Yokohama

di _stfu_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Defiance ***
Capitolo 2: *** What I believe ***
Capitolo 3: *** Unconditionally ***
Capitolo 4: *** In the end ***
Capitolo 5: *** We don't have to dance ***
Capitolo 6: *** Flesh ***
Capitolo 7: *** Born to die ***
Capitolo 8: *** Every breaking wave ***
Capitolo 9: *** Castle of glass ***
Capitolo 10: *** Everything burns ***



Capitolo 1
*** Defiance ***


 
Prompt: "Vediamo quanto riesci a farmi male"
Personaggi: Ougai Mori / Fukuzawa Yukichi 

 
 
 

"Vai ancora dietro alle ragazzine?"
Quella frase ancora gli ronzava nella testa e non riusciva a scacciarla, non importava cosa facesse, come tentasse di distrarsi, perfino pensare e stare in compagnia della sua adorata Elise-chan si era rivelato inutile.
Nel suo cuore non poteva esserci posto per nessun'altra se non per lei!
Quasi si sentiva oltraggiato da quell'affermazione, e non sapeva se fosse perché non era affatto così oppure perché, nonostante si conoscessero da così tanto, ancora Fukuzawa non aveva imparato niente su di lui, a differenza sua che si era preso la briga di approfondire e scoprire ogni dettaglio sull'altro uomo.

Si sarebbe vendicato di quell'affronto, poco ma sicuro, e mentre Elise disegnava seduta su di lui, appoggiata all'ampia scrivania nel suo ufficio, la sua mente lavorava pensando ad un piano per fargli rimangiare quelle sue assurde parole.
Immerso nei propri pensieri lanciò uno dei suoi bisturi contro il bersaglio appeso dall'altra parte della stanza, mancandolo.
Ne lanciò un altro, e pure questo non andò a segno.

-Rintarō, oggi fai più schifo del solito.

Mormorò la ragazzina senza alzare gli occhi dal foglio, continuando a disegnare con il pastello grigio quello che molto probabilmente sarebbe dovuto essere un gatto, o forse un cestino dei rifiuti; in ogni caso era bellissimo, come qualsiasi cosa che la sua adorata bambina facesse.

-Elise-chan! Non mettertici anche tu! Oggi è stata una giornata molto faticosa!

Sospirò in tono lamentoso, mentre con l'indice spostava una delle sue ciocche dorate e la portava dietro un orecchio, in modo che non la disturbasse.
Sbuffò e riprese a cercare di fare centro. Questa volta riuscì nel suo intento al primo lancio.
Finalmente!

-Ho un piano!

Esclamò entusiasta, e rubando uno dei pastelli di Elise iniziò a scrivere su un foglio. Ne fece poi un aeroplano di carta. Si alzò, spalancò la grande finestra alla quale aveva dato le spalle fino a poco prima, e prendendo un po' di slancio lo lanciò nel vuoto.
Quante possibilità c'erano che quel misero aeroplanino finisse per concludere il suo volo proprio di fronte all'uomo a cui era indirizzato?
Infinitesimali, di sicuro; ma evidentemente il fato aveva voluto aiutarlo a compiere la sua vendetta.


 



"Vediamo quanto riesci a farmi male, ora che non puoi parlare"
Aveva mormorato Mori al suo orecchio, passandogli la lama affilata lungo il petto, tagliando la stoffa che lo copriva ed arrivando ad incidere appena la carne.
Era sopra di lui e con una mano premuta contro la bocca gli impediva di parlare.
Sarebbe bastato un taglio netto all'altezza della carotide per togliersi dai piedi quell'insolente che aveva osato affermare il falso per sempre, e per mettere così in ginocchio quella fastidiosa Agenzia di cui era a capo. Ma senza dei nemici non sarebbe stato altrettanto divertente essere a capo della Port Mafia.
Si sarebbe divertito così, giocando con lui, con il suo corpo e perché no, con le sue corde vocali.
Effettivamente sì, non gli avrebbe più permesso di parlare. Nel vero senso della parola.

 

 

 

 

Salve! <3
Prima di tutto grazie per aver aperto questa storia ed essere arrivati fino a qui, spero che continuiate a leggere quello che posterò perchè anche se sono una grande cazzara mi piacerebbe sapere sinceramente cosa ne pensate! <3  
Prima di dirvi addio ( si spera non definitivamente LOL ), volevo aggiungere un paio di cosette alla breve descrizione che ho messo come introduzione, cosi da chiarirci subito ed evitare drammi (??????QUALI??????) 
Allora, allora, allora... procediamo per punti:
- Ho iniziato questa sorta di challenge ( che in realtà prevedeva molti più prompt ) contro me stessa  e per sopperire alla mancanza di internet durante queste vacanze natalizie, inutile dire quanto mi sia divertita a fillare i prompt amabilmente scelti da una mia cara amica. MA a voi di questo non interessa assolutamente nulla e io mi sto perdendo in fuffa gratis.
- Ogni storia vedrà interagire due personaggi che saranno sempre diversi ripetto a quelli precedenti, quindi non ci saranno mai le stesse "coppie".
- Aggiornerò settimanalmente ( il giovedì a sto punto X'D  )
- Il rating delle singole storie può variare dal verde al rosso 
- Aggiornerò i personaggi, gli avvertimenti e tutte quelle altre cose che di solito mi prendono 2 ore di tempo per completarle man mano che andrò avanti a postare i capitoli.  ( Se pensate che sia un'idea stupida e che sia meglio fare tutto subito vi  prego invece di dirmelo fin da ora <3 )  
- Assicuro la varietà dei generi delle storie che varieranno dallo pseudo gore allo yaoi ,ecc ecc 

