The Final Problem

di DezoPenguin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


NDT: questa è una traduzione. Potete leggere l'originale qui. 

NDA – bene, eccoci qua, per un altro capitolo della serie ‘Elementare, mia cara Natsuki’.

“Aspetta un attimo!” direte voi, come Shizuru, notando che secondo le note alla fine di ‘Acque profonde, Natsuki’ e secondo la lista sul mio profilo il quarto capitolo dovrebbe intitolarsi ‘Conosci i miei metodi, Natsuki’, e che ‘Il problema finale’ dovrebbe essere la quinta parte.

Uhm...

Bene, alcuni di voi sapranno (specialmente se se avete letto il racconto autoconclusivo ‘Blocco dello Scrittore’) che mi sono trovato contro un muro mentre cercavo di scrivere ‘Conosci i miei metodi, Natsuki’. Avevo i personaggi e la trama completa, quello che non avevo erano i dettagli tecnici del mistero: tutto il “Shizuru nota l’indizio X che conduce alla deduzione Y”. Avevo il chi, il cosa, il quando, il dove e il perché… ma non il come. Avevo l’intenzione di postare ‘Conosci i miei metodi, Natsuki’ nel settembre del 2010. Avrete notato che non è più settembre. Non è nemmeno ottobre.

E per rendere le cose più difficili, non sembravo avere alcun problema a scrivere ‘Il problema finale’. Lo avevo iniziato perché ero dell’umore di scrivere per Shizlock e Watsuki (grazie ad OscarLady di shoujoai-punto-com per questi soprannomi e a deathcurse perché si è assicurato che non mi uscissero più dalla testa!) e perchè avevo bisogno di buttare giù qualcosa altrimenti sarei impazzito. Così ho scritto. E scritto. E scritto. In altre parole, avevo postato i capitoli di ‘Acque profonde, Natsuki’ a due settimane di distanza l’uno dall’altro, per essere assolutamente sicuro di avere abbastanza tempo per sistemare le parti difficili nel caso si fosse reso necessario. Questa storia, invece, verrà aggiornata settimanalmente. Mentre sto scrivendo questa introduzione, ho i primi dodici capitoli già pronti, per quanto non ancora corretti.

Quindi, se davvero avevo scritto già così tanto, perché non ho pubblicato prima? Beh, avevo molto su cui riflettere. Questo è un romanzo in cui si sviluppano lentamente e con costanza queste due trame: le indagini di Natsuki in cerca di vendetta sugli assassini di sua madre ed il fatto che Natsuki e Shizuru diventino sempre più vicine, cercando di rompere la riservatezza di cui si circondano. Quelli di voi che conoscono i racconti di Sherlock Holmes sapranno che in una storia intitolata ‘Il problema finale’ ci saranno diverse sottotrame che raggiungeranno il loro apice. Pubblicare questa storia senza ‘Conosci i miei metodi, Natsuki’ ad occupare il proprio spazio all’interno dell’intreccio, avrebbe fatto sembrare ‘Il problema finale’ incompleto per quanto riguardava lo sviluppo della trama.

Inoltre dovete sapere che ‘Conosci i miei metodi, Natsuki’ conteneva la comparsata di Nao all’interno della serie, ed avevo paura che saltandolo mi sarei svegliato legato in vicolo buio o roba del genere.

Comunque, seriamente, mi ci sono volute molte riflessioni per giungere a questa decisione. A tutte le persone con cui ho condiviso i miei sentimenti e a cui ho chiesto consigli: grazie per avermi ascoltato blaterare (compatite la mia povera moglie Tarma, che è stata costretta ad ascoltare i miei vaneggiamenti nella vita reale!) e grazie per aver offerto la vostra opinione. Non avrei mai preso una decisione senza tutto il vostro sostegno!

Quindi ho deciso che, invece di lasciare in sospeso voi lettori per sempre in attesa di ‘Elementare mia cara Natsuki 4’… lo salterò e andrò avanti. Siete stati fantastici e avete sostenuto con entusiasmo questa serie e credo meritiate di vederne la fine. Se mai riuscirò a risolvere i miei problemi con ‘Conosci i miei metodi, Natsuki’ potrei ritornare indietro e provarci di nuovo (posso già sentire deathcurse e Dracis Tran che mi suggeriscono di farlo per il NaNoWriMo del prossimo anno!), ma, per il momento, andiamo avanti...

… Bè, però prima ho scritto un breve riassunto della trama, così almeno saprete quello che vi siete persi!

 

~X X X~

 

Riassunto di “Conosci i miei metodi, Natsuki”.

Seguendo le scoperte fatte in ‘Acque profonde, Natsuki’, Natsuki Kuga era venuta a sapere che gli uomini che avevano ucciso sua madre erano membri di una società segreta, l’Illuminato Ordine della Corte d’Ossidiana. Quattordici anni dopo quel crimine, la Corte d’Ossidiana esisteva ancora, ed era ancora attiva. Natsuki all’inizio aveva pensato che dietro l’omicidio ci fossero dei delinquenti nel senso più semplice del termine, quelle che spesso venivano definite ‘classi criminali’, ma era chiaro che stava avendo a che fare con persone completamente diverse – coloro che si muovevano nei circoli del potere politico e finanziario.

‘Cautela’ era diventata la parola d’ordine di Natsuki.

 Temendo di fare una mossa sbagliata che avrebbe rovinato tutte le sue possibilità, Natsuki cominciò a raccogliere informazioni sulle sei persone i cui nomi aveva trovato nell’agenda di John Smith. Fu un lavoro lento e prudente ed i mesi passarono – trascorse abbastanza tempo perché Natsuki potesse accompagnare Shizuru Viola in alcuni dei suoi casi (incluso quello raccontato in ‘Blocco dello Scrittore’) e per venire a sapere che Nagi Dai Artai era stato giudicato complice dell’assassinio di John Smith e condannato a sette anni di lavori forzati.

Gennaio diventò febbraio e febbraio diventò marzo e alla fine del mese un certo Nathaniel Crosby contattò Shizuru, in cerca di aiuto per liberarsi di un ricattatore. Lui le mostrò delle lettere anonime che alludevano a certe indiscrezioni da lui commesse ad un certo indirizzo nel quartiere di Soho. Crosby confessò, contrito, che a quell’indirizzo c’era un bordello. Anche se Crosby non era sposato, era un banchiere e ricopriva una posizione di responsabilità in una professione estremamente rispettabile (se non addirittura bigotta). La vergogna pubblica lo avrebbe rovinato. I pagamenti venivano fatti lasciando il denaro in un certo posto, quindi il ricattatore poteva essere uomo o donna, ma le lettere rivelavano che colui che le aveva scritte era una persona istruita..

Investigando sul crimine, Shizuru e Natsuki incontrarono l’elegante Madame Julia, proprietaria del bordello, ed una ragazza chiamata Nao, che faceva parte (nel senso più letterale del termine, senza doppi sensi) del personale di servizio del locale. Quando fu interrogata su quello che poteva aver visto, Nao ebbe uno scambio di battute con Shizuru ed irritò Natsuki. Le nostre eroine non riuscirono ad ottenere alcuna informazione utile e nessun componente del personale e nessuna delle ‘signorine’ che lì esercitavano sembravano ricordare che qualche persona sospetta avesse sorvegliato o fatto domande su Crosby.

Ulteriori indagini vennero interrotte quando Nathaniel Crosby fu trovato brutalmente assassinato. Naturalmente Shizuru ne rimase turbata e cercò di scoprire chi avesse ucciso il suo cliente. Il Capo Ispettore Reito Kanzaki fu d’accordo che lei lavorasse al caso, ma il fratello del defunto no. Il suddetto fratello era nientemeno che Duncan Crosby, uno dei sei membri della Corte d’Ossidiana di cui Natsuki era venuta a sapere ed immediatamente la ragazza si chiese se la società segreta fosse in qualche modo coinvolta nel delitto.

Comunque, Shizuru continuò le proprie ricerche, investigando in profondità sia il caso del ricatto sia altri aspetti della vita di Crosby. Nel corso delle indagini venne a sapere di certe irregolarità finanziarie alla banca, ma un avvenimento ancor più scioccante contribuì a distrarla: altri due uomini, clienti regolari del bordello, erano morti (apparentemente di morte naturale) nell’ultimo mese. Nuove ricerche rivelarono che i due erano stati vittime dello stesso ricattatore.

Reito fu d’accordo con Shizuru che c’era il forte sospetto che quelle morti fossero nient’altro che omicidi, sospetto basato su un dettaglio che era stato ignorato dai medici e/o dalla famiglia dei defunti, ma non da Shizuru. Crosby, a quanto pareva, era un uomo troppo prudente per cadere in trappole così sottili e quindi era stato eliminato in modo più violento e plateale.

Quindi Shizuru si ritrovò con una situazione che era il contrario delle solite: invece del ricattato che uccide il ricattatore per porre fine alle sue angherie, erano le vittime di un ricattatore che finivano uccise.

Con tre esempi di ricatto da valutare invece di uno, Shizuru presto scoprì che Crosby non stava venendo ricattato per le sue abitudini sessuali, ma per i suoi reati finanziari, che aveva commesso su ordine del fratello. Natsuki sospettò immediatamente che la Corte d’Ossidiana avesse le mani in pasta in quell’affare; mentre Duncan Crosby avvertiva Shizuru di tenersi alla larga da faccende che non la riguardavano. Comunque Shizuru scoprì che nelle lettere di ricatto i riferimenti alle indiscrezioni di Crosby erano dovuti al fatto che l’uomo aveva l’abitudine di lasciarsi andare confidenze dopo il sesso. Shizuru continuò con le indagini e scoprì che il ricattatore era Nao. Comunque la ragazza era già fuggita dal bordello, visto che si era resa conto di essere sospettata.

Natsuki si mise immediatamente sulle tracce di Nao, sapendo che la ragazza poteva avere informazioni sulla Corte d’Ossidiana. Usando un indizio che aveva tenuto nascosto a Shizuru, trovò Nao e l’accusò di ricatto ed omicidio. Lottarono e Natsuki ebbe la meglio, ma furono interrotte da Duncan Crosby. Lui aveva le stesse intenzioni di Natsuki, ma voleva uccidere Nao, per impedire che informazioni sulla Corte d’Ossidiana e sulle sue malefatte potessero arrivare alle autorità (dopottutto Nao poteva offrire tali informazioni alla polizia per chiedere clemenza in caso fosse stata arrestata.)

Natsuki e Nao furono salvate dall’arrivo di Madame Julia, che uccise Crosby. Sfortunatamente per Natsuki, la donna voleva uccidere anche lei! Infatti era Julia il killer, non Nao, visto che Julia era sua madre. Da giovane prostituta aveva affidato sua figlia ad un orfanotrofio nella speranza che la piccola vivesse una vita migliore, ma Nao non fu adottata e fuggì dall’istituto. Julia aveva quindi accolto la ragazza presso di se’ per tenerla al sicuro, anche se non le aveva mai rivelato la propria identità per paura che Nao la odiasse. Accortasi dei ricatti della ragazza, era stata lei ad uccidere tutte le vittime, terrorizzata dal fatto che quegli uomini ricchi e potenti tentassero di risalire al ricattatore per toglierlo di mezzo.

Ma arrivò Shizuru e salvò Natsuki – mentre quest’ultima aveva dato la caccia a Nao, Shizuru invece aveva inseguito Julia, avendo correttamente dedotto la vera identità dell’assassino (e avendo scoperto che Julia era la madre di Nao da tutta una varietà di piccoli indizi). Julia implorò perché Nao fosse lasciata libera: visto che sarebbe stata impiccata per omicidio, era disposta a confessare come propri anche i reati commessi da Nao. Natsuki, simpatizzando con la storia di Nao a causa del proprio passato, aggiunse la propria voce alle suppliche di Julia e riuscì a convincere Shizuru. La morte di Duncan Crosby sarebbe finita anch’essa nell’elenco di omicidi legati a quel caso. Più tardi, Nao raccontò a Natsuki quel poco che sapeva della Corte d’Ossidiana, e di come Duncan Crosby avesse fatto parte del circolo più interno, il cosiddetto ‘Primo Distretto’, che era a conoscenza delle mire della società. Nao disse a Natsuki che aveva intenzione di lasciare l’Inghilterra, visto che il braccio della Corte d’Ossidiana era molto lungo e chi poteva sapere cos’avesse rivelato Crosby ai suoi compagni?

Sfortunatamente la profezia di Nao si rivelò esatta, perché il coinvolgimento di Natsuki nell’affare aveva portato il suo nome all’attenzione del Primo Distretto, permettendo loro di collegarlo con la loro conoscenza del suo passato e al fatto che qualcuno, in tempi recenti, aveva fatto domande sui membri della Corte. Così decisero che Natsuki Kuga era un problema troppo grosso per essere lasciata a piede libero…

 

 

Il problema finale – capitolo 1

Erano in due, furfanti da strada con abiti lisi e cappelli sudici. Mi ero aspettata qualcosa del genere, ma anche così era stato comunque spiacevole vedere le mie speranze infrangersi e le mie paure avverarsi in un incontro improvviso.

"Allora è così che sarà," mormorai. All'improvviso, una risata sembrò sgorgare dalle profondità della mia gola, e le mie labbra si curvarono in un sogghigno feroce.

"Bene. Ad ogni modo mi stavo annoiando ad aspettare."

Dopotutto avevo atteso per un bel po'. Per tutto il tempo che avevo passato qui nei miei diciannove anni, l'East End non era mai stato uno dei miei posti preferiti, in particolare le aree di Whitechapel e Spitalfields, strozzate com'erano da povertà disperata, dove le scintille dello spirito umano erano troppo spesso spente dalla brutalità della vita reale. Una decina d'anni prima Jack lo Squartatore aveva scioccato Londra con la paura, ma lui era stato solo il mostro più visibile.

Ma nelle ombre della paura e della violenza, la criminalità prosperava, e avevo contatti, connessioni che mi davano informazioni, a volte per denaro, a volte in cambio di qualcos'altro. Questo era il mondo in cui mi ero immersa, sviluppando la mia abilità di combattere, di maneggiare le armi da fuoco, di scassinare serrature e cercare informazioni, gli strumenti che, pensavo, mi sarebbero stati necessari per la mia vendetta.

Fred Porlock era probabilmente il più affidabile di quei contatti. Non solo perché mi aveva dato l'informazione decisiva, quella che finalmente mi aveva messo sulla pista dopo così tanti anni. Era un professionista a trovare informazioni e a procurare oggetti particolari, a volte sul mercato nero, a volte agiva semplicemente per conto di clienti e venditori onesti che volevano transazioni condotte con discrezione. Il suo messaggio era stato sintetico, aveva chiesto di incontrarmi perché aveva in mano qualcosa che mi avrebbe interessato, e visto che si trattava di Porlock, avevo deciso di rispondere.

Lo trovai seduto al suo solito posto in un locale chiamato The Drake, dove operai e sfaccendati vociavano chiedendo da bere, e prostitute spendevano i loro guadagni in gin, sperando che desse loro il coraggio di uscire di nuovo e guadagnare ancora. Porlock era stempiato e aveva un naso prominente, e aveva le maniche della camicia rimboccate, lasciando esposti muscolosi avambracci in grado di assestare un buon colpo.

"Kuga! Che sorpresa inaspettata."

Inarcai un sopracciglio.

"Sorpresa? Sei stato tu a chiedere questo incontro. Almeno questa volta non hai scelto il Ten Bells. Okay, sono in anticipo di un quarto d'ora, ma non è realmente una sorpresa."

L'uomo mi guardò, gli occhi decisi e il sorriso che gli svaniva dalle labbra.

"Ma non ho chiesto nessun incontro."

"Ho ricevuto il tuo telegramma, Porlock," sbattei il pezzo di carta sul tavolo. "Non fare giochetti."

"Non ne ho l'intenzione. Sul serio, Kuga, da quando spedisco telegrammi?"

Battei le palpebre.

Poi imprecai.

La risposta alla domanda era "mai". Porlock comunicava con me usando sempre un ragazzino come messaggero, o, molto raramente, tramite delle lettere. La spesa di un telegramma non era affatto il suo stile.

Non si occupava di nulla che fosse tanto urgente da giustificare un telegramma. Però era probabilmente giustificato per chi l'aveva effettivamente spedito. Dopotutto mandare un telegramma gli aveva permesso di evitare di pagare un falsario che imitasse la calligrafia di Porlock—sempre che ne avessero un esemplare. Un telegramma nascondeva la calligrafia di chi lo spediva, e il suo stile necessariamente sintetico significava evitare una scelta di parole sbagliata che avrebbe fatto scoprire il trucco.

E io avevo abboccato.

No, un attimo, pensai. Se questa è una trappola, perchè Porlock è qui? Ma conoscevo anche questa risposta: la persona che aveva mandato il telegramma aveva scelto uno dei locali abitualmente frequentati da Porlock perché il luogo dell'incontro avrebbe dovuto essere credibile. Incidentalmente si era trovato lì, ma lo sapevo solo perché ero in anticipo di un quarto d'ora—probabilmente non avrei dovuto nemmeno arrivarci, al Drake.

"Dannazione!" imprecai. "Questo posto ha una porta di servizio?"

"Dietro il bar, apri la porta e troverai in un corridoio di circa cinque piedi. La porta sulla sinistra è un magazzino, quella sulla destra porta al vicolo sul retro."

Annuii.

"Grazie."

"Kuga, abbi cura di te," aggiunse in tono serio. "Hai bisogno di qualcuno che ti guardi le spalle?"

Scossi la testa, anche se la sua offerta mi aveva commosso.

"Sono abituata ad arrangiarmi, e non sono arrivata impreparata." Aprii la giacca per mostrargli i revolver nelle loro fondine. "Ma ti ringrazio di nuovo."

L'oste mi si parò davanti mentre aggiravo il bancone del bar.

"E tu dove pensi di andare?" abbaiò.

"Esco dal retro. Qualche problema?"

Fissai l'uomo dai capelli rossi con quello che i miei conoscenti definivano "L'Occhiata Mortale di Kuga". Come molte delle persone che l'avevano subita, lui s'accartocciò subito.

"N-no, vai pure," balbettò, quasi inciampando nei propri piedi per la fretta di levarsi di torno.

Peccato che con questi due non funzioni, pensai mentre affrontavo i miei due assalitori. Li avevo incontrati arrivando dalla direzione contraria a quella che loro si aspettavano, ma avevano superato con facilità lo stupore, e un'occhiataccia non sarebbe stata sufficiente a farli sparire. Avrei dovuto usare una forma di persuasione un po' più attiva.

Quello più vicino, un tipo grosso e dal volto congestionato, si slanciò fuori dalle ombre del caseggiato. Sollevò la mano destra, che stringeva il manico di un pesante randello. Feci rapidamente un passo avanti; vista la mia statura e il mio peso, arrivare ai ferri corti con avversario non era mai una buona idea, ma la sua arma gli dava un raggio che lo metteva significativamente in vantaggio. Il suo fianco era esposto perché aveva sollevato la mazza, così lo colpii due volte, sotto le costole. Lui grugnì, e io cercai di eseguire una presa sul suo braccio destro, usando il suo momento di dolore a mio vantaggio per afferrargli l'arto e torcerlo. Usando il suo braccio come un perno, feci leva per girarlo e sbatterlo contro il muro di mattoni. Lui barcollò, ma sollevò il braccio sinistro in tempo per assorbire l'impatto con l'avambraccio invece che con la faccia. Maledizione!

Avrei continuato ad attaccarlo mentre era ancora sbilanciato, ma il suo compare, un uomo alto, dinoccolato, con una faccia da topo, stava già arrivando per prendermi alle spalle. Tirai un calcio all'indietro, più per istinto che per strategia, e sentii il mio stivale colpire qualcosa di morbido, e sentii un urlo di dolore. Mi voltai di scatto per affrontarlo, mentre il mio piede destro si alzava in un arco brutale e fui di nuovo fortunata perchè lo colpii al gomito e lo sentii spezzarsi. Però aveva ancora il coltello nell'altra mano, una lama lunga venti centimetri che sembrava fatta per sventrare il pesce—ma era adatta anche a sventrare una donna.

Il primo aggressore si allontanò dal muro e si voltò per combattere, scuotendo la testa per schiarirsela. Anche se Faccia di Topo era ferito seriamente, il tipo grosso era solo rimasto disorientato per un attimo, ed ero certa che fosse più offeso che dolorante. E, naturalmente, avevano ancora le loro armi.

Però avevo guadagnato un paio di secondi, e li usai. Mentre la mia taglia mi metteva in svantaggio nel corpo a corpo, a una pistola non importava se pesavo cento chili o solo dieci. Con una manovra esperta, estrassi le mie Smith & Wesson Safety Hammerless .32 da sotto il mio cappotto, puntandone una su ciascun aggressore. Naturalmente, sparare con precisione a due bersagli contemporaneamente era quasi impossibile, ma erano tanto vicini che probabilmente sarei riuscita a ferirne almeno uno, se non entrambi.

E comunque, loro non sapevano quanto potessi essere precisa. I malfattori inglesi tendono a non portare armi da fuoco, e le abilità di un pistolero sono roba da romanzi, non per la realtà.

"Che ne dite se smettiamo, ragazzi, prima che qualcuno rimanga ucciso?"

Mi fissarono, riflettendo sulle loro opzioni. Lo sguardo di quello grosso era duro e spietato, mentre gli occhi di Faccia di Topo splendevano di odio e dolore. Quegli uomini avevano già ucciso prima, ne ero certa, sapevano cos'era la morte, e sapevano che le battaglie avevano conseguenze permanenti e fatali. L'unica questione era se davvero pensavano che la loro posizione valesse questo rischio. Aspettammo in quell'attimo immobile, pronti a fare una mossa che avrebbe deciso coem sarebbero andate le cose.

Fu lo stato disgustoso delle strade dell'East End a salvarmi. Sentii un lieve sciacquio alle mie spalle, uno stivale che calpestava qualcosa di umido, e reagii subito, lanciandomi in avanti. Quasi non ce la feci; sentii una scia di fuoco gelido attraversarmi la schiena e mi accorsi che ero stata ferita da un coltello. Il mio movimento non era stato controllato, e caddi su un ginocchio, e mentre i primi due assalitori mi saltavano addosso sfruttai la mia stessa spinta e rotolai in avanti, mi voltai di scatto e tirai un calcio sul ginocchio a Faccia di Topo, la sua gamba cedette e lui cadde, aprendomi una linea di tiro. Colsi l'occasione, e sparai con la mia pistola destra. La mira non era accurata, visto che ero prona e in movimento, senza avere la possibilità di mirare con calma, ma colpì l'uomo che mi aveva accoltellata nel lato sinistro del petto, e fermò il suo slancio mentre si stringeva la ferita.

Non persi tempo a sparare ancora perché avevo altri problemi. Rotolai in un salto mortale inverso, sussultando quando i muscoli della mia schiena ferita si tesero e balzai in piedi non appena i miei stivali atterrarono sul selciato. Il tipo grosso aveva calato il suo randello nel punto in ucui si era trovata la mia testa e invece colpì la mia coscia, con violenza. Sussultai, ma visto che il suo braccio si abbassato, io lo attaccai con un movimento verso l'alto, piantandogli in faccia il calcio della mia pistola. Il suo naso si appiattì con uno scricchiolio soddisfacente e gli strisciai la canna sul viso, tagliandogli la guancia. Era un duro, però, così lanciò un grido strozzato e mi attaccò di nuovo con il randello. Mi abbassai evitando il colpo e lo feci inciampare mentre passavo il suo braccio sopra la mia spalla, sbattendolo per terra accanto ai suoi compagni. Faccia di Topo squittì quando l'uomo gli cadde addosso, probabilmente sopra il braccio rotto.

Fuggii.

Sì, forse non era stato molto eroico da parte mia, ma comunque non aveva nulla da guadagnare, rimanendo. Erano loro che stavano tentando di uccidermi, non il contrario. Il suono del fischietto di un agente (un colpo di pistola attira l'attenzione perfino nell'East End) mi fece sapere che avevo fatto la cosa giusta. Non avevo alcun desiderio di dare spiegazioni alla legge, non quando un gruppo di uomini pericolosi mi stava alle costole.

La Corte d'Ossidiana.

Da quanto ne sapevo erano una società segreta, una delle dozzine che infestavano la nostra cultura. Alcune non erano altro che club per l'elite della nazione, come la massoneria; altre erano dedicate allo studio di spazzatura mistica come l'Ordine Ermetico o l'Alba Dorata; altre ancora davano la possibilità ai loro discepoli di avvoltolarsi nel vizio—non c'era niente di meglio di travestire le orge da 'sacri riti' per renderle più accettabili. La Corte d'Ossidiana non era niente del genere. Si dedicava all'accrescimento della ricchezza e del potere dei suoi accoliti, e l'estorsione, il furto, lo spionaggio e l'omicidio erano solo alcune delle sue tattiche. Essenzialmente, era una banda di malfattori in cui si trovavano finanzieri e professionisti, invece delle cosiddette 'classi criminali'.

Mia madre era stata una delle loro vittime.

Attraversai di corsa una laterale, che era quasi un vicolo, e uscii dall'altra parte rallentando fino a mantenere un passo sostenuto, l'andatura di qualcuno che ha posti dove andate e nessun desiderio di attardarsi per le strade di Whitechapel. Una prostituta in male arnese mi fermò e mi fece una proposta sorprendentemente creativa, anche se era talmente ubriaca di gin da non riusciva a capire che una persona che indossa i pantaloni non è necessariamente un uomo (o forse non le importava, gli affari sono affari, ma l'argomento della proposta mi informò che pensava che io possedessi un'attrezzatura di cui non ero equipaggiata). La scansai con un grugnito e continuai. Vidi una carrozza più avanti, ma la ignorai e presi un'altra laterale; non c'era alcun motivo per cui un vetturino dovesse aspettare in quel quartiere malfamato, quindi o era stato pagato da qualcun altro e lo stava aspettando, o aveva un altro motivo. Come ad esempio trovare una donna che fuggiva da tre aggressori.

Un pensiero terrorizzato e paranoico? Forse. Ma ero stata presa in trappola da qualcuno che conosceva i miei contatti e le mie abitudini, e questo significava che era capaci di pianificare con accuratezza, di preparare un'altra trappola nel caso fossi sfuggita alla prima.

Mi allontanai di diversi isolati prima di cominciare a cercare una carrozza, e riuscii a fermarne una alcuni minuti più tardi.

Stavo provando un misto di compiacimento e irritazione mentre salivo le scale delle mie stanze al 221B di Baker Street. Mi sentivo bene perché ero sfuggita alla trappola che mi era stata tesa, ed ero scocciata perché ci ero cascata. Inoltre ero preoccupata. Fino a quel momento i tentativi che avevano fatto per uccidermi erano stati studiati in modo da apparire accidentali—una carrozza che mi era venuta addosso, un mattone caduto da un edificio, uno sfortunato esempio di crimine da strada nel quartiere peggiore della città. Cose che potevano essere dovute al caso e non considerate un deliberato tentativo di omicidio. Ma quando sarebbe durata? Si erano già spinti troppo in là (Porlock, ad esempio, era venuto a sapere che ero stata attirata con l'inganno). Quanto tempo sarebbe passato prima che assumessero un cecchino per uccidermi da cento metri di distanza, e al diavolo la discrezione?

Mi faceva male dappertutto mentre aprivo la porta ed entravo. Il taglio che avevo sulla schiena bruciava, la mia coscia sinistra pulsava nel punto in cui la mazza l'aveva colpita, facendomi sapere che mi sarebbe venuto un brutto livido. Il resto del mio corpo era dolorante, la scarica di adrenalina del combattimento e l'eccitazione che ne era seguita si erano dissipate durante il viaggio in carrozza e ora potevo sentire tutto. Quindi non fui sorpresa quando la donna vestita in kimono distesa sul sofà si alzò di scatto quando mi vide, gridando, "Natsuki, cos’è successo?" con gli occhi scarlatti pieni di preoccupazione.

Era davvero strano; il rosso avrebbe dovuto essere un colore minaccioso e spaventoso, e gli occhi rossi erano comuni nei vampiri e nei mostri dei romanzi gotici, ma gli occhi di Shizuru Viola erano fra i più gentili che avessi mai visto. Mi dispiacque essere la causa della sua espressione preoccupata.

"Un paio di amici hanno deciso di giocare pesante."

Sfilai il cappotto e mi voltai per appenderlo, e fu un errore.

"Natsuki, state sanguinando!"

Avrei dovuto usare un panciotto. Lo strato extra di tessuto imbottito avrebbe impedito all'assassino di ferirmi, e anche se ci fosse riuscito, la macchia di sangue non sarebbe stata evidente come lo era sulla mia camicia bianca.

"È solo un graffio."

"Non lo sapete, non riuscite nemmeno a vederlo. E i vostri abiti sono di nuovo sporchi; chissà cosa può essere entrato nella ferita? Permettetemi di vedere."

"Shizuru, non è necessario che voi—"

"Natsuki."

Non c’era modo di discutere quando usava quel tono. Mentre lei si alzava e prendeva il bacile ed un panno, per poi raggiungere l’armadio in cui teneva la cassetta del pronto soccorso, io mi tolsi il colletto e sbottonai la camicia, lasciandola cadere a terra.

"Ara, oggi Natsuki sta indossando un corpetto molto carino," mi prese in giro Shizuru. Arrossii; l'indumento di pizzo e satin non era esattamente quello che un conoscente casuale si sarebbe aspettato che indossassi, ma…dannazione, mi piaceva portare dei abiti eleganti e femminili. È solo che non erano pratici per le cose che mi tenevano occupata per la maggior parte del tempo. Inoltre, c'era il fatto che avevo saltato parecchi anni di etichetta e portamento, qiundi i vestiti che sognavo di indossare mi sarebbero stati bene tanto quanto a un maiale. La biancheria elegante, invece, potevo godermela sia sotto un abito da ballo che sotto un paio di blue-jeans da cow-boy.

Mi sfilai il corpetto e lo gettai da parte. Tra il taglio fatto dal coltello e la stoffa che non avrebbe sopportato il lavaggio necessario a ripulirla dal sangue, ormai era rovinato comunque.

"Sdraiatevi sul divano, per favore," disse Shizuru, e così feci, dopo essermi tolta gli stivali.

"Va bene, potete procedere," brontolai, ancora un po’ a disagio. Shizuru appoggiò tutto sul tavolino da caffè e si inginocchiò accanto al divano. Sfiorò con le dita la mia schiena nuda, senza toccare il taglio ma seguendone il profilo. Tremai a quel contatto, che alla mia pelle sembrava dolce come la seta della biancheria che avevo appena tolto.

"È stata causata da un coltello," disse teneramente Shizuru, anche se la sua voce aveva un sottofondo strano, come se fosse offesa dal fatto che qualcuno mi avesse ferita, o forse dal fatto che io l’avessi permesso. Non ero sicura di quale delle due si trattasse, e Shizuru parlava delle proprie emozioni tanto spesso quanto io parlavo del mio passato, vale a dire mai.

"Ho detto che hanno giocato pesante," risposi, sulla difensiva.

"Se Natsuki fosse un gatto, direi che ha appena usato una delle sue nove vite."

"Non è così grave," protestai. "Se fosse stata più seria di un semplice graffio me ne sarei accorta."

"Comunque, Natsuki probabilmente collezionerà un’altra cicatrice interessante. Sembra che non abbiate avuto molta cura di voi stessa in passato,” mi rimproverò Shizuru. Toccò con cautela una cicatrice sulla mia scapola destra, da una ferita mi ero procurata durante un combattimento tre anni prima, poi ne accarezzò un’altra, più lunga, fatta cadendo da un edificio. Cominciava sul mio fianco destro per poi scendere, e la punta dell’indice di Shizuru la seguì finché non sparì sotto la vita dei miei jeans.

"Queste sono vecchie," disse, ancora con quel tono di disapprovazione, "quindi speravo che Natsuki stesse imparando a badare a se’ stessa ma ora ho i miei dubbi."

"Siete di umore strano oggi, Shizuru."

"Ara, è così?"

Udii uno sciacquio sommeso mentre bagnava il panno nel bacile, poi cominciò a pulire la ferita. Fui costretta ad ammettere che stava facendo un lavoro migliore di quanto io potessi mai fare, visto che non doveva mettersi davanti a uno specchio e piegare il collo sulla propria spalla per vedere quello che stava facendo, e ne fui felice, visto che non potevo sapere su che cosa fossi rotolata mentre arrancavo sul selciato.

Ma comunque… si stava comportando in modo strano. Okay, più strano del solito, visto che Shizuru era sempre un po’ strana. Ma non era la sua normale stranezza, sempre che una frase del genere avesse senso.

"Ecco," disse, mettendo da parte il panno. Girai il capo e lo vidi, macchiato di sangue, appoggiato al bordo del bacile.

"Ora, questo brucerà un po’."

Versò il disinfettante e sussultai. Era davvero strano il modo in cui riuscivo a sopportare un dolore intenso e andare avanti senza esitazione, mentre piccolezze come questa o come un dito sbattuto contro un mobile le gonfiavo oltre le debite proporzioni.

Forse era perché in genere le ferite gravi erano causate da faccende gravi, momenti in cui non ci si doveva piegare. Comunque finì presto e Shizuru cominciò a medicarmi. Quando fece passare la benda sotto di me per fasciarmi il torace, mi sembrò quasi che mi abbracciasse. Sentii il sussurro delle sue maniche contro la mia pelle nuda, la seta del suo kimono che quasi mi accarezzava, grazie alla pressione dei suoi avambracci. Mi si bloccò il respiro in gola, mentre i miei nervi sembravano tremare.

"Natsuki, qualcosa non va?" chiese Shizuru. "Vi ho fatto male?"

"N-no, sto bene," mormorai. "Fa freddo qui, ecco tutto."

"Anche in primavera Natsuki rimane una figlia dell’estate."

"Credo mia madre sapesse quello che stava facendo quando mi ha dato questo nome."

"Bene, ho finito. Potete vestirvi."

Si allontanò ed io mi alzai a sedere, sentendomi ancora strana. Non sapevo come spiegare quella sensazione, le reazioni che avevo avuto, o cosa fossero esattamente.

La risposta più semplice era che stavo ancora risentendo dei postumi di quello che era successo—la compresione che ero stata attirata in una trappola, la disperata lotta per la mia vita, la mia fuga dall'East End, l'eccitazione del sapere che savano diventando tanto seri nei loro tentativi di uccidermi da tentare un attacco diretto. Quelle rapide esplosioni di emozioni, una dopo l'altra, sarebbero state sufficienti a disorientare chiunque.

"Qualcosa non va, Natsuki? Mi state guardando in modo molto strano ."

Scossi la testa, cercando di schiarirla, e riordinai i miei pensieri.

"Mi dispiace; credo di avere ancora i nervi a fior di pelle. Abbiamo ancora quella pomata? Credo che mi verrà un brutto livido sulla gamba."

Lei annuì e mi porse un vasetto.

"Ecco."

Mi alzai e mi diressi verso la mia stanza.

"Vado a cambiarmi.”

Con la mano sulla maniglia, mi fermai e mi voltai.

"Vi ringrazio, Shizuru, perché vi prendete cura di me. Non lo dico abbastanza spesso, ma è bello avere una casa e qualcuno da cui tornare, dopo una giornata come questa. Quindi, grazie."

Ruotai la maniglia ed entrai in camera da letto, ma prima di chiudere la porta sentii, o pensai di sentire—fu così sommesso che potrei averlo immaginato—Shizuru parlare.

"No, ookini, Natsuki, per tutto."

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Capitolo 2
*** 2 ***


Il problema finale – capitolo 2

La mattina seguente mi svegliai relativamente presto, sentendomi sorprendentemente fresca e riposata. Non ero andata a letto troppo tardi dopo che Shizuru aveva curato la mia ferita; perfino io pensavo che gli attentati alla mia vita e le battaglie all'ultimo sangue fossero un ottimo motivo per concludere la giornata. Il sonno mi aveva fatto bene, e il taglio che avevo sulla schiena faceva male solo quando facevo movimenti che sforzavano l’area ferita.

Ha fatto un buon lavoro, pensai, probabilmente migliore di quanto sarei riuscita a fare io. Mi sentivo in colpa per averla costretta a prendersi cura di me in quel modo; quella non era la sua battaglia e non volevo portare i miei problemi a casa da lei.

Sapevo che era una cosa ben strana da dire, considerate tutte le volte in cui avevo rischiato durante i casi di Shizuru e mi ero trovata coinvolta in una rissa con un criminale disperato, o avevo sparato un colpo al cappello di qualcuno. Ma quelli non erano realmente i guai di Shizuru: non erano personali, perlomeno. Quello era il suo lavoro, i problemi erano dei suoi clienti. La sua vita personale, d’altra parte… con quella avevo avuto a malapena a che farci. Di certo non l’aveva portata da me ferita e sanguinante.

Non portava quel genere di difficoltà a casa da me, e mi dava fastidio il fatto che stavo facendo la stessa cosa con lei. Inoltre, ora—e dovevo affrontare quella verità a testa alta—le mie difficoltà si erano moltiplicate. La Corte d’Ossidiana aveva deciso che dovevo morire, e aveva cominciato a fare tentativi sempre più diretti. La notte precedente mi ero preoccupata che assumessero un cecchino armato di fucile oppure, se volevano diventare esotici ed evitare il rumore di uno sparo, di una carabina ad aria compressa. Quella mattina, tuttavia, temevo che tentassero con un altro sistema. Dopotutto non era trascorso molto tempo dagli attentati dei Dinamitardi, e una bomba non richiedeva precisione. E chi avrebbe mai sospettato che il bersaglio fossi io? Tutti avrebbero pensato che una banda di malfattori, o un singolo criminale, avesse tentato di vendicarsi di Shizuru  Viola e che invece avesse ucciso la sua amica e coinquilina.

O che avesse ucciso Shizuru Viola e la sua amica e coinquilina.

Il fatto che stessi immaginando quello scenario era un brutto segno. Non avevo dubbi che coloro che stavano dietro gli attentati alla mia vita fossero in grado di figurarsi questa eventualità molto più facilmente di me. Il che significava che senz’altro ci avevano già pensato.

Rimasi sopresa quando mi accorsi che il pensiero che Shizuru potesse restare ferita o uccisa dai miei nemici mi angosciava più della mia stessa morte o del fatto che, morendo, non avrei portato a termine la mia vendetta. Preoccuparmi dell’incolumità di Shizuru mi sembrava ingiusto, come se stessi tradendo la memoria di mia madre e tutta la vita che avevo vissuto fino a quel punto.

Le mie emozioni erano confuse, fuori controllo, e la cruda verità era che emozioni di qualsiasi genere erano l’ultima cosa di cui avevo bisogno. Ero arrivata troppo lontano per voltarmi indietro; i risultati potevano essere solo due. O avrei distrutto la Corte d’Ossidiana, o loro avrebbero messo fine alla minaccia che rappresentavo uccidendomi. Non sapevo quando ci avrebbero riprovato o come avrebbero fatto; tutto quello che potevo fare era stare in guardia e continuare per la mia strada.

Strisciai fuori dal letto, versai dell’acqua nel bacile e mi lavai la faccia, sperando di riuscire a schiarirmi la testa. Mi aiutò un po', quindi feci del mio meglio per prepararmi ad affrontare la giornata, uscendo dal bagno vestita con una camicia, pantaloni, e un panciotto blu scuro. La mia derringer era in una delle tasche del panciotto, e avevo un coltello infilato nello stivale. Queste cose non erano necessariamente insolite per me, ma pensare che fosse opportuno armarsi ancor prima di fare colazione lo era.

"Buongiorno, Natsuki," mi salutò Shizuru. Sedeva al tavolo, abbiagliata con una vestaglia viola, osservando i vassoi d'argento che aveva davanti. Dal vapore che usciva dalla caffettiera, era evidente che la signora Hudson doveva aver portato su la colazione non più di cinque minuti prima.

Che Shizuru fosse già sveglia non mi sorprese – ero sicura che a volte dormisse, ma non potevo confermarlo con sicurezza. Sospettavo che fosse colpa del tè. Tuttavia, il fatto che stesse mangiando mi stupì.

"Questa è una colazione abbondante per voi, Shizuru," notai. "Se la signora Hudson vi vedesse, vi prenderebbe per un'impostora."

"Dicono che un buon pasto sia un antidoto per l’umor nero," rispose lei col suo solito sorriso. "Posso consigliarvi di provare le uova?"

"Seriamente, che giorno è oggi? Di solito o fate una colazione continentale o non mangiate affatto."

"Natsuki dice sempre che dovrei mangiare di più e prendermi miglior cura di me stessa," disse in tono innocente. "Devo essere incolpata perché seguo il suo consiglio?"

"Incolpata, no. Ma nemmeno creduta. È come guardare Dracula che ti entra in casa dalla finestra, una persona normale starebbe lì a fissarlo per un po’ prima di correre a prendere aglio e croci."

