Diary of a blind man di Yssis (/viewuser.php?uid=145803)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** January 26th 2108 ***
Capitolo 2: *** January 27th, 2108 ***
Capitolo 3: *** January 28th, 2108 ***
Capitolo 4: *** January 29th 2108 ***
Capitolo 5: *** January 30th 2108 ***
Capitolo 6: *** January 31th 2108 ***
Capitolo 7: *** February 1st 2108 ***
Capitolo 8: *** February 2nd 2108 ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** January 26th 2108 ***
January 26th, 2108
Salvator Dalì
dipingeva
orologi e parlava di persistenza della memoria.
Strano, vero? Io l’ho sempre trovato strano. Un orologio non
mi trasmetterà mai
l’idea del ricordo. L’orologio simboleggia il tempo
che non puoi fermare, il
tempo che passa mentre tu sei lì a contarlo.
Eppure Salvator Dalì
dipingeva
orologi e parlava di persistenza della memoria.
Orologi molli,
flaccidi, che si addossano su paesaggi incoerenti, irrealistici:
la memoria… Io ricordo molte cose: la
mia casa sempre illuminata, i capelli
lunghi di mia madre, la voce di
mio padre, l’odore della polvere,
l’odore del sangue, il colore
bianco… Ricordo anche i quadri di Salvator
Dalì. Non
ricordo dove li ho visti, ma da qualche parte li ho visti di certo,
perché sono
nella mia memoria…
La memoria di noi esseri umani è strana. Si dice questo
perché non siamo ancora
riusciti a codificarla. Tutto quello che non è stato
codificato, capito dagli
esseri umani, si definisce “strano”.
Eppure noi stessi sotto molti aspetti non ci siamo ancora capiti.
Allora forse
i più strani di tutti siamo noi. Come gli orologi molli di
Dalì. Strani.
Un altro difetto di noi
uomini è la
capacità di continuare a vivere senza dei pezzi.
Se ad una macchina manca
un pezzo, non si accende. Se ad un programma manca un pezzo, non si
avvia. Se
ad un uomo mancano gli occhi, vive lo stesso. Questo sono io:
un orologio afflosciato su una piana arida,
circondato da un mondo che non vedo. Parlo di persistenza della memoria.
Da quando sono stato privato della vista, ho fatto diverse esperienze:
ho
smesso di guardare l’orologio, ma il tempo è
passato comunque. Ho smesso di
vedere il mare, ma le onde si sono formate comunque. Ho smesso di
vedere il
pane, ma me ne sono cibato comunque. Ho smesso di guardare gli
ologrammi, ma mi
hanno ingannato comunque.
E proprio quando
pensavo che avrei smesso di vedere il mondo, il mondo ha
continuato a farsi vedere attraverso i suoi occhi…
“Il
mio nome è Shogo Makishima…”
Attraverso la sua
voce…
“Che
cosa vuoi?”
Attraverso le
sue mani…
“La stessa cosa che
vuoi tu.”
Fra una
settimana, per mezzo di un’operazione, tornerò a
vedere. So che
Makishima renderà il conto alla rovescia qualcosa di
indimenticabile, perciò ho
intenzione di tenere aggiornato questo diario; perché un
essere umano può vivere
senza memoria, ma io non posso vivere senza la memoria di quello che
sono con
lui.
Che il tempo si occupi
del conto alla rovescia, il computer penserà alla
memoria. Quando tutto questo sarà finito, non ci
sarà più tempo per rinvangare
il passato, probabilmente a nessuno nemmeno interesserà.
Meglio così, non sono
mai stato bravo con le parole. A quanto sono, 2652 battute? Conviene
che io la
chiuda qua o farò passare anche a me stesso la voglia di
proseguire, domani.
[473 parole]
::
Angolo Autrice ::
Buongiorno
a tutti!
Inizio
a pubblicare in un nuovo fandom e sono un po’ emozionata,
cercherò di
carburare con i saluti strada facendo ^^
Innanzitutto
ringrazio tatsuei
che mi ha permesso di partecipare a questo
contest in cui ho trovato l’occasione di parlare di questi
due personaggi, a
mio avviso, terribilmente adorabili <3
L’idea
è quindi di parlare di loro in un momento antecedente
l’anime, in cui
parlo di come si è consolidato il loro rapporto, sulla base
di quali propositi
e sensazioni… A proposito di sensazioni, ecco il bello! Ho
scelto un momento
particolare della vita di Gu-Sung, in cui è privo della
vista: in questo modo
cercherò di trattare, in questa raccolta, anche un altro
tema a me molto caro, che
è quello delle menomazioni e degli handicap, che molto
spesso condizionano la
nostra vita a livello psicologico più del legittimo.
Essendo
una raccolta di flash sono stata limitata nelle parole, si è
trattato
di una sfida su molti piani in effetti, spero ugualmente di suscitare
qualche
momento di riflessione, oltre che di svago e divertimento ovviamente!
Non
vi trattengo oltre, grazie per aver letto e se mi lascerete un commento!
Tutta
la raccolta è dedicata alla collega
e grandissima amica Lady_Dragon99, che oltre a betare tutte le flash in
tempo
reale mi ha sostenuta e stimolata continuamente: senza di
lei non avrei
neanche scelto i protagonisti probabilmente xD
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Capitolo 2 *** January 27th, 2108 ***
January 27th, 2108
Io e Makishima conviviamo da
alcuni mesi. Sembra che con il passare del tempo si senta
più a suo agio...
Prima non era così. Ne sono sicuro.
“Padrone,
non dovete avere paura. L’isola è piena di questi
sussurri, di dolci
suoni, rumori, armonie, che non fanno alcun male, anzi
dilettano.”