Ora che ho fatto la bandiera arcobaleno sono soddisfatta e la smetto di aggiungere punti superflui

Spero davvero che leggiate le storie anche se magari i personaggi non vi interessano un gran chè ( non si sa mai ), ma spero ancora di più che vi divertiate e che non riterrete il tempo speso a leggere quello che ho scritto "buttato via".
Potevo essere molto meno prolissa e più concisa per evitare di intrattenervi così a lungo per dire magari cose totalmente inutili! 
Detto ciò un grande saluto a tutti  e ci vediamo al prossimo capitolo! chu~

 

 

 
 
 

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Capitolo 2
*** What I believe ***


Prompt: "When nothing seems real, you are my truth"
Personaggi: Dazai Osamu / Atsushi Nakajima

 




Dazai c'era sempre per lui, o quasi sempre, ma da quando lo aveva incontrato per la prima volta tutto era stato più facile, più bello.
Vivere si era rivelato più piacevole, e finalmente dopo diciotto anni passati a chiedersi per quale motivo fosse ancora vivo, per quale motivo doveva solo continuare a soffrire, ora aveva capito che con qualcuno al suo fianco la vita non era poi così terribile.
All'Agenzia aveva trovato degli amici, aveva trovato finalmente qualcuno che gli voleva bene e lo apprezzava per quello che era, per chi era.
Quasi non gli sembrava vero, ma proprio in questi momenti in cui era da solo e si trovava a pensare a queste cose arrivava il peggio.
Non poteva essere così semplice. Lui non meritava la loro amicizia, il loro appoggio. Non meritava che loro gli volessero bene e accorressero in suo aiuto quando era in difficoltà.
Lui era un inetto, un buono a nulla; non meritava quelle persone e quella felicità, non le avrebbe mai meritate.
Quante volte da quando era entrato all'Agenzia aveva causato loro problemi?
Quante volte era stato loro di peso e aveva messo le vite degli altri in pericolo? Aveva perfino rischiato di uccidere con le sue stesse mani due dei suoi compagni.
Era un danno, era una frana. Se se ne fosse andato sarebbe stato tutto molto più semplice per gli altri, e tutti avrebbero potuto continuare con la loro vita felicemente.
Era in momenti come questi, in cui si sentiva sprofondare sempre più nel buio, come se stesse precipitando dentro un baratro senza fondo, quando voleva mollare e scappare lontano da tutto e da tutti, più veloce del vento, senza guardare in faccia nessuno, ecco era proprio in questi momenti che Dazai arrivava, gli posava una mano sulla spalla e gli diceva che andava tutto bene, e improvvisamente ogni cosa tornava alla normalità, e lui tornava alla realtà.
Atsushi smetteva di pensare e lo guardava, gli occhi pieni di lacrime che però si ostinava a ricacciare indietro.
Dazai gli sorrideva come se sapesse perfettamente cosa passava nella sua testa, e lui finalmente riusciva a vedere le cose con chiarezza, e si rendeva conto che quello era il suo posto nel mondo e che non aveva più bisogno di fuggire.




 



Eccomi qui ad aggiornare dopo una settimana come promesso! <3 
Non ho assolutamente nulla da aggiungere a dire il vero, sono una persona molto triste. *sob 
Spero che abbiate apprezzato la storia nonostante sia molto breve e se vi va di lasciare qualche commento, positivo o negativo, sentitevi liberi di farlo, a me fa solo piacere! :')
Alla prossima! <3  



 

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Capitolo 3
*** Unconditionally ***


Prompt: A trova il diario aperto di B in camera di quest'ultim*
Personaggi: Gin Akutagawa / Higuchi Ichiyou

 