"Ara, allora Natsuki teme che le morderò il collo appena avrò finito con le salsicce?”

Sospirai e mi arresi. Nessuno può vincere una battaglia d'arguzia con Shizuru, o almeno io non c'ero mai riuscita. Invece sedetti e cominciai a riempire il piatto, poi mi versai una tazza di caffè. Tenni la tazza sotto le labbra e inalai la fragranza della scura, profumata miscela.

Shizuru ridacchiò.

"Natsuki sembra persa in un mondo di beatitudine."

"Ehi, ho smesso di fumare. Il caffè è l’unica, piacevole dipendenza che mi è rimasta!"

"Non chiederei mai a Natsuki di rinunciare al caffè. Ho imparato guardando mio padre resistere ai tentativi fatti da mia madre di convincerlo ad abbandonare il caffelatte in favore del tè."

“Mossa saggia," dissi. "Anche un vero amore che trionfa sul dovere verso la patria e la famiglia non può rivaleggiare con la prima tazza di caffè la mattina."

Diedi seguito alle mie parole con le azioni, assaporando il liquido mentre mi scivolava sulla lingua.

"Oh? E chi è questo vero amore di cui Natsuki sta parlando?"

Sputacchiai, evitando per un pelo di spruzzare caffè su tutto il tavolo.

"S-Shizuru! Stavo parlando dei vostri genitori, non di me!" balbettai, asciugandomi le labbra con un tovagliolo.

"Oh, allora Natsuki ieri sera non è rimasta ferita mentre duellava per ottenere i favori di un gentiluomo?"

"Ma che diavolo potrei farci con un uomo?" sbottai. Come se la mia vita non fosse già abbastanza complicata? Non che conoscessi un uomo con cui potevo immaginare di iniziare una relazione. La semplice idea mi lasciava indifferente.

"Una bellissima donna come Natsuki dovrebbe avere una gran quantità di principi sui cavalli bianchi che fanno la fila per lei," continuò Shizuru.

"Riuscite a vedermi come una pricipessa? Tutta vestita come una torta glassata in quegli abiti pieni di pizzi e merletti che si usano a Corte?" sbuffai. "Vi prego, preferirei avere il cavallo piuttosto che il principe. Almeno sarebbe utile."

Shizuru fece una risata sommessa, senza dubbio al pensiero della sottoscritta nei panni della bella addormentata mentre veniva baciata da un cavallo, o qualcosa di altrettanto ridicolo.

"Bè, se la mettete così, allora non posso far altro che rassegnarmi."

"Idiota. Siete di umore strano, oggi."

"Forse è la mancanza di sole. Volete che apra gli scuri?"

"No, sto bene così. Sono ancora troppo assonnata per avere la luce del giorno che mi pugnala gli occhi, sempre che fuori ci sia il sole, e se non ci fosse, allora perché aprirli?"

In realtà stavo pensando alla copertura, un cecchino non poteva certo colpire ciò che non poteva vedere. Non che fossi il tipo di persona che sedeva dando le spalle alla finestra, ma il mio livello di cautela era aumentato considerevolmente. Mi portai di nuovo la tazza alle labbra, questa volta sorseggiando lentamente invece di ingollarlo, poi cominciai ad attaccare il cibo. Al contrario di Shizuru, mangiare mi piaceva. Una delle lezioni che avevo imparato nella mia gioventù dissipata era che cibo e riposo erano risorse preziose e che quando si presentava l'opportunità di ottenerle era giusto coglierla.

Quello era un consiglio che era arrivato da gente che di solito si trovava in situazioni molto più disperate di quanto potessi immaginare, visto che ero nel novero delle persone che avevano una situazione finanziaria stabile e un tetto sulla testa, ma nelle presenti circostanze era un consiglio che apprezzavo.

"Avete intenzione di uscire, oggi, Natsuki?" chiese Shizuru.

"Non ne sono sicura," risposi. "Ho un paio di commissioni da fare"—o, in altre parole, persone che potevo tentare di interrogare in cerca di informazioni sull'Illuminato Ordine della Corte d'Ossidiana—"ma posso rimandarle"—più che altro perché, con i miei contatti, ormai stavo raschiando il fondo del barile.

Era semplicemente una questione di scala—di campi d'influenza. Semplicemente, le persone che conoscevo erano tipi da illegalità, informatori della sfera criminale. La Corte d'Ossidiana usava i criminali, la cerchia più elevata, i loro capi, erano persone che avevano potere e alta posizione sociale, dai professionisti del ceto medio-alto alla nobiltà minore, all'aristocrazia, agli esponenti della politica. Operavano nelle sale del potere politico e finanziario, anche se il furto, l'estorsione, la violenza e l'omicidio erano sistemi che usavano con liberalità.

Non me ne importava niente degli strumenti. Non si può ottenere vendetta su un coltello o una pistola. Volevo quelli che avevano dato l'ordine, la persona o le persone che avevano deciso che mia madre doveva morire. Ma non erano molti i miei contatti che conoscevano le persone giuste, che frequentavano i circoli giusti per spremere le infomazioni di cui avevo bisogno: le identità del direttivo interno della Corte d'Ossidiana, quello che veniva chiamato Primo Distretto, e gli uomini e le donne che lo gestivano.

Parte del motivo per cui avevo finito per mettere a rischio la mia vita era che avevo indagato troppo nei posti sbagliati, senza trovare nulla di utile e finendo per farmi scoprire. La strategia migliore sarebbe stata aspettare e permettere alle mie risorse più qualificate, persone come Porlock, di darmi qualcosa con cui avrei potuto lavorare. Semplicemente non sapevo se avrei potuto permettemi di essere così passiva, viste le circostanze—e d'altra parte, buttarsi nella direzione opposta non era forse un'idea ancora peggiore?

Il suono del campanello al piano di sotto mi distolse dai miei pensieri.

"Bene, allora, questo forse vi aiuterà a prendere una decisione," disse Shizuru, illuminandosi.

"Pensate che sia una visita per me?"

Scosse la testa.

"Credo che sia un caso. Probabilmente non avete sentito, ma una carrozza ha accostato qui davanti un momento fa, e il nostro ospite dev'essere smontato in tutta fretta e dev'essere corso subito alla porta per riuscire a suonare il campanello in un lasso di tempo tanto breve. Quando vi aggiungete la violenza della scampanellata, allora penso che dobbiamo dare per scontato che sia qui per vedere me."

"Questi sono i soliti sintomi," fui d'accordo io. E, proprio così, qualche attimo più tardi la signora Hudson fece entrare nelle nostre stanze una donna sulla trentina, di corporatura robusta e volto severo, la cui espressione, che sospettavo fosse solitamente arcigna e critica, era devastata dallo shock e dalla paura. Pensai che fosse un'insegnante, e si scoprì che non mi ero sbagliata di molto.

"Signorina Viola?" sbottò.

"Sono Shizuru Viola. Prego, sedetevi e raccontatemi il vostro problema."

"Oh, non c'è tempo! Dovete affrettarvi, prima che quegli orribili poliziotti portino via la mia padrona! Pensano che l'abbia ucciso!"

"Vi prego, cercate di calmarvi. Non sarete d'aiuto alla vostra padrona se non riuscite ad esprimervi chiaramente. Respirate."

Si alzò e si portò al fianco della donna, costringendola a sedersi, perché la nostra aspirante cliente stava letteralmente vibrando di eccitazioone, evidentemente era sull'orlo di un attacco isterico.

Probabilmente la sottoscritta l'avrebbe seplicemente presa a schiaffi per schiarirle le idee, ma quello non era lo stile di Shizuru. Nel giro di pochi istanti, con serenità e gentilezza, aveva portato la donna in uno stato, se non di calma, almeno di coerenza.

"Mi chiamo Emmaline Gartner," esordì, "e sono la governante dei figli del barone e della baronessa Maupertuis, di Claremont Court, a Mayfair."

Fui felice che Shizuru non mi stesse guardando, in quel momento, perché non riuscii a contenere lo shock e la sorpresa. Conoscevo il nome del barone Maupertuis perché era stato una delle mie prime tracce sulla Corte d'Ossidiana! Non solo, ma avevo forti sospetti sul fatto che fosse un membro del Primo Distretto, qualcuno che aveva una posizione di potere ed influenza all'interno della società. Avevo raccolto parecchie informazioni su di lui negli ultimi mesi, dalle sue origini provenzali alle sue attività come direttore della Compagnia di Olanda e Sumatra, e di come fosse riuscito a dare le dimissioni prima del suo rovinoso fallimento ne 1897. E ora era stato assassinato!

"È la baronessa, dunque, che vuole assumermi?" chiese Shizuru.

"Sì, signorina Viola. La mia signora…la mia signora…oh, è un'orribile calunnia! Quegli uomini orribili la stavano interrogando, e lei era consumata dal dolore, ma loro continuavano. Non volevano sentire un no come risposta, l'hanno costretta a rispondere alle loro domande. Quel terribile ispettore Barrington..."

"Barrington?" Shizuru inarcò un sopracciglio. "Scotland Yard ha mandato l'ispettore Barrington a indagare su un omicidio che è avvenuto a Park Lane? Posso solo immaginare che fosse l'unico ancora sveglio in tutta la stazione di polizia."

"Non è adatto al lavoro di fino con i nobili?" parlai per la prima volta. Vivendo con Shizuru avevo avuto l'occasione di incontrare diversi ufficiali di Scotland Yard, ma non ricordavo quel nome.

"Immaginate, se potete, un uomo con tutta la delicata sottigliezza di Haruka Armitage e la totale mancanza del suo intelletto e della sua conoscenza sociale. Assomiglia a un bulldog, sia nell'aspetto che nei modi. Avete ragione ad essere preoccupata, signorina Gartner. Verrò subito con voi." Si rivolse a me. "Sarei felice di avere la vostra compagnia, Natsuki, visto che che so che non avete piani per la giornata."

In altre circostanze avrei rifiutato—l'ultima cosa di cui avevo bisogno era restare invischiata in uno dei casi di Shizuru mentre ero occupata a investigare sul mio. Ma comunque—Maupertuis! La fortuna mi aveva offerto l'opportunità di portare avanti i miei piani e contemporaneamente di aiutare la mia amica. Non potevo fare a meno di ricordare, tra l'altro, del fatto che indirettamente era stato grazie a Shizuru, grazie alla connessione dei casi Trepoff e Crosby, che ero stata in grado di fare le scoperte più significative nelle mie indagini sulla Corte d'Ossidiana. Ora stava accadedo per la terza volta e mi sentii come se il Fato mi stesse dicendo che ero destinata a stare al fianco di Shizuru quando avrei scoperto la verità.

Era solo una sciocchezza melodrammatica, probabilmente, ma anche così i fatti erano dalla mia parte, quanto le mie emozioni.

"Certo," dissi. "Ho bisogno di qualcosa?"

"Le vostre pistole, sospetto. Attaccare una delle idee fisse dell'ispettore Barrington è come assediare un avamposto militare e spesso richiede lo stesso equipaggiamento."

Anche se considerai quella frase come nulla di più di una prova dell'inconsueto senso dell'umorismo di Shizuru, presi la mia giacca con le fondine cucite all'interno, tagliata apposta per rendere meno ovvio il fatto che ero armata. Una carrozza ci stava aspettando dabbasso, senza dubbio dalle scuderie dei Maupertuis, e salimmo assieme alla nostra cliente. Il cocchiere fece schioccare la frusta e partì ad un'andatura che mi sarei aspettata da un vetturino a cui era stata offerta una mancia spropositata. Mi chiesi se il cocchiere provasse verso la baronessa lo stesso affetto e lo stesso timore per la sua sorte che provava la signorina Gartner.

"Ora che ci siamo avviate e che il nostro cocchiere sembra impegnato a tornare a Claremont Court prima che cominci il peggio," disse Shizuru alla governante, "forse potreste raccontarci quello che è successo?"

La signorina Gartner fece un profondo respiro e sembrò ricomporsi. Il semplice fatto che eravamo per strada, come aveva desiderato, sembrò restituirle la compostezza, perché i suoi lineamenti ripresero ben presto l'espressione severa che mi aspettavo da lei.

"Il crimine è stato commesso l'altra notte. Il Barone si era ritirato nel suo studio verso le undici e mezza—"

"Come lo sapete?"

"Me l'ha detto la mia padrona," rispose subito la signorina Gartner, come se quell'informazione fosse sicura come lo Spirito Santo.

"Lei e suo marito avevano l'abitudine di bere qualcosa assieme la sera tardi, poi lei si ritirava nella propria camera da letto mentre lui stava sveglio fino alle due, le tre del mattino, di solito nel suo studio o in biblioteca."

"Capisco. Prego, continuate."

"C'è poco altro da dire. La mia padrona si è svegliata la mattina seguente. In genere augura il buongiorno al barone nella sua stanza prima di scendere per la colazione, ma lui non era lì. È entrata nello studio e ha trovato la porta chiusa a chiave. Ha bussato ma non c'è stata risposta, così ha aperto la porta e ha trovato il padrone disteso sul pavimento. È corsa al suo fianco e ha scoperto che era morto! Abbiamo chiamato il dottor Arbuthnot, che ha scoperto che il barone è stato pugnalato alla schiena. Allora è stata chiamata la polizia" aggiunse, tirando su col naso, "e tutto quello che hanno fatto è stato tormentare la mia padrona!"

"Quindi credete che l'ispettore Barrington pensi che la baronessa abbia pugnalato il marito alla schiena, abbia chiuso la porta a chiave per impedire che il corpo venisse trovato fino al mattino, e poi che se ne sia andata a letto con tutta calma?" chiese Shizuru.

"È completamente assurdo! Nessuno che conosca la mia lady potrebbe crederlo!"

"L'ispettore l'ha accusata?"

"Non a parole, non ancora. Ma è l'unica spiegazione, non solo per il modo in cui l'hanno torturata con le domande dopo l'orribile shock che ha avuto, ma anche per la direzione in cui andavano le domande. La baronessa, ne sono certa, l'ha pensato anche lei, per questo mi ha mandato a chiamarla, signorina Viola, visto che la polizia si sta concentrando esclusivamente su di lei e sta ignorando ogni altra possibilità!"

"Bene, vedremo cosa possiamo fare."

"Spero che questo Barrington non se ne sia andato in giro con le sue scarpe numero quarantadue, distruggendo le prove," mugugnai.

"Numero quarantaquattro, di fatto," mi corresse Shizuru. "Ora, signorina Gartner, vi dispiace rispondere a qualche domanda?"

"Farò qualsiasi cosa per aiutare la mia lady e consegnare alla giustizia l'assassino del padrone."

Il che, notai, non era esattamente una risposta alla domanda di Shizuru. Non potei fare a meno di chiedermi da dove arrivasse tutta quell'appassionata devozione, e se fosse per la baronessa o per i bambini di cui aveva la responsabilità, e quindi di conseguenza per la famiglia—non era detto che un volto severo dovesse per forza avere una personalità altrettanto severa.

"Molto bene. Avete detto che la porta dello studio era chiusa a chiave. Presumo che non intendiate che la chiave era all'esterno della porta?"

"No, certo che no."

Questo era un bene, se il defunto barone fosse stato chiuso dentro dall'esterno, avrei cominciato a concordare con Barrington.

"Allora come ha fatto la baronessa ad entrare nella stanza? Da come avete raccontato gli avvenimenti sembra che abbia aperto la porta con una chiave, invece di chiedere alla servitù di forzarla."

"È esatto. Il barone possedeva le chiavi di ogni stanza della casa, che teneva in camera da letto in caso di emergenza. La baronessa ha aperto con quelle."

"Avete assistito?"

"No, signorina. Ho fatto colazione nelle cucine poi ho cominciato le lezioni del mattino con i bambini. Solo quando la mia lady ha scoperto che il padrone era morto la casa è piombata nel caos. Conosco queste cose dalle dichiarazioni che la mia padrona ha fatto alla polizia."

"Capisco. Ora, direste che il barone e la baronessa erano in buoni rapporti l'un con l'altra?"

"Certo!" se possibile, riuscì ad assumere una postura ancor più rigida.

"Di recente non ci sono state discussioni, nessuna lite?"

"Certo che no! non so cosa state cercando di insinuare, ma penso sia molto inappropriato che voi, che dovreste provare l'innocenza della mia padrona, facciate queste domande."

"Signorina Gartner, se la baronessa Maupertuis aveva un qualsiasi motivo per volere morto suo marito, allora potete star certa che che la polizia lo scoprirà e lo userà contro di lei. Non è un bene chiedermi di trovare la verità e poi darmi solo ed esclusivamente questi fatti per sostenere il risultato che desiderate. Come posso costruire una difesa ad attacchi che non so che arriveranno?"

"Senza contare che più nascondete le cose, più colpevole sembrerete," dissi bruscamente. "I poliziotti sono come cani, se correte vi inseguiranno per partito preso."

"Natsuki ha espresso il concetto meno gentilmente di quanto avrei fatto io, ma la sua similitudine è appropriata."

La signorina Gartner guardò prima Shizuru, poi me poi di nuovo Shizuru, come se gli occhi scarlatti di lei esercitassero una qualche attrazione magnetica sulla governante. Alla fine, lasciò cadere le spalle.

"Il Barone Maupertuis aveva un’amante," confessò, "un’attrice di nome Robin Grayle. Nell’ultimo mese ha litigato molte volte con la padrona a causa sua."

"La Baronessa era offesa da questo adulterio?"

"No; credo non fosse turbata dal fatto che il Barone avesse un’amante, ma dal fatto che si stesse rivelando troppo costosa da mantenere."

"Allora le andava bene che lui andasse a letto con un’altra finché riusciva a limitare le spese?" strillai. "I francesi sono proprio strani."

"Queste situazioni non sono sconosciute alla nobiltà inglese," mi rimproverò Shizuru, "in particolare quando i matrimoni sono combinati per motivi di status, politici o finanziari.  L’unica parte che sembra straniera è il fatto che la coppia sia perfettamente consapevole di questo." Evidentemente avevo ancora un'espressione incredula, perché aggiunse, "Nel Giappone feudale, per esempio, era responsabilità della donna gestire le finanze della casa, il che fra le altre cose significava che la moglie di un samurai doveva pagare i conti delle visite fatte dal marito al quartiere dei piaceri, assieme a tutte le altre sue spese.”

Incrociai le braccia sul petto.

"Beh, ditemi pure che sono una provinciale, Shizuru, ma non esiste che io accetti una situazione del genere. Se la persona che amo mi tradisse, l’unico dubbio che avrei sarebbe se prenderla a calci o spararle."

E allora Shizuru face una cosa che mi sorprese. Si voltò verso di me e sorrise. Non il sorriso falso – a volte sereno, a volte divertito – che non abbandonava mai il suo viso, ma quello vero, quello che diceva che c’era qualcosa che la rendeva profondamente felice. Non riuscivo a ricordare se avesse mai sorriso a quel modo di fronte ad un cliente; non… non era da lei essere così aperta in pubblico.

Era così strano.

Quel sorriso sparì un attimo dopo, e la carrozza cominciò a rallentare per poi fermarsi davanti al cancello di una casa imponente.

"Anche se sono felice di sentirlo, Natsuki," disse Shizuru, "speriamo di poter dimostrare che la Baronessa non condivide la vostra opinione."

XXX

Note dell'autore: i Dinamitardi di cui parla Natsuki erano terroristi che usavano, bè, la dinamite nei loro attentati durante il tardo '800.

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


3.

Da dietro i cespugli non saltarono fuori assassini della Corte d’Ossidiana per assalirmi, il che mi sollevò. Ma comunque mi sembrava improbabile che tentassero un’aggressione in pubblico a Mayfair, il quartiere in cui vivevano i ricchi e i nobili della città. Naturalmente, questo non aveva protetto il barone Maupertuis.

L’istante seguente mi si bloccò il cuore in gola. Quali prove avevo che il Barone fosse veramente morto? E se fosse stata solo una trappola, preparata usando il nome di Maupertuis come esca, per attirarmi come un agnello al macello? E se per loro Shizuru fosse stata solo una vittima in più?

Lei mi guardò, ovviamente notando la mia improvvisa tensione. Quando la porta si aprì, esalai un sospiro di sollievo quando vidi un agente in uniforme nell'atrio.

"Sua Grazia è ancora nella stanza da disegno, William?" chiese la signorina Gartner al valletto che ci aveva fatti entrare.

"Sì, signorina Gartner. Il dottor Arbuthnot è con lei."

"Eccellente; ho delle domande anche per lui," disse Shizuru.

"Vi chiedo perdono, signora," la interruppe l'agente, portandosi una mano all'elmetto per salutarci, "ma se siete la signorina Viola, l'ispettore ha chiesto che andiate da lui appena foste arrivate."

"Oh?"

"Che impertinenza!" sbuffò la governante.

"Molto bene, agente. Vi prego, portateci da lui." Si rivolse alla signorina Gartner. "Forse dovreste informare la baronessa Maupertuis che siamo qui e che vorremo parlare con lei e il suo amico dottore?"

La signorina Gartner esitò per un attimo, probabilmente perché voleva esprimere a Barrington la sua opinione su quell'ultimo affronto, ma accontentò Shizuru.

"Lo farò, signorina Viola," disse, annuendo.

"L'Ispettore è sulla scena del crimine," disse l'agente. "Vi accompagno."

Ci accompagnò attraverso la casa elegantemente ammobiliata fino ad un breve corridoio sul retro dell'edificio, al pianterreno. Notai una rampa di scale che saliva dal'altra estremità, e immaginai che portasse alle camere da letto al piano di sopra. Quel rapido accesso era conveniente per un uomo che amava lavorare fino a tardi. La porta dello studio si trovava a metà del corridoio; l'agente bussò due volte.

"Avanti," rispose una voce familiare.

Il poliziotto spalancò la porta.

"Vi ho portato la signorina Viola come avete chiesto, sir."

"Grazie, Perkins; puoi tornare al tuo posto."

Decisamente.

"Reito, questa è una sorpresa," disse allegramente Shizuru. "E il Sergente Tate," aggiunse gentilmente al secondo uomo nella stanza, che aveva capelli rossi spettinati, un viso allungato da cavallo incorniciato da basette, e un'espressione infastidita.

"La signorina Gartner ci aveva fatto credere che sarebbe stato l'ispettore Barrington a occuparsi del caso."

Il capo ispettore Reito Kanzaki ci sorrise, mostrando i bei denti bianchi e regolari. Kanzaki assomigliava all’uomo del destino predetto dalle indovine: alto, bruno e affascinante, con i capelli lievemente ondulati e un viso ben rasato. Indossava un immacolato completo grigio scuro, e la catena d'argento del suo orologio scintillava alla luce del sole che entrava dalla finestra.

"Il sovrintendente capo ha avuto la sensazione che forse un approccio investigativo diverso sarebbe stato opportuno, vista la delicatezza della situazione."

O, in altre parole, quando i piani alti si erano accorti di aver mandato un buffone idiota ad indagare sull'omicidio di un nobile titolato avevano immediatamente corretto il loro errore. Shizuru considerava Kanzaki uno dei migliori investigatori di Scotland Yard, e lui di certo era pieno di tatto ed eleganza.

"Non posso negare la saggezza di questo approccio," disse Shizuru.

"Suvvia, Barrington è un brav'uomo. Semplicemente dà il meglio quando si trova a contatto diretto con le classi criminali, conosce i loro trucchi e non si fa ingannare. Gli manca l'esperienza con l'alta società."

"Mentre voi siete un bell'ornamento per qualsiasi stanza da disegno, vero, Kanzaki?" intervenni io.

"Ma certo, Miss Kuga," rispose lui senza scomporsi.

A dire la verità, Kanzaki non mi piaceva. Non per un qualche motivo specifico, semplicemente mi sembrava una persona viscida. Il nostro primo incontro era stato per il caso Vamberry, durante il quale lui aveva chiamato Shizuru poi si era preso tutto il merito. Anche se Shizuru non aveva battuto ciglio, visto che era una consulente pagata e quelli erano i termini dell'accordo—e Kanzaki le aveva sempre pagato la parcella puntualmente e senza sindacare sul prezzo—quella sgradevole prima impressione mi aveva lasciato l'amaro in bocca.

Forse perché sotto molti aspetti, come il tatto, il fascino, l'abile utilizzo del senso dell'umorismo, la sottile arguzia, il sorriso che non rivelava nulla, Kanzaki era come una versione maschile di Shizuru. Era troppo strano per metterlo in parole.

Senz'altro non guadagnò punti di stima per quello disse subito dopo.

"In ogni caso, Shizuru, devo chiedervi di lasciar perdere questa faccenda."

Ne fummo entrambe sorprese.

"Reito?"

"Ma che diavolo?"

"Questo omicidio...è un affare delicato, dal punto di vista politico," disse. "Mi è stato detto con molta chiarezza quando sono stato convocato e mandato ad occuparmi di questo caso. Il barone Maupertuis era un uomo importante e aveva amici importanti, amici che userebbero la loro influenza per soffocare un scandalo, o anche solo il sentore di uno scandalo."

"Ara, e io sarei scandalosa?"

"Siete un agente indipendente," disse Kanzaki. "Significa che è molto difficile fare pressione su di voi o assicurarsi della vostra discrezione."

"Oh, per favore," sbottai, con uno sbuffo incredulo. "Sapete molto bene quanti segreti Shizuru conosce e non dice a nessuno. Come, per esempio, il fatto che ha risolto metà dei casi di alto profilo che vi hano reso così ben visto al sovrintendente? Custodisce i suoi segreti meglio di quanto un drago custodisca il suo bottino."

"Signorina Kuga—"

"Reito," lo interruppe Shizuru, "Non posso abbandonare questo caso. Sono stata assunta dalla baronessa per rappresentare i suoi interessi in questa faccenda, che di certo sono seri."

Fui d'accordo che non finire impiccata fosse un interesse davvero serio.

"Non ancora," ribattè Kanzaki.

"Oh?"

"Non avete ancora incontrato la vostra cliente."

"Per questo volevate essere sicuro che parlassi con voi prima che con la baronessa? Volevate avvertirmi prima che avessi l'opportunità di accettare ufficialmente il caso?"

Perfino Tate fu sorpreso da quella deduzione. Chiaramente non sapeva dei piccoli complotti di Kanzaki più di quanto io non fossi a conoscenza di quelli di Shizuru. Come avevo detto, era strano.

"Precisamente. Non potete disattendere un contratto che non è stato firmato."

"Ara, ara, ma di certo il fatto che sono venuta qui con la signorina Gartner va già oltre a quel punto. Di certo mi sento come se mi avessero già assunta. E vorreste che voltassi le spalle a una donna turbata, terrorizzata dal fatto che la sua padrona possa essere accusata di omicidio?"

"Non è più Barrington a indagare sul caso," ribattè l'ispettore. "Sapete che non mi farò sviare da risposte facili o che accuserò la vostra cliente senza prove certe."

"Ma non posso certo ritirarmi dal caso senza almeno vedere di persona quali siano le prove, e assicurarmi che la baronessa sia salva o giustamente accusata."

Le sue risposte erano pronunciate in un tono dolce e placido, il suo sorriso non stava venendo meno, ma arrivavano anche rapidamente, un fuoco di sbarramento che ribatteva i tentativi di Kanzaki di dissuaderla, risposte date in tono rilassato che mi fecero capire come le discussioni diplomatiche potessero essere considerate scherma con le parole. Dal punto di vista di Kanzaki doveva sembrare un muro di acciaio verbale, perfetto e impenetrabile, perché lui fu il primo a cedere alla frustrazione e alle proprie emozioni. Lasciò cadere le spalle e il suo viso, che era passato da un sorriso gentile ad una solenne serietà, abbandonò ogni maschera.

"Per l’amor di Dio, Shizuru!" picchiò un pugno contro la propria coscia, in un improvviso, selvaggio scoppio di frustrazione. "Non vi sto parlando come un Ispettore Capo che protegge gli interessi politici dei suoi superiori. Questo è Reito Kanzaki che avverte Shizuru Viola, come amico. Ci sono trame pericolose qui, si dice che l’omicidio di quest’uomo potrebbe causare gravi rivolgimenti nelle stanze del potere. Non voglio che veniate trascinata via da questi rivolgimenti."

Per me, l'emozione di Kanzaki—la prima volta che vedevo una vera reazione venire da lui—fu meno importante del significato di quello che aveva detto. Non poteva essere una coincidenza, visto quello che sapevo del barone; la pressione politica che veniva esercitata veniva senz'altro dalla Corte d'Ossidiana. Non avevo dubbi che lui fosse un membro del Primo Distretto, un dirigente dell'ordine. E forse, questo omicidio avrebbe rappresentato un'opportunità per me, con il caos inevitabilmente creato da un grande sconvolgimento, forse avrei avuto la possibilità di farmi strada nella confusione e approfittare del fatto che la Corte stesse facendo ordine tra i suoi ranghi.

E forse, se Shizuru avesse continuato a lavorare sul caso, avrei avuto l'opportunità di capire dove agire.

Quello che non sapevo era come convincere Shizuru a farlo, che cosa avrebbe potuto spingerla ad andare avanti. Ma non ebbi bisogno di dire nulla.

"Ookini, Reito," gli disse con gentilezza. "Sul serio, grazie per la premura, ma non posso esaudire la vostra richiesta. Sono una consulente investigativa, e solo perché lavoro in privato e non faccio parte della forza ufficiale non significa che mi ritirerò da un caso perché potrebbe essere pericoloso. Ho affrontato pericoli sia fisici che politici in passato, come ben sapete, è la natura di quello che facciamo. Dopotutto, non vi vedo esitare nel vostro dovere di prendervi in carico questo caso. E comunque," aggiunse allegramente, sorridendogli, "se mi allontanassi da un caso perché mi spaventa, come potrei affrontare l'Ispettrice Armitage?"

Kanzaki cedette con, dovetti ammetterlo perfino io, una certa grazia, riuscì perfino a ridere stancamente.

"Sì, bè, non posso certo controbattere quest'ultimo argomento, vero? Va bene, Shizuru, solo…vi prego, cercate di essere prudente e di non pestare piedi che non dovreste pestare."

"Come ben sapete, sono una ballerina eccellente, Reito."

Quando evocai l’immagine mentale di Shizuru che ballava con Kanzaki mi venne da vomitare, così presi la parola per schiarirmi la testa.

"Nessuno di voi pensa che sia macabro discutere di questo mentre c’è un cadavere disteso laggiù?”

Dirlo fu un errore, comunque, perché parlare di cadaveri e omicidi costrinse le mie emozioni a rovesciarsi completamente. Un minuto prima avevo cercato di trovare un modo per convincere Shizuru a continuare le proprie indagini sulla morte del Barone Maupertuis, per aiutarmi a scoprire qualcosa in più sul Primo Distretto. Ora mi era stato ricordato quali avrebbero potuto essere le conseguenze di quelle indagini, e mi si strinse lo stomaco mentre mi rendevo conto di che genere di rischio Shizuru stesse correndo.

Come mi è venuto in mente di chiederle di continuare? pensai. Vero, non avevo aperto bocca, ma lo avrei fatto se lei non avesse sistemato la questione per me.

Suppongo che non ci fosse niente di meglio dell'attentare alla vita di una donna per far diventare i suoi sentimenti…complicati.

"Avete ragione, Natsuki, ed ora che io e Reito ci siamo scambiati le rispettive opinioni sulle presenti circostanze, credo sia il momento di dare al defunto Barone tutta l’attenzione che merita."

"Non avete intenzione di parlare alla Baronessa?"

"Più tardi, credo. Un’ispezione della scena del crimine mi darà un’idea più precisa delle domande che intendo farle."

Lo studio del barone Maupertuis era tappezzato in rosso ed era ovviamente stato arredato più per il suo uso personale che per intrattenere degli ospiti e tenervi delle riunioni. C'era un'unica poltrona, dietro una grande scrivania, e il resto della mobilia consisteva in alcuni scaffali pieni di libri, schedari, un tavolino accanto alla porta e una piccola credenza in cui si vedeva scintillare della cristalleria.

Tre lampade a gas davano luce sufficiente, il che era una buona cosa, visto che le due finestre della stanza davano ad est e che, in ogni caso, al morto piaceva lavorare fino a ore tarde, da quanto la signorina Gartner ci aveva detto. La scrivania mi sembrava ingombra, sopra c'era un set di penne, sigarette e scatole di sigari, un posacenere, un tagliacarte, qualche soprammobile e dei fermacarte. Oro e ottone erano le sfumature predominanti. Sembrava che nella stanza non fosse stato spostato o disturbato nulla; senz'altro non c'erano segni di lotta.

Il morto giaceva a faccia in giù sul pavimento, poco lontano dalla scrivania, vestito in un abito scuro dal taglio elegante. I suoi capelli dorati erano attraversati da ciocche color dell'argento, ma erano ancora folti, ed evidentemente li portava un po' lunghi per evidenziare questo fatto. La testa era girata da un lato, così potei vedere il suo viso, ma anche se era leggermente distorto perché premuto contro il tappeto, non aveva nulla dell'emozione congelata che si associa alla morte violenta. Il fatto che i suoi occhi erano chiusi aiutava; probabilmente era stato il dottore a farlo.

Una macchia scura nel mezzo della schiena segnava il punto in cui, mi dissi, era stata inferta la ferita fatale.

"Il dottore ha scoperto che è stato pugnalato?" chiese Shizuru.

Kanzaki annuì.

"Secondo gli appunti di Barrington, il dottor Arbuthnot ha trovato una singola pugnalata…vediamo…" tirò fuori dalla tasca un quadernetto rilegato in pelle e ne tolse dei fogli che sembravano essere stati strappati da un blocco per gli appunti più economico. Li sfogliò finchè non trovò quello che gli serviva.

"Qui, era 'Da una lama a doppio taglio larga circa tre quarti di pollice, che ha perforato il cuore. La morte dev'essere stata quasi istantanea.' Chiederemo al nostro specialista forense di verificare questa scoperta, naturalmente."

"E non c'è nessun segno dell'arma, che sarebbe stata una spada corta o, più probabilmente, una daga a doppio taglio?"

"Nessuno."

"Hm. Questo suggerisce che il il colpevole ha portato l'arma con sé o che la baronessa l'ha tolta quando ha trovato il corpo, il che avrebbe senso solo se fosse l'assassino o se avesse scoperto che l'arma avrebbe potuto coinvolgerla in qualche modo nel delitto. La macchia di sangue non è molto grande, però."

"Era una ferita molto piccola," sottolineai.

"Ma il corpo è stato trovato disteso supino, se vogliamo credere alla baronessa, altrimenti non sarebbe stato il dottore a scoprire che il barone era stato pugnalato."

"Il rapporto del dottor Arbuthnot diceva che ha trovato il corpo supino," disse Kanzaki, continuando a dimostrare la familiarità che aveva con il lavoro del proprio collega.

"E proprio qui, senza dubbio," Shizuru indicò una macchia rosso scuro sul tappeto scarlatto. "Davvero suggestivo."

Non capivo dove volesse andare a parare.

"Presumo che l'ora della morte cada a notte alta, altrimenti Barrington avrebbe arrestato la baronessa subito, vero?" continuò.

"Sì, verso l'una del mattino, ora più, ora meno. Se è stata lei, l'ha fatto l'altra notte."

"Dunque. Possiamo ricostruire il crimine, in qualche modo. Il barone è stato pugnalato alla schiena, poi è caduto in avanti, ed è rimasto in quella posizione per qualche momento. Poi l'assassino ha rimosso l'arma e ha girato il corpo sulla schiena. Per questo le macchie di sangue sono più piccole di quanto dovrebbero, perché ha sanguinato nella direzione opposta per un breve periodo dopo la morte."

"Sono d'accordo. Il che fa porre una domanda, perché il corpo è stato girato? Per arrivare a qualcosa che stava davanti?"

"Molto probabilmente," fu d'accordo Shizuru. "Natsuki, per favore aiutatemi a girarlo."

Girammo il cadavere sulla schiena e Shizuru cominciò a perquisirlo. Dopo aver trovato un fazzoletto ed un elaborato orologio da tasca con tre pendenti appesi alla catena, si fermò.

"Ara, questo sì che è interessante. Gli manca il fermacravatta."

"Fermacravatta?" chiesi. "Ma se manca, come fate a sapere che ne aveva uno?"

"Monsieur le Baron era un po’ un dandy, non siete d’accordo, Natsuki? Il taglio del suo abito, la sua pettinatura. Ha una fede di diamanti all’anulare sinistro ma anche un anello con zaffiro su quello destro. Inoltre, la catena del suo orologio è cesellata e sfoggia tre pendenti. Non riesco ad immaginare che un uomo che veste con questa ricercatezza possa andare in giro senza fermacravatta; e nemmeno mi sembra plausibile che abbia tolto quello ma non gli altri gioielli, o che non si sia cambiato l’abito da sera. E questi ragionamenti sono supportati da questi fili spezzati qui, dove avrebbe dovuto stare il fermacravatta." Indicò la cravatta. "Non saltano all’occhio, ma quando ho dedotto che avrebbe dovuto esserci un fermacravatta li ho cercati. Qualcuno, molto probabilmente l’assassino, ha strappato bruscamente il fermacravatta del barone e lo spillo, o parte di esso, ha rovinato i fili della stoffa mentre lui… o lei… lo tiravano fuori."

"Questo spiegherebbe perché l’assassino ha girato il corpo," dedusse Kanzaki. "Doveva prendere lo spillo e non poteva visto che il barone era caduto a faccia in giù."

"Ma perché prenderlo?" si domandò Tate. "Ovviamente non è stato un furto fatto per soldi," mise in parole quello che il resto di noi stava già pensando.

"Innazitutto, credo, dovremmo scoprire che cosa fosse. La baronessa e il valletto del barone potrebbero dirci cosa stava indossando e grazie a loro due probabilmente sapremo tutto il possibile, a parte qualunque segreto privato il barone stesse custodendo."

"Quindi andiamo a parlarle?" chiesi.

Shizuru scosse la testa.

"No; prima finiamo qui. Ovviamente il tappeto non reca tracce dell'assassimo, in particolare dopo che il dottor Arbuthnot ma anche l'ispettore Barrington e i suoi agenti sono stati qui. Sono interessata a questa faccenda della porta chiusa, comunque. La signorina Gartner mi ha detto che la baronessa ha trovato la porta chiusa a chiave e, visto che non ha ricevuto alcuna risposta dal marito, ha aperto la porta con una delle chiavi di riserva del barone."

"Corrisponde con gli appunti di Barrington."

"Quindi la chiave della stanza non era nella serratura, e non era nella tasca del barone. Dov'è finita?"

"Barrington dice che stava su quel tavolo accanto alla porta, quando è arrivato, la baronessa e il dottor Arbuthnot dicono di non averla spostata o toccata."

"Capisco." Shizuru si alzò e si avvicinò al tavolo. "Hm, tipica di questa fattura. Probabilmente sarebbe impossibile prendere le impronte da questa superficie, visto il disegno."

"Sono d'accordo."

"In ogni caso, questo limita le nostre possibilità. La porta non avrebbe potuto essere chiusa dall'esterno agendo attraverso il buco della serratura e girando la chiave con un attrezzo, visto che la chiave non era nella serratura o sul tappeto. La baronessa o qualcun altro che abbia facile accesso alla stanza del barone potrebbe averla chiusa dall'esterno con la chiave principale. E un duplicato potrebbe essere stato usato da un abitante della casa, o da un estraneo che è uscito da un'altra via."

"Un estraneo? Volete dire che pensate che qualcuno possa essersi preso il disturbo di entrare in casa, farsi strada nei corridoi senza essere visto, commettere un omicidio, chiudere la porta con una copia della chiave—ottenuta in qualche modo che ignoriamo—ripetere il cammino all'inverso e andarsene da dov'era venuto? E per quale motivo?"

Kanzaki, chiaramente, non credeva all'idea.

"Forse per farlo sembrare un lavoro interno?" dissi, poi aggiunsi in tono tagliente, "Visto che, come forse avete sentito, è questo che è successo nel caso Vanderbilt lo scorso autunno."

Però fu Shizuru a farmi notare la falla in quella teoria.

"Il problema di quest'idea è, perché un estraneo chiuderebbe a chiave la porta? Se fosse stata lasciata aperta, allora sarebbe statao più credibile che un residente della casa fosse colpevole, quindi il motivo non sembra che sia questo."

Almeno non era stato Kanzaki a dirlo, pensai. Non credo che avrei potuto sopportarlo se fosse stato lui a distruggere la mia teoria.

"L'altra opzione è che un estraneo abbia chiuso la porta, poi sia uscito con altri mezzi," disse Shizuru.

"Solo che le finestre erano chiuse con il gancio," le fece notare Kanzaki.

"Sì, ma non sbarrate. Sarebbe impossibile chiudere gli scuri dall'esterno, ma non necessariamente un gancio."

