Il Regno dei Draghi

di Eilan21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 17: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciannove ***
Capitolo 20: *** Capitolo venti ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventuno ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventidue ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventitré ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventiquattro ***
Capitolo 25: *** Capitolo venticinque ***
Capitolo 26: *** Capitolo ventisei ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventisette ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventotto ***
Capitolo 29: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Dragons





Svezia, 443 d.C.


La notte dal manto stellato era da poco scesa sul fiordo, cancellando anche le ultime sfumature rosse lasciate dal sole al tramonto. Il vento era mite e increspava solo lievemente le acque scure della baia su cui si affacciava il castello di Ingelstad. Ma vi era un'altra luce nel cielo, qualcosa di inatteso ed inquietante. Una cometa, dalla lunga coda violacea, sembrava bruciare attraverso la volta celeste. In lontananza certo, ma non abbastanza da non essere notata da occhio umano.

La principessa Arianrhod rimase immobile alla piccola e stretta finestra su cui davano le sue stanze. Con le piccole mani strette alla balaustra di granito, lo sguardo fisso al tremendo spettacolo che le si parava davanti, Arianrhod si accorse a malapena della mano concitata che le afferrava la spalla, inducendola a voltarsi.

Principessa! Che fate? Non dovete fissare quell’orrore!”, fu il richiamo atterrito di Caitlin. “Rientrate immediatamente!”. La giovane cameriera afferrò la mano della principessa e la condusse dentro.

Principessa, non posate più lo sguardo su uno di quei…quegli abomini”, continuò Caitlin portandosi all’altezza del viso della bambina e guardandola negli occhi per sottolineare la gravità delle sue parole.

Sono opera del demonio, non lo sapevate?”

Nonostante i suoi quattro anni Arianrhod non si fece affatto intimidire e, liberandosi della presa della sua serva, alzò il mento con fare altezzoso. “Non sono affatto opera del demonio! Il demonio non esiste, è solo una sciocca superstizione di voi cristiani… l’ha detto mio padre! Io voglio guardare la cometa quanto mi pare e piace…e se non la smetti racconterò a mio padre quello che hai appena detto!”

Caitlin sembrò vacillare: presa dalla sua foga religiosa per un momento aveva dimenticato di essere semplicemente una serva e di essere al cospetto della principessa. Re Jörundr aveva accolto alla sua corte molti cristiani provenienti dalla Britannia, lei stessa faceva parte di questa schiera; tuttavia lui rimaneva un devoto pagano, così come lo era l’intera penisola scandinava, e non tollerava che al suo popolo – e soprattutto alla sua famiglia – venisse insegnato il cristianesimo. Caitlin sapeva per esperienza che Jörundr I, della Casa Reale degli Yngling, detta la Stirpe del Drago, era un sovrano giusto e tollerante, che aveva fatto crescere in pace e prosperità la Svezia per vent’anni; ma era pur sempre convinto che il cristianesimo fosse solo un mucchio di credenze irrazionali e riti bizzarri.

Perdonate, principessa”, mormorò Caitlin con un inchino. “Non si ripeterà più.”

Arianrhod sorrise, soddisfatta. La bambina era stata educata fin dalla nascita ad avere piena consapevolezza della sua posizione privilegiata.


Il Duca Fjölnir di Silverdalen entrò nello studio privato del re, seguito dall’Arcidruido Sveigder.

Ci avete fatto chiamare, Sire?”

Re Jörundr sedeva nel suo scranno intagliato, dietro il tavolo da lavoro ingombro di carte e libri. Si alzò faticosamente, trascinando la gamba fasciata. Il re era un uomo massiccio e imponente, con penetranti occhi azzurri.

Grazie per essere venuti, amici miei”, disse il re poggiando una mano sulla spalla del Duca Fjölnir.

Sire non dovreste affaticarvi in questo modo. Perché non vi sedete di nuovo?”, disse Fjölnir in tono premuroso al suo re che, prima di tutto, era per lui un caro amico.

Ti ringrazio Fjölnir, ma presto avrò parecchio tempo per riposarmi, mio malgrado… aspettate ad obiettare, perché sarebbe inutile. So che il mio destino è segnato.”

Ma, sire…”, protestò l’Arcidruido Sveigder.

Non dite nulla, mio caro amico. Vi assicuro che sto morendo, non mi restano che pochi giorni…e tutto per una stupida scaramuccia con un gruppo di predoni norvegesi…” Jörundr sospirò di disappunto sfiorando la dolorosa ferita alla gamba.

Era accaduto due settimane prima: nonostante le proteste dei suoi consiglieri, il re aveva voluto guidare di persona un piccolo contingente dell’esercito ad annientare dei razziatori che stavano mettendo a ferro fuoco dei villaggi dell’ovest.

Sconfiggere i predoni era stato un gioco per i soldati ben addestrati, ma il re era stato ferito alla gamba da una freccia. La ferita, che non era più di un graffio, si era però infettata prima che il re potesse far ritorno al castello ed essere curato.

E’ una notizia riservata, per ora. A conoscere la verità siamo solo noi tre e pochi fidati guaritori. Ma non dubito che presto l’intera corte ne sarà a conoscenza”, proseguì il sovrano.

Non sarà certo da noi che lo sapranno, sire” affermò con decisione Sveigder.

Il re fece un gesto, come a dire che questo non era mai stato in discussione.

Tuttavia non è per me stesso che sono preoccupato, bensì per mia figlia Arianrhod. Lei è la legittima erede al trono di Svezia, se il bambino che la regina partorirà non sarà un maschio…”

Vedrete che la vostra consorte vi donerà un maschio forte e sano…”, disse Fjölnir tentando di sembrare convincente.

A quelle parole al re tornò subito in mente il viso di bambino di Njöror, il suo adorato primogenito. Il principe Njöror era nato poco dopo le sue nozze con la principessa Drott, figlia del re Dan di Danimarca.

A dispetto della differenza d’età – Drott aveva quindici anni meno di lui – e delle motivazioni politiche che avevano dettato il matrimonio, Jörundr amava molto sua moglie. E quando era venuto al mondo Njöror, un bambino sano e bello, la sua felicità era stata completa. Tre anni dopo era nata Arianrhod, adorata e viziata dal padre in ogni modo. Ma, prima che Arianrhod compisse tre mesi, una febbre aveva portato via il principe ereditario, tra lo sconcerto del regno.

La regina, distrutta e addolorata, aveva riversato le sue attenzioni sulla figlia superstite, così come suo marito. Due anni dopo la morte di Njöror era venuto al mondo un altro bambino, che però non era vissuto a sufficienza nemmeno per avere un nome. Adesso Arianrhod aveva quattro anni, e la regina era agli ultimi mesi di gravidanza. Jörundr sperava con tutte le sue forze che si trattasse di un maschio; un maschio sano e forte cui nessuno avrebbe messo in discussione il trono.

Come risvegliato dai suoi pensieri, il re si girò verso i suoi consiglieri.

Sì…deve trattarsi di un maschio…altrimenti…”

Altrimenti, sire?”

Altrimenti sarà la guerra civile. Sapete bene che ci sono molti nobili potenti che tramano alle mie spalle e vorrebbero vedermi morire senza un erede maschio per mettere le mani sul trono di Svezia. Mia figlia è ancora una bambina, non ci vorrebbe molto per attentare alla sua vita…un pugnale, del veleno in una coppa... La mano dietro tutto questo? C’è solo l’imbarazzo della scelta: il Duca Aun, il Nobile Gisle… oppure mio fratello Erik, la vergogna del mio glorioso padre. So bene che è il burattino di Aun. Mio fratello non è mai stato altro che un vile, troppo meschino perfino per avere il coraggio delle proprie azioni.”

Fjölnir conosceva il principe Erik da quando erano entrambi bambini, e condivideva senza riserve il pensiero del re.

ll Duca di Skillingaryd usa la posizione del principe all’interno della famiglia reale per i suoi loschi scopi”, commentò in tono duro.

La Guardia Bianca tiene d’occhio le loro mosse da molti anni, mio signore, e queste informazioni non sono certo nuove per il duca e me”, aggiunse Sveigder.

Lo so bene, Sveigder… e tuttavia speravo non si giungesse mai alle circostanze attuali. Se io morissi senza un erede maschio, sarebbe ciò che i miei nemici – Halfdan e Erik prima di tutti – aspettavano da molto.”

Qualunque cosa possiamo fare per servirvi, sapete che lo faremo, mio signore”, disse solennemente Fjölnir portandosi la mano al petto.

E’ così, sire. Noi vi siamo fedeli, e finché avremo vita non permetteremo ai traditori di Svezia di averla vinta”, gli fece eco l’anziano Arcidruido.

Mi fido solo di voi, amici miei. E vi chiedo un giuramento…lo farete per il vostro re?”

Fjölnir e Sveigder si inchinarono all’unisono.

Qualsiasi cosa ci chiederete, sire, la risposta è sì.”

Il re fece loro cenno d’alzarsi, con lo sguardo colmo di silenziosa gratitudine.

Dovete giurarmi che, quando non ci sarò più, proteggerete la principessa Arianrhod a costo della vostra vita.”



Angolo Autrice: Ciao a tutti! Ho voluto imbarcarmi in questa nuova storia, ambientata in un'epoca storica un po' ostica, quasi come un esperimento. Nel raccontarla mi baso su molti fatti storici, ma la mia protagonista, Arianrhod, è frutto della mia fantasia. Il contesto comunque è autentico. Sono curiosa di sapere se questa storia potrà piacervi, e in ogni caso mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

A presto,

Eilan


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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


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Erano trascorsi solo due giorni dall'importante conversazione che il re aveva avuto con i suoi due fedeli amici. Nessuno si sarebbe aspettato che accadesse così presto, ma, senza alcun preavviso, la regina Drott entrò in travaglio. Fu un travaglio lungo e difficile che durò un giorno intero. Le levatrici riuscirono a fatica a far venire al mondo una bambina già morta. Anche per la sovrana non ci fu nulla da fare: dopo il parto sopraggiunse una febbre puerperale che la portò alla morte in soli due giorni.

Arianrhod accompagnò il padre in testa al corteo funebre di sua madre. Nella bella cornice di una scogliera che dava sul mare, Drott, regina di Svezia, nata Principessa di Danimarca, fu posta sulla pira funebre. Indossava una lussuosa tunica nera con una sopravveste dello stesso colore corredata da molti gioielli preziosi; i lunghi capelli biondi erano acconciati in due pesanti trecce, raccolte ai lati del capo, e sormontati da una coroncina d’oro. Accanto a lei era stato posato il corpicino della figlioletta, avvolto in un telo ricamato. Entrambe erano coperte da un sudario nero trasparente.

Mentre i corpi della moglie e della figlia bruciavano sulla pira, il re Jörundr aveva il viso contratto e sconvolto. Avrebbe voluto piangere mentre stringeva la mano della sua unica figlia superstite, ma non voleva mostrare le sue emozioni di fronte all’intera corte, riunita per il funerale.

Infine, le ceneri vennero raccolte in un’urna lavorata, che venne posta nella nicchia di un imponente mausoleo di forma conica, costruito con blocchi di pietra dura, e voluto dal re appositamente per sua moglie. Il monumento si affacciava sul mare, che Drott aveva amato moltissimo.

Arianrhod, vestita elegantemente di una tunica verde con la sopravveste color ruggine, non comprese pienamente ciò che stava succedendo, che non avrebbe più rivisto sua madre. Probabilmente si aspettava, con l’ingenuità dei suoi quattro anni, che Drott sarebbe ricomparsa il giorno seguente come se niente fosse per prenderla in braccio e stamparle un bacio su entrambe le guance, come faceva sempre.

Dopo aver dato l’ultimo saluto all’adorata moglie, Jörundr si allontanò zoppicando vistosamente, sorretto e aiutato dal Duca Fjölnir di Silverdalen, sotto lo sguardo indagatore dell’intera corte. Fjölnir non poté fare a meno di rabbrividire per il mormorio che l’avanzare del re aveva provocato nella schiera di nobili presenti. Non avevano più molto tempo ormai.


Pochi giorni dopo il funerale di sua moglie il re fu costretto a letto dalla febbre. L’infezione lo stava portando alla morte più in fretta del previsto. Diversi guaritori si susseguirono al capezzale del re, impegnati a cercare di salvargli la vita, invano.

Verso la mezzanotte Jörundr si spazientì e cacciò fuori dalla stanza tutti i guaritori e i cortigiani che gli stavano attorno come avvoltoi su una preda, e ordinò di mandare a chiamare l’Arcidruido Sveigder e il Duca Fjölnir.

Quando i due uomini si inginocchiarono al capezzale del loro sovrano, Jörundr bruciava per la febbre e era madido di sudore. I suoi occhi erano velati, e il Duca, che aveva visto tante volte la morte in faccia, sapeva cosa stesse a significare. Deglutì a vuoto, la paura che gli attanagliava la bocca dello stomaco.

Il re parlò con un filo di voce, ma i suoi amici erano pronti a cogliere ogni sua parola.

Ora… dovete onorare… la vostra promessa”, disse con fatica sollevandosi sui gomiti e guardando i due uomini negli occhi.

Lo faremo, sire”, mormorò l’anziano Arcidruido con occhi umidi di pianto. Jörundr era stato per lui come un figlio. Suo padre Yngvi era stato il suo migliore amico, e lui il suo più fedele consigliere. Aveva visto il principe Jörundr crescere, diventare un uomo e poi - in un giorno al contempo triste e felice per Sveigder - succedere al padre e sedere sul Trono del Drago. L’Arcidruido era stato uno dei precettori del giovane erede al trono per volontà di Re Yngvi; si era occupato anche di suo fratello minore Erik, anche se con risultati molto più deludenti. A Erik decisamente mancavano le buone qualità che erano invece così vive in Jörundr.

Il re fece uno sforzo immane per riprendere a parlare. “Ascoltate”, mormorò, “qualunque cosa sia necessaria… per proteggere Arianrhod… dovrete metterla in atto. Credo che sarà necessario… portarla lontano dalla Svezia… almeno per alcuni anni”.

Avremo bisogno della Guardia Bianca”, disse Fjölnir e il re annuì.

Promettetemi che un giorno… riavrà il trono che… le spetta”, gli occhi del sovrano erano annebbiati dalla febbre ma la sua mente era ancora lucida.

Anche se questo dovesse costarci la vita”, affermò il Duca con solennità.

Il re indirizzò agli amici un sorriso colmo di gratitudine, poi ricadde sui cuscini privo di coscienza. Sveigder e Fjölnir dovettero richiamare i guaritori perché si occupassero del re, poi scivolarono via nella notte silenziosa.

Prima dell’alba appresero che il Re di Svezia era morto.


Arianrhod fu svegliata nel cuore della notte. Una mano la scuoteva delicatamente, e la bambina sbatté le palpebre assonnate. Aprendo gli occhi, si accorse che la donna che aveva davanti non era Caitlin, come si sarebbe aspettata. La giovane bambinaia cristiana era stata sostituita da una delle cameriere più fidate della regina, una donna di mezza età di nome Hejör. Arianrhod, abituata a vederla insieme a sua madre non si allarmò: ancora assonnata, lasciò che la donna la vestisse e la prendesse in braccio. Istintivamente la piccola principessa le poggiò il capo sulla spalla, come era abituata a fare con sua madre. Dopo averla rassicurata con una carezza, Hejör la condusse fuori dalla sua stanza. Guardandosi a destra e a sinistra, come se temesse di incontrare qualcuno, Hejör scese le scale, e poi altre ancora e ancora. Nel dormiveglia Arianrhod si rese conto che stavano scendendo fin nei recessi del castello.

Alcune guardie, di ronda davanti alle stalle, si diedero il cambio, e Hejör attese trattenendo il fiato, nascosta dietro una colonna. Non appena la guardia, che sarebbe ripassata da quel punto entro novanta secondi, fu andata via, la donna si precipitò giù per le ultime scale che l'avrebbero condotta nelle stalle.

Un cavallo nitrì quando la serva e la principessa fecero il loro ingresso e questo svegliò del tutto Arianrhod. Fu abbastanza lucida da notare che nelle stalle, di solito deserte a quell'ora, vi erano alcuni cavalli fuori dei loro recinti. Erano stati sellati e preparati e ad attendere il loro arrivo c'erano anche l’Arcidruido Sveigder e il Duca di Silverdalen, accompagnati da alcune guardie armate che indossavano tutti un uniforme bianca con il simbolo del drago della Casa Reale di Svezia. Arianrhod aveva sentito vagamente parlare della Guardia Bianca, l’organizzazione militare di fedelissimi della Stirpe del Drago, ma non aveva mai visto uno dei suoi guerrieri.

Ad un cenno del Duca Hejör mise a terra la bambina. L’Arcidruido si chinò a parlare alla Principessa che, confusa e insonnolita, si stropicciava gli occhi con le mani.

Ascoltate, Altezza”, esordì Sveigder, “è desiderio di vostro padre che voi partiate con questi uomini. Conoscete il Duca Fjölnir, vero? Lui è un caro amico di vostro padre ed avrà cura di voi. Avete capito, Principessa?”

E mio padre? Verrà con me?”

Sveigder scambiò un'occhiata significativa con il Duca, poi fece un profondo respiro.

Più avanti” disse, riuscendo miracolosamente a suonare convincente. “Più avanti vostro padre verrà da voi, ma nel frattempo voi dovrete ubbidire al Duca e fare il volere del re. Rendetelo fiero di voi.”

Arianrhod rimase a bocca aperta qualche secondo, quindi annuì esitante. Si lasciò sollevare sul cavallo governato da Hejör; gli altri uomini, con il Duca in testa, montarono i loro cavalli e, in fila indiana e silenziosamente, uscirono nella notte.

La cavalcata dello sparuto gruppo durò alcune ore, ma Arianrhod non si lasciò sfuggire neanche un lamento: doveva essere coraggiosa per non deludere suo padre, per il quale nutriva una smodata ammirazione. Nonostante la testa le ciondolasse dal sonno, non si arrese, e rimase sveglia per tutta la durata del viaggio.

Nel tardo pomeriggio giunsero in vista della piccola baia di Bergkvara, sulla costa sud della Svezia.

Ad attenderli in una piccola insenatura era ancorata una nave. Era una nave di medie dimensioni, capace di portare un nutrito numero di soldati, mantenendo al contempo una velocità superiore a quella delle navi mercantili. Arianrhod la osservò a bocca aperta: ai suoi occhi infantili la nave sembrava enorme, ed era la prima volta che viaggiava per mare. Non sapeva dove sarebbe stata portata, ma intuiva che quello sarebbe stato il viaggio più lungo che avesse mai intrapreso nella sua giovane vita.

Il Duca Fjölnir ordinò di caricare i pochi bagagli e, senza troppi indugi, Arianrhod e la sua scorta vennero fatti salire a bordo. In breve tempo la nave fu pronta a salpare. Hejör chiese alla Principessa se volesse dormire un po’ nella sua cuccetta, ma lei scosse la testa chiedendo di poter stare ancora un po' sul ponte della nave, nonostante gli occhi quasi le si chiudessero.

Il sole stava sorgendo sull’azzurra distesa d’acqua marina, colorandola di sfumature rossastre. La Principessa Arianrhod - inconsapevole che quella stessa notte era divenuta regina, seppure senza un trono - osservò dalla prua della nave la sua terra natia farsi sempre più lontana e infine scomparire all’orizzonte. D’impulso agitò nell’aria la sua piccola mano in segno di saluto.



Angolo Autrice: Rieccomi! Spero che questo capitolo, anche se di passaggio, vi sia piaciuto.

Ci tengo a dare un paio di cenni storici: Drott, la regina di Svezia, è un personaggio storico. Figlia del re Dan di Danimarca, è una figura avvolta nell'oscurità e di cui si sa poco o niente, incluso chi abbia sposato. Ho pensato di sceglierla come moglie di Jorundr perché il loro rango e la loro epoca di nascita coincidono. Gli Yngling, la Stirpe del Drago, governava davvero la Svezia, e i nomi dei re che trovate, inclusi quelli dei successivi usurpatori, sono tutti storici. Ma qui si ferma la nostra conoscenza, perché di avvenimenti più approfonditi, di mogli e figli, non si fa cenno. Infine, tutti i nomi svedesi che troverete nel racconto sono nomi realmente usati all'epoca. L'unica licenza poetica me la sono presa proprio con Arianrhod, il nome di una dea britanna associata alla luna.

Ringrazio tutti per le recensioni!

Alla prossima,

Eilan

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Dragons





Britannia, 461 d.C.


Ciaran parò un affondo di sua sorella, mettendo la spada di taglio. Nonostante avesse tre anni in più di lei e fosse fisicamente molto più forte, il giovane era visibilmente affaticato sotto i colpi che Ainslee gli indirizzava con incredibile maestria. La ragazza si muoveva in maniera armoniosa e letale, con una tecnica degna di un cavaliere addestrato. Ciaran e Ainslee si sfidavano alla spada da quando erano bambini, ma le volte in cui Ciaran era riuscito a battere sua sorella si contavano sulle dita di una mano. Eppure avevano avuto entrambi lo stesso insegnate: il loro padre, Eachann, che era un fabbro appassionato dell’arte della spada; ma Ainslee sembrava avere un dono innato che Ciaran, per quanti sforzi compisse, non era in grado di eguagliare.