La camera da letto era pregna di un odore dolciastro proveniente da candele ormai spente che la fiamma aveva consumato per tutta la notte.
L'aria era calda e umida, appiccicosa, e il ventilatore sopra le loro teste la smuoveva appena, riuscendo a dare solo un minimo di sollievo da quell'afa opprimente che non permetteva a Gin di chiudere occhio.
Era sveglia da chissà quanto tempo e fissava il movimento rotatorio delle pale, sperando prima o poi di prendere sonno.
Quanto invidiava la ragazza al suo fianco che invece non aveva avuto nessun problema ad addormentarsi, avvinghiata a lei nonostante il caldo.
Le passò una mano tra i capelli biondi, scostandoglieli con delicatezza dal collo, e scoprendo man mano che i capelli scivolavano via dalla sua pelle una serie di segni rossi, evidenti perfino nella penombra della camera.
Rimase ferma a fissarli per alcuni istanti, prima di sentire il volto prendere calore e arrossarsi.
Non si era resa conto di esserci andata così pesante, ed era sicura che se avesse scostato le coperte avrebbe trovato altri succhiotti sparsi lungo il corpo snello di Higuchi.
Trattenne il fiato e si morse le labbra, voltandosi dalla parte opposta e guardando fuori dalla finestra, prima di alzarsi ed andare in bagno a darsi una rinfrescata.
Ne aveva decisamente bisogno.
Se l'avesse fissata per un secondo di più non avrebbe resistito dal riprendere a baciarla, svegliandola e finendo per fare l'amore di nuovo, per l'ennesima volta quella notte.
Era impossibile averne abbastanza delle sue espressioni, della sua voce, delle sue mani che la stringevano, e del suo sapore.
Tornando in camera non poté fare a meno di notare, aperta sulla scrivania, qualcosa che sembrava un'agenda; diede un'occhiata alle pagine aperte, e sentì la gola seccarsi improvvisamente e una morsa stringerle lo stomaco. Non era un'agenda con il programma della giornata, come aveva pensato, bensì il diario personale di Higuchi.
Si sentì improvvisamente a disagio a spiare così nella sua vita, ma allo stesso tempo sentiva l'impulso di continuare a leggere per saperne di più; e alla fine la curiosità ebbe la meglio.
Prese il quaderno ed andò in soggiorno accendendo la luce, per poi accomodarsi sul divano.
Magari si sarebbe limitata a dare una sbirciatina.
O forse no.
Più andava avanti a leggere e più non riusciva a smettere, catturata dal contenuto e dalla verità che stava pian piano scoprendo.
Sentì la morsa allo stomaco farsi più dolorosa, e senza rendersene conto iniziò a mordersi il labbro inferiore.
Aveva sempre saputo quanto Higuchi fosse presa da suo fratello, quanto lo adorasse, e aveva visto con i suoi occhi che per lui avrebbe dato volentieri la vita senza pensarci due volte, sfidando da sola un'organizzazione intera di uomini armati.
E ora capiva il perché di tutto. Non si trattava di semplice devozione, no; era qualcosa di più.
Non riuscì ad andare oltre e interruppe la lettura prima ancora di finire di leggerlo completamente.
Chiuse il quaderno, abbandonandolo di fianco a sé, e portando i piedi sul divano strinse le ginocchia al petto.
Possibile che fosse stata tutta una presa in giro? Che Higuchi l'avesse usata solo come sostituta di suo fratello poiché lui era irraggiungibile?
Si strinse nelle spalle, e appoggiò la testa contro uno dei braccioli del divano.
Senza che se ne rendesse conto le lacrime cominciarono a sgorgare, rigandole silenziosamente il volto.
Era la prima volta che succedeva. Non aveva mai pianto, suo fratello le aveva insegnato a non piangere e a non mostrare mai le proprie debolezze; ma ora trattenersi si era rivelato impossibile.
Spostò lo sguardo appannato sulla copertina scura del diario e allungò una mano per prenderlo ancora.
Forse se avesse letto fino in fondo avrebbe scoperto il perché di quel gesto meschino e basso, e perché aveva voluto illuderla di amarla.
Tornò a leggere in rigoroso silenzio. Più andava avanti e meno sapeva come sentirsi. Alla fine alzò di scatto la testa verso la porta della stanza che si apriva.
Higuchi era sulla soglia, con indosso solamente una canotta e gli slip, e si stropicciava gli occhi mentre tentava di mettere a fuoco, infastidita dalla lampada ancora accesa nonostante la luce dei primi raggi del sole iniziasse a filtrare dalle finestre.
Gin sembrava sconvolta. La bionda abbassò lo sguardo su quello che reggeva in mano e trasalì.
Il suo diario.
Le corse incontro, inginocchiandosi davanti a lei, fece per dire qualcosa ma dalle sue labbra non uscirono parole. Notare il suo bel viso segnato dalle lacrime l'aveva bloccata completamente.
Si limitò a prenderle una mano, carezzandone il dorso con il pollice, e ad abbassare lo sguardo.
Quando era arrivata Gin aveva appena finito di leggere, e ora non poteva fare a meno che sentirsi una totale idiota per aver dubitato della ragazza che amava e per aver pensato quelle cose di lei. Se avesse letto da subito fino alla fine avrebbe scoperto che l'ultima parte era interamente dedicata a lei, a loro due.

La guardò in volto ed accennò un sorriso, limitandosi ad abbassarsi per baciarle le labbra prima di abbracciarla.



