo per trovare il "coraggio" di farlo: le prime volte mi rifiutavo sempre, infatti sono stata torturata parecchie volte» Rose mostrò loro la lunga ferita che aveva sulla parte anteriore del braccio «ma poi, purtroppo, l’ho dovuto fare anche io.» La voce le si spezzò e abbassò gli occhi, che tradivano un profondo dolore e un grande senso di colpa. Un giorno, pensò, avrebbe ridato la vita a tutti quegli innocenti, in un modo o nell’altro.

I presenti, turbati dal racconto, guardavano la ragazza con enorme dispiacere. Ma fu Pan, qualche secondo dopo, a interrompere il silenzio che si era creato: «Chi è Ellen?»

Rose, talmente presa dal suo racconto, non si era nemmeno resa conto di averla nominata. Ma poco importava, ormai: tutti dovevano sapere anche di lei e della sua storia.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

Rose guardò con la coda dell’occhio Trunks, che, seduto alla sua destra, era intento a mangiare. Peccato che quella domanda le fosse stata rivolta proprio in quel momento… se le fosse stata fatta poco prima del suo arrivo, avrebbe potuto parlarne più liberamente.

«Ellen è una mia amica, una mia carissima amica. Anche lei fa parte della nostra famiglia»

Fece una piccola pausa, durante la quale si aspettava che qualcuno le chiedesse di chi Ellen fosse parente, ma nessuno lo fece. Pan, seduta alla sua sinistra, era accovacciata sulla sedia e cingeva le gambe con le braccia, con la testa appoggiata sulle ginocchia; era protesa verso Rose, mostrando un evidente interesse per la storia che la ragazza stava raccontando, o forse ancora di più nello scoprire chi fosse Ellen. Ciò spinse Rose a continuare il suo racconto:

«Ellen è un anno più piccola di me, e tra i ragazzi che Ludir ha lasciato in vita io e lei siamo le più grandi. È solo grazie al nostro sostegno reciproco che io e lei abbiamo potuto vivere per un anno intero al palazzo di Ludir; credo che se non ci fosse stata lei io sarei impazzita prima, e lei altrettanto.
Vedete, l’unica motivazione che ha portato me ed Ellen a resistere per un anno intero è stata la certezza che un giorno ci saremmo vendicate. Per tutto questo tempo, infatti, Bulma ha costruito di nascosto una macchina del tempo, grazie alla quale io ho potuto intraprendere questo viaggio, anche se, in realtà, inizialmente dovevamo farlo io ed Ellen insieme» Rose si fermò e, abbassando leggermente lo sguardo, assunse un’espressione un po’ triste.

«Che le è successo?» chiese subito Goku.

«E’... stata eliminata da Ludir, poco prima che io arrivassi qui»

Riuscì a completare la frase poco prima di sentire l'ormai famigliare nodo alla gola. Tentò di ricacciare indietro le lacrime.

«Non ci posso credere.» commentò Videl «eliminare una ragazza così giovane...»

«Già» disse Rose «Ludir di solito non ci permetteva quasi mai di uscire dal suo palazzo, ovviamente senza il suo consenso.
La settimana scorsa, io ed Ellen siamo uscite dal palazzo per andare ad allenarci - senza dire nulla a Ludir - e abbiamo passato 3 giorni al Palazzo del Supremo nella stanza dello Spirito e del Tempo, in modo da poter affrontare questo viaggio ed arrivare qui ben allenate. Ovviamente, la nostra assenza ha fatto preoccupare Ludir, che ha chiesto agli altri dove noi fossimo.

Al nostro ritorno, io ed Ellen abbiamo trovato Bulma per terra, nella sua stanza, senza vita.»

Bulma sussultò e sgranò gli occhi, ricambiando turbata lo sguardo della ragazza.

«P-perché sono stata uccisa?»

«Eri l'unica che sapeva dove fossimo. Ludir è venuto da te per chiedere informazioni in merito, tu non hai voluto rivelargli nulla, così ti ha fatto fuori.

Inoltre, credo che avesse anche capito che tu gli stessi nascondendo qualcosa - la costruzione della macchina del tempo - e che quindi abbia deciso di metterti "fuori gioco"»

Rose percepì un improvviso cambiamento nell’aura di qualcuno alla sua destra: si voltò e si accorse che proveniva da Vegeta. Lo vide stringere un pugno e digrignare i denti, lo sguardo infuriato rivolto verso di lei.

«Ellen ti è molto legata, Bulma» continuò la ragazza «quindi appena ti ha vista senza vita, non è riuscita a trattenersi ed è andata subito a cercare Ludir.

Io ho tentato in tutti i modi di calmarla per non farle prendere una decisione avventata, cercando di spiegarle che sarebbe stato inutile andare lì ed affrontarlo, dal momento che con un solo graffio la avrebbe messa K.O.

Purtroppo, però, non ha voluto ascoltarmi. O, per lo meno, in quel momento non ci riusciva proprio.

Una volta uscita dal palazzo, ha cominciato a far esplodere tutto, compreso il palazzo stesso (dovete sapere che dentro il palazzo noi non possiamo usare i nostri pieni poteri, perché Ludir lo ha costruito con apposite tecnologie che limitano il nostro potere, in modo da tenerci “calmi” e a bada).

Una volta arrivato Ludir, ci ha accusate di nascondergli qualcosa, dicendo che Bulma avesse fatto “la fine che meritava”. Io ho avuto la prontezza di prendere Ellen per una gamba e trattenerla mentre cercava di volare verso Ludir per attaccarlo, tentando in tutti i modi di farla ragionare, dicendole che sarebbe stato del tutto inutile attaccarlo. Le dicevo di calmarsi, ma lei non mi ascoltava... era completamente fuori di sé»

Rose, mentre parlava, rivisse nella mente quell’episodio accaduto solo il giorno prima.

Nel tentare di convincere l’amica a non attaccare Ludir, si era ritrovata all’improvviso un’onda energetica vicino al viso, pronta ad essere lanciata da Ellen.

«Lasciami andare, Rose» le aveva detto la ragazza, il volto devastato dalla rabbia.

«No» aveva risposto lei con fermezza.

L’onda si era ingigantita.

«Non oseresti»

«Tu credi?»

L’onda era diventata sempre più grande, ma Rose aveva resistito. Non si sarebbe potuta permettere un eventuale fallimento del loro piano, il piano che stavano programmando da mesi ormai, solo perché Ellen non riusciva a controllare la sua rabbia.

Ma la ragazza le aveva lanciato l’onda in pieno volto.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

«Non ricordo bene per quanto tempo io sia rimasta svenuta.

Ricordo solo che quando mi hanno risvegliata Ellen stava combattendo come una furia contro Ludir.

Dal momento che non era più possibile fermarla, ho cominciato ad aiutarla, anche senza intervenire direttamente, perché se mi fossi unita a lei nel combattimento e lui ci avesse eliminate entrambe, non ci sarebbe stato più nessuno a mettere in atto il nostro piano per salvare il nostro tempo.

Quindi, ho cercato di aiutarla telepaticamente dicendole dove si trovasse Ludir quando si nascondeva per poi attaccarla, oppure suggerendole le sue possibili mosse»

«Ellen, si è nascosto dietro a quella roccia in basso alla tua destra» aveva comunicato la ragazza telepaticamente alla sua amica.

Ellen, sospesa a mezz’aria a qualche metro sopra gli altri, aveva abbassato lo sguardo verso la roccia e si era fiondata contro di essa.

Aveva frantumato completamente la roccia creando un polverone, mentre Ludir, approfittando della poca visibilità, aveva preso il volo per attaccarla di sorpresa da dietro.

La ragazza era riuscita e rispondere nonostante il forte colpo alla schiena;, ma Ludir le aveva sferrato un colpo talmente forte da farla schiantare con forza al suolo, alzando nuovamente un polverone.

«Ellen, si sta dirigendo velocemente contro di te! Alzati! Spostati!» fu quello che Rose era riuscita a comunicare telepaticamente all’amica, la quale evidentemente non era riuscita ad eseguire l’ordine, perché subito dopo Ludir l'aveva per un braccio lanciandola in un lago.

«Ellen! Mi senti?»

Ma Rose non aveva ricevuto alcuna risposta dalla sua amica. Erano già passati un paio di minuti da quando era finita nel lago...

Nel frattempo, Ludir era scoppiato in una fragorosa risata.

«In quanto a voi» si era rivolto ai ragazzi rimasti a guardare la scena da terra «se osate opporvi come ha fatto lei, farete una fine ben peggiore.»

Proprio in quel momento, il suono di un movimento dentro l’acqua aveva fatto girare i presenti verso il punto del lago dal quale la ragazza era spuntata improvvisamente, sfrecciando poi velocissima verso il mostro.

Nonostante lui non se l’aspettasse, era riuscito a evitare a pelo il pugno della ragazza, approfittando del momento per tirare fuori gli artigli e graffiarla al petto, proprio nel punto che era rimasto scoperto mentre la ragazza si era protesa per sferrargli il pugno.

«No!» aveva urlato Rose disperata, portandosi le mani sulla bocca.

«Scusa se interrompo il tuo racconto» intervenne all’improvviso Junior, destandola dalle immagini che stava rivivendo «sbaglio o hai detto che comunicavi con la tua amica telepaticamente?»

«No, non sbagli» rispose la ragazza «perché?»

«Beh, diciamo che non è una cosa molto comune, nemmeno tra i Saiyan» affermò Junior con fermezza.

«Urca, hai ragione, Junior!» esclamò Goku, illuminandosi all’improvviso «Ora che mi ci fai pensare, il potere di parlare telepaticamente appartiene solo al Supremo e agli Dei, giusto?»

«Proprio così» disse Junior.

Rose era un po’ allibita. In quel momento stava raccontando una storia, stavano parlando di un altro argomento, perché Junior si era concentrato su quel particolare così insignificante? Nel suo futuro, la sua famiglia conosceva benissimo questo sua caratteristica e ci erano tutti abituati. Che cosa c’era di tanto strano?

«Beh, io non ci vedo niente di strano» disse lei «Ho questo potere fin da quando ero bambina, quindi per me è del tutto normale»

«Non lo è, credimi» disse Junior.

Rose non sapeva che cosa rispondere. Junior la scrutava attentamente, come se cercasse di captare qualcosa in lei.

Perché quella ragazza era in grado di comunicare telepaticamente? E, soprattutto, perché era stata autorizzata dal Supremo in persona a compiere un viaggio nel tempo? Niente di tutto ciò quadrava, nonostante ci ragionasse sopra. Decise dunque che doveva scoprirlo, in un modo o nell’altro.

Assorbito da questi pensieri, nemmeno si rese conto che la ragazza aveva ripreso a parlare:

«Ellen si accasciò al suolo, senza vita, proprio come era accaduto l’anno prima a tutti gli altri.

Così, ho deciso immediatamente di partire: non potevo più aspettare.

Ho approfittato dell’affaticamento di Ludir dopo il combattimento per partire; ho raggiunto in fretta e furia il Palazzo del Supremo, dove Bulma aveva nascosto la macchina del tempo, ed eccomi qui.

Non avrei potuto rimanere con gli altri, perché sicuramente Ludir mi avrebbe chiesto informazioni sui nostri piani e mi avrebbe torturata fino a che non gli avessi detto tutto. Inoltre, non si sarebbe mai più fidato di me perché ho osato scappare dal suo palazzo per giorni senza il suo consenso, quindi mi avrebbe eliminata di sicuro.»

«Ma… chi sono, gli altri?» domandò Pan con grande curiosità.

Rose esitò.

«Altri membri della nostra famiglia che voi non conoscete ancora. Sono molto piccoli nel mio tempo, e nessuno di loro ha mai saputo nulla circa il piano di me Ellen e Bulma di viaggiare nel tempo.

Abbiamo deciso di non dire niente a nessuno per proteggerli, altrimenti se Ludir avesse capito che sapevano qualcosa, li avrebbe torturati fino alla morte.»

I presenti erano spiazzati dal racconto della ragazza. Fissavano Rose con enorme stupore e dispiacere. Avrebbero tutti voluto dire qualcosa per esprimere il loro rammarico nei confronti della sua situazione, ma fu Chichi a prendere per prima la parola:

«O mio dio, tesoro! Che situazione orribile! Insomma, sei così giovane e hai dovuto affrontare tutte queste disgrazie! Goku» disse con fermezza, girandosi a guardarlo «dobbiamo fare qualcosa! Devi aiutarla! Dobbiamo eliminare noi quel farabutto!»

A Rose venne improvvisamente in mente un’immagine. Precisamente, una foto, che le era stata mostrata da Chichi stessa, nel suo futuro, e che la ritraeva con una pentola in testa, una cucchiaia di legno in mano e altri oggetti da cucina, pronta a combattere, insieme a Videl, il nemico di turno.

Sorrise tra sé e sé di fronte a quell’immagine nella sua testa, chiedendosi se in quel tempo l’episodio in questione fosse già accaduto.

«Ehm, certo» rispose Goku, con fare un po’ confuso «ma dimmi una cosa, come faremo a batterci con lui? Dobbiamo viaggiare nel tempo e venire con te nel tuo futuro?»

«Non sarà necessario» rispose Rose «verrà lui qui».

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

 

«Come, verrà lui qui?» chiese Pan, inorridita «vuoi dirmi che lui sa viaggiare nel tempo?»

«No, no, verrà lui qui di sua spontanea volontà» affermò Rose. Avrebbe voluto che gli altri si accontentassero della sua risposta, ma, osservando le loro facce confuse, capì che, giustamente, volevano saperne di più, per cui dovevano venire a conoscenza anche di quell’altra parte della storia che avrebbe voluto evitare di spiegare così, davanti a tutti. Era un argomento ancora molto delicato per lei, che avrebbe voluto esporre con calma, più avanti; ma, ora come ora, non poteva non farlo. Così, con leggera riluttanza, prese coraggio e cominciò a raccontare:

«No Pan, lui non sa viaggiare nel tempo. Vi devo raccontare un’altra cosa affinché voi comprendiate meglio il resto della storia.

Vedete, io, già parecchi mesi prima dell’arrivo di Ludir, stavo insieme ad un ragazzo, che si chiama David. Lui è praticamente cresciuto con me ed Ellen, ed eravamo amici fin da quando eravamo piccoli. Lui, quindi, è al corrente di tutto, e con questo mi riferisco al fatto che conosce bene la nostra famiglia e sa chi siamo veramente.

Ed è stato proprio lui, insieme a me e ad Ellen, ad aver ideato il piano, ovvero il viaggio nel tempo, che solo in un secondo momento è stato sviluppato da Bulma che ci ha aiutato a metterlo in pratica.

Dopo che è arrivato Ludir e ci ha rinchiusi nel suo palazzo, io e lui abbiamo continuato a frequentarci di nascosto, anche perché Ludir, come vi ho già detto, non voleva nemmeno che uscissimo dal palazzo, figuriamoci per incontrare altra gente.

Credo che comunque Ludir sospettasse che io e lui ci vedevamo di nascosto, ma soprattutto credo che sapesse che fosse coinvolto anche lui nei nostri piani, e che quindi possa essere al corrente di dove mi trovo io.

Mi immagino che adesso che io sono scappata e che Ellen non c’è più, Ludir vada da lui per chiedergli informazioni su di me»

«Quindi è in pericolo anche lui adesso?» chiese Videl, preoccupata.

«Sì, ma lui era ed è sempre stato a conoscenza dei rischi a cui andava incontro, dal momento stesso in cui ha ideato il piano con noi.»

Spiegò di come, durante il volo per il palazzo del Supremo e verso la macchina del tempo, si fosse imbattuta in David (aveva insegnato anche a lui a volare), il quale le aveva chiesto che cosa fosse successo, avendo sentito dei boati provenienti dal palazzo di Ludir.

«Ellen è stata eliminata da Ludir.»

Il ragazzo aveva sgranato gli occhi, ma senza proferire parola.

«Ludir ha eliminato Bulma, ed Ellen non è riuscita a contenersi» gli aveva spiegato brevemente.

«Quindi adesso… immagino tu stia andando dalla macchina del tempo?»

La ragazza aveva annuito.

«Quanto… quanto tempo ti serve? Per fare tutto?»

«Penso tre mesi, circa.»

«Ok. Ce la metterò tutta e cercherò di resistere il più possibile.»

La ragazza terminò il racconto, omettendo tuttavia una piccola parte della scena che le era rimasta in testa fino a quel momento.

Infatti, dopo aver informato David dell’accaduto, la ragazza stava per riprendere il suo volo verso il Palazzo, ma la sua mano sinistra era stata bloccata da quella di David, che l'aveva fatta fermare proprio di fronte a lui.

«Rose, ci rincontreremo di nuovo?»


Nella mente di Rose era ancora impressa l’immagine del viso di lui: nei suoi occhi verdi colmi di speranza aveva anche intravisto preoccupazione, paura. Forse, era terrore.

 

Si era sentita stringere la mano, come se lui non volesse più lasciarla andare.

 

Come se lasciarla andare avesse voluto dire non rivedersi mai più. 

 

L'estrema tenerezza e dolcezza con cui l'aveva guardata (un tipo di sguardo che lui aveva solo quando posava gli occhi su Rose) le fece capire tutto in un baleno: lui era ancora innamorato di lei, nonostante tutto ciò che era successo tra di loro.

Ciò che infatti non aveva detto ai presenti, era che, per vari motivi, i due si erano lasciati un mese prima.

«Non lo so» Rose, profondamente turbata, aveva improvvisamente sentito un peso opprimente sul suo petto, così si era liberata dalla presa di lui e aveva spiccato di nuovo il volo, allontanandosi più veloce che poteva. Aveva pensato che aumentare la distanza tra di loro l'avesse aiutata ad alleggerire quel peso che sentiva nel petto ma, una volta arrivata al Palazzo del Supremo, prima di incontrare Dende, aveva dovuto asciugarsi la scia lasciata dalle lacrime che avevano solcato il suo volto.

Solo la domanda che le fece Bulma ridestò Rose dai suoi ricordi: «Tre mesi? E lui che cosa deve fare in questi tre mesi?»

«Deve scappare. Ludir lo cercherà, gli darà la caccia in ogni parte del globo, e lui dovrà nascondersi per non farsi trovare. E’ in questo senso che deve “resistere”. Probabilmente lui minaccerà e forse ucciderà anche gli abitanti della Terra per sapere dove si trova lui, ma purtroppo questo è il prezzo da pagare per tentare di salvare la situazione. Verranno tutti riportati in vita in qualche modo, ne sono certa!»

Un luccichio apparve negli occhi della ragazza. Goku la osservò attentamente: oltre ad essere interessato alla storia che stava ascoltando, ciò che più aveva catturato la sua attenzione era stato il carattere della ragazza. Riconosceva in lei quella bontà e quel senso di giustizia che anche lui stesso provava quando si trattava di proteggere e salvare gli abitanti del pianeta.

«E quindi… come farà questo Ludir ad arrivare qui?» chiese Gohan.

«Con una macchina del tempo. Abbiamo fatto in modo di fare una copia del manoscritto di Bulma in cui ci sono le istruzioni di come costruire la macchina del tempo e David ce l'ha con sé. Una volta che David uscirà allo scoperto e si farà trovare da Ludir (sempre che Ludir non lo trovi prima), dopo avergli fatto perdere un po' di tempo per avvantaggiarci, dovrà consegnargli le istruzioni. 

Non sappiamo quanto tempo ci metterà per farsela costruire, ma siamo abbastanza sicuri che ce la farà. 
Ovviamente, ci vorrà un po’ di tempo, che, se sommato a quello che lui impiegherà per cercare David e tentare di scoprire dove sono io, credo passeranno circa tre mesi, se non di più. Ho detto a David di resistere il più possibile e di rivelare tutto ciò che sa a Ludir, nel caso lo riducesse in fin di vita. Noi, però, dobbiamo prepararci prima del suo arrivo»

«E come?» chiese Goku, scendendo dalla sedia e cominciando a fare stretching «Io sono già pronto! Non vedo l’ora di affrontare questo nuovo nemico!»

«Purtroppo, non sarà così facile» affermò Rose «E di certo non potrete affrontarlo così come siete adesso».

Si mosse leggermente per prendere un oggetto dalla tasca del suo vestito rosso, e lo mostrò a tutti: si trattava di una piccola fiala contenente un liquido di colore blu.

«Questo» disse, rivolta a Bulma «E’ l’antidoto che stavi preparando nel futuro, Bulma, prima di essere eliminata. Se assunto da noi Saiyan, servirà per contrastare gli effetti dei graffi di Ludir. E’ ancora incompleto, per cui ho bisogno che tu lo finisca in tempo. Ovviamente, deve essere pronto prima del suo arrivo»

Bulma, un po’ titubante, prese in mano l’antidoto e lo osservò da vicino. «Cercherò di fare del mio meglio. Ma… come posso lavorarci su così, senza informazioni sul suo contenuto, e nemmeno sulle modalità con le quali è stato creato?»

«Niente paura» affermò Rose, estraendo dalla tasca un libricino e un foglietto di carta e porgendoli a Bulma «Questi sono tutti i tuoi appunti, quelli che scrivevi mentre creavi l’antidoto»

Bulma aprì il libricino e diede una scorsa veloce alle pagine, dopodiché sgranò leggermente gli occhi «Oddio, queste sono cose molto complesse… credo che alcune di queste invenzioni non siano ancora state messe a punto nel nostro tempo!»

«Lo so» disse Rose «molte delle cose che abbiamo nel mio futuro non esistono ancora in questo tempo. C’è stato un rapidissimo sviluppo tecnologico quando io ero piccola, ed è ancora in corso. Però, confido in te e nelle tue capacità, Bulma.

Ah, inoltre, confido in te anche nella riparazione della macchina del tempo che ho usato per venire qui. Credo necessiti di ulteriore carburante per compiere il viaggio di ritorno»

«C-certo» disse Bulma «mi metterò al lavoro il prima possibile»

«Ovviamente» disse Rose, sorridendole «avrai tutto il mio aiuto. Se necessario, starò tutto il tempo in laboratorio con te per darti una mano. Certo, non sono capace quanto Ellen quando si tratta di scienza e di tecnologia, ma di molte cose me ne intendo»

"Se Ellen non fosse stata così avventata” pensò Rose “adesso sarebbe qui con me e potrebbe dare una mano a Bulma. In questo modo, il tempo di completamento dell''antidoto sarebbe di certo stato minore. Speriamo in bene..."

«Ciao a tutti, siamo arrivati!»

Rose non ebbe bisogno di girare lo sguardo per capire chi avesse pronunciato quella frase. Lo aveva riconosciuto. Era proprio lì, a qualche metro da lei, appena uscito dalla porta della casa di Bulma che dava sul giardino, e si stava dirigendo verso di loro con un gran sorriso. Ma non era solo.

Era arrivato il momento che Rose aveva più temuto e desiderato: rivedere i suoi genitori.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9

Il ragazzo si avvicinò sempre di più al tavolo: teneva il braccio sinistro attorno alla vita della ragazza accanto a lui, mentre lei, che indossava un vestito giallo che le arrivava fino a metà cosce, aveva un grosso sorriso stampato sul volto, incorniciato da lunghi capelli mossi e castani.

Il ragazzo aveva invece capelli neri e indossava un pantalone viola e una maglia bianca. Quei capelli a spazzola erano sempre rimasti gli stessi nel corso del tempo, pensò Rose mentre lo guardava arrivare.

Erano così dolci insieme: vederli così giovani e innamorati suscitò in Rose un senso di felicità, misto alla commozione di poterli rivedere dopo un intero anno in cui aveva terribilmente sentito la loro mancanza. Adesso erano lì, davanti a lei, pronti a presentarsi. Già, come se non si conoscessero… come dei perfetti sconosciuti.

«Siete arrivati, finalmente!» esclamò Chichi, girandosi «giusto in tempo per il dolce. Sedetevi!»

Bulma chiamò due dei suoi camerieri, i quali fecero portare due sedie, che furono poste proprio davanti a Rose.

«Ciao, sono Goten!»

Il ragazzo si presentò poco prima di sedersi, notando la sconosciuta di fronte a lui.

«P-piacere, Rose» rispose, sentendosi arrossire.

«Oh, “Rose”! Che bel nome!» esclamò la ragazza vicino a Goten «piacere, io sono Valese!»

Sua madre, per qualche motivo, era così entusiasta di conoscerla: Rose si sentì all’improvviso attraversare da una ventata di felicità, tanto che il senso di commozione e di malinconia che aveva provato fino a quel momento svanirono in un attimo.

Valese era così bella, in tutti i suoi –quanti anni doveva avere? Rose fece due conti… Ah, sì, sua madre a quell’epoca aveva 27 anni.

«Piacere di conoscerti!» disse Rose, ricambiandole il sorriso.

Si mise per un attimo a fissarli. Era così contenta di averli proprio lì, davanti ai suoi occhi, che fu travolta da un’emozione indescrivibile. Probabilmente qualcuno dei presenti, osservando la scena, si sarebbe accorto che lei aveva “qualcosa a che fare” con loro due, ma a Rose non importava: voleva solo godersi quel momento. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che li aveva visti.

Goten, sorpreso dal modo con il quale la ragazza li fissava, le domandò:

«Scusa, ci conosciamo?»

Rose si riprese un attimo, e disse, balbettando un po’:

«N-noi? No, no, assolutamente no. Cioè, non credo, per lo meno! I-io sono…» si girò velocemente alla sua sinistra per guardare Pan «io sono un’amica di Pan! Vero, Pan?» concluse, dandole una leggera pacca sulla schiena.

Pan, presa alla sprovvista, impiegò qualche secondo per realizzare la situazione, dopodiché disse, emulando un certo entusiasmo:

«C-certo! Rose è una mia cara amica, l’ho invitata a mangiare un boccone con noi!»

Goten parve convinto della risposta, e non disse più nulla.

«Oh! Hai il ciondolo uguale al mio!» esclamò Valese, indicando il collo di Rose.

“Non è uguale al tuo, è proprio il tuo” pensò la ragazza, portandosi istintivamente la mano sul ciondolo. Si ricordava come se fosse ieri il giorno in cui sua madre glielo regalò.

Aveva appena soffiato sulle candeline e i presenti la avevano applaudita, quando sua madre le si era avvicinata con un piccolo pacchetto tra le mani e le aveva detto:

«Pensavo di dartelo per il tuo diciottesimo, ma non voglio aspettare altri quattro anni. Sei una ragazza molto coscienziosa, quindi sono sicura che lo custodirai tanto quanto l’ho fatto io.»

La ragazza, curiosa, aprì la scatola ed estrasse una collana scura dalla quale pendeva un ciondolo a forma di mezza luna.

«La tua collana!» esclamò, stupita.

«E adesso è tua. E’ una tradizione che tramandiamo da generazioni: mio nonno, che era un orefice, creò appositamente questa collana per mia nonna e gliela regalò quando lei stava molto male per via di una grave malattia. Qualche tempo dopo, tuttavia, mia nonna riuscì a guarire e, una delle prime cose che mi aveva detto dopo la guarigione, fu che quella collana le aveva donato molta forza.»

“La stessa forza che mi servirà per portare a termine questa missione” pensò la ragazza, accarezzando il ciondolo e ripercorrendo quel ricordo nella sua mente.

«Non pensavo ne facessero altri così» riprese a dire Valese, pensierosa «il mio me l’ha fabbricato mio nonno. Sai, era un orefice!»

Rose le sorrise calorosamente.

«Allora tuo nonno deve essere stato un ottimo orefice»

A qualche sedia di distanza, a capotavola, Goku, insospettito dalla particolarità dell’evento, continuava a girare la testa prima a destra, verso Rose, e poi a sinistra, verso Goten e Valese. E viceversa.

«Adesso ho capito!»

Si alzò sulla sedia e sbattè le mani sul tavolo, spostando l’attenzione di tutti i presenti su di lui. Puntò il dito verso Rose e disse:

«Tu devi essere la figlia di…»

Non fece in tempo a finire la frase poiché Chichi si spostò immediatamente verso di lui e gli mise le mani sulla bocca.

«La figlia di quello che ci viene a portare la frutta!» disse lei completando la frase del marito «Sì, ti abbiamo riconosciuta, sei proprio tu! Ecco perché ti sembrava famigliare, Goten!»

Per qualche secondo, tutti i presenti rimasero a fissare Goku che cercava di parlare nonostante avesse le mani di Chichi sulla bocca, mentre, nello stesso tempo, si divincolava come un matto per allontanarla.

«Non sono sempre così sai, a volte sono anche normali» cercò di giustificare Goten a Rose.

La ragazza si lasciò andare ad un piccolo risolino, proprio mentre i camerieri cominciavano a servire il dolce.

Nessuno, per qualche minuto, aprì bocca, tranne che per mangiare le deliziose pietanze che avevano cucinato i cuochi di Bulma.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10

 

Nel frattempo, Rose aveva avuto l’occasione di osservare tutti, uno ad uno. 

A parte per suo nonno Goku, che era la prima volta che vedeva di persona, tutti gli altri erano sì cambiati e invecchiati nel corso del tempo, ma caratterialmente erano sempre rimasti gli stessi: nonna Chichi, per esempio, era sempre così premurosa nei confronti della sua famiglia e, in quel tempo in particolare, Rose notò che era molto spensierata e felice. 
Nel futuro, invece, Chichi era di certo felice di avere attorno la sua famiglia, ma sicuramente non lo era quanto lo era adesso. 

Osservò prima lei e poi il “piccolo” Goku, e le ritornarono subito in mente tutti gli avvenimenti e le vicende che le aveva sempre raccontato sua nonna fin da quando era piccola, e che riguardavano Goku: le aveva raccontato di come si erano conosciuti, di come si erano sposati e di tutte le volte che il nonno era scomparso per chissà dove, per poi ritornare sempre da lei; era sempre accaduto così, diceva Chichi, ma non 17 anni fa, quando se ne andò via e non tornò mai più. 
Rose conosceva a memoria queste storie, e anche l’atteggiamento di Chichi quando le raccontava: sembrava così estasiata quando parlava di Goku, ma nello stesso tempo era triste, e Rose sapeva che sentiva più di tutti la sua mancanza.

Doveva essere quello stesso anno, proprio quello nel quale si trovava adesso, in cui Goku se ne sarebbe andato; la nonna le aveva sempre detto che Goku era partito qualche mese prima della sua nascita.

Gohan e Videl, invece, erano pressappoco sempre gli stessi. 
Lo zio Gohan era sempre rimasto un uomo buono e gentile, dedito al sapere e alla cultura, che la aveva sempre aiutata negli studi quando ne aveva bisogno: andava sempre da lui a chiedere chiarimenti sulle lezioni, e lo zio era sempre pronto ad aiutarla. 
Aveva capito molte cose grazie a lui! 
Inoltre, Rose andava spesso a casa loro, quando poteva: oltre a voler scambiare due chiacchere con gli zii, le piaceva anche passare del tempo nella loro biblioteca, perché anche Rose amava tanto leggere; lì aveva l’imbarazzo della scelta in quanto a libri.

La zia Videl, invece, era casalinga a tempo pieno, e si occupava spesso dei suoi nipotini. Andava anche spesso a trovare Chichi, così come lo faceva Rose, in quanto l’anziana donna era rimasta sola e spesso aveva bisogno di una mano.

Che dire di Pan? Beh, Pan era la sua cuginetta! 
Nel suo tempo non era tanto piccola, però restava pur sempre la sua cuginetta, quella preferita, quella che praticamente l’aveva cresciuta.
Rose conosceva Pan come le sue tasche: nel suo futuro, si vedevano molto spesso nonostante Pan avesse una sua famiglia, e per Rose era come una sorella maggiore. Le confidava tutto, ma proprio tutto, e Pan era sempre pronta a darle dei consigli. 
Inoltre era stato grazie a Pan che Rose aveva raggiunto l’elevato livello di potenza che possedeva adesso: certo, il suo livello non era alto come quello della stessa Pan oppure di Ellen (che si allenava tantissimo rispetto a lei), ma di certo non si poteva definirla debole, per essere una donna Saiyan. 
Era stata infatti Pan ad allenarla fin da quando era bambina, poiché suo zio e suo padre si allenavano raramente.
Le venne subito in mente ciò che le aveva detto Pan una volta: 
“Se ci fosse stato il nonno Goku, avresti potuto allenarti anche con lui, ogni volta che volevi. Lui amava tantissimo il combattimento, e probabilmente ti avrebbe resa mille volte più forte!”. Pan, ovviamente, si riferiva al fatto che lei aveva una famiglia propria, e dunque spesso non aveva neanche tempo di vedere Rose per allenarla.

Invece, le cose erano diverse per Ellen. Lei aveva suo nonno Vegeta che la allenava quando voleva: anche per questo motivo lei era molto più forte di Rose. 
C’è anche da dire che Ellen aveva molta più determinazione e volontà di lei nell’allenarsi: forse, pensava Rose, questo era dovuto al fatto che per Ellen l’allenamento costituiva soprattutto una valvola di sfogo, che le consentiva di liberare tutta quella rabbia che aveva dentro, causata da un brutto avvenimento che le era accaduto quando era 
piccolina: la morte di sua madre.

Questa sua componente aggressiva si rivelava soprattutto attraverso il suo carattere: Ellen non era docile e delicata come lo era Rose.
Ellen era un vulcano, una ragazza testarda e a volte molto irascibile, ma nello stesso tempo era anche molto solare ed estroversa. Le piaceva tanto uscire la sera, stare sempre con i suoi amici e andare a ballare con loro. Cosa che non era mai andata molto a genio al padre Trunks. 

Suo padre era un po’ severo nei suoi confronti, secondo Rose: spesso la rimproverava di stare troppo tempo fuori casa e di tornare troppo tardi la sera, e quando diceva a sua figlia di non uscire oppure quando le proibiva di fare qualcosa, lei puntualmente lo faceva, spesso e volentieri di nascosto.

D’altronde, l’atteggiamento di Trunks era comprensibile: aveva perso la moglie quando sua figlia era molto piccola, per cui era stato costretto a badare a lei da solo e voleva assicurarsi che fosse al sicuro e che non finisse nei guai. 

Inoltre, Trunks ed Ellen vivevano in una villa molto grande non molto distante dalla Capsule Corporation, e Trunks si sentiva molto spesso solo quando la figlia non c’era. Tuttavia, non poteva aspettarsi un atteggiamento diverso dalla figlia, che attraverso il suo essere disobbediente tentava di costruirsi una propria identità, le cui fondamenta erano venuta a vacillare nel momento stesso in cui aveva perso sua madre. 

Ma c’era un altro fatto da prendere in considerazione per Trunks: sua figlia era molto bella. Era una bellezza diversa rispetto a quella di Rose: se Rose aveva i tratti scuri tipici della sua famiglia, ovvero occhi neri e capelli castani, Ellen aveva invece ereditato gli occhi azzurri dal padre e dalla nonna, mentre i capelli biondi dalla madre; i capelli mossi, invece, non era certo da chi li avesse ereditati, dal momento che nella sua famiglia possedevano tutti i capelli lisci. Infatti Bulma sosteneva sempre che Ellen, in quanto ad aspetto esteriore, assomigliava molto a sua madre da giovane.
Caratterialmente, invece, Bulma la aveva sempre paragonata a se stessa da giovane: una sorta di "Bulma in miniatura", ma molto più energica di quanto fosse lei alla sua età.

Nonostante fossero molto diverse, anzi quasi opposte, Rose ed Ellen andavano molto d’accordo: erano cresciute insieme, esattamente (come le avevano detto) come i loro padri, che da piccoli ne avevano combinate tante insieme. Anche nel futuro, Trunks e Goten erano rimasti molto amici, e spesso si organizzava qualche pranzo o cena per stare tutti assieme. 

Rose andava d'accordo con Trunks, ma era capitato, più e più volte, che Rose, nel coprire l'amica quando usciva di nascosto e/o con qualche ragazzo, notasse lo sguardo torvo che Trunks le rivolgeva non appena scopriva che gli stava mentendo.

Ellen, infatti, ne combinava tante: Goten si trovava spesso a ricevere visite di Trunks che voleva sapere dove fossero le due ragazze. 
Goten di solito lasciava sempre molto libera sua figlia, per cui a volte non sapeva bene dove lei si trovasse e non sapeva dare una risposta certa a Trunks; capitava che Goten rimproverasse Rose, dicendole di non coprire Ellen nel caso combinasse qualcosa di grave, ma Rose aveva sempre preferito aiutare l’amica, alla quale piaceva molto uscire con i ragazzi. 
Se lo avesse saputo Trunks, sarebbe sicuramente andato su tutte le furie! 
Rose lo sapeva, ovviamente, e credeva non ci fosse niente di male: anche lei, d'altronde, prima di mettersi con David, era uscita con alcuni ragazzi, e non aveva avuto alcun tipo di problemi con suo padre. Entrambi i suoi genitori, infatti, la lasciavano estremamente libera di fare ciò che più desiderava, sia a lei che a suo fratello Lucas. Ed era questo ciò che Rose amava di più dei suoi genitori: la fiducia che riponevano in lei.

Certo, c’era anche da dire che Rose non aveva lo stesso carattere di Ellen: lei infatti non amava uscire spesso la sera, a differenze dell’amica. Le piaceva passare molto tempo a casa con la sua famiglia, e passava spesso a trovare Pan o la nonna Chichi, che era sola. Inoltre, usciva anche spesso con il suo ragazzo, che era ben accetto nella sua famiglia. 
David era infatti il classico bravo ragazzo, un ragazzo dolce e intelligente, che aveva deciso di conquistare Rose dopo un’infanzia passata come semplici compagni di giochi. Avevano frequentato le scuole elementari insieme, ma durante le scuole medie avevano completamente perso i contatti. Solo grazie ad un gruppo di amici in comune, con i quali uscivano la sera, i due si erano ritrovati dopo tanto tempo, e, dopo un periodo di frequentazione, si erano messi insieme. Lui era 3 anni più grande di lei; nel tempo in cui si trovava adesso, pensò Rose, lui era già nato.
David piaceva molto alla sua famiglia, in particolare ai suoi genitori: era molto gentile ed era anche molto simpatico, ma, cosa più importante, la trattava come fosse la persona più importante per lui. E Rose sapeva che era così.
Rose, infatti, non riusciva a non perdere la testa per i bravi ragazzi: questo, se da un lato era un punto a suo favore, dall’altro lato era invece stato uno svantaggio per lei, soprattutto quando, il mese prima della sua partenza, era successo quell’avvenimento, che aveva scosso le fondamenta della sua relazione, e l’aveva portata alla rottura con David.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11

 

Nessuno, per fortuna, le rivolse qualche altra domanda sul suo futuro e sulla sua vicenda nel corso del pranzo. Forse, pensò Rose, perché avevano quasi tutti capito il suo legame con Goten e Valese, in base al modo con il quale si era comportata con loro, dopo aver mentito spudoratamente sulla sua vera identità. Rose capì che i suoi pensieri erano fondati quando, vedendo che Goten si accingeva ad assaggiare un piatto a base di salsa di noci, la ragazza intervenne un po’ allarmata:

«Ma che cosa fai? Perché mangi quel piatto?»

Goten, un po’ sbigottito, le domandò: «Perché? Che cosa c’è di strano?»

«Beh, è un piatto a base di noci, e tu sei allergico alle noci» disse Rose con molta naturalezza. La ragazza si accorse solo in un secondo momento di essersi tradita, talmente abituata com’era ad avvertire il padre ogni volta che a tavola c’era una pietanza contenente noci.

«Oh» esclamò Goten, aggrottando un po’ le sopracciglia. Poi si rivolse alla madre «non mi avevate detto che qui dentro c’erano noci»

«Oh, tesoro, mi ero completamente dimenticata che eri allergico alle noci!» disse Bulma, scusandosi con Goten.

«Non fa niente» disse Goten, allontanando il piatto. Subito dopo, però, si accorse che qualcosa non andava: Rose lo vide cambiare espressione ed assumerne un’altra che rivelava sospetto ed incredulità.

E quell’espressione era rivolta a lei. Così, Rose si ritrovò a dover rispondere alla sua domanda:

«Scusa, ma tu come fai a saperlo?»

Vi fu qualche secondo di silenzio generale, durante il quale tutti i presenti fissavano, allarmati, prima Goten e poi Rose.

La ragazza pensò che ormai avevano capito tutti, e che ciò che aveva appena detto ne era stata la conferma. Per fortuna, prima che Rose riuscisse a trovare una scusa plausibile da potergli raccontare, Chichi prese la parola, salvando la ragazza in extremis:

«Gliel’ho detto io!»

Goten si girò e la fissò incredulo, ancora più confuso di prima.

«Vedi, Goten, gliel’ho detto io perché Rose ci ha aiutati a preparare il cibo. Voleva a tutti i costi dare una mano, così le ho detto che, nel caso avesse voluto cucinare piatti a base di noci, non avrebbe dovuto offrirli a te perché ne sei allergico!»

Goten, ancora una volta, sembrò convinto della risposta che gli diede la madre. Si girò ancora una volta verso Rose, e le sorrise. 

Rose, che temeva che il suo futuro padre avesse per un attimo sospettato di qualcosa, all’improvviso si sentì sciogliere di fronte a quel sorriso e sentì il cuore alleggerirsi. Quanto avrebbe voluto dirgli la verità!

Avrebbe voluto passare del tempo con loro due, per recuperare tutto il tempo che aveva trascorso senza di loro.

 

Passò circa un’oretta, durante la quale si parlò del più e del meno; non venne più citata la storia di Rose, la quale rimase per la maggior parte del tempo in silenzio ad osservare gli altri e a godersi quei momenti di pace, che, probabilmente, sarebbero giunti al termine nell’arco di 3 mesi, a meno che David non avesse parlato prima e che Ludir non fosse stato più veloce nel scoprire dove lei si trovasse e nel costruire una macchina del tempo.

Goten e Valese, dopo una lunga chiacchierata con gli altri, comunicarono la loro decisione di andare al cinema nel pomeriggio, quindi salutarono tutti e se ne andarono.

«Piacere di averti conosciuta!» esclamò Valese a Rose poco prima di avviarsi verso il cancello d’uscita. Rose non sapeva perché, ma evidentemente era rimasta molto impressa nella mente della futura madre.

Rose rispose con un «Altrettanto!», dopodiché i due sparirono oltre il cancello.

Non passarono neanche dieci secondi da quando si furono allontanati, che Chichi, tutta emozionata, subito domandò alla ragazza, attirando l’attenzione di tutti i presenti: «Rose! Tu sei la figlia di Goten e Valese, giusto?» 
Sua nonna, trattenendo l’emozione, fissava la ragazza sorridendo e attendendo una conferma da parte sua.

Rose arrossì nuovamente e, alzando leggermente lo sguardo verso Chichi, disse, con voce flebile:

«Si vedeva così tanto?»

«Oh, tesoro! Non ci posso credere! Avrò un’altra nipotina!» esclamò Chichi entusiasta, unendo le mani davanti al viso. Intrecciò le dita delle mani tra loro e le avvicinò alle labbra, nascondendo un largo sorriso.

«Wow!» intervenne Pan «che bello! Quindi tu sei mia cugina!»

«Sì» rispose semplicemente Rose, cercando di contenere l’emozione che anche lei stava provando nell’essere riconosciuta dalla sua famiglia. 

Se fino a qualche ora prima l’avevano vista solo come un’estranea, adesso invece capivano finalmente che non lo era mai stata.

«Urca!» esclamò Goku, dall’altro capo del tavolo «adesso mi spiego perché somigli così tanto a Goten! Però adesso è chiaro anche il motivo per cui fin dall’inizio ho percepito la tua forza. Non ne sono ancora sicuro, ma percepisco dalla tua aura una buona forza combattiva». Sul suo volto erano disegnate un’espressione e un sorriso di sfida che Rose, fino a quel momento, aveva visto solo in Vegeta.  

«Che ne dici» le propose Goku «se un giorno di questi ci allenassimo insieme? Mi piacerebbe molto vedere quanto sei forte»

«Volentieri!» rispose Rose, entusiasta. 

Un allenamento con suo nonno Goku? Non aveva aspettato altro! 

Quando lei ed Ellen avevano programmato il viaggio nel passato, spesso avevano pensato all’emozione di poter conoscere il leggendario Goku. Bulma aveva detto loro: 
“Vi consiglio di viaggiare nel tempo e di arrivare a 17 anni fa, ovvero nel periodo precedente alla partenza di Goku, in modo che possa aiutarvi. Potete contare sul suo aiuto, sono certa che non esiterà a darvi una mano; secondo me, sarà anche emozionato nel sapere di poter avere un nuovo nemico da affrontare. Inoltre, avrete l’opportunità di conoscerlo, e chissà, magari anche di allenarvi con lui!”. 

Nel suo tempo, in particolare per lei e per Ellen, Goku era sempre stato solo un personaggio delle favole, raccontate dai loro genitori e dai nonni prima di andare a letto per farle addormentare. Ma anche per farle divertire: c'erano talmente tanti aneddoti da raccontare che si era sempre chiesta se tutte quelle storie che aveva sentito fossero vere.