Quel pomeriggio caldo e assolato di giugno i due ragazzi erano nella stalla della fattoria dei genitori, impegnati in un finto duello con due spade di legno. In teoria, la frescura in cui era immersa la stalla e la brezza che soffiava attraverso le porte spalancate avrebbero dovuto rinfrescarli. In pratica il finto duello, che entrambi prendevano incredibilmente sul serio, li affaticava e li faceva sudare. Ogni tanto un affondo di uno dei due fratelli centrava una delle balle di fieno che erano state ammucchiate in cataste ordinate alla fine della trebbiatura. Le spade finte sollevavano spruzzi di paglia che finivano invariabilmente nei capelli e fra gli abiti dei due accaniti contendenti.

Quando Ciaran e Ainslee cozzarono contro lo steccato di legno uno dei cavalli nitrì, spaventato, ma poi si calmò subito, riprendendo a brucare il proprio fieno. Perfino gli animali erano abituati ai combattenti dei ragazzi ormai, e non ci facevano troppo caso.

Ciaran si preparò a un altro affondo quando Ainslee, spiazzandolo completamente, lo schivò compiendo un breve giro su se stessa. Si portò così al fianco del fratello e riuscì a fargli perdere l’equilibrio. Ciaran cadde sulla paglia e prontamente Ainslee gli torreggiò sopra, puntandogli la spada alla gola.

Se fosse stata una spada vera saresti morto, fratellino!”, esclamò la ragazza con una risata.

Anche a Ciaran venne da ridere, nonostante fosse stato sconfitto per l’ennesima volta da sua sorella minore. Ma non era un ragazzo orgoglioso, e chi lo conosceva lo aveva visto perdere le staffe forse due volte in tutta la sua vita.

Va bene, va bene mi arrendo”, disse con finto tono implorante.

Solo per questa volta!”, lo ammonì scherzosamente Ainslee.

Ciaran si schermò gli occhi con la mano per guardare la sorella. Nel caldo sole di mezzogiorno sembrava che Ainslee riflettesse la luce, irradiandola a chi gli stava intorno. Se avesse dovuto trovare una parola per descrivere sua sorella Ciaran avrebbe scelto “argentata”. I lunghi capelli erano di una sfumatura di biondo talmente chiara che pareva argento, perfino le ciglia e le sopracciglia erano dello stesso colore. E gli occhi erano di azzurro simile al ghiaccio. Tutte sfumature abbastanza insolite per la popolazione di quei luoghi della Britannia.

Per il resto Ainslee era una ragazza di diciotto anni molto simile alle sue coetanee, se non per il temperamento impetuoso e ostinato che la caratterizzava. Non si lasciava intimidire facilmente, riusciva a tenere testa a chiunque e non mancava di testardaggine. Spesso non riusciva a frenarsi dal rispondere per le rime, anche ad uomini più anziani, cosa che era considerata davvero sconveniente per una donna. Sua madre Gwenael le rimproverava in continuazione questo suo comportamento sfrontato, e nei momenti in cui la faceva arrabbiare arrivava a definirla “la sua disperazione”.

I due ragazzi si gettarono a sedere sulle balle di fieno, ancora ansanti, poggiando le spade finte accanto a loro. Rimasero in silenzio qualche secondo; Ciaran notò che sua sorella stava riflettendo. Se ne accorgeva perché aggrottava sempre le sopracciglia quando pensava intensamente. Sapeva che avrebbe solo dovuto attendere che lei gli facesse la domanda che aveva a fior di labbra.

Ciaran?” disse, spostando lo sguardo su di lui.

Sì?”

Tu pensi che mi sposerò mai?”

Ciaran non rimase spiazzato dalla domanda. Anzi, si chiedeva perché Ainslee avesse impiegato tanto tempo a formularla. Da anni ormai, la ragazza guardava le sua amiche prendere marito, una dopo l'altra, persino mettere al mondo dei figli, e non aveva potuto far altro che rallegrarsi per loro e restare in disparte.

Io... credo che nostro padre stia solo aspettando il pretendente giusto.”

Non prendermi in giro! Sai che non è così. Conosce Owainn da una vita, lo considera quasi un altro figlio... eppure ha rifiutato qualsiasi proposta lui gli abbia fatto. Non capisco cosa abbia in mente per me. Fra poco sarò talmente vecchia che nessun uomo mi vorrà più!”

Ciaran rise, scuotendo il capo. “Non credo proprio! E comunque non dirmi che avresti davvero voluto sposare Owainn?” Forse non era molto lusinghiero da parte sua non considerare il suo migliore amico degno di sua sorella, ma per quanto Ciaran volesse bene ad Owainn era pienamente cosciente dei suoi difetti. Uno spirito ribelle come Ainslee non sarebbe mai andato d'accordo con l'ottusità di Owainn; l'amico voleva una moglie obbediente e sottomessa, e inoltre non brillava particolarmente per intelligenza.

Ainslee intanto stava riflettendo sulla domanda di Ciaran. Non che ci avesse riflettuto molto, ma aveva pochi dubbi. “No, non credo proprio. Non mi piace, e anche se gli sono affezionata alcuni suoi comportamenti non mi piacciono affatto.”

Appunto, pensò Ciaran.

Arriverà anche l'uomo giusto per te, sorellina”, la rassicurò abbracciandola. “Ma non lui e non adesso.”

E tu?”

Io...?”

Tu pensi che ti sposerai mai? In realtà devo confessarti che odio pensarlo, non vorrei che lasciassi la fattoria.”

Prima di tutto mettiti in mente che non lascerò mai la fattoria” sorrise Ciaran. “Non ti libererai di me così facilmente! Se mai dovessi sposarmi sarà mia moglie a venire ad abitare qui. Non voglio certo rinunciare a proseguire il lavoro di papà.”

Ainslee gli indirizzò un sorriso complice che Ciaran ricambiò. Poi sembrò incupirsi.

E poi, sai... ho già trovato la donna che vorrei come mia moglie, ma lei non ha scelto me.”

Ainslee sfiorò con le dita il braccio del fratello.

Mi dispiace, io... ho provato a parlare ad Enid, ma lei...”

Non era necessario, sorella.”

L'ho fatto per te. Anzi, ho il rimorso di non aver fatto abbastanza, che avrei potuto fare di più... in fondo è la mia più cara amica...”

Lei amava un altro, non c'è altro da aggiungere” Ciaran fu secco. “Non posso costringerla a provare qualcosa per me, e non voglio. Da quando si è sposata, non ho fatto altro che augurarle di essere felice.”

Questo lo so. Tu sei l'uomo più buono e dolce che abbia mai conosciuto” disse lei posandogli un bacio sulla guancia. “E sono sicura che troverai la ragazza più bella, più buona e più... bé, più tutto, che esista da qui ad Alba*!”

In quel momento la voce della madre che li chiamava rimbalzò fra le pareti della stalla, interrompendo i loro discorsi.

Ragazzi, dove siete? E’ pronto e vostro padre è già in tavola”, gridò Gwenael affacciandosi alla porta della stalla.

I due giovani abbandonarono le spade e si affrettarono verso casa, consapevoli che Eachann rientrava in casa solo il tempo necessario per mangiare e poi tornava alla fucina.

Finalmente!”, li apostrofò Gwenael come misero piede in cucina, “e guarda come siete ridotti! Ainslee, hai la paglia nei capelli e sei tutta sudata! Non è così che dovrebbe comportarsi una ragazza in età da marito…”

Si avvicinò alla figlia per sfilarle dei fili di paglia dai capelli. “Ora non c’è neanche tempo per andarvi a lavare, altrimenti si raffredderà tutto!”, continuò a brontolare.

Eachann, già seduta a tavola di fronte a una scodella di zuppa fumante, non poté fare a meno di sorridere. “Su cara, sono solo dei ragazzi e non mi pare una grande tragedia, no?”

Ma sua moglie fece finta di non sentirlo e fece cenno ai figli di sedersi mentre portava il pane in tavola, continuando a borbottare tra sé.

Padre, avete finito quella spada che vi ha commissionato il figlio del governatore della provincia?”, chiese Ainslee con la voce colma d’ammirazione, improvvisamente dimentica del cibo che la madre le aveva messo davanti.

Quasi. Quel riccone pazzo ha voluto una spada che nemmeno i Cesari avrebbero potuto desiderare.” rispose, ignorando l'occhiataccia di Gwenael per il modo in cui aveva definito il figlio del governatore. “L'ha voluta con intarsi in oro, nientemeno! Bé, finché è suo padre a tirare fuori il denaro, per me può chiedermela anche intessuta con i baffi di lucifero in persona!”

Ainslee e Ciaran non riuscirono a trattenere una risata. Era risaputo che il governatore e la sua famiglia erano tra coloro che si erano convertiti alla nuova fede, e Eachann non aveva grande stima dei cristiani o dei loro Vescovi, e non ne faceva mistero. Li trovava pittoreschi, come li definiva spesso. In quanto al figlio del governatore, ciò che aveva sentito e appreso di lui, bastava a classificarlo come un ragazzo viziato e borioso.

In ogni caso è una delle spade più elaborate a cui abbia mai lavorato, e io e tuo fratello ci siamo rotti la testa per trovare un modo di creare quell'elsa così elaborata senza rendere la spada troppo pesante. Bilanciarla bene poi è stato anche peggio. Comunque riuscirò a finire entro domattina se tuo fratello tornerà alla fucina con me, questo pomeriggio”.

Mi sono allontanato solo per un paio d’ore!”, protestò Ciaran sulla difensiva, addentando contemporaneamente un pezzo di coniglio.

Chissà se Ainslee riuscirebbe a batterti anche nella costruzione di una spada?”, disse Eachann strizzando l’occhio alla figlia.

Non mettere queste idee in testa ad Ainslee, Eachann. Una ragazza della sua età deve aiutare in casa e non fare un lavoro da uomo”, intervenne Gwenael brusca.


Quel pomeriggio Ciaran andò a lavorare con il padre nella fucina, mentre Ainslee rimase come al solito ad aiutare sua madre nella gestione della fattoria. Oltre ad alcuni campi coltivati, la famiglia aveva diversi animali: mucche, maiali e polli. La fattoria e l’officina di fabbro di Eachann consentivano alla famiglia di vivere agiatamente. Oltretutto Eachann era un fabbro di grande talento, e fin da lontano la gente veniva a richiedere i suoi servigi. Le spade da lui forgiate erano veri capolavori d’artigianato, e mai un cliente era rimasto deluso del risultato, neppure i più ricchi o i più esigenti.

Intenta a raccogliere le verdure per la cena, Ainslee ne mise alcune nel cesto, poi si raddrizzò asciugandosi la fronte col dorso della mano. I capelli le davano impiccio nei movimenti, anche se li teneva legati. Ma sua madre non le aveva mai permesso di tagliarli, anche se lei avrebbe tanto voluto farlo e gliene aveva chiesto spesso il permesso. Ma Gwenael sosteneva che i capelli lunghi erano ciò che rendeva bella una donna, che la bellezza era la cosa più importante per una ragazza in età da marito, e che nessun uomo l'avrebbe mai voluta se avesse avuto l'aspetto di uno spaventapasseri appeso in un campo di grano. Fosse come fosse, quella pesante treccia che le sbatteva sulle gambe irritava Ainslee come non mai, e la spingeva a chiedersi che importanza potesse avere per lei tutto questo se i suoi genitori non avevano intenzione di trovarle marito. Ainslee si fermò ad osservare sua madre a pochi passi da lei, china nell'orto, la chioma ingrigita e la schiena curva. Un sorriso di tenerezza le si dipinse sul volto, nonostante le amare riflessioni. Anche se spesso la trovava troppo rigida e severa – più nei suoi confronti che in quelli di Ciaran, a dire il vero – Ainslee amava molto sua madre.

Nonostante volesse molto bene ad entrambi i suoi genitori, Ainslee sapeva che non erano stati loro a metterla al mondo. Su questo loro erano stati sempre molto chiari. D’altra parte non avrebbero potuto tenerlo nascosto in ogni caso: Ainslee era talmente diversa nell’aspetto da loro da spiccare come un lupo in un recinto di pecore.

In Britannia convivevano diverse etnie: i discendenti dei romani avevano i classici lineamenti spigolosi e i capelli neri e ricciuti; i discendenti del Piccolo Popolo, gli antichi abitanti dell'isola che vivevano come selvaggi, pitturandosi di azzurro quando andavano in battaglia, e nutrendosi esclusivamente dei frutti spontanei della terra, erano piccoli di statura, con la pelle olivastra e i capelli neri; i discendenti dell'antica stirpe reale erano alti e con i capelli di un tipico oro rosso. Ma Ainslee non sembrava appartenere a nessuna di queste stirpi. Il suo aspetto era del tutto particolare, e lei si era spesso domandata da dove potesse essere venuta e chi fossero i suoi veri genitori.

Non appena aveva raggiunto l’età per capire, Eachann e Gwenael le avevano spiegato che era una trovatella e che era stata abbandonata nei pressi della loro fattoria da qualcuno che probabilmente non aveva i mezzi per prendersene cura. Ma non per questo – sottolineavano i suoi genitori – loro l’amavano di meno, e Ainslee non aveva veramente mai potuto dubitarne.

Quella sera a cena Eachann annunciò che la famosa spada con intarsi in oro commissionata dal figlio del governatore era finalmente pronta, e chiese a Ciaran di andare in città il giorno seguente per consegnarla.

Domani c’è anche il mercato”, intervenne Gwenael, “Dovresti portare a vendere i nostri prodotti”. Una volta al mese, quando c’era il grande mercato di Eburacum**, la famiglia portava lì la sua mercanzia.

I prodotti della fattoria si vendevano meglio lì che non al piccolo mercato del loro villaggio.

Dovrò partire all’alba, credo…”, disse Ciaran.

Perché non porti con te anche Ainslee?”, propose Eachann.

Davvero, padre? Oh magari, mi piacerebbe tanto. Vorrei tanto rivedere Eburacum”, esclamò Ainslee battendo le mani, felice come una bimba.

Ma sì, perché no? Ormai sei una donna, e a tuo fratello servirà un aiuto in più per scaricare la merce”, rispose suo padre in tono bonario.

Ainslee gli buttò le braccia al collo e lui sorrise, intenerito.

Più tardi però Eachann prese da parte Ciaran.

Stai attento ad Ainslee, figliolo”, gli disse, “sai di cosa parlo, vero?”

Sì padre”, mormorò il giovane facendo un cenno di assenso. Comprendeva a cosa si riferisse suo padre: l'aspetto così insolito di Ainslee attirava spesso degli sguardi, non necessariamente malevoli, più che altro curiosi, pensava Ciaran, ma suo padre sembrava sempre stranamente preoccupato che la sorella potesse attirare troppa attenzione su di sé. Così aveva preso l'abitudine di chiedere a Ciaran di tenderla d'occhio quando si allontanavano da casa, ma non aveva mai voluto spiegargliene esattamente il motivo. Le sue risposte erano sempre state vaghe, e avevano scoraggiato Ciaran dal porre ulteriori domande.



Angolo Autrice: Eccomi di nuovo a voi! Spero che il nuovo capitolo vi piaccia, l'ho modificato varie volte prima di esserne soddisfatta. Come al solito ringrazio tutti quanti per le recensione. Come si dice... they mean the world to me!

Alla prossima,

Eilan

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


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Buio. Oscurità e silenzio. Gli unici due elementi che sembravano circondarla, le uniche due forze che sembravano muovere quel mondo sconosciuto. Ainslee ne era avvolta e si sentiva completamente persa. Improvvisamente si accorse che il silenzio era stato interrotto da un suono particolare. Sembrava un lamento o forse un pianto. Il pianto di... un bambino, probabilmente. Le ci vollero alcuni secondi per comprendere che quel suono veniva da lei, che era lei che singhiozzava sommessamente. E non era nemmeno più buio. Come aveva fatto a pensarlo? Vedeva in maniera sfocata, era vero; ma solo perché le lacrime le offuscavano la vista, impedendole di vedere chiaramente. Fece uno sforzo di volontà per asciugare le lacrime. Aveva paura di ciò che avrebbe trovato in quell'ambiente sconosciuto, ma tutto era meglio che restare nella cecità.

Si asciugò gli occhi con le mani, e non impiegò molto ad accorgersi che erano diverse, più piccole, più tenere. Le mani di una bimba. Ecco perché il suo pianto le era sembrato così... infantile.

Eppure quell'Ainslee che non riconosceva, quell'Ainslee bambina, non sembrava stupita della condizione in cui si trovava. Era una parte di sé che le era sconosciuta, ma era proprio lei, lo sentiva. Si trovava in un luogo strano, un luogo che avrebbe giurato di non aver mai visto in vita sua, se non fosse che le sembrava stranamente familiare. Era un castello: un grosso castello in pietra con strette feritoie come finestre e arazzi alle pareti. Sembrava un luogo un po' scuro, come lei immaginava dovesse essere un castello.

Delle figure apparvero improvvisamente intorno a lei, serve, a giudicare dall'abbigliamento. Le gridavano frasi sconnesse, che lei afferrava solo a tratti.

La troveremo, principessa!” “Vi prego non piangete!”

Ainslee non capiva a cosa si riferissero. Da qui il sogno diventata confuso fino al momento in cui una bellissima dama faceva il suo ingresso, portando in mano una bambola. La dama si chinava ad abbracciarla e le porgeva la bambola. Guardandola Ainslee la trovò familiare: una bambola di stoffa con un ricco abitino di seta tagliato su misura. L'aveva chiamata Bron. Da quale parte della coscienza scaturiva quel nome?

E la dama... lei le era altrettanto familiare. Anzi, a voler essere precisi, assomigliava a lei. Le assomigliava moltissimo. Era bella, bionda e con un sorriso dolce come il miele. Tra le sue braccia Ainslee si sentiva al sicuro. Quella donna era la sua casa.

Mamma!” la chiamò, con un moto di gioia.

Dei colpi leggeri alla porta svegliarono Ainslee di soprassalto, interrompendo bruscamente quello strano sogno. Non riuscirono però a cancellarle dalla mente due cose: la bambola di stoffa e il volto di quella donna. Quei due elementi erano impressi a fuoco nella sua mente e Ainslee quasi provò rammarico per il fatto di essere stata strappata a quel sogno così appagante.

Ainslee, è quasi l'alba, dobbiamo partire!” la chiamò la voce di suo fratello Ciaran al di là della porta. Ainslee fece un sospiro profondo e, cercando di ricomporsi, rispose: “Arrivo subito, dammi un minuto.”

L'acqua fredda che aveva attinto la sera precedente al pozzo per riempire il catino con cui si lavava la rinfrancò e, con ancora le palpebre appesantite dal sonno, si sfilò la veste da notte e indossò la tunica di stoffa che poteva allacciarsi da sola grazie alle stringhe sul davanti.

Ancor più svelto di lei, Ciaran già l'attendeva sul carro, che aveva provveduto a caricare con i prodotti da vendere al mercato: lana, uova, latte e verdure, nonché la preziosa spada avvolta in più pezze di stoffa da consegnare al suo committente.

Si misero in cammino mentre l'alba rosata faceva capolino da dietro le colline. Il vecchio cavallo che trainava il carro procedeva a ritmo moderato, guidato da Ciaran che stava a cassetta con la sorella al fianco. La lunga lucente treccia bionda di Ainslee le sbatteva sulla schiena ad ogni sobbalzo del carro, mentre lei stringeva le dita al legno del veicolo per non cadere.

Il carro stava attraversando il villaggio e Ciaran stava facendo un cenno di saluto ad alcuni conoscenti, quando i due giovani udirono un tonfo alle loro spalle e si voltarono all’unisono.

Si accorsero con stupore che tra i sacchi e le casse era salito al volo Owainn.

Ehilà Ciaran!”, salutò portandosi alle spalle dei due ragazzi e poggiando spavaldamente le mani sulla spalliera della cassetta. “Dove vai oggi, amico mio?”

Ciaran rise. “Ti pare il modo di salire su un carro, Owainn? Se rompevi qualche giara di latte chi la sentiva mia madre?”

Owainn diede una grossa pacca sulle spalle dell’amico. “Non preoccuparti sembro un orso ma sono delicato come una fanciulla!”

Ainslee guardò il giovane colosso e sorrise tra sé ritenendo la sua affermazione alquanto improbabile.

Scusa se non ti ho salutato subito, mia adorata”, disse Owainn scherzosamente prendendo una mano di Ainslee tra le sue grandi e ruvide. “Diventi ogni giorno più bella… e se consideriamo che ti conosco da dieci anni ormai è facile fare le debite proporzioni!”

Sei sempre il solito adulatore, Owainn!”, ribatté la giovane. “Come sta Enid?”

La migliore amica di Ainslee – l'amore non corrisposto di Ciaran - era anche la sorella minore di Owainn.

Bene, la gravidanza procede per il meglio, e lei e suo marito sono molto contenti”.

Ainslee gettò un'occhiata preoccupata a Ciaran, che deglutì visibilmente ma non disse nulla.

Mi fa piacere sentirlo. Anch’io sono felice per lei”, rispose con cautela.