 



Ed eccoci qui dopo una settimana! *chu 
So che la Gin x Higuchi non è una delle (crack)ship più gettonate della serie, ma spero vi sia piaciuta ugualmente nonostante tutto :')
Non mi resta che salutarvi e augurarvi buon continuo della settimana! 
Alla prossima <3 

 

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Capitolo 4
*** In the end ***


Prompt: “La corda si sta spezzando. Uno dei due deve lasciarsi andare”
Personaggi: Kunikida Doppo / Dazai Osamu 


 

Kunikida avvertì il rumore della corda che si strappava.
Pochi istanti e sarebbero precipitati nel vuoto entrambi. L'attimo che seguì a quella ovvia realizzazione fu agghiacciante.
Aveva le mani ormai scivolose dal sudore, erano lì da troppo tempo e la fatica si stava facendo sentire già da parecchio; mantenere la presa sulla mano di Dazai si faceva sempre più complicato e difficile, ma doveva stringere i denti, sarebbero arrivati a salvarli presto.
Ci fu un silenzioso scambio di sguardi.
Non si dissero niente.
Il sole del tramonto picchiava  sui loro volti stremati.
Che splendido panorama potevano però godersi da lassù. L'intera Yokohama era ai loro piedi, la loro città, la città che amavano e difendevano, quella cittá bellissima che aveva portato loro tutte le esperienze che avevano condiviso da quando erano entrati a far parte dell'Agenzia dei Detective Armati.
A quel pensiero Dazai sorrise.
Sorrise e disse qualcosa che mai prima d'ora avrebbe pensato di dire.

-Kunikida, grazie. Saluta tutti da parte mia.

Chiuse gli occhi e senza altro preavviso mollò la presa, lasciandosi cadere nel vuoto.
Era finalmente felice. Aveva trovato degli amici, aveva finalmente capito quale era stato lo scopo della sua vita.
L'ultimo suo pensiero andò alla prima persona che aveva considerato davvero importante nella sua vita.
"Ehi, hai visto, Odasaku?
Ho fatto come mi hai detto. Sono diventato anche io una persona migliore, sono passato dalla parte dei buoni e ho salvato delle vite.
Grazie anche a te. Ci vediamo presto"




 


Molto bene! Temevo di sfasare di un giorno a casua di mille mila impegni, leggesi anche devo assolutamente finire di cucire le cose per il Festival del Fumetto di Novegro E niente, purtroppo è un po' brevina come fic, nonostante i entrambi i personaggi mi piacciano entrambi parecchio e adori le dinamiche tra i due ed effetticamente avrei potuto prendermi piu tempo e scrivere molto, ma molto di più. *Sob
Spero comunque che abbiate apprezzato, alla prossima <3 






 
 
 

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Capitolo 5
*** We don't have to dance ***


Prompt: "Mi fai sentire felice di essere vivo, ed è assolutamente disgustoso"
Personaggi: Oda Sakunosuke / Andrè Gide 

 
 

    Si erano ritrovati a danzare in quella pioggia di proiettili nella grande sala dove aveva avuto luogo il loro incontro, il loro ultimo e fatale incontro.

I corpi di coloro che avevano tentato di interromperli caddero tutti, privi di vita.

Nessuno avrebbe dovuto interferire durante quel ballo, l'atto finale di quella tragedia ormai scritta.

Era un valzer interminabile e senza sosta, dal ritmo incalzante e veloce, le pistole facevano fuoco, ma il bersaglio non veniva mai raggiunto dalla traiettoria lineare dei colpi, troppo facile da prevedere per chi possedeva quel tipo di Abilità.

Mentre l'eco degli spari risuonava per l'intera villa loro continuavano a parlare, consci che quella sarebbe stata la loro ultima confessione.

L'eroe francese fu l'ultimo a parlare.

"Mi fai sentire felice di essere vivo, ed è assolutamente disgustoso"

Quella frase segnò il termine dello scontro; rimaneva solo un proiettile, già carico nelle canne delle rispettive pistole, una leggera pressione dell'indice sul grilletto e con il loro sangue sarebbe stata scritta la parola fine di quella ineluttabile tragedia.

Colpiti a morte perirono entrambi, ma Andrè Gide, un fantasma senza meta che desiderava solo di poter morire sul campo di battaglia, passato eroe di una terra lontana, fu il primo a capitolare, poiché  finalmente aveva raggiunto il suo scopo.


 

 
 

 

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Capitolo 6
*** Flesh ***


Prompt: “Ho sempre voluto incontrare un angelo" disse sovrappensiero, mentre passava il coltello lungo la sua schiena, incidendoci delle ali.
Personaggi: Fyodor Dostoevsky / Nathaniel Hawthorne 


 


 

 