Avevano ascoltato tante avventure della vita di Goku, ma Rose non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe avuto l’opportunità non solo di conoscerlo, ma addirittura di potersi battere con lui e di testare la sua potenza. Non se lo sarebbe mai immaginato, eppure stava per tramutarsi in realtà.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12

 

Rose passò i giorni che seguirono a casa di Bulma. Ancora non se la sentiva di stare a casa dei suoi nonni oppure dei suoi zii sul monte Paoz: sarebbe andata da loro solamente dopo aver dato una mano a Bulma.  Inoltre, non riusciva a guardarli e a non pensare, inevitabilmente, alla versione di loro stessi nel suo futuro, ovvero quelli che lei conosceva: aveva bisogno di un po’ di tempo per elaborare la cosa.

La maggior parte del tempo, quindi, lo passava con Bulma in laboratorio, aiutandola a comprendere sia la composizione dell’antidoto sia il procedimento necessario al suo completamento. Ma era un’impresa ardua: Rose, più che intendersi di chimica e di scienza, aveva sentito parecchie volte Ellen e Bulma discutere sul contenuto e sul procedimento di preparazione dell’antidoto, per cui tentava di aiutare Bulma con quel poco che era rimasto impresso nella sua memoria. Era anche per questo motivo che Rose avrebbe preferito che ci fosse stata anche Ellen al suo fianco: probabilmente, Bulma avrebbe potuto completare l’antidoto molto più velocemente con un’esperta come lei al suo fianco. Se solo Ellen non fosse stata così stupida e impulsiva!

La ragazza, nel frattempo, aveva avuto l’occasione di fare un giro nell’enorme casa di Bulma. Ovviamente la conosceva già molto bene: aveva praticamente passato gran parte della sua infanzia lì dentro, sia a giocare con Ellen che a presenziare ai grandi eventi organizzate da Bulma, come il suo 70esimo compleanno. Rose se lo ricordava come fosse ieri: lei ed Ellen avevano rispettivamente 9 e 8 anni.

Avevano finito di pranzare da un bel po’, e mentre gli altri erano tutti rimasti in sala a chiacchierare, lei ed Ellen erano andate in una cameretta a giocare. Le tornò alla memoria la gran quantità di giochi che c’erano in quella stanza, tutti regalati da Bulma sia a sua nipote che a Rose; molti erano in quella stanza perché le bambine, spesso, andavano lì insieme per giocare.

Rose entrò in quella camera: attualmente, Bulma la utilizzava come una semplice stanza degli ospiti, ed era praticamente intatta. C’era un letto sulla destra, un enorme tappeto per terra e una finestra posta proprio sul muro opposto rispetto all’entrata, che dava sul cortile della casa. La ragazza girò lo sguardo verso sinistra, dove ora si ergevano degli enormi scaffali pieni di oggetti di decorazione, che entro qualche anno, pensò Rose, sarebbero spariti per fare posto a tutti i loro giocattoli. Il suo sguardo, subito dopo, cadde in quell’angolo della stanza, quello tra gli scaffali e la finestra: era ancora perfettamente integro!

“No, la storia deve andare così! Non come dici tu!” furono le parole che Ellen le aveva urlato addosso, quando, giocando con le bambole, era venuto il momento di decidere la storia.

“No! Io voglio che li facciamo sposare! Non devono essere solo amici!” le aveva replicato Rose.

“Le bambole sono mie quindi decido io!”

“Assolutamente no! Sto giocando anche io quindi devo decidere anche io!”

Fu un attimo, e dalle parole si passò ai fatti: lei ed Ellen cominciarono a litigare pesantemente e Rose, infuriata, le lanciò un’onda, che Ellen parò con la mano con facilità, mandandola fuori dalla finestra.

“E’ tutto qui ciò che sai fare?!” le aveva domandato Ellen con fare arrogante; come se ciò non bastasse a far saltare i nervi a Rose, l’amica aveva cominciato anche a farle linguacce e a prenderla in giro. Rose non aveva nemmeno fatto in tempo ad aprire bocca che aveva visto Ellen creare un’onda con entrambe le mani, proprio di fronte a lei e, in un nanosecondo, aveva visto l’onda avanzare velocemente verso di lei; solo uno spostamento rapido  le aveva permesso di evitare l’onda per un soffio. L’onda, però, con un forte boato era andata a colpire l’angolo della stanza proprio dietro di lei, causando un enorme buco nella parete. 

Sconcertate, le bambine erano rimaste a fissare la parete con terrore pensando alla reazione che avrebbe avuto Bulma quando lo avrebbe visto. Un attimo dopo avevano sentito la porta aprirsi, ed erano comparsi  Valese, Bulma, Trunks e la madre di Ellen, i quali, allarmati, avevano prima guardato le bambine e poi, solo in un secondo momento, si erano accorti del buco alla parete di fronte a loro.

“Bambine!” Aveva urlato Bulma con disperazione “ma che cosa avete combinato? Avete distrutto la parete!”

“Che cosa è successo? Perché avete distrutto la parete?” aveva chiesto la madre di Ellen con fare interrogatorio, guardando torva la figlia.

Rose ricordava vagamente la madre di Ellen: di lei rammentava solo i capelli biondi e lisci che portava fino sopra le spalle, e i suoi occhi verde smeraldo. Era sempre stata una donna serena e pacata, ma nei confronti dell’educazione di sua figlia era abbastanza severa: la rimproverava spesso per tutti i danni che faceva (Ellen, d’altronde, non era mai stata una bambina tranquilla), e la metteva spesso in punizione. Nonostante ciò, amava moltissimo sua figlia, nei confronti della quale aveva sempre desiderato il meglio.

Aveva conosciuto suo marito durante una festa organizzata dai dipendenti della Capsule Corporation, che era stata indetta per festeggiare un affare importantissimo appena concluso da Trunks con un’azienda multinazionale. A quei tempi, lei lavorava solo da pochi mesi nella Capsule Corporation, per cui non aveva ancora avuto l’opportunità di incontrare il presidente; lui era conosciuto a livello mondiale, ma lei non aveva che visto di lui solamente una o due foto su qualche giornale. Partecipando a quella festa, le aveva raccontato Ellen una volta, sua madre e suo padre avevano avuto l’opportunità di conoscersi e, a sua detta, era stato amore a prima vista.

Purtroppo, all’età di 8 anni, Ellen aveva perso sua madre in un incidente stradale, ed era stato da quel momento in avanti che aveva cominciato ad incrementare i suoi allenamenti e a raggiungere un elevatissimo livello di potenza, rendendo Ellen la ragazza che Rose aveva sempre conosciuto.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13

 

Era ormai passata poco più di una settimana dall’arrivo di Rose nel passato, e la ragazza non vedeva l’ora di allenarsi con suo nonno Goku; una mattina, quindi, decise partire alla volta del monte Paoz. Non impiegò nemmeno 10 minuti ad arrivare a destinazione: non fece neanche in tempo a riconoscere le tipiche montagne a forma appuntita che dominavano il paesaggio circostante, che subito le vide: le due case a forma ovale, una appartenente ai nonni e l’altra agli zii, collegate tra loro tramite un vialetto.

Atterrò proprio davanti alla porta d’ingresso della casa più piccola di colore giallo, quella dei suoi nonni. Bussò alla porta e aspettò; Chichi le venne ad aprire quasi subito.

«Oh, ciao tesoro!» esclamò entusiasta la donna, che evidentemente non si aspettava l’arrivo della ragazza «che bello rivederti! Come stai? Entra pure!»

«Ciao, nonna…» Rose si interruppe all’improvviso. Forse non era molto carino che una "perfetta sconosciuta" (nell’ottica di Chichi, ovviamente) la chiamasse “nonna”. Per cui le venne naturale chiederle:

«Ti spiace se ti chiamo così? Insomma, io nel futuro sono abituata a chiamarti così…»

«Ma figurati! Anzi, devi chiamarmi così!» la rassicurò Chichi, facendole l’occhiolino.

Rose si sentì sollevata, così sorrise ed entrò. Anche la casa dei suoi nonni era rimasta praticamente la stessa nel corso del tempo, a parte per alcuni mobili, sostituiti nel suo futuro con alcuni in versione più moderna. La ragazza ebbe subito la sensazione di sentirsi a casa, al sicuro: è in quella casa che, fin da quando lei era bambina, tutta la sua famiglia si riuniva, e si passava del tempo tutti assieme.

«Allora, come hai passato questi giorni, Rose?» le chiese sua nonna, sorridendole affettuosamente.

«Abbastanza bene. Li ho passati principalmente in laboratorio ad aiutare Bulma con l’antidoto»

«Avete fatto qualche passo in avanti?»

«Pochi» rispose la ragazza, un po’ rassegnata «ma sono certa che ce la faremo , prima o poi»

«Ne sono certa!» replicò Chichi, sorridendole ancora una volta. Poi le domandò: «Ti va una tazza di tè?»

«Oh, no grazie, nonna. Magari dopo» Rose notò che c’era un silenzio tombale in casa, per cui immaginava che Goku non fosse in casa. «Sai dov’è andato il nonno?» 

«E’ andato da qualche parte qui vicino ad allenarsi»

«Oh, perfetto! Allora vado subito da lui»

«Oh, è una battaglia persa con voi!» affermò Chichi con fare rassegnato, scuotendo la testa.

«Che cosa?» Rose rimase molto sorpresa dall’affermazione di Chichi, e la guardò stupita.

«Voglio dire, non importa chi tu sia, ma se sei parente di Goku oppure semplicemente un Saiyan, avrai sempre nel sangue la voglia di allenarti e di combattere. Credo che per voi sia una sorta di istinto, qualcosa di connaturato. Vero?» concluse Chichi, questa volta sorridendole e facendole nuovamente l’occhiolino. 
Per un momento, Rose aveva pensato che Chichi fosse arrabbiata con lei: sapeva che sua nonna aveva sempre preferito una vita tranquilla per tutti i suoi familiari, ma nel suo futuro, dal momento che Goku non c’era più, aveva sempre spronato i suoi nipoti ad allenarsi, “per il futuro della Terra”, diceva. Anche in quel momento, la nonna si era dimostrata comprensiva.

«Credo proprio di sì» rispose Rose «ma non è sempre del tutto vero. Ci sono alcune persone nel futuro, come per esempio mio fratello, alle quali non piace combattere, per cui non si allenano neanche»

Chichi parve un po’ stupita delle sue parole. Rose pensò per un attimo che il suo stupore fosse dovuto al fatto di aver appena sfatato una sua teoria, invece Chichi chiese, emozionata: «Mi stai dicendo che avrò anche un nipotino?!»

«E’ quello che ho detto, no?» Anche Rose le fece l’occhiolino, e si avviò verso la porta. Poco prima varcare la soglia di casa, però, sentì Chichi domandare:

«Rose, tesoro, pranzi con noi oggi?»

«Perché no?» rispose lei, raggiante. Così, uscì di casa e spiccò il volo, alla ricerca di Goku.

Lo trovò non molto lontano dalla casa: era intento ad allenarsi, da solo, lanciando pugni e calci a raffica. La ragazza si avvicinò a lui ma, poco prima di atterrare, Goku si girò verso di lei: probabilmente l’aveva già sentita arrivare.

«Rose!» esclamò, contento «ciao! Quale buon vento ti porta qui?»

«Sono venuta ad allenarmi con te, nonno!» 

La ragazza gli rivolse un gran sorriso: era molto emozionata di potersi trovare con Goku in carne ed ossa, ma soprattutto di avere la possibilità di allenarsi con lui. 

«Oh, giusto!» disse Goku, come se se lo fosse appena ricordato «Allora mettiamoci subito al lavoro! Non vedo l’ora di scoprire quanto sei forte»

Goku si mise subito in posizione da combattimento, con il braccio destro e la gamba destra tesi in avanti, rivolgendo alla ragazza uno sguardo di sfida.

Lo stesso fece Rose. Non vedeva l’ora di cominciare il combattimento.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14

 

Rose attaccò Goku per prima, sferrandogli un pugno, che però lui parò con facilità. La ragazza cominciò dalle basi, anche perché doveva ancora scaldarsi: lo attaccava continuamente con calci, pugni e qualche onda; era anche abbastanza veloce nello schivare i colpi del nonno, ma sapeva benissimo che anche lui stava impiegando solamente una misera percentuale della sua totale potenza: lo percepiva dalla sua aura. Continuarono a combattere in questo modo per più di 10 minuti, ovvero il tempo necessario per completare il loro riscaldamento; dopodiché, Goku si fermò e disse:

«Non male, per non avermi mostrato ancora tutta la tua potenza»

Rose lo guardò intensamente e ricambiò lo stesso sorriso di sfida che aveva Goku impresso sul volto.

«Bene, allora cominciamo a fare sul serio» disse lei.

Così, ripresero il combattimento, ma con maggior foga rispetto a prima: si sferrarono calci, onde e pugni molto più potenti. Molte volte Goku riuscì ad allontanare la ragazza mandandola per terra contro un masso, ma lei riuscì sempre ad alzarsi e a tornare da lui per combattere.

La battaglia si faceva sempre più agguerrita, fino a che Rose non vide Goku cominciare a creare un’enorme onda energetica, pronta per essere lanciata nella sua direzione; la ragazza non perse tempo e creò anche lei un’onda, che andò a scontrarsi con quella di Goku producendo un enorme boato. I due tentavano più che potevano di potenziare la propria onda per avere la meglio sull’altro, ma Rose dopo un po’ si accorse di non essere in grado di fronteggiare un’onda così potente senza un “piccolo” ausilio, che dunque mise subito in atto.

Così, dall’altra parte, Goku sentì il flusso della sua onda energetica diminuire, mentre quello di Rose aumentava ed arrivava sempre più velocemente nella sua direzione; si chiese da dove provenisse tutta quella potenza improvvisa. Quindi, decise di trasformarsi in Super Saiyan di primo livello, e, con lo spropositato aumento della sua aura, incrementò anche la potenza dell’onda, che, seppur con qualche difficoltà, riuscì alla fine a colpire il suo avversario, travolgendo completamente la ragazza.

Dopo che gli effetti dell’onda sparirono, Goku, un po’ malconcio, ma ancora trasformato in Super Saiyan, vide a terra la ragazza e subito volò nella sua direzione, per accertarsi che stesse bene. Rose era a terra stremata, ma appena vide Goku si rialzò, e si mise di nuovo in posizione di attacco.

«Ah, vedo che stai bene. Meno male!» esclamò Goku «Ascolta, mentre lanciavamo l’onda come hai fatto ad aumentare la tua aura così all’improvviso? Per riuscire a contrastare la potenza della tua onda ho dovuto trasformarmi in Super Saiyan…»

«Beh, non è così difficile» rispose lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Fece tre passi indietro e cominciò ad incrementare la sua energia, mettendosi nella classica posizione: braccia aperte e mani a pugni, con le gambe leggermente piegate. Goku la vide concentrarsi profondamente, e dopo qualche secondo, vide l’inimmaginabile, ciò che non si sarebbe mai aspettato: i capelli della ragazza di fronte a lui assunsero una colorazione bionda e si alzarono leggermente, mentre tutto il suo corpo veniva circondato da un’aura dorata. All’improvviso, sprigionò talmente tanta forza che Goku fu costretto ad allontanarsi leggermente per non essere travolto dalla sua energia.

Di fronte a quella scena, Goku rimase a bocca aperta: fissava Rose incredulo, come se non riuscisse a credere ai suoi occhi.

Li riaprì e li richiuse ripetutamente per vedere meglio ciò che aveva davanti ai suoi occhi: una ragazza che si era appena trasformata in Super Saiyan.

Era talmente preso a guardarla che non si accorse in tempo che la ragazza, alla velocità della luce, era partita verso di lui per sferrargli un pugno: lo colpì dritto nella pancia, così fu scaraventato all’indietro. Subito sentì molto dolore all’altezza dello stomaco, ma riuscì comunque a fermarsi e guardare nuovamente la ragazza. Prima che lei attaccasse di nuovo, disse, spalancando la bocca:

«Che cosa?! T-tu… sai trasformarti in Super Saiyan?! Ma come è possibile?!»

Rose, che non si aspettava una domanda del genere, né tantomeno di vedere tutto lo stupore dipinto sul volto di suo nonno, disse:

«Beh, che cosa c’è di strano? Non hai mai visto un Super Saiyan?»

«Sì, ne ho visti molti nella mia vita, ma è la prima volta che vedo una donna trasformarsi in Super Saiyan!»

Questa volta, fu Rose a rimanere sorpresa. 

Come, non aveva mai visto una Super Saiyan donna? Non era possibile, c’era qualcosa che non andava… Le venne per un attimo in mente l’immagine di una persona del suo tempo, che la fece riflettere. 

Non poteva essere. 

“Ma come, ma non si trasforma…?” si domandò tra sé e sé, aggrottandosi le sopracciglia.

Possibile ci fosse qualcosa che non andava?

«Davvero?» domandò lei «beh è molto strano, perché…»

Ma si fermò all’improvviso.

“Mi raccomando, non rivelare mai le cose prima del tempo.” -ricordava le parole di Dende come se le fossero state dette ieri- “è importante non compromettere il naturale corso delle cose”.

Forse, in quel momento, era Rose ad essere più confusa di Goku, ma decise comunque di non dire niente, per il momento, a Goku: avrebbe poi scoperto da sola il motivo di quella stranezza.

«E’ molto strano!» si limitò a dire la ragazza, in tono serio «Ma comunque non fa niente. Riprendiamo il combattimento!»

Si lanciò nuovamente contro il “ragazzino” ma, questa volta, Goku non fu più colto alla sprovvista e riuscì a parare tutti i colpi della ragazza. Lei se la cavava molto bene, anzi alla grande, per cui fu un combattimento interessante per lui.

Dopo un’oretta circa, Goku riuscì a mandarla al tappeto trasformandosi in Super Saiyan di secondo livello: con quel livello, la ragazza non aveva le minime possibilità di competere contro di lui e di resistere ai suoi attacchi; per cui, dopo l’ennesima onda energetica, entrambi terminarono il combattimento stremati.

«Brava» le disse Goku, con un occhio mezzo chiuso «sei molto forte, complimenti. Sei anche molto più forte di Pan!»

«Grazie» replicò Rose, sorreggendosi un braccio che sanguinava leggermente «Però, c’è da dire che nel futuro Pan è il triplo, se non di più, più forte di me. Con lei, mi ricordo, non avevo mai speranze di batterla!»

«Sì, Pan ha un buon potenziale» affermò Goku «infatti sono convinto che se si allenasse di più raggiungerebbe un livello molto più elevato rispetto a quello che ha adesso»

Entrambi raggiunsero volando la casa di Chichi, che nel frattempo era intenta a cucinare il pranzo assieme a Videl. Gohan, invece, era seduto sul divano, assorto nella lettura di un giornale.

Appena li videro entrare, Chichi, allibita, abbandonò la cucina e venne verso di loro.

«Ma come vi siete ridotti?! Goku, potevi pure andarci piano con lei!»

«Perché avrei dovuto?» rispose Goku, divertito «Non ce n’era alcun bisogno. E’ molto forte»

Rose sorrise al complimento, ma Chichi sembrò non notarlo e trascinò la ragazza con sé, dicendo, tutta preoccupata: «Vieni, ti medico io»

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15

 

Le giornate seguenti passarono molto tranquillamente per Rose, la quale divideva il suo tempo tra casa Briefs e casa Son. 

Finalmente, la ragazza si stava sempre più abituando alla compagnia della sua famiglia in versione più “giovane”, e ormai non faceva solo che pensare a trascorrere dei bei momenti e delle belle giornate, facendo tesoro di ogni momento passato con loro. Infatti, non sapeva quale sarebbe stato il suo destino: se perire nel passato per mano di Ludir, oppure se sarebbe riuscita in qualche modo a tornare nel suo futuro, con o senza Ludir.

Il suo pensiero tornava spesso a coloro che erano rimasti nel futuro: erano 5 in totale, 5 bambini ancora nelle mani di Ludir. Tre bambini erano figli di Pan, mentre due di Bra. Rose sperava che stessero tutti bene, e in particolare che Melanie, la bambina a cui voleva particolarmente bene, non sentisse troppo la sua mancanza.

Melanie aveva solo 6 anni, ed era la preferita di Rose: infatti, tra di loro si era instaurato un legame profondo sin da quando la bambina era nata: Rose l’aveva praticamente vista nascere. Melanie era una bambina vivace ma nello stesso tempo dolce e gentile: aveva ereditato la spensieratezza e la determinazione dalla madre e la gentilezza dal padre. Esteriormente, invece, era tutta suo padre: aveva ereditato da lui gli occhi blu e i capelli biondi, che però erano lisci come quelli della madre. Li portava non troppo lunghi, fino alle spalle, mentre due ciocche che partivano dalla fronte attraversavano tutta la testa e si univano dietro la nuca, legati da un fermaglio di colore verde.

Melanie, nonostante fosse figlia di Pan, non aveva una gran forza energetica, anche se era comunque più forte dei suoi coetanei. Negli ultimi mesi Rose aveva dovuto allenarla, sotto richiesta di Ludir, anche se la bambina non era particolarmente mai stata interessata al combattimento; anche nei tempi di pace, sia Rose che Pan avevano provato ad allenarla, ma lei non aveva mai nutrito un grande interesse per la lotta. 

Piuttosto, alla bambina piaceva molto fare la “parrucchiera”: Rose ricordava con piacere tutti quei momenti in cui, mentre lei era seduta a tavola a chiacchierare tranquillamente con gli altri, Melanie le era spuntata dietro la schiena e le aveva preso i capelli per pettinarla oppure per farle qualche acconciatura strana. La bambina era sua consigliera anche nella scelta dell’outfit: ogni volta che Rose indossava qualcosa oppure era indecisa su cosa mettersi, Melanie non perdeva mai occasione di dire la sua su quale vestito o abbinamento fosse più adatto.

Rose, inoltre, passava molto tempo con la bambina e la faceva giocare spesso: in fondo, anche lei si divertiva un sacco! 

Ricordava di tutte quelle volte passate in giardino a giocare e a rincorrerla mentre la bambina rideva, oppure di quando, ogni volta che dovevano mangiare tutti assieme, lei si sedeva accanto a Rose oppure direttamente in braccio a lei. Ancora ricordava quella foto: c’erano lei stessa, Rose, seduta su una sedia, e sopra di lei era comodamente seduta Melanie, sulla quale a sua volta era seduto il cane della sua famiglia, costretto dalla bambina stessa a rimanere seduto sopra di lei. Doveva ancora avere quella foto, da qualche parte.

D’altro canto però, Rose sapeva benissimo che il fratello di Melanie, George, si sarebbe preso cura di lei nel migliore dei modi. George non era tanto piccolo, anzi era un ragazzino: aveva 12 anni ma aveva già la testa sulle spalle ed era molto in gamba. Lui, al contrario della sorellina, aveva ereditato il carattere tranquillo e gentile dal padre, mentre i capelli e gli occhi neri li aveva presi dalla madre. Assomigliava un po’ a suo nonno Gohan: infatti, i capelli erano ribelli e tendevano ad andare verso l’alto, un po’ come il taglio di capelli di tutti i Saiyan della sua famiglia. 

Lui, esattamente come Rose ed Ellen, non si era mai fatto sottomettere da Ludir e dalle sue idee nel corso dell’ultimo anno: d’altronde era tra i più grandi di quelli rimasti, per cui era meno influenzabile dalle idee malvagie che Ludir aveva cercato di inculcare in tutti loro. Nonostante ciò, i tre ragazzi avevano sempre fatto finta di seguirle, pena la tortura o peggio ancora la morte.

Lo stesso non si poteva dire dei bambini: Rose ed Ellen avevano cercato più che potevano di prenderli in disparte e di farli ragionare, convincendoli a non ascoltare ciò che Ludir diceva loro. Non sempre, però, la cosa aveva funzionato: più volte avevano assistito alle azioni brutali che Ludir aveva fatto compiere loro, in particolare ai due cugini di Ellen.

La bambina più piccola che c’era tra di loro aveva solo 3 anni, e per fortuna non capiva ancora molto di ciò che succedeva attorno a lei; data la sua età, Ludir la faceva allenare ma la trattava con maggior rispetto e cautela rispetto a come trattava gli altri.

D’altronde, la bambina era piccola e aveva maggior potere su di lei, per cui la trattava bene e voleva che crescesse secondo la sua volontà. La piccola Cloe poteva sembrare una perfetta combinazione tra i tratti della madre e quelli del padre: infatti, aveva i capelli neri e gli occhi azzurri. Di fatto, però, i suoi occhi non erano azzurri come quelli del padre, rispetto ai quali erano molto più chiari, quasi tendenti al grigio: esattamente come il colore degli occhi di sua nonna Videl.

I pensieri di Rose, però, non andavano solo ai piccoli Saiyan rimasti nel suo tempo: aveva pensato molto anche a David.

Si chiedeva che cosa stesse facendo, dove si trovasse in quel momento e se sarebbe riuscito a resistere alle eventuali torture che Ludir gli avrebbe inflitto nel caso gli avesse chiesto di parlare.

Sperava che Ludir ci impiegasse molto tempo a trovarlo, in modo che, trascorsi i 3 mesi di tempo di cui Rose aveva bisogno, David avesse solamente dovuto rivelargli tutto tranquillamente, senza subire alcun tipo di tortura. D’altronde, Rose non voleva che David soffrisse a causa sua: era già successo, e non voleva che si ripetesse di nuovo. Certo, in passato si erano trattate di sofferenze “psicologiche” più che fisiche, ma era comunque già abbastanza ciò che Rose aveva fatto passare a quel povero ragazzo.

Rose fu costretta a pensarci di nuovo, anzi addirittura a dover raccontare quella tediosa vicenda, quando, seduta ad un tavolino in un bar assieme a Pan e Bra, la conversazione era vertita sull’argomento “ragazzi”.

Rose era uscita con le due ragazze in seguito ad un invito da parte loro, ed era stata contentissima di aver avuto l’opportunità di approfondire la conoscenza con una Pan e una Bra giovani, praticamente sue coetanee, pur quanto le sembrasse strano avere a che fare con la versione più giovane delle due donne che conosceva nel suo futuro.

«Io ultimamente mi vedo con un ragazzo» esordì Bra «ma ancora niente di serio. Vedremo come va! Spero solo che mio padre non ne venga a conoscenza, sennò si arrabbierebbe un bel po’!»

«Oh, beata te che hai questo tipo di problemi!» esclamò Pan con fare rassegnato «Io invece ho un problema ben più grave» il suo sguardo all’improvviso si fece triste e sconsolato «non riesco a trovare un ragazzo! Tutti quelli con cui sono uscita dopo un po’ mi hanno scaricata!»

Pan sembrava davvero disperata, e Rose, osservandola, si chiese subito quale fosse il motivo di ciò che aveva appena detto: non riusciva a capacitarsene, dal momento che nel suo futuro, parlando con la Pan adulta che conosceva, non le era mai parso che avesse avuto problemi nel trovare un ragazzo.

Aveva anche avuto l’occasione di vederla in qualche foto quando era giovane, e non le era sembrata per niente una brutta ragazza. Confrontò mentalmente le foto che aveva visto con la Pan di adesso: effettivamente, era ancora un po’ piccola, e nelle foto che aveva visto doveva avere avuto qualche anno in più. Sarebbe cambiata così in fretta, nel corso del tempo.

«Perché ti hanno scaricata, Pan?» le domandò Rose, mostrando un atteggiamento comprensivo nei suoi confronti.

Pan alzò lo sguardo triste verso di lei: «Non lo so. L’ultimo mi ha scaricata l’anno scorso mentre cercavo di mettere fine ad una rapina in corso; infatti a causa di quella rapina, il cinema era stato chiuso e io volevo andare al cinema con lui. E lui, anziché essermi riconoscente, è scappato via a gambe levate!»

A quel punto appoggiò i gomiti sul tavolo e affondò il viso nella mani, sbuffando.

«Ma è normale, Pan!» intervenne Bra «Non devi mai mostrare la tua reale forza ai ragazzi, perché loro vogliono essere più forti di noi. Sai, per poterci proteggere. So che non sarà mai così, ma per lo meno devi farglielo credere»

Rose pensò che c’era un po’ di verità in ciò che Bra aveva detto, ma non era del tutto d’accordo. Così disse:

«Questo è vero. Però secondo me un ragazzo dovrebbe accettarti così come sei se veramente gli piaci e gli interessi, anche se sei più forte di lui. Il mio ex ragazzo, per esempio, lo sapeva, e tra di noi questa cosa non è mai stata motivo di conflitto»

Rose, guardando l’interessamento che all’improvviso era comparso sui volti di Pan e di Bra, pensò che forse non avrebbe dovuto parlare di David; ormai, però, erano finite in pieno in quell’argomento, e ora non poteva più tirarsi indietro.

Certo, le avrebbe fatto piacere parlare a qualcun altro che non fosse Ellen di quella storia, ma nello stesso tempo parlarne e ricordare quegli avvenimenti le causava dolore, anche perché erano abbastanza recenti: erano accaduti solo il mese precedente alla sua partenza.

«Ah, è vero!» si illuminò Pan all’improvviso, dimenticandosi dei pensieri che aveva avuto fino a poco prima «Ricordo ora che l’altra volta avevi parlato del tuo ex ragazzo! E’ quello che sta scappando per non essere catturato da Ludir, vero?»

«Sì, proprio lui» rispose Rose, accennando un sorriso.

«E come si chiama?» chiese Bra, curiosa «Quanti anni ha?»

«Si chiama David ed è 3 anni più grande di me. Quindi nel futuro ha 19 anni»

«Se posso chiederti…» intervenne Pan con fare indiscreto «hai appena detto che lui sapeva della tua forza ma non ha mai avuto problemi al riguardo. E allora perché vi siete lasciati?»

Rose, sentendo quelle parole, si rese subito conto di come fosse evidente che Pan non avesse mai avuto una relazione fino a quel momento. Era ancora inesperta: era evidente che ci fossero milioni di motivi per i quali una relazione potesse giungere al termine, e il fatto che lei fosse molto più forte di lui non c’entrava assolutamente niente con i motivi della rottura.

«E’ una storia molto lunga!» disse Rose, così cominciò a raccontare.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


CAPITOLO 16

 

«Allora, tutto è cominciato il mese scorso, quando Ludir ha organizzato una festa di compleanno per festeggiare i 15 anni di Ellen. Vedete, lui, nonostante sia malvagio, fa spesso queste cose, con il solo obiettivo di entrare nelle nostre grazie, in modo da non sembrare ai nostri occhi un essere troppo cattivo. E’ una mossa sporca e ovviamente io ed Ellen non ci siamo cascate, ma comunque ci ha fatto piacere evadere un po’ dalla monotonia quotidiana in cui ci aveva rinchiuso Ludir da lungo tempo.

Comunque, Ludir ha invitato in questa festa praticamente tutti i ragazzi si Satan City, a parte il mio ragazzo, ovviamente, perché credo che non abbia mai sopportato la sua presenza. 

In ogni caso, non aveva molta importanza, perché sarebbe stata una festa breve senza alcuna conseguenza, o almeno io così credevo all’inizio.

Io ed Ellen ci eravamo vestite molto bene, nel senso che entrambe indossavamo un vestito e dei tacchi. Eravamo davvero belle e ci sentivamo bene, era da tanto che non ci sentivamo così» Rose arrossì e sorrise, ripensando a quel ricordo.

«Mi ricordo che la festa era cominciata da circa una mezz’oretta, ed Ellen stava ballando con gli altri in pista mentre io ero al bancone a prendere qualcosa da bere, quando all’improvviso vidi entrare lui.

Questo ragazzo si chiama Michael, e io lo conoscevo già prima di conoscere David: vedete, lui era fidanzato con una ragazza quando lo conobbi, e subito dopo che lui si era lasciato mi ricordo che avevamo cominciato a sentirci, e io ci avevo provicchiato perché mi era sempre piaciuto, fin da subito. Ricordo che eravamo andati in discoteca e che avevamo ballato insieme, ed eravamo addirittura stati sul punto di baciarci, ma lui mi aveva frenata dicendomi che non voleva “usarmi” solo per fare un torto alla sua ex ragazza (per la quale stava ancora male), e inoltre mi aveva detto chiaramente che non meritavo questo trattamento. Un po’ me lo aspettavo perché era chiaro che lui pensasse ancora alla sua ex, però dall’altra parte questo fatto mi rese ancora più pazza di lui, perché aveva dimostrato nei miei confronti un’enorme sincerità. Io sapevo di piacergli, perché era chiaro che anche lui ricambiasse, però dopo quell'avvenimento ci perdemmo un po’ persi di vista e non ci sentimmo più, e io qualche mese dopo mi misi con David.

Due mesi dopo che mi ero messa con lui, però, ebbi l’occasione di rivedere Michael ad una festa organizzata da mio cugino, in quanto loro due sono molto amici. Lì, tra un bicchiere di vino e l’altro, lui cominciò a flirtare con me: mi ricordo ad un certo punto che stetti tutto il tempo seduta su di lui, e lui voleva prendermi la mano, ma io cercavo di ritraermi sempre, nonostante l'evidente attrazione che c'era tra me e lui. Lo so, sono una brutta persona» replicò Rose di fronte agli sguardi stupiti e un po’ giudicanti di Pan e Bra «però non ci potevo fare niente, quel ragazzo mi ha sempre attratto. Ci fu anche un momento in cui rimanemmo da soli in una stanza, dove era evidente che lui avrebbe voluto baciarmi, ma io ovviamente non lo feci perché ero fidanzata»

Rose fece una piccola pausa, durante la quale Pan e Bra non dissero nulla: erano concentrate su di lei, aspettando di sentire il resto della storia.

«Comunque, come stavo dicendo, lo vidi lì, di fronte alla porta, arrivare nella sala dove si stava svolgendo la festa organizzata da Ludir. Mi ricordo che appena lo vidi rimasi di stucco, e lo fissai con gli occhi sgranati tenendo il bicchiere in mano; intanto ripetevo nella mia testa:

“Stai calma, Rose, stai calma. Non agitarti”

Io non sapevo che cosa dire e nel frattempo notai (con enorme piacere) che lui mi stava squadrando tutta, da capo a piedi; potevo solo immaginare che cosa stesse pensando di me, e quel pensiero mi fece arrossire. Poi fu lui a prendere l’iniziativa, quindi si avvicinò a me e disse:

“Rose anche tu qui? Sono contento di rivederti! Quanto tempo!” e poi ci abbracciammo. Ovviamente era altamente improbabile che lui non fosse a conoscenza del fatto che ci sarei stata anche io a quella festa, ma feci finta di niente e gli chiesi il motivo per il quale si trovava lì. Ovviamente mi disse che era per via dell’invito di Ludir, così si sedette al bancone con me e cominciammo a chiacchierare e a bere qualche bicchiere. 

Il tempo passava veloce e ci perdemmo a chiacchierare per più di un’ora: mi sono sempre trovata benissimo a parlare con lui, ho trovato sempre piacevole la sua compagnia»

Rose si interruppe un attimo, abbassò lo sguardo e sorrise, pensando a Michael e a tutti i discorsi che fecero quella sera.

A quel punto Pan e Bra si guardarono a vicenda, dopodiché Bra chiese:

«E lui invece, quanti anni ha? E com’è?»

«Lui è un anno più grande di me, anche se sembra molto più grande, di statura. Ha i capelli neri, gli occhi castani e la barba. Esteriormente, secondo me, è un ragazzo molto carino, ma poi, più che altro, è un ragazzo molto dolce, gentile e di buone maniere»

«E poi, che è successo?» domandò Pan incuriosita.

«Purtroppo» continuò Rose «mi accorsi troppo tardi di aver bevuto qualche bicchierino in più, e dopo un’ora che stavamo parlando provai ad alzarmi in piedi, ma barcollai e stetti per cadere; per fortuna Michael ebbe i riflessi pronti e riuscì a prendermi poco prima che cadessi. A quel punto mi disse che sarebbe stato meglio se ci fossimo seduti sulle poltrone non molto distanti dal balcone.

Così, lui andò a sedersi su una poltrona e io, da stupida quale sono, anziché andare a sedermi su un’altra poltrona mi venne la brillante idea di sedermi su di lui» il tono di Rose si fece sarcastico.

«Quindi, mi appoggiai sul suo petto e chiusi gli occhi perché mi girava tanto la testa. Non so se lui si aspettasse o meno che io mi sedessi su di lui, ma ricambiò il mio ‘abbraccio’ appoggiando le mani sui miei fianchi. In quel momento ricordo che sentii i brividi, forse per l’emozione che provavo nell’essere così vicina a lui…

Restammo per qualche minuto in quella posizione, dopoiché sentii il suo viso avvicinarsi sempre di più al mio.

Aprii gli occhi e lo vidi con gli occhi chiusi, le sue labbra che sfioravano le mie. 

Chiusi di nuovo gli occhi, senza fare nulla, e lui si avvicinò ancora di più, posando le sue labbra sulle mie.»

«Ma.... David....» sibilò Pan, preoccupata.

«Lo so» fece Rose «Il bacio si fece sempre più appassionato ma io, mi resi conto all'improvviso di quello che stava accadendo e mi staccai da lui.

Non feci neanche in tempo ad alzarmi che subito sentii una voce familiare urlare il mio nome.

Mi girai e, vedendo Ellen venire verso di noi, mi alzai subito e la raggiunsi. Anche Michael fece lo stesso e mi seguì: in quel momento sperai che non mi toccasse né facesse qualche altra mossa che potesse far capire ad Ellen che tra di noi c’era appena stato qualcosa. Lei ci chiese che cosa stessimo combinando, con fare molto sospettoso.

“Niente!” risposi io quasi urlando. Poi mi girai verso Michael e dissi: “Ellen, questo è Michael. Michael, lei è Ellen”

“Non hai bisogno di presentazioni” gli disse Ellen, sorridendo “ti conosco già per sentito dire”

Ovviamente questa frase mi creò non poco imbarazzo, perché non volevo far sapere a Michael che avevo parlato di lui ad Ellen, anche se il mio interesse per lui era purtroppo molto evidente.

Michael si presentò con un “piacere” e sorrise, dopodiché Ellen si avvicinò leggermente a me e mi sussurrò:

“Rose, mi raccomando, fai attenzione e non fare cose di cui potresti pentirti”

Io mi allontanai e le urlai, barcollando “Ma figurati! Stai tranquilla”; poi, credo stetti per cadere perché sentii le braccia di Michael che mi sostenevano da dietro. A quel punto Ellen, vedendomi barcollare, mi chiese:

“Rose, ma quanti bicchieri hai bevuto?!”

“Pochi” risposi io “era l’alcool che c’era dentro che era insolitamente troppo forte…”

Non feci in tempo a finire la frase che vidi arrivare un ragazzo (che non avevo mai visto) dietro di Ellen, il quale si avvicinò a lei e posò le mani sul bacino, dandole un bacio sulla guancia. Ellen girò la testa e, vedendo che era lui, gli sorrise. Lui le chiese di tornare a ballare con lui in pista e lei fece cenno di sì col capo, dopodiché si girò verso Michael e disse, assumendo un’espressione molto seria:

“Mi raccomando. Abbi cura di lei e non approfittartene visto che è in questo stato!”

Sentii Michael dietro di me fare di sì con la testa, dopodiché Ellen e quel ragazzo se ne andarono.

Così rimanemmo soli io e lui e tornammo a sederci sulla poltrona.

Questa volta, però, cercai di mantenere un po' di quel senno che avevo perduto con i troppi bicchieri di alcool, e andai a sedermi sull'altra poltrona anziché nuovamente sopra Michael. 

"Rose, sei sicura di sentirti bene?" ricordo che mi chiese lui.

Io gli risposi con un debole cenno, prima di chiudere gli occhi e di lasciare andare la testa all'indietro, sfinita.

Poco dopo sentii lui alzarsi e venire verso di me. Mi prese la mano e disse:

"Dai, alzati. Ti porto a letto, hai bisogno di stenderti un po', è evidente che non stai bene"

L'unica cosa che uscì dalla mia bocca fu un mugolio, e non ricordo poi il tragitto che facemmo dalla sala ad una delle camere da letto del palazzo»

«Ahia» commentò Bra «Non penso questa storia vada a finire molto bene»

Rose guardò la ragazza per un momento senza dire nulla, dopodiché riprese il suo racconto:

«Arrivati nella stanza, mi ricordo che mi aiutò a stendermi sul letto e che poi si stese anche lui, di fianco a me. Io ad un certo punto, però, mi girai su un fianco verso di lui e lo abbracciai.

Lui ricambiò l'abbraccio, dandomi un bacio sulla fronte.

Dopo qualche minuto lui si avvicinò di più a me e cominciò a giocare con i miei capelli e ad accarezzarmi la testa; a me faceva anche molto piacere, essendo in quello stato. Mi ricordo che mi fece rilassare un sacco.

Poi, però, si avvicinò sempre di più e mi baciò di nuovo. Ancora una volta non riuscii a staccarmi subito: era come se ci fosse una calamita che mi attirava in qualche modo a lui»

La ragazza si interruppe per qualche secondo e abbassò lo sguardo, triste.

«Per fortuna, prima che il bacio si trasformasse in qualcos altro, lo bloccai.

"Scusami. Mi sono lasciato troppo andare" mi disse lui.

“No” dissi io “la colpa è anche mia. E' come se ci fosse qualcosa, tra me e te, che...”

Non riuscii a completare la frase, perché avevo paura di quello che volevo dire. Poi però lui disse:

“Lo so. Anche tu mi attrai molto e, per qualche motivo, mi è molto difficile resisterti.”

Ci guardammo per qualche secondo ma nessuno disse più nulla. Io chiusi gli occhi e, presa dalla stanchezza e dallo stordimento dell'alcool, mi addormentai.»

Nel frattempo, Pan e Bra erano talmente prese dal racconto di Rose che l’arrivo della cameriera che portava le bibite che avevano ordinato le fece sussultare.

«E quindi» le domandò Bra, sorseggiando la sua bevanda «insomma, alla fine… non è successo niente?»

«Non proprio.» la ragazza assunse un’espressione addolorata.

«La mattina dopo mi svegliai che lui era ancora affianco a me. Quasi mi ero dimenticata che avevamo dormito insieme, quindi lì per lì mi prese il panico che fosse successo qualcosa tra di noi durante la notte. 

Così, lo svegliai e glielo chiesi.

"Ahimè, no" fu la risposta che mi diede lui "non è successo nulla tra di noi stanotte. Abbiamo solo dormito."

Mi sentii subito sollevata dalla sua risposta. "Grazie al cielo!", pensai.

Così, ci alzammo e uscimmo dalla camera, ma ciò che ci trovammo davanti mi fece saltare il cuore di parecchi battiti»

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17

 

«Vedemmo David in corridoio. Che vagava da solo, come se stesse cercando qualcosa.»

Pan e Bra sgranarono gli occhi, completamente assorbite dal racconto di Rose.

«Appena mi vide uscire dalla camera gli si illuminarono gli occhi, ma non appena notò Michael spuntare dietro di me, il suo entusiasmo svanì in un attimo. 

Io lo guardai spiazzata, in completo panico, con il cuore in gola.

Rimasi immobile a fissarlo, non sapendo che fare, mentre lui decise di venirci incontro.

"Rose? Ma, che cosa..." guardava ripetutamente me e Michael come se non credesse ai suoi occhi "Che cosa sta succedendo qui?"

"Ludir ha dato una festa per i quindici anni di Ellen, ieri sera" gli risposi.

"E perché nessuno me lo ha detto?"

"Ludir ce lo ha fatto sapere ieri pomeriggio, e poi non ci ha permesso più di uscire dal palazzo. E sai che non ci permette di avere nemmeno un cellulare per comunicare tra di noi"

David per qualche secondo non disse più nulla, limitandosi a osservare stranito Michael.

"Ma tu che ci fai qui?" gli chiesi io, sperando di deviare la sua attenzione su un altro argomento, ma soprattutto per evitare la domanda che stava per farmi.

"Mi è arrivato un messaggio da un numero sconosciuto, credevo fossi tu. Anzi, c'era scritto che eri tu. Diceva di venire al Palazzo perché dovevi dirmi qualcosa, visto che Ludir oggi non c'era"

"Ma non sono stata io!"

Ero allibita, anche perché io non avevo mai fatto una cosa del genere.

"Come no? E allora chi è stato?" mi chiese David.

Io alzai le spalle, ma la sua attenzione fu di nuovo attirata dalla presenza di Michael.

"E lui chi è?"

"Oh, lui è Michael. David, questo è Michael, e Michael, questo è David"

Michael porse una mano verso di lui, che però David ignorò per chiedermi "E perché siete usciti dalla stessa camera? Avete passato la notte insieme?"

In quel momento non sapevo che dire. Avevo il cuore in gola, impaurita da quello che dovevo spiegargli.