Dove ve ne andate a quest’ora?”, chiese di nuovo Owainn.

Al mercato di Eburacum”, rispose Ciaran, “per caso vuoi unirti a noi? Mi farebbero comodo un altro paio di braccia”.

Owainn scosse la testa. “No, sono solo di passaggio. Approfitto del vostro carro per arrivare a casa. Sono stato alla bottega del conciatore… mio padre ha bisogno di nuovi finimenti per il cavallo”.

In ogni caso potevi farci segno di fermarci invece di salire come un ladro”, ribatté Ainslee.

Ah, pungente come sempre! Così mi piaci! Beato l’uomo che ti domerà”, rise Owainn scuotendo la grossa testa sormontata da riccioli castani. “Sul serio Ciaran, quando pensi che tuo padre si deciderà a darmi in moglie tua sorella?”

Ciaran si accorse che, nonostante il tono del ragazzo fosse scherzoso, c’era una nota di desiderio nella sua voce che lo mise subito in allarme.

Si girò appena verso l’amico e disse: “Mio padre non vuole saperne di trovare marito a mia sorella… mi dispiace, ma credo che dovrai desistere dal tuo proposito Owainn!”

Neanche per sogno, mia adorata. Lotterò per te fino alla morte”, disse in tono ironico rivolto a Ainslee.

Ainslee alzò gli occhi al cielo, frenando l’impulso di assestare un calcio ad Owainn. Sua madre la pregava continuamente di non comportarsi impulsivamente e di essere sempre posata ed educata, e lei faceva ogni sforzo per seguire il suo consiglio.

Ecco casa tua”, disse Ainslee sollevata, indicando con il dito. “Sei capace di scendere al volo o devo buttarti giù io?”

Non sia mai! Ho troppa paura di te…”, rise il grosso Owainn saltando giù dal carro, non appena Ciaran ebbe frenato il cavallo davanti alla costruzione di pietra su due piani dove abitava con i genitori, con la sorella e con suo marito.

Enid uscì di casa non appena udì il rumore del carro e rimase ad attenderli sulla soglia. Il ventre rotondo non passava certo inosservato e, quando le fu di fronte, Ciaran fece di tutto per guardare da un'altra parte.

Ciao Ciaran” mormorò lei con voce dolce, e poi rivolta all'amica “Ainslee! Saranno settimane che non ci vediamo!”, e le gettò le braccia al collo. Le due amiche si abbracciarono teneramente.

Ainslee allontanò Enid di un palmo per poterla osservare meglio. “Santo Cielo, questo bambino cresce a vista d'occhio! Quanto manca al termine?”

Poco più di tre mesi... ho una paura matta all'idea del parto!”

Te la caverai splendidamente” la rassicurò Ainslee. “Non conosco una ragazza forte come te.”

Speriamo sia come dici tu” sorrise Enid. “Vi fermate con noi?”

Non possiamo Enid, grazie” intervenne in fretta Ciaran. Era chiaro che avrebbe voluto essere ovunque piuttosto che lì. “Stiamo andando ad Eburacum.”

Enid cercò lo sguardo di Ainslee che annuì in conferma.

Perché non vieni da me, domani? Potremmo cucire qualche fascia per il bambino” disse abbracciandola di nuovo. “Se vuoi mando Ciaran a prenderti.”

Non ce n'è bisogno, mio padre deve recarsi da Gralon domani mattina presto. Mi farò dare un passaggio da lui.”

A domani, allora!” salutò mentre Ainslee stava salendo sul carro.

Ciao Ciaran, grazie del passaggio”, aggiunse Owainn salutandoli con la mano mentre il carro si allontanava.

I due fratelli salutarono a loro volta attraverso la nuvola di polvere che si sollevava al loro passaggio.


Eburacum era la grande città che Ainslee ricordava dalle sue precedenti visite. Nulla sembrava cambiato: un unico, grande assembramento di esseri umani in uno spazio che, pur essendo oggettivamente grande, lei trovava troppo piccolo per così tante persone. Le mancava il respiro e lo spazio aperti dei grandi campi del suo villaggio. Nel giorno di mercato poi, la piazza principale si riempiva all'inverosimile. Centinaia di bancarelle con tendoni colorati che vendevano la merce più disparata: cibo, stoffe, oggetti di artigianato, pasticci di carne e pagnotte appena sfornati che solleticavano il naso in un effluvio di aromi.

Fame?” le chiese Ciaran con un sorriso, notando la sua espressione.

Un po'” rispose lei, “Ma è ancora presto, c'è tempo per mangiare.”

Dopo aver aiutato il fratello a scaricare il carro, lo lasciò a contrattare con i mercanti che di solito acquistavano i loro prodotti, e se ne andò a fare un giro per il mercato, sentendo di sfuggita la raccomandazione di Ciaran a non allontanarsi troppo e di fare attenzione.

Dopo aver passeggiato qualche minuto, Ainslee si fermò davanti ad una bancarella che vendeva fiaschette di cuoio, nastri e pettini intagliati. Prese un pettine di legno chiaro su cui era intagliato un uccellino: era un oggetto davvero ben fatto, osservò, rigirandolo tra le dita. Era quasi sul punto di decidere di acquistarlo quando si sentì tirare per la manica.

Voltandosi si trovò faccia a faccia con una donna anziana, vestita di abiti colorati. Ainslee la riconobbe subito: era una veggente, una di quelle donne che si potevano trovare in qualsiasi fiera in Britannia. Avevano molto successo perché la gente credeva che potessero davvero prevedere il futuro, e il loro borsello non era mai privo di monete di rame.

Bella signora” gracchiò la vecchia. “Bella signora”, ripeté quando non ottenne risposta, “vuoi che ti predica il futuro? Solo una moneta per te.”

No, grazie...” declinò Ainslee con gentilezza, e fece per voltarsi di nuovo.

Ma quella insistette e stavolta le si attaccò alla tunica.

Ainslee sbuffò seccata. Sapeva che non si sarebbe liberata facilmente della donna, così prese una moneta dal borsello che aveva attaccato alla cintura e glielo mise in mano, rassegnata.

La donna la gratificò con un sorriso sdentato, poi le prese una mano tra le proprie e, con gesti lenti e misurati – e, pensò Ainslee, un po' teatrali – si mise a studiarla.

Dopo qualche attimo di silenzio, insolito perché le veggenti ci tenevano a sbrigarsi così da poter accumulare più clienti possibili in una giornata di lavoro, la donna lasciò inaspettatamente cadere la mano.

La guardò negli occhi in un modo che inquietò Ainslee. In quel momento, nonostante la confusione e le voci che riempivano l'aria tutto intorno a loro, le sembrò che ci fossero solo lei e la vecchia.

Tu non sei quella che sembri!” disse la donna in un sibilo.

C-come?” Ainslee era genuinamente confusa.

Non sei quella che dici di essere!” questa volta la donna aveva alzato la voce, e il proprietario del banco da cui Ainslee stava ammirando il pettine qualche attimo prima, si fermò a osservarle.

Calmatevi signora, io...” cominciò la ragazza, ma la veggente non le fece nemmeno terminare la frase.

Riprenditi i tuoi soldi, non li voglio!” esclamò mettendole in mano la moneta che aveva ricevuto poco prima. Poi si allontanò in fretta, sparendo tra la folla.

Ainslee avrebbe voluto chiederle spiegazioni, ma era ancora troppo confusa e spiazzata per pensare di correre dietro alla veggente. Non sapeva spiegare il nesso, ma alle parole della donna le era improvvisamente tornato in mente il sogno che aveva fatto quella notte, e che le si era ripresentato spesso negli ultimi mesi.

Tutto bene, ragazza?” la voce del mercante alle sue spalle la fece sussultare, strappandola ai suoi pensieri.

S-sì... almeno credo. Non capisco che volesse quella donna...”

Il mercante si abbandonò ad una risata. “Quella è mezza matta figliola!” esclamò portandosi il dito alla tempia. “Come tutte le veggenti, se volete il mio parere. Non posso credere che la gente creda davvero a queste sciocchezze!”

Sì, probabilmente avete ragione” mormorò Ainslee.

Ma certo che ho ragione! Non fatevi rovinare l'umore da quella vecchia strega.” Poi aggiuse, ritrovando il suo spirito affaristico: “Allora, lo volete quel pettine, sì o no?”


L'alba di un nuovo giorno sorse sulla fattoria di Eachann il fabbro, e trovò la sua figlia minore già sveglia e in preda alle riflessioni. Aveva sognato di nuovo quella donna bionda: troppo per essere una coincidenza. In più, questa volta si erano aggiunti altri particolari. La donna l'aveva chiamata con un nome strano che al momento non riusciva a ricordare, ma a cui nel sogno aveva risposto prontamente, come se lo conoscesse da sempre. E le era sembrato che ci fosse anche un uomo, ma era apparso per una frazione talmente breve del sogno che Ainslee riusciva a ricordare solo che aveva una cicatrice sul viso e un cerchio d'oro intorno alla fronte.

Dalla finestra aperta della sua stanza udì il rumore di un carro che si fermava nel cortile della fattoria e scese in fretta ad accogliere Enid. Le due amiche salirono insieme le scale che portavano alla stanza di Ainslee chiacchierando del più e del meno.

Ainslee mostrò ad Enid il pettine che aveva acquistato il giorno prima, e alla richiesta dell'amica le raccontò come era andata la visita ad Eburacum, che avevano venduto tutta la loro merce e che avevano tardato a tornare perché una ruota del loro carro si era rotta e si erano dovuti fermare in città per farla sostituire. Omise però l'episodio dell'anziana veggente, senza una ragione apparente. Quell'episodio era ancora troppo strano e confuso nella sua mente forse, per poterlo tradurre in parole che avessero un senso.

Quindi ti ha convinto a comprarlo?” sorrise Enid divertita, rigirandosi il pettine tra le mani.

Come potevo resistere a tanta affabilità?” sorrise a sua volta Ainslee.

E il figlio del governatore? Ha apprezzato la spada?”

Oh, moltissimo. Ne era entusiasta. Non faceva che ammirarne gli intarsi. Avresti dovuto vedere che razza di casa possiedono! Per non parlare del modo in cui era abbigliato. Quel ragazzo deve costare un patrimonio a suo padre. Ma è evidente che il sale che ha in zucca è molto inferiore al suo gusto nel vestire.”

Poveri noi!” rise Enid.

Poi le due ragazze cominciarono a cucire le fasce per il bambino di Enid, concentrandosi su quel lavoro di precisione ed evitando di parlare per qualche minuto.

Ma c'era un pensiero che tormentava Ainslee e, dopo una breve lotta interiore, giudicò che poteva parlarne a Enid senza problemi. Se non con lei, con chi altro avrebbe potuto mai parlarne?

Così le raccontò tutto del suo sogno ricorrente. Della donna bionda, del castello sconosciuto, della bambola Bron.

Enid ascoltò tutto attentamente, poi disse con cautela: “Non hai pensato che possa trattarsi di un semplice sogno? O di uno scherzo della tua mente?”

Ainslee doveva ammettere che ci aveva pensato, ma che piano piano aveva finito con lo scartare questa ipotesi.

E' come se conoscessi quella donna. Mi è familiare capisci? So che suona assurdo, ma la bambola, il suo nome, il fatto che ricordi ogni dettaglio di lei... è come se fosse un oggetto che mi era molto caro. Ma io non possiedo nessuna bambola come quella, ne sono certa. Ho anche frugato nella cassapanca dove mia madre ha riposto i miei oggetti e i miei abitini da bambina. A lei non l'ho detto, ho cercato quando non c'era. Ma non ho trovato nulla che assomigliasse a quella bambola. A dir la verità non conosco nessuno che possegga un oggetto simile a quello. E' una bambola vestita della migliore seta... chi potrebbe possedere qualcosa così?”

Enid scrollò le spalle. “Probabilmente è solo un sogno...”

Ma lo faccio continuamente da mesi e mesi” le fece notare Ainslee. “Pensi che possa trattarsi di qualcosa che riguardi i miei veri genitori?”

L'amica non poté replicare perché in quel momento si udì un trambusto sulle scale, rumore di passi concitati, grida... qualcuno stava correndo. Le due ragazze balzarono in piedi proprio mentre la porta della stanza si spalancava.

Apparve Ciaran, visibilmente sconvolto e agitato.

Ainslee! Enid! Presto venite con me, dobbiamo scappare!”

Ciaran! Ma cosa...?” cominciò Ainslee, ma le parole le morirono sulle labbra. Enid lanciò un grido spaventoso.

La bocca di Ciaran si contrasse in una smorfia da cui cominciò a gocciolare del sangue. Anche Ainslee urlò mentre Ciaran cadeva a faccia in avanti, il corpo scosso da orribili sussulti, rivelando l'elsa di un pugnale che gli fuoriusciva dalla schiena. Un uomo, che era rimasto all'ombra della porta, fece un passo avanti e si chinò su Ciaran, strappandogli il pugnale dalla schiena.

Guardò le ragazze con un ghigno malvagio. “Ora tocca a voi” disse.



Angolo Autrice: Ciao a tutte/i carissime/i! Non ho molto da dire su questo capitolo, c'è voluto un po' ma alla fine ho trovato una stesura che mi soddisfaceva abbastanza. Spero che piaccia anche voi, mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate! Grazie come al solito a tutti coloro che recensiscono/seguono/leggono ecc.

A presto,

Eilan



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Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***


Dragons





Enid era visibilmente terrorizzata e istintivamente si teneva la pancia con le mani, nel tentativo proteggere quella creaturina non ancora nata. Ainslee era rimasta senza fiato, come se tutta l'aria che aveva nei polmoni le fosse stata strappata via. Fissava scioccata il corpo del fratello steso sul pavimento. Avrebbe voluto correre ad abbracciarlo, voltarlo a faccia in su e guardarlo negli occhi. Non riusciva a credere che fosse morto, non poteva essere vero. Il suo adorato fratello, che solo fino a pochi attimi prima era giovane e pieno di vita.

Avrebbe voluto fare tante cose, ma la paura la spinse a indietreggiare, spingendo Enid dietro di lei. Non era riuscita a proteggere Ciaran, e si sentiva stranamente in colpa, come se davvero avrebbe potuto fare qualcosa per impedire che accadesse. Nella sua mente confusa, e che ancora si rifiutava di accettare del tutto ciò che era appena accaduto, Ainslee sapeva solo una cosa: che se esisteva la minima possibilità di salvare Enid e suo figlio, lo avrebbe fatto, a costo di sacrificare la sua vita.

L'uomo che avevano di fronte – l'assassino – era alto e robusto, con i corti capelli biondi che non addolcivano di un'unghia il volto crudele e segnato da molte cicatrici. Alla cintura portava un nutrito numero di armi, ma evidentemente giudicò superfluo cambiare l'arma con cui aveva ucciso Ciaran per quelle due sciocche ragazzine. Si limitò a pulirla dal sangue passandola sui pantaloni, sottolineando il gesto con un ghigno orrendo.

Poi, quasi in maniera perversamente pietosa, voltò il corpo di Ciaran con il piede.

So cosa stai pensando... cosa gira in quella tua bella testolina. Non ci credi che il tuo fratellino sia morto vero? Mi dispiace, ma io non sbaglio mai un colpo. Se può consolarti non ha sofferto. È il mio lavoro uccidere in fretta.” Sembrava compiaciuto da quella sua abilità, e lei si chiese che razza di mostro si nascondesse dentro quell'uomo.

Ainslee deglutì visibilmente, e quando alla fine trovò il coraggio di spostare lo sguardo sul fratello, incontrò gli occhi azzurri di Ciaran che la fissavano spalancati e senza vita.

Tuttavia in quel momento la sua mente registrò a malapena l'informazione. L'adrenalina che la teneva tesa e vigile, percorrendole il corpo come una scarica continua, non dava spazio alle emozioni. Se avesse ceduto alle emozioni sarebbe morta.

Eppure sembrava che lei e Enid fossero già come morte, condannate inesorabilmente alla stessa fine che aveva colto il povero Ciaran. E tutto questo senza conoscerne la ragione.

Le ragazze indietreggiarono ancora verso il letto di Ainslee, che era posizionato contro il muro. Quando toccarono la parete con la schiena ebbero un sussulto, ma Ainslee era ben decisa a tenere l'amica dietro di sé. Come cercando un'immaginaria via di fuga allargò istintivamente le braccia, e le sue dita sfiorarono il comò, tastando un oggetto a lei familiare. Era il fuso che usava per filare la lana, ed aveva una punta molto tagliente. Con una mossa svelta lo afferrò e lo nascose dietro la veste.

L’assassino si avvicinava lentamente, l'arma in pugno, pregustando la facile impresa che gli si presentava davanti.

Due ragazze indifese e inermi, strette all'angolo, l'unica via di fuga inaccessibile: non pensava che un lavoretto così ben pagato potesse rivelarsi talmente semplice.

Ainslee non sapeva se reagendo avrebbe trovato una via di fuga o avrebbe semplicemente prolungato la sua agonia, ma doveva tentare. Non si sarebbe lasciata uccidere – o peggio - con tanta facilità.

Quando l’uomo le fu abbastanza vicino scattò, piantandogli con forza il fuso nel punto più vulnerabile del viso che riuscì a trovare. Quando la punta gli lacerò la pelle, l’assassino si mise a urlare come un animale ferito, cadendo a terra e dibattendosi come una furia per il dolore. Il sangue caldo dell'uomo schizzò sulla veste chiara di Ainslee, mentre lei restava qualche secondo con il fuso in mano, prima di scagliarlo a terra. La ferita che gli aveva inferto gli attraversava metà del viso e si aggiungeva alle molteplici cicatrici che l’uomo già portava sul volto, segni inconfondibili della sua professione di mercenario assassino.

Ainslee approfittò di quell’attimo per fuggire trascinando con sé una Enid scioccata dalla vista del sangue, mentre le mani dell’uomo ferito cercavano di ghermirle alla cieca.

Senza quasi riprendere fiato corse giù per le scale, tenendo l'amica per mano, temendo che, se non l'avesse tenuta vicina, sarebbe potuta svenire da un momento all'altro. In fondo alle scale ebbe un tuffo al cuore, e si fermò come paralizzata. Ai piedi della scalinata giaceva sua madre in una pozza di sangue, con una profonda ferita al petto. Nonostante il pericolo che incombeva su di loro, Ainslee fece il gesto di chinarsi per carezzare i capelli macchiati di sangue di Gwenael. Enid dovette intuire dove fossero diretti i pensieri dell'amica, e questa volta fu lei a strattonarla per trascinarla via.

Tua madre non avrebbe voluto che ti facessi ammazzare!” le gridò. “Non possiamo fare niente per lei adesso, e se restiamo qui quell'assassino ci farà a pezzi!”

Il trambusto che si udiva dal piano di sopra indicava che l'uomo, ancora in preda al dolore e al furore, stava cominciando a reagire, e presto, anche se mezzo accecato dal sangue, le avrebbe inseguite.

Ainslee non rispose all'appello di Enid, ma sembrò averlo capito; sembrò che le parole dell'amica avessero penetrato il suo bozzolo di confusione e dolore. Incespicando nella fretta di correre fuori, le due ragazze si trovarono nel cortile esterno della fattoria.

Enid fece per correre via, ma teneva ancora nella propria mano quella di Ainslee, che improvvisamente le fece resistenza.

Andiamo!” gridò Enid esasperata, temendo che Ainslee stesse di nuovo agendo irrazionalmente, come era capitato pochi secondi prima.

Ma questa volta Ainslee era lucidissima.

No, ascoltami e non protestare” disse tenendo l'amica, che tremava leggermente, ferma per le spalle. “Quest'uomo cerca me, o qualcuno della mia famiglia. È venuto fin qui apposta. Se scappiamo insieme ci prenderà; il villaggio è troppo distante perché possiamo raggiungerlo e chiedere aiuto prima che lui raggiunga noi.”

Ainslee...”

Ma se tu ora scappi da sola, non ti darà fastidio” continuò imperterrita la ragazza. “E potrai correre a chiedere aiuto... avverti tuo fratello... Owainn mi aiuterà.”

E tu che farai? Qui, da sola con quell'assassino?”

Cercherò di resistere, o di nascondermi, finché Owainn e gli altri non arriveranno ad aiutarmi. Ora va'! Metti in salvo te e il tuo bambino! Ho già perso mia madre e mio fratello... se per colpa mia dovessi morire anche tu non potrei vivere con questo peso.”

Enid annuì, insicura. Cominciò a correre, incerta, voltandosi ogni momento.

Va', ho detto! Corri!”

Resisti” le gridò Enid di rimando, con gli occhi pieni di lacrime. “Nasconditi! Arriveremo presto, te lo prometto! Radunerò l'intero villaggio, se necessario.”

Finalmente si decise e cominciò a correre lungo la strada che portava al villaggio, senza più voltarsi indietro.

Ainslee non rimase ad osservarla scomparire alla vista, non ne aveva il tempo. Aveva gli occhi asciutti e il cuore pesante come un macigno, ma non aveva il tempo di fermarsi a piangere il massacro della sua famiglia, o avrebbe condiviso la loro stessa sorte.