Deve apparire molto
carismatico. Almeno, lui dice così, io non l’ho
mai visto
in volto. Ma, sinceramente, basta ascoltarlo per farsi
un’idea di che tipo sia.
“Vana corsa,
quando la vigliaccheria ci insegue e la prodezza fugge!”
In
pomeriggi simili, quando nessuno esce e lui comincia ad esercitarsi
nella
lettura di grandi poeti, io non riesco a non ascoltarlo.
“A proposito
di dolci sussurri, mi prepareresti una cioccolata, Choe?”
La sua voce, non
modulata da alcun timbro particolare, mi destabilizza. Batto
alla tastiera, non lo inganno.
“Una
cioccolata? Perché dovrei?”
“Mi
andrebbe.” Immagino che stia sorridendo. Immagino il suo
sorriso, penso
alle statue dell’arte classica: bianche, imperscrutabili.
“Non so se
abbiamo da prepararla…” Provo ad opporre
resistenza.
“Oh
sì che ce l’abbiamo, sono andato io a fare la
spesa l’ultima volta e l’ho
presa.” Spiega candidamente.
“Non sono
sicuro di saper fare la cioccolata.” E non intendo di alzarmi
dal
divano, ma questo non lo dico.
“Sei
un ingeniere informatico, non c’è nulla che tu non
possa fare.” Quando
dice così, sono tentato di credergli davvero. Poi penso che
sono solo un
handicappato che ha imparato a memoria i tasti del pc -
l’unico motivo per cui
non ho abbandonato il lavoro… Ah, e ho in casa un aspirante
drammaturgo,
attore, letterato, filosofo capriccioso. Allora non gli credo
più.
“Se viene
male te la bevi tutta da solo, chiaro?”
“Cristallino”
Risponde, riprendendo a leggere.
Arrivato in
cucina cerco con il dorso della mano il punto per aprire lo
sportello: sono abbastanza alto da non dover mettermi in punta di
piedi, con le
dita pigio tutte le confezioni, cercando quella di cartone della
cioccolata. La
trovo chiusa, penso che sia questa: da solo Shogo non se
l’è aperta di sicuro.
Con le dita saggio il
punto dove aprire la busta, sento della polvere cadere e
mi porto un dito alle labbra: almeno ho la sicurezza che sia cacao.
Apro il
frigo cercando il latte, mi taglio con una lattina rimasta aperta:
chiudo il frigo
con un colpo secco, sono già nervoso. Non trovo la manopola
per accendere i
fornelli, la trovo quando passo un dito sulla fiamma. Sospiro, con
l’altra mano
mi allungo per raggiungere il rubinetto: un colpo e il latte comincia a
scivolare verso il pavimento.
Sento dei passi alle
mie spalle, un altro sospiro. E’ Makishima che
raccoglie il cartone e versa
il latte restante nel pentolino sul fuoco. Non sono sicuro che stia
guardando
me.
“Io credo
che gli esseri umani acquisiscano valore solo quando agiscono secondo
il proprio libero arbitrio. La prossima volta che ti chiedo una cosa
che non
vuoi fare, Choe, mandami al diavolo. Ti verrà molto
meglio.”
[497 parole]
::
Angolo Autrice ::
Eccomi qui!
Questo
è il secondo capitolo – l’intento
è di pubblicarne uno a settimana, ma
nel caso il contest lo richiedesse velocizzerò i tempi. Ad
ogni modo,
cominciamo ad entrare nella storia: i personaggi interagiscono
finalmente e non
sentiamo solo Choe che si riferisce a Makishima. Le citazioni di
quest’ultimo
sono tutte di Shakespeare, l’anime mi è andato
incontro e io l’ho assecondato
volentieri <3 Non so quanto risultino evidenti le mie
difficoltà nel gestire
i movimenti di Choe: ci sono un sacco di cose che si danno per
scontate, quando
si può vederle. Questo non accade a Gu-Sung, per cui ho
cercato di descrivere
le difficoltà appunto incontrate nel compiere movimenti
molto semplici,
quotidiani direi. Ad ogni modo non è stato semplice, spero
che mi possiate dire
come vi è sembrato!
La
cioccolata calda era un tema troppo tenero per non cercare di provare a
metterlo in questa raccolta… E sinceramente non resistivo
all’idea di rendere
Makishima da subito capriccioso e “poeticoo”, nel
suo “soccorrere” il
conquilino!
Bene,
mi sembra di aver detto tutto, ringrazio nuovamente Lady_Dragon e mia
sorella per avermi sopportato
supportato e a tutti gli eventuali lettori
e recensori <3
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Capitolo 3 *** January 28th, 2108 ***
January 28th, 2108
Non esco di casa, se non per
commissioni indispensabili. Nella mia situazione sono in
difficoltà qui,
figuriamoci in città, dove le varianti
d’imprevedibilità sono esponenzialmente
maggiori rispetto al perimetro limitato della mia abitazione. Shogo lo
sa
benissimo, tuttavia oggi ha insistito per uscire ed è
riuscito a convincermi.
Innanzitutto cerco nell’armadio qualcosa per non patire il
freddo: toccare
l’interno delle giacche provoca una sensazione bellissima
sotto le dita, l’odore
è persino meglio. Ma la cosa che assolutamente preferisco
è passare i palmi fra
sciarpe e cappelli: mentre sono per metà inserito
all’interno dell’armadio,
sento il rumore della porta aprirsi, così mi sistemo
rapidamente una sciarpa al
collo ed esco. Prima di muovermi verso il cancello di casa, aspetto di
sentire
i suoni indispensabili: la porta che si chiude, la chiave che gira
nella toppa,
i passi di Shogo che mi raggiungono e il suo guanto di pelle, che
prende
delicatamente la mia mano. Ora possiamo andare.