"Ehm... sì, abbiamo passato la notte insieme, però ti assicuro che non è successo nulla."

David si mise a guardarmi per cercare di capire se avessi mentito o meno, ma poi sentimmo una voce alle nostre spalle dire:

"Ah sì? Non è successo nulla? Io invece qui ho dei filmati che dimostrano il contrario."

Ci girammo tutti e tre a guardare Ludir che, tenendo in mano un oggetto che assomigliava ad una telecamera, avanzava verso di noi.

"Ieri sera questi due “piccioncini” si sono dati da fare in tua assenza" spiegò lui a David "guardali, seduti qui insieme sul divano, uno sopra l'altro."

Girò l'aggeggio verso di lui e gli fece vedere il filmato di me e Michael seduti in salotto, che mostrava proprio il momento stesso in cui lui mi diede il bacio. 

"Poi sono andati in camera e hanno passato la notte insieme. E secondo te non è successo nulla?" scoppiò in una fragorosa risata "Che ragazzo ingenuo" e sparì dalla nostra vista svoltando l'angolo.

Quel farabutto aveva messo delle telecamere nella sala e nell'ingresso.»

«Non ci posso credere» fece Bra.

 «Ma tu e Michael comunque non siete andati oltre e non avete fatto niente in camera da letto!» esclamò Pan «David ti ha creduto, vero?»

Rose guardò la cugina e sentì gli occhi inumidirsi.

«Non dimenticherò mai lo sguardo che mi rivolse dopo aver guardato quei filmati: era deluso e amareggiato, come se il mondo gli fosse appena crollato addosso. Nei suoi occhi vedevo la speranza e la fiducia che aveva sempre riposto in me diventare sempre più piccole e svanire completamente.»

La ragazza si fermò un attimo per cercare di mandare giù il nodo alla gola che le impediva di proseguire il discorso, e a ricacciare indietro le lacrime.

«Non mi disse più nulla: si girò e se ne andò. Io gli corsi dietro, cercando di rassicurarlo sul fatto che non fosse successo nulla tra me e lui in camera da letto, ma lui non si voltò e, una volta fuori, spiccò il volo e sparì dalla mia vista.

Nei giorni seguenti tentati di contattarlo, di andarlo a trovare e di cercare di spiegargli come erano andate le cose, ma lui non mi ha più voluta sentire nè vedere.

Almeno, fino a che Ellen lo ha contattato per dirgli del nostro piano segreto contro Ludir. Lì. è stato costretto a vedermi»

«Quindi... non avete più parlato dell'accaduto?» chiese Bra.

«Di fatto, no. Non abbiamo più avuto occasione di chiarirci. Anche perché poi, come vi ho già spiegato, è successo tutto all'improvviso quando Ellen si è arrabbiata con Ludir per la morte di Bulma, quindi sono dovuta partire subito e io e lui non ci siamo più parlati»

«Ma... quindi è stato Ludir a inviare quel messaggio a David?» domandò Pan.

«Già»

«Ma perché fare una cosa del genere?»

«Perché Ludir non ha mai visto di buon occhio David, sapeva che era molto legato sia a me che ad Ellen e che quindi non poteva essere soggetto alla sua influenza: sapeva che, se avesse avuto occasione, David gli sarebbe andato contro. Inoltre, aveva paura che io ed Ellen ci potessimo servire di lui (visto che io e lei non potevamo quasi mai uscire dal Palazzo) per organizzare qualcosa contro di lui. Cosa che, in ogni caso, siamo riusciti a fare.

Quindi, gli ha inviato quel messaggio per farlo venire al Palazzo e cogliere me e Michael sul fatto.»

«Ma... se non lo voleva di torno, come mai non lo ha eliminato?» chiede Bra.

«Semplice. Ludir voleva tenerselo come "arma di ricatto" nei miei confronti: sai quante volte mi minacciava dicendo che, se non avessi fatto quello che diceva lui, sarebbe andato a uccidere David?»

«Terribile» commentò Bra.

«E comunque, il motivo per il quale voleva allontanarmi da David era anche un altro, che ho scoperto grazie a Michael.

Vedete, qualche giorno dopo quell'avvenimento, Michael venne al palazzo di Ludir per vedermi perché voleva parlarmi, ma io stavo talmente male per via di quello che era successo con David che non volevo rivederlo. Lui tuttavia insistette, facendomi capire che era una cosa urgente, quindi accettai di parlare con lui. 

Mi rivelò che quando Ludir aveva inviato l’invito per la festa a tutti i ragazzi della città, aveva precisato che chiunque fosse riuscito ad andare a letto con una di noi due, avrebbe ricevuto un premio in denaro.

Io rimasi scioccata, e Michael mi disse che quella non era stata, per lui, la ragione per la quale aveva partecipato alla festa, dicendomi che era venuto solamente per vedermi e per passare del tempo con me, anche solo in amicizia; mi disse che a lui non importava niente del denaro che Ludir aveva promesso loro. Io all’inizio non gli credetti e mi arrabbiai con lui, pensando che avesse tentato di baciarmi solo per portarmi a letto, quella sera. Tuttavia, più ragionavo e più effettivamente mi rendevo conto che lui aveva comunque rispettato il mio volere e che non aveva mai osato andare oltre, quindi decisi di non incolparlo di nulla, anche perché era chiaro come il sole che fosse sincero mentre mi parlava»

«Scusa, ma perché Ludir voleva che uno dei ragazzi venisse a letto con voi?» chiese Bra, confusa.

«Voleva che almeno una di noi due rimanesse incinta. In questo modo, avrebbe potuto allevare lui stesso un bambino Saiyan fin da piccolo, magari inculcandogli tutte le sue idee di conquista dell'Universo. Anche perché, quasi tutti noi Saiyan rimasti nel futuro siamo abbastanza grandi da sfuggire al lavaggio del cervello che lui ha sempre voluto subissimo»

Bra e Pan rimasero per un attimo spiazzate nel sentire le parole di Rose, che parevano tanto crudeli quanto assurde.

«Le cose andarono bene per me» riprese a dire Rose «in quanto, per fortuna, non successe mai nulla tra me e Michael, ma purtroppo le cose non andarono altrettanto bene per Ellen, che invece scoprì qualche giorno dopo di essere rimasta incinta»

«O mio Dio!» esclamò Pan, sgranando gli occhi e mettendosi una mano davanti alla bocca.

«Già. Il giorno dopo, quando mi sono risvegliata, andai nella camera di Ellen per vedere se stesse bene e per raccontarle ciò che mi era accaduto la sera prima con Michael, e lei mi raccontò che aveva avuto un rapporto con un ragazzo, lo stesso con la quale la avevo vista la sera prima.»

«Ma quindi…» intervenne Bra «quando l’altro giorno hai detto che Ellen è stata eliminata da Ludir… insomma lei era incinta quando è stata eliminata? E Ludir non lo sapeva?»

«No, non era incinta» affermò Rose «perché io ed Ellen, giusto il giorno prima di compiere il viaggio nel tempo, siamo andate nella stanza dello Spirito e del Tempo per allenarci, e lì, durante l’allenamento, Ellen perse il bambino. Il nostro allenamento, d'altronde, non è stato per niente leggero.»

Pan e Bra alzarono leggermente le sopracciglia, dispiaciute.

«Lo so, è una cosa molto brutta, ma è stato un bene per Ellen. Diceva sempre che non voleva dare luce ad un bambino che poi sarebbe stato allevato da Ludir, né tantomeno voleva avere un bambino in grembo durante il viaggio nel passato che avrebbe dovuto fare con me.

Ricordo ancora quanto Ellen stette male per questo fatto, ma da una parte fu positivo perché riuscì a tirare fuori il meglio di lei: tutta la rabbia che aveva dentro, infatti, si riversò nel combattimento, e le permise di migliorare tantissimo in un solo giorno»

Bra e Pan fissavano Rose con grande dispiacere, pensando a ciò che la ragazza aveva appena detto.

«Ma è orribile» esclamò Pan «Io credo che abortire sia una cosa terribile»

Rose fissò Pan per un attimo, pensando a ciò che lei stessa le aveva sempre raccomandato, nel suo futuro:

“Rose, mi raccomando. Usa sempre precauzioni con il tuo ragazzo. Non fare il mio stesso errore, perché, pur quanto io adesso sia felice con la mia famiglia, ho passato momenti molto difficili e crescere un figlio da adolescenti non è una cosa per niente facile”.

Rose aveva sempre seguito i consigli che le dava Pan, perché sapeva che lei lo diceva solo per il suo bene; è anche grazie a lei, infatti, che a Rose non era mai capitato nulla con David. Erano sempre stati attenti.

«Lo so, Pan, lo penso anche io» disse Rose, ridestandosi dai suoi pensieri «Però penso che, vista la situazione che abbiamo nel futuro, quello che è successo sia stata la cosa migliore.»

Vi fu un attimo di silenzio, durante il quale le tre ragazze pensarono ad Ellen e alla sua vicenda.

«Ma… io non ho ancora capito chi sia questa Ellen» disse Bra, interrompendo il silenzio.

«Sarà tua nipote, Bra» rispose Rose, accennando un sorriso «Ma mi devi promettere che non dirai nulla a Trunks.»

La ragazza si illuminò in un secondo, mostrando il suo stupore nei confronti di ciò che Rose aveva appena detto.

«C-certo!» esclamò Bra «Non ti preoccupare, non gli dirò nulla!»

«Scusa, Rose» intervenne Pan «non credi che, dopo tutto quello che è successo tra voi due, David possa vendicarsi e dire tutto a Ludir appena lui lo trova?»

«Non credo lo farebbe» replicò Rose «Vedete, pur quanto possa essere arrabbiato con me, lui non metterebbe mai a rischio il nostro futuro solamente per delle questioni personali.

Io sono venuta a fare questo viaggio non per svago, ma per cercare di salvare il mio tempo, nel quale tutta la popolazione mondiale è sottomessa a Ludir, e non c’è nessuno che possa fermarlo»

«E dopo la vicenda che ci hai raccontato» domandò Bra «che cosa è successo con Michael? Hai continuato a vederlo oppure no?»

«No. Il giorno stesso in cui è venuto a spiegarmi le reali motivazioni che avevano spinto Ludir a organizzare quella festa, mi disse che era dispiaciuto per ciò che era successo con David, e si era addirittura offerto di andare a parlarci per cercare di spiegargli che non era successo nulla tra di noi, ma gli avevo detto di lasciar perdere perché David avrebbe pensato in ogni caso che mentisse per me. Inoltre, era meglio evitare che si rivedessero» 

«Saggia decisione» commentò Bra «Magari si sarebbero anche presi a botte»

«Poi evidentemente ha capito che sarebbe stato meglio non intromettersi tra me e lui, perciò non ci siamo più nè visti nè sentiti.

Io mi sono dedicata al 100% al piano contro Ludir, e a cercare di metabolizzare l'enorme dolore che mi ha provocato la rottura con David.»

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18

 

«E quindi» disse Bulma «nonostante io nel futuro abbia 78 anni, sono comunque una vecchietta intelligente ed arzilla?» concluse la frase facendo l’occhiolino a Rose.

Lei, Rose, Vegeta , Trunks e Bra stavano tranquillamente discutendo in una delle grandi sale della Capsule Corporation, mentre erano a tavola ed avevano appena finito di mangiare un lauto pranzo.

Rose le rispose con un largo sorriso, al che Bulma le domandò, con tono scherzoso:

«E, dimmi, sarò anche bella come adesso?»

«Adesso non esageriamo, mamma!» intervenne Trunks, prendendola in giro «Ormai hai una certa età…»

«Che cosa vuoi dire?!» si infuriò Bulma «Guarda che tutti mi dicono che sembro molto più giovane rispetto alle donne della mia età…»

Rose e Bra ridacchiarono, ma la loro risata fu interrotta da una voce che proveniva dalla porta:

«Mi spiace interrompere la vostra conversazione»

Tutti si girarono e si ritrovarono a fissare Junior, con il suo cappello bianco e viola e il suo mantello lungo.

«Oh, ciao, Junior!» lo salutò Bulma, un po’ presa alla sprovvista «Come mai qui?»

«Rose, ho bisogno che tu venga con me» replicò Junior, con quel fare molto serio che lo aveva sempre contraddistinto.

Tutti parvero improvvisamente stupiti da quella sua affermazione, in particolare Rose, che non si aspettava assolutamente né il suo arrivo, né tantomeno la richiesta che le aveva appena avanzato.

Vegeta, a differenza degli altri, non mostrava la sua curiosità, e se ne stava a braccia conserte a guardare Junior. Forse un po’ se lo aspettava, ma neanche così tanto: d’altronde, Junior era quasi sempre intervenuto solo durante situazioni di estrema importanza, e tra sé e sé si chiedeva quale fosse il motivo per il quale aveva chiesto a quella ragazza venuta dal futuro di seguirlo. Forse, pensò, voleva discutere con lei riguardo questioni del futuro che sarebbero state importanti per il destino della Terra; Junior, d’altronde, era per metà un Dio.

«I-io?» balbettò Rose, un po’ preoccupata «è successo qualcosa?»

«No» rispose Junior «ti prego di seguirmi». Così, si girò verso la porta e svoltò l’angolo, sparendo dalla vista degli altri.

«Scusate» disse Rose agli altri, alzandosi dalla sedia «vado con Junior»

«Vai tesoro, non ti preoccupare!» esclamò Bulma, sorridendole.

Così, la ragazza uscì dalla porta, ma non vide nessuno.

“Mi trovo fuori dalla Capsule Corporation” fu la frase che sentì sussurrare nella sua testa; il tono di voce era quello di Junior. Le stava parlando telepaticamente.

La ragazza non perse tempo e subito uscì dall’edificio tondo, e trovò Junior in giardino. Appena lo vide, gli chiese, confusa:

«Junior, che succede? Perché mi hai chiesto di venire con te? Dove dobbiamo andare?»

Junior, sempre mantenendo un tono serio, rispose:

«Tu seguimi» e spiccò il volo. Rose, che non se lo aspettava, vide Junior allontanarsi talmente veloce che pensò che doveva fare in fretta, altrimenti lo avrebbe perduto facilmente; così, prese il volo anche lei e accelerò più che poteva, fino a che non lo raggiunse.

Volarono insieme per qualche minuto, ma poi cambiarono la traiettoria del volo, che, da orizzontale, divenne verticale: si stavano dirigendo verso l’alto. Rose capì subito dove si stavano recando, anche perché anche lei, più volte, aveva già percorso quella traiettoria, per andare al Palazzo del Supremo.

La ragazza si chiese quale fosse il motivo per cui la stava portando lì, per cui cercò di pensare a qualche risposta plausibile, non riuscendo comunque a trovarne una convincente che potesse giustificare una visita così avventata.

Era forse già arrivato Ludir nel suo tempo, oppure stava per arrivare e loro volevano avvisarla? Sperò nel profondo che le cose non stessero così, anche perché era troppo presto, fin troppo presto per incontrare Ludir… non si sentiva ancora pronta, e poi, Bulma non aveva ancora finito di creare l’antidoto. 

I suoi pensieri si interruppero nel momento stesso in cui lei e Junior atterrarono e videro che ad attenderli c’erano Popo e Dende, entrambi  in piedi e uno accanto all’altro, come se sapessero già del loro arrivo e li stessero aspettando. Forse, pensò Rose, Junior li aveva avvertiti prima. Oppure no; d’altronde, lei stessa conosceva il potere di premonizione e di telepatia che avevano gli Dei.

«Ciao, ragazzi» li salutò Dende sorridendo «siete arrivati. Vi stavamo aspettando»

«Lei è la ragazza di cui ti parlavo» disse Junior.

«Ciao, Rose» la salutò Dende, abbassando la testa insieme a Popo e facendo un piccolo inchino «piacere di conoscerti»

«Il piacere è mio» disse Rose, inchinandosi a sua volta; pensò subito che li conosceva già entrambi nel suo futuro, e anche molto bene: era stato Dende, d’altronde, ad averla aiutata ad affrontare il viaggio nel tempo.

«Allora, ti starai chiedendo il motivo per cui sei qui, immagino?» le domandò Dende; Rose aveva l’impressione che le avesse appena letto nel pensiero, ma pensò anche che poteva benissimo averlo dedotto dalla sua espressione, che doveva essere confusa e sconcertata.

«Esatto» rispose la ragazza, sorridendo un po’ nervosamente: non si aspettava affatto di trovarsi in quella situazione, e temeva la avessero chiamata per qualcosa di grave.

«Non ti preoccupare. Lo scoprirai subito» le disse Dende, come se volesse confortarla.

Così, entrambi si spostarono poco più in là, come se avessero bisogno di silenzio e di concentrazione; ma soprattutto, di stare da soli. Dende la fece sedere sul pavimento a gambe incrociate e così fece anche lui, mettendosi di fronte a lei. Rose pensò subito che volesse dirle qualcosa che la avrebbe scossa, dal momento che lui sembrava voler creare un ambiente tranquillo nel quale parlare con lei; tutte le sue supposizioni, però, si rivelarono infondate nel momento stesso in cui lui disse:

«Rose, adesso ti chiedo di chiudere gli occhi ed incrociare le mani. Sii completamente rilassata, e concentrati sulla tua energia interiore»

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


CAPITOLO 19

 

Rose faceva tutto ciò le diceva Dende, ma continuava comunque a non capire il motivo per cui le stesse facendo fare quelle cose: erano esercizi per imparare a controllare la propria energia, cosa che lei, essendo una Saiyan, aveva sempre saputo fare fin da bambina.

“Rose, concentrati più sulla tua energia che sui tuoi pensieri!” fu la frase che Rose sentì pronunciare da Dende nella sua testa. La ragazza aprì un attimo gli occhi per guardarlo, ma poi li richiuse e cominciò a concentrarsi più che poteva.

I pensieri si fecero pian piano più tranquilli e la ragazza si rilassò quasi completamente, fino a che non sentì di nuovo la voce di Dende nella sua testa:

“Adesso concentrati sul tuo respiro e lascialo fluire”

Sembravano esercizi di meditazione, e Rose si stava rilassando talmente tanto che a momenti non sentiva quasi più il suo corpo, ma solamente la sua energia interiore.

Passò qualche minuto, dopodiché sentì Dende porre una mano sul suo braccio, in modo molto delicato. All’inizio non accadde niente, ma poi all’improvviso sentì una sorta di scarica elettrica provenire dal braccio di Dende, che si inoltrava nel suo corpo; la ragazza tentò di resistere al fastidio che la scarica provocava mentre si addentrava dentro di lei, ma ad un certo punto il suo corpo cominciò a tremare e nella sua mente apparve un’immagine: c’era lei, Rose, ma non la Rose col suo corpo. 

Aveva un altro corpo. E si trovava in un punto indefinito nell’Universo, mentre, tra le stelle, osservava alcuni pianeti sottostanti.  Più che osservarli, sembrava li stesse controllando e manovrando, attraverso il suo sguardo.

Improvvisamente, così come era arrivata, l’immagine scomparve; il suo corpo non ce la faceva più, in quanto continuava a tremare e non riusciva più a sopportare la scarica elettrica emanata dal braccio di Dende.

Così, la ragazza si liberò dalla presa e il suo corpo smise di tremare; subito dopo aprì gli occhi, mostrandosi in uno stato chiaramente agitato e confuso.

Guardò Dende come se volesse chiedergli spiegazioni, ma lui, notando la sua espressione, sembrò dapprima prendere coscienza di qualcosa, e poi assunse un’espressione soddisfatta. 

Perché, pensò Rose, Dende doveva essere così compiaciuto dopo che lei era stata male? Sicuramente tutto quel trambusto l’aveva scombussolata, anziché rilassarla.

Dende accennò un sorriso, e subito si avvicinarono Popo e Junior, il quale chiese a Dende:

«Allora?»

«Junior, avevi ragione. Rose, mi sai descrivere che immagine hai visto nella tua mente mentre facevamo l’esercizio?»

«I-io, ehm» tentò di rispondere la ragazza, un po’ sconvolta «ho visto me stessa, ma non proprio me stessa: ero diversa in qualche modo, e credo avessi un altro corpo. Mi trovavo nell’Universo e stavo guardando un ammasso di pianeti di fronte a me»

Junior e Dende si scambiarono subito un’occhiata.

«E perché li stavi guardando? Voglio dire, hai avuto la sensazione che un pianeta fosse il tuo pianeta natio oppure no?» le chiese Junior.

«In realtà no. Ho avuto più la certezza di stare guardando quei pianeti per controllarli, in qualche modo»

Junior e Dende si guardarono di nuovo, ma questa volta diversamente: sembravano aver capito qualcosa che invece a Rose sfuggiva completamente. Che avevano da guardarsi? Pensò la ragazza. Che cosa avevano scoperto che lei non sapeva?

A quel punto Dende si alzò e aiutò la ragazza a fare altrettanto, dopodiché le disse:

«Rose, dobbiamo dirti una cosa. Tu non sei solo una terrestre e una Saiyan, tu sei l’incarnazione di un Dio»

Rose sgranò immediatamente gli occhi e, guardando Dende, non riuscì nient’altro che a dire «Che cosa?!»

Credeva fosse uno scherzo organizzato da Dende e da Junior, ma più li guardava e più capiva che non c’era alcun tipo di scherzo: i due ricambiavano il suo sguardo smarrito con delle espressioni serissime.

«Voi… state scherzando, vero?» chiese lei.

I due scossero la testa, e Dende disse:

«Vedi, Rose, se avessi fatto fare l’esercizio che hai fatto tu a chiunque altro, nessuno, ricevendo la mia scossa, avrebbe reagito tremando in questa maniera, ma, soprattutto, nessun altro avrebbe potuto avere una visione come quella che hai avuto tu. In altre parole, solo un dio avrebbe potuto rispondere alla mia scossa in questo modo. Un semplice umano avrebbe percepito solo un piccolo fastidio al braccio, e nient'altro»

Rose, sempre più confusa, chiese:

«M-ma… che cosa vuol dire, esattamente, che sono “l’incarnazione di un Dio”? Insomma, gli dei vivono in mondi completamente separati da noi e si occupano di altre faccende, come posso io essere uno di loro?»

«Tu hai visto te stessa nell’universo, mentre osservavi dei pianeti. E li stavi controllando.» disse Junior «Vedi, il controllo dei pianeti, anzi delle cose ma anche delle persone, è di proprietà esclusiva degli dei. Se non sbaglio anche tu hai questo potere, vero?»

A Rose vennero subito in mente una miriade di immagini: da quando aveva memoria, ricordava di essere sempre stata in grado sia di leggere nella mente delle persone, che di controllarne (in parte) le azioni. Ricordava di quando usava il suo potere per leggere la mente di suo padre e di sua madre, che le era tornato parecchie volte utile per evitare di ricevere una punizione; ricordava anche di tutte quelle volte che, litigando con Ellen quando erano entrambe piccoline, lei riusciva ad evitare che la colpisse grazie ad un piccolo sforzo della mente, bloccando a mezz’aria il pugno che Ellen le stava per sferrare.

Credeva che tutto questo fosse normale. Nel suo futuro, sia i suoi genitori che Ellen sapevano della sua capacità di leggere nella mente degli altri, ma nessuno sapeva della sua capacità di controllare il corpo e le azioni delle persone; d’altronde, lei stessa non sapeva gestire bene quest’ultimo potere, in quanto era una delle cose che giudicava più difficili in assoluto.

«Sì» sibilò Rose, come se stesse cercando di rassegnarsi ad una verità ormai evidente. Poi alzò lo sguardo verso di loro: «Oltre al controllo delle persone e delle cose, sono anche in grado di leggere nella mente degli altri»

Nessuno dei due parve stupito, mentre la ragazza, invece, era scossa. Non poteva credere alle sue orecchie: un dio? Non sapeva neanche bene come fossero fatti gli dei, che ruolo avessero nell’universo, quanti ce ne fossero… Non sapeva niente di loro.

«Vedi, Rose» disse Dende «questi poteri che tu hai non sono affatto comuni, nemmeno tra i Saiyan. I Saiyan sono tra i combattenti più forti dell’Universo, ma non si è mai sentito di qualcuno che avesse questo tipo di poteri.

Devi sapere, inoltre, che gli dei si possono incarnare: possono decidere di nascere in un pianeta a loro scelta. Sta a loro discrezione se decidere di incarnarsi con un obiettivo ben specifico oppure per sperimentare semplicemente la vita di un determinato pianeta; di solito, però, gli dei si incarnano per un motivo ben preciso, ovvero per portare a compimento un obiettivo. Inoltre, è estremamente raro che gli dei si incarnino, e non è neanche permesso a tutti gli dei: possono farlo solo quelli delle cerchie più alte»

«Delle cerchie più alte?» ripeté Rose «alte quanto?»

«Non lo sappiamo di preciso» ribatté Junior «Ed è per questo che avremo bisogno dell’aiuto di qualcun altro per scoprirlo»

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO 20

 

Passarono alcuni giorni da quando Rose si era recata per la prima volta al Palazzo del Supremo del tempo in cui si trovava, e non aveva ancora riferito a nessuno dell’accaduto. Non aveva ancora detto a nessuno di avere scoperto quelle cose su sé stessa, anche perché era lei stessa a non capirci molto.

Sapeva chi erano gli dei, ma oltre al Supremo non ne aveva mai conosciuto uno; aveva molte domande che le frullavano nella testa, e alle quali non riusciva a dare una risposta chiara; era venuta in quel tempo per risolvere la situazione nel suo futuro, invece si era ritrovata a scoprire quelle cose su sé stessa… alle quali stentava a credere. Lei era Rose, come poteva essere anche qualcun altro, o meglio dire qualcos’altro?

«Rose» le disse Dende «cerca di rilassarti più che puoi e di liberare la mente»

La ragazza si trovava al Palazzo del Supremo, in quanto Dende e Junior avevano stabilito che doveva recarsi da loro regolarmente, in quanto, a detta di Junior, “avevano il compito di aiutarla a riscoprire la sua vera identità”.

Rose, come in tutti gli esercizi che le facevano fare, teneva il braccio appoggiato su quello di Dende, in modo che lui potesse stabilire un collegamento con la “divinità” che c’era nella ragazza, per poterla risvegliare. In quel momento, Dende le stava facendo fare un esercizio diverso: era un esercizio di visualizzazione, secondo il quale doveva immaginare di essere in un determinato luogo.  

Rose era scettica nei confronti dell’esercizio, in quanto pensava che non la avrebbe portata a niente: in fondo, si trattava solamente di visualizzare qualcosa. Niente di reale, dunque.

La ragazza cadde in uno stato profondo di tranquillità, nel quale sentiva solo l’energia che lei e Dende si scambiavano attraverso il braccio. 

Fu allora che tutto accadde: all’improvviso, nella sua mente apparve un’immagine, molto vivida. Vide sé stessa insieme a delle persone, numerose persone con le quali chiacchierava tranquillamente e si sentiva a proprio agio: era felice. Quelle persone, però, avevano dei tratti molto strani, che la ragazza non aveva mai visto: sicuramente non erano umani. Dialogava con loro in una lingua strana, che Rose, in quel momento, capiva benissimo, come se la conoscesse da sempre.

All’improvviso, però, tutto cambiò: dal cielo vide arrivare due navicelle spaziali, abbastanza piccole e di forma circolare, che atterrarono giusto vicino a loro; subito si scatenò il panico tra la folla, che cominciò ad urlare e ad allontanarsi. Alcuni bambini, che evidentemente tenevano particolarmente a lei, si nascosero invece dietro le sue spalle, impauriti.

Lei era l’unica ad essere rimasta immobile, poiché non aveva paura dei nuovi arrivati: li conosceva benissimo. Dalle navicelle spaziali vide scendere due uomini, molto possenti e robusti e con i capelli neri; portavano all’occhio un radar, e avanzavano con fare molto serio e quasi minaccioso verso di lei.

«Tu» disse uno dei due «sei riuscita a sottomettere la popolazione di questo pianeta? Mi raccomando non familiarizzare troppo con loro.

Ormai ti abbiamo dato troppo tempo, e il tempo a tua disposizione per sottometterli è scaduto»

Si guardò un attimo attorno, osservando con aria disgustata le persone che erano andate a rifugiarsi dietro le capanne, e disse: «Questo popolo ci è completamente inutile. Non hanno tecnologie né nient’altro per cui valga la pena tenerli in vita» poi, girandosi verso di lei, disse: «Ti ordino di eliminarli tutti. Adesso. Così potrai porre rimedio a tutti i danni che hai fatto in passato e dimostrare così la lealtà nei confronti del nostro Re»

Nella sua mente, Rose ripercorse velocemente tutti i “danni” ai quali l’uomo si stava riferendo: infatti, aveva più volte cercato di salvare le popolazioni che la razza a cui apparteneva lei stessa aveva cercato di eliminare. Il suo obiettivo era quello di fare finta di essere dalla loro parte, essere mandata su quei pianeti e fare finta di sottometterli. Invece, voleva salvarli dalla furia distruttiva del suo popolo.

«Datemi ancora tempo» si ritrovò a dire lei «Vedete, il pianeta è grande e non tutte le persone sono state sottomesse…»

«Dal momento che le cose stanno così» la interruppe lui «non ci resta altro che eliminarli noi tutti quanti, uno a uno»

I due volarono verso l'alto e lei, sapendo esattamente che cosa stessero per fare, cominciò ad urlare agli altri, più veloce che potevai:

«Mettetevi in salvo! Scappate!»

Tutti si misero a gridare e fuggirono disperati, mentre le onde energetiche dei due uomini cominciavano a devastare il territorio; lei, nel frattempo, tentava, il più velocemente possibile, di salvare più vite che poteva proteggendo loro dalle onde energetiche dei due che arrivavano dal cielo. Però era del tutto inutile: sarebbe stato solo questione di tempo, e i due avrebbero raso al suolo l’intero pianeta. Così, decise di avvicinarsi a più persone possibili per toccarle e teletrasportarle in un altro pianeta: ovviamente doveva portarli in uno disabitato, in modo che il suo popolo non sospettasse la presenza di una vita sul pianeta e non cominciasse ad attaccarlo.

Nonostante i suoi sforzi, riuscì a salvare solo pochissime persone, e dopo qualche minuto il pianeta già non esisteva più.

La sua furia fu inarrestabile: sentì crescere dentro di sé talmente tanta rabbia che andò subito all’attacco dei due, senza pensarci su due volte. Combatterono entrambi contro di lei, ma lei era talmente in preda alla rabbia che riusciva a parare i loro colpi e a sferrarne altrettanti; usava anche molto spesso uno dei poteri che le riusciva meglio: il controllo delle persone. 

Quindi, si concentrò sui due, che puntarono le mani verso di lei con il palmo aperto, sul punto di lanciarle delle onde, ma rimasero fermi in quella posizione, impossibilitati a muoversi. 

Ne approfittò subito per attaccarli; inutile dire che lo scontro si concluse con l’eliminazione dei due, e lei, stremata dal combattimento, decise che sarebbe dovuta scappare su un altro pianeta, in quanto la schiera dei combattenti del Re e il Re stesso lo avrebbero sicuramente scoperto di lì a poco e sarebbero andati a cercarla. Doveva scappare.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


CAPITOLO 21

 

Non fece in tempo a trovare un pianeta nel quale rifugiarsi, in quanto nel tragitto che percorse riuscì solo a vedere pianeti disabitati oppure abitati da popolazioni già sotto il controllo della sua razza. Dunque fu solo questione di tempo che vide tantissime navicelle pararsi davanti a lei e bloccare il suo passaggio; pur quanto tentò di liberarsi di loro, non ci riuscì e la catturarono.

La portarono sul suo pianeta d’origine, nel quale sperava di potersela cavare in qualche modo, esattamente come aveva fatto in passato; ormai, però, era un po’ scettica e non credeva, questa volta, di potersela cavare tanto facilmente. Aveva già fatto troppo.

Fu condotta direttamente al cospetto del Re, trascinata da due dei suoi soldati; la gettarono lì, di fronte a lui, e Rose sentì, quasi come fosse reale, il suo corpo sbattere per terra contro il pavimento del Palazzo. Riuscì a fatica ad alzarsi da terra, e il Re, un uomo sulla cinquantina, muscoloso e con i capelli neri che si rizzavano verso l’alto, disse:

«Bene. Mi hanno detto più e più volte che non sei riuscita a portare a compimento tutte le missioni che ti abbiamo affidato. E’ un vero peccato, anche perché sei una delle migliori combattenti che abbiamo»

Il Re le posò una mano sul mento e la accarezzò, aggiungendo: «Nonché una delle più belle»

Lei gli tolse subito la mano dal viso con un rapido movimento del braccio, guardandolo infastidita ed arrabbiata.

«So che hai sempre avuto un carattere difficile» proseguì lui, camminando per la stanza con le mani dietro la schiena «ma noi ti abbiamo sempre accettata, facendo in modo che tu ti sentissi a tuo agio.

Sai benissimo che ti abbiamo dato una casa fin da quando eri una ragazzina, e ti abbiamo sempre accudito»

«Ah sì?» lo aggredì lei «Quindi prendere in ostaggio tutta la mia famiglia solo perché avevate scoperto che io ho dei poteri speciali, e usarmi in modo che io obbedissi ai vostri ordini di distruzione vuol dire “accudire una persona”?»

Il Re si fermò e la fissò con uno sguardo molto serio.

«E’ stato necessario. Se non avessimo preso “in custodia” la tua famiglia, tu non avresti mai obbedito ai nostri ordini. I tuoi poteri sono troppo importanti ed utili per i nostri obiettivi di conquista dell’universo; non potevamo lasciarti andare così.

Purtroppo, nonostante ciò, tu non hai mai obbedito fino in fondo ai nostri ordini e, anziché sottomettere i pianeti in cui ti abbiamo mandato, trattavi tutti con gentilezza ed amore e addirittura hai tentato più volte di salvarli» sul suo viso apparve un espressione di disgusto.

«Noi te ne abbiamo perdonate tante, con la speranza che tu potessi migliorare, e invece no… Adesso siamo arrivati al limite. Ti ho più volte detto che se avessi sbagliato un’altra volta e non avessi obbedito ai nostri ordini, uno dei tuoi familiari ci sarebbe andato di mezzo.

Ora, dal momento che non ci possiamo più fidare di te, e dal momento che tu hai provocato innumerevoli danni ai nostri piani di conquista, ho deciso di ripagarti con la tua stessa moneta»

Una porticina non poco distante dal trono si aprì e comparve uno dei soldati del re che teneva sua sorella, la sua sorellina, con le mani legate dietro la schiena. Sul suo volto si leggeva un’espressione chiaramente spaventata, ma anche un po’ rassegnata, come se fosse a conoscenza di ciò che stesse per accadere di lì a poco.

«No, no!» si mise ad urlare Rose, guardandola e tentando di andare verso di lei per liberarla; i soldati del Re dietro di lei, però, furono più rapidi e la trattennero con tutte le loro forze, affinché rimanesse bloccata a guardare la scena che si stava per compiere proprio di fronte ai suoi occhi.

Fu solo questione di secondi, che vide il braccio del Re alzarsi dritto verso sua sorella, e lanciare un’onda potente verso di lei.

Il soldato che la teneva subito si scansò per non essere colpito, e la ragazza cadde per terra.

Rose intanto sentiva il suo corpo dimenarsi dalla presa dei due, che decisero di lasciarla andare; subito corse da lei e, con le lacrime agli occhi, tentava di richiamare in vita la sorella, tastandole il volto.

Era stata tutta colpa sua se era stata uccisa… tutta colpa sua…

«E ora è il tuo turno» sentì il Re pronunciare. Si girò verso di lui e lo vide puntare il braccio verso di lei: non oppose nemmeno resistenza, perché non ce l’avrebbe mai fatta e poi perché si sentiva felice al solo pensiero di poter raggiungere sua sorella.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


CAPITOLO 22

 

Rose non ce la faceva più. Il dolore di quelle visioni era troppo forte, quasi come se fosse reale e palpabile: così, allontanò di scatto il braccio da quello di Dende e, sudando e ansimando, si lasciò andare all’indietro, poggiando le mani sul pavimento dietro la sua schiena.

Impiegò qualche minuto ad aprire gli occhi, lasciando che il respiro affannoso si facesse pian piano più calmo. Lentamente, aprì gli occhi e guardò Dende, che era lì, proprio di fronte a lei, con le braccia appoggiate sulle cosce in attesa che lei si riprendesse dallo stato di agitazione che l’aveva travolta.

«C-che cos’era?» fu la domanda che Rose riuscì a pronunciare, fissando Dende sconvolta.

«Non so, Rose» replicò Dende «Tu che cosa hai visto?»

Così la ragazza gli raccontò per filo e per segno tutto ciò che aveva visto, mentre sia Dende che Junior la ascoltavano con attenzione.

Alla fine del suo racconto, Dende e Junior si scambiarono un’occhiata veloce, dopodiché Dende le spiegò:

«Rose, ciò che hai visto si tratta di un ricordo. Hai appena visto un ricordo di una tua vita passata, e credo di andare sul sicuro dicendo che, in base a ciò che mi hai appena raccontato, tu sia stata incarnata sul pianeta Vegeta»

«Il pianeta Vegeta?» ripeté Rose «Vuoi dire il pianeta dove vivevano i Saiyan?»

«Esattamente» intervenne Junior «Da come li hai descritti sembravano proprio loro. E poi, loro sono stati gli unici nel corso dei secoli ad aver tentato di colonizzare l’intero Universo; fino ad adesso, infatti, ci sono sempre state singole personalità a voler dominare l’Universo, ma la razza dei Saiyan è stata l’unica ad aver cercato di sottomettere e conquistare quasi tutti i pianeti di questo Universo.

Questi avvenimenti sono successi tantissimo tempo fa. Come forse saprai, il pianeta Vegeta è stato distrutto da Freezer meno di un secolo fa, e fino ad allora i Saiyan erano i dominatori di questo Universo. Non so precisamente a quando risalga il tuo ricordo, ma in base a ciò che mi hai detto potrebbe essere 200 o 300 anni fa»

Rose spalancò gli occhi. Ma che stavano dicendo? Erano per caso fuori di testa? Lei era solo una ragazza, lei era Rose… Com'era possibile che fosse vissuta 200-300 anni fa? E che cosa erano tutte quelle “incarnazioni”, "vite passate" di cui stavano parlando?

«Ma come» cominciò a dire lei «Mi avete detto l’altra volta che sarei l’incarnazione di un “dio”, e adesso mi dite anche che sono stata una Saiyan già in una mia vita precedente?»

«E’ naturale» le rispose Dende, sorridendole «Tu sei un dio, e come ti ho già detto solo quelli di alto rango possono incarnarsi; possono dunque scegliere quante volte farlo a loro piacimento, non c’è un limite. Evidentemente, tu secoli fa hai deciso di incarnarti sul pianeta Vegeta, mentre adesso sei qui sulla Terra. Ma rimani comunque un dio»

Rose era sempre più confusa; ripensò un attimo a quando vide, nella sua visione, sé stessa intenta a controllare il corpo di quei due uomini che la stavano attaccando.

Anche la sé della sua visione, pensò, era effettivamente in possesso degli stessi poteri che aveva lei adesso.

Ripensò anche velocemente all’ultima scena che aveva visto: sua sorella morire… sua sorella…

Le venne in mente l’immagine di lei, e sentì una sensazione strana; era quasi come se… la conoscesse già.

C’era qualcosa che non andava… più pensava a lei, più sentiva che stava per afferrare qualcosa che le sfuggiva…

All’improvviso, le venne in mente cos’era: quella ragazza le ricordava terribilmente qualcuno. Aveva la sensazione che lei fosse qualcuno che conosceva bene.

Si mise una mano sulla fronte e chiuse gli occhi, come se si stesse spremendo le meningi per arrivare a quella conclusione, che arrivò subito dopo: Ellen. Sì, adesso aveva capito: aveva come la sensazione che la ragazza della sua visione fosse in realtà Ellen.

Riferì subito il tutto ai due namecciani davanti a lei.

«Ellen?» ripetè Dende «Ellen quindi nel tuo futuro sarebbe la figlia di Trunks?»

«Esattamente» rispose lei.

«Beh, potrebbe veramente essere lei» disse Junior «d’altronde, la possibilità di reincarnarsi non è data solamente agli dei di rango elevato. Lo possono fare anche altri tipi di esseri viventi. Quindi, potrebbe benissimo essere che quella ragazza che hai visto nella tua visione fosse la reincarnazione di Ellen, anzi, viceversa»

Rose rimase di stucco. In così pochi giorni, la sua vita era cambiata radicalmente: aveva scoperto delle cose di cui non era mai stata minimamente a conoscenza, e che non si sarebbe mai aspettata di sapere.

Tutto ciò la spaventava, oltre che ad incuriosirla: se Dende e Junior stavano dicendo la verità, o meglio, se tutte le sue visioni fossero vere, allora chi era lei realmente? 

Certo, lo sapeva, glielo avevano detto, ma stentava a crederci. Le erano cadute le poche certezze che aveva, per lo meno sulla sua identità: non solo lei era Rose, ma era anche qualcos’altro, che Dende e Junior definivano un dio.

Non sapeva come affrontare la cosa, così si alzò e disse:

«Scusate, si è fatto un po’ tardi. Vorrei tornare a casa»

«Va bene, abbiamo già fatto abbastanza per oggi» le disse Dende sorridendole.

«Rose» la chiamò Junior prima che la ragazza potesse spiccare il volo «Ricordati che devi venire qui anche nei prossimi giorni. Il nostro lavoro non è ancora finito»

La ragazza gli rispose con un cenno del capo, dopodiché prese il volo.

Non vedeva l’ora di andarsene da lì e di andare a riposare; ma, soprattutto, aveva voglia di andare dalla sua famiglia, dai suoi parenti, con i quali si sentiva al sicuro. Tutto ciò che era accaduto oggi l’aveva scombussolata, e aveva bisogno di tempo per elaborare tutto.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


CAPITOLO 23

 

Gli allenamenti tra Rose e Goku si intensificavano sempre di più: suo nonno era curioso di imparare a conoscere la ragazza che un giorno sarebbe stata sua nipote, e inoltre aveva un buon pretesto per allenarsi non solo durante il periodo di pace, ma soprattutto per essere preparato all’arrivo del famigerato Ludir; Rose, dall’altra parte, voleva rafforzarsi sempre più ed aumentare la propria forza combattiva.

Inoltre, le piaceva moltissimo stare insieme a suo nonno: lo riteneva una persona affabile, gentile e di buon cuore, e pensava che fosse stato proprio un peccato che né lei né suo fratello, nel futuro, avessero avuto la possibilità di conoscerlo. Per di più, il nonno era davvero un esperto nelle arti marziali, e lei aveva imparato tantissimo da lui: credeva infatti di essere addirittura arrivata al limite della forma del Super Saiyan di primo livello, anche se non ne era poi così sicura.

Durante la fine di uno dei loro allenamenti, Goku le propose di allenarsi nella Stanza dello Spirito e del Tempo, in quanto lì dentro avrebbero davvero potuto allenarsi al pieno delle proprie capacità, senza curarsi di provocare danni all’ambiente circostante. Rose accettò senza neanche pensarci su, mostrandosi molto entusiasta della sua proposta.

«Cominciamo!» disse Goku, assumendo la tipica posizione di combattimento e quello sguardo di sfida che Rose si era tanto abituata a vedere sul suo volto.

I due erano nella stanza dello Spirito e del Tempo, in quanto Dende aveva concesso loro di allenarsi lì dentro: d’altronde, lui stesso, essendo Supremo della Terra, teneva quasi più di loro all’incolumità del pianeta.

«Però» continuò a dire Goku «stavolta dovremo combattere fin da subito al pieno delle nostre potenzialità. Quindi ci trasformeremo in Super Saiyan già da adesso» detto ciò, si trasformò, mantenendo la sua statura di bambino. Così, Rose lo imitò e cominciò un combattimento serrato: Rose voleva mettercela tutta, e lo stesso valeva per Goku, che voleva metterla alla prova.

I due se la diedero di santa ragione per qualche minuto, dopodiché il combattimento si fece ancora più intenso e Goku decise di trasformarsi in Super Saiyan di terzo livello. Rose non si aspettava quel cambiamento così repentino, così, rimasta un attimo immobile dallo stupore, fu colpita in viso da un pugno di Goku, che la mandò per terra.

Si era fatta molto male, e sentiva la testa pulsare; nello stesso tempo, però, si accorse che Goku stava arrivando verso di lei a gran velocità per attaccarla. Non era ancora pronta, così alzò le braccia con le mani aperte verso la direzione nella quale stava venendo Goku, e con tutte le forze tentò di bloccare il suo volo.