Fece un respiro profondo e decise che la sua unica possibilità di salvezza era cercare suo padre, che a quell'ora sarebbe dovuto essere a lavorare nella sua officina. Forse l'assassino non l'aveva trovato, forse era ancora vivo, e in quel caso avrebbe potuto aiutarla.

Evitando di rientrare in casa, scelse di attraversare il cortile e poi l'orto, facendo il giro della fattoria. Con in mente ancora il viso di sua madre come lo aveva visto poco prima, Ainslee raggiunse la fucina di suo padre e si precipitò dentro, chiamandolo a gran voce.

Ma il suo tentativo apparve immediatamente infruttuoso: suo padre giaceva a terra, anch'egli trapassato dalla ferita di una spada. Il fuoco nella fornace ardeva ancora, e le fiamme lambivano il crogiolo pieno di metallo fuso che Eachann aveva preparato poco prima. Nella mano aperta e senza vita, il vecchio fabbro ancora stringeva le pinze di metallo che usava per non bruciarsi col fuoco.

Ainslee stava per cedere alla disperazione. Sentiva che le forze che l'avevano sorretta fino a quel momento, quelle stesse forze che le avevano permesso di squarciare la faccia ripugnante di quel bastardo assassino, che le avevano dato il coraggio di mettere in salvo Enid anche a scapito della sua vita, che l'avevano spinta a non cedere al dolore e a non gettarsi piangente sui corpi dei suoi genitori e di Ciaran, la stavano abbandonando. La velleità di salvarsi stava venendo meno. E per quale motivo poi avrebbe dovuto salvarsi? Cosa le restava per cui combattere? Poteva semplicemente lasciarsi cadere a terra e raggomitolarsi accanto al cadavere del padre, per essere protetta da lui nella morte, come aveva sempre fatto in vita. Poteva vivere di quest'illusione, aspettare che l'uomo l'avesse trovata e lasciare che finisse il lavoro per il quale era venuto. Aveva reagito per proteggere Enid e il suo bambino, ma ora... perché non avrebbe semplicemente potuto attendere la morte?

Ma poi qualcosa in lei si ribellò: era simile a un richiamo ancestrale, come se qualcosa nel suo sangue, scorrendo nel suo corpo, la chiamasse all'azione. Quel coraggio che in fondo era sempre stato presente in lei, la rese di nuovo lucida, vigile e pronta all'azione. Non poteva farsi massacrare senza reagire, non poteva lasciare che l'assassino della sua famiglia avesse l'ultima parola anche su di lei. Se proprio doveva morire, non lo avrebbe fatto raggomitolata su un pavimento.

Distogliendo finalmente lo sguardo dal corpo massacrato di Eachann, Ainslee si guardò intorno.

Alle pareti della fucina erano appese in bella mostra diverse spade e, senza pensarci troppo, scelse una delle più leggere, una che aveva visto creare da suo padre poco tempo prima, e che aveva ammirato fin dal momento in cui era uscita dalla fornace. Gli fece fare una breve rotazione per saggiarne il bilanciamento: era perfetta come quando Eachann gliel'aveva fatta provare, ammonendola di fare attenzione, perché quella era una spada vera e non di legno.

Inghiottendo a vuoto per scacciare il nodo che aveva in gola, Ainslee uscì fuori con circospezione, ma la sua prudenza si rivelò del tutto inutile. Tre uomini robusti le si pararono di fronte. Due di loro le erano sconosciuti, ma il viso del terzo era inconfondibile: l'avrebbe riconosciuto ovunque anche senza il marchio che gli aveva impresso nella carne con un fuso da lana.

Ah sei qui! Finalmente ti abbiamo trovata e ora la pagherai, puttana!”, ringhiò l’uomo che aveva cercato di ucciderla. La ferita ancora aperta che gli deturpava il viso lo rendeva ancora più ripugnante. Il sangue, che ora si era quasi del tutto fermato, gli macchiava metà del volto e il collo, facendolo assomigliare a un mostro venuto dagli inferi. Era evidente che Ainslee gli aveva fatto più danno di quanto avesse creduto al momento, quando aveva colpito con la forza della rabbia e della disperazione. La lacerazione gli apriva in modo frastagliato l'intero lato del viso, dallo zigomo al mento, e il suo occhio sinistro era chiuso. Ainslee ignorava se fosse perché lo aveva anche accecato o perché non riusciva ad aprirlo a causa del sangue raggrumato. Una cosa però la sapeva con certezza: quell'uomo gliel'avrebbe fatta pagare cara. Molto cara.

Sarà divertente ucciderti, ma ancor più lo sarà prenderti come quella sgualdrina che sei!”, continuò l’uomo in preda a un furore selvaggio. Sembrava aver perso completamente la gelida sicurezza che aveva ostentato poco prima.

Quello dei tre che sembrava il capo lo frenò. “Adesso basta, Ond. Non farti prendere dalla rabbia. Dobbiamo finire la ragazza in fretta”.

Poi si rivolse a lei. “Non serve a niente che impugni quella spada, ti uccideremo comunque, e tu lo sai. Se la posi subito farò in modo che Ond non ti tocchi neanche con un dito e ti accorderò una morte veloce. Ma se insisterai a sfidarci lascerò che Ond faccia quello che vuole di te, e lui non è particolarmente gentile con le fanciulle tenere e delicate come te. Glielo devo, dopo come lo hai ridotto”.

Ainslee rabbrividì, ma cercò di non dare a vedere quanto fosse spaventata. Le dita le tremavano mentre stringeva ancora più forte l’elsa della spada.

Come io l’ho ridotto?”, disse con la rabbia nella voce, “voi avete ucciso mio padre, mia madre e mio fratello… e se proprio devo morire, non morirò senza combattere!”

Senti, senti”, rise il capo del gruppo, “la ragazzina ha fegato. Peggio per te… Ond puoi prenderti la puttanella e quello che le farai non mi riguarda”.

Il grosso guerriero sfregiato sogghignò di soddisfazione, mentre già pregustava la facile preda che aveva davanti.

E' la fine, pensò Ainslee guardando Ond avanzare verso di lei. Cercò di visualizzare i corpi di Eachann, Gwenael e Ciaran perché le dessero la rabbia necessaria ad affrontare il suo temibile avversario.

Quando l’assassino la raggiunse e fece per afferrarla, Ainslee si chinò velocemente sgusciando sotto il suo grosso corpo, e calò la spada sul tendine della caviglia, recidendolo di netto.

Ond si accasciò a terra urlando e per poco Ainslee non finì travolta dal suo peso. Riuscì a spostarsi in tempo e, guardando negli occhi l’uomo sotto di lei con un odio di cui non si credeva capace, gli calò la spada sulla gola con tutta la rabbia che aveva in corpo. Il mercenario agonizzò per pochi secondi, mentre copioso il sangue gli sgorgava dal collo e gli riempiva la bocca, poi morì.

Gli altri due uomini, che erano rimasti tranquillamente a distanza, pronti a godersi lo spettacolo, rimasero come paralizzati quando si accorsero di ciò che in pochi attimi era invece accaduto.

Sui loro volti si leggeva lo stupore di vedere una ragazza che sembrava del tutto indifesa combattere come un soldato addestrato e avere la meglio su un mercenario grosso il doppio di lei.

Anche se aveva battuto Ond sfruttando l’effetto sorpresa, Ainslee non si illudeva di riuscire a sopravvivere quando gli altri due l’avessero attaccata contemporaneamente. Sapeva che l'avrebbero uccisa.

Non appena si furono ripresi dallo shock iniziale, i mercenari si lanciarono su di lei urlando. Ainslee seppe di non avere scampo. Avrebbe comunque resistito quanto avesse potuto e sarebbe morta combattendo.

Si stava preparando all’impatto delle lame avversarie sulla sua, quando udì un grido di guerra e, simile a uno spirito apparso dal nulla, un cavaliere sconosciuto si avventò contro i due assassini brandendo una grossa spada.

Quelli, colti di sorpresa e disorientati, reagirono con lentezza al nuovo attacco. Il cavaliere tenne impegnato il più grosso dei due, mentre Ainslee si avventò sul più piccolo. Sfruttando la sua abilità nel prevedere le mosse dell’avversario, la ragazza schivò un attacco diretto e rientrò subito, piantando la spada nello stomaco del mercenario e affondandola con tutte le sue forze. L’uomo si accasciò a terra con un’espressione di sorpresa negli occhi, proprio mentre il cavaliere finiva il suo avversario con una tecnica meno raffinata ma più potente di quella di Ainslee.

Per un momento la ragazza e il cavaliere stettero in silenzio, con il respiro corto e le spade ancora in pugno. Ainslee si guardava la veste e le mani imbrattate di sangue con espressione attonita, come se si rendesse pienamente conto solo in quel momento che la sua famiglia era stata massacrata e che lei aveva appena ucciso due uomini.

State bene?”, le chiese improvvisamente il cavaliere.

Ainslee annuì, ma era pallida come una morta, e subito dopo cominciò a scivolare a terra priva di sensi. Il cavaliere fece appena in tempo ad afferrarla prima che toccasse il suolo.



Nota dell'autrice: Ed eccoci qui, con un capitolo un tantino cruento, lo ammetto, e che infatti non è stato facile da scrivere. E ora chi sarà questo misterioso cavaliere giunto appena in tempo per salvare la situazione? Non voglio anticipare nulla, tranne che sarà un personaggio importante nella storia. Ringrazio tutti quanti come sempre, e vi anticipo che, causa ferie, non so se il prossimo aggiornamento arriverà proprio puntualissimo, nel caso scusatemi fin da ora.

Alla prossima,

Eilan


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Capitolo 6
*** Capitolo sei ***


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Fu il movimento ritmico del cavallo a strapparla al suo stato d'incoscienza. All'inizio non realizzò dove si trovasse o cosa fosse successo dal momento in cui tutto era divenuto nero e per poco non era crollata a terra come uno straccio bagnato, come se non avesse avuto più ossa nel corpo. Ma la brezza che le sfiorava il viso, il corpo dell'animale che la trasportava, la velocità a cui viaggiava ebbero sui suoi sensi l'effetto di una secchiata d'acqua gelata. Un paio di braccia forti la sorreggevano perché non cadesse da cavallo, e la sua testa era poggiata contro la spalla del cavaliere che sedeva dietro di lei, tenendola, e contemporaneamente guidando il bel sauro nocciola che li portava entrambi.

Il corpo di Ainslee reagì talmente d'istinto che fece un poderoso scatto in avanti, rischiando seriamente di farla cadere da cavallo.

Chi… chi siete voi?”, domandò concitatamente, cercando di voltarsi per guardare bene in faccia quell'uomo.

Vi ho salvato la vita poco fa” rispose lui. “Non mi riconoscete?”

Ainslee dovette ammettere che era proprio la stessa persona, lo riconosceva senza possibilità di fraintendimento. Peccato, perché avrebbe tanto voluto trovarsi davanti qualcuno con cui sfogare la propria rabbia, magari uno dei tre assassini che aveva ucciso i suoi genitori e Ciaran. Poi un'ondata di consapevolezza si abbatté su di lei quando il ricordo le tornò vivido alla mente. Aveva ucciso quei tre mercenari. Uno dopo l'altro. Per la prima volta nella sua giovane vita, aveva ucciso. Non sapeva se il pensiero fosse spaventoso o piuttosto liberatorio. In un certo senso aveva fatto giustizia. Aveva vendicato la sua famiglia... e allora perché non sentiva altro che rabbia? Una rabbia tale che soffocava persino il dolore pulsante che sentiva al centro del petto?

Potrete anche avermi salvato... e vi ringrazio” concesse non senza una certa affettazione. “Ma io non vi conosco, non so chi siete e non so cosa vogliate da me. Ma io voglio una cosa da voi: che fermiate questo cavallo e mi riportiate immediatamente indietro.”

Non posso” rispose l'uomo, senza aggiungere spiegazioni. Questo fece infuriare Ainslee ancora di più.

Come non potete? Fermatevi subito! Se necessario farò la strada a piedi senza esservi di peso. Devo tornare a casa mia, al villaggio...”

Non potete tornare, mia signora. È pericoloso per voi, chi vuole uccidervi è ancora là fuori.”

Perché mi chiamate così? Voi avete tutta l'aria di essere un cavaliere, mentre io sono solo la figlia di un fabbro.”

L'uomo non rispose, così Ainslee tornò all'attacco.

Devo tornare per vedere se la mia amica Enid sta bene, devo avvertire il conestabile del villaggio di quello che è successo! E devo seppellire la mia famiglia...”

Vi ripeto che non potete” continuò calmo l'uomo.

Ah, non posso eh? Bé, vi giuro che se non fermate subito questo dannato cavallo mi butterò di sotto io stessa!” gridò Ainslee, ormai completamente fuori di sé. Cominciò ad agitarsi cercando di sfuggire alla presa del cavaliere, tanto che lui, imprecando, fu costretto a rallentare al trotto per evitare che lei cadesse. A quel punto anche lui aveva perso un po' della sua impassibilità.

Ma si può sapere cosa diavolo vuoi fare?” le gridò di rimando, completamente dimentico delle formalità. In quel momento lei gli sembrava solo una ragazzina isterica e testarda. “Ti ammazzerai!”

Allora lasciami andare subito!” urlò di nuovo Ainslee.

Il cavaliere tirò le briglie per frenare il cavallo, portandolo al passo. Quando furono pressoché fermi Ainslee ne approfittò per scivolare giù dalla sella, cadendo rovinosamente nel tentativo. Tuttavia non si lasciò abbattere dal dolore al fondoschiena e dai lividi che sicuramente si era procurata. Si rimise in fretta in piedi e cominciò a correre via, lontano da quell'uomo.

Un tonfo alle sue spalle le confermò che anche l'uomo era sceso di sella in tutta fretta e che si era lanciato al suo inseguimento.

Dannazione! In poche falcate l'uomo l'aveva quasi raggiunta. Ma doveva aspettarselo: anche se lei non era affatto bassa, l'uomo la superava di parecchio. Non c'era da stupirsi che per coprire la stessa distanza che lei percorreva in tre passi, a lui bastasse un'unica falcata.

L'afferrò per le spalle, inducendola a voltarsi, e i due stettero a guardarsi per qualche momento, sulla difensiva come due animali selvatici, il respiro leggermente ansante.

Ascoltatemi” disse l'uomo con il rammarico nella voce. Provava compassione per Ainslee; per tutto ciò che le era accaduto, e per tutto ciò che avrebbe dovuto affrontare in futuro. Ma sentiva che se non fosse stato lui a rompere quel silenzio, lei non lo avrebbe fatto. Sarebbe rimasta in quello stato di allerta, aspettando il momento buono per scattare e attaccarlo. Non bisognava sottovalutare quella ragazza apparentemente fragile; lui ne era stato testimone.

So che avete tutte le ragioni per essere spaventata da me, ma vi giuro che non ho intenzione di farvi del male. Vi ho salvato la vita. Potete fidarvi di me.”

Ainslee appariva tutt'altro che convinta. “Ditemi chi siete.”

Il mio nome è Gareth... ma per ora non posso svelarvi altro. Saprete di più a tempo debito, ma non da me.”

Ma io voglio sapere...”

Vi prego, non chiedete. Non posso dirvi altro di me... o di voi.”

Ainslee non ebbe apparente reazione a quella dichiarazione sibillina. Cominciava però a calmarsi, e qualcosa negli occhi del cavaliere la spingeva a fidarsi di lui.

Con il respiro finalmente regolare, si allontanò di un passo, passandosi le mani sul viso.

D'accordo, diciamo che per il momento sono disposta a fidarmi di voi” disse fissandolo con sguardo tagliente. “Dopotutto mi avete salvato la vita, e vi prego di credere che ve ne sono davvero grata.”

Mi fa piacere...”

Questo però non toglie che io debba tornare immediatamente indietro. Perché volete impedirmelo?”

Per la vostra sicurezza.”

Tuttavia non volete rivelarmi perché sarei ancora in pericolo...” Ainslee stava cominciando davvero a sentirsi esasperata. Le sembrava tutto così assurdo e surreale che non era del tutto convinta di non trovarsi in un incubo frutto della sua mente, e che non si sarebbe svegliata da un momento all'altro.

Gareth si passò la mano tra i capelli con un sospiro. Quella ragazza era decisamente testarda. “Mi sembra di capire che non mi ascolterete a meno che io non vi dia un buon motivo, giusto?”

Ainslee annuì lentamente.

Bene, allora... posso dirvi questo. Quel posto non è sicuro per voi, perché quegli assassini non vi hanno trovato per caso. Qualcuno gli ha passato informazioni su di voi, qualcuno che sapeva dove trovarvi.”

State dicendo che qualcuno mi avrebbe tradito? Ma è assurdo! E poi cosa importava a quegli assassini di me o della mia famiglia? Perché diavolo qualcuno avrebbe dovuto essere interessato a noi?”

Ricordate? Niente domande.”

Ainslee sbuffò di rabbia. “Siete impossibile!”

Sarà anche vero, ma nessuno avrebbe potuto arrivare a voi se non fosse stato guidato” replicò Gareth.

E' impossibile! Escludo nel modo più assoluto che qualcuno al villaggio abbia potuto tradire me o la mia famiglia.”

Io vi dico la verità, anche se so che è molto amara.”

La ragazza rimase in silenzio qualche secondo. Non sapeva più cosa dire per scalfire la sicurezza del cavaliere.

Non mi permetterete nemmeno di andare a dare alla mia famiglia una degna sepoltura? Dopotutto quei mercenari sono morti ormai.”

Quelli non erano che l'inizio. A quest'ora sapranno che hanno fallito e ne arriveranno altri. Non possono essere lontani.”

Volete dire che... vogliono uccidere me?” bisbigliò Ainslee portandosi le mani al petto. Il suo volto era il ritratto dell'incredulità, ma lo scetticismo che aveva provato fino a quel momento aveva lasciato il posto a una paura nuova. Non era finita. Non era finita affatto.

Gareth le tese la mano. “Vi prego, fidatevi di me.”

Ainslee ancora esitava, ma il viso di Gareth era così dolce, rassicurante... quei suoi profondi occhi grigi le comunicavano sicurezza. Una cosa che ultimamente aveva scarseggiato nella sua vita.

D'accordo, allora” disse asciutta. “Dove andiamo?”

Lontano da qui.”


Quando furono abbastanza lontani dal villaggio Gareth fece fermare il cavallo in una radura riparata in mezzo al bosco. La povera bestia era ormai allo stremo delle forze, e il cavaliere la condusse per le briglie presso un piccolo corso d’acqua dove poté dissetarsi e brucare la tenera erbetta.

Anche Ainslee scese volentieri da cavallo. Si sentiva male alla vista della sua veste sporca di sangue e dei capelli impolverati.

Come leggendole nel pensiero, Gareth tirò fuori un involto dalle borse della sella e glielo porse.

Tenete. Se andate in quella parte riparata del ruscello potrete lavarvi e cambiarvi d’abito”, le disse mentre Ainslee spiegava una veste a lei molto familiare. Era una delle sue, quella di tela marrone con il collo e le maniche giallo ricamate con una fantasia geometrica; era un abito semplice ma di buon taglio. Forse il migliore che aveva posseduto.

Ho preso alcuno cose che pensavo vi sarebbero state utili, prima di lasciare la fattoria”, aggiunse il cavaliere a mo’ di spiegazione.

Ainslee non aprì bocca, mentre percorreva lo stretto sentiero sabbioso circondato su ogni lato da cespugli di rovo.

Il sentiero terminava sulla riva del ruscello, su una spiaggetta talmente piccola da essere sufficiente appena per due persone sedute l'una accanto all'altra. Dall'altro lato il corso d'acqua era riparato da un'alta parete rocciosa, sul cui ciglio crescevano rigogliosi i verdi alberi del bosco. Quel posto doveva essere conosciuto a pochi.

Al riparo da tutto Ainslee si tolse la veste sporca e immerse tentativamente i piedi nell’acqua. Trovò che era gelida, limpidissima e molto bassa, tranne che per una piccola pozza riparata, che si trovava ai piedi della parete di roccia. Sembrava che la corrente vivace che percorreva il basso fondo sassoso neppure sfiorasse quel piccolo angolo fatato. Ainslee vi si diresse, scossa dai brividi di freddo sempre più intensi. S'immerse fino al mento e rimase così, lasciando che il liquido trasparente lavasse via tutto l’orrore e il sangue che le marchiavano il corpo e la mente. Dopo un tempo infinito si decise a uscire e si avvolse nella veste pulita. Raccolse i lunghi capelli ancora umidi in una pesante treccia che avvolse sul capo, e tornò da Gareth.

Il giovane cavaliere aveva già allestito un piccolo campo: aveva acceso il fuoco e cacciato un coniglio, che già si stava rosolando su uno spiedo. Il sole era quasi del tutto tramontato dietro gli alberi.

Stavo quasi per preoccuparmi. Ce ne avete messo di tempo!”, commentò il giovane quando la vide arrivare. “Avete fame?”

A dir la verità non molta” rispose laconica Ainslee. “Preferirei dormire, se non vi dispiace.”

Certamente” rispose Gareth occhieggiandola perplesso. “Monterò io di guardia stanotte.” E pensò: Non mi ha nemmeno chiesto dove la stia portando. È strano.