Era disposto a qualsiasi cosa pur di far sì che Margaret si salvasse e potesse riaprire nuovamente gli occhi.
Sapeva che le preghiere non sarebbero servite a nulla, che l'unica cosa di cui aveva bisogno erano serie cure mediche per guarire da tutte le ferite che aveva subito durante lo scontro con il Diablo della Port Mafia.
Quella donna, che tanto spesso trovava insopportabile, troppo presa da sé stessa e dalle cose materiali e talvolta così egoista, proprio lei gli aveva fatto da scudo nonostante fosse stata già gravemente ferita, salvandogli la vita, lasciando da parte la propria volontà di risollevare le sorti della sua famiglia di nobili origini, ormai decaduta.
Per questo motivo ora lui era disposto a tutto.
Avrebbe perfino stretto un patto con il demonio, mettendo da parte la propria religione, pur di averla nuovamente al suo fianco.
Se Dio non ascoltava le sue preghiere, si sarebbe rivolto a qualcun altro.
-Ho sempre voluto incontrare un angelo.
Disse sovrappensiero, mentre passava il coltello lungo la sua schiena, incidendoci delle ali.
Hawthorne sentiva una mano fredda premergli in mezzo alla schiena, mentre quel coltello rovente penetrava nella sua pelle, scavando la carne.
Nella stanza c'era un fastidioso odore di alcol, disinfettante e bruciato.
Il momento più doloroso fu quando il demonio passò sulla scapola e poi giù, sulle costole; si sentì quasi svenire, il dolore insopportabilmente atroce, ma strinse i denti e rimase cosciente fino alla fine, senza urlare, senza emettere un fiato.
Era una soddisfazione che non gli avrebbe dato.
Dei nervi dovevano essere stati distrutti perché la schiena era ormai diventata insensibile in alcuni dei punti in cui stava lavorando, non avvertiva altro che il fastidio della lama bollente contro la propria pelle.
Aveva le nocche bianche da quanto stringeva i pugni, i muscoli contratti e sul volto una smorfia di dolore; era al limite della sopportazione, ma ormai sembrava che il demonio avesse finito.
Lo sentì ridere flebilmente, mentre il coltello affondava ora più in profondità, non più a continuare il disegno, ma nel fianco, appena sotto le costole.
Di nuovo avvertì quella sgradevole sensazione che lo aveva accompagnato per tutto il tempo di quell'operazione.
Il suo aguzzino rimase immobile con la lama dentro il suo corpo per alcuni istanti, che ad Hawthorne sembrarono ore, poi lo estrasse.
Sembrava soddisfatto del suo lavoro.
Dostoevsky si alzò, riponendo il coltello sporco di sangue, e passò due dita lungo la sua schiena nuda, lo sguardo fisso sull'ultima ferita inferta che sanguinava debolmente, e che aveva ormai macchiato le coperte prima immacolate.
Aveva un dito tra le labbra e continuava a morderne l'estremità quasi sanguinante.
 
-Ora che posso fidarmi della tua lealtà, potremo cominciare a lavorare insieme.
 
Dopo quelle parole lo sentì uscire, chiudendo la porta alle sue spalle.
Per quanto fosse distrutto trovò la forza di sorridere tra sé e sé. Quel dolore non era stato inutile, era solo una prova di Dio, per giudicare se fosse pronto per affrontare quel nuovo disegno e poter finalmente aiutare Margaret.

 


Il titolo disgraziatamente non ci azzezza assolutamente nulla con la storia, ma stavo scorrendo tra le varie canzoni sul computer quando mi imbatto in questa ed automaticamente penso a Fyodor, quindi diamo la colpa a lui :^^
Tanto amore per Vodkaboi anche se è uno psicopatico omicida :^^
Alla prossima 
( Angolo autore peggiore non poteva esistere, chiedo venia perché mi rendo conto che per queste cose non sono proprio portata.)  

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Capitolo 7
*** Born to die ***


Prompt: "Ogni volta che ti vedo, devo aggiungere una frase ai miei appunti sul suicidio"
Personaggi: Oda Sakunosuke / Dazai Osamu


 



 

Aveva le mani sporche di sangue, ma non lo trovava poi così sgradevole dopo averci fatto l'abitudine, e Dazai erano ormai anni che faceva quel lavoro.
Far parte della Port Mafia del resto era un lavoro vero e proprio, a tempo pieno, e più in alto eri meno tempo avevi per te stesso.
Era entrato in quell'organizzazione per trovare qualcosa che desse una scossa alla sua vita, qualcosa che fosse finalmente in grado di farlo sentire vivo; ma non era successo niente di tutto ciò.
Aveva attraversato mille rischi, sfiorando la morte chissà quante volte, vedendola riflessa negli occhi di tutte le persone che aveva torturato e ucciso, così tanti che ormai aveva perso il conto, ma nessuna di queste cose a quanto pare era quello che stava cercando e di cui aveva bisogno.
Si sentiva come se dentro di sé stesse morendo ogni giorno di più, come un fiore che se non viene bagnato comincia lentamente ad appassire e a perdere ogni petalo, fino a quando non rimane che lo stelo.
Più andava avanti in quello stato e più si trovava a non pensare ad altro che a nuovi modi per togliersi la vita. Forse era esattamente quello ciò di cui aveva bisogno, quello che davvero cercava per sentirsi vivo. Toccare la morte ed essere abbracciato da essa, mentre lei ti trascina giù, sempre più in basso negli inferi che sicuramente non potevano essere peggio di una vita trascorsa come la sua.
Una cosa però riusciva a rendere quell'esistenza degna di essere vissuta: Oda Sakunosuke.
Era uno dei membri della Mafia di grado inferiore, al quale spesso e volentieri venivano relegati i compiti che nessuno voleva portare a termine, i più insulsi, ma anche i più divertenti e affascinanti, almeno per Dazai.
Raramente parlava del suo lavoro, ma quando succedeva gli occhi del castano brillavano di una luce di ammirazione; erano cose dopotutto di cui lui non si era mai occupato.
Invece ad incuriosire Oda era un particolare atteggiamento di Dazai, una cosa che da poco dopo che si erano conosciuti aveva preso a fare ogni volta che si incontravano.
Arrivati al locale dove erano soliti vedersi dopo il lavoro, prima ancora di ordinare tirava fuori una piccola agenda dalla tasca della giacca, ci scarabocchiava sopra qualche kanji e poi la rimetteva via; faceva il tutto nel più totale silenzio.
Una sera Oda si fermò ad osservarlo mentre faceva quello che era ormai diventato una sorta di rito.
Come sempre Dazai mise subito via l'agenda, poi gli rivolse uno dei suoi migliori sorrisi innocenti.
Il più grande tentennò un secondo, guardandolo negli occhi, poi abbassò lo sguardo e fece la domanda che avrebbe voluto fare da tempo.
La risposta del giovane lo incuriosì ancora di più."Ogni volta che ti vedo, devo aggiungere una frase ai miei appunti sul suicidio"
"Cosa vuoi dire?"
"Ogni volta che passo del tempo con te... capisco di avere un'altra ragione per vivere. Quindi dopo devo scrivermi un'altra ragione per morire"
"...allora starò sempre insieme a te. Così non morirai mai"
Dazai a quella risposta detta con tanto candore fu costretto a voltare le spalle al ragazzo per non essere visto in faccia.
Oda non seppe dire se fosse perché lo aveva messo in imbarazzo, sta di fatto che fecero sempre finta che quella breve conversazione non fosse mai avvenuta, e Dazai continuò giorno dopo giorno a riempire le pagine della sua agenda con nuovi metodi per togliersi la vita.