Goku, intenzionato ad attaccarla, sentì all’improvviso il suo corpo arrestarsi a mezz’aria, come se ci fosse una forza invisibile a tenerlo, ad impedirgli di continuare il suo volo. Cercò di muovere le braccia e le gambe, ma non riuscì nel suo intento: non riusciva a capire di che cosa si trattasse. Mosse gli occhi verso Rose, che era per terra con le braccia rivolte verso la sua direzione, e si chiese che cosa stesse facendo: la vedeva parecchio concentrata, mentre aveva gli occhi fissi su di lui, immersi in una concentrazione che deformava il suo volto in una smorfia, causata dall’enorme sforzo che stava facendo la sua mente in quel momento.

In particolare, notò che più cercava di muovere le braccia e gambe immobilizzate, più le braccia di Rose tremavano. Fu una questione di secondi, e Goku riuscì finalmente a liberarsi da quelle che gli sembravano essere delle catene invisibili, ritrovandosi improvvisamente a continuare il tragitto che aveva iniziato qualche minuto prima; arrivato a terra, però, dovette fermarsi in quanto Rose era sparita.

Girò lo sguardo a destra e a sinistra per cercarla, ma subito dopo sentì un colpo fortissimo alla schiena; si girò di scatto e ricevette un pugno in faccia, che lo fece cadere per terra. Rose si posizionò davanti a lui con le mani sui fianchi, guardandolo con un’espressione soddisfatta e di sfida.

«M-ma che cosa mi hai fatto?!» le chiese Goku, alzandosi da terra.

«A che cosa ti riferisci?»

«A quando sono rimasto a mezz’aria senza neanche riuscire a muovermi!»

«Ah!» Rose capì all’improvviso, e sul suo volto comparve un sorriso «Ho semplicemente usato i miei poteri per immobilizzarti. Mi ero fatta male dopo il pugno che mi hai tirato e se ti avessi lasciato proseguire mi avresti fatto ulteriormente male. Non ero pronta a difendermi»

Goku la guardò allibito, mentre da Super Saiyan di terzo livello scese alla forma normale. Non credeva alle sue orecchie!

«C-che cosa? Tu sai controllare le persone?!»

«Sì» affermò Rose, incrociando le braccia.

«Che cosa strana! A parte Bills, non avevo mai conosciuto prima qualcuno che avesse questo potere!»

«Chi è Bills?»

«E’ il dio della distruzione. Lo abbiamo conosciuto un sacco di tempo fa, ed è fortissimo»

Rose pensò che non fosse molto strano ciò che Goku le aveva appena detto: d’altronde, le era stato detto che solo gli Dei possedevano quello specifico potere. Decise però di non rivelare ancora niente della sua vera identità a nessuno, almeno fino a quando lei stessa non fosse stata certa e pronta a rivelare quell’informazione così particolare.

«Bene. Allora cercherò di raggiungere la sua potenza!» disse la ragazza, aumentando tutto d’un tratto la sua aura di Super Saiyan e sferrando un calcio a Goku, che parò subito con il braccio.

Così, i due ripresero a combattere e Rose dovette impegnarsi al massimo, soprattutto quando il nonno si trasformò in Super Saiyan di quarto livello: la ragazza non se lo aspettava minimamente, ma questa volta non lasciò che il suo momento di stupore si trasformasse in un’occasione, da parte di Goku, per attaccarla; cerco di schivare tutti i tuoi colpi, e nel frattempo lo osservava: suo nonno, dalla statura di bambino con la quale lo aveva conosciuto, era improvvisamente diventato “grande”, e di fronte a quella statura massiccia e quella potenza smisurata la ragazza non credeva di poter avere qualche speranza.

Riuscì comunque ad impegnarsi più che poteva, anche se l’allenamento la stava completamente provando; una o due volte fecero qualche pausa per mangiare e per dormire, anche se il nonno cercava di limitare le pause per poter combattere più a lungo.

Così, passata l’intera giornata nella stanza, i due uscirono il mattino seguente, stremati ma nello stesso tempo soddisfatti dell’allenamento e dell’elevato livello di energia che avevano raggiunto.

Rose, nonostante fosse provata dall’allenamento, era nello stesso tempo contenta, in quanto, dopo una giornata intera passata ad allenarsi, la aspettavano le deliziose pietanze che preparava sua nonna: infatti, di lì a poche ore avrebbero dovuto recarsi a casa di Gohan e Videl per il pranzo.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


CAPITOLO 24

 

«Rose, tesoro!» esclamò Chichi all’improvviso mentre stavano mangiando tutti assieme, rivolgendole un largo sorriso «Se non sbaglio hai passato un giorno intero nella stanza dello Spirito e del Tempo. Quindi è come se per te fosse passato un anno, giusto?»

«Sì, esatto» rispose la ragazza, sorridendole a sua volta.

«Quindi adesso dovresti avere 18 anni, vero?»

Rose fece due conti a mente: allora, attualmente doveva avere 16 anni, ma in pratica ne aveva  17 per via del fatto che era andata con Ellen, poco prima di partire, nella Stanza dello Spirito e del Tempo ad allenarsi. Con l’allenamento che aveva appena concluso con Goku, era passato un altro anno per lei, quindi in totale aveva 18 anni. Chichi non sbagliava.

«Hai ragione» disse la ragazza, leggermente stupita: nemmeno lei si era accorta di avere compiuto 18 anni, talmente assorbita com’era negli ultimi giorni tra gli allenamenti con Goku, gli esercizi con Junior e Dende e l’aiuto che dava a Bulma in laboratorio!

«Perfetto!» esultò Chichi, ancora più raggiante di prima «Allora ti organizzeremo una bella festa di compleanno! Ho notato che ultimamente hai avuto parecchio da fare e ormai è passato un mese dall’ultima volta che abbiamo mangiato tutti insieme con Bulma e gli altri, quindi sarebbe anche un’occasione di stare un po’ tutti assieme e di festeggiare il tuo compleanno! Che ne dici tesoro?»

Rose accennò un sorriso: non si aspettava di ricevere una proposta simile, e il solo pensiero di avere un’altra occasione per stare tutti insieme e per festeggiare, soprattutto prima che arrivasse Ludir, la rendeva molto felice.

Non c’era sensazione più bella per lei, in quel momento, di ritrovarsi in compagnia dei suoi familiari, gli stessi verso i quali, nel corso dell’ultimo anno, aveva sentito una terribile mancanza. Inoltre, ricevere così tanto affetto da persone per le quali, in teoria, lei era un’estranea, significava che ognuno dei membri della sua famiglia l’avevano accettata e ri-conosciuta.

Ormai le volevano bene; erano le stesse identiche persone meravigliose che lei conosceva nel suo futuro, solo che in versione più giovane. Guardò sua nonna Chichi, sua zia Videl, suo zio Gohan e sua cugina Pan, e sorrise. Goku, invece, era come al solito troppo concentrato a mangiare il suo cibo, probabilmente per recuperare tutte le energie che aveva perso nel combattimento con Rose; la ragazza, che ormai aveva imparato a conoscerlo, sorrise di fronte a quella scena e rispose alla nonna, raggiante:

«Certo! Perché no?»

«Ottimo!» esclamò Chichi incrociando le mani «Allora informo Bulma. Vedrai che cosa buone che ti prepareremo! Però voglio che questa volta la festa sia qui, a casa nostra, sui monti Paoz. D’altronde, noi abbiamo un sacco di spazio e di natura incontaminata che Bulma non ha alla Capsule Corporation» concluse facendole l’occhiolino.

Tutti finirono di mangiare e, nel frattempo, Rose ebbe tempo di riflettere a ciò che le aveva appena detto la nonna. Aveva già compiuto 18 anni e nemmeno se ne era accorta! Si chiese come li avrebbe festeggiati, se niente di tutto ciò fosse accaduto, se Ludir non fosse mai comparso sulla Terra. Chissà, forse Ellen le avrebbe organizzato una festa a sorpresa, conoscendola. Oppure lo avrebbe fatto David? O tutti e due…

La ragazza, dopo aver aiutato a sparecchiare, si sedette sul divano e osservò Pan, intenta a guardare la tv con i gomiti appoggiati sul tavolino davanti al televisore e con un’espressione annoiata stampata sul volto.

«E’ stranissimo sapere che in questo tempo io sia più grande di te, Pan!» le disse, attirando la sua attenzione.

«Perché, io nel tuo futuro quanti anni ho?»

«Sei molto più grande di me! Hai 32 anni»

«Wow!» Pan si animò all’improvviso, alzandosi leggermente e sbattendo le mani sul tavolo «Allora conosci benissimo il mio futuro!»

«Certamente. Conosco il futuro di tutti quanti voi»

Gli occhi di Pan presero a brillare: guardava sua cugina con enorme curiosità, esattamente come se stesse guardando una palla magica che aveva il potere di predire il suo futuro.

Pan si avvicinò un po’ di più alla ragazza dai capelli castani, e le domandò:

«E dimmi, nel futuro ho un fidanzato? E chi è? Avrò dei figli? Sarò…»

«Pan» la interruppe Rose «E’ inutile che tu mi faccia tutte queste domande. Non ti posso rispondere»

«Perché?» chiese Pan, assumendo un’espressione triste e sconsolata.

«Pan» intervenne Gohan «Rose non può dirtelo perché se lo facesse il nostro presente potrebbe cambiare radicalmente. Il tempo non è qualcosa con cui poter giocare»

Pan parve ancora più imbronciata e si mise a braccia incrociate sul tavolo, appoggiando la testa sopra.

«Ed è anche per questo» disse Videl rivolta a Pan «che tuo zio non sa nulla riguardo questa faccenda»

Rose pensò a Goten, che in quel momento non c’era: non era un avvenimento molto strano, dal momento che, nell’ultimo mese, lo aveva visto solo pochissime volte. Il suo futuro padre, infatti, era quasi sempre fuori casa, in quanto passava la maggior parte del suo tempo con Valese. Inoltre, durante quelle poche volte in cui lui si trovava a casa, Rose era quasi sempre da Bulma oppure al Palazzo del Supremo.

Era dispiaciuta di non riuscire a vederlo molto spesso, ma forse era meglio così, perché ogni volta che lo incontrava e parlava con lui le doleva il cuore vedere che non la riconosceva, che la trattava come se fosse un’estranea. Anche se, per essere precisi, effettivamente lei lo era davvero, per lui.

Tuttavia, le era parso qualche volta che Goten la “studiasse”: c’era stata più di un’occasione in cui lo aveva colto ad osservarla, e le era sembrato di captare nel suo sguardo un tentativo di capire la sua vera identità. Quasi come se non riuscisse a capire se l’aveva già vista o meno da qualche altra parte.

«Non vi preoccupate» fu la voce di Chichi a ridestare Rose dai suoi pensieri «Non credo che Goten sospetti qualcosa. Anche se a volte mi ha chiesto perché Rose fosse a casa nostra nonostante l’assenza di Pan, io sono sempre stata in grado di inventarmi una scusa»

«Secondo me, invece» intervenne Goku, che fino a quel momento era stato in silenzio «sospetta qualcosa. E’ in grado anche lui di percepire l’aura delle persone e qualche volta credo abbia percepito l’aura di me e Rose mentre ci allenavamo. L’aura dei Saiyan è facilmente percepibile ed è molto distinguibile»

Forse, pensò Rose, era per quel motivo che Goten la guardava in modo strano.

Sì, doveva essere così… doveva aver percepito la sua aura di Saiyan.

«Ma figuriamoci!» intervenne Pan «Lo zio è talmente concentrato su Valese che secondo me non si è nemmeno accorto dell’aura di Rose»

Rose sapeva che Pan si sbagliava, ma in quel momento non aveva voglia di discutere con lei: in quel tempo, Pan era una ragazzina molto capricciosa e testarda.

Nel futuro, la Pan che conosceva lei manteneva sempre la sua tenacia e non perdeva mai occasione di mostrare il suo bel caratterino, ma di certo non era così come Rose la conosceva in quel momento.

D’altronde, Pan nel suo futuro aveva una famiglia tutta sua a cui badare; Rose ripensò al ragazzo che sarebbe diventato il marito di Pan, e si chiese tra sé e sé se Pan lo conoscesse già in quel tempo o meno.

La Pan del futuro le aveva raccontato che, quando aveva conosciuto il suo futuro marito, era passato del tempo prima che i due cominciassero a frequentarsi; che Rose sapesse, Pan in quel tempo divideva il suo tempo tra la scuola, i compiti e gli allenamenti, dunque non usciva con nessuno né tantomeno dava lezioni di volo a qualcuno. Era proprio così, infatti, che si era sviluppato il loro rapporto: non molto diverso da come era nato il rapporto tra i suoi genitori, Videl e Gohan.

«Rose, i tuoi capelli sono diventati veramente lunghi!» esclamò Chichi, passando dietro la sedia dove era seduta la ragazza «Prima della festa, se ti va, te li accorcio un po’ e ti faccio un bel taglio, in modo da mettere in evidenza quel bel viso e quei bei occhi che mi ricordano tanto Goten!»

Rose mise le mani dietro la testa e si raccolse i capelli, cercando di toccare le punte, e scoprì che sua nonna aveva ragione: erano cresciuti veramente molto, tanto che le arrivavano praticamente ad un palmo sopra le natiche. D’altronde, era stata nella stanza dello Spirito e del Tempo per un giorno intero, per cui il suo corpo era effettivamente invecchiato di un anno.

Accarezzandosi i capelli, le venne in mente Melanie, la secondogenita di Pan, che nel futuro perdeva la testa per i suoi capelli lunghi; ogni volta che c’era lei, i suoi capelli dovevano essere spazzolati, pettinati oppure legati in qualche modo buffo.

La ragazza si ritrovò a sorridere, domandosi se la bambina stesse ancora bene, e che cosa stesse facendo in quel momento.

Le mancava già così tanto, e desiderò di poterla rivedere al più presto: dipendeva tutto da lei stessa, d’altronde, riportare la pace che nel suo futuro era venuta a mancare, in modo da poter assicurare alla bambina e a tutti gli altri un futuro pieno di pace ed armonia.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


CAPITOLO 25

 

Rose, nel frattempo, passava le sue giornate allenandosi. Se da una parte gli incontri con Junior al Palazzo del Supremo si facevano sempre più difficili, anche gli allenamenti con Goku non scherzavano: sembrava infatti che il nonno, man mano che andavano avanti con gli allenamenti, intensificasse di proposito la sua forza, in modo da rendere alla ragazza le cose ancora più complesse.

Junior le dava una mano a recuperare i ricordi della sua vita passata, affinché potessero far luce sulla sua vera identità, quella che, a quanto pare, si era dimenticata.

Tuttavia, le cose procedevano un po’ a rilento, poiché Rose riusciva a sopportare solo fino ad un certo punto l’energia emanata da Dende che serviva per aiutarla a ricordare (energia che le causava mal di testa); ma, soprattutto era dura sopportare il peso emotivo legato ai suoi ricordi: la maggior parte di essi, infatti, erano costituiti da avvenimenti negativi, e solo alcuni di essi le trasmettevano delle emozioni positive.

Tra i suoi ricordi, i più sfocati erano quelli legati alla famiglia Saiyan della sua vita passata, di cui non ricordava molto, mentre tra quelli più vividi c’erano sicuramente le emozioni positive che le suscitava ricordare la popolazione con cui aveva passato del tempo nel pianeta che aveva difeso.

Inoltre, c’era stato un ricordo in particolare (anch’esso molto vago), nel quale ricordava la bellissima sensazione di tornare ad avere il suo corpo, ovvero le sembianze di Dio che aveva sempre avuto; si ricordava di essere in quel corpo e di goderne appieno i poteri smisurati e l’energia divina che scorreva in lei.

Si era infatti accorta che, nonostante il suo attuale corpo riuscisse a contenere molta potenza, non era comunque in grado di contenere tutta l’energia divina che sentiva scorrere in lei, che veniva fuori durante i ricordi delle sue vite passate.

Per quanto riguarda gli allenamenti con Goku, invece, il nonno la faceva allenare ogni due giorni e, man mano che andavano avanti, lui aumentava sempre più il suo livello di potenza durante i combattimenti: dal Super Saiyan di terzo livello, infatti, Rose si era trovata a dover fronteggiare il Super Saiyan di quarto livello, tanto interessante quanto estenuante. La forza del nonno, in quella forma, era spropositata, e la ragazza, nonostante facesse del suo meglio, si stancava molto facilmente. La metteva a dura prova ma, grazie a questi allenamenti, la ragazza si stava accorgendo che pian piano i suoi poteri e la sua energia aumentavano a dismisura.

 

Uno di quei giorni Rose si trovava a casa dei suoi nonni sul monte Paoz ed era intenta a guardare la televisione in attesa di suo nonno, quando sentì d’improvviso la porta dietro di lei aprirsi.

«Finalmente» disse lei, continuando a guardare il televisore «ti aspettavo da un po’»

«Aspettavi me

La ragazza trasalì al suono di quella voce, che riconobbe subito.

Si voltò di scatto e vide Goten dirigersi verso di lei, sul divano.

«Ehm… n-no, in realtà stavo aspettando il n--- cioè, volevo dire, Goku»

L’emozione di Rose la tradì completamente, e Goten parve notare il suo improvviso disagio.

«Posso sedermi?» domandò lui.

«C-certo»

Goten prese posto accanto a lei e fissò lo sguardo sulla tv.

Rose, pensierosa, si chiese come mai avesse scelto di sedersi proprio lì, accanto a lei: d’altronde, quelle poche volte in cui lo aveva visto di sfuggita, si era sempre e solo limitato a salutarla con un cenno mentre entrava o usciva di casa.

Che si fosse accorto di qualcosa? Oppure semplicemente aveva voglia di guardare la tv?

«Allora, come ti sembra qui?»

Rose sentì la voce di Goten incastrarsi tra uno dei suoi pensieri, che subito cessarono e fecero posto ad altri.

“Qui” inteso come casa Son, inteso come “campagna”, oppure come qui, in questo tempo presente?

Rose, un po’ titubante, decise di rimanere sul vago rispondendo: «In che senso?»

«Beh, ormai mi pare ovvio che tu ti sia trasferita qui. Insomma, vedo quasi più spesso te che Pan! Allora, come ti trovi qui in campagna? Deve essere molto più tranquillo che in città»

«C-certo, lo è» rispose la ragazza, cercando nella sua testa altre cose da dire per non sembrare sospetta.

Vedendo la ragazza un po’ in difficoltà, Goten prese di nuovo la parola:

«Inoltre credo che se voi vi allenaste in città fareste molti più danni che qui»

Rose sgranò gli occhi e fissò il suo futuro padre.

«T-tu…hai visto me e Goku allenarci?»

«Sì» affermò il ragazzo con semplicità «Una volta vi ho visti mentre tornavo a casa. E poi non è così difficile percepire l’aura di due Saiyan»

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


CAPITOLO 26

 

Rose restò per un attimo a fissare Goten, tentando di nascondere l’espressione spaventata mista allo stupore che stava provando in quel momento. 

Era stata scoperta. E anche prima del previsto.

Non sarebbe dovuto accadere.

Probabilmente, il presente era già cambiato, e tutto era accaduto per colpa sua; si chiese in quel momento se il Supremo oppure qualche Dio sarebbe intervenuto per rispedirla immediatamente nel suo futuro.

Notando l’espressione leggermente spaesata della ragazza, che lo fissava senza proferire alcuna parola, Goten riprese a parlare:

«Io però non sapevo esistessero altri Saiyan sulla Terra. O, per lo meno, credevo che gli unici sopravvissuti fossero Vegeta e mio padre. Tu da dove vieni? Sei per caso un’aliena o qualcosa del genere?»

L’espressione di Goten faceva trasparire una certa spontaneità, che fece immediatamente capire a Rose come stavano le cose: lui non sapeva davvero nulla, e nessuno gli aveva mai rivelato niente. Era semplicemente lì, davanti a lei, che attendeva, nel modo più sincero possibile, una sua risposta.

Rose, compiendo il viaggio nel passato, si era già preparata ad aspettarsi di tutto, ma quello era l’unico avvenimento al quale invece non si era preparata: certo, aveva pensato di dirgli che era semplicemente un’amica di Pan, ma non aveva pensato che suo padre avrebbe potuto scoprire così presto le sue origini di Saiyan.

Lei e il nonno erano stati attenti a scegliere un luogo che fosse abbastanza lontano dalla loro casa in modo da non permettere che Goten percepisse la loro aura, ma, a quanto pare, non era servito a nulla.

Mentire o non mentire? Questa era la domanda che martellava in testa a Rose in quel momento.

Se avesse mentito, che storia avrebbe potuto raccontargli? Una storia tipo quella di Vegeta, di uno dei Saiyan sopravvissuti alla distruzione del pianeta, che girovagava nello spazio?

Nah, era troppo giovane ed era già passato molto tempo dall’accaduto.

“Pensa Rose, pensa…”

Nella testa della ragazza balenavano un sacco di idee, una diversa dall’altra.

“Ci sono!”

Nel frattempo Goten, leggermente insospettito dalla lunga attesa della risposta, la guardava accigliato.

«Io… Sì, sono un’aliena. Nello specifico, sono figlia di alcuni sopravvissuti alla distruzione del pianeta Vegeta. Io e i miei genitori abbiamo viaggiato parecchio tempo nell’Universo, nella speranza di trovare altri come noi. E, finalmente, ce l’abbiamo fatta.»

Rose sperò tra sé e sé di risultare credibile, augurandosi che le sue emozioni non la stessero tradendo tramite l’espressione del volto.

«Oh», sibilò Goten, sorpreso.

Rose notò che era visibilmente confuso: sbatté ripetutamente le palpebre per qualche secondo prima di riuscire a dire altro.

«Ma… perché nessuno me lo ha mai detto?»

Rose si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea»

«E… come mai non mi hai detto nulla la prima volta che ci siamo visti?»

«Beh, perché… Non ero sicura ancora di potermi fidare di voi»

Qualche secondo di silenzio precedette l’altra domanda di Goten.

«E dove sono i tuoi genitori? Non sono venuti anche loro?»

«I-I miei genitori…» comincio a dire la ragazza.

“Questa volta è un po’ più facile parlare” pensò “D’altronde, adesso devo solo dire la verità”.

«I miei genitori sono stati eliminati dal mostro che sta devastando il nostro pianeta. Ed è questo il motivo per cui mi trovo qui. Per chiedere il vostro aiuto»

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


CAPITOLO 27

 

Rose gli raccontò tutta la sua storia, riadattata alla piccola ‘bugia’ che gli aveva appena detto: gli descrisse nel dettaglio l’identità di Ludir, i suoi poteri, ciò che aveva fatto a lei, alla sua famiglia e a tutti gli abitanti del suo ‘pianeta’.

«Quindi… i tuoi genitori sono morti con un semplice graffio?»

«Già»

«Mi dispiace. Deve essere stata dura per te»

«Non immagini quanto»

Soprattutto perché uno dei suoi genitori si trovava proprio davanti a lei, in quel momento. E non la riconosceva, non poteva.

Le struggeva il cuore, non potersi nemmeno avvicinare per uno dei suoi abbracci, che le mancavano così tanto; ma, più di tutti, le mancava quello sguardo rassicurante e quella parola in più che il padre aveva nei suoi riguardi, quelle parole che la facevano sentire al sicuro e che le trasmettevano tutta quella sicurezza per cui sapeva che poteva contare su di lui in ogni momento.

Perché lui ci sarebbe sempre stato, per lei.

All’improvviso, Rose notò un cambiamento nello sguardo di lui.

«Ti aiuteremo» disse lui con fermezza, serrando i pugni e guardandola con determinazione «puoi contare sul nostro aiuto. Io, mio padre e tutti gli altri ti aiuteremo a distruggere questo Ludir»

Rose sentì d’improvviso i suoi occhi inumidirsi. La fermezza, la convinzione e la sincerità con cui suo padre aveva pronunciato quelle parole le ricordarono proprio la persona che l’aveva cresciuta per 16 anni, che avrebbe fatto di tutto per lei, pur di renderla felice e di proteggerla; la stessa persona che, quando era piccola, tornava a casa da lavoro con un regalo per lei, che non vedeva l’ora di scartare; la stessa che l’accompagnava sempre a scuola insieme a suo fratello, ogni mattina, sorbendosi ore di traffico; la stessa che sorprendeva lei, sua madre e suo fratello mettendosi ai fornelli e cucinando i loro piatti preferiti.

Oh, quanto le mancava suo padre!

Sembrava quasi come se Goten le avesse letto nel pensiero: aveva proprio bisogno di sentire quelle parole, in quel momento.

Un ramo a cui aggrapparsi, di fronte a tutta quell’incertezza, ma soprattutto dopo tutta la sofferenza che aveva passato.

In quel momento si sentì in colpa per avergli mentito, per non avergli detto tutta la verità. Avrebbe voluto urlargli che in realtà era sua figlia, la bambina ormai diventata ragazza che lui aveva sempre accudito fin da quando era nata.

Se ne stava lì, davanti a lui, cercando di ricacciare indietro le lacrime e di trovare qualcosa da dire che non facesse tradire la sua commozione.

Tuttavia, mentre Rose cercava di sforzarsi affinché i suoi occhi non si inumidissero ulteriormente, Goten disse:

«Sai, fin dalla prima volta in cui ci siamo visti e ci siamo presentati, ho notato in te qualcosa di particolare, un qualcosa di famigliare, come se ti avessi già vista da qualche parte. Era una sensazione strana che ho sempre provato quando ti vedevo. Però non ci ho mai dato molta importanza. Ora capisco perché: anche tu sei una Saiyan, come noi. Avrò percepito inconsciamente la tua aura, probabilmente era questo»

Rose sentì il cuore saltare di un battito, e il nodo alla gola che le comparve in quel momento le impedì del tutto di parlare. Per fortuna, udirono subito dopo una voce dietro di loro:

«Oh, ciao Goten! Sei già a casa!»

Entrambi si voltarono e videro Chichi, che era appena rientrata in casa e portava con sé delle buste della spesa. Notando poi anche Rose, subito disse:

«Oh, Rose è venuta qui da noi perché aspetta Pan…»

«Non è necessario» la interruppe subito Rose «gli ho appena detto tutto»

Chichi, assumendo un’espressione attonita, riuscì solo a produrre un suono indistinto: «Ah».

«Sì, ormai sa che sono una Saiyan venuta da un altro pianeta per chiedere il vostro aiuto» specificò la ragazza, mettendo l’accento sulla parola “pianeta”, sperando che la nonna cogliesse la differenza rispetto alla verità che aveva raccontato a lei.

«Perché non mi avete detto chi è veramente?» domandò Goten.

«Uhm…» Chichi impiegò qualche secondo per trovare una risposta. Incrociò lo sguardo di Rose, che cercò di dirle telepaticamente di reggerle il gioco, e poi rispose:

«Non lo so, Goten. Ma sei sempre così tanto in giro che ormai ti si vede poco in casa, è normale che tu non ne sapessi nulla! E ora aiutami a portare la spesa, per favore»

“Un classico di nonna Chichi,” pensò Rose “rigirare la frittata a suo favore richiamando gli altri al proprio dovere!”.

I due aiutarono la donna con le buste, scomparendo in cucina.

La serata passò tranquillamente e Rose fu felice di condividere quei preziosi momenti con le persone che amava, ma soprattutto con suo padre, che ora conosceva, almeno in parte, la sua identità.

Le era dispiaciuto mentirgli, ma d’altronde era necessario, per il bene del presente.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


CAPITOLO 28

 

Finalmente era arrivato il fatidico giorno di festa, quello che Rose aspettava da alcuni giorni: la sua festa di compleanno.

Anche se non era veramente il giorno del suo compleanno (data che Rose aveva intenzionalmente evitato di rivelare, per via dei possibili effetti che avrebbero potuto esserci sul presente), la ragazza era comunque felicissima di avere un intero giorno a sua disposizione da passare con le persone che amava.

In quel momento, si trovava nella camera dell’edificio della Capsule Corporation in cui Bulma la ospitava, e osservava allo specchio il vestito blu che le aveva prestato Bra.

“Chissà come sta David… che cosa sta facendo” pensò, osservando come il vestito le calzasse alla perfezione, ma notando che forse era un po’ troppo attillato.

Erano ormai passati quasi due mesi dall’arrivo della ragazza nel presente, e David ancora non si era fatto vivo. Che fosse stato trovato da Ludir…e addirittura eliminato?

Rose cercò di non pensare a questa ipotesi, tentando di scacciare il senso di oppressione al petto che aveva appena provato.

Anche se così fosse, Ludir avrebbe comunque trovato un modo per rintracciarla? Sarebbe mai riuscito a far parlare David prima di eliminarlo e a fargli dire la verità? O magari David avrebbe resistito fino alla fine?

Conoscendo il mostro, Rose immaginava che lo avrebbe torturato fino in fondo prima di eliminarlo per davvero, per scoprire la verità dietro alla scomparsa della ragazza.

“Quante cose sta passando David, a causa mia” pensò.

Prima la rottura, l’allontanamento dalla ragazza che amava, poi questo… il doversi nascondere perché inseguito da un mostro che potenzialmente potrebbe farlo fuori solo con un semplice pugno.

La ragazza, osservandosi meglio allo specchio, notò un piccolo difetto su uno dei bottoni che decoravano la parte superiore del vestito: c’era un piccolo filo che sbucava fuori.

«Hai un filo!» la aveva avvisata Melanie, la terzogenita di Pan, quasi un anno e mezzo prima.

La bambina che, come spesso accadeva, era intenta a pettinarle i capelli, aveva avvistato un filo che pendeva dalla maglia di Rose e, senza neanche aspettare la reazione della ragazza, prese subito il filo tra le dita e lo tirò.

Rose ricordò subito l’immagine della sua maglia irrimediabilmente rovinata, tutta sfilata da quell’unico filo fuori posto.

«Melanie!» la aveva rimproverata Rose «Ti ho già detto che non devi tirare il filo delle maglie»

Si era poi subito alzata dalla tavola dove stava mangiando con la sua famiglia, per andarsene in camera a cambiarsi.

David, già presente all’epoca e invitato alle loro cene, la aveva seguita in camera per assicurarsi che fosse tutto apposto: era stato difficile non notare il tono visibilmente scocciato della sua ragazza.

«Tutto bene?»

«No!» aveva risposto lei, corrucciata «Questa era una delle maglie più belle che avevo. Che nervoso… Quella bambina non sa mai tenersi le mani a posto. E’ già la terza maglia che mi rovina»

Il ragazzo era andato a sedersi sul letto, mentre lei era intenta a cercare un’altra maglia nell’armadio.

«Lo so, bisogna avere pazienza con i bambini. Non sempre capiscono al primo colpo»

«Già. E Melanie certe volte mette a dura prova la mia pazienza»

«Beh, vedila così: stai già facendo pratica per i nostri futuri bambini»

Rose lo ricordò come se fosse ieri: si era girata a guardarlo con le sopracciglia alzate.

«Se anche i nostri figli saranno così combinaguai, giuro che me ne scappo di casa e me ne vado alle Hawaii!»

David era scoppiato e ridere, mentre lei si era avvicinata a lui. Gli aveva messo le braccia attorno al collo e gli aveva dato un bacio sulla fronte.

«Scherzo. Se ci sei tu al mio fianco supero ogni cosa»

La ragazza si destò dal ricordo e si tolse il vestito blu con veemenza buttandolo sul letto, come se volesse liberarsi da tutta quella sofferenza. La sofferenza di non averlo più lì con lei, di aver mandato in fumo il rapporto con un ragazzo con cui avrebbe voluto costruire un futuro.

Prese un altro vestito, questa volta di color nero.

“Michael”…

Rose ripensò al ragazzo per il quale aveva avuto una cotta in passato e che aveva flirtato con lei alla festa organizzata da Ludir per il compleanno di Ellen.

Era per ciò che aveva fatto lui (anche se alla fine non era successo nulla, tra di loro) e anche a causa dell’intervento di Ludir che il suo rapporto con David si era sgretolato.

Avrebbe dovuto subito rifiutare il bacio di Michael e non esitare così tanto…

La ragazza si tolse il vestito e lo lanciò sul letto, con ancora più disperazione di prima.

“Era molto meglio quello blu…”

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


CAPITOLO 29

 

Tra i monti Paoz, nel frattempo, gli ospiti erano già arrivati.

Fortunatamente, era una giornata di sole, e tutti si trovavano all’esterno della casa di Goku e di Chichi, nella lussureggiante campagna poco al di fuori di Satan City.

Era stato allestito un tavolo lungo per il gran numero di presenti, tutti invitati a festeggiare il compleanno della ragazza venuta dal futuro, che aveva compiuto 18 anni.

C’erano proprio tutti: da Mr. Satan al genio delle tartarughe, da Crilin e la sua famiglia fino a Yamcha e Tensin.

In attesa dell’arrivo delle pietanze (e anche della festeggiata), molti di loro si erano già seduti a tavola e conversavano tra loro.

«Papà, allora come sono andati gli allenamenti con Rose?» domandò Gohan al padre, seduto a capotavola.

«Molto bene» rispose prontamente Goku «Anzi, meglio di quanto mi aspettassi. La ragazza è più forte di quanto credessi»

«Effettivamente sembra molto in gamba» replicò Gohan.

Pan, seduta di fronte al padre, lo guardò un po’ corrucciata e, cercando di mantenere un tono neutro che non lasciasse trapelare il leggero senso di invidia che le parole pronunciate dal nonno avevano suscitato in lei, chiese, rivolta a Goku:

«In che senso?»

Voleva saperne di più. Voleva sapere come mai il nonno trovasse tanto in gamba la ragazza venuta dal futuro. Che fosse addirittura più in gamba di lei?

«Beh, principalmente perché ha una buona forza combattiva. Poi perché è in grado di trasformarsi in Super Saiyan».

Molte delle persone presenti, tra cui anche Videl, Bulma e Chichi che stavano posando i piatti in tavola, smisero di fare ciò che stavano facendo per fissare Goku ad occhi sgranati.

«Che cosa?!» chiese Gohan sbalordito, senza togliere gli occhi di dosso da Goku «M-ma… come è possibile? Io credevo che le donne non avessero il potere di trasformarsi in Super Saiyan!»

«Già! Neanche io!» intervenne Pan, presa più che mai dal discorso. Fissava suo nonno con enorme attenzione: com’era possibile che sua cugina del futuro, Rose, potesse trasformarsi in Super Saiyan, mentre lei no?

«Anche io non lo credevo possibile» affermò Goku «invece è così. L’ho visto con i miei stessi occhi».

«E allora perché non puoi trasformarti anche tu, Pan?» le chiese Crilin.

«Non lo so!» sbuffò Pan, lasciandosi andare sulla sedia e incrociando le braccia, assumendo un’espressione sconsolata.

Lo sgomento generale fu interrotto dall’improvviso arrivo di Junior, che, come al solito, comparve in giardino senza alcun preavviso, teletrasportandosi vicino alla tavola dei presenti, che sussultarono sentendolo arrivare.

«Junior!» esclamò Goku guardandolo «Ciao! Che ci fai qui?»

«Sono qui per una questione importante. Devo avvisarvi sull’identità di Rose»

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


CAPITOLO 30

 

Molti dei presenti rivolsero a Junior uno sguardo preoccupato, e Gohan disse:

«Che vuoi dire?»

«So che nessuno di voi lo sa, ma è una questione piuttosto delicata. Voglio essere io a dirvelo perché credo sia mio dovere farlo».

Con gli occhi di tutti puntati addosso, tra cui anche quelli di Vegeta che, dall’altro capo del tavolo rispetto a Goku, lo guardava con velato interesse, disse:

«Vedete, la ragazza, è in realtà l’incarnazione di un dio».

Furono poche e semplici parole, ma ebbero un forte impatto su tutti i presenti: l’alieno dalla pelle verde, infatti, osservò gli sguardi allibiti e confusi dei presenti, che lo guardavano come se non avessero compreso fino in fondo il significato delle sue parole.

«L’incarnazione di un dio?» ripeté Vegeta, mantenendo il suo solito tono indifferente ma alzando un sopracciglio «Vuoi dire come Uub che è l’incarnazione della parte cattiva di Majin Bu?»

«Non proprio, ma simile» rispose Junior «Uub è l’incarnazione della parte di un altro essere, mentre Rose è ed è sempre stata un dio, uno spirito a sé stante. Nonostante la sua attuale forma umana, il suo spirito è quello di un dio, anche se non se lo ricorda ancora al cento per cento».

«In che senso, “non se lo ricorda”?» domandò Gohan.

«Quando un dio si incarna, di solito perde momentaneamente memoria della sua vera identità. Tuttavia, è possibile distinguere lo spirito di un dio incarnato osservando bene i suoi poteri: il fatto che Rose sia in grado di leggere la mente e di controllare gli altri ne è una prova innegabile. Inoltre, ci sono degli esercizi specifici che aiutano questo tipo di spiriti a ricordare»

«Rose sa leggere la mente?!» domandò Bulma spalancando gli occhi.

Junior si limitò ad annuire.

Lo stupore era dipinto sul volto di tutti, in particolare su quello di Goku, che mostrava forte interesse nei confronti della faccenda. Sentiva la curiosità crescere dentro di lui: non solo la ragazza lo aveva stupito trasformandosi in Super Saiyan, ma adesso aveva anche scoperto che era l’incarnazione di un dio. Non vedeva l’ora di saperne di più al riguardo, così domandò a Junior:

«Che tipo di dio è? Voglio dire, dello stesso livello del Supremo oppure di Kaioshin?»

Junior abbozzò un sorriso e rispose:

«Nessuno dei due. In base ai ricordi della ragazza posso essere abbastanza sicuro di affermare che è un dio di livello superiore a quello di Kaioshin.

Vi ricordate la vicenda che raccontò Kaioshin qualche tempo fa? Quell’episodio accaduto all’inizio dei tempi, quando Majin Bu eliminò i tre dèi principali che governano tutti gli Universi?»

Qualcuno fece cenno con la testa.

«Beh, lei è uno di loro.

Non so come sia successo, probabilmente lei non è mai stata davvero eliminata oppure si deve essere semplicemente nascosta dalla furia di Majin Buu, sta di fatto che è sopravvissuta»

«Ma… come hai scoperto tutte queste cose?» domandò Gohan.

«Diciamo che ho da subito percepito qualcosa di particolare in lei. Qualcosa che, in qualche modo, era molto simile a me. Poi, è venuta al Palazzo del Supremo e io e il Supremo le abbiamo fatto fare esercizi che avrebbero confermato oppure smentito i nostri sospetti.

Gli esercizi li hanno confermati tutti, e la ragazza ha cominciato anche ad avere ricordi della sua vita come dio»

Seguì qualche secondo di silenzio, interrotto solo da Goku.

«Ma… quindi, se è uno dei tre dèi che governano gli Universi… questo vuol dire che ha addirittura un livello superiore a quello di Bills, giusto?»

«Esattamente» confermò lui.

Tutti fissavano Junior sbigottiti, ma prima che qualcun altro potesse dire qualcosa, udirono una voce femminile.

«Che facce serie!»

Tutti si voltarono e posarono il loro sguardo su Rose, che era appena arrivata.

«Che cosa succede, qui?»

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


CAPITOLO 31

 

«Scusate il ritardo! Mi sono persa qualcosa?» disse Rose, rivolgendo ai presenti un sorriso smagliante.

In quel momento, tutti notarono in lei qualcosa di diverso; quel giorno era diversa.

Nei suoi occhi neri, proprio gli stessi occhi che condivideva con il padre Goten, lo zio Gohan, Pan e con i nonni Chichi e Goku, brillava uno sguardo luminoso, che faceva trapelare tutta la felicità che in quel momento provava nell’essere lì, con loro.

La ragazza aveva un taglio di capelli leggermente diverso: adesso li portava leggermente più corti, fino a metà schiena, esattamente come li aveva quando era arrivata.

I suoi capelli castani e lisci, pettinati con estrema cura, si dividevano tra la spalla e il petto, e le ricadevano dolcemente su una maglia aderente di colore nero, costituita da due spalline che la tenevano su, lasciando scoperta la parte superiore del petto.

Anche i jeans che indossava erano belli aderenti, e mettevano in risalto le sue belle gambe slanciate, magre ma nello stesso tempo muscolose.

In viso la ragazza era leggermente truccata: un filo di matita e di eyeliner ne valorizzava gli occhi, mentre un rossetto di colore rosso faceva esaltare le sue labbra morbide e carnose.

Rose era bellissima, e tutti in quel momento lo notarono, dimenticando per un attimo le parole che Junior aveva appena pronunciato riguardo la ragazza.

«Wow, che bella che sei tesoro!» esclamò Bulma, sorridendole.

«Grazie» le rispose Rose, ricambiando il sorriso e arrossendo leggermente.

«Hai visto che bei capelli?» intervenne Chichi tutta contenta, rivolta a Bulma «Ho impiegato quasi tutta la mattinata per farglieli, ce li aveva veramente lunghi prima!»

Rose, avvicinandosi al tavolo per prendere posto vicino a Pan, disse:

«Allora, mi sono persa qualcosa? Avete tutti delle espressioni strane».

«Sì» rispose di getto Pan, appena Rose si sedette «Perché tu sei in grado di trasformarti in Super Saiyan e io no?»

Rose, che non si aspettava quella risposta, osservò Pan e notò in lei un’espressione infastidita.

Prima di risponderle, diede uno sguardo veloce ai presenti per accertarsi che suo padre non fosse lì, altrimenti avrebbe dovuto fare più attenzione alle parole da usare.

Tuttavia, notò che non era ancora arrivato.

«Pan» replicò Rose «in realtà anche io sono rimasta molto stupita del fatto che tu non riesca a trasformarti in Super Saiyan. Cioè, nel mio tempo tu sei perfettamente in grado di farlo»

«Davvero?!» gli occhi di Pan brillavano dalla gioia.

«Certo»

«Ma io credevo che le donne non fossero in grado di trasformarsi» disse Videl.

«Già, anche io» intervenne Bulma «Insomma, né Pan né Bra sono state in grado di farlo, fino adesso»

«Ma non è vero che le donne non possono trasformarsi» affermò Rose, scuotendo la testa «io ne sono la prova vivente»

«E allora perché io non ci riesco?» domandò di nuovo Pan, affondando il viso sconsolato tra le mani.

«Perché devi ancora innalzare il tuo livello di energia» intervenne Vegeta, mantenendo sempre il suo sguardo impassibile e distaccato «Sei ancora troppo debole»

Pan si voltò verso di lui, lanciandogli un’occhiataccia.

Vegeta, ignorando completamente la reazione della ragazza, aggiunse:

 «E poi, credo che tu non abbia ancora avuto uno stimolo abbastanza forte che possa provocare in te un innalzamento del tuo livello di energia.

Gohan, per esempio, è riuscito a trasformarsi solo quando ha tirato fuori tutta la sua rabbia, nonostante si allenasse già da tempo. La rabbia ha fatto sì che tutto il suo potenziale venisse fuori e gli ha permesso di trasformarsi».

«Beh, diciamo che io non mi sono trasformata in quel modo la prima volta, però immagino che sia una possibilità» replicò Rose.

«Tu come ti sei trasformata?» le chiese Pan, incuriosita.

«Io sono sempre stata in grado di farlo fin da quando ero piccola, da che io abbia memoria».

«E… dimmi un po’» continuò Pan, sempre più incuriosita «Anche quell’altra ragazza- che adesso non ricordo più come si chiama- sa trasformarsi anche lei in Super Saiyan?»

«Ti riferisci ad Ellen?» le domandò Rose.

Pan, alzando per un attimo gli occhi in alto per pensare, rispose:

«Uhm, sì, intendo la figlia di Trunks».

Trunks, che fino a quel momento stava ascoltando la conversazione distrattamente, subito si girò verso Pan e aggrottò le sopracciglia, come se non fosse sicuro di aver sentito bene.

Pan aveva detto che la ragazza di cui tanto Rose aveva parlato, quella Ellen, era sua figlia?

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


CAPITOLO 32

 

Rose lanciò uno sguardo preoccupato verso Trunks: avrebbe preferito che non venisse a saperlo.

Per quale motivo Pan non riusciva a tenere la bocca chiusa? Aveva rivelato un sacco di cose sia a lei che a Bra, e in quel momento sperò che non avesse spifferato altre informazioni agli altri, specie ai diretti interessati.

Nel suo futuro, Pan era la sua più stretta confidente; in quel tempo, evidentemente, era ancora molto piccola e non sapeva ancora tenere a bada la lingua.

Pan si accorse qualche secondo dopo dell’errore che aveva commesso, proprio nel momento stesso in cui notò l’espressione interrogatoria che Trunks aveva sul volto.

Subito si voltò verso Rose, che la stava già guardando torva. Sentendosi in colpa, si grattò la testa, imbarazzata, e disse:

«Ehm, scusa, Rose… non mi ricordavo che Trunks non lo sapesse. Mi è sfuggito!»

Rose, scuotendo leggermente la testa per la disperazione, rifletté per un attimo su cosa dire a Trunks. Ormai era troppo tardi, e non poteva più porre rimedio all’errore commesso da Pan con una bugia.

Doveva per forza dirglielo: sarebbe stato troppo evidente se avesse mentito di fronte alle affermazioni di Pan.