La mezzanotte era passata da un pezzo quando Gareth, seduto di fronte al fuoco, sentì un tocco leggero sulla spalla. Con un sobbalzo si voltò, vigile, pronto ad affrontare qualsiasi minaccia gli si fosse parata davanti. Ma tolse la mano dall'elsa della spada, già pronta ad essere estratta dal fodero, quando si accorse che il suo nemico aveva capelli d'oro argentato, occhi di ghiaccio, e un sorriso che non lo rassicurava affatto.

Siete voi...” constatò con un'alzata di spalle. “Credevo steste dormendo.”

Ainslee assunse un'aria contrita. “Ho dormito abbastanza, non ho più sonno. Perciò pensavo che avrei potuto fare il secondo turno di guardia, per permettervi di riposare un po'.”

Non mi sembra una buona idea.”

Vi ho già dimostrato di sapermi difendere, credo. Come potrete affrontare il viaggio di domani senza nemmeno un'ora di sonno alle spalle? Ci avete pensato?”

Gareth aprì bocca per dire qualcosa, poi la richiuse. Ainslee ne approfittò per rincarare la dose.

Vi sveglierò al minimo rumore, promesso.”

D'accordo” acconsentì infine Gareth. “Ma fate molta attenzione e non allontanatevi dal fuoco. Sarò proprio qui, accanto a voi.”


Ainslee non dovette attendere molto. Gareth aveva il sonno facile, ma – lei sospettava – anche leggero. Doveva essere più silenziosa di una piuma trasportata dal vento.

In punta di piedi raggiunse il sauro, che brucava erba poco più in là. Quando la vide avvicinarsi con la coda dell'occhio, l'animale cominciò a innervosirsi, sbuffando dal naso e agitando la coda. Ainslee allungò la mano e gli mise sotto il naso una mela che aveva rubato poco prima dalle sacche da viaggio di Gareth. Il cavallo cominciò a masticare soddisfatto, facendosi carezzare sul muso dalla ragazza. Una volta che ebbe conquistato la sua fiducia, Ainslee sciolse la briglia dal nodo che la legava al tronco dell'albero. Gettò un ultimo sguardo a Gareth, ancora immerso nel sonno. Per qualche strana ragione ad Ainslee si strinse il cuore a doverlo ingannare a quel modo. Ma semplicemente non aveva scelta. Con il cuore in tumulto condusse il cavallo fuori della radura e dentro il bosco, dove montò in sella senza paura di svegliare Gareth: non poteva sentirla a quella distanza, anche se avesse avuto il sonno davvero leggero. Poi spronò il cavallo in direzione di casa sua e del villaggio.



Nota dell'Autrice: Ed eccomi tornata con il nuovo capitolo... scusate se vi ho fatto aspettare, voglio sempre cercare di essere regolare negli aggiornamenti, ma quando si mettono in mezzo le vacanze è difficile ^-^ Che dire... spero che questo capitolo vi piaccia, si inizia a delineare la figura di Gareth, ma per ora è tutto ancora misterioso. Ma non temete, più avanti le cose si faranno più chiare. La rivelazione per Ainslee/Arianrhod non è lontana. Ringrazio tutti coloro che seguono/recensiscono/ leggono... siete fantastici! Volevo darvi un'idea di come ho immaginato Gareth, ispirandomi a un attore che mi piace molto: Michael Vartan (che magari qualcuno ricorderà in Alias). Lo trovo assolutamente adatto al mio personaggio, anche perché ha interpretato Lancillotto in un film basato su un romanzo di MZ Bradley, quindi in epoca e contesto attinenti alla storia dato che più avanti ci sarà proprio un crossover con alcuni personaggi delle leggende arturiane.

Ciao a tutti e alla prossima

Eilan


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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***


Dragons





Ainslee non arrivò in vista del suo villaggio se non più di un'ora dopo. Non aveva messo in conto che, col buio fitto del bosco, avrebbe avuto difficoltà a trovare la strada, e questo l'aveva anche costretta a procedere al passo. Il cavallo aveva scalpitato un paio di volte per protesta contro l'andatura a cui era costretto, ma Ainslee era riuscita a calmarlo con qualche pacca sul collo e un tono di voce basso e rassicurante.

Anche se la stagione estiva era avanzata, l'umidità tra gli alberi le aveva fatto rimpiangere di non aver preso con sé anche un mantello o uno scialle. Ma non aveva osato frugare tra le bisacce posate accanto a Gareth per timore di svegliarlo.

Tuttavia non era stato solo il freddo della notte a farla rabbrividire: durante tutto il tragitto aveva avuto più volte la sensazione di essere seguita. Un fruscio fra gli alberi, qualche ramo secco spezzato da un passo cauto, e un persistente formicolio dietro la nuca l'avevano indotta a voltarsi spesso, il cuore che le batteva come una mandria di tori impazziti. Aveva cercato di scrutare tra le sagome scure dei cespugli e degli alberi, ma non era mai riuscita ad individuare niente di preciso. Se c'era davvero qualcuno che la seguiva era abile a non farsi sorprendere e a mimetizzarsi con l'oscurità. O forse era lei che aveva sopravvalutato la propria abilità, che si era illusa di sapersela cavare da sola soltanto perché aveva ucciso due uomini in preda alla rabbia.

Forse quando sono lucida non ragiono bene come quando sono infuriata, aveva pensato con una punta di amarezza. E aveva cominciato a chiedersi se non avesse commesso un madornale errore a voler fare di testa propria invece di dare ascolto a Gareth. Dopo la terza volta in cui si era guardata intorno in preda all'agitazione, convinta che qualcuno o qualcosa la seguisse, aveva cominciato a maledire la sua presunzione. Cosa diavolo aveva pensato di fare imbarcandosi in quell'impresa? Si era sentita un pochino più sollevata solo quando aveva scorto le prime case del villaggio. Forse, dopotutto sarebbe andata bene. Forse poteva davvero sperare che non le sarebbe successo niente. Era ancora convinta che Gareth avesse esagerato nell'esprimere le sue preoccupazioni. Nessuno desiderava più farle del male dopo che quei tre assassini erano morti. E perché mai poi? Lei era solo una ragazza di campagna senza nessuna importanza. Probabilmente quei tre erano stati solo dei briganti in cerca di un facile bottino. In cuor suo Ainslee sapeva che non era così, ma mise a tacere la voce del buonsenso che glielo suggeriva e si crogiolò in questa rinnovata sicurezza. E il tradimento? Semplicemente ridicolo! Non avrebbe speso un secondo di più a considerare quell'assurda teoria.

Dal punto in cui si trovava, al limitare del bosco che si schiudeva mostrandole la sua ambita meta, Ainslee poteva individuare con poca fatica il profilo familiare di quel villaggio che aveva sempre chiamato casa. Aveva titubato prima di decidere se dirigersi prima lì, oppure occuparsi della sepoltura della sua famiglia. Ma poi, reprimendo un nodo di pianto, aveva concluso che per loro non avrebbe fatto differenza aspettare un'ora in più. Mentre Enid poteva aver bisogno del suo aiuto, così come gli abitanti del villaggio, nell'ipotesi che Gareth avesse avuto ragione e ci fossero altri assassini in giro. Ciaran avrebbe voluto che lei si assicurasse che Enid stesse bene.

Mi dispiace fratello. Mi dispiace non essere stata in grado di difenderti come ho difeso Enid. Ma posso fare almeno questo per te. E spero che quando ci rincontreremo, nella prossima vita, potrai perdonarmi.

Inspirò profondamente chiamando a raccolta la sua determinazione, poi fece per dare di sprone al cavallo per guidarlo verso il villaggio.

Ma quando si aspettava di prendere lo slancio necessario ad avanzare al trotto qualcosa la trattenne bruscamente, gettandola giù da cavallo. Le braccia di un uomo la tenevano stretta in una morsa d'acciaio. Ainslee prese a dibattersi furiosamente nel tentativo di liberarsi. Riempì d'aria i polmoni preparandosi a lanciare un poderoso urlo, ma lo sconosciuto le mise una mano sulla bocca per impedirle di gridare. Non senza difficoltà la trascinò all'indietro verso un gruppo di folti cespugli. Il cavallo nel frattempo, spronato da Ainslee un attimo prima di essere trascinata a terra, aveva proseguito la sua corsa senza il suo cavaliere, sparendo alla vista.

Sembrava che l'uomo che la teneva volesse nascondere lei e se stesso, ma non accennava a lasciarla nemmeno ora che si trovavano al riparo dei cespugli, acquattati al suolo. Forse temeva che avrebbe gridato.

Ainslee usò l'unica arma a sua disposizione in quel momento: morse con forza la mano dell'uomo e quello si lasciò andare ad un'imprecazione. Poi le accostò la bocca all'orecchio e le bisbigliò: “Ho capito il messaggio, vuoi che ti lasci. Non c'era bisogno di essere così diretta.”

Ainslee spalancò gli occhi dalla sorpresa. Gareth.

Ora tolgo la mano, ma tu non urlare. Non fare il minimo rumore. E soprattutto non mordermi di nuovo. Ho già sperimentato che hai denti aguzzi come quelli di un lupo.”

Quindi le tolse con cautela la mano dalla bocca, e con altra lentezza la lasciò andare, come se temesse che lei si comportasse di nuovo in maniera imprevedibile.

Ainslee provava una sensazione a metà tra la rabbia e la paura. Non era sicura di quale prevalesse. Il suo petto si alzava e abbassava affannosamente in quel turbinio di emozioni.

Cosa...?” cominciò in un sussurro.

Ma Gareth si portò l'indice alle labbra, con sguardo implorante. Ainslee annuì, facendo segno di aver capito. Rimasero nascosti dietro quel cespuglio per qualche minuto, rattrappiti e scomodi come non mai.

Quando già Ainslee si chiedeva se sarebbe successo qualcosa, udirono distintamente dei passi avvicinarsi nella loro direzione. Erano passi cauti, non certo di persone in corsa. Ma non facevano molto per non essere notati. Gareth le fece di nuovo segno di non fare rumore, poi le indicò con il dito un piccolo pertugio nel cespuglio da cui poteva osservare i nuovi arrivati. Ainslee ubbidì e nell'oscurità riuscì a individuare le sagome di due uomini. I loro volti erano celati da spessi cappucci, e tutto il loro abbigliamento denotava la necessità di non dare nell'occhio. Alla cintura portavano un arsenale di armi. Ainslee si tirò bruscamente indietro, improvvisamente terrorizzata, premendosi le mani sulla bocca. Rimase così per un tempo che le parve infinito. I due assassini parlottarono qualche secondo tra di loro, in una lingua sconosciuta. Era chiaro che cercassero qualcuno, e quel punto Ainslee non poteva più negare che cercassero lei. Gareth le aveva salvato la vita di nuovo, quella vita che lei aveva messo di nuovo in pericolo per colpa della sua presunzione.

Uno dei due uomini indicò all'altro le impronte di zoccoli impresse sul terreno, quello annuì e disse qualcosa in tono secco. Poi cominciarono a seguire la direzione presa dal cavallo di Gareth e sparirono nella notte.

Gareth le fece segno di rimanere ancora nascosta e in silenzio. Ainslee sentiva ogni muscolo del corpo dolorante nello sforzo di non fare il minimo movimento. Ed anche a causa della tensione.

Finalmente, dopo che Ainslee gli ebbe lanciato uno sguardo di supplica, Gareth le fece segno che erano fuori pericolo e che poteva di nuovo muoversi e parlare.

L'espressione del giovane cavaliere era dura, ed Ainslee ne conosceva il motivo.

Perdonami...” gli disse in tono mortificato.

Come scuse non sono un granché”, commentò lui “ma le prenderò per buone. Quando smetterai di considerarmi un nemico?”

Ainslee fece un debole sorriso. “Ora.”

Quando lui non poté trattenere un sorriso in risposta, lei capì che l'aveva perdonata. Anche se non era sicura di meritarselo.

Quelli erano altri due mercenari, non è vero?”

Gareth annuì, mettendosi in piedi e tendendole la mano per aiutarla ad alzarsi.

Perché non li hai affrontati? Insieme abbiamo già ucciso due di loro, e senza troppe difficoltà.”

Aveva sempre creduto che un cavaliere dovesse essere eroico in ogni situazione, senza mai tirarsi indietro di fronte a uno scontro.

Prima non ho avuto scelta, ho dovuto affrontare il nemico faccia a faccia per salvarti. E tu hai fatto altrettanto. Ma non c'era motivo di mettere in pericolo le nostre vite ora, soprattutto la tua. Un bravo cavaliere sa quando è il momento di agire, e quando evitare rischi inutili.”

E' la differenza tra coraggio e stupidità, pensò Ainslee con amarezza. Lei oggi si era comportata stupidamente. Ed ecco che aveva ricevuto la sua prima lezione. Si rese conto che Gareth aveva molto da insegnarle.

Sapevi che avevo intenzione di fuggire, non è vero?”

L'ho capito dal momento in cui hai accettato di seguirmi. Ho evitato di dormire e ti ho seguita nella foresta.”

Dunque eri tu quello che mi seguiva?” Ainslee provava qualcosa di simile all'ammirazione in quel momento. Credeva di averlo ingannato, e lui invece aveva ingannato lei.

Ero io. Mi dispiace averti spaventato, ma ho preferito che tu ti rendessi conto del reale pericolo che corri. Non mi avresti mai creduto se non l'avessi visto con i tuoi occhi.”

Cosa facciamo adesso?” chiese Ainslee quando furono usciti dal cespuglio. Mentre parlava si tolse i fili d'erba e le foglie che le erano rimasti impigliati negli abiti e nei capelli.

Andiamo via di qua.”

Ascoltami... Gareth” disse Ainslee in tono calmo, rendendosi conto che era la prima volta che pronunciava il suo nome ad alta voce. “Ho deciso di fidarmi di te, e questa volta sul serio. Ti seguirò senza fare domande, mi affiderò completamente a te. Non ti darò più problemi, te lo giuro.”

Mi sembra di sentire un 'ma'...”

A due condizioni...”

Gareth alzò mentalmente gli occhi al cielo. Fu tentato di caricarsi la ragazza in spalla, recuperare il cavallo e scappare di lì a costo di legarla alla sella. Ma sapeva che lei non aveva tutti torti, come lui non aveva tutta la ragione. Le aveva chiesto molto quando aveva preteso che si fidasse ciecamente di lui, senza fornirle la benché minima spiegazione. E in un solo giorno lei aveva perduto tutto, tutto ciò che aveva di più caro al mondo.

Dimmi pure. Quali condizioni?”

Che tu mi permetta di andare a vedere come sta Enid. Non posso andare via senza assicurarmi che stia bene.”

Tutto quello che posso concederti è di restare nascosta e al sicuro, mentre io vado a controllare come sta la tua amica. È troppo pericoloso per te farti vedere al villaggio. D'accordo?”

Se non posso convincerti a mandare me... va bene.”

E la seconda condizione?”

Devi dirmi tutta la verità.”


Non avrei dovuto accettare la seconda condizione. Gareth si maledisse tra sé e sé per averle permesso di strappargli quella promessa. Avrebbe dovuto dire di no. Ma in quel caso gli sarebbe costato molta più fatica convincerla a seguirlo. E poi riteneva che lei meritasse di sapere la verità. E al diavolo i suoi superiori.

Dopo aver lasciato Ainslee in un luogo sicuro ed aver cancellato qualsiasi traccia che avesse potuto portare a lei, Gareth si era diretto al villaggio. Aveva recuperato il suo cavallo, ma lo aveva lasciato legato ad un albero poco distante. Era più prudente avvicinarsi a piedi, silenziosamente, ed evitare di essere notati. Il villaggio non era niente di più che un assembramento di case di pietra con lo spiovente tetto di paglia, che si diramavano dalla piazza centrale, principale ritrovo degli abitanti. Quando raggiunse le prime case, Gareth si appiattì contro il muro e strisciò lungo i vicoli tra un edificio e l'altro, col favore delle tenebre. Sembrava che le case fossero deserte, ma forse era solo un impressione dovuta al fatto che di sicuro a quell'ora gli abitanti del villaggio erano tutti immersi in un sonno profondo. Ainslee gli aveva tracciato una rudimentale mappa sul terreno per aiutarlo a trovare la casa della famiglia di Enid, che doveva trovarsi proprio sulla strada di passaggio.

Il cavaliere proseguì tra un vicolo e l'altro, incontrando solo qualche gatto affamato in cerca di topi e qualche botte vuota che i villici avevano ammassato fuori delle loro case.

Man mano che proseguiva però, gli divenne chiaro perché il paese era deserto. Non per l'ora tarda, come aveva creduto inizialmente. Una nutrita folla riempiva la piazza principale: uomini, donne e perfino bambini. Alcuni tenevano in mano delle torce che proiettavano tremolanti sfumature di arancio tutto intorno. Al centro della folla stava un uomo, un giovane poco più che ventenne, vestito in abiti eleganti. Sicuramente non un villico. Era chiaramente una figura di potere, ed era il centro dell'attenzione di tutti i presenti. Lo sguardo di Gareth fu catturato dalla spada che il giovane aveva al fianco: raramente gli era capitato di ammirare un'arma di tale squisita fattura. Non poteva che essere stata creata dal fabbro più abile della provincia: il padre adottivo di Ainslee, Eachann. Allora forse lei sapeva chi fosse quell'uomo.

Gareth continuò la sua osservazione restando nell'ombra, al riparo del muro di una casa. Accanto al giovane stava un altro uomo che recava delle insegne di comando, forse uno sceriffo locale, e alla sua destra c'era una giovane donna visibilmente incinta.

Quella deve essere Enid, pensò Gareth sollevato. Trovarla era stato meno difficile del previsto. Il suo aspetto, casomai permanessero dubbi sulla sua identità, era identico alla descrizione che gli aveva fornito Ainslee.

Enid appariva distrutta: aveva gli occhi arrossati dal pianto, anche se in quel momento erano asciutti. Le sue spalle sussultavano in silenziosi singhiozzi... o forse si trattava di brividi. Il giovane che la teneva protettivamente con un braccio doveva essere suo marito. E accanto a lui stava un altro uomo, alto e grosso, con il capo sormontato da riccioli castani. Che fosse il fratello di Enid? Entrambi gli uomini alternavano dolore e furia sui loro volti. Le altre persone che stavano loro accanto dovevano essere il resto della famiglia.

La stessa rabbia e lo stesso sgomento accendevano i volti di tutti gli abitanti del villaggio.

A quanto sembrava il giovane, affiancato da due guardie, stava cercando di rabbonire la folla.

Sono stati massacrati come bestie!” gridò un uomo.

Eachann era uno di noi” si levò un'altra voce. “Uno dei migliori!”

Non meritava di finire così” gridò un terzo.

Calma, calma” intervenne il giovane. “Ho a cuore questa faccenda quanto voi. Conoscevo Eachann personalmente, ha eseguito diversi lavori per mio padre e la mia famiglia. Mio padre mi ha mandato qui non appena saputo dell'accaduto, ed è sconvolto quanto voi, ve lo assicuro. Questi assassini... queste bestie che hanno osato perpetrare un simile vile atto nei confronti di uno di noi... del migliore di noi... non la passeranno liscia!”

Un boato di approvazione si levò dalla folla.

Il ragazzo se la cava con le parole, notò Gareth. Chissà se è altrettanto bravo con i fatti.

E la ragazza? Dov'è sua figlia? Cosa farete per trovarla?”

Una buona domanda. Ma Gareth non aveva più motivo di restare ad ascoltare la risposta. I suoi sensi addestrati percepivano una minaccia aleggiare nell'aria. Colui o colei che aveva tradito Ainslee si trovava lì in mezzo, e alla notizia che lei era sfuggita al tentativo di ucciderla si sarebbe messo di nuovo in movimento. Avrebbe fornito notizie fresche al suo mandante con la velocità di un fulmine. E c'erano ancora altri due mercenari che la stavano cercando. Ormai aveva appurato che Enid era sana e salva, anche se comprensibilmente distrutta per la sua amica, e non aveva più niente da fare lì. Scivolò via silenziosamente come era arrivato.






Angolo Autrice: Il pericolo per la nostra Ainslee/Arianrhod non è ancora scongiurato, ma per fortuna c'è Gareth (quest'uomo ha la pazienza di un santo!). Nel prossimo capitolo avrà inizio il viaggio dei due... per dove? Lo scoprirete! Fatemi sapere cosa pensate del capitolo, mi raccomando ;)

Per chi fosse interessato al genere fantasy voglio segnalare che ho iniziato una nuova storia originale, che però avrà un aggiornamento più lento de Il Regno dei Draghi, che resterà la mia storia principale. Se vi va di passare ecco il link:


Breaking the Mist


Un abbraccio a tutti,

Eilan

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Capitolo 8
*** Capitolo otto ***


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Le poche ore di sonno di quella notte portarono ad Ainslee l'ennesimo sogno sulla donna bionda che credeva di conoscere. E per la seconda volta vide l'uomo dalla barba folta che le era apparso la notte prima del viaggio a Eburacum. Ma stavolta ai loro volti amorevoli si sovrappose quello insanguinato di sua madre Gwenael. Senza conoscerne la ragione, Ainslee si svegliò alle prime luci dell'alba con un forte senso di colpa. Un malessere diffuso la pervadeva, provocandole la nausea. Improvvisamente scoppiò a piangere in singhiozzi disperati che la squassarono da capo a piedi. Fu a malapena consapevole che Gareth le si era avvicinato e la stava stringendo a sé. Era come se assorbisse il suo dolore e l'alleviasse di parte del suo gravoso fardello. Il giovane cavaliere rimase in silenzio, non disse una parola: aspettò soltanto che il suo pianto si quietasse da solo; che da fuoco ardente divenisse una fiamma non certo estinta, ma dormiente sotto un cumulo di brace. Perché era ovvio che quel dolore non si sarebbe esaurito con un semplice pianto, non sarebbe stato possibile. Non un dolore di quella portata. Ma sfogarlo avrebbe comunque aiutato.