 


 
 

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Capitolo 8
*** Every breaking wave ***


Prompt: "Unrequited love - 'Chiudi gli occhi e fingi che io sia lui.'"
Personaggi: Akutagawa Ryunosuke / Higuchi Ichiyou


 


 
Alla fine, volenti o nolenti, a stare a stretto contatto con una persona per tanto tempo la si impara a conoscere, si imparano a cogliere le mille sfaccettature della sua personalità, si inizia a capire quello che pensa da una sola occhiata; e Higuchi aveva imparato ormai da tempo che nel cuore di Akutagawa non c'era posto per lei, sapeva che non ci sarebbe mai stato posto per nessun altro ad eccezione di Dazai. 
"Dazai-San" 
Ricordava ancora il tono con cui lo aveva pronunciato la prima volta che li aveva visti insieme: rispettoso, ma allo stesso tempo distante, quasi distaccato.
Essere abbandonato a quel modo sicuramente non doveva essere stato facile, ma Akutagawa aveva continuato a lottare contro nemici sempre più forti e contro sé stesso, costringendosi a non mollare mai, ad andare sempre avanti e a spianarsi la strada per riuscire nel suo intento: sentirsi finalmente apprezzato da quell'uomo.
Per tutte queste cose non poteva non ammirarlo e vista la situazione aveva deciso, seppure a malincuore, di aiutarlo.
Ma come? 
Spese più di due giorni a pensare a una soluzione.
Il suo senpai di certo non si sarebbe mai fatto avanti con Dazai, ma se fosse stato quest'ultimo a fare la prima mossa?
Sarebbe stato l'ideale; di certo però non lo avrebbe fatto spontaneamente, e neppure senza niente in cambio. Magari avrebbe potuto pagarlo? Non gli sembrava però un tipo molto legato al denaro.
Tanto valeva vederlo di persona per cercare di convincerlo e trovare un accordo.
I due si incontrarono al centro commerciale, e alla fine raggiunsero davvero un accordo.
Lei avrebbe dovuto accettare un appuntamento con lui per una serata, e in cambio lui avrebbe proposto ad Akutagawa di uscire.
Che cosa poteva andare storto?
Tutto.
Tutto sarebbe potuto andare storto.
In primis che il proprio senpai rischiasse di svenire a quella proposta.
Se aveva certe reazioni mentre erano solo al telefono, di persona sarebbe sicuramente morto.
Possibile che Akutagawa non fosse mai uscito con qualcuno prima di allora?
In effetti era possibilissimo, anzi era più che scontato; ma magari con un po' di allenamento sarebbe riuscito a non collassare almeno per la prima ora.
Ovviamente lei si sarebbe offerta per fare una prova di uscita con lui e portarlo fuori, simulando un possibile appuntamento con Dazai.
Non voleva che il suo piano andasse in fumo, in nessun caso.
Akutagawa sarebbe uscito con Dazai e sarebbe stato felice e spensierato almeno per una serata, e anche se per Higuchi sarebbe voluto dire scordarselo per tutta la vita era un sacrificio che era disposta a fare, solo per vedere finalmente un sorriso su quel volto sempre impassibile.
Una sera dopo il lavoro la ragazza prese coraggio e gli afferrò la mano, trascinandolo fuori dall'edificio dove si trovavano.
-Senpai, ora chiuda gli occhi e finga che io sia lui.
Gli disse, rivolgendogli un sorriso pieno di speranze, in cui però Akutagawa poteva intravedere anche una certa malinconia.
Dopotutto non era solo lei ad avere imparato a conoscere la persona con cui lavorava.