Allora decise di prendere la parola e dire a Trunks, che la guardava ancora sorpreso e confuso in attesa di una spiegazione:

«Avrei preferito che non lo sapessi, Trunks, né tantomeno avrei voluto che tu lo scoprissi in questo modo, anche perché non posso rivelarvi troppe informazioni riguardo il mio futuro, soprattutto alle persone interessate direttamente…

Comunque sì, Trunks, Ellen è tua figlia nel futuro»

Lo sguardo di Trunks si fece sempre più stupito: sempre con lo sguardo fisso su Rose, spalancò leggermente gli occhi dallo stupore, mentre mille pensieri gli attraversavano la mente.

Era rimasto un po’ sconcertato da quelle parole, ma nello stesso tempo, dentro di sé, sentiva nascere un sentimento diverso: felicità. Da una parte, era contento di aver saputo che nel futuro avrebbe avuto una figlia, ma dall’ altra, forse, avrebbe preferito non saperlo: era come se gli avessero “rovinato” la sorpresa che il futuro gli aveva riservato.

Non ricordava molto, in realtà, di ciò che la ragazza dai capelli castani gli aveva detto riguardo questa “Ellen”, quindi le chiese:

«Ellen è la ragazza che è stata eliminata da quel mostro poco prima che tu partissi, giusto?»

«Sì, è lei» rispose Rose, chiedendosi che reazione avrebbe potuto avere venendo a conoscenza di quella notizia.

«Ah» sibilò Trunks, abbassando lo sguardo.

Rose lo vide sempre più immerso nei suoi pensieri: era evidentemente turbato da quella notizia, e Rose poteva capirlo. D’altronde, chi è che non sarebbe rimasto senza parole nello scoprire non solo che nel futuro avrebbe avuto una figlia, ma che addirittura sarebbe stata eliminata da un nemico, per lo più da giovane?

Seduto proprio di fianco a Trunks, Rose notò con la coda dell’occhio anche un’impercettibile reazione da parte di Vegeta: il Saiyan si mosse leggermente, come per mettersi più comodo sulla sua sedia, ma la ragazza notò i suoi occhi chiudersi per qualche secondo, le braccia incrociate farsi più rigide e il pugno, semi nascosto dietro il braccio, irrigidirsi sempre di più. Anche la sua aura ebbe un improvviso innalzamento di energia.

«Bene» disse Trunks all’improvviso, guardando determinato Rose «Vorrà dire che da adesso ho un motivo in più per incrementare i miei allenamenti. Se quel mostro riuscisse ad arrivare fin qui, farò anche io la mia parte e prometto che gliela farò pagare per tutta la sofferenza che vi ha causato»

«Ci puoi giurare!» intervenne Bulma, alzandosi dalla sedia e protraendosi in avanti, con le braccia poggiate sul tavolo «E potremo sconfiggerlo tutti insieme grazie all’antidoto!»

Rose sorrise di fronte alla reazione dei tre membri di casa Brief, e sperò in cuor suo che Bulma avesse ragione.

Anche se il potere di Ludir era ben più elevato di quello di Trunks, il che voleva dire che, anche se fosse arrivato, il ragazzo non avrebbe avuto molte possibilità di batterlo senza l’antidoto, Rose era comunque contenta di vederlo più coinvolto nella faccenda: fino a quel momento, infatti, lo aveva quasi sempre visto esclusivamente concentrato sul lavoro.

Certo, in futuro la situazione non sarebbe cambiata granché, a parte per il fatto che il Trunks che conosceva lei, quello del futuro, avrebbe già raso al suolo metà pianeta terra alla notizia della morte della figlia.

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


CAPITOLO 33

 

Rose scorse lo sguardo tra i presenti e si chiese se i suoi genitori avrebbero partecipato alla sua festa di compleanno. Guardò l’ora e vide che mancava ancora un quarto d’ora prima che la festa cominciasse: così aveva stabilito Chichi.

Tuttavia, continuava a sentirsi degli sguardi strani addosso: alcuni di loro, infatti, distoglievano lo sguardo appena lei li guardava. Era come se la stessero guardando in modo diverso dal solito, come se la stessero osservando attentamente.

«Ehm» sibilò lei di fronte ai loro sguardi «c’è qualcosa che non va?»

«Perché?» domandò Crilin, sorridendo imbarazzato.

«Non so, oggi mi guardate in modo un po’ strano…»

«Ho appena svelato loro la tua vera identità» replicò Junior senza mezzi termini.

«Oh» sibilò Rose un po’ spiazzata: non si aspettava che Junior fosse stato così veloce nel dire loro tutta la verità. Si chiese per un attimo se questa nuova informazione avrebbe potuto cambiare l’opinione che loro avessero su di lei, e che tipo di impatto avrebbe avuto su di loro.

«Avrei voluto dirvelo io, ma effettivamente forse è andata meglio così, visto che Junior praticamente ne sa più di me su questa faccenda… E’ una cosa che mi ha proprio presa alla sprovvista»

«Invece io l’ho trovata una cosa abbastanza evidente» ribatté Junior «Non so come i tuoi parenti del futuro abbiano fatto a non capirlo.»

«Beh, Junior, nel mio futuro mio padre si allena poco, lo zio Gohan forse ancora meno e il nonno Goku non c’è» la ragazza diede uno sguardo veloce a Goku «L’unica che si allena un po’ di più probabilmente è Pan, però nel futuro anche lei considera normali i miei poteri, anche perché sa che ce li ho fin da quando ero piccola.»

«Beh, è anche vero che noi non conosciamo i poteri di un dio» replicò Trunks, che ormai si era inserito appieno nel discorso.

«Forse nel mio tempo Vegeta sarebbe l’unico che avrebbe potuto accorgersene» disse Rose guardando il principe dei Saiyan «ma praticamente non lo vedo quasi mai»

«Perché?» chiese Bulma con un pizzico di curiosità mista a preoccupazione.

«Beh, perché se ne sta sempre per i fatti suoi. Le uniche volte in cui mi capitava di vederlo era in occasione di pranzi o di cene organizzate per festeggiare qualcosa, oppure quando cercavo Ellen e la trovavo ad allenarsi con Vegeta. Del resto, non mi aveva quasi mai visto combattere, quindi non ha mai avuto l’occasione di scoprirlo.»

Vegeta la guardò senza replicare, con la sua solita espressione indifferente dipinta sul volto. Bulma, invece, si abbandonò ad un sospiro di sollievo, come se avesse temuto per qualche secondo che Vegeta, per qualche motivo strano, nel futuro non fosse stato granché presente.

«Tsk» Vegeta emise un piccolo verso di compiacimento «Dev’essere senz’altro così»

«Siamo arrivati!»

Rose guardò oltre le spalle di Gohan, seduto davanti a lei: suo padre e sua madre erano finalmente arrivati. Tuttavia, non aveva ancora avuto modo di avvisare i presenti ciò che suo padre sapeva realmente di lei.

“Junior” si affrettò a dire la ragazza, comunicando telepaticamente “i miei genitori ancora non sanno la verità su di me. Ho detto a Goten che sono una ragazza venuta da un altro pianeta e che ha origini Saiyan, per questo mi posso trasformare” Junior la guardò aggrottando le sopracciglia ”l’altro giorno si è accorto che io posso trasformarmi in Super Saiyan e mi sono dovuta inventare qualcosa, per questo gli ho raccontato questa ‘mezza verità’. Quindi, per favore, non nominare il fatto che vengo dal futuro”

“E come hai intenzione di farlo sapere ai presenti?”

“Mi aiuti con la telepatia?” La ragazza gli sorrise.

I due cominciarono dunque a entrare con il pensiero nella testa dei presenti, alcuni dei quali si guardarono intorno circospetti per capire chi stava parlando nella loro testa, mentre altri, tipo Vegeta, si accorsero subito dell’origine delle voci, e posarono lo sguardo sui diretti interessati con fare interrogatorio. Pan, invece, quasi cadde dalla sedia quando sentì Rose sussurrare nella sua testa “Pan, mi raccomando, mio padre Goten non sa che io sono sua figlia e che vengo dal futuro. Gli ho detto che sono una ragazza di origini Saiyan venuta da un altro pianeta, i cui genitori sono riusciti a sfuggire prima che il pianeta Vegeta venisse distrutto, e con loro ho vagato per la galassia parecchio tempo prima di trovare altri Saiyan come noi”.

Goku, Gohan e Trunks, invece, la guardarono incuriositi, tuttavia senza proferire alcuna parola.

Mentre Goten e Valese prendevano posto, Goku tornò al discorso di prima, come se nulla fosse:

«Ma quindi sei di livello addirittura superiore a quello di Kaioshin il Sommo?» domandò con una voce che tradiva tutta la sua curiosità.

Rose alzò leggermente le spalle: evidentemente non lo sapeva con certezza, ma, prima che potesse dire qualcosa, Junior rispose al suo posto:

«Sì, Goku.»

«Non ci posso credere che sei addirittura più forte di Bills!» disse Bulma incredula, guardando la ragazza con gli occhi spalancati.

Rose ricambiò il suo sguardo abbozzando un sorriso, ma non sapeva che cosa dire. D’altronde, non aveva mai conosciuto questo Bills e, a parte che fosse un dio della distruzione, non sapeva nient’altro di lui. Ma, a quanto pare, doveva essere fortissimo.

«Scusate, ma di cosa stiamo parlando?» chiese Goten, confuso.

«Abbiamo scoperto che Rose è l’incarnazione di un dio» rispose Goku, e Rose si augurò in cuor suo che avesse ascoltato bene ciò che Junior gli aveva comunicato telepaticamente e che non rivelasse ulteriori informazioni.

Goten osservò la ragazza, ancora più confuso di prima. «Cosa? E che cosa vuol dire, esattamente?»

Junior gli spiegò tutto brevemente, e Rose si ritrovò addosso gli sguardi stupiti di Goten e Valese, che la guardavano ad occhi spalancati. Ma per la ragazza fu abbastanza semplice capire che, se da una parte suo padre era sorpreso da ciò che aveva appena sentito, dall’altra parte sua madre, invece, era più confusa che altro, non essendo ancora molto avvezza a questo tipo di discorsi.

“Eh già” pensò la ragazza tra se e se, ricambiando lo sguardo dei genitori “quando nascerò vi ritroverete con una figlia che sarà in grado di capire ogni vostro pensiero. Mi dispiace per tutti i guai che vi combinerò!”

Ignorando le reazioni dei due, Junior proseguì con la sua spiegazione di prima. «Come vi ho già detto, gli dèi del suo rango sono solo tre in totale e stanno alla base di tutti gli Universi.

All’inizio dei tempi Majin Bu aveva sconfitto gli dèi dei ranghi superiori dell’Universo, e credevo che non ne fosse sopravvissuto nemmeno uno, ma a quanto pare lei riuscì a scappare in qualche modo. Anche perché altrimenti non spiegherebbe il fatto che è qui tra di noi, e che abbia avuto la possibilità di incarnarsi.»

«M-ma gli dèi, quindi… si possono incarnare?» domandò Bulma, sempre più incredula.

«Se lo vogliono, certo. D’altronde, è di dèi che stiamo parlando. Inoltre, esattamente come prima di incarnarsi era al cento per cento un dio, anche quando si disincarnerà, ovvero quando morirà, tornerà ad essere il dio che è sempre stata.»

Vi fu un breve silenzio, durante il quale alcuni riflettevano sulla faccenda, mentre altri guardavano stupiti Rose.

Rose, dal canto suo, dentro di sé si sentiva fiera di ascoltare quelle parole, e di aver scoperto una cosa di sé di cui prima non era minimamente consapevole; nello stesso tempo, però, non si sentiva parte di dèi di un rango così elevato: lei, dopotutto, si sentiva solo una ragazza normale, un’umana prima di tutto.

«Beh…» Rose riprese a parlare «In realtà io, pur avendo questi poteri, mi sono sempre sentita una ragazza normale e, a parte per qualche ricordo che ho avuto, è difficile per me immaginarmi come un dio.

Tu mi stai dicendo tante cose su di me, Junior, però io non mi sento così. Non mi sento di appartenere ad un rango elevato, né tantomeno di essere un dio»

«E’ normale» replicò Junior «E’ una cosa tutta nuova per te ancora. E inoltre, non hai ancora nemmeno riacquistato i poteri di un dio.»

«Che cosa accadrebbe se riacquistasse tutti i suoi poteri?» domandò Goku, con la faccia di un bambino che sta per aprire un regalo.

«Beh, c’è un solo modo per scoprirlo.»

«E sarebbe?» domandò Goku, ancora più emozionato.

«Chiamare Bills.»

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


CAPITOLO 34

 

«Ma sei impazzito?!» esclamò Bulma, spalancando gli occhi.

«E’ il modo migliore che abbiamo affinché lei possa prendere atto di chi è veramente e di riscoprire i suoi poteri» rispose Junior impassibile, restando a braccia conserte.

«Ma…» Bulma esitava. «Ogni volta che l’abbiamo fatto venire praticamente è stato sempre sul punto di distruggere la terra!»

«Non lo farà» Junior alzò lo sguardo verso Bulma «sono abbastanza sicuro che anche lui sia interessato a conoscere Rose e a scoprire chi è davvero. E poi, se gli prepari uno di quei deliziosi piatti che a lui piacciono tanto, sono sicuro che non succederà niente alla Terra» concluse accennando un sorriso.

Bulma parve ancora perplessa, ma Gohan forse lo era anche più di lei. Con un’espressione piuttosto pensierosa, disse: «Speriamo sia davvero come dici tu.»

«Tu sei d’accordo, Rose?» chiese Junior alla ragazza, che in quel momento stava prestando molta attenzione ai loro discorsi.

Non sapeva che cosa dire, visto che non lo conosceva; era davvero così temibile? Dal momento però che probabilmente la avrebbe aiutata a recuperare sia i suoi ricordi che i suoi poteri, decise che per lo meno ne sarebbe valsa la pena provare.

«S-sì» rispose lei «Spero solo che riesca davvero a darmi una mano ma soprattutto spero che per colpa mia non distrugga il pianeta!»

«Non lo farà» disse Junior con fermezza, mantenendo un mezzo sorriso «sono sicuro che non se ne pentirà una volta che sarà qui».

«Bene» esclamò Bulma, alzandosi di scatto dalla sedia. Se prima era piuttosto titubante, adesso aveva improvvisamente riacquistato tutta la sua fermezza «allora so già che cosa fare. Chichi, vieni con me» e si diresse dentro la casa con Chichi.

Ormai tutti avevano finito di mangiare e la tavola venne sparecchiata, dopodiché le due donne tornarono: Bulma sorreggeva un vassoio di cibo, che aveva un aspetto molto buono. Nonostante Rose fosse completamente sazia, guardando quel piatto, le veniva l’acquolina in bocca!

«E’ così che si chiama un dio?» chiese lei, leggermente spiazzata.

«No tesoro» le rispose Bulma «vedi, gli dèi normali solitamente possono essere chiamati normalmente, invece Bills ha bisogno di questo per essere attirato sulla Terra»

A Rose parve una situazione piuttosto buffa: Bulma era lì, in piedi, sorreggendo quel vassoio con aria leggermente scocciata; gli altri erano sparpagliati lì attorno, c’è chi era seduto ancora su una sedia del tavolo, c’è chi invece era in piedi. Tutti la fissavano e ad un certo punto Bulma, alzando gli occhi al cielo, urlò:

«Bills! Whis! Vi ho preparato un piatto delizioso, fatto apposta per voi! Venite!»

Rose attese, guardando anche lei il cielo: era intimorita nel sapere chi si sarebbe trovata davanti, ma nello stesso tempo era emozionata. Chissà che tipo era questo “Bills” che, a detta degli altri, l’avrebbe aiutata?

Per qualche secondo non successe nulla, ma poi subito dopo vi fu un bagliore che accecò tutti per qualche istante; la ragazza mise un braccio davanti agli occhi, ma poco dopo lo abbassò di nuovo e li vide.

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


CAPITOLO 35

 

Erano lì, proprio di fronte a Bulma, davanti al vassoio.

Si sorprese nel vedere un essere dalle sembianze feline con la pelle di colore viola e un altro con la pelle azzurra, leggermente sollevato da terra, proprio lì, davanti a Bulma.

Uno dei due, quello con la pelle viola, appena posò gli occhi sulla pietanza, sgranò gli occhi contento e, mentre da un lato della bocca quasi gli colava la bava, disse: «Wow! Deve essere delizioso!» poi, alzando lo sguardo su Bulma, chiese «A che cosa devo questo onore, Bulma?»

Junior prese la parola ancora prima che Bulma potesse replicare:

«Ho un caso interessante da mostrarti, Bills»

Bills si girò di scatto verso di lui incuriosito.

«Che cosa vuoi dire?»

«C’è una ragazza, alla tua destra, che vuole conoscerti»

Bills si girò verso i presenti con fare interrogatorio. Assumendo un’espressione piuttosto confusa, scorse con lo sguardo tra i presenti e guardò anche Rose, ma non si soffermò su di lei.

«Quale?« domandò Bills «qua ce ne sono tre».

«Beh, non è molto difficile» replicò Junior «l’unica che non hai mai visto»

Bills osservò ancora attentamente tra i presenti, e finalmente questa volta il suo sguardo si posò su Rose.

«Mmm» sibilò, portandosi una mano vicino al viso e strofinando le dita sul mento «Allora, la ragazza con i capelli neri dovrebbe essere la figlia di Gohan mentre quella con i capelli blu credo sia la figlia di Bulma. Ma… ora che mi ci fai pensare, non ho mai visto questa ragazza con i capelli castani».

Rose si sentì osservata dai due esseri, ma notò che l’essere dalla pelle azzurra, quel certo “Whis”, le stava rivolgendo uno sguardo molto intenso, come se la stesse studiando.

Fu proprio in quel momento, quindi, che Whis prese parola, senza smettere di osservarla:

«Tu non appartieni a questo tempo, vero?» le domandò con una voce piuttosto aggraziata.

Rose esitò. Non potevano discutere di quelle cose in quel momento, in presenza dei suoi futuri genitori: non dopo che era stata così attenta, addirittura avvertendo tutti i presenti tramite la telepatia.

“No, non appartengo a questo tempo” gli rispose con la telepatia “ma per favore non ditelo ad alta voce perché qui ci sono i miei futuri genitori. Sono stata raccomandata dal Supremo della Terra di non rivelare troppo di me ai diretti interessati.”

Whis spalancò la bocca e sgranò gli occhi. “Tu sai comunicare telepaticamente?” le chiese, utilizzando anche lui la voce della mente.

“Sì.”

“Ma sei un dio?”

Ma, prima che potesse rispondergli, Bills cominciò ad urlare. Puntando un dito verso Bulma disse, infuriato:

«Cosa?! Non dirmi che avete di nuovo infranto le leggi temporali?!»

Probabilmente, aveva ascoltato la conversazione telepatica tra Rose e Whis.

«Io non c’entro niente stavolta!» si difese subito Bulma.

“Oh, no!” pensò la ragazza, portandosi una mano sulla fronte, “Perché Bills si è messo a parlare ad alta voce?!“

«E allora perché lei è qui?!» chiese Bills.

Rose decide di intervenire, dal momento che restare completamente zitta e comunicare solo telepaticamente avrebbe destato più sospetti che parlare ad alta voce, cercando tuttavia di utilizzare le parole giuste.

«Sono venuta a chiedere l’aiuto di tutti loro. Quindi se c’è qualcuno che devi incolpare, sono io quella che ha infranto le leggi temporali»

«Voi umani state superando ogni limite…» disse Bills, con una vena che cominciava a pulsargli in fronte.

«Bills» intervenne Junior «io non credo che lei fosse riuscita a compiere il viaggio nel tempo senza l’aiuto che le ha dato il Supremo del suo tempo»

«E’ impensabile che un Supremo aiuti qualcuno a viaggiare nel tempo» replicò Bills con tono severo «Non è possibile, è contro la legge» si voltò verso la ragazza, scrutandola.

«Io ti ho già visto prima» affermò Whis in tono molto pacato.

Lentamente, sempre con i piedi sollevati da terra, si avvicinò a lei.

Rose, un po’ in soggezione, si chiese cosa Whis avesse intenzione di fare, così cercò di restare lì, al suo posto, anche se avrebbe voluto indietreggiare di fronte ad un essere di rango e poteri così elevati.

Appena arrivato di fronte a lei, le sorrise calorosamente e le porse la mano:

«Scusami, che maleducati, non ci siamo neanche presentati. Io sono Whis e lui è Bills»

La ragazza, titubante ma nello stesso tempo felice di quel gesto, le porse la mano, ricambiando il sorriso.

Stava per rispondergli “Piacere, io sono Rose”, ma non ce la fece.

Non appena toccò la mano di Whis, infatti, sentì un’enorme energia che la travolse: tutto il suo corpo fu pervaso da quest’energia, un’energia elettrica che la fece leggermente sussultare.

D’istinto, chiuse immediatamente gli occhi e fu allora che le vide: delle immagini sfocate, nelle quali c’era Whis, che la guardava.

Lo aveva già visto da qualche parte prima.

Anzi, lo conosceva già.

E non solo lui, anche Bills. Li aveva già conosciuti prima. Ma dove?

Rose si sforzò per ricordare, ma il tutto sparì all’improvviso così come era venuto.

Aprì gli occhi e guardò Whis, rimasto, esattamente come lei, in quella posizione: lui ricambiò il suo sguardo e lei capì subito che anche lui aveva avuto le sue stesse identiche sensazioni.

Sulle labbra di Whis comparve un sorriso di contesa, come se in quel momento avesse capito tutto. O quasi.

Mentre Rose, molto confusa, lo guardava con aria spiazzata, Whis fece qualche passo indietro allontanandosi un po’ dalla ragazza e domandò, sempre fissandola:

«Junior, dimmi, che cosa hai scoperto su di lei?»

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


CAPITOLO 36

 

Junior, avvicinandosi ai due, disse:

«E’ in grado sia di leggere che di controllare la mente altrui. Inoltre, grazie all’aiuto del Supremo della Terra, l’abbiamo aiutata a recuperare alcuni ricordi, che credo dimostrino che lei in realtà sia un dio».

«Un dio?!» Bills, con gli occhi spalancati, fece qualche passo in avanti e si avvicinò ai tre; osservava la ragazza come se non credesse ai suoi occhi. Whis, invece, non parve particolarmente sorpreso da ciò che Junior aveva appena detto, e guardava la ragazza con estrema tranquillità, come se ciò che aveva appena sentito fosse la cosa più naturale del mondo.

«Com’è possibile che sia un dio?!» domandò Bills «A me pare una ragazza terrestre come tante altre… anzi, dalla sua energia credo sia anche una Saiyan».

«Infatti lo sono» confermò la ragazza.

«Un’altra Saiyan?!» disse Bills a braccia conserte «certo che voi Saiyan crescete come funghi».

«A quale rango degli dèi credi che appartenga?» chiese Whis a Junior.

«Non ne sono certo, ma credo che sia uno dei tre dèi degli Universi»

«Cosa?!» chiese un Bills ancora più sbigottito di prima. Cambiando in un secondo la sua espressione, si immerse in una profonda riflessione, dopodiché disse «Mmm, fammi pensare. Tutti e tre gli dèi dell’Universo sono stati eliminati molto tempo fa da Majin Bu… a parte una» il suo viso s’illumino all’improvviso e guardò la ragazza «C-cosa? Non mi dire che quella sei tu?!»

«Ho l’impressione che sia proprio lei» affermò Whis, accennando di nuovo un leggero sorriso.

Rose, nel frattempo, ricambiava i loro sguardi stupita. Ascoltava i loro discorsi, ma nello stesso tempo aveva una strana sensazione nei loro confronti: dove li aveva conosciuti? Dove li aveva già visti? Non riusciva a togliersi questo pensiero dalla testa.

«Non ne siamo sicuri» disse Junior «Per questo vorrei che voi la aiutaste a recuperare i suoi ricordi».

Tutti avevano ora lo sguardo fisso su Bills, che, con una mano sul mento, era intento ad osservare la ragazza e a pensare sul da farsi. Nessuno parlò per qualche secondo, poiché aspettavano tutti la sua risposta, che non tardò ad arrivare:

«Un modo c’è. Con questo metodo potrai tornare ad essere il dio che sei sempre stata, ma solo temporaneamente; per cui, ricorderai tutto e riacquisterai tutti i tuoi poteri, ma non al cento per cento, in quanto il tuo attuale corpo umano costituisce un limite. Credo potrai riacquistare un ottanta per cento dei tuoi poteri, anche perché il tuo corpo è metà Saiyan, quindi è in grado di reggere l’elevata quantità di energia che possiede un dio, anche se mai al cento per cento. Se fossi stata solo un’umana, credo saresti arrivata a sopportare solo il trenta per cento della tua totale energia.

Però devo avvertirti: la mia tecnica funzionerà solo se sei realmente un dio. Perché se in realtà non lo sei, la mia tecnica ti farà morire all’istante»

Rose, così come tutti gli altri che stavano assistendo alla scena, si destabilizzò un attimo sentendo le parole di Bills. Era così rischiosa questa tecnica? E se in realtà Junior si fosse sbagliato e lei non fosse realmente un dio? Sarebbe perita così, all’istante, lasciando l’umanità sopravvissuta del suo futuro in balia di Ludir, senza poterli salvare?

Provò per un attimo paura pensando a quello scenario, ma i suoi pensieri furono interrotti dalla domanda di Junior:

«Tu te la senti di provare, Rose?»

Rose rifletté ancora per qualche secondo. Se fosse riuscita a recuperare completamente i suoi poteri, forse, all’eventuale arrivo di Ludir, sarebbe stata in grado di fronteggiarlo, e forse anche sconfiggerlo; ora come ora, infatti, non era in grado di farlo. Se i suoi poteri di Saiyan non erano sufficienti, forse i suoi poteri divini potevano farcela.

Così, prese un po’ di coraggio e rispose: «Sì»

«Bene» disse Bills «Ma come ti ho già detto prima, il tuo risveglio sarà temporaneo. Riacquisterai i tuoi poteri, ma più il tempo passerà più cominceranno a calare, fino a che tu non tornerai la ragazza che sei adesso.

In quanto ai ricordi invece, dopo che sarai tornata come prima credo che riuscirai a mantenere la maggior parte dei ricordi, ma dovrai lavorarci ancora su per recuperarli tutti»

«E allora che cosa serve fare questa cosa se dopo tornerò ad avere i poteri di prima?» domandò la ragazza.

«Il tuo livello di energia salirà indubbiamente, per cui quando ritornerai ad essere come sei adesso ti sarà più facile controllare i tuoi poteri divini, come il controllo mentale, e di conseguenza ti sarà anche più facile innalzarli.

E’ un lavoro che devi fare tu da sola, io non posso che darti una soluzione temporanea per aiutarti»

Era perfetto. Fino a quel momento, infatti, Rose si era trovata molto in difficoltà nell’utilizzare quei poteri che aveva sempre avuto fin dall’infanzia: le richiedeva un enorme sforzo fisico ed energetico per utilizzarli. Adesso, forse, grazie all’aiuto di Bills, sarebbe stata in grado di controllarli più facilmente.

«Bene» disse lei, portandosi i pugni sui fianchi e guardando Bills con determinazione «Sono pronta»

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


CAPITOLO 37

 

Tutti gli altri erano lì che assistevano alla scena, curiosi di vedere ciò che potesse accadere da un momento all’altro. Chichi, in particolare, in piedi con le mani davanti al visto come se stesse pregando, guardava Bills e Rose, che in quel momento erano uno di fronte all’altro, con uno sguardo estremamente preoccupato: in quel breve periodo di tempo, infatti, aveva avuto modo di affezionarsi molto a quella ragazza, che un giorno sarebbe stata la sua nipotina. Sperava che non le accadesse niente.

Goten, accanto alla madre Chichi, fissava concentrato e sconcertato la ragazza e il dio dalla pelle viola. Che cosa sapeva su quella ragazzina, entrata nelle loro vite solo due mesi prima, che inizialmente gli avevano detto che era un’amica di Pan, e poi, essendosi accorto che era in grado di trasformarsi in Super Saiyan, era venuto a conoscenza che in realtà veniva da un altro pianeta? Adesso, aveva appena sentito che veniva addirittura da un altro tempo, per chiedere il loro aiuto. Allora perché non gli era stato riferito nulla? A giudicare dalle espressioni degli altri quando lei aveva confermato che veniva da un altro tempo, nessuno aveva avuto una reazione particolare, come se lo sapessero già tutti quanti. Perché lui no? “Possibile che mi stiano nascondendo qualcosa?” si domandò tra sé e sé, aggrottando le sopracciglia e guardando Bills che, con gli occhi chiusi, alzava il braccio e, aprendo il palmo, posava la mano sulla fronte della ragazza.

Lei chiuse gli occhi, mentre lui lì aprì e si illuminarono di rosso: nello stesso momento, il suo braccio fece un piccolo sussulto e dalla sua mano scaturì una luce bianca che toccò la fronte della ragazza. Rose barcollò leggermente all’indietro, come se avesse appena ricevuto una scarica elettrica, ma riuscì a rimanere in piedi.

Bills rimase lì ad osservarla con un’aria molto seria, mentre tutti gli altri avevano lo sguardo fisso sulla ragazza.

Passò qualche secondo in cui la ragazza rimase lì, con la testa rivolta verso il basso, senza muoversi.

All’improvviso, però, alzò lo sguardo su Bills, e tutti si stupirono nel vedere negli occhi di lei la stessa identica luce rossa che aveva avuto un attimo prima Bills negli occhi.

La luce sparì subito e lasciò il posto a due occhi molto diversi da quelli che c’erano prima.

Erano dello stesso colore, sì, ma lo sguardo della ragazza era cambiato radicalmente: adesso, guardava Bills con uno sguardo fermo e determinato, quasi come se lo stesse fulminando con gli occhi.

Era abbastanza inquietante, in realtà: era come se non ci fosse più la stessa Rose di prima, la ragazza tranquilla e dolce che non avrebbe mai fatto del male ad una mosca.

Tutti i presenti la fissavano esterrefatti: nessuno la riconosceva quasi più.

«Tz» sul viso di Rose apparve un ghigno «Guarda chi si rivede»

«Già» Bills ricambiò lo stesso ghigno «chi non muore si rivede, eh? Ne è passato di tempo»

«Cosa?» chiese Goku esterrefatto «Voi due quindi vi conoscete davvero?!»

La ragazza, a braccia conserte, gli lanciò uno sguardo senza nemmeno girare la testa e rispose: «Sì, e anche da parecchio tempo»

Whis si avvicinò alla ragazza e, con lo stupore generale, si inchinò di fronte a lei e disse, sorridendo:

«Ciao. E’ davvero un piacere rivederti»

«Whis» disse lei, ricambiando il sorriso «Sai che non mi sono mai piaciute tutte queste formalità. E’ un piacere anche per me rivederti»

Whis si rialzò e Bills disse:

«Già, è proprio un piacere. Dimmi, che fine hai fatto dopo la distruzione del pianeta Vegeta? Non ti ho più vista nei paraggi»

«Beh, è normale che non l’hai più vista» intervenne Whis «Hai dormito per tutto quel tempo»

Tra qualche risata generale, Bills, leggermente infastidito, rispose:

«Non è vero. Mi sarò addormentato poco dopo, giusto in tempo per vedere la fine di quel pianeta»

Vegeta, nel frattempo, ancora seduto ad una sedia del tavolo, stava prestando molta attenzione ai loro discorsi. Adesso stavano parlando del pianeta Vegeta, del suo pianeta natale, distrutto a causa di Freezer.

«Già, il pianeta Vegeta…» Rose chiuse gli occhi per qualche secondo, come se stesse ripescando un ricordo importante «E’ stato veramente un bene averti ordinato di distruggere quel pianeta, Bills. Se avessero continuato a vivere, non avrebbero fatto altro che causare ulteriori danni nell’Universo, ancor più di quanti ne stessero già facendo»

«Che cosa?!» esclamò Vegeta a gran voce, alzandosi di scatto dalla sedia e fissando Rose. Una vena cominciava a pulsargli sulla fronte.

«Sei stata tu a decidere di distruggerlo?!»

«In realtà» intervenne Bills «sono stato io ad ordinarlo a Freezer, ma non è stata una mia idea (anche se nemmeno a me stavate molto simpatici, voi Saiyan), ma in pratica sì, l’ordine mi è arrivato direttamente da lei. Io rispondo solo agli dèi del suo rango, che sono della gerarchia subito superiore alla mia»

Vegeta era sempre più arrabbiato.

«Come avete potuto?! Noi Saiyan eravamo la razza migliore dell’Universo!»

«Ah sì?» replicò Rose con tutta tranquillità «Quindi per te essere migliori vuol dire sterminare razze intere?»

«Noi eravamo i più forti, quindi di conseguenza eravamo superiori a tutte quelle razze deboli che non erano neanche in grado di difendersi. Era inevitabile sottometterli e sterminarli! I più forti vincono sempre!»

Rose non batté ciglio. «Vegeta, i Saiyan stavano versando troppo sangue nell’Universo, e io non potevo permettere che le cose andassero avanti così. Decidere di distruggere il pianeta è stata la decisione migliore, per tutti»

«Tu» la accusò Vegeta, puntando il dito contro di lei «come hai osato?! Sei l’essere immondo che ha ordinato la distruzione del mio pianeta natale. Brutto farabutto, non la passerai liscia!» scattò in avanti e volò veloce nella direzione di Rose, pronto a sferrarle un pugno.

«Vegeta!» lo chiamò Bulma, preoccupata.

La ragazza alzò velocemente il braccio, aprì la mano nella sua direzione e, nel momento stesso in cui piegò leggermente le dita verso l’interno, Vegeta si arrestò all’improvviso e si immobilizzò, fermandosi a un metro da lei, come impietrito.

Riusciva a muovere solo la bocca e gli occhi. «Che cosa?!» riuscì a dire, guardando Rose ad occhi spalancati.

I presenti osservavano la scena allibiti. Perché Vegeta si era fermato così, in quella posizione strana, come se non riuscisse improvvisamente più a muoversi?

«Perché Vegeta non si muove più?» Domandò Pan, preoccupata.

Fu Whis a darle una risposta. «Il controllo degli altri è un potere tipico degli déi»

«Vegeta!» lo rimproverò nuovamente Bulma «Ma che cosa fai? Lo sai che non si devono attaccare gli dèi! Vuoi essere ridotto in polvere in un istante?!»

«Che ci provi!» la provocò Vegeta, guardando infuriato la ragazza.

Rose non batteva ciglio, lo sguardo determinato fisso su Vegeta. I due si guardarono per qualche secondo, senza dire nulla, dopodiché Rose abbozzò un sorriso, che non aveva nulla di divertente o di piacevole. «Vedo in te la stessa identica arroganza che avevano i tuoi predecessori»

Il principe dei Saiyan sembrò ignorare ciò che la ragazza aveva appena detto, e continuò imperterrito:

«Te la sei tanto presa con noi Saiyan, hai addirittura distrutto il nostro pianeta, però ti incarni in un corpo Saiyan quando ti fa comodo!»

Molti dei presenti trattennero il respiro, temendo sia la reazione di Rose che quella di Bills, il quale, con gli occhi ridotti a fessure, guardava infastidito Vegeta, come se stesse offendendo anche lui e il suo onore.

«Vero» affermò Rose con tutta tranquillità «nessun altro corpo sarebbe stato in grado di contenere il mio spirito se non quello di un Saiyan. Devi sapere, Vegeta, che ordinare la distruzione del pianeta dei Saiyan era un atto necessario affinché l’equilibrio dell’Universo venisse ripristinato. I Saiyan stavano facendo troppo razzie nell’Universo, e io non potevo permettere che andassero fino in fondo. C’è un limite a tutto. E voi lo avevate superato»

Vegeta digrignò i denti con fare cagnesco.

Vi fu qualche secondo di silenzio. Poi Rose proseguì:

«Io stessa mi sono incarnata sul pianeta Saiyan trecento anni fa, e ho potuto sperimentare di persona la brutalità dei Saiyan e assistere con i miei stessi occhi alle missioni di genocidio che compievate su altri pianeti.

Ero una combattente al servizio del re, costretta ad essere tale solo perché si erano accorti della mia smisurata potenza e per convincermi ad entrare nell’armata avevano preso in ostaggio la mia famiglia.

Ho dovuto compiere molte brutalità per dimostrare di essere al loro servizio, ma il mio reale obiettivo era andare su quei pianeti e difendere le popolazioni, per poter in qualche modo calmare la furia dei Saiyan.

Ho tentato di fermarvi dall’interno, ma purtroppo ho fallito. Quindi, qualche tempo più tardi, sono dovuta ricorrere a misure più estreme»

Tutti i presenti fissavano la ragazza esterrefatti: un conto era sentire da Junior la storia della vita passata di Rose, un altro invece era sentirlo da lei, anzi direttamente dalla sua parte divina che parlava. Aveva un modo di fare molto sicuro di sé, deciso, ma nello stesso tempo molto pacato e tranquillo: non aveva la tendenza a scomporsi come Bills, anzi si poteva dire di avere un temperamento più simile a quello di Whis.

«Tuttavia», riprese lei «ho fatto in modo che qualche Saiyan si salvasse. Pochi, affinché la razza non si estinguesse, anzi pochissimi per evitare che venissero compiute ulteriori razzie in giro per l’Universo»

«Tz» sbuffò Vegeta «quindi adesso dobbiamo anche dirti grazie per averci salvato la pelle?»

«Vegeta» intervenne Bills, leggermente adirato «Faresti meglio a tenere a freno la lingua e a comportarti con più rispetto dinanzi agli dèi!»

«E’ tutto a posto, Bills» disse Rose, ma le parole della ragazza non bastarono a placare il nervosismo dipinto sul volto del dio.

«Quindi sei stata tu a salvare me, Vegeta e tutti gli altri?» domandò Goku.

«Non proprio. Vi ha salvati chi vi ha allontanati dal pianeta Vegeta, ma diciamo che io ho aiutato a far sopravvivere chi doveva essere salvato»

Rose osservò gli sguardi stupiti dei presenti, che ascoltavano con interesse e curiosità, dopodiché riprese a parlare:

«Purtroppo, però, la mia precedente incarnazione sul pianeta Vegeta non finì bene. Il re e i suoi sudditi scoprirono i miei piani di sabotaggio e uccisero sia me che la mia famiglia»

«Tz» ghignò Vegeta, con un’espressione trionfante sul volto «Quindi alla fine sono stati loro ad eliminare te»

Bills gli lanciò un’occhiataccia, ma senza dire nulla.

Vegeta, mantenendo il suo solito ghigno beffardo, riprese a parlare:

«Vedo che neanche la tua forza di dio è stata in grado di fermare il potere di noi Saiyan»

«Vedi, Vegeta, il problema di quando mi incarno è che perdo gran parte della mia memoria e i miei poteri sono molto più limitati rispetto a quelli che ho quando riacquisto il mio corpo originale di dio. Esattamente come mi è accaduto adesso. Per cui, nonostante io sia stata incarnata tra i Saiyan molto tempo fa, i miei poteri divini non erano molto sviluppati mentre quelli energetici erano di poco inferiori ai vostri, per cui non sono riuscita a fermarvi»

La ragazza, vedendo che Vegeta si era ormai calmato, lo liberò dalla morsa. Lui, non appena riprese il controllo del suo corpo, scrollò le spalle e mosse le braccia come per sgranchirle, dopodiché, lanciando un’ultima occhiataccia a Rose e a Bills, tornò a sedersi a tavola, incrociando le braccia.

La ragazza continuò: «Inoltre, c’è anche un motivo ben preciso per cui ho scelto Goten come mio padre in questa incarnazione»

I presenti si scambiarono sguardi allarmati: perché, giusto qualche minuto prima, Rose aveva chiesto loro telepaticamente di non rivelare tutta la sua identità a Goten, mentre adesso stava esponendo la verità con tutta quella nonchalance?

Goten, che stava ascoltando con interesse, si destò improvvisamente sentendo nominare il suo nome e, spaesato, chiese: «I-io… cosa? Che cosa c’entro io?»

Ma la ragazza non prestò attenzione alla domanda di Goten e proseguì nel suo racconto:

«Goten, in una sua vita precedente, era un abitante di un pianeta che ero stata mandata a colonizzare. Mi accolse quando stavo scappando dai Saiyan che avevano scoperto il mio piano, e fu lui che mi diede rifugio e che mi accolse in casa sua assieme alla sua famiglia di allora. Mi trattò proprio come una figlia» l’espressione della ragazza, che fino a quel momento era stata composta e determinata, si ammorbidì e rivolse un sorriso pieno di affetto a Goten, il suo primissimo sorriso da quando aveva assunto la sua forma originaria di dio.

Goten avrebbe tanto voluto ricambiare quel sorriso, ma in quel momento era talmente confuso che non sapeva che cosa dire o fare.

Gli altri guardavano i futuri padre e figlia a bocca aperta, ma fu Bills a intervenire.

«Rose, non avresti dovuto dirlo» la ammonì.

Lei si girò verso di lui, mantenendo la sua compostezza. «E’ arrivato il momento che anche lui sappia la verità»

 

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


CAPITOLO 38

 

«Comprometterai questo tempo» affermò Bills, rivolgendo alla ragazza uno sguardo di rimprovero «I diretti interessanti non devono sapere…»

Ma Rose lo interruppe. «E’ già successo, in passato, che qualcuno abbia compiuto un viaggio nel tempo» replicò sicura di sé, spostando per un secondo gli occhi verso Trunks «E tutti sappiamo che i diretti interessati erano venuti a conoscenza della sua vera identità, e quel tempo – che corrisponde al tempo in cui ci troviamo ora – cambiò inevitabilmente, ma questo non impedì a lui di nascere. Inoltre, il mio stesso viaggio nel tempo ha già cambiato le sorti di questo tempo, siano esse in negativo o in positivo»

Bills non disse più nulla, limitandosi a guardare Rose contrariato e a braccia conserte.

«Comunque, è per questo che sono qui, per questo che ho deciso di incarnarmi come tua figlia» Rose si girò verso Goten, continuando la sua spiegazione «tu mi avevi trattato come fossi parte della tua famiglia, mi avevi aiutata, e adesso io ricambio il favore aiutando non solo la tua famiglia – che adesso è anche mia – ma ricambiando anche il favore che tu mi facesti un centinaio di anni fa»

Anche Valese, in piedi accanto a Goten, era esterrefatta e guardava confusa prima Rose, poi il suo fidanzato.

«Ma che storia è questa?» chiese Goten «Di che cosa stai parlando? Io non sono tuo padre. Ti sarai confusa con qualcun altro!»

Rose non rispose, ma si limitò a guardarlo impassibile. Un silenzio di piombo era calato sul giardino di casa Son; alcuni dei presenti cercavano dentro di loro le parole per spiegare a Goten come stavano le cose, ma nessuno ci riuscì.

All’improvviso, qualcosa cambiò nello sguardo di Goten: il ragazzo trasalì, come se colpito da un fulmine.

“Vedo che stai ricollegando i pezzi” pensò la ragazza, abbozzando un sorriso.

Goten la osservò prima ad occhi spalancati, poi subito dopo aggrottò le sopracciglia e spostò lo sguardo dalla ragazza a Valese. E viceversa.

«Tu…» iniziò a dire «Tu vieni dal futuro, e il motivo per cui sei una Saiyan non è perché vieni dal pianeta Vegeta e i tuoi genitori sono sopravvissuti all’esplosione, ma perché sei mia figlia»

Rose non rispose subito. «Mi sembrava giusto dirtelo. Tanto, prima o poi lo avresti scoperto lo stesso»

«Scusami?» Valese, accigliata, prese la parola «Mi stai dicendo che tu hai già una figlia? Perché non me lo hai mai detto?» gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime.

Goten volse uno sguardo preoccupato verso Rose, cercando conferma negli occhi della ragazza dei suoi dubbi. Lei sorrise e gli fece un cenno rassicurante con la testa.

«Credo che sia anche tua, di figlia» la rassicurò Goten.

Gli occhi di Valese si animarono improvvisamente e alzò immediatamente lo sguardo verso Rose, a qualche metro da lei. «Ma che cosa state dicendo? Io non ho una figlia…»

«Lei viene dal futuro» precisò Goten. «Non hai ascoltato quello che si sono detti fino adesso?»

«M-ma io credevo stessero scherzando, insomma come è possibile che esista il viaggio del tempo? E poi… che cosa sono tutte queste storie delle vite passate?»

«E’ possibile viaggiare nel tempo spiegò» Whis «Ed è altrettanto possibile vivere più vite in più corpi. Le anime si spostano da un corpo all’altro. Dopo la morte, si passa un periodo nell’aldilà, dopodiché, quando l’anima è pronta, torna su un pianeta per fare un’altra vita»

Valese, più che allibita, cominciava a incuriosirsi sempre più. «Wow! E chi le sapeva tutte queste cose!» Prese la rincorsa e andò ad abbracciare Rose. «Che bello, avrò una figlia! E tu sarai la mia bambina!»