Ainslee rimase piegata su se stessa, accartocciata come una foglia autunnale, finché non ebbe esaurito completamente le lacrime. Quando i suoi singhiozzi cominciarono ad acquietarsi, la ragazza si rese conto che erano le prime lacrime che versava per la sua famiglia. Il giorno precedente non le aveva concesso nemmeno il tempo di un respiro, tanto era stato frenetico e denso di avvenimenti. Ma adesso che aveva avuto il tempo di fermarsi a riflettere, la consapevolezza che i suoi genitori e suo fratello erano davvero morti si era abbattuta su di lei talmente violenta da farla vacillare sotto il suo peso.

Un pensiero che non aveva previsto le attraversò la mente. Li vendicherò. Chiunque sia stato a fare questo, non la passerà liscia. Non so come, non so quando... non so chi... ma giuro su tutti gli dei che porterò a compimento la mia vendetta. Darò pace ai loro spiriti tormentati.

Stranamente fu un pensiero che ebbe il potere di calmarla e di darle un po' di nuova forza. Era riuscita a pensare a cosa avrebbe fatto dopo, al prossimo passo da compiere, evitando di continuare a girare dolorosamente intorno alle immagini di morte che le affollavano la mente. Il passato era passato, ed anche se sempre presente in lei, era stato momentaneamente messo da parte. Domani poteva essere un giorno diverso, poteva essere il giorno in cui la sua vendetta si sarebbe compiuta e lei avrebbe ucciso chiunque avesse ordinato la morte della sua famiglia.

Stai meglio?” la voce di Gareth le giunse come da un luogo remoto.

Sì, ti ringrazio” mormorò lei asciugandosi gli occhi gonfi e arrossati. “Scusami se mi sono lasciata andare in questo modo.”

Gareth si allontanò di un passo, ma le posò una mano sul braccio, come se avesse improvvisamente timore di toccarla.

Ne hai tutto il diritto. Quello che è successo alla tua famiglia è stato terribile. Erano brave persone, e non meritavano di finire così.”

E forse noi avremmo potuto fare qualcosa per evitarlo, pensò amaramente.

E’ stato terribile anche quello che sei stata costretta a fare. Immagino che sia la prima volta che uccidi un uomo…”

Ainslee annuì mestamente. “Già. L’uso della spada mi sembrava molto più romantico quando mio padre me lo ha insegnato. Tuttavia non ho rimorso per avere ucciso quegli assassini.”

Non devi averne. Ti avrebbero massacrato senza pietà… e anche peggio.”

Ainslee gli sorrise, grata per la comprensione. Per la prima volta, osservando il suo salvatore, si accorse che doveva essere molto giovane, forse di qualche anno più grande di lei.

Il volto appariva affilato ma proporzionato, e la bocca sottile, quando si incurvava in un sorriso come in quel momento, diveniva accattivante e irresistibile. Portava un accenno di barba, dello stesso colore castano dei corti capelli ribelli. Era di corporatura asciutta, con spalle larghe e, come Ainslee aveva già avuto modo di notare, era anche alto. Gli indomiti occhi grigi, contornati da ciglia chiare, rivelavano il carattere orgoglioso e fiero del giovane. Il suo sguardo così diretto e profondo, pensò Ainslee, aveva senza dubbio fatto battere il cuore di più di una ragazza.

Stupita dalla direzione che avevano preso i suoi pensieri, Ainslee distolse lo sguardo bruscamente, sperando che lui non notasse il rossore soffuso sulle sue guance.

Ma Gareth sembrò non notarlo, già intento a sellare il cavallo e a prepararsi per la partenza.

Facciamo bene ad allontanarci ancora un po'. Siamo ancora troppo vicini al villaggio per i miei gusti”, annunciò aiutandola a salire a cavallo dietro di lui.

Dove andiamo?”

Verso sud” rispose lui partendo al galoppo. “Sarà un lungo viaggio, perciò è meglio che tu sia preparata.”

Ainslee stava per porre un'altra domanda, ma si trattenne. Avrebbe aspettato un momento più propizio per chiedere tutto ciò che voleva sapere.

Cavalcarono per tutto il resto del giorno, nel silenzio quasi totale. Tuttavia ad Ainslee non dispiacque: poteva osservare con tranquillità i nuovi luoghi che incontravano. Raramente si era allontanata da casa sua, e non aveva mai lasciato il grande nord della Britannia. Il sud... le suonava così esotico da sembrare più un luogo narrato in qualche leggenda che un posto reale. Si chiese se fosse diverso dal suo nord, se città come Londinium* o Glevum**, di cui aveva sentito tanto parlare, fossero tante differenti dalla familiare Eburacum. Chissà se era proprio in una di queste città che erano diretti?

Si fermarono solo a metà giornata per raccogliere qualche frutto che avrebbero mangiato strada facendo. Gareth scherzò sul fatto che aveva una fame da lupi, ma Ainslee non aveva mai avuto un grande appetito e si limitò a piluccare qualche mora raccolta dai cespugli.

Attraversarono infinite distese di erba, valli meravigliose, interrotte solo saltuariamente da sparute macchie boschive e piccoli villaggi. Per ora niente di diverso a ciò a cui Ainslee era abituata. La Britannia sembrava ancora uguale a come l'aveva sempre conosciuta.

Presto il sole tramontò, e il buio oscurò implacabile ogni cosa.

Gareth giudicò che non fosse il caso di proseguire oltre e cercò un posto dove fermarsi. Purtroppo non trovarono boschi nelle vicinanze e dovettero accamparsi presso una casa in rovina, di cui sopravvivevano solo tre muri crollati per più di metà della loro altezza.

Erano troppo esposti alla vista per accendere un fuoco, così dovettero accontentarsi di mangiare della frutta e un po' di carne secca che Gareth teneva nelle bisacce. Nonostante la mancanza di un fuoco la notte era ben illuminata da una bella luna piena, che proiettava una luce lattiginosa sulla casa in rovina, e su di loro.

Ainslee sedette a gambe incrociate di fronte a Gareth, ma un poco distante, mentre lui appoggiò la schiena al muro di pietra. Lei lo osservò mangiare per qualche minuto, senza distogliere mai lo sguardo indagatore. Gareth cominciò a sentirsi a disagio, ma sapeva ciò che lei si aspettava da lui, e sapeva di dover onorare la sua promessa. La notte era giovane e aveva ancora molto tempo davanti a sé per raccontarle tutto.

Fece un respiro profondo e raddrizzò la schiena, guardandola a sua volta negli occhi. Un brivido lo percorse, perché lei era bellissima, ma nella luce della luna i suoi capelli sembravano quasi bianchi, il suo viso di un pallore mortale, e quegli occhi di ghiaccio lo guardavano come se potessero leggergli nell'anima. Gareth ebbe quasi la tentazione di allungare la mano per assicurarsi di avere davanti una donna in carne e ossa e non uno spettro.

Mi hai chiesto di raccontarti tutta la verità, ed ho intenzione di mantenere la mia promessa.”

Ainslee fece un cenno di assenso, ma non replicò.

Gareth afferrò con le dita la tunica bianca che indossava sopra la cotta di maglia. “Sai cosa significa questo simbolo?”

Ainslee lo scrutò attentamente, gli occhi ridotti a due fessure. Lo aveva notato prima, ma senza porvi particolare attenzione. Raffigurava un drago alato, in volo e nell'atto di sputare fuoco. Il suo capo era sormontato da una corona d'oro che sembrava retta da una mano invisibile. Sullo sfondo uno stemma a forma di scudo, che contava diverse stelle dorate.

Non lo conosco” disse infine.

Questo è il simbolo della stirpe reale di Svezia, gli Yngling. È a causa di questo simbolo che sono soprannominati la Stirpe del Drago.”

Non so niente dei sovrani di Svezia. Governano da molto?”

Da più di trecento anni. Si dice che il primo re della stirpe sia stato addirittura Odino in persona. O almeno gli Yngling amano far risalire le loro origini al re degli dei.”

E chi era in realtà questo Odino?” chiese Ainslee in tono malizioso.

Gareth sorrise. “E' più probabile che si vera l'altra versione esistente: che fosse un nobile originario di qualche parte dell'Asia, giunto in Svezia dopo lunghi viaggi. In ogni caso, da allora gli Yngling governano sul paese, con governi più o meno stabili, ma quasi tutti con mano sicura e saggezza. L'ultimo re legittimo è stato Jörundr ed è morto quattordici anni fa. In gioventù fu un esule, insieme a suo fratello minore Erik e al loro padre Yngvi. I tre viaggiarono molto e i due fratelli si fecero una fama di indomiti guerrieri. I due principi erano stati costretti all'esilio perché il trono del loro cugino Hugleik era stato usurpato dal re norvegese Haki, che aveva sconfitto e ucciso Hugleik e i suoi due giovani figli nella sanguinosa battaglia di Fyrisvellir. Il trono di Uppsala*** era quindi in mano a uno straniero, un usurpatore. Ma appena tre anni dopo Jörundr ed Erik sbarcarono in Svezia con un esercito, e sconfissero Haki nella seconda battaglia di Fyrisvellir, riconquistando Uppsala.”

Perché mi racconti tutto questo?” lo interruppe Ainslee, perplessa. Ma in realtà quella storia di battaglie e gesta eroiche la stava appassionando. Sembrava una di quelle storie epiche che si raccontavano intorno al fuoco e che tutti ascoltavano con sguardo rapito. Re Jörundr doveva essere stato un uomo di grande valore e Ainslee sentì di provare grande ammirazione per lui.

Ho un motivo per farlo, fidati di me. Posso continuare?” e ad un cenno affermativo di Ainslee, proseguì: “Sul trono sedette quindi il legittimo successore, Yngvi, fratello del padre di Hugleik, re Alf. Alla morte di Yngvi, Jörundr gli succedette sul trono e governò con altrettanta saggezza e capacità di suo padre. Ma Erik cominciò a nutrire del rancore verso il fratello quando si rese conto che sarebbe sempre rimasto il figlio cadetto, che i figli di Jörundr gli sarebbero succeduti, non lui. Prima sperò che suo fratello non scegliesse mai una moglie, cosa che in effetti fece in non più giovane età. Erik fu deluso quando infine Jörundr, dopo una trattativa con il re di Danimarca, prese in moglie sua figlia Drott. E quando venne al mondo l'erede al trono, il principe Njöror, Erik cominciò a tramare apertamente contro il fratello, cercando anche l'appoggio di potenti nobili della corte. Si pensa addirittura che la morte prematura del principe Njöror sia stata opera di Erik.”

Deve essere stato molto triste per il re e la regina perdere un figlio così piccolo” commentò Ainslee. “Non ne avevano altri?”

Ne ebbero altri tre: due morirono alla nascita. Un'unica figlia arrivò all'età adulta e vive ancora oggi.”

E dove si trova questa principessa?”

E' qui, davanti a me.”


All'inizio Ainslee credette di aver capito male, di aver frainteso completamente quello che Gareth intendeva. Forse si era espresso con una metafora.

Cosa vuoi dire?” chiese confusa.

Gareth trasse un altro, profondo respiro. Si avvicinò a lei e le si sedette accanto. La guardò negli occhi.

Ti sto dicendo la verità, Arianrhod.”

Come...?” Ainslee aveva gli occhi spalancati, e scuoteva impercettibilmente il capo.

Lo so che questo è un grosso colpo per te, ma... tu hai insistito per sapere la verità.”

Ainslee lo guardò quasi con rabbia, poi prese a scuotere decisamente il capo. “No, no, no... NO!” urlò alzandosi di scatto e inducendo Gareth a fare altrettanto.

Nascose il viso tra le mani, ma senza piangere. Continuava a mormorare quella negazione tra se e se. Gareth allungò la mano e le sfiorò il polso con le dita. A quel contatto Ainslee scoprì bruscamente il volto e lo guardò con espressione dura.

No, tutto questo è assurdo! Cosa sarei io? Una principessa? Ma andiamo! Credi che sia così stupida?”

Gareth rimase calmo. “Non credo affatto che tu lo sia. E se avessi pensato che non fossi in grado di sopportare la verità, stai pur certa che non te l'avrei rivelata, promessa o non promessa. Ma tu sei forte, Arianrhod! Hai affrontato già molte prove dure, e ne affronterai ancora in futuro. Ma le supererai tutte... anche questa.”

Arianrhod...?”

E' il tuo nome. E per essere precisi non sei una principessa: sei una regina. La legittima regina di Svezia.”

Vuoi dire che Jörundr era mio padre?”

So che ti amava moltissimo.”

E... cosa è successo dopo? Come sono arrivata nella mia famiglia?” chiese Ainslee con voce incrinata. È assurdo! Davvero sto accettando la possibilità che tutto questo sia vero?

Gareth la prese delicatamente per il braccio e le fece cenno di rimettersi a sedere.

Poi andò a prenderle un po’ d’acqua, che Ainslee bevve a piccoli sorsi.

Ti ringrazio, ora mi sento meglio. E scusami se ti ho aggredito.”

Non hai nulla di cui scusarti. La tua reazione è più che comprensibile”, rispose Gareth, “vuoi che ti lasci un po’ sola?”

No. No, ti prego non farlo. Credo di avere bisogno di un po’ di compagnia… e voglio che mi racconti tutto”, disse Ainslee in tono malfermo.

Bene, allora... eravamo rimasti a tuo zio che tramava contro tuo padre.”

Zio? Padre? Ainslee sentiva che sarebbe potuta scoppiare in una risata isterica. Questa è follia!

Gareth le raccontò di come sua madre era morta, nel dare alla luce una bambina, e di come suo padre fosse morto poco dopo. Di come avesse provveduto a metterla al sicuro prima di morire, allontanandola dalla Svezia.

Mia madre?” fu una rivelazione che la colpì come un fulmine. “Drott... mia madre... era bionda? E bella?”

Gareth sorrise. “La ricordi?”

Da mesi faccio un sogno ricorrente. Una donna bionda, bellissima, dal volto e la voce stranamente familiari. E siamo in un castello... e c'è un uomo con noi... forse mio padre.” Fece una pausa e poi disse in un soffio, lo sguardo perso nel vuoto: “Lei è mia madre...”. Le lacrime le riempirono gli occhi, ed una scivolò lungo la guancia, lasciando una traccia salata sulla sua pelle. Mamma.

Ainslee si asciugò quella lacrima solitaria, ma per la prima volta era una lacrima di gioia.

Poi le venne in mente un altro particolare. “Arianrhod... così mi ha chiamato lei nel mio sogno. Non ero riuscita a ricordarlo fino a questo momento.”

E' il tuo nome: Arianrhod.” confermò Gareth con un sorriso.

E mio padre...” disse Arianrhod, freneticamente ora che i pezzi del puzzle cominciavano ad incastrarsi tra di loro. “Mio padre aveva una cicatrice sul viso?”

Come fai a saperlo?”

Era nel mio sogno... tutti loro erano nel mio sogno.”

Non era un sogno. Era un ricordo.”

Arianrhod sorrise, e quel sorriso le illuminò il volto. Non sapeva perché provasse tanta commozione, ma era come se un pezzo della sua vita, il pezzo mancante, le fosse stato restituito. Ora tutto aveva un senso, quella parte di lei che sapeva essere reale aveva ritrovato la sua famiglia.


*L'attuale Londra

** L'attuale Gloucester

*** Capitale e maggiore città svedese, sede del principale palazzo reale




Nota dell'Autrice: Ciao a tutti! All'inizio il capitolo doveva contenere anche la spiegazione di ciò che accade dopo che Arianrhod ha lasciato la Svezia, ma così si sarebbe probabilmente allungato troppo, rischiando di essere anche pesante da leggere. E quindi ho deciso di spostare quella parte al prossimo capitolo. Anche perché mi è parso più bello concluderlo con le lacrime di felicità della nostra principessa. Ho pubblicato un po' in anticipo come avrete notato, perché domani sono di nuovo in partenza e non volevo farvi aspettare altre due settimane per l'aggiornamento (e scusatemi se il prossimo capitolo arriverà con qualche giorno di ritardo :) ). E poi i nostri due mi imploravano di venire raccontati e l'ispirazione ha preso il sopravvento.


Volevo darvi qualche cenno storico: gli avvenimenti che Gareth racconta ad Arianrhod sono tutti realmente avvenuti. Mi sono permessa di modificare solo un particolare: il principe Erik in realtà muore proprio nella seconda battaglia di Fyrisvellir, combattendo coraggiosamente, come narrato nella Yngling Saga e nelle Gesta Danorum. Ho deciso di farlo sopravvivere e dargli il ruolo del “cattivo” solo ai fini della storia e devo riparare con lui, poverino, puntualizzando che è stata solo una mia invenzione. Una curiosità sul fondatore della stirpe degli Yngling, tale “Odino”. Oggi gli studiosi lo identificano con un nobile originario dell'Asia, che pare possa far risalire le sue origini addirittura alla mitica città di Troia. Un'ipotesi ovviamente, ma che trovo davvero affascinante.

Un abbraccio e alla prossima,

Eilan


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Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


Dragons





Ma allora.. tu chi sei?”

La domanda di Arianrhod giunse tanto inaspettata che Gareth ebbe un sussulto. Ma avrebbe dovuto aspettarselo, lei non era affatto una sciocca.

Sono un membro della Guardia Bianca, l'ordine di cavalieri creati dalla stirpe degli Yngling, fedeli ai sovrani nella vita come nella morte. Il nostro compito è servire e proteggere la stirpe reale, in ogni modo ci sia concesso e finché le forze non ci vengano meno.”

Proteggete... me?” chiese Arianrhod scettica. Le sembrava ancora strano che un intero ordine fosse votato a lei, anima e corpo.

Soprattutto te. Devi capire che hai un valore inestimabile per il tuo paese e per il tuo popolo.”

Mi fai sentire alla stregua di una gemma... o di un qualche altro oggetto...” borbottò la ragazza, il tono velato da una punta di contrarietà.

Scusami, non so come meglio esprimere ciò che significhi per la Svezia, non sono mai stato un granché con le parole” sorrise Gareth. “Ma c'è un fondo di verità in quello che dici. Un sovrano è prima di tutto un simbolo per il suo popolo, una figura capace di unirlo sotto un'unica bandiera e guidarlo verso un obiettivo comune.”

Arianrhod batté le palpebre, perplessa. Le era difficile comprendere il concetto di un intero popolo che ubbidiva ad un unico sovrano indiscusso. La Britannia era divisa in tribù, ognuna con un proprio principe, o re. Li governava un Grande Re, una sorta di comandante in capo, soprattutto in tempi di guerra, ma ogni tribù rimaneva autonoma e custodiva gelosamente la propria indipendenza. Ed anche l'elezione del Grande Re era un costume recente: prima dell'attuale grande re, Ambrosio Aureliano, ce n'era stato solo un altro.

Dunque sei svedese?” chiese infine a Gareth, senza essere riuscita a ricavare molto da quella riflessione.

Lo sono per metà. Mia madre era britanna, e io sono nato e cresciuto a Leguvalium, su al nord. Mio padre era svedese ed era anch'egli un membro della Guardia Bianca. È per questo che io lo sono diventato.”

E perché hanno mandato proprio te a salvarmi? Dov'è il resto di questa Guardia Bianca?”

Quando ci è giunta notizia che stavi per subire un attacco era troppo tardi per mobilitare l'intero ordine. Io sono quello che è riuscito ad arrivare più in fretta... o dovrei dire appena in tempo. Il resto della Guardia Bianca è già in viaggio per raggiungerci, insieme ai nostri comandanti.”

Ma chi è che vi comanda? Chi è il vostro capo supremo?”

Il capo supremo, se così si può chiamare, è il Duca Fjölnir di Silverdalen, uno dei nobili più potenti in Svezia e grande amico del defunto re... cioè, di tuo padre” si corresse con un cenno del capo.

Cos'è successo dopo che la Guardia Bianca mi portò via dalla Svezia?”

Dopo che sei scomparsa il Trono del Drago è stato usurpato da tuo zio, il Principe Erik, il quale era manovrato dal Duca Aun di Skillingaryd, un altro dei nobili più potenti del regno. Infatti, appena un anno più tardi, il Duca ha fatto assassinare tuo zio e si è installato sul trono. Otto anni fa Aun venne sconfitto in battaglia e da allora sul trono di Svezia si sono succeduti altri due usurpatori, prima il Nobile Halfdan e poi il Duca Ale di Vingåker, che attualmente governa. Come avrai intuito, questi quattordici anni sono stati un periodo buio per la Svezia, governata da tiranni usurpatori, lacerata dalle lotte intestine e dalla guerra che le famiglie più potenti del paese stanno portando avanti per ottenere il trono.