Ci avventuriamo fuori
città,
questo lo capisco subito: il rumore delle gomme sull’asfalto
si fa meno
intenso, l’acustica più limpida, ma Shogo non
parla. Giro il capo da una parte
e dall’altra, raccogliendo più informazioni
possibili: l’aria è fresca, profuma
di brina, i nostri passi generano un suono armonico e morbido sul
terreno… Mi
concentro per andare allo stesso ritmo di Shogo, ma lui ha qualcosa che
lo
rende inimitabile, la differenza di passi si coglie senza
difficoltà. Sospiro,
le labbra si increspano per il freddo. Ad un tratto Shogo si arresta,
quando me
ne accorgo non faccio in tempo a fermarmi, così scivolo per
un paio di metri in
avanti; allungando le mani e masticando insulti, rotolo rovinosamente.
La
risata di Makishima giunge fino a me con una carezza di vento.
“Questo che
cosa significa, esattamente?!” Esclamo appoggiando le mani al
ghiaccio, su cui continuano a scivolare, e cercando di alzarmi.
“Allunga la
mano a destra.” E’ l’unica risposta che
mi arriva. In preda alla
confusione trovo effettivamente qualcosa. E’ un oggetto di
medie dimensioni…
No, sono due… Sono duri, molto resistenti, ci sono alcuni
graffi sui lati e
sotto… Sono delle lame!?
“Makishima!”
“Choe.”
Candido. Mi ha fregato ancora. “… Sai
pattinare?”
“Questa me
la paghi carissima…”
“Spero che tu sia
soddisfatto!”
Brontolo, mentre comincio ad avanzare con i pattini ai piedi
“Perché non ti
darò un’altra volta un simile
appagamento…”
“Ti assicuro
che la vista merita.”
“Ti
odio.”
“A destra, Choe,
mantieni la
destra… Ecco, un po’ a sinistra adesso…
No, più a sinistra, così…”
“Ti sembra
mantenere la destra questo?!”
“Perché
non mi hai detto che
stavamo andando ad un lago ghiacciato?”
“Non sapevo
ci fosse un lago ghiacciato.”
“Però
casualmente hai lasciato qua dei pattini!”
“Non sono
miei.”
“Però
casualmente sono la mia misura.”
“La vita
è un mistero.”
Per raggiungere di nuovo la
terra
ferma ho smesso di dar retta alle sue indicazioni. Penso di aver detto
tutto.
Ah giusto, un’ultima cosa: si è divertito davvero
troppo, questa volta. Ma la
cioccolata l’ha preparata lui.
[500
parole]
::
Angolo Autrice ::
Ohayo
<3
Lo
ammetto, mi sono divertita assai a scrivere questo capitolo:
l’intento era
di mostrare la quotidianità della coppia, senza
però far venire meno o far
scadere nel banale tratti distintivi della personalità di
uno e dell’altro…
Soprattutto il velato sadismo che a volte prende il possesso di Shogo
è
meraviglioso e non penso proprio che risparmi Choe!
Tuttavia
scegliere questo prompt mi ha permesso di descrivere quello che,
anticipo, è l’unico momento in cui Choe esce dalla
propria abitazione.
Trovo
questa sfida incredibilmente stimolante: mi rendo conto che clima sia
ormai più primaverile e pensare a questi due su un lago
ghiacciato sia un
attimo complesso, tuttavia spero di aver comunque catturato la vostra
attenzione e essere riuscita a farvi sorridere <3
Suggerimenti
e commenti sono molto graditi, ovviamente! Un ringraziamento
d’obbligo
a chi ha seguito praticamente in diretta la stesura del testo: alla
prossima!
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Capitolo 4 *** January 29th 2108 ***
January 29th 2108
Frrrsshhh… Plic. Plic.
Ruuhhhss… Slam!
Acqua che scorre. Dita sulla
tastiera. Vento contro le tende. Porta che sbatte.
Tutto ciò che mi circonda infrange il silenzio di questa
casa. Lo vuole
zittire, abbattere, eliminare. Eppure
c’è, lo sento chiaramente.
Oggi lui manca. Sovente esce di casa, senza di me. Shogo
è un ragazzo con
molti interessi, affascinato e incuriosito dalle realtà di
questo mondo. Non mi
sorprende che sia occupato altrove e rietri a volte parecchio tardi la
sera.
Però senza Makishima in questa casa regna un silenzio
algido, che mi pesa
addosso come una cappa, senza riscaldarmi.
C’è silenzio oggi, lo
sento chiaramente.
Ma non solo qui, tutta città è avvolta da un
silenzio anomalo.
Un passo, un altro, un altro ancora, una lieve rotazione del
busto, mi
lascio cadere; la stoffa morbida del divano mi accarezza, sono seduto.
Allungando una mano a sinistra trovo un mobiletto: dentro il primo
cassetto ci
sono le pastiglie da prendere per il periodo che precede
l’operazione agli occhi.
Il dottore dice che serve per equilibrare il mio psycho
pass.
Psycho pass.
Scanner della psiche.
Intuizione telematica della mente umana.
Oracolo tecnologico della vita di ogni singolo uomo, dalla nascita
lungo tutta
la sua vita.
…Certo, come nome si poteva fare di meglio, ma non tutti
sono poeti. Neanche
io.