Rose, stretta nell’abbraccio della sua futura madre, perse un po’ della sua compostezza, e ai presenti parve come se, per un secondo, i suoi occhi fossero tornati ‘normali’, ovvero quelli dolci e anche un po’ insicuri della Rose che avevano imparato a conoscere.

Tuttavia, la ragazza parve tornare come prima nel momento stesso in cui Valese si separò da lei e tornò vicino a Goten, il quale continuava a fissare Rose senza dire nulla, come se lo stupore gli avesse fatto perdere completamente il dono della parola.

Nel frattempo, fu Goku a interrompere il silenzio:

«Comunque, se non ho capito male» disse piombando giù dalla sedia e avvicinandosi lentamente a Rose «adesso i tuoi poteri sono al massimo, vero?»

«Corretto» rispose la ragazza, guardandolo mentre si avvicinava.

«E si sente. Adesso la tua energia è diversa ed è aumentata moltissimo» Goku si fermò vicino a lei, guardandola con aria di sfida.

«Ti va di mostrarmi i tuoi poteri e di combattere con me?»

Rose lo guardò per un istante e poi, sorridendogli e ricambiandogli lo sguardo di sfida, rispose:

«Perché no?»

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


CAPITOLO 39 

 

Nonno e nipote si misero in posizione di combattimento. Si erano leggermente allontanati dagli altri, altrimenti avrebbero combinato un disastro stando vicino a loro, ma erano comunque visibili a tutti.

Goku guardava la ragazza negli occhi: notò il suo sguardo penetrante e molto determinato. Si mosse per primo e si avvicinò per attaccarla; lei parò tutti i suoi colpi con gambe e braccia, senza alcuna fatica apparente. Continuarono così per qualche secondo, dopodiché Rose cominciò a schivare, con estrema facilità, i colpi inferti da Goku, nonostante fossero sempre più veloci.

“Esattamente come Whis” pensò Goku tra sé e sé, mentre era concentrato a combattere “Anche lui riesce facilmente a schivare i miei colpi. E’ proprio vero che la sua forza è aumentata, perché prima non riusciva a schivare i miei colpi così facilmente… sono curioso di scoprire che altro sa fare adesso!”

Proprio in quel momento, la ragazza cominciò a sferrargli colpi, con sempre più veemenza. Goku ricevette un pugno sulla guancia e, con sua grande sorpresa, provò molto dolore. Si fermò un attimo per toccarsi la guancia ma non ebbe tempo, in quanto Rose era già lì ad attaccarlo. Lui rispose, e continuarono così il riscaldamento per qualche minuto.

Per ogni minuto che passava, l’allenamento si faceva sempre più duro e feroce.

Si lanciarono qualche onda, e Goku fu sorpreso nel notare che la ragazza le parava tutte con estrema facilità. Goku quindi decise di trasformarsi in Super Saiyan di primo livello per rendere il combattimento ancora più interessante, ma la lotta andò avanti incessantemente senza che lei sentì la necessità di trasformarsi a sua volta.

Sempre più sconcertato, Goku notò che lei riusciva senza alcuna difficoltà a fronteggiarlo nonostante lui si fosse trasformato e lei no. Riuscì addirittura a mandarlo a sbattere contro una roccia e lanciargli una Kamekameha, e Goku riuscì a malapena a rispondere all’attacco, sia perché era stata troppo veloce, sia perché la sua onda era molto potente.

Goku quindi decise di trasformarsi direttamente in Super Saiyan di terzo livello, per vedere se lei sarebbe riuscita a fronteggiarlo ugualmente senza trasformarsi a sua volta.

«Cosa?!» esclamò Bulma mentre assisteva esterrefatta allo scontro «Goku si è addirittura trasformato in Super Saiyan di terzo livello mentre lei è ancora nella sua forma normale?!»

«E non ha ancora tirato fuori il massimo della sua energia» disse Whis «E’ ancora ben lontana dalla sua forma massima»

Goku sapeva che il suo corpo di piccole dimensioni non gli permetteva di mantenere la forma di Super Saiyan di terzo livello a lungo, ma voleva comunque mettere ulteriormente alla prova la forza della ragazza, che se la cavava fin troppo bene, per i suoi gusti: combatteva con molta tenacia, e sembrava non avere molta difficoltà, nemmeno con il Super Saiyan di terzo livello.

Goku continuò a combattere in quella forma per qualche minuto, ma, vedendo che lei riusciva comunque a destreggiarsi tranquillamente tra i suoi colpi, pensò:

“E’ giunto il momento di sfoderare la mia arma migliore. Vediamo come se la cava con il Super Saiyan di quarto livello, visto che la scorsa volta non è stata capace di fronteggiarmi”.

Si trasformò sfoderando tutta la sua energia e facendo tremare il suolo, mentre Rose si allontanò leggermente per assistere alla sua trasformazione. Di sotto, tutti dovettero mettersi un braccio davanti agli occhi per non essere accecati dall’energia prodotta da Goku in quel momento.

«Adesso vediamo come te la cavi» le disse Goku.

Lei non disse niente e si limitò a volare velocemente verso di lui e ad attaccarlo. Goku notò con piacere che la ragazza riusciva a difendersi lo stesso bene, ma era evidente che adesso faceva molta più fatica di prima: egli riuscì infatti a tirarle un pugno sullo stomaco e a mandarla a sbattere giù al suolo, sollevando un enorme polverone. Senza esitare nemmeno un attimo, cominciò a creare una Kamekameha potenza dieci, la tecnica più forte e che meglio gli riusciva nel suo attuale stato, e la lanciò verso la ragazza che si trovava ancora per terra. L’onda si stava pericolosamente avvicinando a lei e Goku vide che anche lei riuscì a creare velocemente una Kamekameha per contrastare la sua onda, ma evidentemente la sua era molto più forte e la travolse, provocando un forte boato.

«Oh, no!» urlò Chichi alzandosi dalla sedia, tutta preoccupata «Goku! Non esagerare! Oddio, si sarà fatta male?»

«Non ti preoccupare» disse un indifferente Bills «quell’onda non le ha fatto niente. Credo che si sia fatta solo qualche graffio»

Intanto Goku guardava attentamente verso il basso per cercare di vedere qualcosa oltre l’enorme polverone che si era sollevato, quando vide Rose volare velocemente verso l’alto e posizionarsi di fronte a lui, a qualche metro di distanza, leggermente malridotta: respirava un po’ a fatica e aveva qualche graffio qua e là sul corpo.

«Hai la pelle dura» disse Goku sorridendole.

«Non immagini quanto» disse lei, ricambiando il sorriso.

All’improvviso, la ragazza si mise nella tipica posizione di trasformazione e, urlando, sfoderò tutta la sua energia, di fronte alla quale Goku dovette sforzarsi per rimanere fermo nella posizione in cui si trovava.

La ragazza si era trasformata in Super Saiyan: adesso era circondata da un’aura gialla e i suoi capelli erano diventati biondi con le punte leggermente alzate verso l’alto, mentre gli occhi erano diventati verdi.

“La sua potenza è aumentata tantissimo!” pensò Goku sgranando gli occhi.

Di sotto, nel frattempo, non c’era nessuno che non fosse rimasto sconcertato di fronte alla trasformazione che la ragazza aveva appena compiuto: d’altronde, nessuno di loro aveva mai visto prima una ragazza trasformarsi in Super Saiyan! Gli occhi di tutti, fissi a guardare verso l’alto come se avessero appena visto qualcosa di sconvolgente, erano puntati su di lei.

«Wow!» esclamò ad un certo punto Pan «Voglio imparare anche io a trasformarmi come lei!»

«Oh, no!» esclamò Chichi rassegnata, portandosi una mano sulla fronte dalla disperazione «Ma allora è proprio vero che anche le ragazze possono trasformarsi in Super Saiyan! Era già abbastanza che lo sapessero fare i maschi!»

«E’ pazzesco!» esclamò Bulma «Bra, quindi volendo puoi trasformarti anche tu in Super Saiyan!»

La ragazza dai capelli blu guardò storto la madre e disse:

«Ma figurati, mamma! Sai benissimo che a me non piace combattere!»

«Già» disse Bulma «A te interessa solo la moda…»

«Beh, almeno sai che non si caccerà mai nei guai» affermò Chichi.

Bulma alzò le sopracciglia. «Avrei qualche dubbio, su questo»

Gohan, Trunks e Videl, invece, osservavano la scena ammirati, mentre Goten, accanto a Gohan, guardava la ragazza in alto con gli occhi spalancati.

Subito dopo si voltò verso gli altri e disse: «Ma… quindi voi già sapevate che Rose viene dal futuro e che è mia figlia?»

Molti annuirono.

«Ma perché io lo vengo a sapere solo adesso?»

«Rose ci ha detto di non dirti nulla» rispose Chichi.

«Già» intervenne Gohan «Il Supremo del suo tempo le ha detto di fare attenzione a rivelare questo tipo di informazioni ai diretti interessati»

«E perché adesso mi ha detto tutto? Che cosa è cambiato da prima a adesso?»

Prima che qualcun altro potesse replicare, Whis prese la parola.

«Fino a qualche minuto fa, Rose ci parlava tramite la sua parte umana, quella che è stata ammonita dal Supremo di non rivelare troppo la sua vera identità. Ora, invece, è emersa la sua parte divina che conosce l’Universo e i suoi meccanismi molto meglio di noi, e se ha cambiato idea e ha deciso di rivelarsi vuol dire che questo è sicuramente parte del suo piano, e evidentemente è stata la cosa più giusta da fare»

Goten rimase qualche secondo in silenzio, immerso nei suoi pensieri, dopodiché disse:

«Wow. Io… non mi aspettavo niente di tutto questo» volse lo sguardo di nuovo verso l’alto, tornando a seguire il combattimento tra suo padre e la sua futura figlia, pensieroso.

“Ecco perché ho sempre avuto un po’ come la sensazione di conoscerla già…”

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***


CAPITOLO 40

 

Nel frattempo, Goku e Rose avevano ripreso a combattere; questa volta, Goku ebbe molta più difficoltà di prima nel fronteggiare gli attacchi della ragazza, in quanto era diventata decisamente più forte rispetto a prima. Se la davano di santa ragione: nonostante lui utilizzasse i suoi attacchi più forti, lei riusciva comunque a difendersi, e anche piuttosto bene. Erano praticamente alla pari, ma forse Rose era un pelo più forte di lui.

Stremato e col fiato alla gola, Goku le disse:

«Forza! Non ti contenere! So benissimo che non hai ancora tirato fuori tutta la tua energia!»

«Notevole» disse lei, incrociando le braccia e accennando un sorriso «Non credevo te ne fossi accorto»

Ancora una volta, la ragazza decise di tirare fuori tutta la sua energia, e, urlando, da lei scaturì talmente tanta potenza che il suolo si mise a tremare e parecchie rocce sottostanti esplosero; i presenti dovettero tutti correre a ripararsi, in quanto il tavolo dove avevano appena mangiato si rovesciò e volò via.

Goku adesso la guardò: nonostante avesse ancora mantenuto la forma di Super Saiyan, attorno a lei volteggiavano delle scariche di energia, che scomparivano e apparivano di continuo e producevano il rumore tipico dell’energia elettrica.

Questo voleva dire solo una cosa: Super Saiyan di secondo livello.

«Uh» la ragazza osservò il proprio corpo aprendo e chiudendo le dita sul palmo «non avevo mai raggiunto questa forma prima d’ora. Credo di dover ringraziare la mia potenza divina»

Goku sorrise beffardo.

«Perfetto. Adesso sì che il gioco si fa ancora più interessante»

Rose lo guardò e in un secondo si trovò proprio di fronte a Goku, che fece in tempo a tirare su un braccio per difendersi ma non servì a nulla, perché la ragazza riuscì comunque a tirargli un pugno sul viso: il suo naso cominciò subito a sanguinare. La ragazza non perse altro tempo e fu talmente veloce che sferrò anche un pugno sullo stomaco a Goku, che si piegò in due dal dolore e con un calcio fu mandato a sbattere verso il basso frantumando completamente una roccia.

I presenti, riparati un secondo prima dietro ad una roccia, erano stupefatti di assistere a quella scena.

«C-cosa?» disse Gohan «In così poco tempo ha già messo al tappeto il Super Saiyan di quarto livello?!»

«Ma… ha delle scariche elettriche attorno al corpo» notò Goten «credo abbia raggiunto il secondo livello di Super Saiyan!»

«Già» confermò Bills, osservando il combattimento molto interessato «E adesso è anche alla sua massima potenza. O per lo meno, è la massima potenza che il suo corpo, ora come ora, può sopportare»

Gohan, incuriosito, chiese: «Questo vuol dire che se lei si allenasse di più e aumentasse la sua potenza, il suo corpo potrebbe sprigionare un’energia ancora superiore a quella che ha adesso?»

«Esatto» confermò Bills.

«Incredibile!» esclamò Trunks.

«Sì, ma purtroppo è molto difficile per lei raggiungere questo stato in cui si trova adesso in condizioni normali» spiegò Whis «ricordiamoci che adesso lei si trova in questo stato solo temporaneamente. Le ci vorranno moltissimi anni di duro allenamento per raggiungere da sola una forma simile»

Goku, intanto, era riuscito ad alzarsi e stava di nuovo combattendo con Rose, che, puntualmente, riusciva sempre a mandarlo al tappeto facendolo sbattere da tutte le parti; cercò di tirare fuori più energia che poteva, che fece prolungare lo scontro ma senza procurargli nessun vantaggio rispetto alla forza della nipotina.

Stremato, dopo l’ennesima caduta al suolo, tornò volando malconcio di fronte a lei, che era sospesa in alto ad osservarlo a braccia conserte.

«Riesci ancora a stare in piedi?» gli chiese lei.

Goku non disse niente, anche perché non aveva neanche quasi più la forza di parlare, così si mise solo in posizione di attacco.

«Facciamo una scommessa?» chiese lei, guardandolo con aria di sfida «scommettiamo che non riesci più a toccarmi? Ti metterò al tappeto senza nemmeno sfiorarti»

Goku riuscì a malapena a fare un sorriso, e cercò di recuperare le sue ultime forze per resistere ai suoi attacchi.

Lei alzò improvvisamente il braccio con il palmo rivolto verso di lui, come se stesse per lanciargli un’onda energetica, ma dal palmo non uscì niente; così, piegò le dita verso il palmo e Goku si sentì completamente bloccato. Non riusciva più a muoversi.

“Urca, mi sono completamente dimenticato che lei ha anche questo tipo di potere!” pensò lui “Adesso che i suoi poteri sono al massimo, deve saper padroneggiare bene anche questa abilità. D’altronde, l’ultima volta che abbiamo combattuto ha fatto una fatica enorme ad utilizzare questo potere. Adesso, sembra quasi che le venga naturale”. Nel frattempo, tentò in ogni modo di liberarsi da quella morsa e di riuscire nuovamente a muoversi, ma invano. Era come se ci fosse una forza invisibile a tenerlo immobile.

All’improvviso, sentì il suo braccio alzarsi da solo verso l’alto e creare una sfera di energia: il tutto contro la sua volontà.

Rivolse gli occhi verso la ragazza e vide che, con il movimento dell’altra mano che aveva libera, controllava la sua onda, che venne lanciata in aria. Lei mosse la mano e l’onda, che si stava dirigendo verso l’alto, cambiò direzione. Fece un altro movimento della mano e l’onda si diresse direttamente su Goku, che lo colpì e si fece parecchio male.

«Ahia!» esclamò Goku «così non è valido!»

La ragazza ridacchiò.

«Hai ragione» disse «Allora finiamola qui»

Detto fatto: sempre con il movimento del suo braccio, allontanò Goku da lei e cominciò a creare una Kamekameha.

Goku si accorse solo in un secondo momento che senza il braccio direzionato verso di lui, la ragazza non poteva più controllarlo, e quindi aveva di nuovo il controllo completo del suo corpo; così, quando la ragazza gli aveva già lanciato l’onda, riuscì a crearne una in tempo per contrastarla, e i due rimasero per qualche secondo a spingere faticosamente l’onda l’uno contro l’altro.

Alla fine, Goku non riuscì a respingere tutta l’energia che sentiva arrivare verso di lui, così fu travolto completamente e con un assordante boato cadde per terra insieme all’onda, che con l’impatto con il suolo provocò in quel punto un’enorme voragine.

La ragazza, ancora trasformata in Super Saiyan di secondo livello, atterrò proprio davanti a tutti gli altri, che ebbero il modo di osservare la sua trasformazione da vicino. Notarono che la trasformazione per le ragazze non era poi così diversa da quella degli uomini: la sola differenza era che i capelli non andavano completamente verso l’alto, ma si sollevavano solo leggermente dal corpo e dalla testa.

Rose tornò nella sua forma normale e, guardando il cratere che si era creato, si strofinò la mano sul mento pensierosa e disse:

«Forse ho esagerato un po’…»

«No, per niente» disse una voce dietro di lei. Si girò di scatto e vide Goku, ancora trasformato in Super Saiyan di quarto livello, arrancare verso di lei tenendosi un braccio, quasi completamente andato fuori uso.

«Era quello che volevo vedere» disse lui, con un mezzo sorriso. Arrivato vicino a Rose, si fermò e tornò nella sua forma di bambino, dopodiché cadde a terra stremato.

«Wow!» esclamò ancora una volta Pan, guardando Rose stupita «sei riuscita addirittura a battere il nonno!»

«Già!» disse Bulma «Non è una cosa da tutti i giorni vedere qualcuno che riesce a battere Goku!»

«Tz» Vegeta emise un breve suono e girò la testa dall’altra parte, con un’espressione evidentemente scocciata e contrariata.

«Vegeta» disse Bulma con un tono di malizia, essendosi accorta del fastidio che la sua frase aveva provocato al marito «perché non ti batti anche tu con lei?»

«Io non combatto con una ragazzina» rispose lui freddamente.

«Tesoro» replicò ancora una volta Bulma con un sorriso beffardo stampato sul volto «non è che in realtà hai paura di perdere contro di lei?»

«Io? Paura di perdere? Tz!» rispose, mentre una vena cominciava a pulsargli sulla testa. All’improvviso, prese il volo e sparì all’orizzonte.

«E’ sempre bello stuzzicare Vegeta!» disse Bulma, e tutti scoppiarono in una fragorosa risata.

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Capitolo 41
*** Capitolo 41 ***


CAPITOLO 41

 

«Ehm, scusate se sono venuto così, volando attraverso la recinzione, ma all’ingresso ci sono le guardie che non mi lasciavano entrare perché giustamente non mi conoscono» disse il ragazzo grattandosi la testa imbarazzato e sorridendo nervosamente.

«Scusa, e tu chi saresti?» chiese sospettosa Bulma, alzandosi in piedi.

«Non ci posso credere» disse Rose alzandosi di scatto dalla sedia e portandosi una mano sul petto.

Il cuore le batteva all’impazzata.

Tutti, che prima guardavano il ragazzo incuriositi, adesso avevano invece lo sguardo fisso su di lei, domandandosi che cosa stesse accadendo.

La ragazza si mise a correre verso il ragazzo e gli buttò le braccia intorno al collo.

Lui le posò le mani sui fianchi e la strinse a sé con tutta la forza che poteva.

Lei fece altrettanto, cercando di non esagerare, in quanto era (ovviamente) molto più forte di lui.

Gli altri, nel frattempo, guardavano stupiti la scena, chiedendosi chi fosse il nuovo arrivato; ad un certo punto, udirono dei singhiozzi provenienti da Rose, che, evidentemente, era scoppiata in lacrime.

Non la vedevano perché era girata dall’altro lato, ma riuscivano invece a vedere il viso del ragazzo, che era appoggiato dolcemente su una spalla di lei.

Aveva gli occhi chiusi e la stringeva forte a sé.

Non piangeva, ma era visibilmente commosso ed emozionato.

Dalla sua espressione, era felice di rivedere la ragazza che, al momento, era completamente abbandonata a lui tra le sue braccia.

Rose sollevò la testa dalle spalle del ragazzo e i due rimasero a guardarsi per pochissimi secondi; lei avrebbe voluto baciarlo, ma resistette al desiderio pensando che tutti gli altri erano lì, a guardarli.

Così si staccò da lui e, mettendo per un attimo da parte la felicità che provava nel vederlo lì, proprio di fronte a lei, si lasciò travolgere dallo stupore:

«Ma… Che cosa ci fai tu qui?! Come è possibile?!»

«Io… sono riuscito a scappare… non sai che casino che è successo…»

Bulma, qualche metro dietro di loro, cominciò a tossire per attirare la loro attenzione:

«Ehm, Rose, scusa tanto se interrompo il vostro momento, ma vuoi per caso chiarirci le idee e dirci chi è questo ragazzo?»

La ragazza si voltò e i due si avvicinarono agli altri.

Rose si schiarì per un attimo la voce e disse:

«Ehm… questo è David»

Vi fu un attimo di stupore generale, nel quale alcuni, come Bra e Pan, parvero comprendere mentre altri, confusi, non capivano ancora chi avessero di fronte. Fu Goku e chiederlo:

«David? E chi è?»

Evidentemente non si ricordava già più chi fosse.

«Come chi è, nonno?!» intervenne Pan alzando la voce «E’ David! Il ragazzo di Rose!»

«Che cosa?!» disse Videl, adesso sorpresa come tutti gli altri «Ma… che ci fa qui? Non dovrebbe essere nel futuro?»

«In effetti dovrei» rispose lui.

Adesso tutti gli sguardi erano puntati su di lui.

David pareva un ragazzo molto a modo. Aveva il bel fisico di un giovane ragazzo della sua età: era una decina di centimetri circa più alto di Rose, e, anche se non era particolarmente muscoloso, aveva comunque delle belle spalle larghe. I capelli di color castano chiaro erano leggermente lunghi e li ricadevano fin sopra le orecchie, mentre gli occhi verdi facevano trasparire l’animo gentile e ben educato del ragazzo.

Sì, si poteva dire, sin dal primo impatto, che fosse un bravo ragazzo. Insomma, uno di quelli che i genitori vorrebbero che le proprie figlie presentassero a casa.

«Dovrei essere nel futuro, me per fortuna sono riuscito a venire qui ancora prima di Ludir.

Vedi, Rose, quando te ne sei andata, come puoi aver immaginato è scoppiato un casino in città, perché Ludir si è messo a cercarti e non ti trovava.

Prima di tutto, si è messo a chiedere a George e agli altri dove tu fossi, e, visto che si è reso conto che non lo sapevano per davvero, si è messo a cercare me, esattamente come avevamo predetto»

«L’avevo immaginato» disse Rose «E’ fin troppo prevedibile!»

«Io, ovviamente, subito dopo che sei partita me ne sono andato via anche io, ma ho fatto in modo che lui sapesse che mi stessi spostando, in modo da fargli perdere tempo nel seguire le mie tracce.

Visto che per più di un mese non è stato in grado di trovarmi, ha deciso di mettermi una taglia sulla testa come ricercato, però poi, vedendo che ancora non mi facevo vivo, è passato alle maniere forti: ha cominciato a radere al suolo intere città e a minacciare tutti gli abitanti della Terra che se non mi avessero trovato avrebbe sterminato tutti»

Il ragazzo era visibilmente turbato.

«Ma è terribile!» esclamò Bulma.

«Visto che era ancora passato solo poco più di un mese e tu, Rose, mi avevi chiesto di resistere per tre mesi, decisi di aspettare ancora qualche altro giorno prima di farmi vivo. Ma fu credo la decisione più sofferta che abbia mai preso, perché nel frattempo Ludir aveva già sterminato molte città»

Adesso David aveva lo sguardo rivolto verso il basso, con gli occhi tristi che guardavano il suolo.

«Lo so David che è dura» cercò di rincuorarlo Rose, mettendogli una mano sulla spalla «però è stato anche necessario perché noi stiamo facendo tutto questo per far tornare la situazione alla normalità. Non ti preoccupare, se riusciremo a risolvere questa situazione tutti torneranno in vita»

Lui alzò lo sguardo e guardò la ragazza accennando un piccolo sorriso:

«Speriamo»

Rose gli ricambiava lo sguardo fiduciosa. Lui rimase per qualche secondo incantato a guardarla, dopodiché, riprendendosi come se per un attimo fosse stato su un altro pianeta,  riprese a parlare:

«Comunque, dopo qualche giorno ho deciso di uscire allo scoperto, così Ludir mi ha catturato e mi ha portato al suo Palazzo – che nel frattempo era già stato ricostruito dopo che Ellen l’aveva semi-distrutto – e mi ha tenuto lì per due settimane.

I primi giorni ho cercato di non dirgli nulla, sempre per prolungare i tempi, ma poi non sono più riuscito a resistere alle sue torture e gli ho dovuto dire tutto»

«Torture?» chiese Pan tutta preoccupata.

«Tipico» disse Rose, alzando un sopracciglio dal disappunto «sai quante volte lo ha fatto con me ed Ellen?»

«Quel farabutto!» disse Chichi arrabbiata, incrociando le braccia «non vedo l’ora di vederlo, così magari avrò anche io l’onore di tirargli due sberle!»

David, sotto gli sguardi preoccupati e turbati dei presenti, decise di continuare il suo racconto:

«Avendo saputo che Bulma aveva costruito una macchina del tempo, Ludir è riuscito a recuperare tutte le informazioni dal suo computer, e in queste settimane è riuscito a farsi costruire un’altra macchina del tempo.

Io, grazie all’aiuto di George e degli altri» girò un attimo lo sguardo verso Rose «sono riuscito a scappare e a manomettere alcune delle informazioni sulla destinazione della macchina del tempo, per cui Ludir, pur essendo già partito, attualmente si trova su un altro pianeta di un’altra galassia, per cui impiegherà un po’ di tempo prima di arrivare qui»

Rose si stupì.

«Grande! Sei stato molto furbo!»

«Perché te ne stupisci, scusa?» Lui la guardò torvo.

«Io? No no, non ho mai dubitato della tua furbizia!» rispose lei sarcastica, girando gli occhi da un’altra parte e fischiettando.

David, diffidando delle sue parole, la guardò e poi scosse la testa, sorridendo.

Gli altri scoppiarono a ridere.

«E tu come diavolo hai fatto a viaggiare nel tempo?» gli chiese Rose.

«Ti ricordi il “luogo segreto” che usavamo io te Ellen e Bulma per incontrarci e discutere dei nostri piani? Beh, una volta ci ero andato e per sbaglio avevo aperto una porticina di una stanza nella quale c’era una piccola macchina del tempo.

Né tu né Ellen ne siete mai state a conoscenza, ma credo che Bulma si sia costruita un’ altra macchina del tempo nel caso servisse, per evenienza.

Chissà, forse la voleva usare lei stessa dopo la partenza di te ed Ellen, oppure la teneva solo di scorta, non so… sta di fatto che ho usato quella per venire qui.

Volevo arrivare prima di Ludir per avvisarvi del suo arrivo, in modo che non vi cogliesse impreparati»

«Hai fatto bene» disse Bulma con sguardo molto determinato «l’antidoto è già a buon punto, però credo che mi ci voglia ancora qualche settimana per finirlo»

«Qualche settimana?!» ripeté lui preoccupato «In realtà... credo che Ludir possa essere qui sulla Terra tra una settimana al massimo»

«COSA?!» urlò Bulma spalancando gli occhi «I-io… non credo di riuscire a finire l’antidoto entro quella data!!»

David e Rose si scambiarono un’occhiata preoccupati.

«Ma comunque, adesso che me lo hai detto» disse Bulma, tentando di rassicurare i due ragazzi «cercherò di finire l’antidoto entro questa settimana! Cercherò di fare del mio meglio»

«Grazie, Bulma!» le disse Rose sorridendole.

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Capitolo 42
*** Capitolo 42 ***


CAPITOLO 42

 

David rimase lì con loro a parlare tutto il pomeriggio.

Esattamente come nel futuro, si era trovato completamente a suo agio con loro, sia con la famiglia di Bulma che con quella di Rose.

Erano tutti ovviamente molto più giovani rispetto alle persone che lui era abituato a vedere; in particolare, aveva notato che mancavano moltissime persone all’appello, come la madre di Rose e, ovviamente, tutti i bambini che in quel tempo non erano ancora nati.

Prima che avesse avuto l’occasione di osservare per bene tutti, una ragazzina dai capelli neri con la frangetta e una bandana arancione sulla testa gli chiese:

«Hai nominato più volte questo “George”. Ma chi è?»

David guardò bene la ragazza, la stessa che prima aveva spiegato agli altri chi lui fosse, ma alla quale fino a quel momento lui non ci aveva fatto particolarmente caso. Subito il suo viso si illuminò dallo stupore:

«No… Rose, non dirmi che lei è Pan?»

Pan, che anziché una reazione del genere si aspettava invece una risposta alla sua domanda, fu colta alla sprovvista e arrossì leggermente, guardando i due ragazzi imbarazzata.

«Proprio lei» rispose Rose.

«Non ci posso credere!» esclamò lui, continuando a fissarla «E’ così piccola! Quanti anni ha?»

«Quasi quindici!» rispose Pan imbronciata: evidentemente, essere stata definita “piccola” da quel ragazzo l’aveva infastidita.

Il ragazzo sorrise di fronte alla sua reazione.

«Scusami tanto, Pan, è che nel nostro futuro sei molto più grande di noi, quindi quasi non ti riconoscevo»

Pan si sciolse subito di fronte alle scuse che le aveva fatto David, per cui il broncio le passò.

«Quindi tu mi conosci nel futuro?» gli chiese lei, emozionata.

«Sì. Conosco praticamente tutti voi» disse il ragazzo scorrendo con lo sguardo tra i presenti.

In particolare, il suo sguardo si soffermò qualche secondo in più su Goten, ma, quando David notò che Goten si era accorto del suo sguardo, lo tolse subito.

Goten, in realtà, era stato a fissarlo quasi per tutto il tempo, senza neanche avergli mai detto una parola. Il ché faceva molto strano a David, in quanto nel futuro lo conosceva abbastanza bene, e poteva dire di essere sempre andato d’accordo con lui, con il padre della sua (ormai ex) ragazza.

Forse, pensò tra sé e sé, Goten in quel momento non lo conosceva e lo stava in qualche modo “studiando”, per capire che tipo fosse.

Nello stesso tempo, però, temeva il tipo di reazione che avrebbe potuto avere. D’altro canto, però, si chiese se lui sapesse che Rose era sua figlia…

Proprio mentre era immerso in quei pensieri, Goten all’improvviso gli domandò:

«Conosci anche me, vero?»

«Beh, sì» rispose lui, leggermente imbarazzato.

«Quindi tu saresti – se ho capito bene – il fidanzato di Rose?» gli chiese Goten, come se volesse indagare a fondo sulla faccenda.

David non riusciva ad interpretare la sua espressione: nonostante nel futuro lo conosceva come un padre non eccessivamente geloso, adesso temeva una reazione diversa da parte sua. Chissà, magari quando era più giovane era diverso!

«E’ il tuo futuro genero, Goten!» intervenne Chichi entusiasta, prima ancora che David potesse aprir bocca. Evidentemente, David le era piaciuto fin da subito, in quanto generalmente era molto diffidente nei confronti degli eventuali pretendenti dei suoi familiari, che siano i suoi figli oppure i suoi nipoti.

«Beh, non esageriamo!» disse David, forse ancora più imbarazzato di prima.

Genero? Un giorno gli sarebbe piaciuto diventarlo. Anzi, per essere più corretti, prima gli sarebbe tanto piaciuto diventarlo: ora come ora, infatti, lui e Rose non stavano più assieme. Già da quasi tre mesi.

Gli venne subito in mente ciò a cui avrebbe tanto preferito non pensare in quel momento, l’argomento che più gli faceva male a lo stesso argomento al quale, mentre era nascosto per via di Ludir, aveva riflettuto per lungo tempo: ciò che era successo a Rose qualche tempo prima, nonché il motivo stesso per cui si erano lasciati.

Il tradimento di Rose.

L’argomento gli faceva male solo a pensarci, ma in quel mese di vagabondaggio mentre scappava da Ludir aveva avuto sia il modo che il tempo di pensarci su e di rielaborare la cosa, quindi adesso gli faceva un po’ meno male rispetto a prima.

Ma gli faceva comunque male.

Rose notò subito lo sguardo intristito di David, e lo conosceva talmente bene ormai da sapere il motivo del suo repentino cambiamento d’umore.

Non ci poteva fare niente, ma sapeva già che lui stava pensando al fatto che loro due non stavano più insieme, ed automaticamente a ciò che era successo tempo addietro.

Qualche istante prima, appena l’aveva visto, si erano scambiati un caloroso abbraccio, e lei avrebbe tanto voluto baciarlo, ma sapeva che quell’abbraccio non aveva risolto niente tra di loro: in quel momento, infatti, entrambi avevano solamente accantonato ciò che era accaduto prima, per concentrarsi solamente sul momento presente, ovvero sul fatto che non si erano visti per molto tempo, ma soprattutto sul fatto che si fossero rivisti.

Nessuno dei due, infatti, prima di rincontrarsi, sapeva come sarebbero andate le cose: se sarebbero morti prima senza riuscirsi a rivedere oppure se invece ce l’avrebbero fatta.

Per fortuna, era accaduta la seconda opzione, ma questo non voleva assolutamente dire che le cose tra di loro si fossero risolte.

«Dai, poverino, così lo metti in imbarazzo, Chichi!» intervenne Bulma.

«Ma è un bravissimo ragazzo, vorrei tanto che diventasse il marito di mia nipote!» disse ancora Chichi.

«Ma cosa dici mamma, sono ancora troppo giovani!» disse Goten.

Chichi lo guardò un po’ perplessa, ma nello stesso tempo incuriosita: non si aspettava da lui quel tipo di reazione.

Anche Rose lo guardò, questa volta però un po’ sorpresa: conosceva abbastanza bene suo padre da capire che in quella frase c’era un pizzico di gelosia, che però non voleva dare a vedere.

Quella reazione non le sarebbe sembrata particolarmente strana se pronunciata da suo padre nel futuro, ma dal Goten si quel tempo non se lo sarebbe aspettata: dopotutto, loro due, nonostante avessero passato parte del loro tempo assieme, si conoscevano comunque ben poco. O, per lo meno, era lui che la conosceva poco, visto che lei lo conosceva come le sue tasche.

Guardando il suo futuro padre, le vennero in mente tutte quelle volte in cui lui e sua madre avevano invitato David a mangiare a casa loro: se da una parte lo avevano fatto per cortesia, dall’altra lo avevano fatto anche per conoscerlo meglio, per capire se fosse un bravo ragazzo, ma soprattutto per assicurarsi che potesse stare con la loro figlioletta primogenita. Dopo si furono assicurati che il ragazzo ebbe passato il “test”, David era praticamente diventato parte della famiglia e lo avevano sempre trattato come tale.

In particolare, rivide nella mente suo padre che non perdeva mai occasione per scherzare con David; erano sempre andati molto d’accordo.

Le mancavano moltissimo quei momenti.

«Nonna, noi non stiamo più insieme» decise di chiarire Rose, rimarcando la frase con un tono che sperava le facesse capire di interrompere il discorso: non era proprio il caso di parlare di quell’argomento proprio in quel momento.

«E come mai?» domandò Chichi.

Notando l’imbarazzo che si era creato in quel momento tra Rose e David, Bulma decise di prendere in mano la situazione:

«Beh, saranno affari loro Chichi, non credi?»

Chichi la guardò torva, e, incrociando le braccia stizzita, non disse più nulla.

Al suo posto, inaspettatamente, intervenne ancora una volta Goten:

«Beh, non conosco il motivo per cui vi siete lasciati, però spero che tu non le abbia fatto niente di male»

David lo osservò: nonostante Goten lo avesse detto con un tono molto tranquillo e pacato, manteneva comunque uno sguardo risoluto. Provò un po’ di timore di fronte a quell’affermazione, ma sapeva che la aveva detta solamente perché effettivamente non lo conosceva, per cui non sapeva che tipo di ragazzo lui fosse: nel futuro, infatti, il padre di Rose era sempre stato tranquillo nei suoi confronti.

Rose, dal canto suo, osservava la situazione un po’ divertita.

«No, non ti preoccupare, lui non ha fatto niente» disse Rose a Goten, sorridendogli.

Goten non disse più nulla e l'argomento, fortunatamente, non fu più toccato per il resto del pomeriggio.

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Capitolo 43
*** Capitolo 43 ***


CAPITOLO 43

 

David e Rose quella sera stessa furono ospitati da Bulma alla Capsule Corporation: visto che la sua casa era piena di stanze per gli ospiti, aveva dato a ciascuno di loro una camera propria.

Dopo cena, Rose e David si avviarono verso le rispettive camere, che si trovavano sullo stesso piano, una accanto all’altra, e, arrivati sul ciglio delle proprie porte, si diedero la buonanotte e si salutarono.

David entrò in camera sua, mentre Rose, esitante, rimase davanti alla porta.

Non poteva andare a letto e lasciarlo così, senza nemmeno averci parlato: erano tante le cose sulle quali dovevano chiarirsi.

In fondo, non si vedevano da qualche mese, e lei aveva passato gran parte del suo tempo a pensare a lui, chiedendosi come se la stesse cavando, ma, soprattutto, aveva ripensato più e più volte alla loro - ormai passata- relazione.

Quindi, si incamminò verso la porta dalla quale poco prima era entrato David, e bussò.

«Sì?» rispose David da dentro.

«Sono io David, fammi entrare»

La ragazza se lo ritrovò lì, davanti alla porta.

«Che cosa c’è?»

«David, vorrei parlarti»

I due si guardarono per qualche secondo.

Gli occhi di lei, un po’ malinconici, fissavano speranzosi quelli verdi di lui, che, conoscendo a memoria quell’espressione, compresero in un istante ciò a cui si riferiva la ragazza.

Fu un attimo, e il ragazzo si scansò per farla entrare.

Lui, dopo aver chiuso la porta, andò a sedersi sul letto.

«Allora, come sei stato in tutto questo tempo?» le chiese lei, restando in piedi. Aveva bisogno di stare in piedi e di camminare per scaricare l’agitazione che le provocava l’affrontare quell’argomento con lui.

«Io? Beh, è inutile dirti che dopo che ci siamo lasciati sono stato malissimo… Poi, ho avuto quel mesetto di tempo, in cui sono stato in giro a nascondermi, durante il quale ho avuto modo di pensare ancora di più a ciò che era successo»

«Ho capito» disse lei, osservando il pavimento, che in quel momento era più facile da guardare «E… quindi sei ancora fermo sulla decisione che hai preso? Intendo… riguardo noi due»

«Più o meno»

A Rose venne un groppo alla gola. Come, più o meno? Questo voleva dire che tra di loro era finita definitivamente? Oppure c’era ancora qualche speranza?

La ragazza spostò gli occhi su di lui, timorosa di sentire la sua risposta.

Il ragazzo fece un grosso respiro, come se gli pesasse ciò che stava per dire:

«Io, lo sai bene Rose che non riesco facilmente a perdonare i tradimenti. Ho pensato a tantissime cose, veramente, e posso dire che questa storia mia ha veramente distrutto… perché, insomma, io e te siamo stati insieme per quasi 2 anni, e il tuo tradimento mi ha veramente ferito»

Fece una piccola pausa e guardò la ragazza, nei cui occhi si poteva leggere il senso di colpa che provava in quel momento. Ma non era di certo questo il suo obiettivo… in fondo, la conosceva da tantissimo tempo, e sapeva bene che aveva già sofferto tanto anche lei per quella storia, e il suo intento, in quel momento, non era certo farla di nuovo sentire in colpa…

«Comunque» riprese «Io… vorrei darti una seconda possibilità»

Rose, che fino a qualche secondo prima era scura in volto, si illuminò all’improvviso e lo guardò allibita.

«Sì, vorrei di nuovo averti accanto a me… perché in questi mesi che abbiamo passato senza vederci né tantomeno sentirci, mi sono accorto che tengo ancora molto a te, ma, soprattutto, che sono ancora innamorato di te»

Rose non credeva alle sue orecchie. Aveva sentito bene? Lui era disposto a ritornare con lei?

Continuò a guardarlo sconvolta. E se in realtà stesse scherzando? Di solito, David non era un ragazzo che scherzava su queste cose, ma quella che aveva appena sentito era una notizia talmente bella che prima volle assicurarsi che non fosse uno scherzo…

Quindi, gli chiese, ad occhi spalancati: «Ma… davvero?»

Rose cercò di trattenere il suo entusiasmo, nel caso la risposta fosse stata negativa.

«Sì» rispose lui «Perché dovrei mentirti? Insomma, tu non l’hai fatto con me… ed è forse questo che ho più apprezzato. Ciò che hai fatto potevi benissimo tenertelo per te e non dirmelo, facendo continuare la nostra relazione… su una bugia, però. Ma tu hai deciso di non farlo. E io l’ho apprezzato molto…

Per questo, oltre al fatto che ovviamente provo ancora dei sentimenti per te, ho deciso di darti una seconda possibilità e di riprovarci. Sempre se sei d’accordo anche tu»

L’entusiasmo che Rose aveva trattenuto fino a quel momento prese possesso di lei, e il suo viso si illuminò di felicità.

Osservava il ragazzo con gli occhi pieni di gioia, che nel giro di un secondo, però, cominciarono a riempirsi di lacrime.

David le sorrise di fronte alla sua reazione e, battendosi le mani sulle cosce, le disse:

«Vieni»

La ragazza non ci pensò su due volte e andò a sedersi sulle ginocchia di lui.

Non riusciva a trattenere le lacrime dalla felicità, per cui appoggiò la testa sulla spalla di lui e, abbracciandolo, cominciò a piangere.

Non se l’aspettava minimamente. Mai avrebbe creduto che David potesse perdonarla!

Certo, l’aveva sperato e sognato parecchie volte, ma era sempre stata molto pessimista al riguardo. Soprattutto dopo aver osservato la reazione che lui aveva avuto dopo che lei gli aveva detto tutto…

Lui ricambiò l’abbraccio e la strinse forte a sé.

Era una sensazione magnifica, quella di poterla riabbracciare, così forte, dopo tutto quel tempo…

«Non sai quanto mi sei mancata» le sussurrò.

«A-anche tu!» riuscì ad udire tra i singhiozzi.

I due restarono per qualche secondo in silenzio, godendosi quell’abbraccio da tempo molto atteso.

Lui, che stringeva tra le sue braccia il busto di lei, si accorse all’improvviso di quanto la ragazza fosse dimagrita: prima, da quel che si ricordava, era più in carne. Sicuramente, pensò, tutto quello stress scaturito da quella situazione doveva veramente averla messa sotto pressione…

Improvvisamente, si dispiacque ancora di più per lei. Fino a quel momento credeva di essere stato lui quello che aveva sofferto maggiormente in quella situazione, ma, adesso che ci pensava, era lei quella che prima aveva perso i suoi genitori, la sua famiglia, poi il suo ragazzo e poi la sua migliore amica…

Ed era anche per quel motivo che adesso aveva deciso di tornare di nuovo al suo fianco. Lei aveva sempre fatto molto per lui, e adesso era il suo turno: mettere da parte l’orgoglio di uomo e fidanzato ferito per dare una mano alla persona che più amava.

Rose alzò di nuovo la testa e David si ritrovò a guardare i suoi bei occhietti neri umidi.

Le posò una mano sul viso e col pollice tentò di asciugarle le lacrime che le cadevano dagli occhi.

Poi, con la mano scostò i capelli di lei e la posò sul collo, spingendo leggermente la testa di lei verso di lui.

Le loro labbra si incontrarono, dando vita ad un lungo e appassionato bacio.

Ben presto a quel bacio ne seguirono altri e altri ancora, fino a che non si evolsero in qualcos’altro, e i due giovani ragazzi si lasciarono andare all’amore forte ed intenso che provavano l’un per l’altro.

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Capitolo 44
*** Capitolo 44 ***


CAPITOLO 44

 

«Allora, Bulma, come sta la mia nipotina? Ormai non la vedo da tre giorni..» domandò Chichi, mentre posava un piatto in tavola.

«Sta bene» rispose Bulma «Credo anche che lei e David siano tornati insieme»

«Cosa? Sono tornati insieme?!» chiese Pan, guardando Bulma scioccata «non me l’ha detto!»

«Sono contentissima per loro!» esclamò Videl, sorridendo «sono proprio una bellissima coppia! Mi ricordano molto me e Gohan alla loro età…»

«Esatto, e proprio come loro» disse Chichi, assumendo improvvisamente  un’espressione seria e severa «voglio che anche loro si sposino al più presto. D’altro canto, quel David è proprio un bravo ragazzo, come si deve! Mi piace molto! Mi ricorda un po’ Goku da giovane, hanno entrambi un buon cuore»

«Non ti sembra troppo esagerato dire che si devono sposare già adesso? A quest’età? In fondo, sono ancora troppo giovani!» esclamò Bulma.