Raggiunse la finestra e fissò il gancio, pensosa. Poi sollevò un'imposta. Con cautela, spostò il gancio sul bordo dell'imposta, posizionandolo in modo deliberato.

"Natsuki, vorreste uscire da questa stanza usando la finestra e poi chiuderla dall'esterno?"

"Volete che strisci fuori dalla finestra?"

"Sì, per favore."

"Non possiamo farlo fare a Tate?"

"Credo che Shizuru possa avvalersi, per i suoi esperimenti, dell’aiuto della sua assistente, senza dover prendere in prestito il mio."

Non era una questione di acrobazie, era più che altro la posizione imbarazzante e poco dignitosa che sarei stata costretta ad assumere, che mi irritava. Con un sospiro rassegnato e le guance che senza dubbio erano in fiamme, perché la mia abitudine di portare i pantaloni mi mette in mostra i fianchi e il sedere in un modo che i conservatori troverebbero scioccante, mi chinai e strisciai fuori dalla finestra. Era come ballare il can-can per un pubblico di tre persone.

"Ora abbassate la finestra più dolcemente che potete, poi quando l'avrete chiusa colpite l'intelaiatura," disse Shizuru. Il suo tono di voce non tradiva nulla, ma potei vedere l'ombra di un sorriso nei suoi occhi. La mia reazione apparentemente l'aveva divertita, come spesso succedeva.

"Colpirla?"

"Sì. Colpitela e scrollatela un po'."

"Va bene."

Abbassai l'imposta, poi colpii con il palmo della mano l'intelaiatura di legno e un paio di pannelli. Si udì un click metallico quando uno dei miei colpi spostò il gancio dalla posizione in cui Shizuru l'aveva messo. Cercai di aprire la finestra, ma non si mosse. Tate si avvicinò, sollevò il gancio e aprì la finestra, sollevandola molto di più di quanto avesse fatto Shizuru, visto che non stava facendo giochetti per impedire al gancio di scivolare.

"E questo, credo, spiega l'arcano," disse Shizuru.

"Spiega una possibilità," Kanzaki non l'aveva seguita.

"Al contrario, credo sia una certezza, non a causa della finestra, ma della porta chiusa."

"La porta?"

"Proprio così. Vedete, spiega l'unico ragionevole motivo per cui la porta è stata chiusa. Non c'è ragione di chiuderla per isolare il corpo; perché non ha ritardato la scoperta del cadavere. Trovare chiusa a chiave una porta che non dovrebbe esserlo ha provocato l'esatta reazione che uno si aspetterebbe: un colpo all'uscio e una domanda, seguita dalla preoccupazione per il silenzio del barone. Se ci fosse stata un'altra chiave, sarebbe stata usata quella per aprire, e così è stato. Altrimenti, la porta avrebbe potuto essere abbattuta da un paio di valletti robusti. E anche se chiudere la porta ha sembrato creare un 'mistero della stanza chiusa' limitando i sospetti agli abitanti della casa, loro non avrebbero avuto alcuna ragione per chiudere la porta una volta lasciata questa stanza. No, c'è un'unica spiegazione per la porta chiusa: è stata una precauzione presa dall'assassino per evitare di essere disturbato mentre era ancora nella stanza."

"Ah, quindi intendete—"

"Precisamente. L'assassino ha ucciso il barone, poi ha chiuso la porta a chiave. Se qualcuno avesse tentato di entrare, allora l'assassino avrebbe avuto il tempo di scappare dalla finestra prima che la porta venisse aperta o forzata. Visto che il criminale non ha mai usato la porta per entrare, non c'era motivo di riaprirla, quindi è rimasta chiusa a chiave fino al mattino seguente."

"Ma allora l'assassino come ha fatto a entrare?"

"Sempre attraverso la finestra."

"Non ne sono sicura, Shizuru," dissi. "Una finestra come questa è semplice da forzare per un ladro esperto, sia silenziosamente sia rompendo un vetro, ma sarebbe impossibile entrare furtivamente mentre c'è qualcuno nella stanza, e ucciderlo prima che possa chiamare aiuto."

La vidi di nuovo, quella luce negli occhi che cambiava il suo sorriso anche se le sue labbra non si muovevano.

"Va bene, cos'è che non sto prendendo in considerazione?"

"Solo il fatto che ieri era una calda notte di primavera, il che significa che il nostro assassino potrebbe avere trovato la finestra già aperta. Se il defunto barone era seduto alla scrivania, avrebbe dato la schiena all'altra finestra, quella che non abbiamo usato per il nostro esperimento. Per questo l'ho lasciata stare, potrebbero esserci delle prove che non volevo inquinare."

Si diresse verso di me e tese una mano, toccandomi il fianco. Quasi sussultai a quel contatto improvviso ed inaspettato, ma lei sollevò la mano guantata e vidi che tra le dita aveva una foglia e un rametto provenienti dai cespugli.

“Erano impigliati in un passante della vostra cintura. All’assassino può essere capitata la stessa cosa. Ma…un coltello da lancio o un affondo con una lama lunga come quelle dei bastoni che nascondono una spada, da una finestra aperta, e il barone sarebbe stato facilmente ucciso senza nemmeno emettere un grido di allarme."

Si strinse nelle spalle.

"Naturalmente stiamo entrando nel reame della speculazione. L'assassino potrebbe avere facilmente bussato alla finestra ed essere stato fatto entrare dal barone Maupertuis, con la scusa di doverlo incontrare in segreto, e che per questo non si era presentato alla porta principale. Poi, quando il barone gli ha voltato le spalle…a questo punto abbiamo solo ipotesi, quindi non c'è motivo di dar loro voce senza prove."

Kanzaki si accarezzò il mento con aria pensosa, mentre rifletteva sulle sue parole.

"Almeno, è ovvio che dovremo fare una perquisizione esterna. Barrington potrebbe averci pensato, o forse no, ma delle indagini all'esterno della casa non sono ancora state fatte. Trovare qualcosa confermerebbe la vostra teoria, non che abbia dei seri dubbi, a questo punto. Suppongo che vogliate dare un'occhiata ai cespugli di persona?"

"Alla fine lo farò, sì, ma credo di poter essere sicura che manterrete l'integrità della scena del crimine, Reito. Venite, Natsuki; credo che abbiamo fatto attendere la nostra cliente fin troppo a lungo."

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Capitolo 4
*** 4 ***


4.

Una cameriera ci accompagnò alla stanza da disegno, che mostrava la stessa tendenza per l'arredamento barocco ed esagerato dello studio di Maupertuis, anche se qui l'oro e il bianco erano i colori dominanti. Qui ritrovammo la signorina Gartner, che sedeva accanto ad una donna sulla quarantina, minuta ma piacente. I suoi capelli erano neri come la giada nera, e la sua pelle era pallida, ma il dolore aveva soverchiato la vanità quindi era senza trucco o rossetto, che avrebbero potuto toglierle una decina d'anni. Era seduta come un uccellino impaurito, sul bordo di uno sgabello imbottito dall'aspetto fragile, e un uomo dai capelli biondo sabbia e una barbetta a punta le stava dicendo qualcosa mentre facevamo il nostro ingresso.

La signorina Gartner e l'uomo si alzarono entrambi quando entrammo.

"Mia signora," disse la governante, "posso presentarle la signorina Shizuru Viola e la signorina Natsuki Kuga, che hanno risposto alla vostra chiamata. Signorina Viola, signorina Kuga, questa signora è Genevieve, baronessa di Maupertuis, che ha molto bisogno dei vostri servigi."

"Non così tanto, ormai," le feci notare.

"Pardon?" disse la Baronessa, accentando la seconda sillaba come se parlasse francese.

"Quello che Natsuki sta dicendo, è che abbiamo parlato con il capo Ispettore Kanzaki e credo che siamo riuscite a persuaderlo che le prove sul luogo del delitto non sostengono la vostra colpevolezza."

"Ah! Avevo pensato che il signor Kanzaki sembrava più intelligente, e più comprensivo riguardo le disgrazie di una donna, rispetto a quell'altro bifolco ignorante."

Parlava con un lieve accento francese, che i più sensibili gentiluomini inglesi avrebbero di certo trovato affascinante.

"Perlomeno è più aperto ad accettare i fatti, anche quando non supportano le sue teorie. Come ho detto, i fatti erano dalla vostra parte, come l'esame dello studio del vostro defunto marito ha dato prova."

"Solo perché eravate lì a farglielo notare," mormorai sottovoce.

"Se lo sapete, allora…allora dovete sapere anche com'è stato ucciso il povero Theo," disse la Baronessa.

"In parte," confermò Shizuru. "Ho una domanda per voi. La signorina Gartner ci ha informate che vostro marito spesso lavorava nel suo studio fino a tardi. Era solito tenere una finestra aperta anche di notte?"

"Certo, se il tempo lo richiedeva."

"Ma la finestra era certamente chiusa, stamattina," l'uomo parlò per la prima volta.

"Il dottor Arbuthnot, presumo?" chiese Shizuru. Al suo assenso, lei continuò, "È senz'altro possibile abbassare l'imposta e perfino chiudere il gancio dall'esterno, abbiamo provato. A quanto pare un estraneo è stato responsabile dell'omicidio; il vero problema sarà scoprire chi è stato."

"Capisco. Comunque, ci avete tolto un gran peso dal cuore, signorina Viola."

Sembrava che il dottore condividesse l'opinione che la governante aveva della baronessa. Naturalmente, visto che il morto era il marito di lei, quell'opinione poteva avere un altro significato. Arbuthnot doptutto era un estraneo, e di certo avrebbe saputo dove pugnalare un uomo per colpirlo al cuore con una lama sottile. Dopotutto l'omicidio era stato preciso, eseguito con quella che poteva essere definita, non del tutto per scherzo, chirurgica precisione.

"Suppongo che abbiate delle domande per me, signorina Viola?" chiese la Baronessa Maupertuis.

"Sì. Preferirei non disturbare il vostro dolore, ma dev'essere fatto."

Lei scosse la testa.

"No, no, capisco. E poi, mi sembra di capire che la signorina Gartner vi ha informata della situazione, e che quindi il mio dolore non è quello di un'amante che ha perso il compagno del suo cuore. Theo e io ci volevamo bene. Il nostro matrimonio è stato un affare vantaggioso per le nostre famiglie; ma avevamo vite separate che si incontravano solo in occasione di qualche raduno sociale. Vivevamo tranquillamente, per la maggior parte del tempo, e mi mancherà, ma non sono devastata dal dolore. Lo shock più grande è dovuto al fatto che questo è accaduto in casa mia, e l'orrore e la violenza che ha portato."

"È perfettamente ragionevole," le disse Shizuru. "Anche se passo la mia vita a indagare sui crimini come professione, continuo a sentirmi a disagio e turbata se qualcosa porta violenza nella mia vita."

Un attimo, stava parlando di me? Di quello che era accaduto la notte precedente? Poteva essere. La vicinanza era reciproca, giusto? Quindi, come Shizuru era divetata parte della mia vita e delle mie preoccupazioni, forse lei pensava lo stesso di me?

O forse non mi riguardava affatto. Quello era il problema con le persone sottili. Forse aveva parlato alla baronessa ma aveva mandato un messaggio a me, o forse si stava solo concentrando sul caso mentre io mi scrivevo il resto con le mie fantasticherie.

"Prego, signorina Viola, fatemi le vostre domande. Spero solo di essere d'aiuto a trovare la verità, ora che, a quanto pare, c'è qualcuno a cui importa di scoprirla."

"Suvvia, so che l'Ispettore Barrington è sempre interessato a trovare la giustizia e la verità."

"Il che non significa che sia bravo a farlo," sottolineai.

"Natsuki..." disse Shizuru in tono di rimprovero.

"Credo che la signorina Kuga abbia ragione," rispose la signorina Gartner, tirando su col naso.

"Ma in ogni caso," la Baronessa prese il comando della conversazione di nuovo, "dobbiamo lasciarci il passato alle spalle." Fece un cenno a Shizuru. "Fatemi le vostre domande."

"C'è un modo per accertarci che la finestra l'altra notte era aperta?"

"Ne dubito. Non gli ho fatto visita dopo che ci eravamo dati la buonanotte e lui raramente chimava un domestico nello studio."

"Capisco. Interrogheremo la servitù, naturalmente, ma dubito che l'abbiano notato, anche se uno di loro fosse stato chiamato. Almeno, avete confermato che c'è una ragionevole possibilità che la finestra fosse aperta. Ora, vi ricordate che spillo da cravatta vostro marito stava portando l'altra sera?"

La baronessa battè le palpebre, sorpresa.

"Il suo…spillo da cravatta?"

"Sì. Lo ricordate?"

"Certamente. Ne aveva solo uno che portava di frequente. Teneva gli altri per quelle occasioni mondane in cui i gioielli erano assolutamente necessari, per via della moda, ma nelle altre occasioni ne indossava solo uno. Era certamente quello che portava l'altra notte. Perché? Volete dire che è sparito—che l'assassino del mio Theo l'ha rubato?"

Sembrava sorpresa, quasi incredula, e non potei darle torto. Un assassino che ruba uno spillo da cravatta non era di certo un'idea ovvia, in particolare perché questo non era di valore. E i suoi anelli e l'orologio non erano stati portati via, quindi chiaramente non era un caso in cui un ladro aveva visto una finestra aperta e ne aveva approfittato.

"Crediamo sia così."

"Che cosa bizzarra. Non era nemmeno di ingente valore. Oh, naturalmente era d'oro, quindi di certo valeva qualcosa. Tuttavia non vedo perché qualcuno potesse volerlo."

"Potete descriverlo per me?"

"Bè, era un sigillo, forse alto un centimetro—mezzo pollice, nelle vostre misure?—a forma di triangolo, con una sfera di ossidiana, quindi non una pietra preziosa, incastonata nel vertice superiore. Credo fosse il simbolo di un club o di una qualche associazione a cui apparteneva, ma non ho mai conosciuto i dettagli."

Aveva ragione. Il simbolo era il marchio della Corte d'Ossidiana, anche se fino a quel momento avevo l'avevo visto con i colori scambiati, una sfera d'oro su un triangolo di ossidiana. Non potei fare a meno di chiedermi se questo avesse un qualche significato, per esempio se fosse prova del fatto che chi lo portava apparteneva ad un rango alto all'interno dell'associazione, come la sua posizione all'interno del Primo Distretto.

E, domanda ancor più pertinente, se l'assassino di Maupertuis gli aveva rubato l'emblema della Corte d'Ossidiana, questo significava che chi l'aveva ucciso aveva un conto in sospeso con l'ordine? Che c'era qualcuno come me che aveva sofferto un lutto per colpa loro e cercava vendetta? O, più semplicemente, che il barone avesse in qualche modo scontentato la società segreta e avesse pagato con la vita? Sapevo fin troppo bene che la Corte era disposta a usare l'omicidio per i suoi fini, e riprendersi lo spillo forse indicava che l'Ordine aveva revocato la propria protezione sul morto a causa dei suoi crimini.

Alleato o nemico? Mi chiesi. Quale dei due?

Comunque, certamente spiegava perché i superiori di Kanzaki fossero stati così ansiosi di affidargli il caso e di impressionarlo con i rivolgimenti politici ad esso legati. Gli interessi politici e finanziari della Corte d'Ossidiana erano strettamente intrecciati e seza dubbio coinvolgevano figure di spicco della polizia. Di certo avrebbero voluto che fossero i loro migliori investigatori a lavorare sul caso, nell'eventualità che la società avesse un nemico, e se l'assassinio fosse stato stato ordinato dalla società stessa avrebbero voluto la sottigliezza di Kanzaki per evitare che l'attenzione del pubblico non fosse attirata dalla faccenda, che cercassero di evitare un processo o di gettare un capro espiatorio davanti all'ispettore.

Qualunque fosse il motivo, c'erano delle informazioni, qui. Dovevo tenere gli occhi aperti.

"Sarebbe molto utile se ci diceste tutto quello che riuscite a ricordare di questo gruppo," disse Shizuru, ovviamente raggiungendo le mie stesse conclusioni senza sapere che riguardavano la Corte d'Ossidiana.

"L'assassino ha rubato lo spillo da cravatta del Barone, quindi evidentemente aveva un qualche significato per lui o per lei."

"Io…non lo so," balbettò la baronessa Maupertuis, impotente. "Vorrei davvero aiutarvi, ma non so nulla degli affari finanziari di Theo."

"I suoi affari finanziari?" Shizuru si lanciò su quelle parole, insolite in quel contesto.

"Bè, sì. In verità lui aveva sempre parlato e trattato questa società come se non fosse esattamente un'associazione o…suppongo che voi direste una setta spirituale? Come l'Alba d'Oro o i Teosofisti?"

"Credo di capire, Vostra Signoria."

"Ah, bene. Direi che Theo guardava a questo gruppo come ad una serie di contatti finanziari, con cui poteva lavorare. Credo che fosse sicuro della loro lealtà, perché penso che sia stato grazie al loro aiuto che lui ha avuto successo con la Compagnia di Olanda e Sumatra, a sentire certe cose a cui aveva accennato a suo tempo."

"Questo spiegherebbe parecchie cose su quella faccenda," riflettè Shizuru. "Ho letto i giornali di quel periodo e ho sempre avuto dubbi riguardo la tempistica del fallimento. Se qualcuno credeva che ci fosse qualcuno dall'interno che ha manipolato i mercati sfruttando le sue conoscenze, spiegherebbe certamente il motivo per considerare questa organizzazione, qualunque siano i suoi scopi, responsabile delle perdite. Se l'assassino ha perso del denaro in questo affare, o forse è parente di qualcuno che è stato rovinato, un tentativo di vendetta non è affatto inaspettato."

"Signorina Viola, mio marito era un uomo onorevole! Non vi permetterò di offendere la sua memoria!"

"Perdonatemi, Vostra Signoria," disse Shizuru, conciliante. "Sto solo notando che non è necessario che il Barone Maupertuis fosse effettivamente colpevole di un qualche crimine, solo che qualcuno potrebbe crederlo. Un uomo votato alla vendetta potrebbe facilmente scambiare una semplice associazione per una società dedita ai crimini finanziari."

"Oh…sì, sì, certo. Vi prego di perdonarmi. Avrei dovuto sforzarmi di capire."

"Non preoccupatevi. Viste le circostanze, è più che ragionevole che siate turbata."

"Vi ringrazio."

Riuscii a trattenermi dal manifestare apertamente il mio disgusto. Conoscendo la Corte d'Ossidiana come la conoscevo, sembrava estremamente probabile la teoria che fosse dedita ai crimini finanziari per manipolare prezzi, spargere voci, rallentare la diffusione di cattive notizie e sottrarre ogni centesimo ai loro investitori.

"Sapete se qualcuno ha minacciato o mosso delle accuse contro il barone?" continuò Shizuru.

"No, non lo so, ma...c'era una cosa..."

"Sì?"

Si morse in labbro con un atteggiamento quasi infantile che, sorprendentemente, non sembrava affatto fuori posto in lei, nonostate l'età.

"Sembra sciocco, ma..."

"Vi prego," la incoraggiò Shizuru, "ditemelo. Non si può mai essere sicuri di cosa sia veramente importante finchè non si è indagato su tutto."

"Va bene. Sembra stupido, tutto qui. Theo aveva un amico, un gentiluomo chiamato Robert Merridew, che era uno degli ospiti a questa piccola festa a cui abbiamo partecipato la settimana scorsa. Quando, seguendo le vostre assurde usanze inglesi, le signore hanno lasciato i signori al brandy e ai sigari, ho visto il signor Merridew prendere Theo da parte, e aveva una strana espressione."

"Minacciosa?" chiesi.

"No, tutto il contrario, credo. Sembrava quasi che il signor Merridew fosse spaventato."

"Capisco," disse Shizuru, meditabonda.

"Lo sto dicendo perché il signor Merridew è, credo, un membro della stessa società di Theo; hanno lo stesso spillo da cravatta d'oro e ossidiana—ah! Ossidiana, ecco il nome. La…cosa, di ossidiana…ah! Era come un indirizzo, credo. Il Forte d'Ossidiana? No…La Corte d'Ossidiana. È così che si chiamano. Può esservi d'aiuto?"

Non sapevo se fosse d'aiuto a Shizuru, ma senz'altro aiutò me. Non conoscevo il nome di Merridew prima, e se indossava lo stesso spillo del barone, allora probabilmente era un membro del circolo interno del Primo Distretto. Mi chiesi cosa l'avesse spaventato tanto e, se davvero lo era, la morte di Maupertuis lo avesse spaventato ancora di più, o se lo avesse tranquillizzato.

~X X X~

Ci incontrammo con Kanzaki poco più tardi; Shizuru non aveva molto altro da chiedere alla baronessa e, per delicatezza, aveva aspettato di prendere da parte il dottor Arbuthnot prima di verificare i dettagli medici del delitto, che Kanzaki ci aveva già riferito.

"Abbiamo trovato diversi punti in cui i cespugli sono spostati o hanno i rami spezzati in modo tale che qualcuno possa averli attraversati," disse Kanzaki. "Sfortunatamente, non c'erano impronte; sembra che l'assassino sia passato solo sui punti lastricati di pietra. E non abbiamo trovato stoffa strappata dagli abiti."

"La Baronessa ha detto che il Barone spesso lavorava con la finestra aperta quando il tempo era bello," rispose Shizuru. "Anche se è una dichiarazione che aiuta la sua pozione, non possiamo scartarla."

"Non dopo aver visto le altre prove, no," fu d'accordo Kanzaki. "Nessun punto è conclusivo, ma abbiamo molte circostanze diverse che indicano tutte la stessa cosa, e nulla che la contraddica. Sinceramente, anche se non piace ai giudici, preferisco chiudere i casi in questo modo, piuttosto che con una singola prova evidente."

"Sono d'accordo. Sono sempre incline a non fidarmi delle prove troppo ovvie". Mi sorrise.

"Natsuki direbbe che mi piace complicare le cose."

"È solo che voi due avete delle menti contorte e complicate, quindi pensate che le abbiano anche gli altri. Il criminale medio non è così astuto."

"Per questo Barrington può essere un poliziotto di successo, perché la statistica funziona a suo favore." Non ero sicura se Kanzaki lo avesse inteso come una presa in giro nei miei confronti oppure no. "Ad ogni modo, Shizuru, ora sembra quasi certo che l'omicidio è stato commesso da un estraneo, quindi avete avuto successo nel salvare il collo della vostra cliente dal cappio."

Lei ricambiò i complimenti di lui con un gesto noncurante.

"Non è mai stato un pericolo serio. Un bravo avvocato avrebbe smontato il caso con facilità, e una volta che avete sostituito l'Ispettore Barrington, Reito, è diventato estremamente improbabile per lei affrontare l'arresto. Più che altro, ho affrettato il processo."

"Sospetto che la vostra cliente non sarebbe così disinvolta a riguardo."

"Questo perché è preoccupata delle conseguenze, non dal fatto che in realtà il problema è elementare. Il difficile comincia ora."

"Per Scotland Yard, almeno."

"Perchè, Reito, cosa volete dire?"

"L'avete detto voi. Siete qui per rappresentare gli interessi della baronessa. Non potevate restare indifferente mentre la vostra cliente rischiava di finire in prigione. Bè, ora è salva. Ve ne siete assicurata. Avete fatto il vostro lavoro e potete ritirarvi con la coscienza tranquilla."

"Ara, i vostri superiori devono essere stati molto persuasivi per avervi messo in una tale agitazione," disse lei, posandosi un dito sul labbro inferiore.

"Diciamo che sicuramente verrò rimproverato se scopriranno che un'agente privata è stata coinvolta in faccende che non dovrebbero essere stuzzicate."

Lei si mise una mano sul cuore. "Sarò la discrezione in persona, ve lo garantisco."

"Shizuru—"

"No, Reito; non abbandonerò questo caso solo perché la Corte d'Ossidiana pensa che sia nel suo interesse."

"La Corte d'Ossidiana?" disse lui, irrigidendosi. "Dove avete sentito quel nome?"

"Da sua Signoria. La Baronessa Maupertuis ha detto che lo spillo da cravatta mancante era il sigillo di un'associazione o di una società a cui suo marito apparteneva, chiamata Corte d'Ossidiana. Le implicazioni sono interessanti, non credete?"

Lui scosse la testa.

"Interessanti, no. Pericolose, più che altro."

"Oh? C'è qualcosa di speciale in questo gruppo, che ha attirato l'attenzione di Scotland Yard?"

"Ci sono voci che dicono," mormorò in tono cupo, "che tra i suoi membri ci sono diversi uomini di grande ricchezza e potere."

Il sorriso di Shizuru si allargò.

"Reito, Londra è piena di associazioni, club, società segrete e via dicendo. Alcuni sono club sociali, altri sono di natura mistica, come l'Alba d'Oro, altri sono organizzati per poter indulgere nel vizio, altri sono di fatto partiti politici, e così via. Quello che è universalmente vero è che le voci sulla loro influenza e sulla loro corruzione sono drasticamente esagerate. La Chiesa Cattolica, ad esempio, scomunica chi diventa massone, più che altro a causa di cattiva pubblicità. In verità, mi ricorda il modo in cui i bambini giocano ai pirati o ai fuorilegge. Sembra che ci sia qualcosa nell'animo umano che richiede nomi, rituali e cerimonie quando ci riuniamo assieme."

Reito non potè fare a meno di sorridere, ma solo per un momento.

"Questo è vero, ma non potete negare che alcuni di questi gruppi sono realmente pericolosi, dal vecchio Club Infernale alla Mafia siciliana. E poi, quando uomini ricchi e potenti uniscono le forze, non è necessaria una cospirazione perché diventino pericolosi. Il fatto di essere pronti ad aiutarsi a vicenda per avere più influenza sarebbe sufficiente."

"Siete eccezionalmente insistente a riguardo."

"Visto il peso dell'influenza che ho su di me, credo di averne motivo."

"E io ho una cliente. Buona giornata, Reito."

Mentre lasciavamo la casa dei Maupertuis, non sapevo se imprecare o essere esilarata. I miei sentimenti stavano di nuovo lottando dentro di me, il peso delle informazioni che avevo scoperto contro il pericolo che Shizuru stava correndo e la possibilità che potesse venire a sapere del mio passato. Se avesse insistito, avrei potuto scoprire che dovevo dirle tutto perché potesse proteggersi.

Il problema mi assillava così tanto che lasciai vagare la mia attenzione. Shizuru stava già alzando una mano per chimare una carrozza che era parcheggiata dall'altra parte della piazza, quando mi accorsi che cosa c'era che non andava.

"Shizuru, ho…voglia di camminare per un po'. Spero che non vi disturbi?"

Maledizione, imprecai mentalmente, sembro un'idiota.

"Vi piacerebbe camminare?" ripetè lei, confusa.

"Sì, solo un po'. Intendo, non vengo chiamata a Mayfair tutti i giorni, dopotutto," blaterai. "Almeno per un paio di isolati. Non dovrebbe farci ritardare di molto, vero?"

Shizuru battè le palpebre, poi apparentemente decise di accontentarmi, e mi sorrise.

"Ara, Natsuki pensa di stare diventando pigra? Non mi ero accorta di stare interrompendo il suo programma di esercizi."

"...Idiota," borbottai, sentendomi arrossire nonostante tutto. Speravo – o forse 'pregavo' sarebbe stato più adatto – che mi stesse prendendo in giro e che non pensasse che quello fosse davvero il motivo per cui volevo camminare. Mi avviai di buon passo come se fossi irritata con lei, e lei fu costretta ad affrettarsi per raggiungermi, visto che indossavo i pantaloni, camminavo più facilmente di lei, con quelle sue lunghe gonne.

"Natsuki!"

Rallentai subito, e mi voltai a guardarla – il che mi diede l'opportunità di guardare la carrozza.

"Scusatemi, Shizuru," dissi, ma in realtà mi sentivo benissimo. Il mio piano per avere una scusa per guardarmi alle spalle aveva funzionato, e l'espressione irata del vetturino al di sopra del collo alzato del suo cappotto mi diceva che avevo fatto bene a preoccuparmi.

Mi ero accorta, facendoci quasi finire in trappola, che non c'era motivo che una carrozza aspettasse in quella zona sperando in un passeggero. I residenti di Claremont Court erano persone facoltose che avevano le loro carrozze personali. Se per un qualche motivo avessero avuto bisogno di un veicolo pubblico, avrebbero mandato un domestico a chiamarne uno dalla stazione, ma non c'era alcun motivo che una carrozza vuota se ne stesse in quella piazza.

Noi, d'altra parte, avevamo bisogno di un mezzo per tornare a casa, e quello era lì pronto.

Avrei dovuto stare più in guardia del solito; probabilmente l'avrei fatto se non fosse stato per il fatto che Shizuru aveva un'abilità quasi magica quando si trattava di trovare una carrozza libera. L'avevo vista farle materializzare dal nulla proprio quando ne avevamo bisogno, quindi avevo avuto un valido motivo per abbassare la guardia, nonostante i miei timori personali. Questo sarebbe stato di ben poco conforto se ci avessi guidate allegramente tra le mani degli assassini.

"Allora," mi affrettai a trovare un argomento di conversazione, uno qualsiasi, per distrarre Shizuru dall'incidente prima che si accorgesse che qualcosa non andava, e cominciasse a chiedersi perché qualcuno fosse lì ad aspettarci, soprattutto considerando il fatto che il caso era appena all'inizio.

"Ho notato che non avete detto a Kanzaki di Robert Merridew."

"Non l'ho fatto, vero?" rispose, sorridendo.

"So che vi piace tenere per voi le vostre deduzioni finchè il caso non è chiuso, ma di solito riferite i fatti di cui siete a conoscenza alla polizia; in particolare i dettagli evidenti come questo."

"Di solito lo faccio," confermò, "Ma comunque, di solito lavoro per la polizia, o come minimo ne condivido le responsabilità. In questo caso, ho una cliente privata a cui va la mia lealtà prima di tutto. E in ogni caso, Reito lo scoprirà da solo molto presto, se farà alla baronessa le mie stesse domande, o se le chiederà semplicemente di riferirgli quello che ha detto a me. Voglio solo una possibilità di investigare questo signor Merridew prima che la polizia si metta in mezzo."

"Allora lo chiameremo?"

"No, prima scopriremo chi è, che genere di uomo è. Le deduzioni fatte di persona sono preziose e impressionano i clienti, ma è improbabile che mi dicano se, per esempio, Merridew fosse collegato in qualche modo alla compagnia di Olanda e Sumatra."

"E l'avvertimento di Kanzaki?" mi sentii costretta a chiedere. L'incidente con la carrozza gravava sulla mia mente, facendomi sentire più propensa a desiderare di vedere Shizuru al sicuro, fuori da questa faccenda.

"Cos'ha di speciale?"

"Bè, ovviamente non avevo intenzione di dargli una soddisfazione dicendolo chiaramente, ma non pensate che abbia ragione? Questa 'Corte d'Ossidiana' non sembra il genere di gruppo che tolleri interferenze nei loro affari e dovrete disturbare parecchie persone solo per accertare se la morte del barone Maupertuis abbia procurato loro vantaggio oppure no."

"Natsuki è preoccupata per me?" mi prese in giro lei, e io le rivolsi un'occhiataccia. Ero seria!

"Kanzaki almeno ha l'autorità della legge alle spalle. Questo può fare molto per proteggerlo. Voi siete una privata cittadina, che non ha propria disposizione l'intero apparato della giustizia, pronto a mettersi in mezzo e rimpiazzarvi con un altro per mettervi al sicuro."

Mi fissò per un lungo istante.

"Siete seria, vero, Natsuki?"

"La signorina Gartner è venuta da voi disperata perché l'ispettore Barrington ha subito accusato la baronessa di omicidio. Voi avete sistemato le cose. Barrington è fuori dal caso, e ormai è assodato che la baronessa è innocente, a meno che non pensiate che abbia calato una corda dalla sua finestra, abbia ucciso il marito e si sia arrampicata di nuovo."

"No, credo che questo possiamo escluderlo. La parte superiore del suo corpo non è abbastanza muscolosa da permetterle simili acrobazie. Anche se non possiamo essere completamente certe che l'omicidio non sia stato commesso da un complice esterno, per esempio il dottor Arbuthnot."

"Di certo sembrava apprezzare la parte superiore del corpo della vedova," dissi in tono asciutto. La carrozza non ci stava seguendo, il suo cocchiere, se davvero era coinvolto, aveva probabilmente ricevuto l'ordine di prenderci con l'inganno invece che con la forza. In ogni caso sarebbe stato solo contro noi due e sia io che Shizuru sapevamo badare a noi stesse.

"Battuta pungente, ma sono d'accordo," disse Shizuru, ridendo. "Ma comunque, anche se è possibile che la baronessa abbia avuto un complice—o abbia pagato un assassino—per togliere di mezzo il marito, allora possiamo davvero dire che ormai l'ha scampata?"

"Voi non ci credete."

"No, in effetti, ma le indagini su un crimine non riguardano le ipotesi, ma le prove. Diverse volte le mie supposizioni iniziali si sono rivelate sbagliate—ricordate il caso Norbury dell'anno scorso? Solo seguendo le prove scopriremo se un'ipotesi è corretta."

"Allora non abbandonerete il caso."

"Non posso." Dopo un attimo, come se avesse pensato che era necessario aggiungere qualcos'altro, disse, "Prenderò a cuore le vostre parole e sarò prudente, Natsuki."

Potevo solo sperare che questo fosse sufficiente.

"E ora, se la vostra passione per le passeggiate è stata soddisfatta a sufficienza, vedo una carrozza laggiù. Dobbiamo tornare a Baker Street così possiamo cominciare sul serio. Avanti, Natsuki, la partita è cominciata!"

~X X X~

Note dell'autore: il riferimento di Shizuru al "caso Norbury" è un'allusione all'avventura di Sherlock Holmes intitolata "La Faccia Gialla". Come sempre, i veri casi risolti da Sherlock Holmes sono quelli su cui Shizuru indaga "dietro le quinte".

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Capitolo 5
*** 5 ***


5

"L'Onorevole Robert Merridew," lesse Shizuru dal DeBrett's. "Terzo figlio del generale Lord Shepard Merridew, nominato Visconte di Talmadge a causa dei suoi atti di eroismo durante la guerra di Crimea—il padre, naturalmente. Ha studiato a Eton e Oxford, è stato eletto in parlamento due volte con i Tory, è direttore più o meno onorario di una mezza dozzina di compagnie."

"Anche quella di Olanda e Sumatra?" chiesi.

"Ottima domanda, ma no. Comunque, è nel consiglio di amministrazione della Compagnia Mercantile Capo Horn."

"Ed è significativo?"

"È possibile. Detenevano dei crediti nei confronti della compagnia di Olanda e Sumatra, e avevano ricevuto i profitti di diversi contratti come finanziatori esterni. Quando il crollo si è verificato, hanno ricevuto il pagamento dei loro crediti prima che i soldi potessero arrivare agli investitori, o ai creditori di minor importanza. Di certo questo fa nascere diverse domande. In particolare quando si tiene in considerazione che ci sono state pressioni sul mercato da parte della Fondazione Searrs, che hanno causato la scoperta del fatto che le finanze della Compagnia di Olanda e Sumatra erano poco più stabili di un castello di carte."

"La Fondazione Searrs? Che ruolo hanno in tutto questo?"

"Bè, John Smith era l'amministratore delegato in quel periodo, ed era un membro della Corte d'Ossidiana."

"Sul serio? Come fate a saperlo? Fino ad oggi non avevate idea che la Corte esistesse!"

Shizuru aveva risolto l'omicidio di Smith nel dicembre dell'anno precedente, sbrogliando un'intricata matassa di tradimenti famigliari. Smith era stato membro della Corte, anche se questo dettaglio era stato irrilevante per la sua morte, ma non avevo idea di come Shizuru facesse a saperlo.

"Di certo Natsuki ha fatto caso ai suoi gemelli quando abbiamo esaminato il cadavere?"

Naturalmente l'avevo notato, visto che portava gemelli identici a quelli degli uomini che avevano ucciso mia madre.

"Non particolarmente," mentii a denti stretti.

Shizuru scosse la testa con aria triste.

"Tsk, Natsuki, dovreste allenare la vostra capacità di osservazione. Anche se naturalmente allora non sapevo nulla del loro significato, ricordo che erano l'esatto opposto dello spillo mancante che apparteneva al barone Maupertuis: triangoli di ossidiana con delle sfere dorate. Molto probabilmente rappresentano un diverso grado di importanza all'interno del gruppo. Organizzazioni di tal fatta amano questo genere di simbolismo."

"Quindi state dicendo che…cosa? Che tutta la faccenda della compagnia di Olanda e Sumatra è stata una gigantesca truffa organizzata dalla Corte d'Ossidiana per prendersi il denaro degli investitori e dei soci in affari?"

"I collegamenti sono di certo suggestivi."

Sospirai.

"Un giorno, Shizuru, vi farò una domanda che richiederà un sì o un no come risposta, otterrò effettivamente un sì o un no e cadrò morta a causa dello shock."

"Non possiamo permettere che vi accada, quindi è meglio andare avanti come ora," ribattè senza perdere un colpo.

La porta si aprì, risparmiandomi lo sforzo di pensare a una battuta adatta. Fui grata per l'interruzione; non solo non vincevo mai quando discutevo con Shizuru (chi poteva?), ma provarci era estenuante.

"Buongiorno, signorine," disse la signora Hudson. L'alta scozzese dai capelli rossi fece il proprio ingresso nella stanza e posò il vassoio con il tè davanti a Shizuru, sul tavolino. Sul vassoio c'erano la teiera di terracotta e la tazza di porcellana, il che significava che era tè verde, che bevevo di malavoglia, quindi non c'era una tazza per me. Vedere qualcosa che poteva essere consumato ricordò al mio stomaco che la colazione era stata bruscamente interrotta dall'arrivo della signorina Gartner, così brontolò rumorosamente.

La signora Hudson rise.

"Mi sembra di capire che gradireste qualcosa per pranzo, Natsuki?"

Di solito ci chiamava "Miss Viola" e "Miss Kuga" davati ai nostri visitatori, quando se lo ricordava, ma il suo temperamento esuberate e gioviale era informale quasi come quello di un'americana. Né Shizuru né io ci sentivamo a nostro agio a chiamarla Moria, ma lei diceva sempre che prima o poi ci saremmo arrivate. Probabilmente aveva ragione, non era molto più vecchia di noi (non che ammettesse di avere più di diciassette anni) e questo dava alla vedova la possibilità di aggirare il nostro riserbo. Era solo il fatto che lei era la padrona di casa a noi le sue inquiline, sospettavo, che continuava a mantenere formali i rapporti tra noi.

Arrossendo fino alle orecchie, mormorai, "Potrei mangiare qualcosa."

"C’è ancora tutto l’arrosto di manzo dell’altra sera, potrei mettervelo in un paio di sandwich. Ho l'impressione che mangiare il più presto possibile sia la cosa più importante per voi, in questo momento." Si rivolse alla detective, che si stava già versando una tazza di tè.

"E voi, Shizuru?"

"Niente, grazie."

"Aspettate un minuto," intervenni. "Stavate mangiando quanto me a colazione ed avevate solo tre bocconi di vantaggio quando siamo state interrotte. Come diavolo avete fatto a passare magicamente da affamata a sazia?"

"I francesi, che voi dovreste avere in simpatia per quanto riguarda la cucina, visto che hanno inventato quella salsa che vi piace tanto, hanno l'ammirevole convinzione che i pasti vadano goduti nella loro interezza, senza dover discutere di affari importanti che potrebbero distrarre i commensali dall'apprezzare il cibo. Ed è una convinzione che approvo in pieno. Con un caso per le mani, la mia mente è così consumata dalle mie riflessioni su questo enigma, che non riesco a metterle da parte per dare al cibo l'attenzione appropriata."

"Ci crederei se mangiaste quando non avete un caso," la signora Hudson non era impressionata.

"La mia mente non smette di lavorare durante la vita quotidiana," rispose Shizuru dolcemente.

"Personalmente, spesso la mia mente si ferma quando il mio corpo mi implora di nutrirlo."

"Un disturbo comune, ma che Natsuki dovrebbe imparare a trascendere se desidera sfruttare il pieno potenziale del suo intelletto."

"Bene, Shizuru, fareste meglio a trascendere il vostro disturbo se non volete incorrere nell’ira della vostra padrona di casa," ribattè la signora Hudson, imperturbabile. "Vi porterò da mangiare e dirò ai vostri visitatori che non siete in casa finché non avrete svuotato il piatto."

"Sì, madre."

"Oh, parlando di visitatori, Natsuki, un ragazzino ha portato questo per voi mentre eravate fuori." Tirò fuori una busta dalla tasca del grembiule e me la tese. "Ed ha apprezzato il cibo che gli ho offerto, Shizuru. Dovreste imparare da lui."