Sono uno straniero di questo Paese, i miei natali sono stati in un
stato
diverso, dove nonostante imperversino la guerra, le disuguaglianze
sociali, i
soprusi e le frodi, le persone vivono rispondendo di se stesse e dei
propri
valori morali, impartiti dalla famiglia e dalla scuola. Dove sono nato
io, c’è
rumore. Qui non riesco a sentirlo, il silenzio di questa
società attutisce
qualsiasi sensazione, anziché acuirla.
In gioventù mi è stato insegnato a non farmi
spaventare da quello che vedevo, poi mi hanno
direttamente impedito di vedere.
A modo loro, sono stati premurosi.
Ho sempre trovato soddisfazioni nell’informatica, fin da
ragazzo, fino a farne
la mia professione. Le macchine possono sembrare insidiose, ma quando
si ha il
telecomando fra le mani diventa tutto facilissimo. Io ho sempre avuto
il
telecomando fra le mani: per il lavoro che esercitavo avevo a
disposizione
formule di accesso e di elaborazione di dati non alla portata di
chiunque. Questa
consapevolezza mi eccitava, mi spronava a lavorare continuamente, a
profanare
quel mondo di dati telematici alle mie dirette dipendenze.
Da quando sono arrivato in questo Paese ho percepito questa eccitazione
mancare: il telecomando non è più in mano mia.
Qualcun altro lo impugna:
qualcun altro possiede la password d’accesso al sistema
governativo.
Il Sibyl System.
Il silenziatore sociale di questa immensa città fortificata
nella propria
assenza di percezioni autentiche.
Esiste davvero un’equazione della mente umana? E’
possibile codificare la
propria identità? Può un colore, un numero,
riassumere una situazione emotiva e
psichica?
Io
voglio la formula per ottenere quel
numero, non mi importa se dicono che dovrei accontentarmi di poter
vivere in
questo Paese.
Vivo nel buio, non posso vivere anche nel silenzio.
[499 parole]
::Angolo
Autrice::
Ecco un
nuovo capitolo: a
dispetto dei precedenti, qui mi sono concentrata
sull’individualità dei
pensieri di Choe, mi premeva renderlo IC, nonostante questo sia un
prequel della
serie originale e quindi abbia tempo di maturare la sua posizione nei
confronti
della società in cui vive e soprattutto nei confronti di
Makishima. Qui in
effetti Makishima è raccontato superficialmente come un
ragazzo molto curioso
che vive spesso al di fuori della casa: Choe non sa che si tratta di
una
persona che sfugge il sistema, non che stia fuori casa
perché può regolare il
proprio psycho pass a piacere: queste confessioni saranno
più avanti, per il
momento Choe è convinto dell’innocenza di
Makishima (che dolce, aw <3)
Nonostante
questo piccolo inciso, non è di Makishima che parla il
capitolo, ma
prevalentemente di Choe, che è comunque la voce narrante e
protagonista e ci
tenevo a dargli un po’ più di spazio: so che con
lo psycho pass anche certi
pensieri, certe riflessioni possono essere deleterie – vedi
Paparino *sigh* -
quindi ammetto che ho trovato difficoltà nella selezione ed
elaborazione delle opinioni
di Gu-Sung. Penso di averne parlato con chiunque, persino con il gatto
del mio
vicino, per convincermi che poteva andare ^^
Fatemi
sapere cosa ne pensate, io ringrazio e saluto: alla prossima!
|
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Capitolo 5 *** January 30th 2108 ***
January 30th 2108
“San
Lorenzo, io lo so perché tanto di
stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché
sì gran pianto nel concavo
cielo sfavilla...”
Sentendo
Makishima recitare con tanta veemenza ispirata parole così
tristi, mi affaccio
dalla porta della cucina, avendo finito di sparecchiare
“Quale avvenimento
suscita parole così amareggiate?”
“In una notte passata un uomo è morto, ucciso,
forse tradito, venduto; immobile,
pieno di sgomento ha guardato il cielo. Era un cielo estivo e
l’ha visto
morire, senza poter avvisare i figli che in casa lo aspettavano
premurosamente.” Sento dei movimenti contro il divano, non
riesco a capire se
Makishima si sia alzato o seduto. “Con questo tormentoso
avvenimento a
segnargli l’infanzia, Giovanni Pascoli individua negli
astri, che
osserviamo cadere nelle notti estive, un pianto disperato, un
segno tangibile della tristezza del Cielo per la malvagità
degli esseri
umani. Commovente, nevvero?”
Mi asciugo le mani sui pantaloni, avanzando lungo la stanza:
“Sei crudele, per
un attimo ti avevo preso sul serio.”
“Solo la letteratura che si fa a scuola non è da
prendere sul serio, Gu-Sung.”
“In ogni caso, sii più chiaro o forse ti diverti a
farmi spaventare?”
Un momento di silenzio, di esitazione. Penso che stia sorridendo.
Makishima si
diverte a parlare di letteratura con me: sa benissimo che ne so un
decimo di
quanto ne sa lui e nonostante questo trova stimolante la conversazione
che si
sviluppa.
“Tu cosa pensi che siano, le stelle cadenti?”
Mentre cerco di recuperare le informazioni di composizione fisica e
chimica dei
corpi celesti che ho avuto modo di studiare anni addietro, ha
già ricominciato
a parlare, sviluppando un monologo in cui lui, unico protagonista, sa
convincersi e dissuadersi della propria opinione. Ragionevole,
ovviamente. Mi
auguro che non siano tutti come lui, i ragazzi della nuova generazione,
altrimenti il mondo diventerà un entusiasmante e satirico
teatro.
“C’è
un'altra definizione di stella cadente che non abbiamo
contemplato” C’è da dire
che mi fa sorridere, a modo suo è coinvolgente.