«Certo che lo sono, ma se si amano devono prima sposarsi e poi fare ciò che vogliono.

Lo so che tu sei sempre stata una tipa molto libertina, Bulma, ma Rose è la mia nipotina, quindi sicuramente la penserà come la penso io»

Si interruppe un attimo, per poi cambiare espressione e guardare Bulma con fare minaccioso:

«Non li avrai per caso messi nella stessa stanza, vero?!»

«No, ovviamente!» rispose Bulma «ho più di quaranta stanze, perché avrei dovuto...»

«Li hai messi nello stesso piano? Uno vicino all’altro?» continuò a domandare Chichi.

«Io… beh… Sì, però…» balbettò Bulma, cominciando a sentirsi colpevole di fronte alle accuse di Chichi.

«Ecco, lo sapevo!» Chichi si alzò di scatto dalla sedia e sbattè le mani sul tavolo «Bulma, sei la solita! Come puoi lasciare due ragazzi giovani, della loro età, a dormire da soli in camere l’una accanto all’altra?! Insomma, potrebbero combinare qualsiasi cosa!»

«Su, mamma, non scaldarti!» intervenne Gohan, cercando di placare la madre «adesso siediti e…»

«Gohan! Lo dico proprio a te! E se sapessi che Pan, tra qualche anno, dormisse nella stessa camera con un ragazzo?»

Gohan si fermò un attimo a pensare e si girò a guardare Pan, con fare pensieroso: «Beh, ovviamente mi darebbe fastidio»

«Ecco, è quello che sto dicendo io!» esclamò Chichi, determinata «E pensa se Pan rimanesse incinta?»

Pan, nel frattempo, osservava la nonna un po’ in apprensione, per ciò che stava dicendo, e poi spostò lo sguardo sul padre: Gohan, che adesso aveva stampata sul volto un’espressione un po’ più seria, disse: «Farei in modo che non succeda nulla del genere… Anche perché, prima di tutto, deve finire i suoi studi»

«Esatto!» esclamò Chichi «L’istruzione è la cosa più importante!»

«Chichi, credo che adesso tu stia esagerando» intervenne Bulma «Insomma, Rose è una ragazza molto in gamba e coscienziosa, lo sappiamo tutti ormai, e so che non farebbe mai una cosa del genere!»

Pan, dopo aver sentito la frase di Bulma, guardò istintivamente Bra, che stava proprio alla sinistra della madre, e le due si scambiarono uno sguardo d’intesa. Avendo capito di aver pensato la stessa cosa nello stesso momento, le due si scambiarono subito un sorriso e ridacchiarono leggermente, cosa che attirò l’attenzione di Bulma.

«Che avete da ridere, voi due?!» domandò lei.

«Noi?» riuscì a dire Pan, tentando di soffocare una risatina «No, niente…»

«Pan» intervenne di nuovo Chichi, ripristinando il suo sguardo minaccioso «lo stesso discorso varrà per te tra qualche anno, quindi ti avverto di non fare la furbetta»

Pan fece finta di non aver sentito ciò che aveva detto sua nonna, e la sua attenzione venne subito attirata da suo zio Goten e da Valese che si incamminavano verso il loro tavolo, e nello stesso tempo, dall’altra parte, dalla figura di David che si avvicinava.

Il povero ragazzo non fece nemmeno in tempo a salutare tutti che Chichi subito gli si avvicinò e gli chiese:

«Ehi, tu! Che cosa hai fatto con mia nipote? Eh?»

Tutti furono inevitabilmente attirati da quella scena, in quanto Chichi aveva parlato a voce molto alta; tra questi in particolar modo Goten, che, subito interessato alla domanda che sua madre aveva posto a quel ragazzo, chiese, sospetto:

«Che cosa le hai fatto?»

David, che era appena arrivato e che quindi non aveva la minima idea di ciò che stessero parlando, si sentì messo alle strette e, in qualche modo, anche in colpa, anche se non sapeva perché doveva sentirsi in colpa. Che cosa aveva fatto di male a Rose? Imbarazzato, disse: «I-io? C-che cosa le ho fatto? Non lo so, che cosa le ho fatto?»

Si sentì lo sguardo minaccioso di Chichi e quello indagatore di Goten addosso, per chissà quale colpa che, inavvertitamente, doveva aver commesso.

«Lo sto chiedendo a te» proseguì Chichi «non fare il finto tonto!»

«I-io… non le ho fatto niente…» cominciò a balbettare lui.

Chichi puntò il dito verso di lui: «Ti avverto, se scopro che avete fatto quelle cosacce, giuro che altro che Ludir, sarò io quella che ve le suonerà di santa ragione!»

Il ragazzo, rosso in viso, cominciò a sorridere sentendo le parole della donna e disse, con espressione divertita: «”Cosacce”?»

«Ah! Lo sapevo! Hai capito benissimo che cosa intendo, quindi questo vuol dire che voi…»

«Mamma» intervenne Gohan, alzatosi apposta dalla sedia per andare a recuperare sua madre, che ormai stava perdendo il controllo. Le posò le mani sulle spalle e, guidandola verso la sedia su cui prima era seduta, disse: «Adesso calmati, stai un po’ esagerando»

«Io non sto esagerando!» insistè la donna «Goten! Mi raccomando, devi stare attento perché Rose è tua figlia, e non sai mai che cosa può combinare con questo ragazzo!»

Goten guardò il ragazzo con un’espressione un po’ confusa, tramite la quale nello stesso tempo, però, scrutandolo, cercava di capire se ciò che aveva detto Chichi fosse vero o meno.

David, sempre più imbarazzato, abbassò gli occhi per terra, cercando di evitare lo sguardo di Goten. In quel momento, addirittura la formica che passeggiava sul prato gli pareva più interessante da guardare.

Per fortuna, però, fu una voce femminile, appartenente alla ragazza dai capelli castani che era vicino a Goten, a spostare l’attenzione del Saiyan da lui:

«Che cosa?» domandò Valese, scioccata e sconcertata «Goten, tu… hai una figlia?»

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Capitolo 45
*** Capitolo 45 ***


CAPITOLO 45

 

Nel giardino calò il silenzio. Nessuno aveva il coraggio di dire niente, di fronte alla domanda che aveva appena posto Valese.

Goten la guardò spaesato e perplesso, e, mentre pensava a cosa poterle dire, la ragazza parlò di nuovo:

«E poi… questo nome, “Rose”… mi sembra di averlo già sentito da qualche parte…»

«E’ il nome della mia amica! Quella che hai conosciuto tempo fa!» disse Pan.

«La ragazzina dai capelli castani lunghi?» domandò Valese.

«Proprio lei» confermò Pan. Lo zio le lanciò immediatamente uno sguardo torvo, in quanto lo stava mettendo ancora più in difficoltà di quanto già non fosse: infatti non aveva ancora deciso, fino a quel momento, se rivelare tutto alla sua ragazza oppure no; però, in quel preciso istante, si era ritrovato costretto a doverle dare delle spiegazioni. Lo sguardo torvo che lanciò a sua nipote non servì comunque a nulla, in quanto la ragazzina non mostrava nessun senso di colpa, anzi al contrario li osservava curiosa ed interessata, come se stesse guardando il colpo di scena di un film.

Valese spostò di nuovo lo sguardo sul suo fidanzato, in attesa di una sua risposta. Lo guardava sconsolata, anche perché aveva paura della sua risposta: e se era davvero quel che pensava? Se in realtà Goten, per tutto questo tempo, la avesse tradita e le avesse tenuto nascosto il fatto che lui avesse una figlia? Da un’altra donna?

Si sentì il cuore in gola.

Ormai era da poco più di un anno che stavano insieme, e lui era l’unico ragazzo “serio” che era riuscita a trovare, l’unico in cui aveva sempre ritenuto di poter riporre fiducia, in quanto era un ragazzo molto dolce, serio e sensibile. Proprio come piaceva a lei. Non come gli altri ragazzi che aveva avuto, tutti molto superficiali e che avevano una sola cosa in mente…

Insomma, lei aveva scelto Goten, e lui aveva scelto lei. E aveva intenzione di costruire con lui un futuro, di sposarsi e creare una famiglia tutta loro… Era ciò che aveva sempre sognato.

Ora, però, venendo a conoscenza di quel fatto, sentì come se il suo cuore avesse mancato qualche battito…

All’improvviso, però, le venne in mente l’immagine della ragazza che aveva visto qualche tempo addietro: adesso che ci pensava, doveva avere all’incirca una quindicina d’anni, se non poco più. Facendo due conti, non era possibile che Goten fosse suo padre, a meno che lui non avesse avuto una figlia a 12, 13 anni?!

Si rese conto che non poteva essere possibile una cosa del genere.

Guardando il suo ragazzo, notò che era leggermente in imbarazzo e che, evidentemente, stava pensando a cosa dirle. Questo suo atteggiamento la fece riflettere ancora di più: se non era veramente sua figlia, allora che cosa aveva da nasconderle?

«I-io… vedi, Valese…» cominciò a balbettare Goten «ehm, ecco… sì, lei è mia figlia»

La ragazza spalancò gli occhi.

«Come è tua figlia, Goten? Tu… tu non mi hai mai detto niente del genere prima d’ora!»

Il tono di voce della ragazza si faceva sempre più affievolito e spezzato. Non poteva credere alle sue orecchie! Tutte le supposizioni che aveva fatto poco prima, come il fatto che non potesse essere sua figlia perché era troppo grande, svanirono all’improvviso e lasciarono solo il posto alle parole che aveva appena pronunciato Goten.

«Perché in realtà nemmeno io lo sapevo, Valese, fino al mese scorso»

La ragazza lo guardò ancora più sbalordita. Ma come, aveva avuto una figlia da un’altra donna e questa persona non gliel’aveva mai detto, fino al mese scorso?

Non riusciva a pronunciare nemmeno una parola, dallo sbigottimento che provava in quel momento.

«Però non è come sembra!» affermò Goten, notando l’espressione sconcertata della fidanzata. «Vedi, lei viene dal futuro. Per cui è la figlia che io avrò in futuro»

Valese, che prima lo guardava stupita, adesso appariva confusa.

«La figlia che tu avrai in futuro?» ripeté, come se stesse parlando tra se e se più che con Goten. Ci rifletté su per qualche secondo, dopodiché domandò: «M-ma… mi stai prendendo in giro, Goten?»

«Assolutamente no!» esclamò Goten «Puoi chiedere conferma a tutti loro!»

La ragazza si guardò un attimo in giro, osservando con noncuranza i presenti. Alcuni avevano leggermente annuito la testa, altri invece la guardavano curiosi, come se stessero aspettando una reazione da parte sua.

«Goten» disse Valese tornando a guardare il fidanzato, mentre il suo tono di voce si faceva sempre più spezzato «se tu hai avuto una figlia da un’altra donna me lo puoi dire tranquillamente. N-non c’è problema… i-io potrei accettarlo…»

«No, Valese!» Goten, vedendo che la ragazza stava quasi per scoppiare in lacrime, posò le mani sulle sue braccia «giuro che ti sto dicendo la verità, devi credermi!»

I due si guardarono intensamente negli occhi per qualche secondo. Da una parte c’era lui, con quegli occhi neri che cercavano di trasmetterle fiducia e serenità, e dall’altra c’era lei, con gli occhi castani che guardavano intimoriti quelli di lui.

Lei voleva, ma soprattutto doveva fidarsi di lui: d’altronde, era o non era stato sempre onesto con lei, fin dall’inizio della loro storia? Lei era venuta a conoscenza fin dall’inizio che lui, insieme a suo padre e a suo fratello, era in grado di sprigionare un’ enorme potenza, creando un’aura gialla intorno a sé, mentre i capelli diventavano biondi. Questa trasformazione si chiamava Super Saiyan, da quanto Goten le aveva detto. Ricordava di essere rimasta incantata la primissima volta che lo aveva visto in quello stato, e le era piaciuto. Dunque, sapeva già che la famiglia di Goten era fuori dal comune, e si era già abituata da tempo alle loro “stranezze”; sicuramente, questa era una di quelle. Inoltre, osservando l’espressione di Goten, capì che il suo ragazzo non le stava mentendo…

«Q-quindi… mi stai dicendo che si può viaggiare nel tempo?» chiese lei, ora sinceramente curiosa di saperne di più al riguardo.

«E’ proprio quello che ha fatto lei» confermò Goten, felice del fatto che non lo avesse preso per un pazzo e che avesse deciso di credergli. D’altronde, era proprio questa una delle caratteristiche che più gli piacevano di Valese: il fatto che fosse una ragazza semplice e che si fidasse di lui.

«Wow! Non lo sapevo!» esclamò lei, che adesso appariva emozionata «Che bello! Ma perché non me ne hai mai parlato prima di lei?»

«Beh, perché… ehm… l’hai vista solo una volta, quindi non mi sembrava il caso di dirtelo…»

«E dimmi, Goten» disse lei, che adesso era entusiasta come una bambina «se tu sei suo padre… allora chi è la madre di questa ragazza?»

«Beh, sei…» cominciò a dire Goten, che però non riuscì a finire la frase. Fu interrotto dalla voce di David, che disse a gran voce:

«Che fame, ragazzi! Quand’è che cominciamo a mangiare?»

Tutti i presenti rimasero un attimo scombussolati di fronte alla domanda di David, in quanto un momento prima erano praticamente tutti assorbiti dal discorso tra Goten e Valese, che era arrivato al momento clou, mentre ora avevano dovuto tutti spostare l’attenzione alla domanda posta dal ragazzo, che poco aveva a vedere con il discorso dei due.

«Stiamo aspettando solo Rose!» rispose Bulma «ma che strano! Che cosa sta facendo?»

«Dovrebbe essere ancora al palazzo del Supremo» disse Goku.

«Sì, ma dovrebbe avere già finito» esclamò Chichi «mi aveva detto che avrebbe finito verso l’una, adesso è già in ritardo di quindici minuti»

«Ah, già! Mi ero completamente dimenticato che era andata al Palazzo del Supremo! » affermò David, guardando con la coda dell’occhio Goten e Valese; si tranquillizzò notando che i due ormai avevano spostato la propria attenzione sui presenti. Per fortuna, sembravano aver accantonato quel discorso.

Sapeva che i genitori di Rose non dovevano sapere la verità, per cui si chiese il motivo per cui Rose aveva permesso a suo padre di venire a conoscenza della realtà dei fatti. Chissà, forse Goten aveva scoperto la verità per caso? Comunque fossero andate le cose, preferiva che almeno Valese non ne venisse a conoscenza. Almeno fino a quando Rose stessa non fosse stata d’accordo.

Sedendosi a tavola, David ripensò un attimo alle parole pronunciate da Chichi poco prima: Rose era in ritardo, che le fosse successo qualcosa? Ormai erano passati parecchi giorni dal suo arrivo, e di Ludir nemmeno l’ombra. Però, guardando gli altri tutti così felici, dedusse che quel mostro non doveva ancora essere arrivato sulla Terra, altrimenti tutti se ne sarebbero già accorti.

Quindi, si mise l’anima in pace e cominciò a chiacchierare con gli altri, aspettando l’arrivo della sua ragazza.

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Capitolo 46
*** Capitolo 46 ***


CAPITOLO 46

 

 

«Che bello! Almeno adesso c’è qualcuno che mi capisce e che sa come ci si sente ad avere una ragazza più forte!» esclamò Crilin esaltato, guardando David.

«Perché, cambia qualcosa?» chiese Chichi, in tono scettico.

«Ma scherzi?! Cambia tutto!» affermò Crilin « Io molte volte mi sento in difetto perché è come se non potessi proteggerla… Anche perché di fatto, non posso. E questa non è una cosa molto positiva per un uomo. Non è molto bello sapere che lei è più forte di te!»

«Beh sì è vero» confermò David «Però è anche vero che io sono sempre tranquillo, quando siamo insieme ma soprattutto quando lei è da sola, anche perché so che almeno se la sa cavare benissimo senza di me.

Anzi, molte volte è positivo perché per esempio se vogliamo andare a fare una passeggiata io e lei di sera, oppure di notte, non ci facciamo nessun problema. Una volta è capitato che ci si era avvicinato qualcuno con cattive intenzioni, ma lei gli aveva dato un pugno e lo aveva lasciato a terra stordito»

«Beh questa è la cosa positiva delle nostre famiglie» disse Videl sorridendo «le nostre figlie non corrono praticamente nessun pericolo, qui sulla Terra. Perfino Bra, che non si allena, ha comunque una forza superiore a quella di noi terrestri, quindi non ha nessun tipo di problema per quanto riguarda la sicurezza!»

«Eh già!» disse Bulma, pensierosa.

«E dimmi» intervenne di nuovo Crilin, rivolto a David «anche Rose, quando si arrabbia, diventa insopportabile e ti urla contro come una matta esattamente come molte delle donne qui presenti?»

All’improvviso Crilin, che fissava David curioso in attesa della sua risposta, si sentì addosso gli sguardi minacciosi di Bulma, Chichi, Videl e C-18.

«Rose?!» disse David, sorridendo sarcasticamente «No no, assolutamente, anzi quando si arrabbia lei diventa… silenziosa. Il che secondo me è ancora peggio che se mi urlasse addosso… Perché almeno se una ragazza urla, capisci perché è arrabbiata, invece lei no…

Una volta, per esempio, è capitato che la avessi fatta arrabbiare: eravamo in macchina e lei all’improvviso si era ammutolita. Non diceva proprio più niente. Quindi io la guardavo intimorito perché non avevo idea di cosa le passasse per la testa…

Io le facevo delle domande e lei non rispondeva più. Mi ricordo che aveva gli occhi chiusi, si vedeva che era arrabbiata con me, ma non diceva proprio più niente…

Poi, all’improvviso, tutti i vetri della mia macchina esplosero, e lei, sempre continuando a stare in silenzio, uscì dalla macchina così, senza dire nulla, e se ne andò…

Io avevo provato a rincorrerla e farle delle domande, ma quella volta l’unica risposta che ricevetti fu “Lasciami in pace che è meglio”. E seguii il suo consiglio. Credo sia stata la cosa migliore che avessi mai fatto!»

«Perché? Sennò che cosa ti avrebbe fatto?» domandò Pan «ti avrebbe picchiato?»

«Picchiato? No no, Rose non mi ha neanche mai alzato un dito. Anche perché se lo avesse fatto, credo che a quest’ora non sarei neanche qui!»

Alcuni dei presenti ridacchiarono.

«Ah beh, allora meno male che non ha preso da sua nonna!» esclamò Goku con un mezzo sorriso «E’ stata fortunata!»

«Goku, che cosa vorresti dire? Che io sono petulante??» gli chiese Chichi, stizzita.

«Giusto un pochetto…» disse Goku ridacchiando.

«Mph» Chichi emise un o sbuffo infastidita «Non è assolutamente vero, e poi io mi arrabbio solo quando è necessario!»

«Se lo dici tu» disse Goku.

Scoppiò di nuovo una risata generale.

«No no, Rose non è per niente violenta» continuò a spiegare David «so che può sembrare una contraddizione visto che pratica arti marziali, però è così. Lei è veramente una delle persone più buone che io abbia mai conosciuto. Appena vede qualcuno in difficoltà, si sente sempre in dovere di andare ad aiutare»

«Già, ce ne siamo accorti» disse Gohan, sorridendo.

«Beh, è di famiglia!» disse Chichi, con aria orgogliosa.

«Quindi tu conosci anche Ellen, giusto?» gli domandò Pan.

«Certo» rispose il ragazzo «le conosco entrambe da quando eravamo piccoli: eravamo tutti e tre compagni di classe alle elementari.

Mi ricordo che non ci consideravamo tanto, eravamo solo compagni di giochi. Però, c’era stata una volta che entrambe mi erano rimaste molto impresse: ricordo che era intervallo, e che avevo sentito delle voci di due persone che sembrava stessero litigando giusto dietro al giardino della scuola, quindi ero andato a vedere che cosa stesse accadendo. Mi ero appostato dietro ad un muretto per non essere visto; all’inizio la situazione mi pareva normale, perché avevo visto queste due bambine, una dai capelli castani e l’altra bionda, che si urlavano addosso perché stavano litigando. All’improvviso, però, mi ricordo che rimasi di stucco perché vidi che queste due bambine avevano cominciato a lanciarsi addosso quelle che adesso chiamerei onde energetiche, ma che allora non sapevo che cosa fossero. Vedevo queste sfere di luce che uscivano dai palmi delle loro mani e che andavano a  finire o su un albero o per terra provocando un piccolo boato, e poi avevo anche cominciato a vedere queste due bambine che si erano alzate da terra e che galleggiavano in aria, tirandosi calci e pugni, anche molto forti.

Io, osservando quella scena ricordo di essere rimasto terrorizzato, perché non mi aspettavo minimamente di vedere una cosa del genere!

Addirittura da quella volta in poi ricordo che evitavo di giocare con loro perché avevo cominciato ad avere paura di loro!» alcuni ridacchiarono «E comunque, fu da quel momento in poi che non me le sono mai dimenticate»

«E ci credo!» esclamò Bulma, sorridendogli «Comunque anche i loro padri, Trunks e Goten, erano esattamente così alla loro età! Sempre a fare combattimenti tra loro e a lanciarsi onde!»

«Sì, ma immagino che per voi sia normale vedere tutto questo. Ormai lo è anche per me, però all’epoca ero veramente rimasto scioccato!»

«Beh, anche io lo ero la primissima volta che conobbi Goku!» disse Bulma «Comunque, poi com’è che tu e Rose vi siete ritrovati?»

«Alle superiori avevamo degli amici in comune con i quali uscivamo entrambi assieme, quindi ci siamo rivisti. Entrambi ci ricordavamo dell’uno e dell’altro, anche se ci eravamo conosciuti quando eravamo molto piccoli»

«E –se posso chiederti- » intervenne Crilin «come mai poi ti sei messo con Rose e non con Ellen?»

«Beh, perché Ellen è completamente diversa da Rose.» rispose il ragazzo, come se la sua fosse la risposta più scontata del mondo «A me è sempre piaciuta Rose perché è una ragazza molto tranquilla, pacata, onesta, e poi perché è anche divertente e simpatica. Anche Ellen è molto simpatica, però lei è una ragazza molto espansiva, energica, ma soprattutto molto casinista: ne combina veramente tante, quella ragazza. E’ un vulcano: di solito è sempre in giro, fa sempre come le dice la testa, è molto impulsiva. Poi, diciamo che è una ragazza che ascolta molto poco i consigli degli altri –soprattutto quelli del padre- e ne combina di tutti i colori. Ma comunque è una ragazza molto intelligente, come il resto della sua famiglia, ed è anche molto solare, allegra…»

«Ma quindi le conosci bene entrambe?» chiese Bulma, leggermente stupita.

«Sì sì, io ed Ellen siamo molto amici»

«Eh beh, mica scemo!» intervenne il Genio delle Tartarughe, che fino a quel momento se n’era stato a dormire su una sedia a sdraio con uno sei suoi soliti “giornalacci” sulla testa «anche io, se avessi due ragazze così belle vicino a me, me le terrei strette come lui… Ah, quanto vorrei avere di nuovo la tua età, giovanotto, io sì che alla tua età…»

Non fece in tempo a finire la sua frase che ricevette una sberla da Chichi.

«Senti Genio, perché non torni a farti un’altra bella dormita? Preferisco non sapere che cosa facevi tu alla sua età!»

Tutti si misero a ridere di fronte a quella scena, compreso David, che conosceva già alla perfezione il carattere del Genio delle Tartarughe, per cui non rimase molto scandalizzato da ciò che aveva detto, anzi forse da ciò che il Genio stava per dire.

«Ma… i tuoi genitori sanno che sei qui?» gli chiese Videl, che, da madre, si mise per un attimo nei panni dei genitori del ragazzo, tutta preoccupata.

«No. Io sono praticamente andato via di casa poco più di un mese e mezzo fa per sfuggire da Ludir, come ben sapete. Sapete anche che mi sono nascosto e che poi ho fatto il viaggio nel tempo per venire qui, però loro non sanno niente di tutto questo. Un giorno ho solamente preso alcune delle mie robe e sono partito. Ho solo lasciato loro un bigliettino con scritto “Tornerò presto”, nient’altro»

«O mio dio, tua madre deve essere davvero in pena per te!» disse Chichi.

«Lo so. Però non ho potuto fare altrimenti. Non avrei mai potuto dire loro la verità, anche perché li avrei messi in pericolo, e poi non avrebbero capito»

«Ma loro conoscono Rose?» chiese Bulma.

«Sì, certo. E hanno saputo anche che ci siamo lasciati. Chissà, magari pensano che sono un pazzo e che sono scappato di casa per stare con lei!

Tra l’altro, che io sappia, mia madre e Rose si sentivano anche dopo che io e lei ci siamo lasciati, anche perché loro due hanno sempre avuto un ottimo rapporto»

«Tu hai dei fratelli?» chiese Chichi.

«Sì, un fratello più piccolo» fece una piccola pausa durante la quale parve riflettere su qualcosa, dopodiché disse: «Mi mancano già molto, però adesso non ci devo pensare.

L’unica cosa che importa, adesso, è portare a compimento questa missione, in modo da eliminare quel farabutto di Ludir e sperare di riuscire a tornare nel futuro sani e salvi»

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Capitolo 47
*** Capitolo 47 ***


CAPITOLO 47

 

 

*Intanto, mezz’oretta prima, al Palazzo del Supremo*

«Ciao!»

Rose, appena atterrata, salutò Dende e Junior, che, come al solito, la aspettavano a quell’ora per allenarla.

I due ricambiarono il saluto.

«Cominciamo?» chiese la ragazza, felice ed emozionata di poter iniziare l’allenamento.

«Certo» le rispose Dende sorridendo.

I due si sedettero per terra a gambe incrociate, l’uno davanti all’altro, come sempre. Chiusero gli occhi e si concentrarono sulla loro energia.

Rose, focalizzandosi sull’enorme flusso di energia che si risvegliava sempre di più dentro di sé, all’improvviso udì la voce di Dende: «Rose!»

La ragazza aprì gli occhi e si ritrovò a guardare un Dende dall’espressione lievemente preoccupata.

«Che succede?» chiese lei, allarmata.

«I-io… ho percepito qualcosa di strano in te. Fammi controllare meglio»

Le posò una mano su un braccio e chiuse gli occhi.

La ragazza sentì dentro di sé l’energia di Dende che, partendo dal suo braccio, raggiunse ogni parte del suo corpo fino ad arrivare ai piedi.

Qualche secondo dopo, il Supremo riaprì gli occhi e chiamò Junior: «Junior, vieni qui a controllare anche tu»

Il namecciano si avvicinò e fece la stessa identica cosa che aveva appena fatto Dende.

«Eh sì» disse Junior «E’ proprio così»

«Ma di che cosa state parlando?» domandò Rose, leggermente infastidita per non aver ancora capito il problema.

«Adesso lo capirai tu stessa» disse Dende, ponendole ancora una volta la mano sul braccio.

Rose chiuse gli occhi e fu un attimo: dentro di sé percepì un’energia strana, diversa, proprio all’altezza del bacino.

All’improvviso, capì tutto.

Non lo sapeva per certo, ma il suo istinto le diceva che si trattava proprio di quello.

Riaprì immediatamente gli occhi e guardò allibita Dende e Junior.

«C-cosa?» chiese lei, con voce tremante «M-ma… è proprio q-quello che penso?»

«Temo proprio di sì» rispose Junior, con tono pacato.

«M-ma…» la ragazza si alzò di scatto da terra. I suoi occhi, che guardavano verso il basso, si muovevano di continuo, fissando pensierosi molti punti del pavimento.

Fu presa dalla paura, e sentì il suo cuore accelerare i battiti.

«Vista la tua attuale situazione» disse Dende «temo che non potremo più continuare gli allenamenti. Sarebbe troppo rischioso per te.

E comunque, credo che tu sia arrivata già ad un buon punto, puoi proseguire da sola»

La ragazza alzò lo sguardo e lo posò su Dende.

«C-certo» fu l’unica parola che riuscì a pronunciare «B-bene. Allora io… io vado»

I due annuirono e la ragazza, dirigendosi a passo incerto verso il bordo del Palazzo, spiccò il volo.

Dopo alcuni minuti atterrò nel centro di Satan City, entrò in un negozio, uscì e spiccò di nuovo il volo, questa volta in direzione della casa dei suoi nonni sui monti Paoz.

Sapeva che lì non doveva esserci nessuno, poiché i suoi parenti dovevano già essere tutti partiti alla volta della Capsule Corporation.

Come da lei previsto, in casa non trovò nessuno ed entrò indisturbata, dirigendosi verso il bagno. Dopo quella che per lei fu un’ora, ma che invece erano una quindicina di minuti, uscì dal bagno con il cuore che le batteva all’impazzata.

Aveva fatto ben tre test di gravidanza, e tutti e tre erano risultati positivi.

Non poteva essere.

Come poteva essere successo? Lei e David erano sempre stati attenti, sempre.

Non poteva essere capitato, proprio a e lei ma soprattutto proprio in quel momento!

Era furiosa, avvilita, si sentiva senza forze. Ma, soprattutto, non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere! La aveva presa completamente alla sprovvista.

Guardò per la decima volta i tre test di gravidanza che aveva in mano, chissà, magari sperando in un qualche cambiamento: sperava di aver visto male, oppure che i test non fossero corretti. Ma come era possibile che tre test fossero tutti sbagliati?

Sperava che fosse tutto un sogno, che tra qualche minuto si sarebbe risvegliata al Palazzo del Supremo. Chissà, magari facendo un esercizio poteva essersi addormentata oppure svenuta per il troppo sforzo, e quindi forse doveva ancora svegliarsi?

Sperò con tutto cuore che fosse così, ma più guardava i test e più si accorgeva che era tutto dannatamente reale.

Inoltre, se si concentrava sulla propria energia interiore, in particolare quella del bacino, poteva percepire benissimo quell’energia, che le diceva che c’era un altro esserino, minuscolo come una formica, dentro di lei.

Era una sensazione molto forte, bellissima ma nello stesso tempo che le causava molta paura.

La ragazza alzò gli occhi verso l’alto, mentre un’ espressione di disperazione appariva sul suo volto. Subito sentì gli occhi inumidirsi; qualche secondo dopo, erano pieni di lacrime. Chiuse le palpebre e strizzò gli occhi: non riuscì a trattenersi e scoppiò immeditatamente in lacrime. Si lasciò completamente andare in un pianto disperato, che durò qualche minuto.

Nella sua mente cominciarono a prendere forma vari pensieri: che cosa avrebbe pensato, suo padre, se fosse lì con lei, venendo a conoscenza di quella notizia? Come avrebbe reagito? Sicuramente avrebbe un po’ perso le staffe, all’inizio, ma poi forse si sarebbe calmato. Se la sarebbe presa anche con David, ovviamente: si immaginava già la scena in cui suo padre salutava il ragazzo a fatica, quasi senza nemmeno guardarlo in faccia.

E sua madre? Lei, forse, inizialmente sarebbe caduta in panico, ma poi sarebbe stata un po’ più comprensiva nei suoi confronti, e avrebbe cercato di trovare una soluzione.

Provò vergogna di fronte all’immagine dei suoi genitori che la fissavano, allibiti, sapendo che era rimasta incinta.

D’altronde, David era sempre stato uno di casa e loro lo avevano sempre accolto a braccia aperte e si erano sempre fidati di lui; probabilmente, avrebbero perso completamente fiducia sia in lei che in lui.

E poi, che cosa avrebbe pensato Pan? La Pan che conosceva la aveva sempre messa in guardia, proprio di fronte all’esperienza che lei stessa aveva avuto quando aveva vent’anni, e che l’aveva portata ad avere il suo primogenito, George.

Nella sua mente apparve Pan che la fissava con sguardo indignato, mentre, scuotendo la testa, diceva: “Ti avevo avvertito, io!”.

Che cosa sarebbe accaduto se fosse riuscita a tornare nel suo futuro, e a riportare in vita tutti quanti? Avrebbe detto loro “Mamma, papà, nel frattempo sono rimasta incinta nel futuro?!”

In quel momento, sapeva solo che non poteva sopportare anche questo, dopo tutto ciò che le era capitato: prima l’arrivo di Ludir, poi la morte di tutta la sua famiglia, poi la rottura con il suo ragazzo, poi la morte di Bulma, poi quella di Ellen e adesso anche questo.

Non poteva sopportarlo.

Non poteva essere capitato proprio a lei!

Si sentiva spaesata, non sapeva qual era il prossimo passo da fare.

Anzi, lo sapeva benissimo: andare da David.

Quindi, si asciugò frettolosamente le lacrime che le rigavano il volto e guardò l’orologio della cucina. Si accorse di essere in ritardo per il pranzo: ormai erano più di venti minuti che la stavano aspettando.

Così, prese di nuovo il volo alla volta della casa di Bulma.

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Capitolo 48
*** Capitolo 48 ***


CAPITOLO 48

 

 

 «Oh tesoro, eccoti! Finalmente sei arrivata!» esclamò Chichi, non appena vide la nipotina avvicinarsi al tavolo dove sedevano tutti loro.

«Ciao a tutti. Scusate per il ritardo, ma ho avuto un po’ da fare dal Supremo. Mi hanno trattenuta più del solito!»

La ragazza sforzò un sorriso, cercando di mostrarsi il più naturale possibile.

Notò che c’era una sedia libera proprio vicino a David (per fortuna!), quindi si incamminò verso di lui.

Appena raggiunse la sedia, i due ragazzi si scambiarono uno sguardo: lui le sorrise dolcemente, e Rose lesse nei suoi occhi tutta la felicità che lui provava nel vederla proprio lì, accanto a lui. La ragazza provò un senso di tenerezza di fronte a quel sorriso, e percepì del calore proprio al centro del petto.

Tentò di non farsi troppo prendere da quel sentimento, quindi lo salutò mostrandogli un sorriso poco convinto e si sedette.

Osservandola meglio, David si accorse che i suoi occhi erano diversi dal solito. Cercando di non farsi notare, la guardò ancora una volta. Era proprio come aveva pensato: la ragazza aveva gli occhi rossi. Come se avesse pianto fino a qualche minuto prima.  

«Tutto bene?» le domandò subito lui sussurrando, mentre tutti gli altri cominciarono a mangiare.

«Mah. Potrei stare meglio, diciamo» rispose lei freddamente.

«Perché? E’ successo qualcosa al palazzo del Supremo?»

«Sì»

«Che cosa?» rispose lui, che stava cominciando a preoccuparsi.

«Te lo spiego dopo. Adesso non è il momento»

«Ma sei arrabbiata con me?» chiese lui, notando l’espressione un po’ infastidita della ragazza.

«Ne parliamo dopo» disse lei, bevendo un bicchiere d’acqua.

«Ma perché mi rispondi così? Che cosa ti ho fatto?» domandò ancora una volta lui, cominciando ad agitarsi.

«David, ti ho detto che ne parliamo dopo!» disse lei alzando leggermente la voce e sbattendo il bicchiere a tavola.

Tutti i presenti alzarono improvvisamente la testa dal loro piatto per guardarli, attirati dal rumore del bicchiere e dal tono delle loro voci che si era improvvisamente fatto più alto.

«Scusate!» disse lei, guardando gli altri un po’ imbarazzata «mi è scivolato il bicchiere…»

David, osservando la reazione della ragazza, la guardò confuso. Che cosa era accaduto di così tanto grave da farla arrabbiare in questo modo? Gli vennero in mente un milione di pensieri: che cosa aveva detto o fatto lui stesso, negli ultimi giorni, da provocarle questo tipo di reazione? E, inoltre, perché gli sembrava che avesse appena pianto? Ci pensò un po’ su, ma non trovò nessuna motivazione valida. Inoltre, che cosa poteva essere accaduto al palazzo del Supremo, che riguardasse anche lui? Chissà, magari non era neanche arrabbiata con lui, ma con qualcun altro, e si stava semplicemente sfogando con lui.

Sperò vivamente che fosse così, anche perché le cose tra di loro andavano a gonfie vele ultimamente, e a lui non pareva di aver fatto niente di strano per farla arrabbiare o per farla stare male.

Chissà, magari in qualche modo era venuta a conoscenza di qualche fatto accaduto nel futuro, che lui non sapeva ancora? Magari, tramite l’ausilio del Supremo?

Moriva dalla voglia di sapere che cosa era successo, ma, a quanto pare, doveva aspettare la fine del pranzo per venire a conoscenza del motivo del comportamento di Rose.

«Non ti preoccupare» disse nel frattempo Bulma, guardando Rose sorridendo «so che a volte fate difficoltà a controllare la vostra forza. Sai quanti bicchieri Vegeta ha spaccato? Ne avrò dovuti ricomprare 100 minimo!»

La ragazza ridacchiò, mentre Vegeta lanciò un’occhiataccia a Bulma, senza però dire nulla.

«Rose» intervenne Goku «com’è andato l’allenamento al palazzo del Supremo?»

«B-bene» rispose lei sorridendo, sperando e tentando di apparire il più convincente possibile. «Junior ti fa allenare tanto, eh?» chiese Goku «E’ sempre stato così, d’altronde!»

«Posso confermare!» esclamò Gohan.

«Quindi è stato lui che ti ha fatto tardare?» domandò Chichi «la prossima volta ci parlo io e gliene dico quattro! Non può farti ritardare così tanto quando abbiamo un appuntamento per pranzare tutti insieme!»

«No, non preoccuparti nonna!» si affrettò subito a dire Rose «In realtà è anche colpa mia se sono arrivata in ritardo! Vedi, sono un attimo passata a fare una doccia prima di venire qui»

Chichi, per fortuna, non disse più nulla, e spostò di nuovo la sua attenzione sul piatto di fronte a lei.

«Quindi voi siete fidanzati?» chiese una voce femminile dall’altra parte del tavolo. Rose spostò il suo sguardo su di lei: non l’aveva notata fino a quel momento, presa com’era da tutti i suoi pensieri.

Era la seconda volta che la vedeva, sua madre. Certo, l’aveva vista altre volte in casa dei suoi nonni, ma solo così, di sfuggita; d’altronde, lei stessa aveva passato la maggior parte del tempo alla Capsule Corporation ad aiutare Bulma, oltre che al Palazzo del Supremo.

E Valese, ovviamente, passava molto più tempo a casa dei suoi nonni piuttosto che da Bulma.

Rimase un attimo spaesata nel vederla lì: non se l’aspettava. Era felice di vederla, ma nello stesso tempo sentì un vuoto all’altezza del cuore, che le fece ricordare immediatamente tutta la tristezza e il dolore che, nell’ultimo anno, aveva cercato di controllare e di nascondere dentro di sé.

Ma, visto che il dolore era tanto, non ci era mai riuscita, così riaffiorò all’improvviso, proprio in quel momento.

«Sì» confermò la ragazza, guardando entrambi i genitori.

«Quindi anche lui viene dal futuro?» domandò ancora una volta Valese, che sembrava sinceramente intenzionata e interessata a conoscerli.

«Già. Veniamo entrambi dal futuro» rispose David.

Rose rimase allibita da quella domanda: non si aspettava minimamente che sua madre fosse già al corrente di tutto.

Guardò Goten in cerca di risposte, e lui disse, con un’espressione colpevole stampata sul volto:

«Rose, sa già tutto. Le ho spiegato tutto prima»

«Oh» disse la ragazza, sorpresa dalla notizia «ok»

«Sì, mi hanno detto tutto» disse Valese, che adesso appariva felice come una bambina «so che sei la figlia di Goten e che vieni dal futuro!»

“La figlia di Goten?” ripeté la ragazza nella sua mente. Che le avessero omesso una parte della verità? Decise di chiedere subito al diretto interessato.

“Papà. Lei sa che sono anche sua figlia?” chiese a Goten, telepaticamente. Se prima le riusciva un po’ più difficile parlare telepaticamente, adesso, grazie, all’aiuto di Junior e del Supremo, ci riusciva con facilità.

Goten, appena sentì la voce della ragazza nella sua testa, dallo spavento fece uno scatto all’indietro che lo fece quasi cadere dalla sedia. Per fortuna, riuscì a non cadere aggrappandosi al tavolo, e si rimise subito composto mentre gli altri lo guardavano sgomenti, domandandosi che cosa stesse facendo. Il ragazzo rimase per qualche secondo immobile aggrottandosi le sopracciglia, dopodiché si girò verso la ragazza.

“Io… mi ero dimenticato che tu sapessi parlare telepaticamente! Ahah!” le rispose telepaticamente, sorridendole.

“Non mi guardare, fai finta di niente sennò gli altri si accorgeranno che stiamo parlando tra di noi!”

“Ehm… sì, giusto!” –prese una forchetta in mano e la affondò nel piatto, fingendo un’aria di noncuranza- “Comunque… no, non sa che è tua madre. Non gliel’ho detto. Ho pensato che sarebbe stato meglio prima chiedere a te e poi nel caso dirglielo”

“Hai fatto bene. Grazie, papà!”

Purtroppo non poteva guardarlo in faccia, così la ragazza si ritrovò a sorridere guardando il piatto.

«Goten, stai bene?» domandò Videl, avendo appena assistito alla quasi caduta di Goten.

«Io?» disse il ragazzo, come se non fosse successo nulla «sì sì, tutto bene!»

«Com’è il futuro?» chiese emozionata Valese, che, intenta a guardare Rose, non si era accorta di ciò che era appena accaduto a Goten.

«Beh… ora come ora sicuramente non è bello. Diciamo che lo era prima! Ma… se mi fai questa domanda vuol dire che in realtà non ti hanno raccontato niente» le rispose Rose.

«Cioè?»

Rose si ritrovò di nuovo a raccontare brevemente la sua storia.

«…e quindi, dopo aver eliminato tutti voi, Ludir ha deciso di tenerci come dei prigionieri…»

«Tutti noi?» domandò confusa Valese «Vorrai dire loro»

«Ehm… sì, scusami, mi sono sbagliata!» si affrettò a dire Rose, sperando che la ragazza non si fosse accorta che il suo, in realtà, non era stato un errore.

Mentre raccontava, notò come le espressioni di sua madre cambiavano man mano che lei descriveva gli avvenimenti: era passata da un’espressione preoccupata a una terrorizzata, da quella arrabbiata fino a quella compassionevole. Era veramente presa dal racconto di Rose, e alla ragazza era sembrato che riuscisse veramente a compatirla, a capirla, a provare le stesse emozioni che aveva provato lei sulla sua pelle.

Rimase stupita dalla sua capacità di ascolto, ma soprattutto da tutto l’interesse che sua madre mostrava nel sentire la sua storia. In fondo, per quel che Valese ne sapeva, la ragazzina che aveva di fronte a lei era un’estranea. Ok, sapeva che era la figlia del suo ragazzo, ma non sapeva che era anche sua.

«Ma è orribile!» fu il commento di Valese dopo aver ascoltato tutta la storia «Mi dispiace davvero tanto per tutto ciò che ti è successo!»

La guardava con un’espressione sinceramente commossa.

Rose rimase sorpresa dalla sua reazione così comprensiva, e cercò di evitare di commuoversi anche lei.

«Lo so» disse «ma che ci vuoi fare? Io sono venuta qui nel passato apposta per chiedere il loro aiuto. Solo in questo modo la situazione potrà risolversi»

«Capisco» disse Valese. D’un tratto assunse un’espressione pensierosa e disse:

«Ma… posso chiederti una cosa?»

«Certo» rispose Rose, intimorita dalla sua strana richiesta.

«Dove hai preso quegli orecchini? Perché, vedi, mia madre ce li ha proprio identici» si avvicinò un po’ a lei e, allungando il braccio, toccò un suo orecchino per guardarlo meglio «anzi, sembrano proprio questi. E c’è anche il suo nome!»

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Capitolo 49
*** Capitolo 49 ***


CAPITOLO 49

 

«D-davvero?» Rose ridacchiò nervosamente. Era in imbarazzo, e non sapeva che cosa dire.

Si era completamente dimenticata che, mettendo quegli orecchini, poteva correre il rischio di essere riconosciuta da sua madre: d’altronde, quegli erano orecchini d’argento assolutamente normali, e solo al bordo di essi c’era scritto, in piccolo, il nome di sua nonna. Come aveva fatto Valese a riconoscere subito quegli orecchini, e a leggere un nome scritto in caratteri così minuscoli?

Quegli orecchini erano parte dell’eredità che sua nonna aveva lasciato a lei, Rose, giusto qualche anno prima, poco prima di morire. Lei e sua nonna erano sempre state molto legate, avevano sempre avuto un rapporto meraviglioso e, per lei, quei bei orecchini rappresentavano un ricordo alla memoria della cara e defunta nonna, oltre che ad essere un simbolo dell’affetto che aveva provato nei suoi confronti.

In altre parole, per lei quegli orecchini erano un tesoro, un dono.