Shizuru probabilmente le rispose, ma se lo fece non me ne accorsi. Ero troppo occupata ad aprire la busta, vedendo che l'indirizzo manoscritto "Natsuki Kuga—221B Baker St." era redatto con la calligrafia di Porlock. Però il messaggio era breve, conciso, e frustrante come gli scambi verbali che avevo con Shizuru:

Natsuki: questo non è il nostro solito metodo di comunicazione, ma sono certo che capirai.

LIGITKHUKXJXUEISAXXEOIPAKPZGQ

Un codice! Aveva ragione sostenendo che non era il nostro solito metodo di comunicazione, non usava mai codici. Ma comunque, se c'erano persone che fingevano di mandarmi telegrammi da parte sua per attirarmi in una trappola, aveva senso che stesse cercando di prendere delle precauzioni. Dopotutto una lettera poteva essere intercettata, e per quel che ne sapevo questa avrebbe potuto esserlo—il ragazzino era stato pagato, la busta aperta, risigillata e rimandata alla sottoscritta e nessuno ne avrebbe saputo nulla. O presa con la forza e fatta arrivare a me usando un altro ragazzino. Almeno questa volta c'era la calligrafia a dirmi che il messaggio arrivava direttamente da Porlock.

O forse era solo un ottimo falso.

Okay, questo era improbabile, perché era più difficile che mandare un telegramma e perché non avrebbero mai tentato lo stesso trucco per due giorni di fila. D'altra parte, la prima volta c'ero cascata, vero?

No, ero giunta alla conclusione che il messaggio era autentico, ma un po' di salutare sospetto poteva aiutare una donna in pericolo di vita a stare viva più a lungo. Quindi mi sarei fidata del messaggio, ma sarei rimasta all'erta.

Naturalmente, presumendo che sarei riuscita a capire cosa diavolo significava. Un messaggio in codice implicava che chi lo mandava e chi lo riceveva erano entrambi d'accordo su un certo codice da usare, e noi non lo eravamo. L'unica esperienza che avevo con i messaggi cifrati era stata la mia lettura dello "Scarabeo d'oro" di Edgard Allan Poe, e anche se Porlock sapeva quanto apprezzassi quella storia, questo non faceva di me un'esperta di codici.

Un attimo. Una lettera breve…un semplice pezzo di carta…"Questo non è il nostro solito metodo"…"Lo scarabeo d'oro". Possibile?

Mi precipitai alla scrivania e dopo aver scarabocchiato una copia del messaggio in caso di incidenti, presi un cerino e accesi la candela che usavamo per sciogliere la ceralacca. Con cautela passai il messaggio di Porlock avanti e indietro vicino alla fiamma, cercando di scaldare il foglio senza bruciarlo. Tuttavia non c'era bisogno di essere tanto cauti, visto che non apparvero scritta segrete di alcun genere. A quanto pareva, il messaggio cifrato era proprio il messaggio.

"Non potevi farmela facile, vero, Porlock?" mormorai.

Spensi la candela, tirai fuori la sedia e mi accomodai. Sarebbe stato un lavoro lungo.

L'eventualità più semplice era che Porlock mi avrebbe mandato la chiave di cifratura in un altro messaggio. Sarebbe stato stupido, naturalmente, includere entrambi nella stessa busta, tanto valeva scrivere chiaramente in inglese. Mandarli separatamente avrebbe costretto il nemico ad intercettare due messaggi, la chiave era inutile da sola e il messaggio era inutile senza la chiave. Quindi c'era la possibilità che, se me ne fossi rimasta lì ad aspettare, l'enigma si sarebbe risolto da solo.

D'altra parte, forse non era così. Il che significava che attendere non avrebbe risolto nulla. O avevo ragione, ma la chiave era stata intercettata e non poteva più arrivare. Se una di queste possibilità era reale, allora avevo ottimi motivi per tentare di decifrare il codice. Se non c'era una chiave, evidentemente Porlock si aspettava che fossi in grado di farcela.

Sospirai e presi una penna e la copia del messaggio. Meglio scarabocchiare su semplice carta e non rovinare l'originale.

Questa era proprio il tipo di cosa in cui Shizuru e io eravamo maggiormente diverse. A lei piacevano queste cose. Amava davvero mettere alla prova il suo cervello con un enigma. Non erano solo le soluzioni, le piaceva il processo necessario per arrivarci. Non ero un'idiota, ero capace di usare la logica e la ragione per risolvere gli indovinelli, ma non mi piaceva. Per questo non facevo le parole crociate, non mi sembravano divertenti e il risultato (tutte le caselle riempite. Evviva.) non valeva lo sforzo.

Quindi per me questa sarebbe stata una pena, solo che avevo un ottimo motivo per farlo.

Ragioniamo, mi dissi. La prima cosa che dovevo fare era smettere di chiamarlo "codice". Quello era un messaggio in cui parole o simboli sostituivano le parole, le frasi o le idee. Quello che avevo era una cifratura, in cui ogni lettera è sostituita, in questo caso da altre lettere. Risolverlo era reso più difficile dal fatto che Porlock non aveva messo spazi tra le parole e aveva eliminato la punteggiatura, ed entrambe le cose limitavano la mia capacità di usare le caratteristiche della lingua inglese per poter risolvere l'enigma (come il fatto che alcune parole consistevano in una singola lettera).

Questo mi riportò a Poe e allo "Scarabeo d'oro" che non solo è un'ottima storia, ma un'eccellente guida alla risoluzione dei messaggi cifrati. Cominciai a fare una lista delle lettere che apparivano con maggiore frequenza: quattro X, quattro I, tre K, e così via. Avevo appena cominciato, quando la signora Hudson entrò portando un vassoio carico. Lo posò sul tavolo, poi portò a Shizuru un piatto con una mela a pezzi, prosciutto affettato e un croissant.

"Voglio ogni singola briciola di questa roba nel vostro stomaco. Non potete combattere le ingiustizie mentre lottate contro la fame," sbuffò la signora Hudson. Shizuru, che a quanto pareva sapeva scegliere le proprie battaglie, prese una fetta di mela e cominciò a masticare.

Per me c'era il roastbeef che mi era stato promesso, servito fra due grosse fette di pane nero con pomodori, lattuga, maionese e senape, assieme ad una tazza di caffè fumante per mandarlo giù. Probabilmente cominciai a sbavare non appena lei posò il piatto sulla scrivania. Se non altro ero abbastanza distratta non notare che lei si era fermata a guardare quello che stavo facendo.

"Oh, ehi, un messaggio in codice! Per questo è così interessante avervi come inquiline. Codici, esperimenti chimici, visitatori insoliti. È quasi abbastanza divertente da farmi dimenticare le vostre abitudini più irritanti."

Rivolse un'occhiataccia a Shizuru, che da parte sua non fece una piega.

"Lo so, ma abbiamo costretto la nostra Natsuki a smettere con il suo sconveniente tabagismo, il che ha decisamente migliorato la qualità dell'atmosfera."

"Sapete, se devo essere rimproverata comunque per questa mia abitudine, tanto vale che ricominci, così almeno posso godermi il peccato oltre che prendermi la punizione."

"Forse avete ragione."

"Tornerò più tardi per i piatti," disse la signora Hudson, "e se il vostro non è vuoto, Shizuru Viola, allora quella sarà l’ultima teiera che uscirà dalla mia cucina."

"Voi due state facendo minacce estremamente convincenti questo pomeriggio," notò Shizuru.

"Solo pratica. Io avevo un marito, Natsuki ha voi."

"Ara, ara, ma io mi considero più simile ad una moglie."

"Che c'è, adesso non sono femminile?" sbottai. "Quand'è che siamo passati dalle prese in giro agli insulti?"

Shizuru cambiò espressione.

"Kannin na," disse a bassa voce. La signora Hudson rise.

"Sì, è esattamente questo che intendo." Se ne andò facendoci un cenno di saluto. Ancora seccata, tornai al mio lavoro, alternando gli appunti sul codice a grossi morsi del mio panino, finchè sul piatto non restarono che briciole, e sul foglio una lista della frequenza con cui ogni lettera compariva. Mi accorsi che aveva usato sedici lettere diverse, e pensavo che fossero un po' poche. Ma forse no – per esempio, era improbabile che lettere come la J, la Q, la X o la Z apparissero in un messaggio così breve.

La brevità del messaggio poteva essere un problema, pensai mentre mi leccavo un po' di senape via dal dito indice. Ne "Lo Scarabeo d'Oro", il personaggio di Poe aveva avuto un lungo testo su cui lavorare, il che aumentava le possibilità di risolvere una cifratura per sostituzione usando l'analisi di frequenza.

"Natsuki?"

La voce di Shizuru era sommessa, quasi esitante, e mi chiesi se temesse di avermi offesa sul serio – in effetti l'aveva fatto, ma solo un po'. Il "kannin na" di poco prima era prova che era veramente spiacente; se stava solo giocando inevitabilmente mi chiedeva scusa in inglese, ma quando voleva sinceramente il mio perdono – ammettendo di aver oltrepassato una linea – scivolava nel giapponese.

"Se state cercando di decifrare un codice, forse potrei esservi d'aiuto."

"Va tutto bene, Shizuru," dissi. "Questa è... una faccenda personale."

Mi aspettai una battuta su incontri romantici o lettere d’amore o qualcosa del genere, ma non arrivò.

"Oh, capisco."

Capendo che si stava sentendo davvero in colpa per aver spinto le sue prese in giro troppo in là, e capendo che forse ero stata troppo dura con lei a causa dei miei problemi, aggiunsi, "Ma grazie per l'offerta. La apprezzo."

Funzionò, lei mi rivolse un beve, sincero sorriso.

"Di nulla."

Prese le bacchette e cominciò a dedicare la sua attenzione al prosciutto, mentre io prendevo la penna e dedicavo la mia alla cifratura. Sfortunatamente, dopo tre quarti d'ora spesi a provare una varietà di combinazioni e possibilità, non ero più vicina alla soluzione di quando avevo cominciato e, cosa ancora peggiore, avevo finito le idee.

Il che significava che avevo una scelta.

Avrei potuto mettere da parte il messaggio, sperare che una chiave venisse consegnata in un prossimo futuro e rischiare di perdere un messaggio che il mio informatore più affidabile aveva ritenuto tanto importante da essere protetto con un codice.

O avrei potuto chiedere aiuto alla mia amica, mettere le sue superiori abilità di analisi contro quell'enigma, e rassegnarmi al fatto che avrebbe potuto gettare uno sguardo nella mia vita privata.

Mi venne un dubbio. Perché Shizuru era rimasta nelle nostre stanze, aspettando pazientemente mentre lottavo per decifrare il messaggio? Non avrebbe dovuto essere fuori a lavorare sul caso, a raccogliere informazioni su Robert Merridew? Invece era ancora là, che mi dava il tempo di sistemare i miei affari in modo che potessi essere libera di unirmi a lei.

E comunque, avevo forse scelta? Avevo bisogno di quell'informazione e Shizuru...Dio, Shizuru si era guadagnata la mia fiducia un centinaio di volte, vero?

Feci un profondo respiro. Era strano, il modo in cui dovessi radunare tutto il mio coraggio per fare una cosa così semplice.

"Shizuru, sareste disposta ad aiutarmi?"

Ci fu un lungo istante di silenzio. Perché no? Sapeva con quanta tenacia protegessi la mia privacy, e quanta fiducia stessi riponendo in lei. Naturalmente se ne sarebbe accorta.

"Ne sarei lieta," rispose, sorridendo dolcemente in un'espressione completamente diversa dalla sua solita maschera di serenità.

Poi si alzò dal divano e mi raggiunse alla scrivania, la consulente investigativa al lavoro, forse sapendo che qualsiasi discussione riguardo ciò che questo significasse per me mi avrebbe imbarazzata a non finire. Mi alzai e le cedetti il posto, poi la osservai mentre lei studiava il messaggio e gli appunti.

"Capisco," riflettè. "Bene, per ora non vedo nulla di sbagliato nel vostro lavoro. Al contrario, avete dimostrato che il signor Porlock—presumo sia un uomo, visto che è improbabile che chiamiate una donna per cognome?"

Annuii. Questo era l'esatto motivo per cui avevo paura di dare questo passo—non avrebbe visto solo il contenuto del messaggio, ma da una dozzina di piccoli dettagli sarebbe riuscita ad estrapolare informazioni che non avrei mai voluto dirle.

"Un pennino largo e inchiostro e carta economici implicherebbero una persona di basso ceto sociale, ma il signor Porlock scrive con una mano molto educata, che stona con gli altri dettagli. Aggiungendo anche il messaggio in codice, direi che si tratta di qualcuno che lavora con metodi sottili e non strettamente legali?"

"È una specie di intermediario, di tanto in tanto si occupa di procurare oggetti rari, ma di solito trova e vende informazioni," spiegai. "È l'informatore più affidabile che ho, e il migliore…anche se le sue tariffe tendono a riflettere queste sue qualità."

"Sembra una persona molto utile."

Fu in quel momento che mi accorsi del perché avesse recitato le sue deduzioni dal messaggio. Non era certo obbligata a condividerle, dopo tutto. Avrebbe potuto immagazzinarle in quella sua mente che era come una trappola d’acciaio, per poi attaccare il codice. Ma voleva che io sapessi che lei sapeva. Voleva che io fossi consapevole di quanto in profondità la lasciassi guardare nei miei segreti.

Questo mi commosse.

"In ogni caso," continuò, "il vostro lavoro dimostra che il signor Porlock non ha usato una semplice cifratura di sostituzione per criptare il messaggio. Dobbiamo cercare un codice più complesso. Ho notato che poco fa avete testato il foglio per controllare che non ci fosse una scritta con l'inchiostro invisibile, e presumibilmente avete fallito, quindi possiamo concludere che questa stringa di lettere non è un'esca, come dite voi scrittori di racconti polizieschi. Quindi è stata scritta per veicolare un messaggio. Questo ci fa sapere un dettaglio importante: lui crede che voi possiate decifrarlo. O conoscete la chiave—ed è chiaro che non avete idea di quale sia—o siete in grado di decrittarlo."

"Ho pensato che possa aver mandato la chiave separatamente."

"No, potrei accettarlo come parte di un piano fra voi due, discusso dopo aver valutato i rischi, ma non è il caso di una comunicazione che avviene una volta sola. La soluzione dev'essere qui su questo foglio. Quindi, possiamo escludere stratagemmi esotici come una scitala."

"Una cosa?"

"Uno strumento usato dagli antichi Greci. Una striscia di carta viene avvolta attorno a un bastone, il messaggio viene scritto attraverso la striscia, il che rimescola l'ordine delle lettere, trasformando il messaggio in un anagramma. Questo potrebbe essere usato in un messaggio già criptato per impedire ai crittografi di vedere parole riconoscibili. Ma non può essere applicato qui, perché dovreste avere un bastone dello stesso diametro, per rimettere le lettere nella giusta posizione. Vedete? La soluzione non puà dipendere da qualcosa che non conoscete."

Sospirai.

"Capisco, ma per ora non sto esattamente esplodendo per via di tutta questa conoscenza che dovrei avere."

"Allora potrebbe essere...ah!"

"Cosa?"

"Forse un cifrario Vigenere?"

"Questo non mi aiuta."

"È stato battezzato in onore di Blaise de Vigenere, ma in realtà è stato inventato dal grande crittografo italiano Giovan Battista Bellaso." Fece un sorriso malizioso, ricordandomi le sue origini per metà veneziane.

"Sapete cos'è un cifrario di Cesare?"

Quello lo conoscevo.

"È un semplice cifrario usato da Giulio Cesare, in cui si sposta l'alfabeto di un numero prefissato di posizioni. Se lo spostate di due posti, la A diventa C, la B diventa D, la C diventa E e così via. È più semplice da risolvere di qualsiasi altro cifrario, perché tutte le lettere seguono lo stesso schema; basta trovarne un paio e diventa ovvio."

"Esatto! Il cifrario Vigenere è un sistema per usare diversi cifrari di Cesare per criptare un messaggio con una parola o una frase come chiave."

"Cesari multipli? Intendete che la prima parola userebbe una regola, la seconda una diversa, eccetera?"

"Più o meno."

"Più o meno?" alzai gli occhi al cielo. "Shizuru, non mi facilitate le cose."

"Non dovrebbe essere facile," disse in tono di scusa. "Forse un esempio aiuterebbe?"

"Provare non può far male."

"Vero. Diciamo che il vostro messaggio sia, uhm, 'Natsuki ama la maionese.'"

Lo scrisse: NATSUKILOVESMAYONNAISE.

"E diciamo che la vostra chiave è qualcosa di semplice, come 'pistola.' Ora, dovete scrivere quella parola sotto il messaggio, una lettera esattamente sotto ogni lettera del messaggio." Scrisse: PISTOLPISTOLPISTOLPIST.

"Ora quello che dovete fare è semplicemente criptare ogni lettera del messaggio usando il cifrario di Cesare, dove la A corrisponde alla lettera della parola chiave che sta sotto la lettera che state criptando. Quindi per la N, userete l'alfabeto in cui la A è una P, quindi le lettere saranno spostate di quindici posizioni. Quindi la N diventerà una C. Poi cifrerete la lettera seguente, una A, con l'alfabeto in cui la A corrisponde alla I, quindi scriverete I. Dunque 'NATSUKI' diventa,"—trovò rapidamente le corrispondenze—"CILLIVX."

"Il che assomiglia ad un numero romano scritto male. Ma ho capito—sia la I che la L appaiono due volte in quell'unica parola, ma in realtà rappresentano lettere diverse, quindi l'analisi di frequenza non funziona."

"Proprio così. Ora, un cifrario Vigenere può essere risolto, in particolare se la chiave è breve e si ripete molte volte all'interno del messaggio, generando degli schemi. Più lunga è la chiave, più è difficile risolverlo. Per esempio, uno potrebbe usare un versetto della Bibbia, visto che in questo paese è molto facile procurarsi un'edizione della Bibbia di Re Giacomo, e quindi non ci sarebbe bisogno di memorizzare la frase o portarsela dietro."

"Non ricordo di aver mai discusso di religione con Porlock," dissi. "Più che altro finivamo distratti dalla sua passione per la storia del crimine."

"Una materia degna di essere studiata. Pochi crimini sono davvero originali, molti possono essere risolti con la conoscenza del passato. Ha qualche preferito?"

"Jack lo Squartatore, forse," riflettei. "Sul serio, non mi ha mai raccontato due volte la stessa storia. Perché? Pensate che potrebbe essere la parola chiave?"

"Dovrebbe essere qualcosa che siate in grado di indovinare con facilità, credo. Non abbiamo tempo di risolvere un Vigenere usando la forza bruta, per così dire."

"Sempre che questo sia un Vigenere."

Però dovevo ammettere che la sua idea aveva senso. Porlock poteva aver pensato che conoscessi il Vigenere grazie al mio amore per la letteratura gotica e del mistero, e se una parola chiave poteva essere comunicata facilmente…

Comunicata...

Lessi di nuovo la lettera. Questo non è il nostro solito metodo di comunicazione…possibile? Un indizio per la chiave?

"Provate 'telegramma,'" dissi.

"Come avete detto, Natsuki?" chiese Shizuru, alzando lo sguardo su di me.

"Provate 'telegramma' come parola chiave."

"Va bene."

Le ci vollero solo un paio di minuti per decifrare l'intero messaggio di Porlock: SEVENTHIRTYTONIGHTMAISPORLOCK.

"Sette e mezza stasera, da Mai. Porlock," lessi ad alta voce.

"Ara, credo che Natsuki abbia un appuntamento per cena."

X X X

Note del traduttore: DeBrett's è una casa editrice fondata alla fine del 1700. Tutt'ora attiva, pubblica guide e manuali di galateo, ma la sua  pubblicazione più celebre è il Debrett's Peerage & Baronetage, un almanacco che esce a cadenza annuale e che contiene informazioni sulle famiglie nobili di Inghilterra e di Scozia.

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Capitolo 6
*** 6 ***


6

Shizuru aveva tentato di incontrare il signor Robert Merridew al club che frequentava, il Bagatelle, dove di solito si recava tra le due e le cinque del pomeriggio e dove spesso si tratteneva per la cena, ma a quanto pareva erano due giorni che non si faceva vivo. Shizuru aveva già scoperto che questo era alquanto preoccupante, un sentimento condiviso dal direttore del club. Anche se le signore non potevano entrare nel club, Stanza degli Ospiti a parte, una mancia generosa aveva rassicurato Shizuru (o almeno le aveva dato la ragionevole certezza) che "il signore non è qui" non era un modo educato di dire "il signore non vuole vederla".

"Da cosa si sta nascondendo?" chiesi alla mia amica mentre la nostra vettura si allontanava dal club.

"Ah! Allora anche voi avete avuto la stessa impressione?" disse, balzando sulla mia scelta di parole. "Ditemi perchè."

"Bè...perchè..." balbettai, chiedendomi perché all'improvviso mi stesse mettendo sotto i riflettori. "Ha litigato col barone Maupertuis, o almeno ha avuto con lui una discussione molto agitata, e ora il barone è morto. Anche la baronessa ha avuto l'impressione che Merridew fosse spaventato da qualcosa. Ora scopriamo che ha cambiato la propria routine e sta evitando l'unico posto pubblico che frequentava abitualmente."

"Non necessariamente 'l'unico posto pubblico'," disse lei.

"Ne avete trovati altri?" sapevamo entrambe la risposta. "Quindi, sì, potrebbero essercene degli altri, ma se non li avete trovati nel giro di un pomeriggio significa che non sono poi così ovvi."

"Sono d'accordo."

"Quindi la questione è, se si sta nascondendo, allora da chi? Era coinvolto in qualche affare sporco assieme a Maupertuis—come la compagnia di Olanda e Sumatra o qualcos'altro—ed ora sta fuggendo dalle conseguenze? L'assassino del barone sta dando la caccia anche a lui? O forse ha ucciso Maupertuis e ora sta fuggendo dalla legge? Però se fosse colpevole probabilmente invierebbe un sicario invece di fare da solo, a questi uomini d'affari non piace sporcarsi le mani."

"Ara, così tante domande."

"E così poche risposte, a meno che non siate a conoscenza di qualcosa che non volete rivelarmi."

"Non in questo caso. Con un po' di fortuna, potremo trovarne a casa sua."

Il che non sarebbe accaduto, almeno non per me. Ero stata messa a morte dal Primo Distretto, non sarei certo entrata nella casa di uno dei suoi membri senza essere assolutamente sicura che ne sarei uscita. Fortunatamente, avevo una buona scusa.

"Scusate, Shizuru; non ci sarà un 'noi', questa volta."

"Ah, il vostro appuntamento col signor Porlock."

"È proprio necessario usare le parole 'appuntamento' e 'Porlock' nella stessa frase?"

Gli occhi scarlatti di Shizuru ridevano.

"Pensavo che il signor Porlock fosse uno dei fedeli compagni di Natsuki."

"Mi appoggio a lui perché è un contatto affidabile. Ma una relazione sentimentale?" tremai. La mia reazione fece ridere Shizuru.

"Molto bene, cercherò di non dirlo mai più."

"Lo apprezzo, così non avrò quell'immagine in testa durante la cena."

Arrivare in anticipo al mio ultimo incontro con Porlock mi aveva permesso di entrare nella trappola prima che mi era stata tesa prima che si chiudesse attorno a me, e sistemare i sicari mentre ne uscivo. Avevo pensato che fosse un bene continuare così, quindi non avevo mentito a Shizuru quando le avevo detto che dovevo prepararmi per il mio appuntamento—Gah! Di nuovo quella parola! Lei non mi aveva fatto notare il fatto che ero molto in anticipo, quindi o aveva pensato che dovessi fare qualche altra commissione prima di andarci, e non voleva essere invadente facendomi domande in proposito, oppure si era fatta un'idea di quello che stavo progettando.

Non ero sicura di cosa mi irritasse di più, che Shizuru pensasse che le stessi mentendo, o che fosse a conoscenza del pericolo che stavo correndo, tanto da capire le precauzioni che prendevo. La linea tra la mia vita privata e quella che condividevo con lei si stava facendo sempre più indistinta, facendomi sentire come se stessi in piedi su un terreno instabile. E non era una posizione in cui volevo trovarmi mentre ero sul punto di concludere le cose con gli assassini di mia madre, sempre che non fossi morta prima.

"Se volete, Natsuki, potrei venire con voi," propose Shizuru. Voleva essere gentile e sostenermi, ma era l'ultima cosa di cui avevo bisogno proprio quando ero nel mezzo di un acceso dibattito con me stessa su quanto profondamente stavo permettendo a Shizuru di vedere nei recessi della mia vita.

"Non sarà necessario," dissi in tono tagliente, troppo tagliente. Lei sussultò, non per le parole ma per l'atteggiamento con cui erano state pronunciate, e feci un profondo respiro. "Perdonatemi. Non volevo sbottare a quel modo, ma è una faccenda personale. Non posso rivelarvi tutti i dettagli, e non voglio che veniate coinvolta nei miei problemi."

"Natsuki ed io siamo amiche, no? Se siete nei guai o avete delle difficoltà vorrei aiutarvi, proprio come voi mi aiutate nei miei casi."

"Shizuru, io non vi aiuto nei vostri casi, vi seguo in modo che abbiate qualcuno con cui parlare e che possa essere impressionato dalle vostre deduzioni. Non è la stessa cosa."

"Ma Natsuki mi è di grande aiuto! Non ricordate il caso del furto del collare di Wortham? Non solo siete stata estremamente utile per aiutarmi a dedurre il modo in cui si era svolto il crimine, ma i vostri contatti ci hanno portate direttamente al ladro. Oltretutto, è molto di più che la vostra assistenza diretta ad aiutarmi. Voi sottovalutate la vostra importanza; le nostre conversazioni mi sono molto più utili per scoprire la verità dello starmene da sola a riflettere.

"Però, più importante della quantità di aiuto che mi date, è il motivo per cui me lo offrite. Non siete un’investigatrice, non venite pagata dai miei clienti, mi aiutate per semplice amicizia al punto di essere disponibile ad affrontare un pericolo lottando contro ladri ed assassini!"

Cossi la testa.

"Sono due cose diverse, Shizuru."

"No, non lo sono. Voglio aiutarvi, Natsuki. Dovete ammettere che sono in possesso di abilità che vi sarebbero utili in quel genere di affari che implicano incontri con un informatore della malavita."

"Lo so," dissi, poi ripetei, "Lo so, Shizuru. Io...Io non voglio trascinarvi in tutto questo. È una faccenda orribile."

"Ho a che fare con questo genere di cose."

Scossi la testa.

"Voi credete nella giustizia, Shizuru. Nel rimettere a posto le cose e nel proteggere gli innocenti e nel simpatizzare con il dolore di un amore perduto. Nel mio passato ci sono state molte occasioni in cui, se mi aveste incontrata, la vostra prima reazione sarebbe stata quella di mettermi in prigione. Le mie abilità nella lotta, le armi da fuoco, la raccolta di informazioni, lo scassinare serrature e penetrare nelle case non sono uscite dal nulla. Questo va oltre l’amicizia o perfino il rischio. Sarebbe diverso, sapete, se questo fosse un romanzo gotico e io stessi dando la caccia a un vampiro per il bene dell'umanità. Ma non si tratta di qualcosa di così puro e nobile." Tesi la mano ed appoggiai la mia mano guantata sul suo braccio, stringendolo con affetto.

"Non ho il diritto di farvi questo, e non lo farò."

Cercando di addolcire l'impatto del mio rifiuto, mi costrinsi a sorridere e dissi, "Apprezzo l’offerta, comunque. So che è sincera e… non sono abituata ad avere persone che siano disposte a fare questo per me. Significa molto per me. "

Strinsi di nuovo il suo braccio, poi lo lasciai andare. Shizuru non discusse. Infatti, non disse un’altra parola finché non tornammo a Baker Street.

 

~X X X~

 

"Mai" è un ristorante di Limehouse, quella zona dei moli dove i membri delle varie comunità asiatiche di Londra si sono riunite per costruire le loro case lontano da casa. La comunità cinese è la più numerosa e conosciuta, ma ne esistono anche altre, all'interno di pochi isolati fra i milioni della più grande città del mondo occidentale. Il ristorante in realtà ha un nome proprio ma nessuno lo usa, il motivo per cui la gente va a mangiare lì è la cucina di Mai Tokiha. Ogni volta che mi viene voglia di cibo giapponese vado da Mai, e oltretutto lei era la mia amica più stretta prima che incontrassi Shizuru.

A pensarci bene, questo diceva parecchio (e nulla di lusinghiero) riguardo la mia capacità di farmi degli amici, perchè anche se fra noi c'era dell'affetto, la mia relazione con Mai era interamente superficiale.

A volte penso che mi veda come un altro gattino randagio di cui prendersi cura, pensai, poi mi scusai mentalmente con lei. Mi scusai due volte: una per il modo in cui pensava a me, e una seconda per aver ridotto la sua natura generosa e premurosa a qualcosa di cui ridere.

A dire il vero, a volte mi sentivo a disagio attorno a Mai, perché la consideravo una persona migliore di me. Aveva i suoi difetti, incluso un grave complesso materno, ma era una delle poche persone che conoscevo di cui potevo dire con sicurezza che erano 'buone'. Il mondo aveva bisogno di più persone come Mai, mentre avevo il sospetto che una sola Natsuki fosse più che sufficiente. Quei pensieri deprimenti però non erano il punto. Il problema più pressante era che il ristorante di Mai era un luogo che frequentavo con regolarità. Avevo il sospetto che fosse per questo che Porlock l'aveva scelto—dopo il nostro ultimo incontro, non voleva portarmi in un posto in cui mi sarei sentita a disagio. Gentile da parte sua. Ma anche problematico.

Il fatto è che una donna condannata a morte non può permettersi di essere prevedibile. Non avevo notato sorveglianti attorno al nostro alloggio, il che, sospettavo, aveva a che fare con Shizuru. Non era molto intelligente mettere una spia sotto gli occhi della più grande detective di Londra, non avrebbe certo potuto starmi dietro mentre Shizuru investigava su di lui o gli metteva la polizia alle calcagna. Ma il ristorante era un'altra storia. Se fossi stata al posto della Corte, avrei di certo messo degli scagnozzi lì attorno, perché mi trovassero, e forse per organizzare un'imboscata.

Scoprii che avevo ragione. Il mio modo di vestire mi aiutò in quella situazione, optai per avvolgermi in un mantello informe e farmi strada nelle vie di Limehouse con l'aspetto di uno dei suoi inquilini meno fortunati, non come me stessa. Ce n'erano almeno due che sembravano possibili spie: un perdigiorno che bighellonava in un vicolo e che sembrava fin troppo attento a chi entrava dalla porta del ristorante, e un mendicante i cui occhi attenti non cercavano possibili fonti di guadagno, ma continuavano a fissare la porta.

Forse ce n'erano altri, dopotutto non ero Shizuru, ma comunque avevo i miei metodi per scoprire le cose. Feci il giro dell'isolato e imboccai il vicolo in cui era nascosto il primo, alle sue spalle, liberandomi del mantello e tirando fuori il mio coltello dallo stivale. Mi incamminai cercando di essere il più silenziosa possibile. Il che significa che fui molto silenziosa—ero brava in queste cose—e il tipo non era bravo nel proprio lavoro. Prima che si accorgesse che ero lì, avevo passato il mio coltello nella sinistra e gliel'avevo puntato alla gola mentre con la destra gli torcevo il braccio dietro la schiena in modo che non tentasse scherzi.

"Cerchi qualcuno?" chiesi gentilmente.

"Che-che stai facendo? Chiamerò—"

"E sarai morto prima del tuo prossimo respiro. So cosa stai facendo qui, quindi come puoi vedere non sono dell'umore giusto per i giochetti."

"Io non ho—"

Affondai la punta del coltello più in profondità e lui tacque all'istante. Lo considerai un progresso.

"In quanti siete?"

"Io non—"

"Quanti?"

"Due!" ansimò. Potei vedere il sudore imperlargli il viso.

"Chi altro?"

"Kenton. È vestito come un mendicante, mezzo isolato più giù."

"Per chi lavorate?"

"L-Lautrec. Jules Lautrec."

Quello poteva essere utile.

"E lui per chi lavora?"

"Non lo so! Il capo non ce l'ha detto! Aveva paura che avremmo fatto da soli."

"Uomo intelligente."

Lo colpii sulla nuca con l'impugnatura del coltello, e lui cadde come un sasso. Usai le sue bretelle per legarlo mani e piedi, e lo imbavagliai col suo fazzoletto.

Non potevo usare la stessa tecnica con Kenton, almeno non in strada sotto gli occhi di tutti. Limehouse non era certo Park Lane, ma i suoi cittadini avrebbero senz'altro reagito al vedere una donna attaccare un mendicante. D'altra parte, lui non avrebbe tentato di accoltellarmi in strada. Avrebbe cercato di portarmi fuori vista e—come i tre scagnozzi di Whitechapel la sera precedente—in un posto dove avrebbero potuto sopraffarmi grazie alla superiorità numerica. Gli avrei dato quell'opportunità.

Scivolai lungo la strada, mantenendomi il più possibile vicina agli edifici, e feci cadere una moneta nella tazza di Kenton. Lui alzò lo sguardo su di me, sorpreso, e quella sorpresa crebbe quando si rese conto che corrispondevo alla descrizione che gli era stata fatta del suo bersaglio. Cercò di nasconderla, e socchiuse gli occhi.

"Grazie, miss."

"Ti piacerebbe guadagnarne il doppio?" chiesi, visto che gli avevo dato mezza sovrana, questo attirò la sua attenzione con la stessa facilità con cui avrebbe attirato l'attenzione del mendicante che interpretava.

"Mi piacerebbe. E come?"

"Mi sembra che tu abbia una buona vista. Dovresti farmi il favore di stare qui e cercare una persona."

"Chi?" chiese lui, insospettito. Forse stava recitando, forse no, forse il suo accento era finto. Risposi recitando anch'io, guardandomi intorno con aria circospetta.

"Non qui. Troppe orecchie."

"Dove, allora?"

Finsi di rifletterci su.

"Quel vicolo là." Feci un cenno nella sua direzione. "È bello tranquillo."

"Mi sta bene," rispose, com'ero sicura che avrebbe fatto. Dopotutto, il suo bersaglio lo stava invitando proprio dove il suo collega era in attesa, un'occasione perfetta per un'imboscata. Avevo idea che Kenton e l'altro fossero lì con il compito di osservare, più che di eliminarmi, ma di sicuro non avrebbero perso l'occasione di ricevere una ricompensa dal loro boss per aver concluso il lavoro non appena si fosse presentata l'opportunità.

Kenton si alzò in piedi, raccogliendo la propria tazza e infilandola negli stracci che indossava. Mi chiesi se si sarebbe intascato quei soldi o se lo avrebbero costretto a dividerli con i suoi compagni. Mi seguì dall'altra parte della strada, oltrepassando numerosi giapponesi, sia uomini che donne, sia vestiti all'europea che nei loro abiti tradizionali, e diversi occidentali, in genere marinai. Stava un passo dietro di me quando entrammo nel vicolo, visto che non potevo impedirglielo senza risultare sospetta.

"Eh, Harry, do—" cominciò il mendicante, poi si accorse che il suo amico non era dove si era aspettato che fosse. L'attimo seguente lo vide svenuto in fondo al vicolo. Un uomo più intelligente avrebbe fatto due più due, rendendosi conto che il suo collega era stato steso dal bersaglio, cioè la sottoscritta, visto che ero venuta a cercarlo e lo avevo portato lì, ma il tipo non era così sveglio.

"Harry, ma che—?"

Fece due passi avanti di riflesso, mentre io ne facevo uno all'indietro per poi saltargli addosso. L'impugnatura del coltello fu di nuovo un eccellente surrogato di un manganello, aumentando la mia collezione di scagnozzi svenuti a due.

Usai gli stracci di Kenton per legare e imbavagliare anche lui, poi li perquisii entrambi. Ognuno di loro aveva in tasca un coltello, e Kenton ne aveva un altro infilato nella manica, mentre Harry aveva anche un manganello. Buttai le armi in fondo al vicolo, in modo che non potessero usarle per liberarsi, poi li lasciai alla mercè dei malfattori del quartiere, mentre attraversavo la strada per entrare nel ristorante.

Nel momento in cui attraversai la soglia i profumi deliziosi che venivano dalla cucina mi avvolsero, facedomi venire l'acquolina in bocca mio malgrado.

"Natsuki!" disse una voce acuta e infantile. "È una vita che non ti vedo!" aggiunse in giapponese.

Si chiamava Mikoto Minagi; aveva circa quattordici o quindici anni, capelli corti fatta eccezione per due lunghe ciocche sulle tempie, che portava strette in due trecce. Era il classico caso dell'immigrata che non aveva trovato in Inghilterra una famiglia ad attenderla, così aveva cominciato a vivere per strada quasi come un animale, prima che Mai, essendo Mai, la prendesse con sé. Era devota a Mai come chiunque poteva aspettarsi, aiutava al ristorante ed era sempre di un buonumore inossidabile, nonostante tutto quello che aveva passato.

"Ciao, Mikoto, come stai?"

"Bene! Takumi incontrerà i genitori di Akira questo weekend, quindi Mai chiuderà il ristorante e mi porterà a fare un picnic a Hampstead Heath!"

Le sorrisi.

"Sembra divertente."

"Mmm-hm! Non vedo l'ora. Vieni, c'è un sacco di spazio al bancone."

"A dire il vero, Mikoto, devo incontrare una persona. Potremmo avere uno stallo, e che sia il più privato possibile?"

"La signorina Viola?"

"No, un uomo."

Inclinò la testa da un lato, guardandomi incuriosita.

"Natsuki ha un gentiluomo che le fa la corte?"

Sbuffai.

"Certo, come no. Si tratta di affari."

"Oh. Okay." La mia risposta sembrò rasserenarla. "Vieni, da questa parte."

Mi guidò attraverso la stretta stanza, oltre i clienti che sedevano ai tavoli affollati o negli stalli, persone di tutte le razze e vestite in mille modi, delle più svariate classi sociali. La combinazione di prezzi accessibili e buon cibo attirava un gran numero di clienti. Uno stallo in fondo, nell'angolo, era libero. Era troppo vicino al bancone per essere perfetto, ma la porta della cucina era lì vicino, il che significava che le uniche persone che avrebbero ascoltato la nostra conversazione sarebbero stati i camerieri, che certamente non erano coinvolti on la Corte D'Ossidiana. Mentre aspettavo l'arrivo di Porlock osservai gli avventori e sorseggiai il mio tè; nessuno dei clienti mi insospettì, e il pensiero di Porlock mi fece venire il mente Shizuru, il modo in cui si era offerta di venire con me, e il fatto che avevo rifiutato il suo aiuto.

Grazie al cielo Porlock fece il proprio ingresso nel locale prima che avessi la possibilità di affondare nei miei pensieri deprimenti troppo a lungo. Il suo sguardo esaminò il locale e si posò su di me; Mikoto gli si avvicinò mentre entrava, ma lui le disse qualcosa e fece un cenno nella mia direzione. Lei sorrise e si allontanò, mentre l'uomo si avvicinava al mio stallo.

"Porlock."

"Kuga. Devo dire che questo non me l'aspettavo." Si accomodò.

"Pensavi che fosse una specie di taverna dove mangiare solo bistecche?"

"In quei locali mi è capitato di mangiare il miglior cibo del mondo—e il peggiore. Questo è un ristorante vero e proprio. L'unico sporco che c'è è sui clienti."

Mi strinsi nelle spalle.

"Mai potrebbe trasferirsi nel West End, decuplicare i prezzi e diventare ricca in un mese. A volte credo che le piacerebbe, ma qui ha la famiglia e gli amici."

Mikoto arrivò con una teiera e una tazza per Porlock.

"Visto che il tuo amico è arrivato, volete ordinare?"

"Sì. Portaci due ciotole dei ramen speciali della casa e sakè caldo."

"Okay!" rispose, e corse via.

"Cos'è la specialità della casa?"

"Che c'è, hai paura che, adesso che siamo nel mio ambiente, ti abbia ordinato qualcosa di ultra piccante o di strano? Rilassati. La verità è che non ho idea di cosa ci sia nel ramen speciale di stasera, visto che ogni sera è diverso, anzi, può cambiare durante ogni serata man mano che cambiano gli ingredienti. In pratica, Mai prende tutti gli ingredienti che ha in cucina, pesce, carne, verdure, quello che c'è, e lo usa per preparare lo speciale. Si può essere sicuri di due cose: che non saprai mai cosa ci troverai dentro, e che sarà sempre buonissimo."

Sorrise e allargò le braccia.

"Sono nelle tue mani, Kuga. E poi, viste le circostanze, credo che né tu né io siamo dell'umore di metterci a discutere della cena."

"Hai ragione," dissi in tono acido. "A proposito, la prossima volta che chiedi di incontrarmi, non potresti essere un po' meno enigmatico?"