“Se si definisce stella una
persona di successo, perché non si potrebbe definire stella
cadente una persona
che ha perso la propria celebrità?”
“Ma le
stelle cadenti cadono senza far rumore, invece solitamente le star di
cui tu parli fanno scandalo e gran parlare di sé, prima di
scomparire.”
“Eppure
proprio in questo si mettono in mostra, si fanno vedere, come le stelle
che spingono ad alzare gli occhi al cielo.”
“Non
potrebbe esserci un modo per essere conosciuti ed ammirati e comunque
rimanere
irraggiungibili?”
“Forse ci
sono semplicemente delle realtà a cui gli uomini non possono
paragonarsi.”
Si fa silenzio nella
stanza, improvvisamente. Penso al silenzio in cui sono
immerse le stelle nelle galassie che circondano il nostro pianeta. Sono
lieto
di non riuscire ad immaginarlo.
Non riesco a capire
dove si trovi Makishima adesso, penso che si sia spostato.
Sento aprire la finestra, l’aria della notte è
gelida, ma ugualmente mi volto
verso di lui.
“Nella tua
vita ti auguro almeno un black out in una notte limpida,
Choe.”
[500
parole]
:: Angolo
Autrice ::
Buonasera!
Ho avuto alcuni
impegni durante la settimana, sono un po’ in ritardo con gli
aggiornamenti,
ma vedrò di organizzarmi per rimanere nella tabella di
marcia: organizzazione
strutturale a parte, che ne dite di questo capitolo? Personalmente lo
trovo il
più romantico e poetico della raccolta:
scegliere la citazione “d’avvio” di Maki
è stato complesso, avevo tanti dubbi
in proposito… Ma la soluzione trovata mi piace assai, sono
affascinata dal modo
in cui interagiscono questi due parlando di letteratura e arte:
nonostante Choe
non sia esattamente un esperto, ha una vocazione per
l’ascolto e se si tratta
di arte oratoria, Shogo è decisamente
un’eccellenza. Il prompt poi è stata una
rivelazione, ha reso tutto ancora più poetico e scenico, in
un certo senso.
Bene, io direi che ho concluso, se ci fossero domande,
curiosità, commenti io
vi ascolterei molto volentieri! Un abbraccio a tutti, alla prossima!
|
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Capitolo 6 *** January 31th 2108 ***
January 31th 2108
Sono in bagno, mi sto
tamponando
i capelli bagnati; quando bussano alla porta ci faccio appena caso. So
che
Shogo è in casa, può occuparsene lui. Quello che
non so ancora è che Shogo non deve occuparsene.
Comincio ad avere una
strana sensazione quando capisco che la porta non è
ancora stata chiusa. Cerco di rassicurarmi dicendomi che potrebbero
essere
amici di Shogo venuti a salutarlo. Oppure sta firmando sul palmare di
un drone
per ritirare un pacco: è terribilmente lento per queste
cose, mi ricorda quei
vecchi del passato, che preferivano la carta al computer.
Ma ci sta mettendo davvero troppo
anche per questo. Finisco di massaggiarmi il capo con
l’asciugamano, passo le
dita fra il ciuffo sottile e sospiro con calma.
Qualsiasi cosa sia,
è chiaro che me ne debba occupare io: in questi mesi di
convivenza devo aver sopravvalutato Shogo.
Esco dal bagno,
lasciando la porta socchiusa e avanzo verso la porta
d’ingresso. Sento l’aria fredda raffreddarmi le
mani, la curiosità cresce
esponenzialmente al mio passo.
“Makishima?”
Chiamo, per capire dove sia.
Un verso mi risponde:
è troppo acuto perché l’abbia prodotto
Makishima.
Mi sorge un dubbio atroce.
“Makishima?”
“Choe!”
Sento la sua voce rispondermi, fuggevole sollievo.
“Ho sentito
un suono strano…” Sto sul vago, per vedere cosa ha
il coraggio di
rispondermi.
“Oh,
quello?” Un altro verso acuto, differente dal primo
“Niente di
preoccupante, mi è venuto il singhiozzo.” Allungo
le mani sul suo viso, sono
sicuro di essergli vicino: trovo la fronte, con i polpastrelli scendo
sugli
zigomi sollevati dalla posizione di riposo, gli angoli degli occhi sono
più
stretti e il contorno labbra increspato in un sorriso. Penso che deve
essere
bellissimo, ma dico tutt’altro. “Non è
vero. Cosa c’è?” Adesso sorrido io e
può
vederlo chiaramente, comunque mi tocca gli zigomi e le labbra,
imitandomi E’ la
cosa più emozionante che mi sia successa da quando sono
arrivato in questo
Paese.
Un altro verso
interrompe i miei pensieri, è piuttosto distante. Le mani di
Makishima si allontanano subito e io lo inseguo. Siamo nel cortile di
casa,
ancora dentro il cancello, ma mi spaventa l’idea di rimanere
impalato davanti
alla porta. Fuori casa è più difficile
concentrarsi sui suoni del corpo per capire
gli spostamenti. Mentre cammino celermente cercando di individuare
Makishima,
sento dei passetti venirmi incontro. Mi sono familiari, eppure non
riesco a
capire… Sono troppi per essere un uomo.
“Shogo…?” Chiamo piano, cercando di
mantenere la calma.
La risposta mi arriva
troppo tardi: un corpo nudo, peloso e caldo mi butta per
terra, sento delle zampe far pressione sul petto e una lingua umida su
tutto il
volto e il collo. E’ un cane, malezione, un cane!
Evito di dimenarmi,
per non farmi mordere. Makishima mi raggiunge, riesce a
togliermi il cane di dosso e mi aiuta a tornare in piedi.