In tutti questi anni il tuo popolo ha atteso il tuo ritorno; ha atteso perché la legittima Regina di Svezia sieda nuovamente sul Trono del Drago e ponga fine alle lotte e ai disordini. Anche se alcune potenti famiglie hanno voluto questa era del caos tradendo la Casa Reale, il popolo è sempre stato estremamente fedele agli Yngling, la Stirpe del Drago.”

E’ stato questo Duca Ale a ordinare a quei sicari di uccidermi…” mormorò Arianrhod. “E' stato lui che ha assassinato la mia famiglia.” Senza rendersene conto strinse il tessuto del suo abito nel pugno, fino a farsi sbiancare le nocche.

Lo ucciderò” annunciò calma, il volto impassibile. “Giuro davanti agli dei che pagherà con il suo sangue per aver versato senza pietà quello di mia madre, mio padre e mio fratello.”

Gareth allungò la mano e la posò su quella ancora stretta a pugno di Arianrhod. Con dolcezza le sciolse le dita da quella stretta ferrea.

La vendetta ti aiuterà a dare pace al tuo cuore, questo è certo, ma non è tutto. Tu sei nata per uno scopo molto più alto di questo.”

Arianrhod deglutì, ricacciando indietro un fastidioso nodo che le si era fermato in gola.

Come... come sono arrivata dai miei genitori adottivi?” chiese con un filo di voce.

Ai tuoi genitori adottivi fu spiegata ogni cosa: chi eri, come avrebbero dovuto comportarsi con te. Per fare questo hanno ricevuto dalla Guardia Bianca una notevole somma di denaro, con la quale credo che abbiano comprato quella bella fattoria.”

I miei genitori lo hanno fatto solo per il denaro?” chiese Arianrhod.

Forse all'inizio fu un fattore decisivo nel guadagnare il loro consenso, ma puoi credermi quando ti dico che ti hanno amata come se fossi stata davvero loro figlia. Ma credo che tu questo lo sappia già”, rispose Gareth.

Arianrhod annuì. “Sono stati i migliori genitori che potessi avere.”

Se hanno accettato il denaro è solo perché sapevano il rischio che correvano nel prenderti con loro.”

E' anche colpa mia se sono morti, pensò la ragazza con lucidità. Se non fossi mai entrata nella loro vita a quest'ora sarebbero ancora vivi. Dovunque mi trovi porto la morte: prima i miei veri genitori, poi i miei fratelli e infine anche la mia famiglia adottiva. Sono maledetta.

Era un pensiero malsano, ma Arianrhod non riusciva a scacciarlo, per quanto ne fosse consapevole e per quanto tentasse.

Non angustiarti, mia regina” disse Gareth come se potesse leggerle nel pensiero. “Non è stata colpa tua. Nulla che sia successo fin'ora lo è stato. Forse quando sarai di nuovo sul trono e dovrai prendere decisioni difficili, magari anche apparentemente ingiuste, potrai sentirti, a buon diritto, in colpa. Ma non ora.”

Tra di loro cadde improvvisamente il silenzio. Arianrhod se ne stava a testa china, l'espressione indecifrabile. Per quanto tentasse Gareth non riusciva più a capire cosa stesse pensando. Infine decise di rompere quell'inquietante silenzio.

Tutti i predecessori di Ale hanno tentato di trovarti, ma per quattordici anni hanno fallito nel loro intento. La Guardia Bianca ti ha protetto bene; anche se eri affidata ai tuoi genitori, noi non ti abbiamo mai perso di vista.”

Allora come mai hanno massacrato la mia famiglia?”, chiese la giovane regina con voce tagliente.

Stava cercando qualcuno da incolpare, Gareth lo capiva. E non aveva nemmeno tutti i torti. Quei sicari erano passati sotto il loro naso come volpi astute, e solo per un soffio non erano riusciti nel loro intento.

L'unico modo in cui Ale poteva sapere dove ti trovavi” rispose conciliante, ”è che qualcuno vicino a te abbia scoperto chi eri veramente e ti abbia venduta all'usurpatore.”

Arianrhod fece un gesto con la mano come a escludere tassativamente quell'ipotesi. “No, questo non può essere. Conosco la gente del mio villaggio da sempre, e mi fido di loro ad occhi chiusi.”

Gareth preferì non insistere. Sapeva che lei sarebbe comunque rimasta della sua idea, testarda com'era.

In ogni caso ucciderti per il Duca Ale è l’unico modo per legittimare la sua posizione. Finché tu sarai in vita lui rimarrà sempre un usurpatore e il popolo non l’accetterà mai.”

Arianrhod sentì un brivido percorrerle la schiena, e Gareth se ne accorse.

Non avere paura, farò tutto ciò che è in mio potere per proteggerti. E il luogo in cui ti sto portando è il più sicuro di tutta la Britannia.”

Dove siamo diretti?”

Conosci l'Isola Sacra di Avalon?”

Certamente. Qualche anno fa una ragazza che conoscevo ha scelto di prendere i voti come sacerdotessa. Ma molti si sono convertiti alla nuova religione e sempre meno famiglie accettano di mandare le loro figlie ad Avalon.”

Quello che dici è vero, i cristiani stanno divenendo sempre più numerosi. Ma l'isola è nascosta tra le nebbie, è separata da questo mondo dalla magia delle sacerdotesse, e nessuno può trovarla senza che loro lo vogliano. Non c'è posto in cui potresti essere più al sicuro.”

Ho sentito tante storie su Avalon, mio padre me ne parlava spesso. E ammetto di aver pensato anch'io alla vita sacerdotale, anche perché i miei genitori non sembravano considerare per me la via del matrimonio. Ho sempre sognato di vedere l'Isola Sacra...”

E' una fortuna allora, perché è lì che andremo e da nessun'altra parte” esclamò Gareth, battendosi la mano sulla coscia con uno schiocco sonoro.

Perché ora non dormi un po’? Dovremo ripartire alle prime luci dell'alba. Farò io il primo turno di guardia.”

Arianrhod annuì distrattamente e, senza dire una parola, si sdraiò su un fianco.

Gareth rimase a guardare la sua giovane regina dormire, fino a che il fuoco non si consumò del tutto e, con un ultimo guizzo, si spense.


Quando si svegliò Arianrhod ebbe l'impressione di essersi coricata appena qualche minuto prima. Non era abituata a dormire all'addiaccio e i suoi muscoli erano dolorosamente contratti. Inoltre sogni tormentati ancora agitavano il suo riposo, e il doversi svegliare per permettere a Gareth di riposare a sua volta non l'aveva aiutata.

Si stiracchiò con uno sbadiglio e quasi sobbalzò quando si accorse di avere un pugnale all'altezza dello sguardo. Gareth si era avvicinato silenziosamente e le stava porgendo un pugnale dalla parte del manico. Arianrhod lo prese, incerta.

So che avresti bisogno di una spada, ma per ora non ho niente di meglio da offrirti. Vista la tua abilità con le lame potrebbe tornarti utile. E mi raccomando, se se ne presentasse l'occasione, usalo senza indugi.”

Arianrhod gli sorrise, grata, infilandosi il pugnale alla cintura.

Dovremo procurarci anche un altro cavallo, o il mio da solo non riuscirà a portarci fino ad Avalon. Stramazzerà a terra morto prima, e siccome a lui ci tengo ci fermeremo al prossimo villaggio che incontriamo per comprarne uno.”

Sono la prima a esserne felice, Gareth” rispose lei con un sorrisetto canzonatorio, accettando la mano che lui le porgeva per alzarsi. “Dal momento che procederei molto più veloce se fossi io a guidare il cavallo.”

Non ne dubito” ribatté lui divertito.


Non passò molto tempo prima che si imbattessero in un villaggio e ancor meno ci impiegò Gareth a consegnarle un nuovo cavallo, dal lucido mantello nero e dai muscoli guizzanti.

Tieni” le disse porgendole le briglie. “E ora vediamo se riesci a provare quello che affermi tanto spavaldamente.”

In che senso?” chiese Arianrhod alzando un sopracciglio interrogativamente.

Non hai detto che sei capace di battermi in velocità? Andiamo, allora!” esclamò saltando in groppa al proprio cavallo e spronandolo al trotto, non tanto veloce però che Arianrhod non potesse avere il tempo di raggiungerlo.

Lei rimase sbalordita per qualche secondo, poi con una risata montò il suo cavallo e prese a rincorrere il cavaliere al galoppo giù per la collina.

Per la prima volta da quando tutto era successo, si sentiva spensierata e allegra. Era meraviglioso sentire il vento sferzarle il volto e gonfiarle l'abito. Ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, nella frenesia della galoppata a briglia sciolta, Gareth e Arianrhod sorridevano, come se non fosse esistito nient'altro al mondo che quel momento.

Avevano già coperto una considerevole distanza in direzione della loro meta, quando, esausti, frenarono i cavalli, procedendo al passo.

Non mentivi, dunque” commentò Gareth. “Sei un'abile cavallerizza.”

Arianrhod alzò le spalle gratificandolo con un sorriso sincero. “Non direi. Sei tu il cavaliere... io sono solo la figlia di un fabbro che tu tenti di far passare per regina.”


Trascorse un altro giorno di viaggio in quel modo. I due si fermavano soltanto il tempo necessario per far riposare i cavalli o mangiare qualcosa velocemente. La sera del terzo giorno si allontanarono dalla strada costeggiata da muretti di pietra e si inoltrarono nel bosco. Arianrhod era grata che avrebbero potuto accendere un fuoco, perché sentiva disperatamente il bisogno di un pasto caldo. Mangiare more e carne secca per due giorni poteva rivelarsi avvilente.

Furono tanto fortunati da non dover nemmeno preparare il posto per il falò, cosa che avrebbe portato loro via una buona parte del tempo. Al centro della radura c'era un vecchio falò abbandonato, composto di grosse pietre disposte in circolo, completamente ricoperte di edera rampicante e altre erbacce. Gareth si dedicò a ripulire il falò e raccogliere legna, mentre Arianrhod andò in cerca di radici, erbe, bacche e qualsiasi altra cosa commestibile con cui fare una zuppa. Poco lontano dal loro accampamento notò un cespuglio carico di lamponi grossi e succosi. Ne raccolse diversi, ma quelli migliori erano in alto, fuori della sua portata. Si fermò a riflettere con le mani sui fianchi, inclinando leggermente il capo: accanto al cespuglio cresceva un grosso albero, dal quale un solido ramo si protendeva proprio all'altezza dei lamponi che interessavano a lei. La ragazza raccolse le gonne e, agile come un gatto, si arrampicò sull'albero e aiutandosi con mani e ginocchia, percorse il grosso ramo fin quasi al suo estremo. Poi si sedette per avere le mani libere e cominciò a raccogliere i lamponi che stipava nella gonna, raccolta come fosse un canestro.

Mentre era intenta in questa attività, soddisfatta di se stessa per aver ovviato a quell'ostacolo, udì un rumore di passi poco distante da lei. Immediatamente vigile, si accovacciò sul ramo, aggrappandosi al tronco dell'albero per sporgersi e vedere meglio. Dopo pochi istanti sotto di lei passò un uomo. Da dove si trovava non riusciva a vederlo in faccia o notarne gli abiti. Capiva solo che si trattava di un uomo con i capelli biondi. Che fosse uno dei sicari che la cercava? Arianrhod deglutì. Non poteva chiamare Gareth ad aiutarla o quell'uomo si sarebbe accorto di lei. Se non altro stavolta non era impreparata, e poteva sfruttare l'effetto sorpresa. Sfilò silenziosamente il pugnale dalla cintura e, svelta come un fulmine, saltò a terra, proprio alle spalle dell'uomo. Fu questione di un attimo e lui non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di cosa fosse piovuto dal cielo. Arianrhod lo afferrò per la tunica e gli puntò il pugnale alla gola, così forte da procurargli un graffio da cui stillò una goccia di sangue.

Dimmi chi sei e cosa ci fai qui!” sibilò infuriata, “o non vivrai un attimo di più!”

Prima che l'uomo, che aveva alzato le mani in segno di pace - forse perché aveva riconosciuto una voce femminile - potesse parlare, arrivò di corsa Gareth trafelato.

Arianrhod lascialo! È un amico.”

Arianrhod spalancò la bocca dallo stupore, ma lasciò andare l'uomo, che si affrettò a voltarsi per trovarsela di fronte. Ora che lo vedeva bene, la ragazza si accorse che sopra la cotta di maglia indossava la veste con lo stemma degli Yngling, il drago coronato.

Questa è la nostra regina?” disse l'uomo ansante. “Allora possiamo ben sperare.”

Arianrhod, ti presento Ősten, un altro cavaliere della Guardia Bianca.”

Arianrhod chinò il capo. “Mi dispiace avervi minacciato” disse con cautela, spostando lo sguardo da un uomo all'altro.

Ősten s'inginocchiò. “Mia regina...” mormorò.

Tra lo stupito e il divertito Arianrhod, tutt'altro che abituata a simili formalità, gli chiese di rialzarsi.

Finalmente qualcun altro ce l'ha fatta a raggiungerci” commentò Gareth seccato.

Non prendertela con me. Quando sono arrivato alla fattoria eravate già partiti da un pezzo e ho viaggiato più veloce che ho potuto. Vi stanno seguendo. Dovete raggiungere Avalon il prima possibile, o la regina sarà in pericolo.”

Altri sicari?”

Sì, almeno tre. Ho fatto l'impossibile per seminarli ma non ci sono riuscito.”

Sicari?” s'intromise Arianrhod con una strana luce negli occhi. “Lasciateli a me, ci penserò io.”

No!” la interruppe secco Gareth. “E' troppo pericoloso.”

Ma..”

Ti prometto che vendicherai la tua famiglia, ma non ora e non con dei semplici sicari.”

Gareth le rivolse uno sguardo quasi supplichevole, memore di quanto lei poteva essere avventata e testarda. La tensione tra di loro si tagliava con il coltello. Arianrhod teneva ancora l'arma sguainata in mano. Poi rilassò le spalle. “D'accordo, hai ragione” disse con gran sollievo dei due cavalieri.

Allora dobbiamo raggiungere Avalon entro domani. Se ci fermiamo ora faremo solo un favore a quegli assassini. Quanto vantaggio abbiamo su di loro Ősten?”

Direi non più di una lega.”

Ripartiamo subito. Tu vieni con noi?”

Ősten scosse il capo. “Ora che so la vostra posizione devo avvertire il Duca e gli altri perché vi raggiungano il prima possibile. E cercherò di rallentare i sicari.”

Grazie” disse Arianrhod in un soffio. Ancora trovava incredibile che tutti quegli uomini si dessero tanta pena per lei.

Lei e Gareth ripresero i cavalli e continuarono il loro viaggio verso sud, salutando Ősten che prese la direzione opposta.

Mentre cavalcavano nel sole morente, stranamente Arianrhod pensò con rimpianto al pasto caldo che neppure quella sera avrebbero consumato.




Angolo Autrice: Eccomi qui con il nuovo capitolo e scusate il ritardo! Comunque ora che le ferie sono definitivamente e irrimediabilmente (sigh!) finite non dovrei avere più problemi ad aggiornare puntuale^^. Spero che questo capitolo vi piaccia. Grazie come al solito a chi recensisce/segue/legge.

Alla prossima,

Eilan

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***


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Il cammino verso Avalon era reso più agevole da strade comode e larghe – lascito dei romani che avevano dominato l’isola fino a trecento anni addietro – e solo per dormire il cavaliere e la sua regina si fermarono al riparo dei boschi.

Il sole stava tramontando sul loro quinto giorno di viaggio quando giunsero al lago che circondava l’Isola Sacra.

Gareth fermò il cavallo sulla riva, e Arianrhod lo imitò. Lui notò che aveva il volto teso e segnato dalla stanchezza. Ma il suo sguardo era determinato e fiero, e dalle sue labbra non era venuto neppure un lamento; nemmeno quando avevano dovuto percorrere le ultime leghe in fretta, senza potersi riposare se non per quelle poche, indispensabili ore di sonno.

Arianrhod si girò alla sua sinistra, socchiudendo gli occhi per riuscire a scorgere, nella nebbia, il monastero di Ynis Witrin, arroccato sulla cima di una collina che sembrava dominare il lago. Proprio in quel momento le campane cominciarono a suonare, interrompendo l'umido silenzio che permeava la terra, e facendo vibrare l'aria intorno a loro. Non fu una sensazione spiacevole: le campane ebbero un effetto calmante su di lei. Quel posto sembrava fin troppo tetro e silenzioso.

Le campane richiamano i monaci ai Vespri”, commentò Gareth.

Dov'è Avalon?” chiese. “E' lì, dove si trova il monastero?”

No. L'Isola Sacra e il monastero sono adiacenti, ma non si toccano. E mentre gli abitanti dell'Isola possono vedere i monaci, i monaci non possono vedere loro.”

Sei già stato prima sull'Isola?”

Diverse volte.”

E come la raggiungeremo? Dove si trova?”

Gareth fece un gesto con la mano. “E' proprio davanti a te. Solo che non puoi vederla.”

Arianrhod rimase in silenzio, in attesa. Sebbene non avesse capito appieno ciò che Gareth intendesse dire, decise di avere fiducia in lui.

Ma i minuti passavano e, nonostante si avvolgesse nel mantello di stoffa ruvida, l'umidità cominciò a penetrarle nelle ossa, condensandosi in piccole goccioline tra i suoi capelli.

Come arriveremo ad Avalon?”, chiese infine, in tono spazientito. “Non possiamo certo attraversare il lago a nuoto.”

No. A quest’ora sapranno che siamo qui e avranno mandato la barca.”

Sapranno chi? Avrebbe voluto chiedere Arianrhod. E soprattutto... come possono sapere che siamo qui?

Sai, in fondo quasi mi dispiace che questo viaggio finisca” commentò dopo qualche istante, in tono remoto, quasi tra se e se. “E' come se mi lasciassi definitivamente alle spalle quello che avevo creduto di essere. Come se stessi per aprire la porta su un abisso oscuro e misterioso, su un futuro incerto...”

Gareth sentì un nodo serrargli lo stomaco: anche lui avrebbe voluto che il loro viaggio non avesse mai termine, nonostante tutto quello che avevano passato, nonostante tutti i pericoli che avevano corso. Perché da adesso in poi lei sarebbe stata per lui solo la regina: splendida, austera e irraggiungibile. Non sarebbe stata più Arianrhod, la ragazza che aveva imparato a conoscere così profondamente da quando le aveva salvato la vita.

Gareth la osservò assorto, ma lei era persa nelle sue riflessioni, lo sguardo fisso sul lago, e non se ne accorse. Che stesse già pensando a cosa l'aspettava? Ma poteva poi averne davvero un'idea? Probabilmente no, concluse Gareth. La sua forza d'animo e il suo coraggio l'avrebbero sicuramente aiutata nelle prove che l'attendevano, ma prepararla? Questo no, mai.

Come obbedendo a un muto segnale di Gareth, pochi minuti più tardi sulle acque grigie apparve una barca.

Avanzava tanto silenziosamente che all'inizio Arianrhod neppure la notò, scambiandola per un gioco di luci sull'acqua, o il riflesso di un uccello di palude. Era parata di nero e d’argento e avanzava silenziosa, quasi sfiorando la superficie. Quando giunse più vicina, Arianrhod notò che trasportava tre persone: i rematori, due uomini minuti e dalla pelle scura, con il corpo dipinto di azzurro e solo un perizoma di pelle a coprire la loro nudità. Non aveva mai visto uomini come quelli, ma li riconobbe, da ciò che le avevano raccontato, come appartenenti al Piccolo Popolo della Britannia. In effetti, sapeva che erano dei ferventi pagani, e molto legati ad Avalon e ai suoi Misteri.

La terza persona, che stava accanto a loro a prua, era una donna. Indossava una veste scura, austera, e portava i lunghi capelli sciolti.

Una Sacerdotessa, pensò Arianrhod sgranando gli occhi, ma non disse nulla.

Quando la grande barca toccò la riva sabbiosa, sempre senza fare il minimo rumore, i due rematori scesero e la tennero ferma, prendendo entrambi un capo della fune che era legata ad essa. Sembrava stessero loro dicendo di salire, ma Arianrhod era talmente attonita che aspettò che fosse Gareth per primo a smontare da cavallo e condurlo per le briglie sulla barca. La sacerdotessa non si era mossa dal posto in cui si trovava, né aveva fatto loro alcun cenno di saluto o di riconoscimento. Arianrhod pensò che fosse molto strano. Erano davvero così insoliti i costumi presso gli abitanti di Avalon?

Gareth le tese la mano per aiutarla a scendere da cavallo. Non che lei ne avesse bisogno, ma sembrava talmente intimorita da quello spettacolo, che il cavaliere temeva sarebbe rimasta per sempre in groppa all'animale, lo sguardo spalancato dalla sorpresa e dal timore. Anche il cavallo di Arianrhod fu condotto a bordo e lei salì, sedendosi accanto a Gareth. La sacerdotessa sembrava ancora inconsapevole della loro presenza, come se fosse in uno stato di estrema concentrazione.