«Devi esserti confusa» disse Rose «v-vedi, questi sono degli orecchini che mi ha prestato una mia amica! Quindi c’è scritto il suo nome! P-però poi mi sono scordata di ridarglieli indietro..»

«Ma no! Sono proprio questi!» insistette Valese «Io so che ormai non li fanno più di questo modello gli orecchini… e poi mia madre se li è fatti fare proprio su misura e apposta in questa maniera. Sono proprio i suoi!»

«Ma no! Io ne ho visti tanti in giro così! Vedi, è un modello comune nel mio futuro! E va anche di moda facendoci scrivere il proprio nome sopra»

Valese, poco convinta delle parole che aveva appena detto Rose, continuava a fissare gli orecchini, studiandoli sempre più.

Rose, notando l’espressione di Valese, non sapeva più che cosa dire per convincerla del fatto che non fossero quelli gli orecchini di sua madre. Ci pensò su per qualche secondo, ma non le venne in mente nient’altro che potesse aiutarla nel persuadere la madre.

«Eh già, sicuramente saranno una moda del futuro!» intervenne Goten «Tra l’altro ne ho visti molto simili qualche giorno fa in un negozio, e poi anche in giro! C’erano alcune ragazze che li portavano. Deve essere una moda che sta cominciando a diffondersi già da adesso!»

Valese si girò a guardare il suo fidanzato, stupita.

«Davvero?» chiese.

«Già!» confermò Goten, grattandosi nervosamente la nuca.

Valese guardò entrambi stupita, come se la notizia l’avesse scioccata.

«Non lo sapevo!» disse lei «Ero convinta che fosse un modello raro..»

A giudicare dall’espressione di Valese, Goten era riuscito benissimo nel suo intento di convincerla: infatti adesso la ragazza non guardava più Rose con sospetto, anzi il suo sguardo appariva più tranquillo e rilassato.

“Fiuuuu!” pensò Rose “Ho perso tre anni della mia vita in questi minuti. Meno male che papà è riuscito a convincerla!”.

Infatti, nonostante suo padre fosse già al corrente di tutto, voleva evitare che sua madre venisse a conoscenza della verità su di lei. Già non era positivo che suo padre lo sapesse, figuriamoci sua madre! Avrebbe di certo sconvolto troppe cose, nel passato, più di quanto già avesse fatto fino ad allora.

“Grazie ancora, papà!” fu la frase che Goten udì nella sua testa. Visto che già stava guardando Rose, le sorrise dolcemente e la ragazza sentì nella sua testa “Ma figurati! E’ mio dovere proteggerti”.

Tutti mangiarono il lauto pasto preparato dai cuochi di casa Briefs e, a fine pranzo, durante il momento del dolce, fu Vegeta, a sorpresa di tutti, a porre una domanda a Rose:

«Dimmi un po’. Ma se nel tuo futuro non c’è Kakarot, tu con chi ti alleni?»

«Con Pan» rispose Rose «Pan è l’unica della famiglia che continua ad allenarsi , nel futuro. Come vi ho già accennato, mio padre e lo zio Gohan si allenano di rado»

Pan assunse un’espressione orgogliosa, dopo aver sentito le parole della cugina.

«E invece Ellen con chi si allena?» domandò Trunks.

Rose non si aspettava una domanda da lui. Fino a quel momento, infatti, il ragazzo dai capelli viola le aveva fatto pochissime domande, e quelle poche riguardavano tutte Ludir. Mai la sua futura figlia.

«Beh, con Vegeta, ovviamente» rispose la ragazza.

«Non dirmi che nemmeno Trunks non si allena nel futuro!» disse Vegeta con tono minaccioso.

«Solo qualche volta. Diciamo che la maggior parte del tempo è sempre occupato con la Capsule Corporation, visto che è il presidente»

«E dimmi» domandò Bulma, tutta curiosa «Bra nel futuro combatte? Sa trasformarsi in Super Saiyan?»

«Mamma!» intervenne Bra, infastidita.

«No» rispose Rose «Diciamo che lei non è mai stata interessata a combattere»

«Infatti non lo sono neanche adesso» replicò Bra scocciata, con le braccia conserte.

«A me pare che solo le donne della mia famiglia siano appassionate di arti marziali!» disse Chichi con fare rassegnato.

«Ma non è vero» replicò Rose «E Ellen dove la metti?»

«Ellen è la figlia di...?» domandò Chichi.

«La figlia di Trunks» le ricordò velocemente Rose «guarda che lei è parecchio cazzuta»

«Beh, dalle foto che ci hai mostrato non sembrerebbe» disse Videl «sembra una ragazza molto aggraziata, molto bella, attenta alla moda, poco adatta al combattimento..»

«Non sembrerebbe?!» ripeté David sorridendo ironicamente «Si vede che proprio non conoscete Ellen!»

«Già» confermò Rose «Magari dalle foto può sembrare tutta carina e tranquilla, ma in realtà di persona è tutt’altro»

«Io invece non stento a crederci!» intervenne Bulma «D’altronde, sarà la nipotina di Vegeta!» concluse con un sorriso, entusiasta.

«Mpf» Vegeta emise un ghigno beffardo e, tenendo le braccia incrociate, disse: «Neanche io stento a crederci. Oltre al fatto che sia mia nipote, e che quindi abbia il sangue del Principe Saiyan nelle vene, sarò io stesso ad allenarla, quindi è inevitabile che diventi la più forte»

Appena finito di parlare, lanciò il suo solito sorriso beffardo a Goku, guardandolo con aria di sfida.

Rose, osservandolo, notò come Vegeta fosse rimasto praticamente lo stesso nel corso del tempo: stessi modi di fare, stesse espressioni e stessi comportamenti. Era cambiato solo un po’ nell’aspetto esteriore, in quanto nel suo tempo appariva leggermente più invecchiato, però aveva sempre avuto lo stesso vigore che adesso leggeva nei suoi occhi.

In particolar modo, Rose notò che gli era rimasto impresso il fatto che una volta lei stessa avesse detto che Ellen era molto più forte di lei, nel futuro; ripensandoci, però, non trovò così strano il fatto che lui lo ricordasse: come poteva sfuggire un particolare così importante alle orecchie dell’orgogliosissimo Principe dei Saiyan, che era da sempre stato in competizione con suo nonno Goku? Glielo avevano sempre e solo raccontato, ma adesso vedeva questa competizione con i suoi stessi occhi.

E, questa volta, stavano usando lei ed Ellen, le loro future nipoti, come strumento di competizione.

Dopotutto, entrambi erano gli unici, a quel tavolo, ad essere 100% Saiyan, quindi, per natura, erano fatti così- competitivi e fissati con il combattimento.

«E’ normale che tua nipote sia più forte, Vegeta. Io non ci sono nel loro futuro, quindi Rose non ha mai potuto allenarsi con me. Però, se ci fossi stato, sicuramente sarebbe stata più potente di tua nipote»

«Non credo proprio» affermò Vegeta, mantenendo il suo sorrisetto.

«Ehi, ci sarò anche io nel futuro!» intervenne Pan, incrociando le braccia stizzita «Non dimenticate che Rose ha detto che io sarò la più forte nel futuro, più di lei e di Ellen. Vero, Rose?»

«Eccome!» confermò Rose «Pan, io ed Ellen non abbiamo paragone contro di te. Tu sei il doppio, se non il triplo più forte di me e lei. Solo per farti un esempio, quando combattiamo tu di solito sconfiggi me ed Ellen in poche mosse»

«Waaaaa!» gli occhi di Pan brillavano dalla gioia «visto??»

Gohan, guardando sua figlia, pareva altrettanto felice di aver sentito ciò che aveva appena detto Rose. Anzi, a Rose parve addirittura di scorgere un senso di orgoglio nei suoi occhi, mentre guardava la figlia.

«Beh, Pan, c’è da dire però che non sei stata mai allenata da Kakarot» disse Vegeta.

«Uhm, hai ragione» disse Pan, pensierosa «però sarò comunque la più forte di tutti!»

«Oh, non c’è proprio speranza per la mia famiglia!» esclamò Chichi, portandosi una mano sulla fronte «Anche le mie nipotine hanno le arti marziali nelle vene! E dimmi, Rose, tuo padre nel futuro ti lascia allenare tranquillamente? Non pensa anche a farti studiare?»

«Mio padre di solito mi ha sempre lasciato fare quello che voglio. Non ha mai avuto nulla in contrario al fatto che io mi allenassi; in fondo, è una mia scelta. Però è anche ovvio che i miei genitori tengano molto alla mia istruzione!»

Gli occhi di Chichi si illuminarono.

«Bene!» esclamò «Allora vedo che anche Goten sarà un buon padre. Tu hai ottimi voti a scuola, vero?»

«Beh, sì, diciamo che me la cavo!» rispose la ragazza, tentando di apparire il più modesta possibile.

Era brava a scuola -di certo non era la secchiona della classe- però aveva dei buoni risultati.

«Oh, bene!» disse Chichi, improvvisamente contenta «ricordati che l’istruzione è molto importante!»

«Lo è anche il combattimento» replicò la ragazza.

Chichi rimase per un attimo spiazzata da ciò che aveva appena sentito: come poteva paragonare l’istruzione alle arti marziali?!

Notando l’espressione attonita e un po’ irritata della nonna, Rose non tardò a spiegarsi: «Beh, nonna, si sa che noi siamo i più forti di questo pianeta. Nel caso arrivasse un nemico, chi è che proteggerebbe la Terra?»

Chichi, incrociando le braccia, alzò il naso all’insù e girò la testa dall’altra parte dal disappunto.

«Mpf. E si vede come siete stati in grado di proteggerla nel vostro futuro!»

«Questo è un caso diverso, mamma» intervenne Gohan «il nemico in questione utilizza altri mezzi all’infuori delle tecniche di combattimento per sconfiggere noi Saiyan. Per quanto riguarda la forza saremmo stati in grado di batterlo, se non avesse avuto quella sostanza strana nel suo corpo che funziona solo su noi Saiyan, no?»

«Giusto» confermò Rose.

«C’è anche da dire che se non fosse per la mia intelligenza e per le mie conoscenze tecniche e scientifiche, voi non potreste mai battere quel mostro!» disse Bulma, facendo l’occhiolino.

«Ecco, è proprio questo di cui parlavo!» affermò risoluta Chichi.

«A proposito, manca poco al completamento dell’antidoto» disse Bulma «Però al momento sono in una fase di stallo. Non riesco ancora a capire bene qualche passaggio. Di certo, un aiuto da parte di Ellen mi avrebbe fatto più che comodo!»

«Io davvero non saprei come aiutarti, Bulma!» disse Rose, preoccupata «Io non ci capisco molto di queste cose..»

«E tu, David?» chiese Bulma, speranzosa.

«Io? Nemmeno io, mi spiace! Era Ellen quella che se ne intendeva di queste cose!»

«Oh, no!» Bulma, con le braccia appoggiate sul tavolo, affondò il viso tra i gomiti, disperata »I-io… non so se riuscirò a terminare l’antidoto entro pochi giorni!»

Rose e David, istintivamente, si scambiarono uno sguardo preoccupato. Che cosa sarebbe accaduto se Bulma non fosse riuscita a completare l’antidoto in tempo?

David era arrivato da 5 giorni, e di Ludir ancora non c’era traccia. Poteva arrivare in qualsiasi momento.

 

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Capitolo 50
*** Capitolo 50 ***


CAPITOLO 50

Quella stessa sera, subito dopo cena, David bussò alla porta della camera di Rose. Fu questione di secondi e si ritrovò la ragazza proprio lì, davanti a lui.

«Oh. Sei tu»

Si scansò per farlo entrare, dopodiché tornò a sedersi sul suo letto.

La camera era praticamente immersa nel buio; l’unico punto da cui proveniva la luce era la tv, posizionata proprio davanti al letto, che regolava la luminosità della camera attraverso il rapido scorrere delle immagini.

«Come mai così al buio?» domandò il ragazzo, avvicinandosi al letto.

Rose alzò le spalle.

«Così. Mi andava di creare un’atmosfera tranquilla»

«Un po’ più depressa, direi» disse lui, sedendosi accanto a lei. Tentò di guardarla negli occhi, ma lei aveva lo sguardo fisso a guardare la tv, e pareva fosse intenzionata a non distogliere la sua attenzione dalle immagini di alcune persone che erano concentrate a trovare la risposta ad un quiz posto dal presentatore.

«Che cosa è successo, tesoro?» chiese lui, allungando il braccio e appoggiando la sua mano sul mento della ragazza, cosicché lei fu costretta a girarsi verso di lui e a guardarlo dritto negli occhi.

I due, a pochi centimetri l’un dall’altro, si ritrovarono faccia a faccia.

Gli occhi di lui, preoccupati, tentavano di captare che cosa stesse succedendo dietro quelli di lei, che ora apparivano disperati e timorosi.

«David» cominciò a dire lei, turbata «io… Sono incinta»

«Cosa?»

Il ragazzo adesso la guardava ad occhi spalancati.

«Non stai scherzando, vero?»

«Ti pare che io possa scherzare su una cosa del genere?!»

«E… allora… come…?»

«Oh, non devi essere tu a chiedermi come è successo. Questo te lo devo chiedere io!»

L’espressione abbattuta di Rose aveva ora lasciato il posto ad uno sguardo di rimprovero.

«I-io… insomma, l’abbiamo sempre fatto normalmente, no? Come le altre volte…»

Il ragazzo si interruppe, mentre un’espressione di terrore apparve sul suo volto.

«A-aspetta» disse «adesso che ci penso… Lo abbiamo fatto come tutte le altre volte. Questo vuol dire che… essendo abituato al fatto di utilizzare il preservativo, beh io insomma… mi sono comportato tutto il tempo come se lo avessi»

Rose lo guardava come se non credesse alle sue orecchie.

«Ma non ce l’avevi! Come hai fatto a non accorgerti di non averlo addosso?!»

«Beh, io… sono talmente abituato ad averlo quando facciamo l’amore, che per me era scontato che lo avessi già messo… E poi, mi sono fatto prendere dalla foga del momento, insomma, io e te non ci vedevamo da un sacco di tempo… cavolo, mi sono completamente dimenticato!»

«Non ci posso credere!» esclamò lei. Era rimasta scioccata dalla sua rivelazione: anche lei, d’altro canto, non si era accorta del fatto che David non avesse indossato il preservativo, per cui era convinta che in qualche modo si fosse rotto ed era capitato l’incidente.

La ragazza appoggiò i gomiti sulle ginocchia e affondò il viso tra le sue mani, disperata.

Come potevano essere stati entrambi così stupidi?

Non era mai successo niente del genere prima d’ora. Proprio in quel momento doveva capitare?

«I-io ti chiedo scusa, amore» disse lui, visibilmente pentito.

La ragazza lo guardò e scosse la testa, con fare rassegnato.

«Ormai è successo quel che è successo. Non possiamo farci più niente»

«Ma… come lo hai scoperto?» chiese lui.

«Sono andata al Palazzo del Supremo, stamattina, per  il solito allenamento. Non abbiamo neanche avuto il tempo di cominciare che subito il Supremo si è accorto che in me c’era qualcosa di diverso. Poi ha fatto sentire anche me… così ho intuito anche io che cosa c’era che non andava. Non ero sicura della cosa, non volevo credere al mio istinto, così sono andata a comprare dei test di gravidanza e li ho fatti… E, indovina un po’, sono risultati tutti positivi»

«Quanti ne hai fatti?»

«Tre»

«Tutti e tre positivi? Caspita, allora la cosa è veramente certa» disse il ragazzo ridacchiando nervosamente.

«Certo che lo è!» disse lei. Si girò e guardò il suo ragazzo dritto negli occhi.

«Tu non puoi immaginare ciò che sento dentro di me… Sento un’energia particolare, un’energia diversa proprio qui» prese la mano di lui e la posò sul suo ventre «che, man mano che passa il tempo, sento consolidarsi ed espandersi sempre più. Sento proprio come se ci fosse un’energia minuscola, come se appartenesse a qualcun altro ma che nello stesso tempo fosse anche mia»

Nel frattempo, le erano venute le lacrime agli occhi. Il descrivere quelle sensazioni che l’avevano accompagnata per tutta la giornata la fece commuovere.

Non aveva mai provato nulla del genere prima!

Ed era sicuramente una delle cose più emozionanti che aveva mai provato.

 

David, con una mano sul ventre della ragazza, appoggiò l’altra sul viso di lei e l’avvicinò dolcemente al suo. Mentre le loro labbra si toccavano, una lacrima cadde dagli occhi di lei.

Il ragazzo sentì subito il suo pollice inumidirsi, così lo mosse asciugando le lacrime di lei.

Qualche secondo dopo lei si staccò da quel bacio e si lasciò cadere sul suo petto, scoppiando in lacrime.

Lui la strinse a sé il più possibile e le baciò la testa.

«D-david, perché d-doveva capitare p-proprio adesso? Insomma, n-non ci troviamo n-neanche nel nostro t-tempo, e poi s-siamo ancora troppo g-giovani.. E poi d-dobbiamo ancora b-battere Ludir, c-come pensi che io s-sia in grado di farlo s-se io sto così? N-non poteva esserci t-tempistica peggiore!»

«Lo so, amore. Purtroppo è capitato in un brutto periodo. Ma sono sicuro che riusciremo a risolvere questa situazione e che riusciremo a tornare alla normalità! Vedrai che non appena torniamo nel futuro le cose si sistemeranno!»

«Che cosa intendi dire?» la ragazza si rimise seduta e guardò il fidanzato con preoccupazione «Ti riferisci all’aborto?»

«Ma che dici? Sai benissimo che non ti farei mai fare una cosa del genere! E poi sai benissimo quanto a me piacciano i bambini e quanto vorrei che un giorno anche noi li avessimo»

«Un giorno, sì, ma non adesso!»

«E che ci vuoi fare? E’ capitato adesso!»

«Q-quindi tu lo terresti?»

«Certo che sì»

Rose lo guardò profondamente negli occhi: di essi poteva facilmente leggerne la sincerità, in ciò che aveva appena detto. Anzi, poteva anche affermare che nei suoi occhi vi fosse anche un pizzico di felicità, testimoniata dal leggero sorriso con cui la stava guardando. Adesso, infatti, guardava la ragazza con un’espressione dolce stampata sul volto. Non era più rimasta traccia del terrore che aveva provato poco prima.

E fu in quel momento che lei si rese conto di tutto: quanto era fortunata ad averlo lì, accanto a lei, ma soprattutto come fidanzato!

L’aveva confortata e le era stato vicino quando Ludir aveva eliminato la sua famiglia, poi, qualche tempo dopo, si era allontanato lui stesso dalla sua famiglia, era fuggito da Ludir, si era nascosto per molto tempo, era stato catturato e poi torturato. Poi era approdato nel futuro, aveva compiuto un viaggio nel passato esclusivamente per lei, perché sapeva che doveva aiutarla nella sua missione.

E ora era lì, proprio accanto a lei, a sostenerla nonostante tutto ciò che fosse appena successo; non si era nemmeno fatto prendere dallo sconforto, anzi, adesso appariva addirittura felice.

«David. Come fai ad essere così felice in questa situazione?» domandò lei, triste.

«Rosie. So che tutto ciò che accaduto è tremendo, però nello stesso tempo io sono felice. Sono felice perché adesso sono accanto a te, e siamo di nuovo insieme.

Tu non immagini quanto io abbia sofferto quando ci siamo lasciati e quando siamo stati completamente separati in questi mesi, senza vederci né sentirci. Adesso sei qui con me, tra le mie braccia, e non ho bisogno di nient’altro.

Poi, se devo essere sincero, sono ancora più contento se penso ad un futuro insieme in cui, oltre a noi due, ci possa essere un piccolo o una piccola bimba con noi»

«Ma io che cosa ho fatto per meritarti?» chiese lei, mentre un’altra lacrima ricadeva sulla sua guancia.

«Vieni qui»

David la invitò dolcemente a sdraiarsi con lui sul letto. I due si sdraiarono su un lato: lei davanti e lui dietro, con un braccio poggiato sul bacino della ragazza. La mano di lui era al centro del ventre di lei, proprio sul punto in cui Rose sentiva dentro di sé quell’energia particolare, che apparteneva al bambino che stava per prendere vita dentro di lei.

Entrambi si misero a guardare la tv e la ragazza si addormentò quasi subito, accoccolata tra le braccia di lui nelle quali si sentiva protetta e amata.

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Capitolo 51
*** Capitolo 51 ***


CAPITOLO 51

 

Bulma guardò l’orologio appeso nell’enorme salotto di casa sua: erano le nove e mezza. Fuori era buio già da un bel po’.

Era seduta sul divano vicino a Bra, ed entrambe erano intente a seguire il quiz televisivo più seguito dai Satan City, che però stava ormai per giungere al termine.

«Bra. Ti va un po’ di gelato?»

«Mmmm… va bene! Però poco che sono a dieta!»

Ormai era stanca di dover dire alla figlia che era già magra e che non ne aveva affatto bisogno, così la donna non disse niente e si alzò dal divano per dirigersi verso il frigo.

“Potrei chiederlo anche a Rose e David!” penso tra sé e sé, mentre tirava fuori il gelato. Lo posò per un attimo sul tavolo e si incamminò verso la camera di Rose.

Bussò una volta, ma non rispose nessuno.

Bussò una seconda volta, e ancora niente.

Quindi, decise di aprire silenziosamente la porta, per accertarsi che andasse tutto bene e che la ragazza fosse veramente lì.

Guardò dentro e i suoi occhi furono attirati automaticamente dall’unico punto in cui c’era la luce, ovvero dove si trovavano David e Rose, sdraiati sul letto e illuminati dalla luce della tv di fronte a loro.

Rose stava dormendo, mentre notò che David, con un braccio appoggiato sul corpo della ragazza e l’altro piegato sotto la sua testa, era ancora sveglio e guardava la tv.

«Oh, scusate!» disse Bulma a voce bassa, cercando di indietreggiare ed uscire dalla porta.

«Non fa niente. Puoi entrare!» disse David sussurrando.

«Oh. Posso?»

«Sì. Entra pure!»

La donna entrò cercando di fare il meno rumore possibile.

David la salutò sussurrando, mentre Bulma, ricambiando il saluto, si avvicinò a loro fermandosi poco dietro alla tv.

«Vedo che Rose è già crollata!» disse la donna, facendo attenzione a tenere bassa la voce, mentre guardava la ragazza sorridendo «oggi doveva essere parecchio stanca! L’ho vista un po’ distrutta»

«Già!» rispose lui «Si è stancata molto… soprattutto al Palazzo del Supremo!»

«Immagino!»

Prima non ci aveva fatto caso, ma adesso che si trovava molto vicino a loro, Bulma notò che la mano del ragazzo si trovava proprio sulla pancia della ragazza.

«Ma.. sta male? Ha mal di pancia?» chiese.

«Ah… no no! Non ti preoccupare!» rispose lui, guardando la propria mano appoggiata su Rose che Bulma aveva appena notato. La spostò subito, per evitare che Bulma si insospettisse troppo.

«Ma sei sicuro? Perché io ho visto che Rose è stata male oggi. L’ho vista correre al bagno per vomitare parecchie volte»

«Davvero?» disse lui, sperando tra sé e sé che il suo stupore potesse apparire reale agli occhi di Bulma «Non lo sapevo, non me lo ha detto! Quando si sveglia glielo chiedo»

«Sono un po’ preoccupata perché magari è stato qualcosa che ha mangiato… e se così fosse, vado subito giù nelle cucine a fare una bella ramanzina ai cuochi!»

«No, non ti preoccupare, Bulma! Magari stava male già di suo!»

«Sarà» disse Bulma, pensierosa «Comunque, sono venuta qui per chiedervi se volete il gelato. Rose dorme, quindi magari glielo lascio per domani… tu lo vuoi?»

«No, grazie! Lo mangerò anche io domani insieme a lei» rispose lui sorridendo.

«Va bene!» disse Bulma, dirigendosi silenziosamente verso la porta «Scusatemi ancora per il disturbo!»

«Ma figurati, nessun disturbo!» disse David.

Bulma uscì e chiuse la porta delicatamente.

Si avviò di nuovo verso la cucina, pensierosa.

Forse, Chichi aveva ragione. Non avrebbe dovuto metterli in stanze così vicine… da quando quel ragazzo era arrivato, li aveva visti quasi sempre insieme.

Però, anche se li avesse messi in stanze lontane, si sarebbero comunque cercati! Sperò tra sé e sé che Chichi avesse torto e che quei due non avessero combinato nulla di male. In fondo, sembravano due ragazzi così maturi e coscienziosi! Anche se doveva ammettere che, in ogni caso, maturi o non, restavano pur sempre due ragazzi molto giovani che avrebbero potuto combinare qualsiasi cosa.

Rose, in fondo, aveva la stessa età di Bra. Pensò che forse non avrebbe mai lasciato dormire la figlia da sola con un ragazzo, neanche se avesse lo conosciuto alla perfezione. D’altronde, i ragazzi erano pur sempre ragazzi…

 

Anche Bra, per quel poco che lei e Vegeta sapevano, frequentava un ragazzo da qualche mese. Erano venuti a saperlo solo da qualche settimana.

Il marito, senza mai fare domande alla figlia, quando aveva il sospetto che lei stesse per uscire con lui, puntualmente informava alla moglie che aveva da fare e che quindi doveva uscire.

Una volta, lo aveva addirittura visto avviarsi verso la stanza degli allenamenti, già vestito di tutto punto con la tuta addosso, ma, non appena aveva udito il “Mamma, papà, io esco!” della figlia, subito aveva cambiato la sua direzione ed era tornato in camera a cambiarsi. Qualche minuto dopo, lo aveva visto volare via dalla finestra.

Le tornò alla mente un avvenimento avvenuto giusto qualche giorno prima: Bra aveva detto a lei e Vegeta che sarebbe rimasta a dormire da un’amica.

Dopo aver risposto all’interrogatorio di Vegeta durato quasi 10 minuti, tramite il quale si era potuto informare nel dettaglio sugli spostamenti e i piani della figlia prima che lei mettesse piede in casa dell’amica per restare a dormire, Bra, visto i genitori che conoscevano bene la sua amica, ricevette il permesso di andare a dormire dall’amica.

Qualche ora più tardi, su esplicito sollecitamento di Vegeta, Bulma aveva chiamato la figlia per accettarsi che tutto stesse andando davvero come lei aveva detto loro.

Peccato che il telefono della figlia continuasse a squillare senza ricevere alcuna risposta. L’aveva richiamata più di cinque volte, ma invano.

Così, notando l’espressione sempre più seria e nervosa che stava comparendo sul volto di Vegeta, Bulma decise di dare un colpo di telefono anche all’amica di Bra che sicuramente li avrebbe rasserenati e dato loro un valido motivo per il quale la figlia non rispondeva alle telefonate.

«Pronto?»

«Ciao Jessica. Bra è lì con te?»

«Bra? Ehm…s-sì, c-certo»

«Me la puoi passare un attimo per favore?»

«Ehm… è che adesso è entrata in un negozio, e io la sto aspettando fuori…»

Dalla voce fin troppo acuta e tesa dell’amica, Bulma aveva capito che stava mentendo. Sicuramente c’era qualcosa che non andava.

«Ehm, guarda, non fa niente. Dille che abbiamo cambiato idea e che stasera non può più restare a dormire da te. Dimmi dove siete che la passiamo subito a prendere»

Vi fu un attimo di silenzio, dall’altro capo del telefono. Per un attimo, Bulma pensò che fosse caduta la linea.

«Pronto?»

«Oh, sì sì, scusi, signora! Ehm… io… cioè noi… siamo nei negozi davanti al teatro»

«Ok. Restate lì che passiamo subito a prenderla»

«Tzh. Lo sapevo io che ci aveva mentito» disse Vegeta, alzandosi dal divano «adesso vado a cercarla e se la trovo con quel tipo farà una brutta fine. Appena lo vedo gli spacco tutti i denti, così vediamo se la prossima volta ci pensa ancora ad approfittarsi di mia figlia!»

Sbattè i pugni uno contro l’altro, infuriato, e cominciò a sgranchirsi le mani.

«Vegeta! Calmati! Non essere così irruento. Mantieni la calma, per favore!»

«No. Devo  dare una lezione a quel ragazzo. Giuro che se li trovo insieme…» un ghigno di rabbia prese forma sul suo viso, mentre una vena cominciò nervosamente a pulsare sulle tempie.

Si diresse verso la finestra, pronto per spiccare il volo, ma Bulma fu più veloce di lui e si posizionò davanti alla finestra a braccia spalancate.

«Vegeta. Non essere così avventato! Pensaci, qualunque cosa Bra stia facendo in questo momento, sicuramente sarà costretta ad interromperla e ad andare dove si trova l’amica. Appena arriveremo lì, la prenderemo e la riporteremo a casa!»

«Io preferisco coglierla in flagrante! Così quel ragazzo non avrà scampo»

«E se fosse davvero insieme all’amica?»

Bulma tentò di aggrapparsi a quel bagliore di speranza, anche se sapeva che quella storia aveva solo il 10% di possibilità di essere vera.

«Se fosse così, beh, sarebbe meglio per lei»

Sollevò la moglie da sotto le braccia come se stesse sollevando una piuma e la appoggiò dietro di sé. In una frazione di secondo, spiccò il volo.

Alla fine, Vegeta non era riuscito a trovare Bra (per fortuna!), e Bulma la trovò assieme all’amica, esattamente nel punto in cui l’amica aveva detto loro di trovarsi.

Tornate a casa, vi ritrovarono Vegeta che le stava aspettando.

«Dove sei stata?» chiese alla figlia freddamente, cercando di mantenere un tono impassibile.

«Ero con la mia amica, esattamente come vi avevo detto» rispose la ragazza con fare estremamente scocciato, mentre, a braccia incrociate, rivolgeva lo sguardo da un’altra parte anziché al padre.

«E perché non hai risposto al telefono?»

«Avevo il silenzioso e non ho sentito»

«E non hai comprato niente, tesoro?» chiese la madre, sorridendo sarcasticamente «Strano, non è da te!»

«Non mi piaceva niente» rispose, continuando a guardare il muro, stizzita.

«Bra» intervenne Vegeta «Se fai un’altra volta una cosa del genere giuro che la prossima volta verrò a cercarti, che tu sia in capo al mondo o a Satan City, e resterai in punizione per tre mesi, senza comprare vestiti né nient’altro.

Inoltre, dì a questo ragazzo di fare attenzione, un passo falso e farà una brutta fine»

«La vita è mia e ne faccio quello che voglio!»

Vegeta le lanciò uno sguardo di pietra.

«Comunque, adesso sei un mese in punizione. Per averci mentito»

Bra girò immediatamente lo sguardo sul padre e lo guardò sconcertata e indignata.

«Ma io… io non vi ho…» non finì la frase e, voltandosi, sbuffò e corse via dalla porta.

 

Bulma sorrise ricordando quell’avvenimento. Nel frattempo, era tornata in sala con due bicchieri di gelato in mano, e sentì la figlia parlare al telefono con qualcuno:

«Anche tu mi manchi tanto! Sì, lo so, l’altra volta non abbiamo avuto molto tempo…»

Appena vide la madre, istintivamente riattaccò subito il telefono.

«Bra, devi stare molto attenta» la avvertì Bulma «Non devi fare più cose come quella dell’altra volta. Conosci tuo padre, e sai benissimo che potrebbe scatenare un pandemonio»

«Quindi mi stai dicendo che non posso uscire con nessuno?!»

«Ma certo che puoi, tesoro. L’unica cosa che ti chiediamo è di non mentirci. So che tuo padre farà un po’ di fatica ad accettare questa cosa, ma alla fine vedrai che riuscirà ad accettarla. Inoltre, cerca di essere cauta con questo ragazzo e di andarci piano»

«Va bene» mormorò la ragazza, leggermente scocciata.

«So che tuo padre è molto severo con te, ma lo fa perché ti vuole bene»

«Mm» la ragazza emise un verso indistinto con cui voleva far intendere di aver capito, e cominciò ad abbuffarsi di gelato assieme alla madre.

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Capitolo 52
*** Capitolo 52 ***


CAPITOLO 52

 

 

«Facciamo un brindisi!» esclamò Crilin, levando il bicchiere di champagne verso l’alto. Tutti lo imitarono.

«Ehm, io…» Rose cercò rapidamente il primo bicchiere d’acqua disponibile «io brindo con l’acqua!»

«Perché? Non si brinda con l’acqua!» disse C 18. Rose la guardò immediatamente, tentando di non fulminarla con lo sguardo. Quella, forse, era una delle pochissime volte che l’aveva sentita parlare da quando era arrivata nel passato e, per una delle poche volte in cui l’aveva fatto, questa volta sicuramente non le era di grande aiuto. Soprattutto in una situazione già così complicata. «Insomma, hai uno champagne da 100 zeni davanti a te, in più sei giovane e in forma, che male potrebbe farti?»

«Ehm…» A Rose venne in mente l’unica scusa plausibile «io… in questi giorni non mi sento benissimo, specialmente a livello di stomaco, quindi preferirei evitare»

«Massù, Rose, giusto un pochino! Solo per brindare!» intervenne Pan, entusiasta «Guarda, ne bevo un po’ anche io!»

«Pan, non esagerare!» la apostrofò Videl.

Rose, guardando l’espressione felice della cugina, e pensando che forse era meglio non apparire troppo sospetta, si rassegnò e prese il suo bicchiere di champagne, levandolo in aria.

«Brindiamo a David, che è venuto qui per aiutarci, e a Bulma, che sta preparando l’antidoto per sconfiggere quel mostro!» esclamò Crilin.

Vi fu uno scintillio di bicchieri e tutti bevvero il loro sorso. Rose fece finta di bere, e, mentre tutti erano ancora a testa in su, riuscì a versare il contenuto del suo bicchiere in quello di David, guardando il fidanzato con l’aria da “Non potevo farci niente”. Lui non disse niente, limitandosi solo a guardarla per farle capire che, secondo lui, aveva fatto bene.

Nonostante non avesse bevuto niente, l’odore dell’alcool le fece venire la nausea, che era riuscita a farsi passare solo da poco. “Di nuovo!” pensò. Non ne poteva proprio più. Istintivamente si alzò e disse ai presenti: «Scusate, devo andare un attimo in bagno! Torno subito!» e si allontanò velocemente dal tavolo.

«Oh, povera, chissà che cos’ha!» disse Chichi, tutta preoccupata «Forse era meglio non obbligarla a bere!»

«Beh, scusate, io credevo non ci fosse niente di male» si giustificò C 18.

Nel frattempo, la ragazza aveva raggiunto il bagno. “Per un pelo” pensò, con la testa piegata verso il water. Per fortuna durò poco, e si diede subito una risciacquata, in modo che, tornando di là, potesse far finta che non fosse successo niente.

Si sciacquò ben bene e uscì dalla porta del bagno. Purtroppo, dovette subito poggiarsi di nuovo alla porta, perché sentì di nuovo un altro conato; pensò subito di rientrare, ma si fermò, in quanto il conato le passò subito. Non fece in tempo a rilassarsi, che subito vide la figura di Bulma avvicinarsi verso di lei. Cercò di darsi un tono e di apparire il più naturale possibile, ma a quanto pare con scarso successo, visto che la donna dai capelli blu, con espressione preoccupata, la guardò e chiese: «Tesoro, tutto bene?»

«Io? S-sì sì, tutto bene, solo un po’ di mal di pancia» rispose lei, massaggiandosi lievemente la pancia.

Bulma guardò il punto dove la mano della ragazza si era appena mossa, dubbiosa.

Rialzò lo sguardo verso di lei: «Sei sicura? Sicura sia solo mal di pancia?»

Rose la guardò, intimorita. Sperò che il suo timore non fosse troppo evidente, in quanto Bulma la stava già guardando abbastanza scettica, e non voleva confermare ulteriormente il suo scetticismo.

La ragazza non rispose; si sentiva messa alle strette. La donna prese la palla al balzo e continuò, stavolta però con un tono decisamente più dolce e comprensivo: «Tesoro, guarda che a me puoi dirlo. Non puoi continuare a nasconderlo, specialmente a me che ho avuto due gravidanze. So come ci si sente»

Rose trasalì, guardandola terrorizzata. Come aveva fatto a capirlo?! Come diavolo ci era arrivata? Che gliel’avesse detto David? No, impossibile, lui non farebbe mai una cosa del genere. E anche se fosse, per quale motivo avrebbe dovuto farlo? No, non poteva essere stato lui.

Ma che cosa stava pensando? Stava parlando con BULMA, una delle donne probabilmente più intelligenti del pianeta. Era ovvio che ci fosse arrivata da sola! Dopotutto, da quando l’aveva scoperto era sempre stata in casa sua… difficile che le fosse sfuggito un particolare del genere.

Rose distolse lo sguardo, un po’ provata dall’improvvisa rivelazione.

«T-tu… come fai a saperlo?» le domandò.

«Beh, sono parecchi giorni che ti vedo strana. Senza contare che ho notato che ultimamente andavi sempre in bagno, e ne uscivi sempre distrutta. E poi, adesso, ti sei rifiutata di bere alcool. Insomma, da quando sei qui non ti sei mai fatta problemi a berlo! Tutto questo è successo da quando è arrivato David, con il quale hai fatto pace da poco, quindi ho semplicemente fatto due più due. E poi, è impossibile che un semplice mal di pancia duri così tanti giorni!»

Rose la guardò sconsolata. «Ti prego, non dire niente a nessuno…»

«Ma figurati se farei una cosa del genere!» Le sorrise, sperando di rassicurarla. «Ma David lo sa, vero?»

«Certo» rispose la ragazza, ora un po’ più tranquilla. Sapeva di potersi fidare di Bulma, sapeva che lei non lo avrebbe detto a nessun altro.

Non poteva immaginarsi l’imbarazzo che avrebbe provato se lo avesse saputo sua nonna, i suoi zii, ma soprattutto suo padre!

«David sa cosa?» una voce maschile aveva parlato dalle spalle di Bulma. Una voce troppo familiare perché Rose non potesse non riconoscerla: sapeva già chi era, ancor prima che Bulma si voltasse facendole vedere Goten.

«Oh, ciao Goten!» disse Bulma, leggermente in imbarazzo «Io e Rose stavamo parlando di cose… beh, abbastanza private…»

«Posso parlare un secondo con lei?»

La domanda colse entrambe inaspettate: lo fissarono un po’ spiazzate.

“Perché mio padre vuole parlarmi, così, all’improvviso?” pensò Rose tra se e se, agitandosi sempre più “Non è che ha scoperto anche lui, in qualche modo, che io sono incinta?! Ma no, non è possibile… come avrebbe fatto? Su, su, non può essere vero, cerchiamo di tenere i piedi per terra…”

Nel frattempo, suo padre si era avvicinato e si era fermato davanti a lei. Bulma, invece, era andata via.

«Come stai?» chiese lui. La ragazza lesse nei suoi occhi una reale apprensione nei suoi confronti: aveva addirittura percepito un filo di preoccupazione nel tono di voce di Goten.

«B-bene, grazie. Solo un po’ di mal di pancia, niente di ché!».

Questa volta il sorriso le uscì naturale, felice di avere lì, davanti a lei, suo padre che si stava preoccupando per lei, chiedendole se stesse bene. Proprio come avrebbe fatto suo padre nel futuro, quello con cui era cresciuta. Anzi, che l’aveva cresciuta.

«Ti serve qualche medicina?»

«N-no, grazie, sono certa che passerà da solo!»

«Va bene. Però se c’è qualcosa che non va, qualsiasi cosa, mi raccomando non fare scrupoli a dirmelo»

Goten la guardava sincero, con uno sguardo genuino. Rose si ritrovò a fissare gli occhi neri del padre, gli stessi che lei aveva ereditato, e, trattenendo la commozione che la stava per travolgere, rispose, con voce flebile: «Grazie»

Per fortuna, ci pensò Valese ad evitare che alla ragazza cadde qualche lacrima davanti al padre, perché comparve improvvisamente dietro Goten, dicendo: «Rose, come stai? Tutto bene?»

Avanzò con passo incerto, probabilmente per paura di averli disturbati, ma lo sguardo del fidanzato le fece capire che era ben accetta nella conversazione, e che, anzi, era felice che fosse arrivata anche lei. Dopotutto, anche sei lei non lo sapeva, era la madre della ragazza.

«Sì sì, tutto bene!» si ritrovò Rose a dire per la terza volta.

«Bene, sono contenta! Non vorrai mica perderti tutte le deliziose pietanze che ci sono a tavola!»

Valese le rivolse un sorriso dolce, lo stesso che chiunque avrebbe rivolto ad un bambino. Ma a Rose non importava, perché conosceva bene sua madre, e sapeva che lei era fatta così. Era il suo modo di sorridere e di trattare le persone, specialmente lei e suo fratello. Sì, quello era il sorriso che aveva sempre rivolto a lei e a suo fratello, fin da quando erano piccoli.

«Hai ragione…» fu ciò che Rose si ritrovò a dire poco prima di scoppiare in lacrime.

Non riusciva più a trattenersi. I suoi genitori le mancavano così tanto che non poteva fare a meno di stare male, ogni volta che li vedeva; in loro rivedeva tutto l’amore e l’affetto lei che aveva sempre provato nei loro confronti e lo stesso che lei aveva sempre ricevuto da loro; in loro vedeva coloro che l’avevano cresciuta, vedeva coloro con i quali aveva condiviso, fino a quel momento, la stragrande maggioranza della sua quotidianità. Loro erano i suoi pilastri, venuti a mancare l’anno prima. Sì, appena li guardava, vedeva in loro ciò che era successo l’anno prima, e il modo brutale con cui erano stati uccisi.

Fino a quel momento, non c’era stato mai un giorno in cui non avesse sofferto della loro mancanza.

Questi pensieri, misti allo stress che le aveva provocato la notizia della gravidanza, la portò allo stremo delle sue forze.

La ragazza scoppiò in lacrime e, senza neanche pensarci, istintivamente si gettò tra le braccia di Valese, cingendole il bacino e poggiando la testa sul petto di lei. Cominciò a piangere a dirotto, mentre Valese, che non si aspettava minimamente quella reazione, rimase per un attimo spaesata, non sapendo che cosa fare. Nell’arco di un secondo, però, anche il suo istinto prese il sopravvento e ricambiò l’abbraccio della ragazza posando le sue braccia attorno alle spalle di Rose, che le arrivava poco più sopra delle spalle. Mentre le accarezzava dolcemente la testa, riuscì a girare lo sguardo verso Goten. Il ragazzo annuì sommessamente, dando conferma allo sguardo interrogatorio di lei, che lo aveva prima guardato con le sopracciglia aggrottate, e poi aveva indicato velocemente con lo sguardo la ragazza che piangeva sul suo petto, domandandogli con gli occhi se aveva capito bene. Lo sguardo di lui le confermò tutto, le confermò esattamente tutto ciò che lei aveva sospettato fino a quel momento, ma di cui non era mai stata sicura.

Se lo aveva chiesto fin dall’inizio, da quando era venuta a conoscenza che la ragazza era in realtà figlia di Goten, se fosse lei sua madre o meno; aveva sperato con tutto il suo cuore che fosse così, ma non aveva mai osato chiedere al suo fidanzato. Non aveva osato per paura, paura di ricevere una risposta negativa. Quindi, aveva preferito rimanere nel dubbio. Adesso, invece, la reazione improvvisa della ragazza le aveva confermato tutto.

Valese la strinse a sé, cercando con tutta se stessa di rincuorarla; le dispiaceva vederla stare così male, soprattutto perché era venuta per assicurarsi che stesse bene, ma immaginava che dietro al suo pianto, in realtà, ci fosse ben altro, cose di cui lei non era a conoscenza.

La ragazza dai lunghi capelli castani, che Valese solo in quel momento notò quanto fossero simili ai suoi, col volto inondato dalle lacrime guardo entrambi i genitori e disse: «Scusate. Scusate per questa reazione. E’ c-che io… mi mancate tanto»

Goten e Valese si scambiarono uno sguardo veloce, entrambi addolciti da ciò che avevano appena sentito.

«Oh, tesoro!» Valese allungò le braccia prendendo le mani di Rose tra le sue «Sono sicura che tutto si sistemerà per il meglio! Vedrai!»

«Speriamo!» disse la ragazza, mentre una lacrima, dalla sua guancia destra, correva verso il basso in direzione del mento.

«Anche io sono sicuro che riusciremo a risolvere tutto» intervenne Goten, ottimista «vedrai che tornerà tutto alla normalità. Dopotutto, è una promessa che ti ho fatto, quindi la rispetterò»

Rose lesse negli occhi del padre la stessa identica determinazione che aveva sempre visto nel nonno, nello zio Gohan, in sua cugina Pan, in Vegeta, in Trunks e in Ellen; era la stessa identica luce che brillava in loro, esattamente come dentro lei stessa, che faceva di loro i Saiyan, protettori della Terra sempre pronti a combattere per la giustizia.

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