Non mi chiede se sto
bene, se mi sono spaventato, se sono anche solo
lontanamente d’accordo con lui... Dice solo:
“E’ un cucciolo, si chiama
Gulliver.”
[499
parole]
:: Angolo
Autrice ::
“Possiamo
tenerlo?”
Okay, pardon, questa
era d’obbligo <3
Buonasera a tutti,
ecco proposto un altro momento fluff e particolarmente
comico della convivenza dei due aspiranti fuorilegge – ma
questa è un’altra
storia!
Il prompt
“cucciolo” è stata una vera tentazione,
ne ho discusso assai con chi
mi ha sostenuto e consigliato nella stesura di questa raccolta
… e alla fine
sono riuscita ad avere la meglio e a scrivere una flash a riguardo.
Conoscendomi –e sapendo quanto li shippo ** - pensavo avrei
reso il tutto molto
più demente, invece mi sono stupita di me stessa –
e questa sì che è una cosa
demente da dire (?)
Ad ogni modo, sono
riuscita ad inserire anche una scena che mi premeva molto,
vale a dire il riconoscimento tattile molto utilizzato dalle persone
che si
ritrovano a dover sopperire alla mancanza della vista, come Choe. Spero
aver
descritto focalizzando l’attenzione che deve esserci data e
tutto sommato anche
di essere riuscita a farvi sorridere: suvvia, come non chiamare
“Gulliver” il
cane di Makishima? <3
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Capitolo 7 *** February 1st 2108 ***
February 1st 2108
“Come riesci a
mangiare, non
vedendo cosa c’è nel piatto?” Chiede
Makishima mentre siamo a cena, uno di
fronte all’altro. Conoscendolo, so che per rispondere devo
oltrepassare la
semplicità della domanda. “Le domande
più banalmente formulate sono le più
complesse” dice sempre, io sono d’accordo con lui.
“Non temo
l’avvelenamento, se è questo che chiedi. Ogni
alimento ha una sua
consistenza che posso percepire facilmente con le bacchette. Ad occhi
chiusi
toccandoli tu non riconosceresti la takuan dal sashimi? E se la
consistenza
talvolta può essere fuorviante, l’odore
è unico nel suo genere e mi tutela.”
“La tua
fiducia mi sorprende, Choe.” Mi porto un pezzo di tempura
alle labbra,
la pastella è calda e il pesce fritto all’interno
croccante.
“In che
senso?”
“Nella
condizione in cui ti trovi non tutti sarebbero stati disposti ad avere
per coinquilino un estraneo. Non solo ho libertà di disporre
di questa casa, ma
ti cucino addirittura dei pasti.”
“Ora non
esagerare, per una volta che ti metti ai fornelli vuoi passare per
masterchef. L’amministratore della casa sono rimasto io, in
tantissime cose.”
Appoggio le bacchette al piatto ancora pieno, il rumore è
appena percepibile.
“Avere in casa un’altra persona era rischioso, ma
comportava anche tanti
vantaggi… Vuoi sapere il calcolo fatto per decidere se farti
vivere con me?”
“Cominci a
leggermi nel pensiero.”
“Tu hai
sempre saputo farlo.”
Sta sorridendo, riesco
a capirlo da come respira. Se avessi la tavola grafica a
portata di mano, proverei a disegnarlo. Mentre sono immerso a
raffigurare
questa immagine forse Makishima dice qualcosa, ma non lo sento neanche.
Da
sotto il tavolo uno strofinamento improvviso di qualcosa di caldo e
peloso
contro la mia gamba mi fa sobbalzare, la mia espressione si trasforma
in una
smorfia spaventata.
“Choe, hai
sentito cosa ho detto? Va tutto bene?”
“Sì
sì…” cerco di sviare il discorso, ma
sento un alone di bava formarsi sui
miei pantaloni, al che commento senza riuscire a contenere la stizza.
“Il tuo
cane sta solo sbavando su di me.”
Lui ride, prendendo
qualcosa dal tavolo che attira l’attenzione del cucciolo di
rottweiler che è entrato ufficialmente a far parte della
nostra casa. “Questo
odore di cibo gli avrà fatto venire fame!”
“Mica scemo,
Gulliver.” Ascolto il cane masticare e fare le feste a Shogo,
è
chiaro che gli piaccia molto.
Riprendo lentamente a
mangiare, fino a quando non trovo qualcosa di strano nel
piatto.
“Che cosa
c’è nel mio piatto?” Domando stranito.
“Non hai
detto di riuscire a capirlo dalla consistenza?” Mi stuzzica,
ha
appoggiato i gomiti sul tavolo.
Saggio minuziosamente
il piccolo alimento commestibile, abbandonando le
bacchette e provando a mani nude. Lo lecco, è solido e
biscottato: per sbaglio
premo troppo forte e lo spacco, trovo dentro un fogliettino di carta
rettangolare.
“E’
un biscotto della fortuna?” Sono veramente stupito.
“Sì,
ma sei stato più infantile del previsto a
scoprirlo.”
“Stupido.
Cosa c’è scritto?” Porgo il biglietto
nella sua direzione, ma lui
rifiuta.
“Lo
scoprirai da solo fra qualche giorno.”
:: Angolo
Autrice ::
*Takuan: sorta di rapa
sott’aceto
Sashimi: fette di
pesce crudo*
‘Sera a
tutti!