 

Chiedo scusa se tardo a rispondere alle recensioni, ma sono super presa con la consegna delle tesi, i cosplay e tutti annessi e connessi, non vedo l' ora che questo periodo super stressante finisca per tornare a scrivere qualcosa di decente perhe per quanto mi impegni non riesco a tirare furi niente di decente , RIP 
Alla prossima :') 
 

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Capitolo 9
*** Castle of glass ***


Prompt: “Non voglio che tu continui a stare dietro a qualcuno con cui non hai un futuro”
Personaggi: Chuuya Nakahara / Akutagawa Ryunosuke 


 


 

Chuya non aveva mai usato un tono del genere con lui, anzi in realtà raramente si rivolgevano la parola, ma ormai aveva sopportato anche troppo.
Aveva fatto finta di non vedere come Dazai approfittasse di Akutagawa, della sua lealtà, del profondo rispetto che provava per lui, rispetto che sicuramente nascondeva anche altro, qualcosa di molto più profondo, travolgente e distruttivo.
Dazai era davvero una condanna per chiunque gli stesse intorno, che fossero alleati o nemici non faceva differenza.
Al dodicesimo piano dell'edificio lo aveva visto uscire dalla porta dell'infermeria e poi allontanarsi per il corridoio nella direzione opposta alla sua.
Sicuramente lo aveva visto, ma aveva fatto finta di niente ed aveva continuato per la propria strada, ignorandolo.
Chuya sapeva perché era stato lì.
Accelerò il passo e spalancò la porta con irruenza, facendola sbattere. Rimase fermo sulla soglia, sentendo la rabbia montare dentro di sé ad ogni secondo che passava.
La schiena pallida di Akutagawa era piena di lividi e tagli superficiali, così come le sue cosce; era legato con delle bende alla testata metallica del lettino.
Sentiva il suo respiro pesante, e un debole lamento lo riportò alla realtà.
Si avvicinò, e più la loro distanza diminuiva più Chuya coglieva nuove ferite che da lontano non era riuscito a vedere: le spalle e il collo disseminati di segni scuri e morsi profondi, il viso rosso e rigato da lacrime che inutilmente aveva cercato di trattenere; il seme di Dazai che gli era colato lungo le cosce, e il suo che gli macchiava il ventre.
Non poteva che provare pena per quel ragazzo, pena e frustrazione.
In silenzio gli slegò il polso, segnato da alcune abrasioni per quanto le bende erano state strette con forza; il braccio cadde a peso morto di fianco al volto del ragazzo. Le prime volte Akutagawa aveva cercato di nascondersi dallo sguardo di Chuya, coprendosi rozzamente con il lenzuolo, disgustato da sé stesso e da come era ridotto; ma ormai lo lasciava fare. Ormai si lasciava liberare, pulire e medicare senza dire una parola, limitandosi a fingere di non esistere.
Quella volta non fu diversa dalla precedente.
Quando Chuya ebbe finito si sedette di fianco a lui e sospirò nervoso, teso.
I loro sguardi non si incrociavano mai in quei momenti. Akutagawa cercava sempre di sfuggire il contatto, e Chuya dal canto suo voleva solo evitare di rendere la situazione più imbarazzante di quanto già non fosse.
Di solito restavano in silenzio fino a quando Akutagawa non se la sentiva di alzarsi, rivestirsi e andarsene. Nell'attesa, che spesso durava ore intere, Chuya apriva l'ampia finestra e iniziava a fumare, una, due, tre sigarette, l'unico modo che aveva per rilassare i nervi e non correre immediatamente a cambiare i connotati a Dazai.
Questa volta però qualcosa cambiò.
Il rosso era seduto al suo fianco, e lo guardava. I suoi occhi indugiavano sulla sagoma ora coperta dal lenzuolo, tutte le cicatrici di quel corpo ormai impresse nella mente.
Sapeva il motivo per cui Akutagawa continuava a finire in quelle condizioni.
Le punizioni di Dazai quando si sbagliava qualcosa erano terribili, ma quello che faceva a a quel ragazzo andava ben oltre. Aveva capito che quello che il giovane provava nei suoi confronti andava al di lá del rispetto, e ne stava approfittando; e ad Akutagawa andava bene, gli andava bene perché quello era l'unico modo, l'unica meschina maniera che aveva per avvicinarsi così tanto a Dazai, per toccarlo e potersi illudere di avere ottenuto quello che aveva sempre desiderato: di stare con lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


 

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Capitolo 10
*** Everything burns ***


Prompt: "Sono morto?”
"No ma ti augurerai presto di esserlo"

Personaggi: Francis Scott Key Fitzgerald / Nakajima Atsushi 


 

 

Alla fine si era lasciato catturare dalla Gilda. Non aveva avuto scelta, meglio così che rischiare di mettere in pericolo la vita dei suoi amici.
Anche se sapeva a cosa sarebbe andato incontro Atsushi non si tirò indietro, era pronto a tutto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per la città che amava tanto.
Un colpo alla nuca gli fece perdere i sensi e crollò a terra.