"Sei qui, no?"

"Solo perchè Shizuru ha decrittato il tuo dannato codice. Non avevo mai sentito parlare di un Vigenere prima di oggi."

"Ha decifrato il codice?" sembrava impressionato.

"Bè, ha capito cos'era, e io ho indovinato la parola chiave."

"Ah, così va meglio. Speravo avresti capito il mio piccolo messaggio."

"Per quanto riguarda la chiave sì, ma ti è sfuggito il resto. Se non avessi mostrato il tuo messaggio a Shizuru, non ci saremmo incontrati, oggi. Il che significa che sono stata costretta a condividere con una terza parte i miei affari privati."

Mi rivolse uno sguardo strano.

"Kuga, mi stai dicendo che non hai detto nulla alla signorina Viola riguardo la Corte d'Ossidiana e tutta questa faccenda? Ma stai cercando di infilare il collo nel cappio?"

"Sto cercando di tenerlo lontano dal collo della mia amica."

"Allora farai meglio a sperare che il Primo Distretto non faccia la stessa supposizione che ho fatto io."

"Finora non l'hanno fatto, e sto cercando di mantenere la situazione così come sta," sbottai.

"Va bene, ma non ho intenzione di scusarmi per il messaggio. Sei in una situazione molto pericolosa, e non ho voglia di finire coinvolto."

"Sei quasi stato coinvolto."

Prese la propria tazza di tè.

"Gradirei una spiegazione per questo."

"C'era una coppia di sicari a tenere d'occhio il ristorante," dissi, "a quanto pare stavano aspettando che mi facessi viva."

"Hm."

"Li ho sistemati, comunque. Uno di loro mi ha confessato che lavora per un boss chiamato Jules Lautrec. Puoi aggiugere il nome al conto, perché voglio sapere chi lo sta pagando. Con un po' di fortuna, sarò in grado di seguire la catena alimentare fino a quello che dà gli ordini, invece di seguirli."

"Lautrec," mormorò Porlock, rigirandosi il nome nella mente. "Dev'essere di qui, quelli di Whitechapel non sanno come muoversi a Limehouse o viceversa, e suoi padroni sono tanto intelligenti da capire la differenza."

Pensai che "non sanno come muoversi" fosse un'esagerazione, ma in generale non aveva torto. La conoscenza del territorio era una ricchezza per un criminale: dove trovare le vittime, dove nascondersi dopo il crimine, dove piazzare la merce rubata a un ricettatore e così via. I due di cui mi ero sbarazzata erano scagnozzi di bassa lega, non il tipo di professionisti qualificati che sanno muoversi ovunque.

"È quello che pensavo."

"Farò qualche indagine. Non dovrebbe essere troppo difficile rintracciare un boss francese qui a Londra. Probabilmente era un ex marinaio, o un contrabbandiere. Dammi un paio di giorni."

"Potrei non avere un paio di giorni."

"No, io—"

Porlock fu interrotto da una voce allegra, dal forte accento giapponese. A differenza di Shizuru e della sottoscritta, Mai non era cresciuta bilingue quindi il suo inglese parlava delle sue origini, in particolare le R e le L occupavano quello spazio indeterminato fra le due lettere che era la R giapponese.

"Ecco, qua, due speciali e il vostro sakè." Mise sul tavolo il vassio con il sakè e due ciotole di brodo fumante.

"Stasera è a base di maiale, va bene?" chiese a Porlock.

"Mi sono allontanato dalla comunità, ormai non mi mantengo più kosher," rispose lui sorridendo.

"Oh, bene. Però mi assicuro sempre che la gente sappia gli ingredienti, prima che cominci a mangiare. Buon appetito!"

"Non sapevo fossi ebreo," dissi a Porlock, mentre Mai si allontanava.

Lui prese la forchetta che lei gli aveva lasciato assieme alle bacchette.

"Non vado a dirlo in giro. In certi quartieri fa male agli affari. E poi sono praticamente il figliol prodigo."

"Ah." Sapevo quando era il momento di non insistere.

"Comunque, questa roba come si mangia? L'odore è ottimo, ma non c'è il cucchiaio."

"Il ramen è semplice. Mangi tutta la roba che c'è dentro, poi prendi la ciotola e bevi il brodo."

"Sul serio. Direttamente dalla ciotola?"

"Uh-huh. Vedi quel tipo là? E quell'altro laggiù?" indicai con le bacchette un paio di clienti giapponesi.

"Ho capito. Bene."

Pescò un pezzo di uovo dal brodo e se lo mise in bocca.

"Presumo che qui non ci siano regole di etichetta che proibiscono di parlare d'affari mentre si mangia?"

"Non me ne fregherebbe anche se ci fossero" dissi, risucchiando tagliatelle. In generale, preferisco il cibo europeo a quello giapponese, ma la cucina di Mai fa eccezione.

"Bene, perché hai bisogno di sapere contro chi ti sei messa."

 

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Capitolo 7
*** 6 ***


7

 

"Sapere contro chi mi sono messa?" ripetei. "Hai delle informazioni sulla Corte d'Ossidiana? Informazioni solide?"

"Sì. Stavo già seguendo una traccia, ma il piccolo fiasco dell'altra sera mi ha convinto a darmi da fare e a insistere." Mi sorrise. "Dopotutto, se una cliente pagante viene uccisa prima di pagarmi non è un bene per gli affari, vero?"

Riconoscevo un suggerimento quando lo sentivo, così frugai in tasca e tirai fuori una piccola borsa chiusa da lacci, che gettai sul tavolo. Le monete all'interno tintinnarono.

"Naturalmente, c'è anche il fatto che se sanno che sei in contatto con me tanto da usare il tuo nome come esca, potrebbero anche decidere che forse sai troppe cose."

"È sempre una posizione scomoda in cui trovarsi," disse in tono freddo. Prese la borsa e se la infilò in tasca con un movimento sciolto. Il fatto che non si prese il disturbo di contare il denaro gli guadagnò di nuovo il mio favore, quindi versai il sakè dalla fiaschetta. Lui bevve tutto il bicchierino in un sorso solo.

"Attento, è roba forte," dissi, sorridendo.

"Ho notato," replicò, e per un po' ci dedicammo al nostro ramen, ingozzandoci di carne, frutti di mare, verdure e tagliatelle, perché la fame aveva momentaneamente vinto su tutto il resto. Dopo qualche minuto, però, Porlock deglutì e ricominciò a parlare.

"Probabilmente alcuni dettagli già li sai, ma credo sia meglio che ti dia il quadro completo così puoi trarre le tue conclusioni."

"Per me va bene," acconsentii.

"Come probabilmente hai dedotto dal nome," esordì, "L'Illuminato Ordine della Corte d'Ossidiana sostiene di discendere dagli Illuminati bavaresi."

"Secondo Shizuru, tutte le cosiddette società segrete formatesi negli ultimi trecento anni dicono la stessa cosa."

Porlock annuì.

"E, come probabilmente ti aspetti, per la maggior parte di esse questa vanteria è solo aria calda. La Corte di Ossidiana è una di queste, anche se ha effettivamente una storia passata. È stata fondata nel 1781, da un gruppo di facoltosi uomini d'affari che facevano parte dei Lealisti durante la rivoluzione americana e che furono cacciati dal paese, costretti a cedere molte delle loro proprietà ai vincitori. Questo è stato ciò che ha fornito alla Corte il suo movente originale: un'organizzazione che avrebbe agito nell'ombra per restituire ai suoi membri la ricchezza e il prestigio perduti. Da qui i colori: l'oro per il denaro e la posizione sociale, nero per la segretezza e il potere. Spiega anche la seconda attitudine, cioè il loro estremo nazionalismo britannico. Non ti sorprenderebbe, per esempio, se ti dicessi che la Corte d'Ossidiana è stata uno dei maggiori sostenitori della campagna americana durante il periodo napoleonico, e uno dei motivi per cui l'Inghilterra ha speso così tanti soldi in quella faccenda."

"Però mi sorprenderei molto se mi dicessi che quello che è accaduto ottantasette anni fa ha a che fare con il motivo per cui quei bastardi hanno ucciso mia madre."

Lui sospirò.

"Probabilmente no. In ogni caso, anche se i giocatori sono cambiati col tempo, gli obbiettivi sono sempre gli stessi: l'accumulo di ricchezza e potere per i membri del Primo Distretto. I membri del Secondo e Terzo distretto ricevono dei benefici anche loro, ma tramite i contatti che si creano all'interno della fratellanza—termine non accurato, perché anche le donne possono diventare membri—ma sono i piani del Primo Distretto che la Corte d'Ossidiana è votata ad arricchire."

"E suppongo che che gli appartenenti ai Distretti Esterni, provando la loro lealtà, concedendo favori, per anzianità di servizio, eccetera, possano avanzare di grado fino ad accedere al Primo Distretto?"

"Esattamente. Quindi ogni membro ha qualcosa a cui aspirare, mentre conosce sempre più in profondità i segreti dell'Ordine. I membri del Terzo Distretto vedono la Corte come un club in cui socializzare, con alcuni vantaggi ed eventualmente qualche affare poco pulito da fare tra soci. Con il Secondo Distretto la parola 'eventuale' è rimossa, e viene rivelato che la Corte d'Ossidiana è un conglomerato finanziario non ufficiale, se non un cartello criminale. Incidentalmente, il defunto John Smith della Fondazione Searrs era solo un membro del Terzo Distretto; visto il suo livello di corruzione e il potere della Fondazione, sospetto che siano stati molto cauti riguardo la possibilità di farlo avanzare nei ranghi, per paura che potesse usurpare l'intera società dall'interno."

Stavo apprezzando quella lunga spiegazione, perché mi dava il tempo di mangiare prima di dire qualcosa.

"Il Primo Distretto, naturalmente," continuò, "È perfettamente al corrente della natura criminale della Corte d'Ossidiana. Essenzialmente, mentre si spostano dal Secondo Distretto al Primo, i membri vengono a conoscenza di sempre più profondi livelli di corruzione: manipolazioni della Borsa, clientelismo, spionaggio industriale, ricatto e omicidio. Chiunque dia segno di trovarsi a disagio con tutto questo, viene bloccato qui, facendogli credere che questo rappresenti l'Ordine al suo peggio."

Capivo quell'analisi.

"Naturalmente, tutti i membri dei Distretti usano i servizi dello stuolo di tirapiedi e agenti che non fanno parte della società, e che conoscono pochissimo della situazione generale in cui le loro azioni sono inquadrate, e per questo sono chiamati Orfani."

"Naturalmente," ripetei. "Senti, Porlock, tutto questo è molto interessante, ma la verità è che molte di queste cose le so già, e quello che non so è solo folclore. Niente di quello che mi hai detto finora giustifica un messaggio in codice o un incontro—o i soldi che ti ho dato"

Lui arrotolò le taglietelle sulla forchetta come se stesse mangiando linguine, masticò e inghiottì.

"Lo so," disse. "questa è solo la storia, ma stiamo arrivando a quello che è veramente importante. Hai presente il simbolo dell'Ordine, il triangolo con la sfera? Superficialmente rappresenta l'Occhio Illuminato, il che salta fuori dappertutto in queste stupidaggini basate sugli Illuminati. Ha un significato sincero e abbastanza innocuo, ma in generale viene usato perché qualcuno vuole fare riferimento alle sue origini, non al quello che simboleggia davvero."

"Bambini che giocano," mormorai.

"E bambine, Kuga. Non scusare il tuo sesso da cose come queste."

"Va bene. Le donne sono capaci di essere idiote infantili quanto gli uomini."

Immaginai che Mikoto si sarebbe entusiasmata per lo spillo di una società segreta, però visto che era una ragazzina, essere infantile era normale per lei.

"Il punto è che ha anche un secondo significato, che si riferisce al potere decisionale del Primo Distretto. C'erano quattro uomini che formavano i Lealisti originali che fondarono la Corte d'Ossidiana. Tre vertici per i tre Anziani, l'occhio per il capo supremo dell'Ordine. A quanto pare, in passato fra gli Anziani ci sono stati nobili titolati, ministri di gabinetto e capitani d'industria. E comunque c'è un ricambio frequente in quanto gli anziani tendono ad essere, be'…molto anziani quando assumono l'incarico."

"Hai trovato informazioni molto sensibili," realizzai. "Immagino che i membri del Primo Distretto non siano ansiosi di far sapere che sono coinvolti in una cospirazione criminale."

"Diciamo che a volte gli anziani più anziani si lasciano andare a troppe confidenze davanti al membro sbagliato della famiglia," disse lui. "E comunque, suppongo che anche se stai cominciando ad apprezzare quello che ho fatto, ti stai ancora chiedendo cosa c'entri con le tue attuali circostanze."

"Stavo cercando di non dirlo," mormorai, ripescando una scaloppina fuggitiva con le mie bacchette.

"Ma è un punto importante. E se ti dicessi che il barone Theophile Maupertuis era uno degli Anziani della Corte d'Ossidiana?"

Le mie bacchette tintinnarono contro il bordo della ciotola e la scaloppina mi sfuggì, per fortuna cadendo nel brodo.

"Lui era—aspetta un secondo, pensavo appartenesse al Primo Distretto, ma uno dei leader dell'Ordine? Ed era un nobile francese, come si accorda con quella tua storia dell'ultra-nazionalismo inglese?"

"Il barone Maupertuis è stato un ardente sostenitore di Napoleone terzo, disprezzava la repubblica che ha preso il posto del Secondo Impero. Viste le sue opinioni, tutto indicava che il dominio britannico sul continente gli sarebbe piaciuto senz'altro."

"Capisco..." mormorai. Ma naturalmente non capivo per niente. Oh, avevo seguito facilmente le motivazioni politiche di Maupertuis, ma… era stato ucciso la notte precendente. Una cosa era vedere un morto, vittima di un'omicidio, che era stato un membro della Corte di Ossidiana o perfino del Primo Distretto, ma uno dei dirigenti dell'organizzazione? L'idea che un uomo simile potesse finire assassinato—

Ma perché no? Mi chiesi, con una certa durezza. Accade ai ministri, ai re e agli zar, quindi perché non al leader di un gruppo che è molto più piccolo di una nazione sovrana? E comunque, quali erano i tuoi piani una volta che li avresti trovati?

Dopotutto occhio per occhio era il linguaggio della vendetta. Avevano ucciso mia madre, e una volta scoperto il responsabile non ci sarebbero stati dubbi sul mio intento.

Non era l'omicidio a essere impensabile. Forse il problema era che qualcun altro aveva avuto  la mia stessa intenzione nello stesso momento. Ancor peggio, e se fosse stato Maupertuis a dare l'ordine di uccidere mia madre? Allora dov'era la mia vendetta, tutto quello per cui avevo lavorato, pianificato, dedicato la mia vita per quattordici anni?

"Le tue..." cominciai, la mia lingua sembrava addormentata. Bevvi un po' di tè, cercando di riordinare le idee, e ci riuscii almeno in parte. "Le tue fonti hanno idea del perché il barone è stato ucciso? Qualche dissidio interno alla Corte? O forse una vendetta esterna?"

"Vuoi la verità, Kuga? Finchè non ho visto la tua reazione, mi sono chiesto se non fossi stata tu."

"Io?"

"Ti ho offesa? Se è così, mi scuso."

"No, no, non mi hai offesa." Sospirai profondamente. "Lo sai perché sto cercando queste persone, dopotutto, e non posso certo dirti che le tue supposizioni sono sbagliate." Alzai lo sguardo su di lui. "Vedo che non stai urlando per l'orrore."

Lui infilzò un pezzo di carne di maiale con la forchetta.

"Nel mio lavoro, devi aspettarti che le persone non facciano sempre un uso legale delle informazioni che gli fornisci. Non sono un bambino. E viste le circostanze, Kuga, sarebbe difficile per me dire che non sono dalla tua parte."

"Accidenti, Porlock, non diventarmi sentimentale."

Rise, mentre si infilava il pezzo di carne in bocca, e continuò a sorridere anche mentre masticava. Non riuscivo a credere quanto fossi imbarazzata. Già era difficile quando era Shizuru a farlo, ma ora avevo addirittura Porlock che pensava fossi una specie di cavaliere, impegnata in qualche eroica impresa? E ancor peggio, questo mi importava, ne ero addirittura felice?

Pregai Dio di non stare arrossendo.

Era tutta colpa di Shizuru. Proprio così. Avere a cuore l'opinione di un informatore era qualcosa non che non avrei mai osato pensare, prima di incontrarla. Era mortificante.

"Senti," dissi, "possiamo tornare alle persone che stanno cercando di uccidermi? Se Maupertuis era uno degli Anziani, allora che mi dici degli altri due? E chi è questo leader supremo che hai menzionato?"

"Il Principe d'Ossidiana," rispose.

"Il cosa?"

"Teatrale, lo so, ma questo è il suo titolo. È il gran maestro della Corte, e assolutamente intoccabile. Si dice che solo gli Anziani sappiano chi sia in realtà; si presenta agli incontri dell'Ordine indossando una maschera."

Gemetti.

"Mi prendi in giro."

"No. C'è un ristretto numero di possibilità, naturalmente, visto che lui—suppongo che sia un lui, altrimenti sarebbe una Principessa d'Ossidiana, e in effetti c'è stata una Principessa a dirigere l'Ordine durante gli anni quaranta, da quanto ho saputo—doveva per forza essere un membro del Primo Distretto prima di assurgere all'apice dell'autorità. Ma senza una lista di membri, è impossibile procedere per eliminazione."

"La Compagnia di Olanda e Sumatra? Potremmo vedere dov'è andato il denaro durante quella faccenda?"

Porlock mi rivolse una lunga occhiata pensierosa.

"Ne dubito. Visto quanto sono venuto a sapere da te, quello è stato di certo un piano della Corte, ma non c'è modo di giudicare i giocatori dai loro ruoli."

"Gli Anziani conoscono l'identità del Principe, però, vero? Per non dire che sanno di tutti gli affari sporchi. Il barone Maupertuis potrà anche essere morto, ma che mi dici degli altri due?"

"Ah, loro. Bè, sì, hai ragione, saprebbero tutto, solo che non sono ancora riuscito a risalire alle loro identità."

"Robert Merridew potrebbe essere uno di loro?" fare quel collegamento non era certo una deduzione all'altezza di quelle di Shizuru.

"Merridew?" riflettè Porlock. "Il nome è saltato fuori un paio di volte nel corso delle mie indagini, e sono certo che fa parte del Primo Distretto, ma per il resto non sono sicuro."

"Il barone Maupertuis e Merridew hanno lo stesso spillo da cravatta," spiegai, "con un triangolo d'oro e un 'occhio' di ossidiana invece della versione contraria che ho visto e che mi è stata descritta."

"Ah, e ti chiedi se questo simboleggi gli Anziani, il Primo Distretto o qualcos'altro?"

"Già."

"Mi dispiace, ma non te lo so dire. Non so che significato abbiano i loro gioielli. Di certo questo Merridew è una persona da tenere d'occhio."

Ero d'accordo. Sfortunatamente, anche per Shizuru era una persona da tenere d'occhio. Di certo avrebbe insistito per fare domande a Merridew l'indomani, e i miei timori peggiorarono al pensiero che lui non fosse semplicemente un membro del Primo Distretto, ma addirittura un Anziano. Il problema era, quanto sarei stata disposta a rivelare a Shizuru per convincerla a smettere? Non era probabile che, improvvisamente, avrebbe seguito il consiglio di Kanzaki e abbandonato il caso.

E ora sapevo perché lui aveva insistito tanto. Con uno dei suoi quattro leader morti, la Corte di Ossidiana doveva essere nel panico. Mi chiesi se fossero stati loro a volere Kanzaki come loro investigatore, perché trovasse l'assassino, o se forse già sapessero la verità e i suoi superiori a Scotland Yard l'avrebbero avvertito nel caso si fosse avvicinato troppo alla soluzione, solo per costringerlo a chiudere il caso dopo delle indagini di facciata.

"C'è un'altra persona da cui dovresti stare in guardia," Porlock cambiò argomento, "anche se dubito che questo avvertimento cambierà le cose."

"Perchè?"

Mescolai il brodo con le bacchette, non c'era rimasto niente. A quanto pareva avevo svuotato la ciotola senza accorgermene.

"Non conosco il suo nome, il suo aspetto, la sua età, niente di niente. Tutto quello che so è che lui—o lei, potrebbe benissimo essere una donna—è chiamato l'Araldo del Principe d'Ossidiana."

Grugnii.

"Questi stupidi titoli non potrebbero diventare più ridicoli? Distretti, Orfani, Anziani, un Principe, e ora anche un Araldo? E poi cosa, un intero set di scacchi?"

"Dì quello che vuoi sul titolo, ma non prendere quel tipo alla leggera. Lo chiamano così perché porta le sentenze del Principe a coloro che dovranno subirle."

"Fammi capire," dissi in tono acido. "È l'assassino da guardia della Corte."

Porlock non apprezzava lo humor nero.

"Esattamente."

"Sei serio?"

"Certo. Senza dubbio è stato l'Araldo ad orchestrare gli attentati alla tua vita."

Così come probabilmente aveva ucciso mia madre. Anche se forse era stata una persona diversa, visto che erano passati quattordici anni; "assassino" non era il genere di lavoro che permetteva una lunga carriera.

"Ci tengo a farti notare che, tecnicamente, l'omicidio non è l'unico compito dell'Araldo. È colui che si occupa delle faccende più segrete, non solo di quelle che implicano degli omicidi."

"Sì, bè, viste le circostanze, suppongo che siano proprio queste ultime a interessarmi personalmente." Per un attimo osservai Porlock mangiare, mentre un pensiero a malapena abbozzato diventava più chiaro. "Porlock, se questo Araldo è il braccio Destro del Principe, allora è ragionevole pensare che lui, o lei, sappia chi è il Principe in realtà."

"Uh-huh."

"Allora penso che dobbiamo rintracciare Jules Lautrec," conclusi. "Se si sbottona sull'Araldo, allora sarò a un passo dal mettere fine a tutto questo."

Porlock non disse nulla a proposito del fatto che avevo poche probabilità di farmi dire da un piccolo delinquente il nome di chi l'aveva assunto. Forse contava sul fatto che sarei stata persuasiva. O forse aveva capito che farmi una lista di ragioni per cui non ci sarei riuscita avrebbe smontato la mia sicurezza.

"Probabilmente sa che non lo pago per avere la sua opinione, quindi non serve dirla," mormorai, poi mi dedicai al brodo.

"Come, scusa?" chiese lui.

"Niente. Non importa. Questo è tutto? Mi hai portato la struttura completa della Corte d'Ossidiana?"

"No, non è tutto."

Il suo tono era diventato solenne. Prima era stato quello disinvolto di un uomo che parla d'affari con una cliente, un tono serio, a volte divertito, ma la calma necessaria a distanziarsi dalla faccenda era sempre stata presente. Quella disinvoltura se n'era andata, sostituita da una tensione che non aveva preso possesso solo della sua voce, ma di tutto il suo atteggiamento.

"C'è ancora una cosa."

La sua tensione era contagiosa. Potei sentire il mio stomaco che si chiudeva, il formicolio sulla nuca. Shizuru? Pensai, in preda al panico. Il suo nome era forse finito assieme al mio sulla lista nera della Corte d’Ossidiana?

E perché diavolo era stata quella la prima cosa che mi era venuta in mente quando avevo pensato a delle cattive notizie?

Devo trovare un modo per convincerla ad abbandonare il caso Maupertuis, pensai febbrilmente, anche se non avevo idea di come avrei potuto fare. L'intero concetto di strapparla via a forza da un caso a cui si era appassionata era quasi inconcepibile.

Ma non avrei dovuto preoccuparmi.

L'ultima informazione di Porlock non riguardava affatto Shizuru.

"Mentre cercavo di arrivare alle radici di questa faccenda, ho continuato a investigare sulla tua richiesta originale, la Friesland e la morte di tua madre. Mentre lavoravo sulla Corte d'Ossidiana…bè, è saltata fuori una nuova informazione."

"Che informazione?" sbottai, come un cane che addenta un ratto.

"Su Saeko Kuga."

"Mia madre?"

"Il fatto è che sembra assolutamente sicuro che, nel periodo in cui è morta, Saeko Kuga fosse un membro del Secondo Distretto."

Lo fissai, come paralizzata, mentre mondo rotolava via dal mio controllo.

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Capitolo 8
*** 8 ***


 

Ero felice di non aver toccato la coppa di sake che mi ero versata. La presi con mano tremante e riuscii a controllarmi abbastanza da stringerla senza versare il liquore ovunque. La vuotai in un sorso solo, sentendo il vino di riso tiepido bruciare mentre scendeva, facendomi sussultare quando arrivò nello stomaco.

Meglio, pensai. Mi chiesi se versarmene un altro, ma sapevo che sarebbe stato stupido. Con degli assassini alle calcagna, non potevo permettermi di ottundere i miei riflessi. Ubriacarsi era la cosa più idiota che una persona nei guai poteva fare, anche se dozzine di persone lo facevano comunque.

Il liquore mi fece bene, però. Annegò le prime risposte che, di riflesso, avrei dato alla rivelazione di Porlock, le urla, le grida, i pugni in faccia sarebbero stati sciocchi. Invece lo guardai negli occhi e parlai lentamente, enunciando con cura ogni singola parola.

"Che diavolo significa?"

"Quello che ho detto. A quanto pare tua madre era un membro della Corte d'Ossidiana. Senz'altro spiega perché le loro strade si siano incrociate."

"Non è possibile," protestai, la mia voce era a malapena un sussurro.

"Kuga, sai che tua madre non era una santa. Lei—"

"Lo so, lo so. Era un'avventuriera. Non un'artista o una ballerina o un'attrice, qualcosa del genere, solo una bellissima donna che è stata l'amante di Gerhart Kruger per…circa otto anni, credo."

"È un periodo molto lungo, è improbabile che un uomo si tenga un'amante per così tanto tempo," sottolineò Porlock. Aveva ragione. Era effettivamente un tempo molto lungo, per un uomo, rimanere fedele ad una relazione la cui esistenza provava la sua capacità di essere infedele.

"Anche così, non è come dire che apparteneva alla Corte d'Ossidiana."

"Ho detto che le mie fonti la identificano come un'appartenente al Secondo Distretto, non al Primo. Essere coinvolta in truffe finanziarie è peggio di tutte le altre cose che hai sentito su di lei?"

"Sì, maledizione. Almeno un'amante si guadagna da vivere usando i propri mezzi, qualsiasi sia la tua opinione su questo genere di occupazione. Questi affari, come il caso della compagnia di Olanda e Sumatra, non sono forse ladrocini su larga scala, più eleganti di una rapina o di un furto, ma alla fin fine la stessa cosa?"

"Hai ragione," disse lui. "Una truffa è una truffa."

"Esatto. È—" mi interruppi. "Non so nemmeno perché sto avendo questa conversazione con te."

Lui mi fissò, riflettendo.

"Devi averla con qualcuno, credo, e almeno io conosco tutti i retroscena. Inoltre, sono proprio qui."

"Proprio così." Entrambi i motivi erano veri, ma questo non li rendeva buone ragioni. Mi frugai in tasca e feci cadere delle monete sul tavolo per pagare il pasto.

"Devo andarmene da qui."

Porlock annuì lentamente.

"Va bene. Ma ricordati un paio di cose, me lo prometti, Kuga?"

Scivolai fuori dallo stallo.

"Cosa?"

"Primo, non importa che tua madre fosse dei loro o no, l'hanno uccisa comunque. Questo non cambia."

Annuii.

"E l'altra cosa?"

"Che tu cambi opinione su di lei o meno, ricorda che il Primo Distretto sta dando la caccia a te."

Annuii di nuovo. No, non l'avrei dimenticato.

"Va bene." Mi allontanai dal tavolo, poi feci qualcosa che dubito sarei stata capace di fare l'anno precedente. Mi fermai e lo guardai.

"Porlock?"

"Sì?"

"Grazie."

Lui mi sorrise.

"Non ringraziarmi. Fare contenti i miei clienti è il mio lavoro."

Mi diressi in cucina, girando attorno al bancone ed entrando in un mondo di pentole fumanti, olio che sfrigolava nei wok, e il rumore ritmico dei coltelli contro i taglieri.

"Ehi, Mai, ho bisogno di usare la porta sul retro, nel caso che un paio di delinquenti siano più bravi a liberarsi dalle corde di quanto credessi. Ti dispiace?"

"Corde? Natsuki, in che ti sei ficcata questa volta?" mi sfidò Mai.

"Le solite cose, più o meno. Violenza, vendetta, minacce di morte…" cercai di suonare disinvolta. Mai non si fece ingannare dal mio atteggiamento e mi picchiò sulla testa con un cucchiaio di legno.

"Ahia! Mai..."

"Ti metti sempre nei guai. Pensavo avessi chiuso con queste cose quando ti sei sistemata con la signorina Viola, ma ora ci stai cascando di nuovo!"

Mi pungolò il petto con il cucchiaio.

"Vai pure, usa l’uscita posteriore, ma cerca di avere cura di te, Natsuki."

Perché oggi tutti continuano dirmelo? E poi che diavolo intende con ‘sistemata con Shizuru’? Non è che abbia smesso di fare quello che faccio.

Anche se, pensandoci bene, avevo davvero cambiato la mia vita. In quanto assistente di una detective e scrittrice occasionale ero diventata quasi rispettabile, se si ignorava il fatto che stavo indagando su una società segreta.

"Sì, Mai," gemetti.

"Bene. Ora fila."

Uscii dal retro e mi trovai in uno squallido vicolo che correva parallelo all'isolato. Non c'era nessuno ad attendermi; o avevano pensato che non avrei usato l'uscita posteriore, o non avevano abbastanza uomini per sorvegliarla. Mi chiesi se Kenton e l'altro fossero ancora legati nel loro vicolo e, in tal caso, di cosa fossero stati derubati mentre erano svenuti. In certe parti di Londra, chi si addormentava ubriaco poteva svegliarsi completamente nudo una volta che ladri avevano finito con lui.

Tornando a Baker Street, cercai di capire perché il fatto che mia madre fosse un membro del Secondo Distretto mi desse tanto fastidio. Porlock aveva ragione. Cioè, non mi ero mai illusa che lei non fosse ciò che era. L'unica differenza tra 'amante e 'puttana' era che la prima lavorava a tempo pieno per un solo cliente. Era questione di mantersi economicamente durante la sua relazione con un uomo. I cinici avrebbero descritto il matrimonio nella stessa maniera, ma se me lo aveste chiesto, avrei risposto che i cinici intendevano il matrimonio in modo sbagliato. Quindi perché la prova della sua dubbia moralità mi turbava? Amavo il suo ricordo non per quello che era in pubblico, ma perché era stata una madre amorevole e affettuosa, che mi aveva donato felici ricordi della mia infanzia e che mi doleva aver perso prematuramente.

Quindi non era per quello. Ne ero sicura.

Allora perché?

Mentre la carrozza procedeva sferragliando, guardavo le case, i negozi, e i lampioni a gas illuminati.

Alcuni degli edifici avevano già la luce elettrica e mi chiesi quanto tempo sarebbe passato prima che le fiamme soffuse delle luci cittadine fossero sostituite dalla luce fredda delle lampadine. La sicurezza avrebbe rimpiazzato il romanticismo.

Poi capii.

Non riguardava mia madre. Riguardava me.

A lungo la rabbia e il desiderio di vendetta verso gli assassini di mia madre avevano bruciato nel mio cuore. Trovarli e costringerli a pagare per il loro misfatto aveva dominato la mia adolescenza e l'inizio della mia vita adulta. Avevo evitato il futuro pacifico che mio padre aveva cercato di offrirmi per imparare le vie pericolose della malavita, rischiando la vita e finendo coinvolta in veri crimini per ottenere i contatti e le abilità di cui avrei potuto aver bisogno.

Quella vendetta, la giustizia per mia madre, aveva giustificato tutto, anche rischiare di essere uccisa, come stavo facendo in quel momento.

Ma se mia madre era stata parte del Secondo Distretto, dov'era la giustizia? Cos'era che stavo vendicando? Un membro di una società segreta corrotta aveva infranto una delle regole dell'ordine, quindi la stessa società l'aveva uccisa? Che differenza c'era tra questo e una disputa tra ladri? "Il prezzo del peccato è la morte", così si diceva.

Sì, la morte di mia madre era stata una tragedia per me, una perdita terribile per una bambina. Ma giustificare una vendetta? Una buona ragione per sacrificare tutto quello che avevo perso?

Come la terribile verità rivelata dalla luce elettrica, la mia ricerca era stata derubata da tutto il suo sapore romantico. Era stata ridotta all'essenziale: per me stessa e per nessun altro avevo forzato questo inutile confronto con la Corte d'Ossidiana a punto tale che ormai uno dei due avrebbe dovuto soccombere. Una questione di sopravvivenza. Ovviamente, volevo essere io a sopravvivere, e senza dubbio "il Principe d'Ossidiana" e i suoi lacchè non avevano la morale dalla loro parte, ma questo non cambiava i fatti.

Un pensiero improvviso mi attraversò la mente, Mi chiedo quanto sarebbe delusa Shizuru se lo sapesse? Avrebbe sostenuto la mia appassionata difesa di una persona amata? O mi avrebbe rimproverata perché avevo agito senza conoscere i fatti?

Non che potessi dirglielo. La semplice, assurda inutilità del tutto rendeva ancora più importante che io facessi del mio meglio per impedirle di essere coinvolta. Speravo solo che il caso Maupertuis non vanificasse i miei sforzi.

Salii lentamente, usando la mia chiave per aprire la porta che dava in strada in modo da non disturbare la signora Hudson. Shizuru era seduta sul divano, invece che sdraiata come suo solito, con una tazza di tè tra le mani. La sua espressione era dolce, quasi tenera, assomigliava molto a quella che aveva avuto mentre mi curava la ferita la notte precedente.

Vederla mi fece sentire peggio.

"Le cose non sono andate bene?"

"Ho… avuto delle cattive notizie," ammisi. Mi diressi alla mia solita sedia al tavolo della colazione, poi cambiai idea e mi accomodai in una delle poltrone davanti al sofà dove di solito sedevano i clienti di Shizuru.

Lei posò la tazza.

 “Gradite del tè, Natsuki? È Assam."

Tè nero, invece che verde. Non credevo che sarei riuscita a sopportare qualcosa che mi ricordasse il ristorante di Mai e il mio incontro con Porlock.

"Sì, grazie."

Lo versò per me, aggiunse del limone, e mi passò la tazza con un'eleganza degna del salotto della baronessa Maupertuis. Sorseggiai, godendomi il suo calore, non mi ero resa conto di quanto fossi infreddolita durante il ritorno. O forse non era a causa del freddo.

"È molto buono," dissi.

"La signora Hudson fa del tè eccellente," fu d'accordo Shizuru.

"Confessate; è per questo che eravate così ansiosa di vivere qui da cercare qualcuno con cui dividere l'appartamento," riuscii a scherzare.

Lei mi rivolse il suo solito sorriso enigmatico.

"Sarebbe stato astuto da parte mia, vero?"

"A dire il vero, penso che sarebbe stato esattamente quello che mi aspetterei da voi."

Mi sorrise.

"Allora, avete raccolto altre notizie sul caso, mentre non c'ero?"

"Pensavo che Natsuki non volesse che io lavorassi a quella faccenda?"

"Pensavo che non aveste intenzione di ascoltarmi?"

"Be' il punto è questo," sottolineò lei. "E avete ragione nel pensare che non avrei abbandonato le indagini. Comunque, finchè non parlerò con Merridew, non credo che riuscirò a fare dei progressi significativi. Gli ho scritto per prendere un appuntamento, dovrebbe ricevere il messaggio con la posta della sera. Se rifiuterà..." Si strinse nelle spalle. "In tal caso, dovrò lavorare su altre opzioni."

"Capisco." Sorseggiai altro tè. "Vi aspettate che rifiuti?"

"Penso di no. Spesso, le persone si rendono conto che è opportuno collaborare con le mie indagini invece di cercare di depistarmi. E se ha paura di andare incontro allo stesso fato del defunto barone, come sembra probabile, allora potrebbe volere l'aiuto di un consulente esterno."

"Ha senso. Dopotutto Maupertuis, come Merrydew, aveva accesso alle risorse della Corte d'Ossidiana, ma non gli sono servite a nulla. Specialmente se si tratta di fazioni all'interno della società o qualcuno che sta disobbedendo alle regole—" mi interruppi mentre ricordavo la probabile motivazione della morte di mia madre.

"Natsuki?"

Scossi la testa.

"...non è niente."

Mi fissò per un lungo istante. La sua espressione non cambiò, ma ero sicura che non avesse creduto al mio diniego. Tuttavia non tentò di esprimere un’opinione al riguardo e non insistette per saperne di più, cosa di cui le fui grata. Avevo temuto che dopo la nostra…non volevo chiamarla lite, ma di certo era stata una discussione…riguardo il messaggio di Porlock, avrebbe tentato di ottenere dei dettagli, ma non l'aveva fatto, rimanendo nei confortevoli confini della nostra solita relazione. Nei confini di una distanza educata.

Parte di me ne era infastidita. Dovevo ammetterlo, una parte di me desiderava che lei insistesse, che spingesse abbastanza da farmi crollare e cedere al desiderio di confessare tutto ad una persona fidata. Dopo aver tenuto tutti i miei problemi rinchiusi così a lungo e dopo gli shock ed i traumi emotivi che avevo subito, volevo davvero aprirmi. In quel momento, le mie difese erano sottili come un foglio di carta.

Per quale altro motivo avevo ceduto e avevo detto così tanto proprio a Porlock?

Eppure, al tempo stesso ero stata disperatamente felice che non avesse detto niente. Per quanto sarebbe stato un sollievo liberarmi di quello che provavo, di quello che avevo fatto, di tutto quello che era accaduto fin da quando mia madre era stata spinta oltre la ringhiera della Friesland, mi sarei sentita terribilmente in colpa. L'unico lato positivo di quella miserabile situazione era che fino a quel momento non avevo messo Shizuru in pericolo, non l'avevo coinvolta in quello scenario. Certo, forse il caso Maupertuis rendeva quel punto irrilevante, ma almeno quello era giunto alla sua porta come un caso ordinario. Le sarebbe accaduto anche senza di me.

Quindi forse devo dirglielo? Pensai all'improvviso. Dopotutto, se avesse investigato senza di me, non sarebbe mio dovere dirle tutto quello che posso in modo che lei abbia quanti più indizi possibile, per trarre beneficio dalla nostra amicizia? Dio, l'idea mi tentava, ma la mia coscienza non la lasciò vincere. Sapevo da cosa era germogliata – non dalla preoccupazione per lei, ma per me stessa.

Se volevo comportarmi da amica, le avrei detto di abbandonare il caso, prima che lei diventasse un pericolo per loro o venisse a sapere troppe informazioni perché le fosse concesso di vivere. La mia conoscenza delle faccende della Corte significava questo per me. Mi diceva che la cosa migliore che potessi fare per Shizuru era impegnarmi la massimo per impedirle di raggiungere il 'punto di non ritorno' che io avevo già oltrepassato.

Butti giù il resto del mio tè. Ero stanca di rimuginare. Non ero Shizuru, dopotutto, capace di indossare una maschera sorridente mentre forti correnti si agitavano nelle sue profondità. Preferivo l'azione all'introspezione, e tormentarmi non avrebbe portato frutto, mi avrebbe solo resa più triste.

La tazza tintinnò nel piattino quando posai entrambi.

"Grazie per il tè," dissi, alzandomi. "Avevo bisogno di tirarmi su."

"Di nulla; è il minimo che potessi fare. A proposito, Natsuki, come va la vostra schiena?"

"La mia schiena? Bene, credo. Non sento nemmeno la ferita, a parte un po' di disagio quando mi piego troppo. L'avete vista l'altra notte, sapete che non è niente di serio."

Lei sostenne il mio sguardo senza dire una parola, non che ne avesse bisogno.

"Oh, va bene," cedetti. Mi alzai e mi tolsi la giacca, il fatto che non l'avessi ancora fatto era prova che mi sentivo meglio. Andai ad appenderla, poi mi tolsi il panciotto, il colletto e la camicia. La mia biancheria quel giorno era di seplice cotone, senza pizzi e merletti, scelta apposta dopo l'imbarazzo della sera precedente. Forse mi ero aspettata questo, che Shizuru chiedesse di controllare la mia ferita e che quindi avrei fatto meglio ad indossare qualcosa che non mi avrebbe lasciata preda di una presa in giro? Era da lei preoccuparsi della mia ferita finchè non fosse guarita, e probabilmente ne ero stata inconsciamente consapevole.

Shizuru ridacchiò, come se mi leggesse nel pensiero. Io passai da un fanciullesco rossore e diventai rossa come un pomodoro.