Qua sopra lascio la
descrizione spicciola dei cibi citati nel capitolo, nel
caso qualcuno non fosse esperto e fosse troppo pigro per andare ad
informarsi
in autonomia – io sono la prima ma sssh <3
Nel momento della
pubblicazione ho riletto questo capitolo e ammetto di essere
divertita assai, ma io sono definitamente compromessa in fatto di cibo,
per cui
la mia opinione non conta (?) owo
Ringrazio con un
caloroso abbraccio chi continua a leggere anonimamente questa
raccolta che tende già alla sua conclusione, chi ha
recensito e chi in
precedenza mi ha sostenuta e consigliata nella stesura: voglio bene a
tutti
<3
Ora vado a rompere
quintali di biscotti della fortuna, finchè non trovo la
frase adatta a Choe eheheh
Alla prossima, bye bye!
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Capitolo 8 *** February 2nd 2108 ***
February 2nd 2108
E così, siamo
arrivati alla resa
dei conti. L’operazione sarà domani: mi chiedo che
mondo vedrò, quando aprirò
di nuovo gli occhi. Nonostante il tempo passato al buio, la tentazione
di
creare un’immagine mentale di quello che ho avuto intorno per
questi mesi è
stata più forte di me. Adesso è arrivato il
momento di guardarla in faccia,
questa realtà.
-L’attesa
del piacere è essa stessa un piacere. Quello che dobbiamo
capire è se
davvero ti piacerà, quello che vedrai da domani in poi.-
-Se fai
così peggiori solo le cose, è tutto il giorno che
mi agiti.-
-Ma se non ho ancora
aperto bocca…-
-Tsk, è
peggio del previsto, non ti accorgi nemmeno che parli da solo!-
Viene verso
di me, il suo respiro fresco
mi carezza il volto. Le sue mani sfiorano le mie, mi inducono a sedermi
sul
divano con lui. Con un sospiro mi lascio guidare, sento dei capelli
scivolarmi
in avanti, sul petto: devono essere cresciuti ancora.
-Questo mondo
è diverso da qualsiasi altro. Quando tornerai a vedere, ti
sentirai più cieco di prima.-
Istintivamente ripenso
al silenzio percepito da quando vivo in questa città.
Ripenso alla sensazione di impotenza che mi perseguita da quando non ho
più
accesso al telecomando.
-Il sovrano di un
regno qualsiasi è un’utopia, un desiderio delle
bestie che
temono di esercitare il libero arbitrio, che le trasforma in uomini.
Pensando
con la propria testa e volendo il meglio per sé,
è impossibile accettare di
delegare l’amministrazione della propria vita a qualcun
altro. Eppure è proprio
questo che è successo. Ma tu, Choe, cosa dici a riguardo?
Com’è il mondo, fuori
da qui?
-Non posso credere che
sia molto diverso.
-Eppure
così convinto non sei.
-Come fai a dirlo?
Non mi risponde la sua
voce, ma un suono di piccoli corpi che si urtano in un
contenitore. Le pillole per lo psycho pass.
-Quelle
sono…
-Ancora chiuse,
Gu-Sung.
Mi mordo il labbro
inferiore, non avrei mai immaginato di dovermi giustificare
con lui, prima che con il dottore. Mentre sto cercando di formulare
un’obiezione le sue dita mi sollevano il mento, non riuscire
a vederlo ma
sapere di essergli così vicino mi emoziona più
del legittimo.
-Sei una persona
ammirevole, molto scaltra. Non voglio sapere perché hai
deciso
di non prenderle. Mi basta sapere che hai preso una decisione e non ti
sei
affidato a quanto ti era stato detto.
-Esercitare il libero
arbitrio non vuol dire per forza disubbidire.
Mi prende un dito, me
lo solleva portandolo sulle sue labbra: non so come sia
riuscito ad immaginarlo, ma sono lieto che l’abbia fatto. Ha
delle labbra
bellissime quando sorride, le posso sentire adesso.
-In linea teorica
avresti ragione, ma siamo nella condizione in cui delegare le
proprie decisioni, anche le più importanti, è
obbligatorio per legge. Io non
posso farlo, anche volendo non sono essere dato alla
irragionevolezza…-
-Anch’io.-
Sono due parole. La
mia vita d’ora in avanti, in due parole.
Anch’io, con te,
Shogo Makishima,
disubbedirò.
[500 parole]
:: Angolo
Autrice ::
Sigh,
quanta poesia.
Ew (?)
Perdonatemi, sono
molto sensibile: la verità è che sto
già piangendo in vista
del dopo… Perché voi pensate mica che questa
storia avrà un lieto fine? Muahah
illusi.
owo
*scappa a piangere*
Sono immensamente
triste e immensamente felice: poter muovere Choe in contesti
quotidiani, eppure molto diversi fra loro, mi ha aiutato tanto a
sentire più “mio”
questo personaggio, spero che anche per voi la lettura sia stata
coinvolgente
da questo punto di vista. La settimana è finita, Choe domani
si sottoporrà all’operazione
che gli darà la vista e il diario può dirsi
concluso. Il prossimo aggiornamento
sarà l’epilogo, ma l’impostazione
sarà diversa dal solito.
Un’ultima
cosa sulla caratterizzazione e poi filo via: per tutta la stesura
della storia ho avuto difficoltà a gestire il personaggio di
Makishima, nel
selezionare cosa far trapelare di lui e cosa no a lungo mi hanno
consigliato e
a lungo ho stressato chiunque mi rivolgesse la parola – per
cui anche l’autista
della corriera va annoverato fra le mie vittime xD Scherzi a parte,
Shogo non
poteva sbilanciarsi troppo, perché non sapeva ancora se Choe
sarebbe stato
disposto ad aiutarlo nella lotta contro il sistema, in quanto
condivideva lo
stesso malcontento: per questo motivo anche in questo capitolo, dove la
confessione degli intenti dei due era il nucleo, ho preferito
mantenerlo su un
profilo discreto-basso. Penso che sia in linea con il suo modo di
agire, se ci
fossero tuttavia accorgimenti o obiezioni sarei lieta di sentirle,
ovviamente!