Per quanto tempo aveva dormito?
Dove si trovava ora? Dove lo avevano portato?
Era sempre a Yokohama?
La luce della stanza dove si trovava era accecante, e faceva dannatamente caldo. Le pareti che lo circondavano erano di un bianco candido e rendevano quel bagliore ancora più insopportabile, costringendolo a tenere gli occhi socchiusi per poter vedere qualcosa.
La porta di quella cella era completamente mimetizzata. Non sembrava esserci modo di poter evadere.
Chiuse gli occhi e andò con le spalle contro un angolo della cella, per poi lasciarsi cadere lungo la parete finché non fu seduto a terra, la testa china per evitare che quella luce gli desse ulteriore fastidio.
Il tempo passò.
Cinque minuti, dieci, quindici... ora al caldo torrido si era aggiunta un'umidità incredibile, e perfino respirare iniziava a rivelarsi difficile; la sensazione era la stessa che aveva provato da piccolo, all'orfanotrofio, quando lo costringevano con la testa in un catino pieno d'acqua per minuti interi prima di permettergli di respirare di nuovo.
Aveva la camicia madida di sudore. Non ce la faceva più.
Sembravano passate ore, e anche la sua lucidità cominciava a venir meno. Nonostante fosse appoggiato alla parete con la schiena aveva la sensazione di oscillare pericolosamente in avanti, di cadere.
Non poteva però lasciarsi andare: sapeva che il capo della Gilda aveva bisogno di lui e quindi di certo non lo avrebbe lasciato morire in quel modo, non prima di essere stato aiutato almeno. Ma, nonostante lui cercasse di non crollare, nella sua testa la voce del direttore dell'orfanotrofio continuava a ripetergli di cedere, "sei un inutile fallito", "chi hai intenzione di salvare se non riesci a salvare neanche te stesso".
Atsushi strinse i pugni, cercò di resistere; doveva dimostrare che non era più un debole e che ora poteva anche essere di aiuto a chi era in difficoltà.
Dopo una strenua lotta però finí per perdere di nuovo coscienza, lasciandosi cadere su un fianco, sfinito da quella temperatura insopportabile e dall'umidità.

Sentì mani robuste afferrarlo per le braccia e trascinarlo fuori, ma non capì di chi si trattasse; non aveva neppure la forza di aprire gli occhi, figurarsi se sarebbe potuto riuscire a scappare in qualche modo.
Si lasciò trascinare per qualche minuto. Chissà dove lo avrebbero portato adesso; magari in una cella frigorifera per congelarlo.
Una seconda persona lo sollevò per i piedi e Atsushi si trovo disteso.
Era su un letto?
Sentiva voci in lontananza, ma gli sembravano distanti anni luce da lui.
Magari era solo un sogno.
Fitzgerald gli si avvicinò, chinandosi sul divano su cui lo avevano fatto distendere.
Si passava una mano tra i capelli con espressione teatralmente sconsolata.

-Che brutta cera, ragazzo...

Lo sentì mormorare, mentre scuoteva la testa prima di risollevarsi, camminando verso l'ampia vetrata alla quale aveva dato le spalle fino a poco prima.

-...Sono morto?

Chiese Atsushi con voce flebile.
Non udiva alcun rumore, i passi dell'uomo sembravano vellutati, come se non producessero alcun suono.
Quel silenzio fu interrotto da una risata che non presagiva niente di buono. Atsushi si alzò, barcollante, sentendosi instabile.

-No...

Seguì una breve pausa.
Il capo della Gilda ora gli dava le spalle, sarebbe stato facile attaccarlo di sorpresa, se solo non si fosse trovato in quelle condizioni in cui anche solo tentare di camminare era un azzardo.
Il ragazzo gli si avvicinò. Il sole del tramonto inondava la stanza di calde sfumature gialle e arancioni.
Erano colori davvero piacevoli alla vista, sopratutto dopo aver dovuto sopportare per tanto tempo quella luce bianca e abbagliante.

-...ma presto desidererai esserlo.

Fitzgerald concluse la frase solo quando ebbe la certezza che la tigre mannara potesse vedere il fantastico panorama sotto di loro.
Yokohama stava bruciando sotto i suoi occhi, e lui stava assistendo a quello spettacolo spaventoso e macabro senza muovere un dito.
Quelle luci e quei colori caldi  che per un istante lo avevano rassicurato e fatto sentire bene non erano altro che il riflesso delle fiamme che devastavano la città tanto amata.

-Non sei contento? Quando tutto questo sarà finito potrai rivedere di nuovo i tuoi amici nell'aldilà.










 



Chiedo scusa a tutti coloro che hanno seguito questa raccolta, ma purtroppo la "Yokohama" si concluderá con questo capitolo, poichè a causa del pariodo non particlarmente felice faccio davvero fatica a stare dietro alla scrittura, mi manca il tempo materiale, ma sopratutto la testa, per revisionare, correggere e copiare  a computer le storie rimanenti.
Spero che quello che ho postato fino ad adesso non vi abbia deluso troppo, alla prossima <3 



 
 

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