Mi sottopose al solito rituale. Mi tolse le bende ed emise un mormorio di approvazione quando vide la mia ferita, poi la pulì, la medicò e la bendò di nuovo.

"Sta guarendo bene. Sembra un taglio pulito, e visto che vi state prendendo buone cura ci voi stessa…questa volta…dovreste guarire presto. Temo però che non avrete una cicatrice molto drammatica, sempre che resti il segno, da aggiungere alla vostra collezione," mi canzonò.

"Non mi dispiace per niente," risposi. "Ne ho già abbastanza, troppe e cominceranno a sembrare tatuaggi, come quelli di certi esploratori e di certi popoli stranieri."

"Non penso che dobbiate preoccuparvi di questo."

Cominciai a riabbottonarmi la camicia.

"In ogni caso, vi ringrazio. Apprezzo davvero il fatto che vi prendiate cura di me, anche se a volte mi irrito un po’."

"Di nulla." Non sembrava che mi stesse prendendo in giro, anche se con lei non si poteva mai essere sicuri. Avrei potuto frequentarla per un secolo e comunque non sarei riuscita a interpretare alla perfezione i suoi cambi d'umore.

Andai a letto presto quella sera, il che fu facile perché ero davvero esausta. Non potevo fare nulla, non finchè Shizuru non avesse scoperto qualcosa su Merrydew, o Porlock non mi avesse consegnato Jules Lautrec. Fino ad allora la cosa migliore che potevo fare era tenere un basso profilo e riposarmi finchè ne avessi avuta la possibilità.

Tuttavia non riuscii a riposarmi come volevo, perché mi ritrovai strappata a un incubo da quello che sembrava il suono di un campanello.

Combattendo contro il sonno, cercai a tentoni la pistola che tenevo nel cassetto del comodino, una Mauser nuovo modello che era più potente ma meno discreta delle mie Smith and Wesson. La mia mano strinse il calcio della pistola quando lo sentii di nuovo, da sveglia, si trattava del nostro campanello.

"Ma chi può essere a quest'ora?" mormorai incredula, perché anche se le tende e gli scuri erano chiusi, era evidentemente troppo buio perché il sole fosse già sorto. Lasciai la pistola nel cassetto, avevo la sensazione che gli assassini del Primo Distretto non si sarebbero presentati così alla nostra porta, nonostante l'ora bizzarra, e invece uscii dal letto. Il mio gusto mascolino nel vestire mi fece indossare camicia, calze, jeans, panciottp e stivali in un paio di minuti. Uscii dalla mia stanza e raggiunsi Shizuru, che era già sveglia, in salotto proprio mentre un'irritata signora Hudson faceva entrare Kanzaki e Tate.

"Non me ne importa se è un'occasione ufficiale o no," stava sbottando. "Non dovreste tirare giù dal letto le brave persone!"

Era divertente vederla in quello stato, con gli occhi mezzi chiusi e gonfi di sonno e i suoi indomabili capelli rossi sparati in tutte le direzioni. Sorrisi, quanso mi resi conto che dovevo avere più o meno lo stesso aspetto.

Di solito, Kanzaki avrebbe distribuito parole di conforto in tono conciliante per calmare gli animi, ma non sembrava fosse dell'umore per essere educato. Forse qualcuno lo aveva tirato giù dal letto ad un'ora ancora più indecente.

"Quando i criminali faranno il loro lavoro in orario d'ufficio," replicò lui, "allora farò lo stesso. Fino ad allora, dovremo fare il nostro dovere a qualsiasi ora."

La nostra padrona di casa sospirò.

"Dovrebbero avvertire la gente di non affittare stanze a una consulente investigativa! Bizzarri estranei a tutte le ore del giorno e della notte!" Si voltò e scese dabbasso, mormorando fra sé mentre si allontanava.

"Bene, Reito, visto che vi siete preso il disturbo di affrontare la considerevole ira della signora Hudson, posso solo immaginare che siate qui per un motivo importante," disse Shizuru. "Prego, sedetevi e ditemi che cosa posso fare per voi?"

Kanzaki scosse la testa.

"In effetti, Shizuru, non siamo qui per parlare con voi."

"Ara, ma davvero?"

Entrambi i poliziotti mi guardarono.

"Io?" dissi, in tono poco brillante. Non ero mai al meglio in situazioni sociali così presto la mattina. La reazione al pericolo come atto di autodifesa potevo gestirla, ma una chiacchierata non era qualcosa che volevo affrontare.

L'ispettore si voltò leggermente, come se stesse guardando guori dalla finestra, che era chiusa come quelle della mia camera da letto. Un attimo più tardi mi accorsi che si era voltato non per guardare qualcosa, ma per nascondere il suo fianco destro. Me ne resi conto immediatamente perché quando si voltò c'era una Colt Navy nella sua mano, la canna puntata contro il mio addome.

"Signorina Kuga, se foste così gentile da usare due dita per rimuovere lentamente la derringer che avete nella tasca del panciotto e darla al sergente Tate, credo che questa conversazione si svolgerà più agevolmente fra tutte le parti interessate."

Shizuru ansimò.

"Reito, che significa?"

La canna del revolver non tremò, e gli occhi di lui rimasero duri e fermi; guardai Tate ma sul suo viso non trovai traccia di sorpresa o simpatia. Seguii gli ordini, e cedetti la mia pistola.

"Grazie."

Kanzaki ripose la propria arma.

"Spero che mi perdonerete per questa sceneggiata, Shizuru, ma non mi piace affatto interrogare dei sospettati di omicidio mentre hanno in tasca delle armi da fuoco."

Le parole erano scherzose, ma il tono e l'espressione non lo erano affatto.

"Omicidio?" strillai- di cosa stava parlando? Il tipo col coltello a cui avevo sparato a Whitechapel era forse morto? Era l'unica persona con cui avevo avuto un incontro potenzialmete letale, e mi dissi che, anche se il proiettile non l'aveva ucciso sul colpo, avrebbe potuto morire per la perdita di sangue, o per un'infezione. Ma anche così, come aveva fatto Kanzaki a risalire a me?

"È impossibile," insistette Shizuru, la voce tremante. "Non è possibile che Natsuki abbia fatto una cosa del genere."

Credo fossi rimasta stupita tanto dal modo in cui la sua calma era stata sconvolta quanto dall’accusa che mi era stata fatta.

"Al contrario," rispose Kanzaki, "La signorina Kuga è senz'altro una persona informata dei fatti nelle mie indagini sull'omicidio del barone Maupertuis...e di quello del signor Robert Merridew."

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Capitolo 9
*** 9 ***


9.

"Merridew è morto?" non era una risposta intelligente, ma esprimeva il mio punto di vista.

"Sì, signorina Kuga, Merridew è morto. È stato trovato ucciso nel suo giardino l'altra notte."

"E voi pensate che Natsuki abbia qualcosa a che fare col delitto?" Shizuru c'era arrivata prima di me. "Reito, questo è assurdo!"

Kanzaki la ignorò.

"Credo che voi possediate un coltello, signorina Kuga? Fatemi il favore di mostrarmelo."

"Non hai bisogno di un mandato prima di poter aprire gli armadi nelle case altrui?"

"In caso non l'abbiate notato, il vostro stivale destro non è casa vostra, signorina Kuga. È nei miei diritti perquisire un sospettato, ma se insistete con il rispetto delle formalità, vi farò arrestare e condurre a Scotland Yard, dove una collaboratrice della polizia potrà effettuare la perquisizione."

Sospirai e tirai fuori il coltello dallo stivale.

"Ecco. Goditelo quanto vuoi – preferibilmente in un posto dove non posso vederti."

Lo tenni prendendolo per la lama, Tate lo prese e lo porse a Kanzaki.

"Una lama di sei pollici," disse. "La lunghezza è quella giusta, ma questa arma ha un taglio solo."

Posà il coltello sul tavolo.

"Comunque, non è necessario un genio per concludere che gettar via l'arma di un delitto è utile, e questo coltello prova che siete a vostro agio con una lama di questa misura."

"Kanzaki, stai cercando di dire che pensi che io abbia ucciso Maupertuis e Merrydew? La tua bambinaia sa che vai in giro con un'arma da fuoco in tasca?"

"Sono morti due uomini, signorina Kuga. Questa non è cosa su cui fare battute."

"Strano che tu lo dica, allora, perché l'unica cosa che sento sono battute. Battute niente affatto divertenti."

"Allora forse vi piacebbe spiegarci il vostro interesse nel defunto barone e nella Corte d'Ossidiana?"

"Non ho alcun interesse in tutto questo," mentii, "a parte il fatto che Shizuru è stata assunta per investigare l'omicidio del barone e io l'ho seguita come al solito."

"Davvero?" rispose lui. La sua espressione era sprezzante, perfino disgustata dal mio tentativo di ingannarlo, e non sprecò tempo a dirmi perchè.

"Allora forse c'è la chiaroveggenza tra i vostri talenti, perché è stato portato alla mia attenzione che avete fatto delle domande negli ambienti della malavita, sulla Corte, il Barone Maupertuis, e certi altri individui, poco dopo il nuovo anno. Vorrei che il sergente Tate avesse la capacità di indagare per me diversi mesi prima di un crimine, sarebbe una capacità davvero preziosa."

Come diavolo—? Il pensiero finì prima di cominciare. I pettegolezzi viaggiavano con la velocità di un fulmine, e anche se sapevo che Porlock e un paio di altre mie fonti non avrebbero mai tradito un cliente, avevo fatto domande qua e là e in alcune occasioni avevo interrogato persone che non erano necessariamente degne di fiducia.

E ora ne pagavo il prezzo.

Lanciai un'occhiataccia a Kanzaki.

"Non penserai davvero che me ne vada in giro ad ammazzare la gente?"

"È impossibile," disse Shizuru in tono piatto. "Natsuki non farebbe mai una cosa del genere."

Trattenni un sussulto. Era bello che avesse fiducia in me, ma viste le circostanze in cui mi trovavo, mi sembrava malriposta. Mi fece sentire male per lei.

"Voglio sapere che interessi avete in questa faccenda," abbaiò Kanzaki. "Cosa sapete della Corte? Cosa volevate sapere del Barone Maupertuis?"

"Qualunque cosa abbia chiesto, sono affari miei, non di Scotland Yard," ribattei.

"Questa è un'indagine per omicidio, Miss Kuga. Non pensate di nascondermi qualcosa —in particolare quando siete la principale sospettata."

"Non ho ucciso nessuno."

"Reito, guardatemi," lo interruppe Shizuru mentre lui prendeva fiato per un'altra domanda.

"Che c'è, Shizuru?" ringhiò lui.

"Vi ho detto che era impossibile che Natsuki abbia commesso quei crimini. Non parlavo in senso figurato, ha un alibi."

"Cosa? Chi?"

Shizuru sorrise.

"Io. E di solito sono un'ottima testimone. Alle undici e trenta, la notte dell'omicidio, la baronessa Maupertuis diede la buonanotte a suo marito e lo lasciò, ancora vivo, nel suo studio.

Natsuki è ritornata a Baker Street alle dieci e mezza, è andata a letto poco dopo, e posso testimoniare che non è uscita da qui almeno fino alle quattro del mattino, quando sono andata a letto io stessa."

"Mi sono sempre chiesta se dormivate davvero," dissi, ma ero veramente felice che non lo facesse. Reito Kanzaki, da parte sua, non era felice per niente. Curvò le spalle, con aria sconfitta.

"Il patologo della polizia ha confermato le ipotesi del dottor Arbuthnot confermando che il barone è morto verso l'una," ammise.

"Quindi dovrete cercare il vostro assassino da qualche altra parte."

"E Merridew? È uscito in giardino alle otto, secondo i suoi domestici. Alle dieci, preoccupati perché non l'avevano visto rientrare, sono andati a cercarlo e l'hanno trovato morto."

Ridacchiai.

"Stai avendo una brutta giornata, Kanzaki. Dalle sette e un quarto alle otto e mezza sono stata a cena da Mai, il ristorante di Limehouse. La proprietaria, la cameriera, l'uomo con cui stavo cenando, e probabilmente diversi clienti abituali testimonieranno che mi trovavo lì. Quindi, a meno che Merridew non abbia passeggiato in giardino per più di un'ora prima di essere ucciso, sarebbe stato impossibile per me pugnalarlo a…dov'è che vive, a proposito?"

"Kensington," Disse Shizuru. "Questo rende l'alibi ancora più solido, vero?"

Non potei fare a meno di sorridere.

"La giornata continua a migliorare, vero, Kanzaki?"

"Infatti il chirurgo della polizia dice che Merridew è stato pugnalato attorno alle otto e mezza, il che significa che il vostro alibi era già valido ancor prima che ci ponessimo il problema del tempo che sarebbe stato necessario impiegare per arrivare a casa sua."

"E ora che abbiamo sistemato la questione, Reito, vi dispiacerebbe dirmi perché vi siete presentato qui a quest'ora tanto sconveniente, per accusare la mia amica e socia occasionale di un crimine tanto grave, senza altre prove a parte i pettegolezzi della malavita?"

Ora che la questione della mia libertà era stata sistemata, la voce di Shizuru era diventata dura e tagliente. Potevo solo immaginare come si sentisse; lei vedeva Kanzaki come un collega e un cliente regolare, in un rapporto basato sul reciproco rispetto per le loro abilità, e lui ora aveva fatto irruzione a casa sua e sputato accuse contro la sua amica senza alcuna esitazione o cortesia.

Mi aveva perfino puntato contro una pistola! Forse lei era stata ferita, forse si era perfino sentita tradita dalle sue azioni? Insultata dal modo in cui le conclusioni di lui si riflettevano su di lei? Di qualunque cosa si fosse trattata, era il genere di errore che cambiava le relazioni in modo significativo. Anche se Kanzaki si fosse scusato, cosa che dubitavo avrebbe fatto, le cose tra loro non sarebbero tornate come prima.

Per quanto mi riguardava lui non mi era mai piaciuto molto, quindi una volta superato lo shock e disposto del pericolo causato dalle sue accuse, le cose erano tornate come erano sempre state. Effettivamente, mi sentivo ringalluzzita dal modo in cui era stato buttato giù dal suo piedistallo.

"Voglio ancora sapere su cosa state indagando e perché," mi disse Kanzaki. A quanto pareva non avrei avuto scuse da lui.

"Si dice che accettare le delusioni faccia bene," ribattei. "Visto che non sono più sospettata di aver piantato un coltello nella schiena di Maupertuis e nel non so che cosa di Merrydew, non vedo perché dovrei dirtelo. Ora se volete scusarmi, me ne torno a letto. Ci sono persone che la notte dormono. Il tuo sergente sembra averne bisogno."

Feci per alzarmi, e Kanzaki fece un passo avanti, interrompendomi.

"Miss Kuga, non capite l'importanza di tutto questo? Anche se non avete ucciso quegli uomini, resta il fatto che qualcuno aveva interesse nel farlo, e i suoi motivi e i vostri potrebbero essere collegati. Sapete qualcosa della Corte e del Barone che noi non sappiamo, ed è vostro dovere condividerla con noi."

Lo fulminai con lo sguardo.

"Non vedo perchè."

"O forse pensate che la vostra lealtà vada a vostro padre? Siete la figlia dell'industriale tedesco Gerhart Kruger, vero?"

Questo mi confuse.

"Sì, ma…che cosa c'entra mio padre?"

"Negate che state lavorando per lui?"

"Non gli parlo da quando avevo cinque anni! Non ho contatti con i suoi rappresentanti fin da quando ho compiuto diciannove anni lo scorso agosto e lui mi ha tagliato i fondi. Perché lui dovrebbe essere rilevante?"

"Ha perso più di centomila sterline nel crollo della compagnia di Giava e Sumatra in quanto era uno dei principali investitori. Anche se è un milionario, quel genere di perdita deve aver bruciato, specialmente se sospetta che ci siano state manovre poco chiare che hanno portato al crollo."

"Quindi sospetti che io sia stata impiegata da lui? Che abbia scavato per scoprire gli affari sporchi della Corte, trovato le prove delle manipolazioni e delle truffe, e che infine abbia usato un coltello per insegnare ai coinvolti il prezzo da pagare quando si frega un Kruger?"

Cedetti e risi.

"Shizuru dice sempre che un detective deve avere immaginazione e suppongo tu debba essere un ottimo detective. Nemmeno Barrington avrebbe potuto inventarsi qualcosa del genere!"

Lo sguardo di Kanzaki divenne tagliente, e il suo cipiglio più profondo.

"Non apprezzo le vostre  prese in giro, Miss Kuga. O pensate che cercare di trovare l'assassino di due uomini, un nobile e il figlio di un nobile, sia divertente?"

"E io non apprezzo di essere tirata fuori dal letto alle quattro del mattino e accusata di quei delitti sulla base di prove trascurabili. Non apprezzo di essere minacciata con una pistola da qualcuno che in teoria rappresenta la legge, o di essere umiliata davanti a Shizuru."

"Dovete essere sottoposto a molte pressioni, per venire qui in questo modo con così poche prove," disse Shizuru.

Ma certo! Quella rivelazione mi esplose nella testa. Avrei dovuto capirlo prima, anche se le circostanze non favorivano i ragionamenti logici. Di certo la pressione su Kanzaki era enorme! Perché la Corte d'Ossidiana avrebbe dovuto sprecare tempo con scagnozzi e carrozze che potevo sconfiggere o evitare, quando potevano mettere la polizia contro di me!

Forse avrei dovuto essere impiccata-il Primo Distretto forse credeva che fossi davvero colpevole di quei crimini. O, e sarebbe stato più pratico, non sarei dovuta arrivare viva al processo, forse mi avrebbero trovata suicida in cella, o vittima di un crimine da parte di un'altra prigioniera. Dopotutto, una giuria avrebbe potuto considerarmi innocente nonostante gli sforzi della Corte.

Davvero una bella pressione!

Non che fossi così comprensiva nei confronti di Kanzaki. Dopotutto aveva ceduto alla pressione. Quello non era un atteggiamento equo da parte mia, per esempio forse gli era stato ordinato di arrestarmi, e sarebbe stato licenziato per insubordinazione se si fosse rifiutato. Tuttavia non mi sentivo tanto disposta a perdonare le sue azioni nei miei confronti. Era bizzarro come funzionavano quelle cose.

Kanzaki, da parte sua, aggrottò la fronte, essenzialmente confermando la deduzione di Shizuru.

"Vogliono delle risposte subito," ammise. "Due membri della Corte d'Ossidiana morti nel giro di due giorni, presumibilmente per opera della stessa persona, o gruppo di persone. Sospetto che questo stia mettendo sulle spine molte persone importanti, che si chiedono chi sarà il prossimo."

"A meno che, naturalmente, non si tratti della Corte che dispensa 'giustizia' su membri che l'hanno scontentata, e ora stanno cercando una copertura."

Parte di me voleva parlare. Sapevo, al contrario degli altri, che Maupertuis era stato uno degli Anziani della società e quindi era estremamente improbabile che il suo omicidio fosse stato 'un lavoro interno'. Questo puntava i sospetti sugli estranei che, come me, avevano subito un torto dalla Corte, o forse su un gruppo rivale in competizione con la Corte per la stessa vittima

Ma comunque, realizzai, non era necessariaente vero. E se Maupertuis e Merridew avessero offeso in qualche modo il Principe di Ossidiana? Una specie di colpo di stato, forse-la storia era piena di ministri, cancellieri, e nobili che si ribellavano contro i loro sovrani. In tal caso, punire i colpevoli e incastrare me avrebbe potuto essere stato il loro piano fin dall'inizio, sventato dal coinvolgimento di Shizuru nel caso e dal lungo rapporto di lavoro che Kanzaki aveva con lei.

Mi girava la testa. Tutto quel giro di complotti e contro complotti era troppo assurdo! Non avevo idea di come Shizuru potesse tenere tutte queste cose in testa in modo ordinato, io avrei avuto bisogno di uno schema solo per tenere il conto di chi e quando pugnalava alle spalle chi. Stavamo ancora speculando su chi ci fosse in gioco, figuriamoci sapere quello che aveva fatto.

"Avete interrogato l'amante del barone?" stava chiedendo Shizuru. Lei, d'altro canto, era nel proprio elemento, discutendo con professionalità con l'ispettore come se si fosse lasciata alle spalle tutte le spiacevolezze. Guardai Tate, lui mi sorrise timidamente e si strinse nelle spalle, con aria comprensiva. Forse lui, io e Yukino Chrysant avremmo dovuto formare un club per gli aiutanti dei detective.

"Robin Grayle? Sì, è un'attrice di Drury Lane. Non ha il talento di Ellen Terry, a giudicare dalle critiche, ma ha il viso e la figura per essere quello che è, il costoso ornamento di un ricco gentiluomo. Non abbiamo trovato prove che non sia altro che quello che sembra. Anche se la morte del Barone Maupertuis l'ha privata di un generoso protettore, dubito che avrà problemi a rimpiazzarlo, più che rattristata sembrava scioccata dalla notizia, e non credo che sia tanto brava come attrice da interpretare la parte della donna coraggiosa. Ah, ed ha anche un alibi per la notte del delitto: lei e un gruppo di suoi amici attori hanno presenziato a una festa al Rule's Cafe per celebrare il successo della loro nuova commedia, e il party è cominciato alle undici per finire alle tre del mattino. Abbiamo interrogato i testimoni, e le loro versioni collimano."

"Questo sistema uno dei punti in sospeso," riflettè Shizuru. "Avrò il permesso di esaminare la scena dell'omicidio Merridew?"

Kanzaki aggrottò la fronte.

"Sapete cosa penso del fatto che siate coinvolta in questo caso, Shizuru," disse. "Non posso impedire alla Baronessa di concedervi l'accesso alla sua casa, ma non avete queste libertà da Merridew."

Per questo te l'ha chiesto, testa di legno, pensai, ma non lo dissi. Non subito, comunque.

"Se davvero volete che io non interferisca in questa faccenda," rispose lei, mantenendo un tono dolce che io non sarei stata in grado di ottenere, "allora Scotland Yard non dovrebbe insistere ad accusare di un crimine le persone che sono sotto la mia protezione. Prima la mia cliente e ora Natsuki; mi state rendendo impossibile ritirarmi dal caso in buona coscienza, anche se Natsuki vorrebbe che lo facessi."

Kanzaki mi rivolse uno sguardo insospettito. Potevo facilmente indovinare i suoi pensieri: perché vuole che Shizuru ne stia fuori? Ma in quel momento non era a lui che era rivolta la mia attenzione. Non quando Shizuru aveva detto quel 'sotto la mia protezione'. Che diavolo significava? Sotto la sua protezione? La Corte era un mio problema e lei lo sapeva bissimo (ora, per lo meno, visto che Kanzaki aveva rivelato il mio interesse). Se non altro, ero io che avrei dovuto proteggerla dalle conseguenze delle mie azioni. Non le avevo chiesto niente!

Mi ritrovai a stringere furiosamente i pugni, e dovetti letteralmente mordermi il labbro per evitare di alzarmi in piedi e aggredirla a parole. Arrabbiata com'ero, almeno avevo un minimo di senso per quanto riguardava il tempo e il luogo, non avrei mai mostrato i miei panni sporchi in presenza di Reito Kanzaki e Tate. La parte più pragmatica del mio cervello ci mise del suo, facendomi notare che avrei fatto meglio ad attendere ed ascoltare se avessi voluto sapere qualcosa di utile riguardo l'omicidio di Merrydew e di come avrebbe potuto essere legato ai miei problemi. Seguire quei crimini sarebbe stato il modo migliore di arrivare fino al Principe di Ossidiana, mentre Porlock rintracciava Lautrec.

Quindi chiusi il becco. Per il momento.

E comunque la frase di Shizuru sembrò funzionare. Che fosse stato convinto dalla sua argomentazione o che semplicemente si sentisse in colpa per la falsa accusa, lui cedette.

"Va bene, vi scriverò una lettera di permesso così gli agenti vi daranno accesso alla casa e alla scena del crimine. Posso usare la vostra scrivania?"

"Prego," rispose lei. Avevamo buttato via tutti gli appunti presi durante il nostro lavoro di decifrazione, quindi se avesse voluto ficcanasare, non ci sarebbe stato nulla da vedere. Scrisse e firmò la lettera e la tese a Shizuru.

"Così va bene?"

Lei la lesse, lo sguardo che correva sulle pagine.

"Oh, sì, andrà bene senz'altro."

"In tal caso ce ne andiamo, visto che stiamo solo perdendo tempo qui, a meno che-" Kanzaki si voltò verso di me "non siate in grado capire, signorina Kuga, che parlarci del vostro interesse nel Barone Maupertuis e nella Corte d'Ossidiana potrebbe aiutare la causa della giustizia."

"Non credo proprio."

"Bene. Ma ricordate che non sarete in grado di mantenere questo atteggiamento per sempre. Trattenere delle prove è un reato."

Si voltò con un ringhio e marciò fuori dalla porta, con Tate che lo seguì mentre guardava lui, me e Shizuru con espressione confusa. Sapevo come si sentiva. In qualche modo, non pensavo che Kanzaki facesse molte confidenze al suo aiutante, sia riguardo la pressione a cui era sottoposto sia riguardo al resto. Non che io mi trovassi in una situazione migliore, ma almeno non chiedevo aiuto a qualcuno nascondendogli, al tempo stesso, delle preziose informazioni.

Quando la porta si chiuse alle spalle di Kanzaki, comunque, sapevo che mi sarei sfogata. Stranamente mi sbagliai, almeno all’inizio.

"Come ha osato?" La sua voce era poco più di un sussurro, ma riempì l’aria della stanza come un grido.

"Come ha osato venire a casa nostra ed accusare Natsuki di quelle cose? Di essere un’assassina?"

Le mani di Shizuru erano posate sulle cosce, strette a pugno, e mi accorsi che stava letteralmente tremando di furia.

È davvero rimasta più turbata di me! Pensai, stupefatta. Io ero stata sorpresa, spaventata, poi arrabbiata, ma lei…

"Shizuru?" dissi, esitante.

"È intollerabile!"

"Shizuru?" ripetei.

"Non permetterò che—"

"Ehi, Shizuru!"

Alzò la testa di scatto e per un attimo i suoi occhi sembrarono stranamente vitrei, il loro vivido colore scarlatto sbiadito nella sfumatura smorta ed opaca del sangue rappreso. L’attimo seguente sembrò tornare in sé, il suo sguardo si concentrò su di me, invece che attraverso di me.

"Chiedo scusa, Natsuki. Mi dispiace davvero di aver causato tutto questo."

"Per l’amor del cielo, Shizuru, non è colpa vostra. Certo, lavorate spesso con Kanzaki ma lui non è sotto il vostro controllo. E non è colpa vostra se sono stata trascinata in tutto questo. Credetemi, avrebbe bussato alla nostra porta anche se voi non aveste accettato il caso Maupertuis, anche se non mi aveste mai chiesto di aiutarvi."

"Se non avessi mai—?" Sembrò perdersi per un altro mezzo secondo, il che stava cominciando a preoccuparmi davvero. Il modo in cui stava reagendo era davvero strano, e mi accorsi che doveva essere rimasta sconvolta non solo dal fatto che ero stata messa in pericolo. Dal tradimento, forse, di Kanzaki che aveva deciso di indagare su di me, la sua amica? O forse c’era qualcosa nel modo in cui aveva detto ‘casa nostra’ – il fatto che lui si fosse presentato alla nostra porta in piena notte con le sue accuse l’aveva fatta sentire più invasa di quanto sarebbe stato logico.

"Volete una tazza di tè?" offrii, nervosamente.

Lei scosse la testa.

"No, sto bene per il momento." Alzò lo sguardo, incontrando il mio. "Dico sul serio, Natsuki."

"Non è un bel modo di cominciare la giornata," notai.

"No, davvero."

Poi, naturalmente, cominciarono i guai, proprio come mi aspettavo. Una volta superata la tempesta emotiva, l’attenzione di Shizuru si diresse su uno dei dettagli significativi di quella conversazione, vale a dire:

"Nonostante la sua sconvolgente mancanza di giudizio in questo caso, Reito è un buon investigatore ed i fatti che presenta sono affidabili. Voi sapevate di questo caso ancor prima che diventasse un caso."

Non dissi nulla. Viste le circostanze, dubitavo che avrebbe aiutato la mia causa.

"È per questo che lo avete sostenuto, incoraggiandomi ad abbandonare le indagini?" continuò.

"No."

"No?"

Infilai le mani in tasca e camminai su e giù davanti al caminetto.

"In parte è così, lo ammetto. Sei mesi fa ci sarebbe stato di più, cioè il fatto che non volevo che ficcanasaste nei miei affari. Ora, però… "

Tirai fuori una mano dalla tasca e mi passai le dita tra i capelli.

"È come vi ho detto prima di andare ad incontrare Porlock. So quanto queste persone possano essere pericolose perché le conosco da già da molto tempo. Questo è un mio problema. Non ha nulla a che vedere con il vostro caso – è stato un mio problema da prima che vi incontrassi."

Rimisi la mano in tasca.

"Non voglio vedervi ferita, Shizuru, e non riuscirei a sopportarlo se vi accadesse qualcosa a causa di un affare in cui io vi ho trascinata."

"Voi non mi avete 'trascinata' nel caso Maupertuis. La baronessa Maupertuis mi ha legittimamente assunta come consulente investigativa. Voi non avete nulla a che fare con tutto questo."

"Se sapessi che qualcuno ha scavato una fossa in mezzo alla strada, e poco dopo sentissi che avete intenzione di prendere quella strada, mi sentirei in colpa se non vi avvertissi, anche se non vi avessi suggerito apertamente di andare da quella parte."

Shizuru annuì lentamente.

"Capisco cosa intendete."

"Allora voi—"

"Ma," mi interruppe, "per allargare la vostra analogia, potrei avere dei buoni motivi per prendere quella strada, visto che la mia decisione di imboccarla non dipende da voi, motivi che sono più importanti del pericolo di cui mi avete avvisata."

"Motivi? Quali motivi? Lavorare per una donna che non amava il marito e che probabilmente starà meglio senza di lui? L’eccitazione di risolvere un caso difficile e l’esaltazione mentale che ne deriva? La vostra reputazione come detective? Non ne vale la pena, Shizuru."

"Voi ne valete la pena, Natsuki?"

"Huh?" fu la mia brillante risposta.

"Il Capo Ispettore Kanzaki di Scotland Yard ha appena fatto irruzione in queste stanze alle quattro del mattino con l'intento di arrestarvi per due omicidi. E lo avrebbe fatto se non aveste avuto un alibi-e lui si accerterà di verificare se eravate davvero da Mai all'ora che avete detto. E non vi lascerà in pace, continuerà ad indagare sulla vostra connessione al caso perché potrebbe formare una parte rilevante dell'intero quadro. L'unico modo di fermarlo è dargli la soluzione, in modo che la vostra parte rilevante diventi solo una piccola nota a piè di pagina."

Non ero sicura che fosse così irrilevante, ma non era quello il punto.

"Kanzaki non mi preoccupa, anche se mi ha puntato contro una pisto—maledizione, si è preso la mia derringer! Tate non me l'ha restituita!" realizzai. Raggiunsi in fretta il tavolo e recuperai il coltello.

"Posso farli arrestare per furto? Mi farete da testimone, vero?"

Shizuru ridacchiò, probabilmente a malincuore.

"Quando li rivedremo gli chiederemo di restituircela, presumendo, naturalmente, che Natsuki abbia il regolare pemesso di detenere un'arma del genere."

"O possiamo considerare chiusa questa faccenda," dissi in fretta, strappandole un'altra risata. Si ricompose in fretta, però.

"Dovreste essere preoccupata, questa è una cosa seria. A meno che non stiate cercando di dirmi che Reito è l'ultima delle vostre preoccupazioni?"

Non risposi. Non ne avevo bisogno.

"In tal caso," continuò lei, "È vitale che continui le indagini."

"Shizuru—"

"Natsuki, anche se capisco che voi non volete confidarmi i vostri segreti, e che state cercando di proteggermi al meglio delle vostre abilità, dovete capire che non ho intenzione di voltarvi le spalle."

"Dannazione, non è la vostra battaglia."

"Sì, lo è," disse lei, con calma fermezza. "I miei motivi non sono quelli di Natsuki, ma esistono."

"Queste persone sono pericolose, Shizuru."

"E i Cunningham di Reigate non erano pericolosi quando voi avete strappato le mani del loro figlio dalla mia gola? O Cairns, o Hope, quando li abbiamo arrestati in queste stanze? Il caso Openshaw non ha forse riguardato una società segreta dedita agli omicidi? Perché questo è diverso?"

Non avevo modo di risponderle in modo soddifacente, invece mi diressi verso la porta della mia stanza, la aprii, ed entrai.

"Perché quelli non venivano per me," mormorai, mentre mi sbattevo la porta alle spalle.

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Capitolo 10
*** 10 ***


10

Decisi che il sonno non serviva a molto quando si trattava di ammorbidire le posizioni di due donne di forte volontà. Shizuru non aveva intenzione di cambiare idea riguardo la sua decisione di seguire il caso, e io non volevo esporla al mio passato e dirle il motivo per cui davo la caccia alla Corte d'Ossidiana.

Quella situazione non mi piaceva per nulla.

Era la prima volta, nell'intera durata della nostra amicizia, che mi trovavo in serio disaccordo con Shizuru. Oh, avevamo già litigato altre volte. Le sue prese in giro mi portavano da 'frustrata' a 'irritata' almeno una vota al giorno. E avevamo anche avuto dei battibecchi: la sua abitudine di tenere le informazioni per sé, la mia mancanza di tatto e discrezione, il suo rifiuto di mangiare come si deve, il mio disordine, la sua pigrizia, il mio tabagismo… le solite discussioni che non si possono evitare quando due persone di spirito dividono un piccolo spazio per un certo periodo di tempo. Ma questa discussione era diversa.

L'una voleva proteggere l'altra dal pericolo. Entrambe avevamo ottimi motivi per affrontare quel pericolo. Eravamo entrambe due persone che, come lei mi aveva ricordato, erano abituate ad a avere regolarmente a che fare con il rischio, quindi non eravamo cento dei fragili fiorellini che non dovevano essere messi in pericolo.

Non c'era molto spazio per i compromessi.

Il mio tentativo di riaddormentarmi non era andato bene, grazie a tutto quel tumulto emotivo (essere minacciata da una pistola e quasi arrestata era di certo un'esperienza che era fonte di turbamento), quindi non fu sorprendente che Shizuru e io partissimo per la tenuta di Merridew alle sette del mattino, senza fermarci per fare colazione o per bere un caffè. Nessuna di noi a quando sembrava, voleva disturbare la signora Hudson dopo che Kanzaki l'aveva tirata giù dal letto la notte precedente. Naturalmente, a una certa persona saltare i pasti riusciva più facile, pensavo egoisticamente ogni volta che la nostra carrozza passava davanti a un ristorante.

La verità era che queste distrazioni personali erano l'ultima cosa di cui avevo bisogno. Concentrare le mie emozioni e la mia attenzione su faccende poco importanti era un buon modo di finire uccisa. Avevo passato tutta la vita senza avere stretti legami personali, e ora dovevo affrontare i contro della mia decisione di aver permesso a Shizuru si essere l'eccesione alla mia regola.

A dimostrare quanto fosse complicata la nostra situazione, non scambiammo una parola finchè non arrivammo alla casa di Merridew, un edificio alto e solido fatto di pietra grigia, che mi fece ricordare certe descrizioni di Edimburgo che avevo letto, anche se non avevo mai visitato la città in questione e non potevo sincerarmi di quanto fossero accurate. Un uomo alto coi capelli bianchi ci aprì la porta; la sua lunga giacca scura e la sua età suggerivano che fosse il maggiordomo.

"Mi dispiace, signorina, ma oggi non riceviamo nessuno a causa di un lutto," disse in tono solenne, cercando di mandarci via.

"Siamo venute per questo," disse Shizuru. "Mi chiamo Shizuru Viola, e sono una consulente investigativa assunta da Sua Grazie la baronessa di Maupertuis."

Gli mostrò il suo biglietto da visita.

Il maggiordomo inarcò le sopracciglia, forse quando vide la parola 'investigatrice', o forse alla menzione della Baronessa.

"Sua Signoria è interessata alla morte del signor Merridew?"

"Sua Signoria è interessata alla morte del proprio marito, che mi ha chiesto di investigare. Di certo potete capire come la morte del socio del barone, avvenuta la notte seguente, potrebbe avere una qualche attinenza con delitto. In realtà l'altra sera avevo scritto al signor Merridew per chiedere un appuntamento per poter discutere oggi di quell'incidente."

Non avevo idea del perché stesse cercando di persuadere il maggiordomo. No, forse lo sapevo. Avere la servitù ad aiutarci di sua spontanea volontà avrebbe reso più facile la raccolta di informazioni, e forse avrebbe reso i domestici più disponibili a cercare di ricordare dettagli quasi dimenticati, o ad ammettere dei fatti che avrebbero potuto metterli in imbarazzo. Il fatto che Shizuru stesse procedendo con cautela aveva senso. Me ne stavo in piedi all'aperto, con la schiena rivolta alla strada, ed era una situazione che non mi piaceva. Pensare a quato fossi esposta mi faceva prudere la base del collo, così feci saettare il mio sguardo a destra e a sinistra, cercando di vedere quanto più possibile, poi mi girai parzialmente verso il maggiordomo e Shizuru come se stessi facendo attenzione alla loro discussione, ma così facendo riuscii ad aprirmi una visuale più ampia in direzione della strada.

Quello che vidi non mi tranquillizzò affatto.

Devo ammettere che dopo quanto successo a Whitechapel due notti prima e a Claremont Court la mattina precedente, le carrozze mi erano rimaste in testa. Kensington non era affatto malfamato; c'erano case rispettabili e negozi, carrozze a pagamento e simili vetture non erano fuori posto qui. Il vetturino, però, era ciò che rendeva sospetto quel veicolo. L'aria d'aprile era po' fredda, dovevo ammetterlo, un ultimo strascico d'inverno che si aggrappava disperatamente alla città, ma quel cocchiere aveva un cappello floscio tirato giù fino agli occhi, un cappotto con mantellina che nascondeva la sua corporatura minuta e che aveva addirittura il colletto alzato, e una sciarpa di lana color verde oliva avvolta attorno alla metà inferiore della faccia. Gli mancavano solo gli occhiali scuri.

Eravamo state seguite da Baker Street? O la Corte di Ossidiana in qualche modo era stata informata che sarei venuta qui e aveva messo quel tizio a sentinella? E se era così, come avevano fatto? Ci erano arrivati grazie al coinvolgimento di Shizuru nel caso Maupertuis o in un altro modo? O forse quella carrozza non era lì per me, ma a causa dell'omicidio—due membri del Primo Distretto erano stati uccisi, dopotutto, e in ciascun caso, la mattina seguente, c'era stata una carrozza sospetta nei dintorni della scena del crimine, quindi forse quello spiegava la sua presenza, non il mio ruolo nel caso.

O forse stavo diventando paranoica?

"Mi dispiace, signorina, sappiamo tutti che sua Signoria era un caro amico del signor Merridew, e sono certo che il padrone avrebbe voluto aiutare la Baronessa in qualsiasi modo. Comunque, tutta la servitù è sconvolta e senza istruzioni, almeno finchè il nipote del signor Merridew non arriverà, e non credo saremmo in grado di assistervi."

"Ara, capisco, è semplicemente una questione di autorità. In tal caso, credo di potervi soddisfare in questo senso."

Tirò fuori la lettera di Kanzaki dalla sua borsetta e la porse all'uomo. Il maggiordomo lesse il testo e annuì, per poi restituirla.

"Questo mette le cose in una luce diversa, naturalmente. Il signor Hartwell pensava che avremmo dovuto rifiutare tutti i visitatori, per non assumerci la responsabilità di qualche danno alla scena del crimine, ma visto che siete qui per un motivo ufficiale, saremo grati per il vostro aiuto."

Si fece da parte, permettendoci di entrare.

"Chi è il signor Hartwell, se posso chiedere?" disse Shizuru. "Di certo l'avvocato del signor Merridew non sarebbe stato già chiamato a quest'ora per dare consigli sulla gestione della proprietà."

I maggiordomo scosse la testa in un gesto lento e ponderato.

"No, signorina. Il signor Hartwell è il segretario del signor Merridew."

"Capisco, e dev'essere una persona decisa, se ha preso in mano la situazione con tanta fermezza."

"È stato lui a trovare il corpo, e ha mandato a chiamare la polizia e il signor Pennyworth, l'avvocato che, come voi avete osservato, non è ancora qui, e che probabilmente non arriverà fino a metà mattina."

"Il signor Hartwell ha trovato il corpo? Allora dobbiamo cominciare con lui. Vi prego di portarci da lui..."

"Culver, signorina."

"Culver."

"Molto bene. Da questa parte, è nello studio."