Penso di aver detto,
saluto tutti e ringrazio<3 A presto!
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Capitolo 9 *** Epilogo ***
Makishima Shogo, dopo la lotta
con la Direttrice Kasei, riuscì a sopravvivere alla caduta
dell’aereo su cui
viaggiavano. Le ferite medicate bruciavano ancora, acute fitte gli
provocavano
giramenti di testa allarmanti, nonostante questo continuò a
scappare. La città
era nel caos, nel fumo scomparve come uno spettro.
Trovò
rifugio in casa: avrebbero
dovuto
ritrovarsi lì.
Mentre attraversava il salone ed andava in cucina per
controllare se erano rimasti i suoi biscotti, pensò che era
stato uno degli
loro appuntamenti più stupidi.
“Io vado di
sopra, tu vai di sotto: mi fido di te... Ci vediamo a casa”
Aprì il
frigo, trovò solo una birra sgasata: con un sorriso la
sollevò e leccò
il collo della bottiglia. Sentì solo del freddo,
così la ripose dov’era. Spezzò
un biscotto in due e masticando si diresse in camera da letto.
L’immagine del
sangue e delle viscere di Choe sparsi per il pavimento vista nel video
continuava a tornargli alla mente, così lasciò
cadere a terra il resto del
dolce.
Con la coda
dell’occhio notò una lucina intermittente
provenire da uno di quei
tablet che utilizzava Gu-Sung quotidianamente. Si guardò
attorno, non poteva
chiedergli di sbloccarlo per lui: così, per quanto
intimidito, imitò il gesto
che gli aveva visto fare tantissime volte. Come per miracolo, lo
schermo fu
subito disponibile, tutti i file furono accessibili al suo tocco.
“Sei sempre
stato un sentimentale altruista” Sorrise, Choe era sempre
riuscito
a farlo sorridere e questa cosa l’aveva sempre fatto
impazzire: non
gliel’aveva mai detto però.
Non capiva nulla di
quei documenti, neanche il nome: un titolo attirò la sua
attenzione.
“Diary of a
blind man”
Leggendo di orologi, il tempo
si
fermò.
Leggendo di
cioccolata, il suo sorriso si addolcì.
Leggendo di
pattinaggio, si sentì scaldare.
Leggendo di silenzio,
gli parve di averlo accanto.
Leggendo di stelle,
pensò ai suoi occhi.
Leggendo di Gulliver,
si commosse.
Leggendo di fortuna,
alzò gli occhi al soffito.
Leggendo di
disobbedienza, gli venne voglia di abbracciarlo.
Non sapeva che Choe avesse
tenuto
un diario di quei giorni, ma capiva perché non
gliel’aveva mai detto: era
troppo carino quando parlava di loro due e troppo poco professionale. A
Choe
era sempre piaciuto dare un’idea di sé molto seria
e competente, ma quando
poteva divertirsi era una meraviglia per gli occhi.
Si asciugò
le ciglia umide, chiudendo il file si accorse che si era scaricato
un romanzo di Dick: era già al 27%.
Nonostante tutto, quando
uscì per
l’ultima volta dalla loro casa, Shogo sorrideva.
“Oggi
abbiamo scoperto la vera natura del Sibyl System. Avevamo ragione a
credere che non meritasse di essere protetto a costo della vita. Avrei
voluto
parlarne con te, avrei voluto vederlo attraverso le tue parole. E non
nascondo
che avrei voluto parlarti anche dello scontro con Kogami. Mi sarebbe
piaciuto
farti ingelosire un po’.”
Il loro piano aveva bisogno di
una revisione, ma questa volta avrebbe agito da solo. Sperava soltanto
che,
quando sarebbe stato il suo turno, avrebbe avuto lo stesso coraggio di
Choe.
[499 parole]
:: Angolo
Autrice ::
*sente
il proprio cuore singhiozzare e arrossisce* Pardon, è sempre
stato così
sensibile… <3
A
parte gli scherzi, a distanza di tempo dalla stesura di questo epilogo
continuo a piangere. Come penso abbiate capito, il salto temporale
è notevole:
siamo dopo la morte di Choe, in quel momento dell’anime dove
Shogo non si
capisce bene dove sia finito (?)
Ho
parlato di loro in tutta la raccolta, per chiudere mi sembrava
appropriato
dedicare loro un momento per dirsi addio. Ho ripreso alcuni concetti di
cui ho
parlato in tutti i capitoli – ad esempio il sorriso di Shogo
– inseriti in un
contesto più vicino all’anime possibile. Ora
smetto di pensarci altrimenti
riprendo a piangere c W c
Ringrazio
di cuore Lady Dragon a cui è dedicata l’intera
raccolta, per la
premura e l’attenzione che ha sempre dedicato a questa
coppia. Ho imparato da
lei più cose di quanto sarebbe disposta a credere, ma le
voglio bene anche per
questo. Ringrazio ancora tutte le persone che più o meno
volontariamente si
sono prestate a sostenermi durante la stesura della storia, tutti i
lettori che
mi hanno accompagnata silenziosamente e chi si è sentito di
lasciare un
commento. Grazie a tutti!
Dulcis
in fundo, ringrazio chi giudicherà questa raccolta: ora
penso di dover
salutare, spero di scrivere ancora qualcosa in questo fandom. Sono
commossa, vi
lascio e vado a mangiare qualcosa di dolce <3
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