Lo studio di Robert Merridew, come la sua casa, era molto diverso da quello del barone Maupertuis. Niente decorazioni barocche, niente opulenza d'oro e di porpora: qui erano rimpiazzati da pannelli di legno e mobili solidi che guardavano alla funzionalità e alla comodità. Comunque era sempre un luogo di lavoro, con scaffali e schedari allineati lungo i muri e una grande scrivania vicina al muro in fondo. Invece che delle finestre, quella stanza aveva delle porte a vetri che davano su un giardino recintato. Molti degli cassetti degli schedari erano aperti, e un giovane biondo sui venticinque anni stava curiosando in uno di essi.

"È sicuro che il signor Merrydew apprezzerebbe quello che state facendo?" chiesi in tono leggero. Lui sussultò, spaventato; la porta era aperta e lui era stato così intento nel suo lavoro che non ci aveva sentite arrivare.

"Signorine, vi presento il segretario personale del signor Merridew, il signor Charles Hartwell. Signor Hartwell, loro sono la signorina Shizuru Viola, la consulente investigativa, e la sua socia," Culver fece le presetazioni.

"Natsuki Kuga," dissi, e vidi gli occhi di Hartwell spalancarsi quando sentì il mio nome. Merridew, in quanto membro del Primo Distretto, aveva forse fatto il mio nome a Hartwell—o forse Hartwell aveva detto a Kanzaki che Merridew mi considerava una minaccia alla sua vita? No, mi dissi, Kanzaki l'avrebbe menzionato, sia per presentare meglio la sua accusa sia come sprone per costringermi a parlare.

Hartwell avrebbe potuto sapere il mio nome per un altro motivo, però. Se Merridew era un membro del primo distretto, forse un Primogenito, allora avrebbe avuto probabilmente un altro membro della Corte come segretario, visto che la sua corrispondenza avrebbe spesso trattato degli affari della Corte d'Ossidiana. Guardai i suoi polsini, notando i triangoli di ossidiana, e mi chiesi—non per la prima volta—perché i membri della Corte sbandierassero la loro affiliazione in maniera così plateale. Forse davano solo per scontato che nessun altro conoscesse il significato dei simboli e che quindi potevano esibirli tranquillamente?

"Il nome della mia socia vi sorprende, Mr. Hartwell?" Shizuru aveva notato la sorpresa dell'uomo.

"Sono sorpreso che siate qui. Ho dato istruzioni ben precise di rifiutare tutti i visitatori." Lanciò un'occhiataccia a Culver.

"Una precauzione ragionevole," disse Shizuru, "ma abbiamo l'autorizzazione del capo Ispettore Kanzaki di continuare le nostre indagini qui su incarico della Baronessa Maupertuis."

"Capisco." Sembrò rifletterci sopra. "Molto bene, non ho certo il desiderio di interferire con il giudizio dell'ispettore su questa faccenda. Culver, potete andare."

"Molto bene."

L'uomo si allontanò, senza chiudersi la porta alle spalle il che, mi accorsi, era perché era stata forzata, il legno vicino alla serratura era rotto e scheggiato.

"Ora," disse Hartwell, "per quanto riguarda la presuntuosa domanda della signorina Kuga, sono stato il segretario personale del signor Merridew per più di due anni. Avevo la sua fiducia assoluta, altrimenti non mi avrebbe mai permesso di gestire la sua corrispondenza privata. Al momento sto cercando di assicurarmi che questa tragica e insensata morte non faccia inavvertitamente venire alla luce qualcosa che potrebbe tradire la sua fiducia e causare danno a delle persone innocenti."

"Cose che potrebbero riguardare l'Ordine della Corte d'Ossidiana?" chiese Shizuru. Entrambi la guardammo scioccati, era inaspettato che lei avesse pronunciato quel nome senza farsi problemi.

"Non so di cosa state parlando," protestò Hartwell con trasparente falsità.

Shizuru annuì.

"È naturale che diciate una cosa del genere; non è affatto inaspettato. Ma forse vi sentirete più a vostro agio a discuterne con me se io vi fornissi certe informazioni pertinenti. Il defunto Barone Maupertuis aveva l'abitudine di indossare un certo spillo da cravatta che, sua moglie mi assicurato, era un simbolo della sua appartenenza alla Corte d'Ossidiana. Il signor Merridew portava uno spillo identico a quello del Barone, cosa che lo identifica come membro della stessa loggia. Voi portate lo stesso simbolo, anche se a colori invertiti, sui gemelli della vistra camicia."

Avrei dovuto aspettarmi che anche lei avrebbe notato quel dettaglio.

"La cosa più logica è che il signor Merridew si sia rivolto a un altro membro, giù legato dai voti di segretezza che contraddistinguono questo genere di organizzazioni."

Avevo guardato Hartwell attentamente durante quello scambio, fin dalla sua reazione quando aveva sentito il mio nome. Le società segrete tendevano a inspirare il fanatismo, e sapevo che c'erano certi gruppi in cui un assassino avrebbe allegramente sacrificato la propria vita o la libertà pur di uccidere un bersaglio. In altre parole, anche se non associavo le attività criminali della Corte a quel genere di devozione, c'era sempre la possibilità che Hartwell potesse venire in mente di tentare di uccidermi con un attacco a sorpresa di fronte a dei testimoni.

"Signorina Viola, posso solo ammettere che non ho idea di che cosa stiate cercando di dirmi. Che il signor Merridew fosse un membro di una qualche fratellanza non mi sorprende, ma non so nulla al riguardo."

Shizuru scosse la testa.

"Allora è così? Sono sempre sorpresa dalla quantità di bugie sfacciate che le persone credono di poter dispensare impunemente. Senza dubbio il capo ispettore Kanzaki ha visto le vostre menzogne con altrettanta facilità. Ma non possiamo certo costringervi ad abbandonare la vostra strana insistenza a raccontare fatti che sono certamente falsi."

Lo disse sorridendo il suo solito sorriso, così sembrò che stesse rimproverando un bambino che la stava divertendo con i suoi capricci.

"Spero che almeno ammetterete che il signor Merridew di solito indossava uno spillo con lo stesso disegno dei vostri gemelli, solo a colori invertiti?"

"Sì, è così," ammise lui a malincuore, con uno sguardo cupo, come se sospettasse che lei stesse tentando di estorcergli una qualche confessione.

"Lo portava anche l'altra notte?"

"Questo non saprei dirlo."

"Non l'avete notato?"

"Non ero qui per notarlo," rispose lui. "Ieri era la mia mezza giornata libera, ho cenato fuori con la mia fidanzata poi siamo andati a un concerto. Sono tornato che mancava un quarto alle dieci, dopo ho scoperto il corpo."

"Forzando la porta dello studio?"

In risposta alla mia domanda Hartwell gonfiò il petto pomposamente, il ritratto della dignità offesa.

"La prima cosa che ho fatto una volta tornato è stata mettermi a disposizione del signor Merridew, quindi mi sono recato allo studio. Quando ho scoperto la porta chiusa, ho bussato e l'ho chiamato. Non ho ricevuto risposta, così ho chiamato i domestici e sono stato informato da Willis, il valletto, che il signor Merridew poco prima delle otto aveva detto che avrebbe passeggiato in giardino, dando ordine di non essere disturbato. Abbiamo guardato dalle finestre della biblioteca, ma non abbiamo visto alcun segno di lui, così abbiamo forzato la porta dello studio."

Sono felice di non averlo come segretario, visto che mi disturberebbe anche se gli chiedessi di non farlo, pensai stancamente, ma non dissi nulla – dopotutto, Hartvell era stato nel giusto. "Non c'era alcun segno di lui, quindi siamo usciti in giardino attraverso la portafinestra."

"Con 'siamo' intende lei e Willis?" chiese Shizuru.

"E anche Culver, il maggiordomo," si corresse lui. "Abbiamo trovato il signor Merridew accanto alla fontana, disteso sulla schiena. Naturamente abbiamo cercato di farlo rinvenire, ma siamo rimasti inorriditi quando ci siamo resi conto che era morto da tempo, c'era una ferita di pugnale che macchiava la sua camicia alla luce della luna."

"Avete un modo esprimervi molto evocativo."

Lui tremò.

"È stato mostruoso trovarlo così. Il signor Merrydew era più che un datore di lavoro, era un brav'uomo che mi ha aiutato quando ero in difficoltà, mi ha accolto, mi ha fatto da m-mentore…"

Mi chiesi cosa avrebbero pensato, gli investitori della compagnia di Olanda e Sumatra, della 'bontà' di Robert Merridew, mentre cercavano di sopravvivere dopo aver perso i risparmi di una vita. Hartwell probabilmente lo sapeva benissimo, perché sembrava sulla difensiva. "Penso che la signora protesti troppo", eccetera eccetera.

"Quindi, una volta che vi siete accertati che il signor Merridew a quanto pareva era stato assassinato, cosa avete fatto?" Shizuru lo rimise in carreggiata.

"Siamo ritornati in casa. Io…io avrei voluto portare dentro il corpo, ma Willis ha detto che un cadavere non dovrebbe essere mosso prima che la polizia lo esamini in situ, così com'era quando era stato trovato, e io fui d'accordo. Per quanto mi ripugnasse lasciarlo là, non volevo fare nulla che impedisse le indagini."

"Avete fatto bene. Però vorrei chiedervi come faceva il valletto a sapere queste cose."

Il fantasma di un sorriso apparve sulle labbra di Hartwell.

"A quanto pare è lettore appassionato di romanzi gialli e altri 'penny dreadfuls.'"

"Allora dovrei scusarmi per aver preso in giro i vostri gusti in fatto di letteratura, Natsuki," mi disse. "Sembra che questo genere di libri stiano dando un'educazione utile al pubblico." I suoi occhi scintillavano.

"...Idiota."

"Poi avete chiamato la polizia, signor Hartwell?"

"Sì. Il capo Ispettore Kanzaki e il suo assistente hanno passato buona parte della notte ad esaminare la scena del crimine e a interrogare la servitù, il c-corpo è stato portato all'obitorio." Facendosi forza, aggiunse, "L'ispettore ha annunciato il suo intento di fare una perquisizione approfondita del giardino una volta che ci fosse stata abbastanza luce, così ha lasciato due agenti perché si assicurassero che il luogo non venisse disturbato."

"Capisco. Ora, signor Hartwell, vi chiedo scusa se la mia domanda vi turberà, ma vi è capitato di notare se il signor Merridew, quando lo avete trovato, indossava il suo spillo da cravatta?"

"Perché continuate con questa storia dello spillo? Il signor Merridew è morto, è stato barbaramente ucciso, e tutto quello che fate è blaterare di gioielleria!"

Stavo cominciando a perdere la pazienza, visti i continui dinieghi di Hartwell riguardo Merrydew e il suo coinvolgimento con la Corte d'Ossidiana, lui non aveva alcun diritto di accusare chicchessia di non prendere il caso seriamente. Shizuru doveva aver notato o percepito la mia rabbia, perché sfiorò il dorso della mia mano, calmando la mia furia ancor prima che potessi esprimerla.

"Il mio 'blaterare' come lo chiamate voi, signor Hartwell, è semplicemente dovuto al fatto che che, nonostante ci provi, non riesco a convincervi a darci delle informazioni utili su quanto accaduto. Il problema dello spillo è significativo perché l'assassino del barone Maupertuis gliel'ha rubato. Se mancasse anche quello del signor Merridew, questo stabilirebbe una connessione tra i due delitti, e inoltre confermerebbe che gli omicidi sono in qualche modo legati alla Corte d'Ossidiana. Ora, io non sono un ufficiale di polizia e non posso convincervi a parlare, ma dovreste come minimo avere la cortesia di non accusarmi di non prendere il caso seriamente, quando sapete bene che avete già deciso che la vostra lealtà nei confronti della Corte viene prima del vostro desiderio di vedere l'assassino del signor Merridew in prigione."

Lui fissò Shizuru, tremando di una qualche emozione, come se volesse esplodere della stessa rabbia che aveva preso me, solo che lui non aveva una Shizuru a calmarlo. Ero rimasta sorpresa dal modo in cui lei era andata dritta al punto, ferendolo con le sue parole. Non era il suo solito stile di investigazione; l'avevo vista affrontare degli assassini presentandogli le prove dei loro crimini, spiegando la storia pezzo per pezzo, senza tuttavia perdere mai la calma.

Mi figurai che le emozioni scatenate dall'intrusione di Kanzaki stessero dietro a quel discorso; era stata più agitata di quanto l'avessi mai vista, e la cosa stava continuando. Sapevo fin troppo bene di come le minacce alle cose amate potessero disturbare o distruggere la routine di una persona. Stava cercando di risolvere il caso perché era diventata una faccenda personale, non era un lavoro o un esercizio intellettuale, ma una cosa che la preoccupava. Oltretutto il rifiuto di Hartwell di parlare della Corte d'Ossidiana, arrivato poco dopo il mio, non poteva aver fatto bene al suo umore.

"Adesso basta," sbottò. "Quella portafinestra è l'unico ingresso al giardino dalla casa?"

"Sì, ci sono diverse finestre che danno sul giardino, ma nessun'altra porta," balbettò il segretario, sembrava un po' turbato dal cambio di atteggiamento di Shizuru.

"Ci sono accessi esterni?"

"C'è un cancello…"

"Di solito è chiuso a chiave?"

"Sì." Sembrava confuso.

"Chi ha le chiavi?"

"Il giardiniere ne ha una; la usa per andare e venire dal giardino e l'entrata della servitù, visto che non possiamo permettergli di lasciare fango e portare verdure attraverso lo studio del signor Merridew. Anche il signor Merridew ne ha una, naturalmente, la tiene nel cassetto della scrivania—"

Si interruppe mentre apriva il cassetto e ne fissava, sorpreso, il contenuto.

"Non c'è più!"

"Sospetto che sia stata portata all'obitorio assieme a tutto quello che c'era nelle tasche del signor Merridew," disse Shizuru, "a meno che non abbia chiuso di nuovo il cancello dopo aver fatto entrare l'assassino, in tal caso l'assassino l'ha portata con sé, o l'ha lasciata cadere lì da qualche parte."

Hartwell la guardò con gli occhi spalancati. Confesso che ebbi quasi la stessa reazione, e io non ero stata disorientata dalla sua veemenza verbale.

"Chiuso di nuovo? Lasciato entrare l'assassino? Di che state parlando, signorina Viola?"

"Sono quasi certa che le cose siano andate così. Il signor Merridew aveva un appuntamento con qualcuno, una persona che la servitù non avrebbe dovuto incontrare, o che ha insistito per un colloquio da svolgersi in segretezza. Questa persona si è presentata al cancello del giardino all'ora concordata, il signor Merridew le ha aperto e l'ha fatta entrare, ed è stato ucciso. Forse subito, o forse dopo una discussione, ma sospetto che si tratti della prima eventualità. L'assassino è arrivato armato, innanzitutto, non è comune per la gente girare con un coltello o una daga quando non hanno intenzione di usarla."

Mi guardò e sorrise. A volte pensavo che quella donna potesse trasformare qualsiasi cosa in una presa in giro!

"La connessione all'omicidio del barone Maupertuis è un altro punto. Se lo spillo manca davvero, allora è chiaro che l'omicidio è stato premeditato. Naturalmente, il signor Merridew non aveva alcun sospetto, o non avrebbe mai acconsentito a incontrare questa persona in questo modo."

Tacque per un attimo, poi fissò Hartwell.

"In quanto segretario personale del signor Merridew, presumo che siate voi a gestire i suoi appuntamenti?"

"Certo! Ordinare i suoi impegni di lavoro era una parte importante dei miei doveri."

Shizuru attese per un paio di secondi, poi Hartwell fece la connessione.

"Ma non avevo idea che dovesse incontrare qualcuno l'altra sera! Deve aver preso quell'appuntamento dopo che me ne sono andato…ma l'unica lettera importante arrivata con la posta della sera era la vostra." Prese una lettera e una busta color crema con i bordi lavanda, la peculiare carta da lettere che usava Shizuru. "Che richiedeva un appuntamento, ma per oggi."

Lei annuì.

"Avevo sperato di potergli parlare dell'omicidio del barone Maupertuis. Sfortunatamente è troppo tardi."

Hartwell si pavoneggiò, facendo un sorriso presuntuoso.

"Allora non potete essere nel giusto per quanto riguarda l'appuntamento. Chiaramente la vostra teoria sul crimine è sbagliata."

"Al contrario, significa semplicemente che c'è una spiegazione diversa. Probabilmente è stato il signor Merridew a richiedere l'appuntamento, non conoscendo il vero intento dell'assassino. Possiamo facilmente verificare, interrogando la servitù, se abbia chiesto loro di spedire una lettera o un telegramma. In secondo luogo, l'incontro potrebbe essere stato personale invece di una discussione d'affari, e in tal caso non avrebbe avuto alcun motivo di avvertirvi. O, naturalmente, potrebbe avervi taciuto questo appuntamento per qualche altra ragione," concluse, con una frecciata alla vanità di Hartwell.

"O forse lui era con voi," feci notare. "Abbiamo solo la vostra parola come prova che eravate a un concerto. Avreste potuto prendere accordi per incontrarlo, tornare di nascosto e, quando siete rimasto da solo con lui, ucciderlo mentre tutti pensavano che foste fuori casa. La vostra fidanzata non è una buona scelta come alibi, visto che le persone innamorate spesso mentono per proteggere la persona che amano. Forse la Corte d'Ossidiana sta ripulendo le tracce di qualche imbarazzante transazione finanziaria; avere l'onorevole Robert Merridew esposto al pubblico ludibrio come un volgare speculatore non gioverebbe a nessuno."

Pensai che fosse una teoria molto buona, per essere stata elaborata da qualcuno che non era un detective. A quanto pareva lo pensava anche Hartwell.

"Puttana!" gridò. "Come osi—?"

Quasiasi altra cosa avesse da dire fu ingoiata da un ringhio di rabbia, e lui balzò su di me con le mani tese verso la mia gola.

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Capitolo 11
*** 11 ***


11

Mi ero già messa in guardia in attesa di qualche genere di attacco da parte di Hartwell, così l'unica cosa che mi colse di sorpresa fu l'assalto disordinato del segretario, invece di vederlo tirare fuori un'arma. Sollevai le mani in una posizione difensiva, spostando il peso per mettermi nella posizione migliore per contrastare la sua carica.

Non si arrivò a questo.

Per arrivare a me Hartwell doveva oltrepassare Shizuru, e quando lo fece lei tese le mani, afferrandolo per il polso e la spalla. Fece qualcosa anche con il piede, e nell'istante successivo la schiena di Hartwell impattò sul tappeto, mentre l'uomo si lasciava sfuggire un grido di dolore. Così mi fu ricordato che Shizuru era un'adepta dell'oscura arte marziale del baritsu e perfettamente capace di difendersi da sola. Lo fissò, il suo viso a pochi centimetri da quello di lui, mentre continuava ad esercitare pressione sul suo braccio.

"Non tentate mai più di fare del male a Natsuki," disse con voce bassa e inespressiva. Io avrei aggiunto "altrimenti…", ma lei non lo fece. D'altra parte, Hartwell non chiese. Si limitò ad annuire, e dopo un'altra pausa Shizuru lo lasciò andare. Hartwell si rimise in piedi con molta meno grazia, usando la scrivania per rialzarsi. In realtà la sua mano era un po’ troppo vicina ad un tagliacarte di bronzo per i miei gusti, ma sembrava che per il momento Shizuru gli avesse tolto dalla testa quel genere di idee.

"Io non tradirei mai il signor Merridew," per metà implorò, per metà piagnucolò, massaggiandosi la spalla.

"Non potrei mai…gli devo tutto, più di quanto potrei mai ripagare. Ero un uomo rovinato, senza lavoro, alla soglia della povertà, e lui mi ha accolto, mi ha dato questo lavoro, la sua fiducia, mi ha permesso di diventare un—"

Si interruppe, ovviamente era stato sul punto di menzionare la Corte d'Ossidiana.

"Un… un membro del suo club," si affrettò a correggersi. "Tra noi c'era un legame che non avrei mai spezzato!"

"E comunque vi rifiutate di cooperare per trovare il suo assassino?"

A quanto pareva le sue suppliche avevano avuto effetto su di lei; la voce di Shizuru era più dolce di quanto era stata in precedenza quando si era rivolta a lui, era quasi gentile.

"La polizia ha preso in mano il caso," disse lui. "Sono sicuro che il capo Ispettore risolverà il crimine—chiunque ne sia il resposabile."

Mi rivolse un'occhiataccia.

"Natsuki è già stata interrogata, e ha un solido alibi," disse Shizuru. "Comunque trovo interessante che voi sappiate di questo sospetto, di cui noi siamo state informate tramite la polizia."

Mi resi conto che Hartwell aveva praticamente appena detto a Shizuru che la Corte aveva dato a Kanzaki il mio nome – quello che avevo già dedotto riguardo la pressione che i suoi superiori stavano esercitando, ora lo stava deducendo anche lei.

"I vostri amici alla Corte d'Ossidiana non saranno contenti di sapere che avete ammesso il loro tentativo di indirizzare le indagini in una certa direzione. Mi chiedo se la supposizione di Natsuki riguardo il fatto che l'ordine sta eliminando i propri membri non sia corretta, anche se non siete stato voi lo strumento che hanno scelto."

"Non è possibile," sbottò lui. "Non so perché continuiate a insistere su questa…questa fantasia di una società segreta. Sembra una cosa uscita da un melodramma scadente."

"Come lo sono i vostri ripetuti rifiuti. Ora lasciateci. Se non potete aiutarci, allora dovremo basarci sulle prove."

"Non ho intenzione di stare a guardare e permettervi di frugare nei documenti privati del signor Merridew!"

Shizuru non rimase minimamente impressionata dalle sue proteste.

"Siamo qui con un permesso ufficiale. Voi non avete autorità in questa casa. Se insistete, vi farò buttare fuori e vi denuncerò per intralcio alla giustizia."

Emozioni diverse si avvicendarono sul suo viso mentre rifletteva se resistere ancora, poi il suo braccio destro, quello che Shizuru aveva attaccato prima, si contrasse mentre lui si ritraeva con malagrazia.

"Non dimenticherò tutto questo. Vedremo chi denuncerà chi, quando sarà tutto finito!"

Con uno sguardo pieno d'odio, uscì dallo studio e si allontanò lungo il corridoio.

"Potreste davvero farlo arrestare?" chiesi.

"Ne dubito molto. Non stiamo rappresentando la polizia, siamo qui solo perché ce l'hanno concesso. Potrei chiedere a uno degli agenti che si trovano in giardino di allontanarlo, e se facesse resistenza quella sarebbe un'offesa che ne garantirebbe l'arresto, o nel caso vi avesse attaccata di nuovo."

"Agenti?" guardai in direzione delle porte a vetri e vidi un poliziotto in uniforme che stava di sentinella in giardino.

"Oh, sì, Hartwell ha detto che Kanzaki ne ha lasciati un paio. Senz'altro non li lascerei eseguire 'l'allontanamento forzato'. Mi avete privata del piacere, non ho intenzione di permettere loro di fare lo stesso."

Shizuru ridacchiò.

"Natsuki è gelosa perché ha perso un'occasione per usare la violenza?"

"Contro un tipo che mi ha praticamente accusata di omicidio? Due volte? Oh, sì. Ma…uhm…grazie. Per esservi intromessa."

"Non potevo stare a guardare mentre vi attaccava," disse. "Anche se sono certa che lo avreste gestito facilmente."

"Cercate di non farvi male mentre lo fate."

"Questa è la mia indagine e voi siete mia ospite. Non potrei mai perdonarmi se restaste ferita mentre mi aiutate."

"Più che altro ci stiamo aiutando a vicenda, visto che Kanzaki mi stava accusando dell'omicidio ancor prima che sapessimo che Merridew era morto."

"Avete ragione. Natsuki chiaramente ha un legame con il caso e, proprio come Mr. Hartwell, rifiuta di discuterne."

"Ehi, almeno non vi sto mentendo; vi sto tacendo queste cose perché è un affare privato. Sono persone molto spietate e anch'io non voglio che restiate ferita per colpa mia." Sospirai profondamente. "Sentite, non discutiamo più di questo, va bene?"

Lei mi fissò per un lungo istante, poi annuì.

"Va bene, Natsuki."

"Allora cosa possiamo capirne? Chi doveva incontrare Merridew? E come ha fatto a convincere Merridew a farlo entrare in giardino? Se era così spaventato da stare alla larga dal suo club, non sarebbe stato disposto a stare da solo con qualcuno che non conosceva. Siete sicura che non fosse Hartwell? Mi piace la mia teoria del 'se n'è andato di soppiatto mentre tutti pensavano che fosse fuori'."

"Non lo escludo, di certo è una persona di cui Merridew si fidava, e il loro rapporto ci dà un ulteriore rosa di motivazioni che vanno oltre la loro connessione tramite la Corte d'Ossidiana. Il suo alibi è così così, e Reito ordinerà senz'altro ai suoi agenti e a Tate di investigare, non solo interrogando la fidanzata di Hartwell, ma anche chiunque possa averli visti, come il maitre'd' o i camerieri del ristorante dove hanno cenato."

"Avete intenzione di fargli fare il lavoro?"

Lei mi sorrise.

"A Natsuki dà sempre fastidio quando lascio questo genere di questioni alla forza officiale, anche se per il numero dei suoi uomini è più adatta a questo tipo di lavoro, non trovate?"

"Io non—" cominciai, poi mi accorsi che non stavo dicendo la verità.

"Il fatto è- voglio dire—" rinunciai e sospirai. "Non sto obbiettando, solo che non mi sembra giusto che la brillante analista privata faccia fare alla polizia tutto il lavoro."

"Natsuki pensa che io sia brillante?" chiese lei, cogliendo la palla al balzo quando sentì la mia infelice scelta di parole. Arrossii.

"Non c'è nesuna vergogna a constatare l'ovvio, vero?" ribattei, e questa volta fu lei ad arrossire un po'.

"In ogni caso, non c'è intelligenza—o analisi, per quel che vale—nel correre dietro a persone che non si nascondono e che non hanno alcuna ragione di mentire; è solo una questione di ore impiegate, e visto che loro hanno più agenti da usare possono fare il lavoro in modo molto più efficiente. Mentre io posso essere utile nel ragionare sui dati raccolti."

"Lo so, solo che non mi piace l'estetica di tutto questo; non si lega in modo fluido al filo della narrazione quando voi fate le deduzioni e poi lasciate che Kanzaki vada a cercare le prove e faccia gli arresti."

"Sarebbe utile sapere se lo spillo da cravatta di Merridew manchi come quello del Barone. Questo legherebbe il crimine alla Corte d'Ossidiana senza ombra di dubbio. Parlerò con il suo valletto per assicurarmi se lo stesse indossando, poi farò qualche domanda all'obitorio per vedere se è stato trovato tra i suoi effetti. Però penso scopriremo che manca."

"Perché è stato ucciso il giorno dopo Maupertuis?" chiesi guardando nei cassetti della scrivania.

"Questo sarebbe suggestivo, ma ho una ragione più solida per pensarlo."

"Quale?"

"Reito è consapevole del significato dello spillo mancante del Barone. Quando ha minacciato di arrestarvi, ha collegato i due casi e, se l'assassino avesse preso lo spillo, questo sarebbe il collegamento più ovvio."

"È vero—ehi, credo di avere la conferma della vostra teoria sull'incontro."

"Oh?"

Indicai il cassetto che avevo appena aperto. Shizuru mi raggiunse e guardò il revolver Webley calibro 38 posato su una pila di documenti.

"Teme per la sua vita, si è barricato in casa. Ha un'arma a portata di mano e non la porta con sé mentre è all'aperto, relativamente esposto. Il che è stupido, comunque, anche se venendo da me non sarebbe un'opinione valida—"

"La maggior parte del tempo avete un'arma da fuoco sulla vostra persona. Anche quando siamo andate a vedere Così Fan Tutte avevate la vostra derringer nella borsetta."

"Ho pensato che avrei potuto usarla per mettere fine alla mia miseria. Mozart era austriaco; avrebbe dovuto scrivere in tedesco! Almeno Wagner lo capisco. Comunque, visto che Merridew aveva un'automatica, credo non fosse abituato a usare una pistola, ma l'avrebbe portata con sé se avesse avuto paura di chi andava a incontrare. Invece ha fatto una tranquilla passeggiata verso la propria fine."

Shizuru annuì.

"Devo parlare con la servitù per sapere se ha chiuso la porta lui stesso. Se non l'ha fatto, allora probabilmente è stato l'assassino, proprio come nel caso Maupertuis, per poter assicurarsi la necessaria tranquillità mentre faceva qualcosa in questa stanza. Sfortunatamente, le azioni di Hartwell avranno cancellato le sue tracce."

"Kanzaki avrebbe dovuto mettere un agente anche qui," brontolai.

"Vorrei che lo avesse fatto, ma sospetto che non l'abbia fatto perché è stato in grado di esaminare la scena accuratamente da sé ieri notte. Il giardino è un'altra faccenda, visto che molti indizi possono passare inosservati a causa dell'oscurità, ma la luce artificiale qui è sufficiente. Non era certo interessato a preservare la scena per me nel modo in cui farebbe in un caso che dovrei aiutare a risolvere."

"Sì, capisco il vostro punto di vista, Shizuru, ma non mi piace comunque—oh, ehi, aspettate un secondo!"

"Oh? Natsuki ha un'idea?"

"Forse una parte. Guardate il caminetto. Hanno lasciato che si spegnesse, ma dev'esserci stato un fuoco acceso ieri o i domestici lo avrebbero pulito. E le ceneri..."

Shizuru annuì, e ci dirigemmo verso il caminetto. I tizzoni si erano spenti, e ci affrettammo ad esaminare con attenzione le ceneri.

"Avevate ragione," confermò quello che avevo visto. "Qualcuno ha bruciato della carta qui, solo che, a differenza di Trepoff nel caso Odessa, ha fatto un lavoro accurato."

C'erano solo dei minuscoli pezzettini di carta fra la cenere a provavare l'ipotesi; sarebbe stato impossibile ricostruire il documento di cui erano stati parte.

"La domanda è, è stato Merridew o il suo assassino a disporre di questi documenti? Non c'è modo di dirlo."

"Forse si trattava del messaggio che l'assassino ha mandato a Merridew, se ce n'è stato uno," suggerii.

"È assai probabile. Dovremo interrogare il domestico che ha portato la posta della sera per vedere se la corrispondenza che c'è qui è tutto quello che Merridew ha ricevuto, e anche se sono arrivati telegrammi o messaggi consegnati a mano."

"Bè, non stiamo ottenendo molte risposte," dissi in tono sarcastico, "ma almeno abbiamo trovato un bel po' di domande."

"Questi primi passi sono importanti. Ora, vediamo se in questi archivi ci rivelano qualcosa di significativo."

Ci accorgemmo in fretta che i documenti di Merridew riguardavano le sue transazioni d'affari. Molto probabilmente là dentro c'erano molti moventi per il suo omicidio, visti i maneggi sospetti e gli atti criminali in cui la Corte d'Ossidiana tendeva ad essere coinvolta, le vite rovinate dalle pratiche collusive in Borsa, ma ci sarebbero volute ore per esaminarli tutti, e un'esperienza finanziaria per dare loro un senso. Non c'erano dei documenti che fossero relativi al barone Maupertuis o alla Corte d'Ossidiana, come c'era da aspettarsi.

"Non c'è modo per noi di riuscire ad esaminare tutto questo," dissi, "o di capire cosa è rilevante, o se lo è."

"Sono d'accordo, è un lavoro per la polizia, anche se ci dà una risorsa per confrontare i sospetti, se riusciamo a trovarne." Sospirò e chiuse la porta. "Forse avremo miglior fortuna perquisendo il giardino."

Non accadde. Gli agenti accettarono di buon grado la lettera di Kanzaki e ci mostrarono il punto dove era stato trovato il corpo, accanto a una fontana circolare, ma i vialetti pavimentati di pietra non trattenevano impronte e non mostravano altre tracce. Il cancello era come Hartwell aveva descritto; anche se i muri avrebbero potuto essere scavalcati da una persona munita di scala o altri attrezzi del genere, non era probabile che una qualche terza persona fosse entrata con quei metodi. Non c'era nulla che suggerisse che le deduzioni di Shizuru fossero scorrette.

La servitù non fu in grado di aiutarci granchè. Il valletto che aveva portato la posta della sera non aveva fatto molto caso alle lettere quindi non poteva dirci se ne mancasse qualcuna fra quelle che c'erano sulla scrivania di Merridew. Non c'erano stati telegrammi o messaggi consegnati a mano, e anche se aveva fatto spedire un paio di lettere, il valletto non ricordava a chi fossero indirizzate. Inoltre confermò che lo spillo d'oro e ossidiana non era fra i gioielli di Merrydew e che il morto l'aveva indossato quella sera, ma nessuno sapeva dirci se l'aveva avuto o no dopo la sua morte.

"Quindi, in pratica," conclusi mentre ci preparavamo ad andarcene, "riguardo il caso Merridew siamo allo stesso punto in cui eravamo ieri a quest'ora. Siete stata in grado di dedurre com'è avvenuto il crimine ma non avete alcuna prova su chi sia stato o perché. Anche se scommetto che, quando controllerete all'obitorio, scoprirete che lo spillo da cravatta non c'è."

"Il che, se è così, ci lascia in una situazione sia migliore che peggiore di quella in cui eravamo dopo la morte del barone. Migliore, perché stabilirebbe che i due crimini sono collegati, visto che la prova si applica a entrambi. Peggiore, perché nel caso del Barone sapevamo che Mr. Merridew era una persona importante che probabilmente aveva una qualche idea di quello che stava succedendo. Qui abbiamo solo Hartwell, che chiaramente ha intenzione di essere il più inutile possibile."

Non mi guardò, e la sua espressione non lasciava trapelare nulla, ma mi sentii un po' in colpa comunque perché sapevo che lei stava pensando che anch'io non ero utile. Repressi quel sentimento con violenza. La vita di Shizuru era più importante della soluzione del caso, e sarebbe stato meglio per tutti se lei si fosse fatta da parte. E poi, io davvero non avevo informazioni che avrebbero potuto aiutarla. Sì, sapevo quello che mi aveva detto Porlock, e le cose che avevo scoperto io, ma non rispondevano agli interrogativi su chi avesse ucciso Maupertuis o Merridew. Al massimo avrebbero dato dei dettagli sul contesto del caso.

Il pensiero mi rallegrò. Dopo tutto, se davvero non potevo essere d'aiuto a Shizuru, allora non le stavo facendo un torto, giusto? Non stavo dividendo la mia lealtà. Quella consapevalezza mi fece sentire meglio mentre lasciavamo la casa di Merridew, anche se la frustrazione per non aver scoperto nulla di utile era ancora lì.

La carrozza che aveva attirato la mia attenzione prima era ancora al suo posto, ore dopo che eravamo arrivate, con il suo vetturino ancora imbaccucato nonostante la giornata si fosse fatta più calda mentre la mattina aveva ceduto il passo al mezzogiorno. Aggrottai la fronte, i miei sospetti erano stati confermati.

"Natsuki ha ancora voglia di sgranchirsi le gambe?" offrì scherzosamente Shizuru. Viste le circostanze rifletti se dire sì, ma poi compresi: non sapevo se la sentinella stava preparando una trappola. Al contrario, avrebbe potuto essere proprio una sentinella, con l'ordine di seguire i miei movimenti, o quelli di Shizuru, o di entrambe. E chiunque fosse, era qualcuno che era in possesso di informazioni: quali fossero i suoi ordini, e chi glieli aveva dati. Avrebbe potuto essere un altro degli uomini di Lautrec, ma anche così avrebbe potuto sapere dove potevo trovare Lautrec – e chissà? Forse invece di essere semplicemente un 'Orfano', avrebbe potuto rispondere direttamente all'Araldo del Principe?

Dopotutto, pensai, erano stati i membri della Corte, non degli assassini prezzolati, ad uccidere mia madre. Forse avevano deciso di farmi la stessa cortesia.

E anche se fosse stata una trappola, una trappola basata sulla sorpresa non sarebbe stata molto efficace quando le vittime designate sapevano bene che era una trappola e non sarebbero affatto rimaste stupite da qualsiasi tentativo di sviare le indagini.

"No," decisi, "Credo di essere stata in piedi a sufficienza mentre giravamo per la casa."

"Capisco. Molto bene, allora."

Shizuru alzò una mano e fece un cenno in direzione della carrozza. Il vetturino rispose subito, spronando i cavalli e venendo avanti. La carrozza cominciò ad avvicinarsi, ma invece di limitarsi a raggiungerci, continuò ad accelerare finchè mi resi conto che il cocchiere stava cercando di investirci!

Rimasi paralizzata per un attimo, colta di sorpresa dall'improvviso stravolgersi del mio piano, quindi rimasi a guardare come un uccellino ipnotizzato da un serpente, mentre la morte si dirigeva verso di me.

Poi sentii la mano di Shizuru sul mio braccio e l'incantesimo si ruppe. Ci gettammo di lato mentre la carrozza ci passava accanto, con gli zoccoli dei cavalli e le ruote che sferragliavano sul selciato di mattoni. Rotolai sulla schiena, affondando una mano nella giacca per afferrare il calcio della pistola, nel caso il tipo ci riprovasse, ma sembrava che il vetturino si fosse reso conto di aver perso l'occasione, perché la carrozza continuò ad allontanarsi, lasciandoci a fissarla dopo che ci aveva mancate.

Dissi qualcosa che non era adatto alle orecchie di Shizuru.

"Stava cercando di ucciderci," disse lei, "quindi non credo fosse un commento inappropriato."

Arrossi un po' a quel rimprovero riguardo il mio linguaggio.

"Di uccidere noi, o almeno una di noi." Mormorai. Quindi ora lo sapevo—non si trattava di un osservatore, o di una trappola, ma di un assassino che aspettava un'occasione. E ora mi chiedevo: sapevo di essere un bersaglio, ma lo era anche Shizuru?

Mi alzai in piedi, poi tesi una mano a Shizuru per aiutarla; ora il suo vestito era coperto dello sporco della strada, oltre a impacciarle i movimenti.

"Avete notato? Era la stessa carrozza che ci stava aspettando a Claremont Court ieri mattina, quella che stavate cercando di evitare."

"Cercando di– ah, allora non vi ho ingannata?"

"Non è stata la vostra prova migliore," disse dolcemente, risparmiandomi un commento su quanto fosse stata patetica la mia scusa del “Ho voglia di camminare”.

"Ma era la stessa carrozza? Come fate a saperlo?"

"La corporatura del vetturino, il suo cappotto e il suo cappello erano identici, e i cavalli sono gli stessi, fino alla balza bianca sulla zampa anteriore di uno di essi."

"E voi siete riuscita a vedere tutto questo in attimo dall'altra parte della strada e mentre stava cercando di investirci?"

"Bè, Natsuki sembrava determinata ad evitarlo, così ho pensato che valesse la pena di ricordare bene ogni particolare visibile. Ora, naturamente, la carrozza può essere rintracciata."

"Un vetturino pelle e ossa e un cavallo marrone con una balza bianca? Non è molto per trovare una singola carrozza fra tutte quelle che ci sono a Londra."

"Ara, in effetti è vero. Ma credo sia d'aiuto il fatto che ho notato il numero di targa mentre si allontanava; era la carrozza 1319. Questa è senz'altro una svolta per il caso."

"Avete intenzione di dare la caccia a quel cocchiere? Ha cercato di ucciderci!"

Mi guardò con aria perplessa.

"Credo sia proprio per questo che dobbiamo trovarlo."

"No, intendo—" Ah! Che cosa intendevo? Volevo che lei non cercasse il cocchiere perché era un assassino e avrebbe potuto riprovarci se lo avessimo trovato? E se non avesse tentato di uccidere solo me? E se anche Shizuru fosse diventata un bersaglio, perché aveva indagato troppo in profondità nelle case di Maupertuis e Merridew? Non significava forse che avrebbe dovuto risolvere il caso il più velocemente possibile? Quelle emozioni così conflittuali mi stavano facendo diventare pazza!

"Prima, però," continuò Shizuru, "dobbiamo andare a casa."                       

“Perché? Che dobbiamo fare a casa?"

Mi guardò, poi guardò se stessa.

"Cambiarci d’abito, Natsuki. Siamo sudicie."

 

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Capitolo 12
*** 12 ***


 12.

Un kimono pulito e una tazza di tè bastarono per ritemprare lo spirito di Shizuru. Per me fu un po' più difficile, ma il pollo arrosto della signora Hudson fu più che sufficiente per rimettermi in sesto. Perfino Shizuru mangiò, anche se non molto.

"È un peccato," riflettei mentre pranzavamo, "che non abbiate una truppa di ragazzini di strada alle vostre dipendenze. Quei bambini sono praticamente invisibili, e possono andare ovunque in città. Ritroverebbero quella carrozza per voi nel giro di un giorno, anche se non aveste il numero. Anche se, suppongo, visto che avete il numero non vi ci vorrà molto tempo comuque."

"Molto probabilmente no. La vostra è un'idea ispirata, Natsuki. Avete già usato in passato dei ragazzini come informatori?"

"Di tanto in tanto, niente di che. In realtà sono state le storie di Mikoto a farmelo venire in mente."

"Mikoto? La ragazza che lavora da Mai?"

"Sì. Ha vissuto per strada per un paio d’anni prima che Mai l’adottasse. Il genere di cose che faceva mi ha fatto pensare a quanto sarebbero utili questo tipo di persone per un detective, come fare ricerche e roba del genere."

"È molto triste," disse Shizuru, ovviamente riferendosi alla situazione di Mikoto, non alla mia idea. "Sono sorpresa che non abbia avuto una famiglia che potesse prendersi cura di lei."

"Beh, da quanto ho capito suo nonno è venuto a mancare durante il viaggio ed i suoi genitori erano già morti prima che lei partisse."

"Capisco," disse, annuendo. "È il classico problema affrontato dagli immigrati, che cercano una nuova opportunità in un nuovo paese perché nella loro terra natale non è rimasto nulla per loro, e devono tagliare i ponti con il loro passato per avere quella opportunità."

"State pensando alla vostra situazione?" chiesi. Lei mi guardò, sorpresa.

"C-come, Natsuki?"

"Stavo solo pensando che quello che avete appena detto si può applicare anche a voi. Intendo, voi e i vostri fratelli siete sparsi per il mondo, così ho pensato che forse vi steste riferendo alla vostra situazione."

Mi girai, incrociando le braccia sul petto, ferocemente imbarazzata per aver ficcanasato nei suoi affari senza invito. Non aveva torto a essere sorpresa; avevo appena oltrepassato la linea che mantenevamo nella nostra amicizia e nelle nostre faccende personali, e non l'avevo nemmeno fatto perché ero preoccupata per lei, come quando lei mi aveva chiesto della Corte d'Ossidiana. Avevo parlato distrattamente, senza pensarci.

Passò quasi mezzo minuto.

"...a dire il vero pensavo ai miei genitori."

"Eh?"

"Per poter sposare mio padre mia madre ha rinunciato alla propria casa, alla propria famiglia, alla propria cultura, alla religione, a tutto quello che aveva conosciuto fin dll’infanzia. E se le cose fossero andate male non avrebbe potuto tornare indietro. Aveva tradito la famiglia con le proprie azioni e non sarebbe stata la benvenuta se avesse avuto dei ripensamenti sulle scelte che aveva fatto. E mio padre, da parte sua, anche se non aveva abbandonato la propria cultura aveva comunque voltato le spalle ai parenti, al lavoro, alla posizione sociale, a tutto ciò che aveva definito la sua esistenza per sposare una donna straniera, così anche in futuro la sua famiglia sarebbe sempre stata diversa dalle altre, sia che fosse rimasto in Giappone sia che avesse scelto, come ha fatto, di vivere in Italia."

"Ma… sono felici, no? È questo che mi avete detto."

Shizuru annuì.

"Oh, sì. Sono ancora stregati l’uno dall’altra, dopo quasi trent’anni. Il potere di questo sentimento a volte è spaventoso… come il coraggio che ha loro conferito di fronteggiare e sconfiggere tutti i frangenti che si sono messi contro la loro unione. Questa tenacia nel perseguire quell’amore è quasi simile alla pazzia." Giocherellò con la propria tazza. "A volte mi chiedo se è per questo che la maggior parte delle storie d’amore più celebri sono tragiche."

Sbuffai.

"Se volete la mia opinione, è perché ci hanno messo una vita a capire che puoi scrivere storie felici senza scrivere sciocchezze. La buona commedia è molto più difficile da rendere immortale rispetto a una buona tragedia, perché l'umorismo in larga parte dipende dal tempo e dal luogo."

"Questa è l'opinione della scrittrice?"

A quanto pareva il mio scivolone aveva migliorato il suo umore, perché c'era un tono lievemente canzonatorio nella sua voce. Ma era un terreno più sicuro delle confessioni sentimentali e delle sofferenze d'amore, così continuai per quella strada.

"Sì. Voglio dire, cosa sono le classiche rappresentazioni teatrali greche? Tragedia e commedia. E Shakespeare? Tragedia e commedia. Certo, al giorno d'oggi hai un po' di melodramma fra le cose da scegliere, ma questo è strettamente per intrattenere, spesso nel modo più superficiale possibile. 'E vissero felici e contenti' è un concetto che viene dalle fiabe, e può essere tollerato solo se il lavoro che lo contiene non è troppo serio o importante. Troppi artisti torturati scrivono lavori drammatici, per poter trattare l'amore seriamente."

"Avete opinioni molto forti su questo argomento."

"Siete voi quella che è sempre comprensiva verso coloro che agiscono per amore. Forse mi state influenzando."

Sorrise e sorseggiò il proprio tè.

"Forse."

"Anche se io—quello era il campanello?"

Shizuru annuì.

"Sì."

"Suppongo sarebbe troppo sperare che Kanzaki sia strisciato qui per scusarsi," mormorai, e Shizuru ridacchiò.

Infatti, si trattava di un ragazzo con un telegramma per me. Lo aprii e lessi il messaggio, che era semplice.

Da: Yvette Helene

A: Natsuki Kuga

È pronto.

Il mio cuore saltò un battito, e non avrebbe dovuto. "La cosa" era solo uno strumento, dopotutto, quando ci pensavi – e uno strumento che non potevo ancora usare, tra l'altro. Ma per me era di più – un simbolo, forse, di un sentiero che ormai avevo scelto, una strada che dovevo percorrere, quel genere di cosa.

E questo era quello che mi meritavo per aver discusso di amore e tragedie, invece di godermi il pranzo. Mi disorientava!

"C'è risposta, signorina?" chiese il ragazzo.

"Cosa? Oh, sì." Presi il modulo di risposta e scarabocchiai un messaggio: "Verrò oggi senz'altro", poi mandai via il ragazzo dopo avergli dato una mancia.

"È una faccenda importante?" chiese Shizuru.

"Sì, vi lascerò sola nella vostra ricerca del numero di quella carrozza." Mi misi il telegramma in tasca.

"Starete via a lungo?"

Scossi la testa.

"No; il negozio di Mademoiselle Helene è in Bond Street."

"E nonostante questo, e nonostante il nome francese, deduco che non abbiate un appuntamento urgente con la vostra modista."

Alzai gli occhi al cielo a quella battuta.

"No di certo." Venni colta da un pensiero e sorrisi. "A dire il vero, nel caso voleste saperne di più su di lei, dovreste chiedere alla signora Hudson. Sono amiche."

"Sul serio?" per una volta, riuscii a sorprenderla davvero. "La nostra padrona di casa vi ha presentato un contatto utile?"

"La nostra pazientissima padrona di casa ha delle profodità nascoste." Raggiunsi la porta, poi mi fermai, con la mano sulla maniglia.

"Shizuru..."

"Sì?"

"Se sarete ancora via quando avrò fatto ritorno, per via dell'indagine o qualsiasi altro motivo, lascereste un messaggio per me, così che possa raggiungervi?"

Lei battè le palpebre. L'avevo sorpresa di nuovo? Forse sì; avevo sorpreso perfino me stessa.

"Va bene, Natsuki."

Uscii.

~X X X~

Londra non era il West americano, riflettevo mentre aprivo la porta del negozio, facendo tintinnare un gruppetto di campanelle. Le armi da fuoco—le pistole in particolare—semplicemente non facevano parte della cultura inglese. Le armi servivano alla guerra o allo sport; gli agenti di polizia pattugliavano le strade disarmati, manganello a parte e, più spesso che no, perfino i criminali più incalliti evitavano i revolver a favore di bastoni e coltelli. L'avevo visto io stessa, sia a Whitechapel sia con le spie di Limehouse.

Era quasi ironico; l'unico poliziotto armato che avessi incontrato era il Capo Ispettore Kanzaki, che portava un revolver per affrontare una sospetta criminale che notoriamente faceva eccezione alla regola: io!

Gli armaioli quindi, specialmente quelli privati, erano molto rari. Avevano clienti che richiedevano la loro esperienza, naturalmente, ma non si trattava di una clientela molto ampia. Mi consideravo fortunata ad aver trovato Mademoiselle Helene. Non ci sarei mai riuscita, se non fosse stato per la signora Hudson. Cinque mesi prima non avevo fatto altro che lamentarmi perché una delle mie calibro 32 aveva bisogno di manutenzioe e lei mi aveva messa sull'avviso (credo che le sue esatte parole fossero state, "Sentite, Natsuki, se la piantate di deprimervi a quel modo vi darò il nome di una persona che potrà farvi il lavoro! È già abbastanza che io debba avere a che fare con le stranezze di Shizuru senza aggiungere anche i vostri sbalzi d'umore!"). A quanto pareva, quella donna francese era stata una sua compagna di collegio.

Una pistolera e un'armaiola. Era un'alleanza che funzionava.

"Mademoiselle Helene?" chiamai. Un momento più tardi uscì dal laboratorio sul retro, una donna alta con capelli castano scuro e un viso piacevole. Come sempre, aveva accentuato il suo aspetto con il rossetto e, sospettai, altri cosmetici, ma indossava un pratico abito grigio sotto un camice bianco rovinato da macchie di olio e di grasso, segni lasciati dagli attrezzi e perfino bruciature.

"Ah, buon pomeriggio, Miss Kuga. Sono sorpresa, ho mandato quel telegramma a malapena un'ora fa." Tacque, guardandomi con occhi indagatori. "E adesso che ci penso, non sono sicura che le implicazioni mi piacciano."

"Che cosa, il fatto che non vedo l'ora di averlo?"

Aggrottò la fronte.

"Siete venuta subito. Questo significa che ne avete bisogno urgentemente, e se ne avete urgente bisogno, significa che state progettando di usarlo."

Il suo accento era leggero; avevo più problemi con il dialetto di alcuni dei miei compatrioti inglesi che con il suo. La guardai negli occhi.

"Pensavate che volessi un souvenir, quando vi ho chiesto di costruirlo? Non siete una bambina, mademoiselle Helene, e anche se potreste costruire qualcosa per divertimento, e perché farlo è una sfida, di certo non vi pagherei per farlo."

Lei annuì.

"Oui, lo so, lo so." Come Shizuru, a volte scivolava nella propria lingua per amor di enfasi. "E una pistola ha un unico proposito: uccidere."

"La sua funzione è questa, sì, ma si può usare in altri modi, per attaccare o per difendere, per proteggere o minacciare. Una pistola è solo uno strumento."

Non cedette; e dovetti ammirarla per questo.

"Una pistola, generalmente, sì. Ma quello che volevate…no, non aumenta la capacità di proteggere, di usare un'arma per autodifesa. Non." Scosse la testa. Ora sembrava che il suo accento stesse diventando più intenso mentre diventava più agitata. "C'è solo una cosa che questo strumento vi aiuterà a fare meglio, ed è uccidere in segreto, uccidere senza essere scoperta."

Naturalmente aveva ragione. Come avevo detto, non era una bambina.

"Basta discutere. Avete intenzione di vendermi quella dannata cosa o no?"

Sostenne il mio sguardo per un lungo istante, poi infilò una mano sotto il bancone e tirò fuori un pacchetto della lunghezza della mia mano, avvolto in carta marrone.

"Se non foste un'inquilina di Moira Hudson, non ve lo venderei. Ma secondo lei siete una brava persona, nonostante il vostro atteggiamento duro, quindi confido che, qualsiasi cosa dobbiate farci, abbiate delle buone ragioni per usarlo."

Non sapevo come sentirmi al pensiero che la mia padrona di casa e la mia armaiola discutessero della mia bontà d'animo. Era già un problema tenere Shizuru lontana dai miei segreti, grazie mille.

"Grazie," dissi, visto che non era il momento di entrare in quel genere di discussione.

"Ho testato il prototipo," continuò lei. "Posso garantire l'effetto per il primo colpo, e anche il secondo dovrebbe andare. Se siete fortunata, potreste riuscire a spararne un terzo prima che si rompa, anche se l'ultima volta l'effetto sarà ridotto."

"Capisco," riflettei, poi mi strinsi nelle spalle. "Solo due colpi sono più di quanti ne avrei senza di esso. Questo potrebbe fare le differenza."

"Non serve che vi preoccupiate per il montaggio. L'ho costruito perché si adatti allo stesso modello di pistola che usate. Presumo che non abbiate fatto modifiche di cui non sono a conoscenza?"

"Nessuna," dissi. "Lascio che siano i professionisti a fare queste cose per me."

Fece un sorriso scaltro al sentire quella frase. Mi ricordò Shizuru. Forse quel sorriso era una carattistica del Continentali? No, Mademoiselle Helene non aveva la sua stessa aria di mistero.

Tirai fuori un sacchetto in cui avevo già messo la somma richiesta. Il denaro era in oro, non in banconote – che potevano essere rintracciate grazie ai numeri di serie, nel caso la situazione fosse volta al peggio e fossi stata catturata o uccisa, non volevo che Yvette Helen fosse coinvolta e trascinata giù con me.

Le monete tintinnarono mentre posavo la borsa sul bancone, e lei la fece scivolare in una tasca del suo grembiule senza contare il denaro o perfino guardare il contenuto. La ripetizione del gesto di Porlock mi commosse per la sua fiducia; a quanto pareva ero una persona degna di credito per quanto riguardava gli affari. Tesi una mano verso il pacchetto.

"Signorina Kuga." Posò la sua mano sulla mia mentre tentavo di prendere il mio acquisto. Abbassai lo sguardo sulle sue dita, poi la guardai negli occhi.

"Moira e io ci fidiamo di voi."

Capivo cosa intendeva. Non si aspettava che io seguissi la legge. Non mi stava dicendo "Confidiamo che non ucciderete nessuno", ma "Confidiamo che chiunque stiate per uccidere se lo meriti".

Mi ricordò quello che mi aveva detto Porlock durante la nostra cena da Mai, quando aveva pensato che io avessi ucciso Maupertuis. La differenza era che lui si guadagnava da vivere tra le ombre del mondo criminale e i luoghi dalla moralità ambigua. Era lecito aspettarsi che giudicasse le persone secondo il proprio codice di condotta, non secondo la legge. Miss Helene era on'onesta commerciante, ma anche lei era d'accordo con lui.

"Capisco."

Mi lasciò andare, e uscii dal negozio.

Anche se da un certo punto di vista apprezzavo quello che aveva fatto per me, e la sua convinzione che la mia moralità si trovava in un'area grigia invece che totalmente oscura, desiderai che non mi avesse detto nulla. Tutto il suo discorso riguardante la fiducia, e il dilemma se uccidere qualcuno fosse un'azione giustificabile, mi fece ripensare a mia madre. Uccidere Saeko Kuga era stata un'azione giustificabile? Se li avessero guardati alla fredda luce dei fatti, Fred Porlock e Yvette Helene avrebbero scusato gli assassini di mia madre, dicendo che erano meritevoli di fiducia?

Se fosse stato così, in cosa ero diversa da loro? E sua volta, quel pensiero mi riportò a riflettere su Shizuru.

Maledizione, questo non la riguarda!

Ma era davvero così? Prima di incontrarla l'agosto precedente, non mi ero mai chiesta se il mio desiderio di vendetta fosse giustificabile. Non mi sarebbe mai importato di cosa mia madre avesse o non avesse fatto, solo che mi era stata tolta con la violenza. Avevo passato la mia intera vita a lavorare verso questo scopo! E ora, ora che stavo per concludere, stavo dubitando? Esitando?

Era a causa sua.

Per tutti quei mesi l’avevo osservata mentre lavorava, combattendo per la giustizia con tutto il suo smisurato intelletto. Aveva aiutato le vittime dei crimini, aveva protetto coloro che erano stati accusati ingiustamente, aveva consegnato i colpevoli alla giustizia. Sapevo che avrebbe nutrito comprensione per la mia situazione, ma perdonare un omicidio? No, quello no. Aveva simpatizzato con Sergay Trepoff, nel caso Odessa, quando lui si era vendicato per l’assassinio della sua fidanzata. Lei aveva chiesto clemenza per aiutarlo ad evitare la forca ma non aveva mai tentato di suggerire che lui fosse innocente o che dovesse essere lasciato libero. Non potei fare a meno di paragonarlo a Dashiell nel caso della pazzia del colonello Warburton; l’uomo era stato moralmente responsabile della morte del suo nemico ma non aveva certo compiuto l’ultimo passo uccidendolo con le proprie mani. Aveva permesso alla giustizia, piuttosto che alla vendetta, di fare il proprio corso.

Il tempo che avevo passato con Shizuru mi aveva fatto capire che c’era una linea fra queste due cose – no, non era esatto. Non ero stupida, dopotutto. Avevo sempre saputo dove stava la differenza. Ma Shizuru mi aveva insegnato che questa differenza contava.

Mi chiesi se avrei avuto la possibilità di rispondere a queste domande prima che fosse tutto finito, di stare in piedi davanti al Principe di Ossidiana con la piena consapevolezza della verità e decidere che cosa andava fatto. C'erano molti motivi per cui questo era improbabile che accadesse. Forse non avrei mai saputo verità sull'omicidio di mia madre, non necessariamente. O forse sarei stata costretta a uccidere per salvarmi la vita invece di prendere una qualche decisione morale.

O forse mi avrebbero uccisa prima che potessi fare qualcosa.

Fino a quel momento ero stata fortunata a sopravvivere all'imboscata a Whitechapel grazie alla mia naturale tendenza ad arrivare in anticipo, a sospettare che il ristorante di Mai sarebbe stato sorvegliato e a mettere fuori combattimento quegli scagnozzi prima che potessero chiamare aiuto, a notare la carrozza a Mayfair, e grazie a Shizuru a schivare la carrozza a Kensington. Cautela, intelligenza, spirito di osservazione e semplice, stupida fortuna, tutti avevano fatto la loro parte. Presto o tardi, uno di essi avrebbe commesso un errore.

Ero di questo umore cupo quando arrivai in Baker Street. Shizuru era fuori, ma aveva fatto come avevo richiesto e mi aveva lasciato un messaggio dicendo che era uscita per rintracciare il proprietario della carrozza numero 1319, e che prevedeva di tornare per le quattro. Sentii i brivido; quel tipo ci aveva quasi uccise una volta e lei lo stava deliberatamente cercando da sola.

Avresti dovuto dirmi dove potervo raggiungerti! Sbraitai in silenzio.

Visto che non potevo far altro che aspettare, andai nella mia stanza, tirai fuori la pistola dal cassetto del comodino e sedetti sul letto. Aprii il pacchetto di Mademoiselle Helene, rivelando una scatoletta di legno grezzo. La aprii e tolsi il mio acquisto dall'imbottitura di cotone, poi lo innestai sull'arma. Come aveva detto, entrava alla perfezione. Avrei voluto andare al poligono e sparare una dozzina di proiettili per abituarmi al peso, al cambio di bilanciamento della pistola, e agli effetti che quella modifica avrebbe operato sulla sua precisione e sul suo potere di penetrazione, ma sarebbe stato impossibile.

Potevo solo cercare di abituarmi alla sensazione che mi dava stringerla in mano, al peso aggiunto alla fine della canna, esercitarmi a estrarre e prendere la mira. Non era una seconda natura come per le mie calibro 32 – la pistola non era una calibro 32 -  ma non pianificavo di usarla per colpire come un cecchino, da lontano.

Soddisfatta, tolsi la modifica e la rimisi nella scatola, poi la chiusi nel cassetto assieme alla pistola. Almeno era pronta all'uso. Mi chiesi solo se avrei avuto la possibilità di usarla.

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Capitolo 13
*** 13 ***


13.

"Natsuki, ce l’ho!"

Disse Shizuru con entusiasmo quando fece il suo ingresso nel nostro appartamento, solo cinque minuti dopo le quattro. Io alzai lo sguardo da "Il mistero del calesse", che trovavo decisamente appropriato, vista la situazione. Era uno dei miei gialli preferiti, ma lo stavo leggendo perché mi sarei esaurita a camminare su e giù e a fissare l'orologio.

"Avete rintracciato la carrozza?"

Lei mise il broncio.

"Natsuki dubitava di me?"

"In realtà no. Trovare un vetturino che ha lasciato un passeggero in certo posto in un certo giorno e ora è una cosa, ma perfino io riuscirei a trovarne uno se avessi il numero di targa. Sono sorpresa che ci abbiate messo tanto."

"Ara, siete di cattivo umore. Il vostro appuntamento non è andato bene?"

Comiciai a scuotere la testa, poi mi fermai. L'avevo rimbrottata troppo, vero? L'attesa era in parte la causa del mio umore, ma lo erano anche i dubbi sul mio operato che mi avevano tormentata dall'armaiola.

"Il fatto è che ho alcune cose a cui pensare," tentai. Cercando di assumere un tono più frivolo, dissi, "E poi siete in ritardo, quindi ho diritto di essere arrabbiata. Ma potete raccontarmi tutta la storia mentre beviamo il tè."

"Dobbiamo andare, non c’è tempo per il tè."

La fissai.

"Non c’è tempo per tè? Chi sei tu, e cos’hai fatto a Shizuru Viola?"

"Natsuki..." disse lei, in tono di rimprovero.

"Non stavo scherzando. Quando mai avete rinunciato al tè? Perché tutta questa fretta?"

"Non abbiamo molto tempo, temo. Quel vetturino ci ha permesso di sfuggire al suo tentativo di assassinio; inoltre ci ha permesso di identificare la sua carrozza."

"Questa parte non è necessariamente ovvia," notai.

"Non lo è, anche se era senz'altro un rischio, ma ora che ho fatto delle domande alla compagnia che gestisce queste carrozze, la prova è definitiva. No, il nostro amico omicida rappresenta un anello debole che dev'essere eliminato, a meno che lui stesso non sia stato il motore di questi eventi il che, sono certa che concorderete, non è una teoria credibile."

"Ma un cocchiere ha le stesse probabilità di chiunque altro di aver perso denaro nel fallimento della Compagnia di Olanda e Sumatra, non trovate?"

Chiesi.

"Sì, ma non di aspettare nella zona dove si trovano le abitazioni delle sue vittime il giorno seguente agli assassinii, dove potrebbe essere visto, né di tentare di ucciderci. Questo è il modo di agire di un lacchè, non di un uomo in cerca di vendetta," mi corresse.

"...ottimo argomento."

Mi alzai subito in piedi. Aveva fatto aspettare la sua carrozza, e salimmo. Shizuru diede l'indirizzo al cocchiere e partimmo.

"Allora, ditemi com'è andata," dissi mentre eravamo per strada.

"Primo, ci ho messo così tanto perché non ho cominciato subito a cercare la carrozza. Per prima cosa sono andata all'obitorio, dove sono venuta a conoscenza di alcuni fatti importanti a proposito dell'assassinio di Merridew."

"Oh? Quali fatti?"

"L'idea che sia stato colto completamente di sorpresa sembra la più ragionevole. Non c'erano segni di lotta, niente ferite da difesa sulle mani o sulle braccia, niente danni agli abiti. È stato pugnalato una sola volta, la lama ha trafitto il cuore attraverso le costole, e la morte è stata istantanea, se devo credere al medico che l'ha esaminato."

"Quindi qualcuno che sa usare il coltello?"

"Esattamente. Potrebbe essere stata pura fortuna, ma abilità e conoscenza sembrano la risposta più probabile."

"E lo spillo da cravatta?" la incalzai.

"Non c'era," mi disse semplicemente.

"Allora la stessa persona li ha uccisi entrambi."

"O la stessa persona ha ordinato i due omicidi," mi corresse Shizuru. Ci pensai su e annuii.

"Sì, se la Corte d'Ossidiana sta punendo i suoi, allora chi dà gli ordini non sarà certo quello che tiene in mano il coltello."

"Ma potrebbe anche essere vero il contrario."

"Oh?"

"Quando abbiamo discusso l'idea che il Barone Maupertuis e il signor Merridew possano essere stati uccisi per vendetta nei confronti della Corte, non abbiamo mai detto che, in retrospettiva, questa sembra la possibilità più ovvia."

"Per me non è ovvia per niente," brontolai.

"Senza dubbio è perché siete coinvolta."

La gratificai con un'occhiataccia.

"Shizuru, ne abbiamo già—"

Lei sollevò le mani.

"Ara, credo che Natsuki stia saltando alle conclusioni."

Inarcai un sopracciglio.

"Non stavate per menzionare la mia connessione con gli affari della Corte?"

Shizuru mi sorrise.

"Ho mai fatto domande sulle attività di Natsuki?"

Le rivolsi un'occhiataccia, furiosa e tuttavia incapace di contraddirla. Dio, era proprio da Shizuru prendere qualcosa che era motivo di contrasto tra noi, una faccenda che consideravo seria – e usarla per prendermi in giro! Non sapevo se mettermi a urlare o strapparmi i capelli per la frustrazione, e alla fine ci rinunciai e mi misi a ridere. Shizuru era Shizuru, ed ero certa che non sarebbe mai cambiata.

A essere sincera, lo trovavo confortante, in qualche modo.

"Va bene, ci rinuncio. Ditemi perché è così ovvio."

I suoi occhi stavano ancora scintillando di allegria per il modo in cui era riuscita a confondermi, e disse, "La Corte d'Ossidiana è una società segreta, che è coinvolta in qualche modo in cospirazioni politiche e finanziarie, giusto? Bene, dunque perché i loro nemici non dovrebbero fare lo stesso? Nel mondo del crimine, i gruppi criminali affrontano altri gruppi criminali, non una singola persona."

"Quindi pensate che Maupertuis e Merridew siano stati uccisi da un gruppo rivale, una società segreta, un cartello finanziario, o roba del genere?"

"No, ma credo che dovremmo considerare questa possibilità."

"Allora non necessariamente quel vetturino è al soldo della corte. Potrebbe lavorare per un gruppo rivale, spiare quei luoghi in cui sono stati commessi gli omicidi, per controllare chi si presenta a indagare?"

"Esattamente." Shizuru mi sorrise. "Pensateci. Forse questo gruppo misterioso crede che siamo una squadra investigativa della Corte, mandata a—"

Si interruppe all'improvviso, mentre io riuscivo a controllarmi, impedendomi a fatica di afferrarla per il bavero e sbatterla contro la parete della carrozza. Avevo addirittura allungato una mano, ritirandola bruscamente quando avevo ripreso il controllo, premendola forte contro la mia coscia per impedirmi di usarla.

Il mio tono di voce, però, fu esattamente lo stesso che avrei usato per urlarle le mie parole in faccia.

"Non. Associatemi. Mai. A quelle persone," riuscii a dire a denti stretti. "Mai, Shizuru. Non è un argomento su cui potete prendermi in giro. Per l'amor di Dio, certe cose non si possono toccare, capite?"

"N-no, non capisco," disse lei, intimidita. "Non capisco perché non volete dirmelo, Natsuki."

Presi un profondo respiro, lo trattenni, e lo rilasciai.

"Il che dovrebbe dirvi quanto questa cosa sia seria, per me. Siete più intelligente di così, solo un minuto fa siete riuscita a farmi ridere nonostante tutto. Certo, il fatto che mi prendiate in giro a volte mi fa arrabbiare, ma questo è perché voi insistete finchè non diventa intollerabile, esaurendo la mia pazienza. Questo è diverso, Shizuru, avreste dovuto immaginarlo!"

Le ultime parole uscirono in un tono stridulo, come se – maledizione, non stavo piangendo. Non stavo scoppiando in lacrime in una dannata carrozza che attraversava le strade di Londra perché ero stata presa in giro su un argomento che era troppo delicato per scherzarci sopra. Cos'ero, una bambina delle elementari? Battei le palpebre rapidamente, scacciando le lacrime.

"Io...kannin na, Natsuki. Avete ragione, avrei dovuto capirlo. Ho permesso alla mia capacità di deduzione di avere la meglio su di me."

Espirai di nuovo, rendendomi conto all'improvviso di aver trattenuto il respiro mentre Shizuru si scusava.

No, non mentre si scusava, mi corressi. Finchè non si era scusata.

Ci guardammo per un lungo istante, nessuna di noi voleva dire altro. Le mie emozioni si erano comportate come un ubriaco che barcollava da un lato all'altro della strada – frustrazione, buonumore, rabbia, paura, sollievo – e potevo solo immaginare che quelle di Shizuru avessero agito allo stesso modo.

"Natsuki?" esitante, alla fine ruppe il silenzio. Non avevo risposto alle sue scuse, mi accorsi, non a parole. Mettere in parole i miei sentimenti non era il mio forte.

"Non lo farò più."

"Grazie," dissi, tenendomi sul semplice. Con la semplicità era difficile sbagliare, mi dissi. Almeno, a meno che la situazione non richiedesse di essere complessi. E… sembrava davvero complessa. Era stata lei a offendermi, ma ero stata io quella che aveva perso la calma.

"A-anch'io vorrei scusarmi," dissi. "Gah! In questo periodo mi sento strattonata in così tante direzioni diverse, che non riesco a distinguere il sopra dal sotto!"

"È questo il caso?" chiese. "La Corte d'Ossidiana è ovviamente un argomento tabù per voi. È per questo che volevate che abbandonassi questa facceda? Per quello che vi sta succedendo?"

"No," dissi. "No, se riguardasse solo me, non mi importerebbe. È solo che non voglio che vi facciano del male. Questa carrozza che stiamo cercando…non so se ha cercato di uccidervi perché state indagando su questi delitti, o se ha cercato di eliminare me e voi vi siete trovata in mezzo…" non conclusi la frase.

"Capisco."

No, non capiva, ma aveva ragione – non le avevo dato abbastanza informazioni che le permettessero di capire. E francamente non ero nemmeno sicura di capire io, almeno non abbastanza da dirle tutto in modo chiaro, se mai lo avessi desiderato.

L'unica cosa che sapevo era che mi sentivo proprio come se mi stessero tirando in tante direzioni diverse allo stesso tempo. Squartamento, credo si chiami quella forma di esecuzione, dove una corda viene legata a ogni arto e poi gambe e braccia sono tirate in quattro direzioni diverse, e il corpo si smembra. I miei sentimenti stavano facendo la stessa cosa: la tensione di guardarmi le spalle, sapendo che avrei potuto subire un altro attentato alla mia vita; la pregustazione dell'attesa, l'eccitazione di chiudere i conti con il Primo Distretto dopo tanto tempo; la confusione e il senso di colpa causati dal ruolo di mia madre all'interno della Corte e dai crimini che poteva aver commesso; la mia paura per Shizuru e il terrore che provavo al pensiero che la mia più cara amica potesse essere ferita o uccisa perché era stata coinvolta nei miei affari.

Riuscivo a malapena a gestire il tutto. Se quei problemi avessero riguardato solo me, pensavo che sarei stata capace di affrontarli da sola, ma dal momento in cui Emily Gartner aveva suonato il nostro campanello il mio cuore era scivolato via dal mio controllo, un cuore che, per tutta la mia vita, avevo chiuso dietro un muro. Ora quei muri erano stati abbattuti, e non sapevo come mantenere il controllo senza di essi.

Ma dovevo. Dovevo, altrimenti tutto quello che avevo fatto, e quattordici dei miei diciannove anni di vita, sarebbero andati sprecati. E inoltre non sarei stata d'aiuto a Shizuru in quello stato.

Sarebbe stato molto più semplice se le cose tra noi fossero rimaste com'erano. Due coinquiline, che dividevano un tetto, i pasti e poco altro. La situazione era stata così definita e ordinata allora, prima che nove mesi di chiacchierate, di divertimento, di silenzi confortevoli e di pericoli affrontati assieme ci avessero portato a quel punto.

Era divertente, pensai, che nove mesi fossero il tempo che serviva a un neonato per andare dal concepimento alla nascita. Guardando la mia amicizia con Shizuru da quel punto di vista, funzionava. Da estranea, era diventata una persona per cui avrei messo a rischio la mia vita per proteggere.

"Natsuki?" chiese, rompendo il silenzio che era sceso mentre riflettevo furiosamente, senza giugere a una soluzione.

"Oh, scusate. Io...scusate, ho molto su cui riflettere."

"Cercherò di stare più attenta, da ora in poi," disse lei. "Forse il mio desiderio di farvi condividere quei pensieri con me mi ha incoraggiata a fare una battuta quando non avrei dovuto. Non è stato sensibile da parte mia, Natsuki."

Mi tese una mano, letteralmente offrendomela, e dopo un secondo di esitazione la presi, strigendo con affetto le sue dita tra le mie. Sentii che c'era una sorta di promessa inespressa in quel gesto, ma il suo esatto significato mi sfuggiva. Una di noi avrebbe potuto dire qualcosa nell'istante successivo, qualcosa che avrebbe spiegato quel momento o che lo avrebbe distrutto per sempre, ma l'opportunità svanì all'improvviso quando la carrozza si fermò.

Molto tempo a dopo, a volte, avrei ricordato quel momento e mi sarei interrogata su quello che avrebbe potuto essere.

Eravamo arrivate, e i problemi pratici e immediati superarono in urgenza le più astratte preoccupazioni emotive. Shizuru pagò il vetturino, e ci dirigemmo verso la nostra destinazione.

"Come si chiama quest'uomo?" chiesi mentre ci avvicinavamo alla porta di una casa di piccole dimensioni, rovinata dalle intemperie, una delle tante in quella fila di edifici. Probabilmente era in affitto, e altrettanto probabilmente l'affittuario vedeva il padrone solo il giorno in cui doveva pagare il dovuto.

"William Wilton, o 'Bill', per i suoi amici—che negli ultimi due giorni non l'hanno visto nei soliti posti in cui aspetta la clientela."

"Perché è stato troppo occupato a sorvegliare delle case e a fare commissioni per la Corte d'Ossidiana," mormorai. "Per non parlare del tentato omicidio. Avrei pensato che un assassino prezzolato avesse una dimora più comoda," aggiunsi, guardandomi in giro.

"Forse è per questo che ha accettato di compiere un omicidio?"

"Se funziona per Whitechapel, allora suppongo che la scusa della povertà vada bene per qualsiasi altro quartiere."

Anche se Wilton non sembrava disperatamente povero, essere un povero che lavorava non era esattamente il genere di vita che isolava un uomo dal desiderio di guadagnare un piccolo extra. Ma comunque, un omicidio? Questo era completamente diverso dal genere di cose che ci si poteva aspettare da un vetturino in cerca di guadagno. Per uccidere un estraneo per denaro serve un certo tipo di persona, il genere di persona che, mentre Shizuru bussava, mi fece decidere di cambiare posizione in modo da poter estrarre la pistola in un secondo.

Non ci fu risposta.

Bussò di nuovo, e anche stavolta non ottenne risultati.

"Credo che questo sia il campo di Natsuki?" chiese, sorridendomi.

"Entreremo forzando la porta?"

"Entreremo dalla porta principale come se ne avessimo ogni diritto," mi corresse. Il che aveva senso, visto che rompere una finestra o usare una qualche altra tecnica ci avrebbe fatte notare dai vicini, lì, in pieno giorno.

"Per aspettare che torni, o in caso abbia lasciato in giro delle prove che lo leghino ai suoi committenti?" chiesi mentre tiravo fuori i miei passpartout. Scassinare la serratura sarebbe stato sospetto, e tecnicamente stavamo per commettere un crimine.

"Perché non entrambe le cose?"

Scrollai le spalle.

"Perché no?"

La serratura non era niente di straordinario, quindi non avevo bisogno di essere sofisticata. La seconda chiave che provai scivolò nella serratura con un po' di sforzo e la aprì. Aprii la porta e sbirciai in una stanza in penombra, resa ancor più squallida dallo sporco sulla finestra che bloccava la luce.

La puzza ci colpì subito, la putrida dolcezza del marciume e del decadimento, con cui entrambe avevamo fin troppa familiarità. La guardai e lei annuì. Avevo già la pistola in mano mentre ci addentravamo nella casetta. C'erano due porte all'estremità del salotto, ne aprii una e trovai una camera da letto, a quanto pareva vuota. Provai l'altra, poi sospirai e riposi la pistola.

"Sembra che siano arrivati per primi," dissi con un sospiro. Il cadavere era in mezzo al pavimento della cucina. Grosse mosche bluastre ronzavano sulla carne marcescente, facendomi venir voglia di vomitare. Anche così, potevo vedere che la sua gola era stata aperta quasi da un orecchio all'altro. Il sangue aveva imbevuto il davanti della camicia dell'uomo e si era raccolto in una pozza sul pavimento, attorno al suo collo, indicando che aveva sanguinato a morte lì dove era caduto, che era stato ucciso in quella stanza.

Per quanto Shizuru fosse elegante e signorile, non possedeva una natura troppo schifiltosa. Semplicemente arricciando il naso per il disgusto, si avvicinò al corpo, scacciando le mosche in modo da poterlo osservare bene.

"Penso di no, Natsuki," disse.

"Non è lui? Come fare a dirlo?"

Scosse la testa.

"Non è quello che intendevo. Non serve essere medici per capire che quest'uomo è morto da diversi giorni."

"Cosa? Oh," finalmente capii cosa intendeva. "State dicendo che chiunque lui fosse non può essere l'uomo che ha tentato di investirci, perché era già morto."

"Esatto—ah! Ecco la prova."

"Che prova, e cosa dimostra?"

"Questa cicatrice."

Sfiorò la piccola cicatrice sulla guancia dell'uomo con una mano guantata, senza toccare la pelle morta.

"Corrisponde alla descrizione di una cicatrice che aveva Bill Wilton, datami dai suoi colleghi. Avevo sospettato qualcosa del genere, ma questo segno lo conferma."

"Lo sospettavate?"

Shizuru annuì.

"Guardate la sua struttura fisica. È più alto e più robusto del vetturino che ha tentato di investirci. Come ho detto, ho ottenuto la sua descrizione dai suoi colleghi, quindi ero abbastanza sicura che non fosse stato lui a guidare la carrozza, quel giorno. Speravo solo che Wilton fosse stato pagato per permettere a qualcun altro di usare la sua vettura, ma vista la spietatezza dei nostri avversari sospettavo altrimenti."

"Quindi avete supposto che avremmo trovato un cadavere vecchio di giorni e non mi avete avvertita?"

Girò la testa e mi guardò dalla sua posizione sul pavimento.

"Avevo intenzione di dirvelo, Natsuki," disse a voce bassa. Completai la frase da sola: ma abbiamo speso il nostro tempo parlando di faccende personali. Annuii, confermando quello che era stato taciuto.

"Sono d'accordo sul fatto che sono spietati," risposi a una delle sue precedenti affermazioni, "ma non sono sicura che il killer sia la stessa persona. Maupertuis e Merridew sono stati eliminati in modo semplice ed efficiente, con una sola pugnalata. Questo è più…non so, più selvaggio, direi?"

"Per via del sangue?"

Aggrottai la fronte, poi scossi la testa.

"No, non è per questo. Voglio dire è inevitabile visto il modo in cui Wilton è stato ucciso. Ma ho già visto gole tagliate prima, e la gola di questo tizio non è stata semplicemente tagliata, è stata completamente aperta. Nessun segno di lotta, quindi non è successo durante una rissa, un incidente durante il combattimento. Wilton è morto nel modo in cui il suo omicida voleva. A questa persona è piaciuta la violenza del metodo."

Shizuru annuì.

"L'idea di Natsuki ha senso. È una congettura, ma sono d'accordo, specialmente perché c'è un'altra prova a supporto della vostra teoria."

"Oh?"

Indicò la ferita.

"Se guardate da vicino, vedrete che la ferita è stata inferta con una lama seghettata. Visto che è altamente improbabile che l'assassino abbia preso un coltello a caso come arma, significa che ha deliberatamente scelto una lama del genere."

La mia espressione acida non era dovuta alla puzza. Le persone scelgono armi diverse per motivi diversi. I miei revolver, per esempio, erano stati scelti perché le dimensioni ridotte e il piccolo calibro li rendevano facili da maneggiare e da nascondere, e perché non avendo il cane era meno probabile che finissero impigliati quando le avessi estratte dalle tasche in cui le nascondevo, invece che da un fodero vero e proprio. Avevo incontrato persone che sceglievano un certo tipo di arma: un gancio da macellaio, un coltello a serramanico, una volta perfino un bagh nakh indiano. E avevano provato un piacere viscerale nella crudeltà dell'uccidere.

"È una differenza significativa," dissi. "L'assassino di Maupertuis e Merridew voleva morte le sue vittime. Questo voleva uccidere Wilton."

Shizuru annuì, poi si alzò.

"C'è un'altra differenza," aggiunse.

"Quale?"

"Sappiamo anche che l'assassino di Wilton vuole uccidere una di noi, o probabilmente entrambe."

A volte odiavo davvero quando aveva ragione.

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