Le nebbie cominciarono ad avvilupparli, sempre più spesse e dense, rendendo impossibile vedere alcunché. Arianrhod comprese che si trattava delle nebbie magiche, che proteggevano e nascondevano alla vista l’Isola Sacra.

La barca avanzò silenziosa fino a circa metà del lago, poi si arrestò bruscamente. La Sacerdotessa non aveva detto una parola fino a quel momento. D’improvviso trasse un profondo respiro e rimase immobile nella tensione della magia. Nonostante la sua statura minuta, in quel momento la donna apparve alta e maestosa, e d’istinto Arianrhod si aggrappò al braccio di Gareth, atterrita. Lui le sorrise per rassicurarla e la giovane lasciò immediatamente la presa, vergognandosi della sua debolezza.

La Sacerdotessa tese le braccia verso il cielo, con le palme rivolte all'insù, quindi le riabbassò con un gesto secco. Improvvisamente la nebbia calò, e il monastero cristiano scomparve alla vista, repentinamente celato. La barca continuò a procedere.

Ad Arianrhod apparvero finalmente le rive di Avalon. Erano acque calme, quiete, illuminate dai raggi del sole morente che le rendeva scintillanti. Moltissimi uccelli acquatici nuotavano al pelo dell'acqua o su di essa. La visione più maestosa, che subito colpì il suo sguardo, fu la collina sacra, sulla cui cima sorgeva il Tor, un immenso cerchio di pietre di un bianco abbagliante. Tutto intorno alla collina si avvolgeva un grande sentiero. Gareth le aveva parlato a lungo di Avalon e ora le sembrava incredibile trovarsi davanti agli occhi tutte le meraviglie che lui le aveva descritto.

Era talmente rapita da quella visione che, quando la barca toccò la riva, ebbe un sussulto. La sacerdotessa scese, seguita da Arianrhod e da Gareth, subito dietro di lei. I rematori si occuparono dei cavalli.

Vennero loro incontro alcune donne, abbigliate di scuro e con una mezzaluna azzurra tatuata sulla fronte.

Una di loro si staccò dal gruppo e venne loro incontro. Gareth le si inchinò e altrettanto fece Arianrhod, intuendo chi potesse essere la donna.

Non c’è bisogno che vi inchiniate a me, Regina”, disse la Sacerdotessa. “Siete una mia pari.”

Voi siete…?”, mormorò Arianrhod.

Sì, io sono Viviana, Somma Sacerdotessa di Avalon e Dama del Lago. E voi siete la benvenuta qui, Regina di Svezia.”

E’ un onore per me conoscervi”. La giovane si accorse che, nonostante fosse molto più piccola di lei, che la sovrastava con la sua statura, la profonda saggezza e la calma regalità di Viviana avevano il potere di metterla in soggezione.

Siete una nostra ospite. Sarete molto stanca, Raven vi accompagnerà al vostro alloggio e provvederà alle vostre necessità”, disse facendo un cenno a una giovane donna.

Domani potremo parlare tranquillamente, e sicuramente ci sarà molto di cui discutere. Vi avverto però che Raven ha fatto voto di silenzio, per cui non vi risponderà.”

Raven la prese gentilmente per un braccio e cominciò a condurla via. Arianrhod si voltò verso Gareth che era rimasto dove si trovava. Avrebbe tanto voluto chiamarlo, dirgli di non lasciarla sola… ma poi cosa avrebbero pensato le Sacerdotesse?

Gareth la seguì con lo sguardo, quasi dolorosamente, finché un sacerdote si avvicinò per condurlo alla casa degli apprendisti druidi, dove avrebbe alloggiato.


Raven la condusse silenziosamente verso l'interno dell'isola. Arianrhod vide molti edifici diversi, da cui entravano e uscivano druidi, sacerdotesse e alcune giovani donne che sembravano essere novizie. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni a Raven, ma ogni volta si mordeva la lingua, ricordando a se stessa che la sacerdotessa non le avrebbe risposto. Attraversarono un frutteto pieno di meli, ognuno carico di quei deliziosi frutti dalla sfumatura rossastra. Ancora una volta Arianrhod sgranò gli occhi per la meraviglia.

Appena superato il meleto, vi era una piccola costruzione, bassa e più piccola delle altre che aveva visto fin'ora. Forse si trattava di un edificio riservato agli ospiti di riguardo.

In silenzio, Raven portò una veste pulita ad Arianrhod e l’acqua per lavarsi. La giovane indirizzò a Raven un muto ringraziamento. La Sacerdotessa chinò il capo, poi la lasciò sola. Nella casa già ardeva un bel fuoco e su un tavolino davanti ad esso, era imbandita una cena frugale a base di pane, carne e birra. Arianrhod sospirò di gioia a quella vista: poter mangiare con tranquillità, godendo del tepore del fuoco, le sembrava un sogno insperato.

Mentre aspettava con pazienza che i capelli appena lavati si asciugassero al calore del focolare, si concentrò sulla sua attuale situazione e su ciò che l'attendeva.

Arianrhod si sentiva spossata, come se ogni osso del corpo le dolesse. Ma più dei patimenti del fisico, la colpirono quelli dell’animo. Non se ne era resa conto finché non si era trovata separata da lui, ma Gareth era divenuto, in poco tempo, un punto di riferimento nella sua vita altrimenti stravolta e alla deriva come una barca nel mare in tempesta. La sua voce dolce e rassicurante, i suoi espressivi occhi grigi, la sicurezza del suo tocco… la sua vicinanza in quei giorni di viaggio aveva risvegliato in lei sensazioni mai provate prima. Sensazioni che nessun altro uomo le aveva mai provocato.

Senza la sua solida presenza rassicurante si sentiva stranamente sola e vulnerabile. Qualcuno avrebbe potuto dire che una giovane capace di uccidere due assassini addestrati non poteva certo considerarsi vulnerabile, ma il peso che le sue appena rivelate origini le facevano gravare sulle spalle sembrava schiacciarla.

Lei Regina di Svezia! Come poteva lei reggere un simile destino, quando fino a pochi giorni prima era stata solo Ainslee, la figlia di un fabbro? Cosa volevano che facesse? Che si riprendesse il suo trono, ciò che le spettava di diritto? Ma in quale modo sarebbe stata in grado di riuscire in una simile impresa?

Come avrebbe voluto risvegliarsi il mattino seguente nel suo letto, nella fattoria dei suoi genitori…

Eachann e Gwenael erano morti a causa di quello che lei era, e perseverare nel conseguimento del suo destino le sembrava un’offesa alla loro memoria.

Ma se avesse rinunciato, non sarebbe stata un’offesa altrettanto grande nei confronti di quegli altri genitori, quelli che l’avevano messa al mondo ma non avevano potuto allevarla? Non doveva la propria fedeltà anche a loro, e alla stirpe regale che lei rappresentava?

Il fuoco si stava lentamente spegnendo nel camino, quando Arianrhod sentì che le palpebre minacciavano di chiudersi. Il letto, invitantemente preparato, le ricordava che erano giorni che dormiva per terra, all’aperto. Faticosamente, si sdraiò sul comodo giaciglio tirandosi le coperte fin sopra la testa. Si addormentò immediatamente, di un sonno pesante e senza sogni.



Angolo Autrice: Ed eccoci arrivati infine ad Avalon e al crossover preannunciato, quello con alcuni personaggi arturiani nella versione della Bradley. Ho cercato di introdurre, senza dilungarmi troppo, la famosa leggenda inglese dell'isola di Avalon, sulla quale si narra tra l'altro che giaccia Artù addormentato, il quale si risveglierà quando l'Inghilterra avrà bisogno di lui. Ma ovviamente Artù è ancora di là da venire all'epoca della nostra storia! :)

Che dire... spero che il capitolo, pur se di passaggio, vi sia piaciuto. Grazie a tutti!

Alla prossima,

Eilan



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Capitolo 11
*** Capitolo undici ***


Dragons





Il mattino seguente Arianrhod si svegliò presto e, guardandosi intorno con gli occhi ancora appesantiti dal sonno, notò che su una sedia accanto al letto erano stati lasciati alcuni abiti per lei. Li prese tra le mani, sentendo la stoffa ruvida a contatto con le dita. Oltre alla semplice veste scura che indossavano di solito le sacerdotesse c'erano un paio di calzari morbidi e uno scialle, in caso l'umidità della sera e del primo mattino lo avesse reso necessario. Indossò la tunica, e impiegò una buona mezz’ora a districare pazientemente con il pettine i nodi che le si erano formati nella bionda chioma, fino a renderla morbida e lucente. Poi raccolse i capelli in due lunghe trecce, aiutata dalla solerte Raven che si era presentata mentre lei era intenta in questa operazione, nonostante Arianrhod protestasse che era sempre stata abituata a cavarsela da sola. Tutte quelle attenzioni la mettevano a disagio e, solo dopo che Raven fu uscita per andarle a prendere la colazione, lei si rilassò. La sacerdotessa tornò dopo poco, accompagnata da una giovane novizia – Arianrhod la classificò come tale perché non portava la falce di luna tatuata sulla fronte – con in mano un vassoio.

La novizia posò il vassoio sul tavolo, e si girò subito verso Raven, che le fece un cenno affermativo.

Mia signora” disse la ragazza con voce timida. “Raven vuole che vi riferisca che la Somma Sacerdotessa richiede la vostra presenza... quando sarete sistemata, naturalmente.”

Arianrhod appariva più disorientata della novizia, quando chiese: “Dove devo incontrare la Somma Sacerdotessa?”

Vi accompagnerà Raven, non appena sarete pronta. La Somma Sacerdotessa è nel suo alloggio privato insieme all'Arcidruido Taliesin.”

La ragazza si congedò, ma Raven rimase, seduta in un angolo, silenziosa e immobile. Quella donna emanava indubbiamente un'aura di calma e autorevolezza, ma Arianrhod avrebbe tanto voluto sentirne la voce. Questo l'avrebbe rassicurata sulla sua natura terrena, perché il suo atteggiamento la faceva sembrare più una dea che una donna in carne e ossa.

Sotto il suo sguardo attento, Arianrhod finì in fretta la propria colazione, poi si spruzzò un po’ d’acqua sul viso per affrontare il colloquio con la Somma Sacerdotessa e l'Arcidruido.

Prese un profondo respiro prima di annunciare a Raven che era pronta; la sacerdotessa scattò in piedi come se non attendesse altro e la guidò verso l'alloggio di Viviana.

Arianrhod entrò con passo incerto. In alcuni momenti aveva mostrato coraggio, ma ora non era uno di quei momenti. Si sentiva più vulnerabile che di fronte a un nemico con la spada snudata.

Vi stavo aspettando”, disse Viviana quando la vide entrare. Fece un cenno per invitarla a sedere accanto a lei. Arianrhod si accomodò, e solo in quel momento notò che, in piedi accanto al camino, stava un uomo di mezza età.

Questo è l’Arcidruido Taliesin, il Messaggero degli Dei”, lo presentò Viviana. La giovane si alzò di scatto e fece un breve inchino in direzione dell’uomo.

E’ un onore conoscervi, signore”, mormorò.

Taliesin le prese la mano con fare paterno. “Posso dire lo stesso, mia signora. E lasciatemi dire quanto mi dispiaccia apprendere della perdita che avete subito. Siete stata coraggiosa come poche fanciulle potrebbero esserlo.”

Arianrhod sorrise, ringraziandolo tacitamente, quindi si accomodò di nuovo sulla sedia.

Ho appena appreso che la Guardia Bianca sarà qui in pochi giorni. Nel frattempo siete nostra ospite e sotto la nostra speciale protezione”, disse Viviana con voce dolce ma austera.

Vi sono immensamente grata per avermi accolto sull’Isola Sacra, mia signora”, rispose Arianrhod.

Chiamatemi pure per nome, e io farò altrettanto. Di qualunque cosa abbiate bisogno, potete chiedere direttamente a me.”

Arianrhod esitò, poi aggiunse: “Perdonate se oso chiederlo ma… perché mi offrite così incondizionatamente il vostro aiuto?”

Viviana represse un’esclamazione ammirata nei confronti della giovane. Non pensava che avrebbe avuto il coraggio di porre quella domanda. E invece, seppure con una nota incrinata nella voce, lo aveva chiesto. Se la discendenza di sangue contava davvero qualcosa, quella ragazza sarebbe diventata un'ottima regina.

Vedendo Viviana esitare, Taliesin parlò in sua vece. “Naturalmente voi sapete che l’Isola Sacra non può permettersi di tendere la mano a tutti i profughi della Britannia, se non altro per ragioni pratiche. La nostra isola deve restare isolata e nascosta dal resto del mondo: troppi nemici hanno tentato di distruggerci nel corso dei secoli, e noi dobbiamo prima di ogni altra cosa preservare i Misteri della Dea. Ma voi non siete una persona qualunque e, se posso parlare con franchezza, Avalon ha ogni interesse di vedervi di nuovo salire sul Trono del Drago.”

Immagino che avere come alleata la Regina di Svezia faccia comodo a chiunque, Arcidruido”, affermò sagacemente Arianrhod, con voce più sicura questa volta, sollevando un aristocratico sopracciglio arcuato.

Taliesin sorrise. “Vedo che siete più scaltra di quanto la vostra giovane età possa far sospettare. Come certo saprete, avendo vissuto qui quattordici anni della vostra vita, il cristianesimo sta prendendo sempre più piede in Britannia, differentemente che nel vostro paese d’origine. I seguaci della nuova religione disprezzano gli antichi dei e vorrebbero vedere distrutti tutti coloro che li adorano. Il loro Dio è unico, dicono, e tutti gli altri non sono che falsi idoli. E’ prezioso per noi che chi siede sul trono di Svezia, un sovrano devoto all’antica religione, sia in qualche modo in debito con noi.”

Arianrhod stette un momento in silenzio, intenta a riflettere. “Vi ringrazio per essere stato del tutto franco con me. E sappiate che, quando sarò di nuovo sul trono, farò di tutto perché il culto degli antichi dei sia preservato. Avalon potrà sempre contare sulla gratitudine e sull’alleanza della Svezia.”

Un’impercettibile espressione di sollievo passò sui volti di Viviana e Taliesin.

Mia cara figliola”, mormorò l’Arcidruido, “se oso rivolgermi a voi in questo modo, lo faccio solo con l’affetto e l’ammirazione che potrebbe avere un padre. Credete in voi stessa, sempre, perché voi siete nata per essere Regina. Non dubitate mai della vostra forza, del vostro coraggio e del vostro valore…”

Il giovane cavaliere è già stato a colloquio con noi” spiegò Viviana. “Ci ha raccontato tutto ciò che è accaduto da quando vi ha trovata. Se siete sopravvissuta fin qui lo dovete anche alla vostra forza e al vostro coraggio. Avrete bisogno di entrambe per riprendervi ciò che è vostro.”

Viviana notò che tutte quelle qualità e altre ancora albergavano in Arianrhod, e il fuoco della determinazione che le brillava negli occhi la rendeva ancora più bella e dignitosa.

Non avete obblighi quest'oggi” la informò Viviana. “E l'isola è a vostra disposizione, purché siate prudente. Vi chiedo di raggiungermi nuovamente questa sera: vorrei mostrarvi qualcosa.”

Vi ringrazio... Viviana” rispose Arianrhod ricordandosi appena in tempo di rivolgersi a lei per nome.

La giovane regina ringraziò anche l’Arcidruido e si congedò da loro, uscendo nei tiepidi raggi del sole del mattino.

E ora cosa avrebbe fatto? Dove sarebbe andata? Non conosceva l'isola a sufficienza da potersi spostare con disinvoltura. Avrebbe certo potuto chiedere a Raven di accompagnarla o ad una delle novizie. Ma non voleva distoglierle dai loro doveri quotidiani, e non era neppure sicura di desiderare la loro compagnia. In realtà sapeva bene chi avrebbe voluto con sé, e quel qualcuno conosceva anche abbastanza Avalon da poterle fare da guida.

Si fece indicare dove si trovava l'alloggio degli apprendisti druidi e si incamminò in quella direzione. Dovette camminare più di quanto si era aspettata, perché la parte dell'isola riservata ai druidi si trovava sul versante opposto di quella riservata alle sacerdotesse.

Fuori dal basso edificio in pietra circondato dagli alberi alcuni apprendisti conversavano tra loro, e non si accorsero della ragazza che li chiamava finché non fu quasi loro addosso.

Si volsero con aria stupita, sia per l'aspetto singolare di Arianrhod, sia per la sorpresa di trovare una donna tra di loro.

Sto cercando il cavaliere della Guardia Bianca, Gareth” spiegò Arianrhod guardandoli negli occhi senza timore di apparire inopportuna. “E' arrivato tra voi ieri sera.”

Uno dei giovani corse dentro e tornò poco dopo con un Gareth altrettanto stupito di trovarla lì.

Senza tante cerimonie la afferrò per un braccio, allontanandola dall'edificio.

Non credo che tu possa presentarti qui, in mezzo ai druidi, come se niente fosse”, l'ammonì, in tono privo di severità.

Perché no?”

Per tutti gli dei, dove sei cresciuta? In mezzo a un bosco?” rise lui, toccato dalla sua domanda ingenua. “I druidi non possono avere contatti con le donne finché non hanno completato il noviziato e preso i voti.”

Mi dispiace, non lo sapevo...” mormorò Arianrhod mortificata. Possibile che non imparasse mai a riflettere prima di agire? Proprio ciò che sua madre Gwenael le aveva sempre rimproverato.

Li hai sconvolti non poco, temo” disse Gareth. “Guarda quel ragazzo come ti fissa ancora. Sembra che debba cadere svenuto da un momento all'altro!”

Arianrhod sbirciò oltre la propria spalla e notò lo sguardo di cui parlava Gareth sul volto dell'apprendista druido. A quel punto non poté trattenere una risata, sperando di essere abbastanza lontana dall'edificio da non essere udita.

Mi sei mancato” disse d'impulso quando quello scoppio di ilarità si fu placato. Subito dopo arrossì, non sapendo nemmeno lei perché.

Siamo stati separati solo una notte” ribatté Gareth in tono neutro. Ma Arianrhod si accorse che ciò che aveva detto gli aveva fatto piacere.

Prometti che non mi abbandonerai più” disse Arianrhod all'improvviso, bloccandogli il braccio. Il suo tono era del tutto serio e indusse Gareth a fermarsi. Di fronte al suo sguardo stupito, aggiunse, a mo' di spiegazione. “Senza di te non riesco a sentirmi davvero al sicuro...”

Gareth sembrò riflettere sulle sue parole per qualche attimo. Decise di prenderle altrettanto sul serio, perché disse: “Quando sono entrato nella Guardia Bianca ho prestato giuramento, un giuramento solenne e inviolabile. Ho giurato ciò che ora tu mi stai chiedendo, in un certo senso. Ho giurato di proteggere a costo della vita la Stirpe del Drago, il suo diritto a regnare, ed ogni suo erede legittimo e legittimo sovrano.”

Credi in quello che hai giurato?”

Ci credo. Ci credevo allora e ci ho sempre creduto. Ma forse non comprendevo davvero ciò che questo comporta; non ho compreso sul serio il suo significato. Per questo penso che sia giusto fare un altro tipo di giuramento. Ma a te, Arianrhod, e solo a te.”

Detto questo si inginocchiò di fronte a lei, sfilando la spada dal fodero. La porse ad una sbalordita Arianrhod dalla parte dell'elsa e disse con voce grave: “Dimmi cosa vuoi che ti prometta. Dimmelo adesso.”

Arianrhod sentì un calore sconosciuto crescerle nel petto insieme al respiro. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma le ricacciò indietro.

La sua voce non vacillò quando disse: “Promettimi che non mi lascerai più.”

Mai, mia regina”, rispose Gareth con decisione. “Sarò la tua ombra, ti proteggerò a costo della mia vita.”


La bruma mattutina era quasi del tutto svanita, e stendeva il suo velo pallido soltanto all'altezza del verde tappeto erboso che copriva la riva di Avalon, fin quasi a toccare l'acqua che la lambiva pigramente. I fili d'erba erano imperlati di gocce di rugiada, l'aria era piacevolmente frizzante e lo specchio d'acqua del lago era talmente quieto da sembrare una distesa d'argento colorata dagli scintillanti riflessi violacei del sole da poco sorto. Gareth aveva mostrato ad Arianrhod l'immenso frutteto di mele, vanto dell'isola, che era nota anche come Isola delle Mele. La ragazza ne assaggiò i frutti, dalla polpa acidula e croccante, e li trovò squisiti, i più buoni che avesse mai mangiato.

Si diressero poi verso la riva del lago, dove si sedettero sull'erba ancora umida, a guardare i cigni che nuotavano fra i canneti, e che solo di tanto in tanto si arrischiavano ad avvicinarsi a loro. Arianrhod si rimproverò per non aver pensato di portare un po' di pane con sé, ma Gareth le cedette quello che i druidi gli avevano dato insieme alla colazione. Gli uccelli, dapprima diffidenti, cominciarono ad avvicinarsi sempre più, invitati dalle appetibili briciole che Arianrhod lanciava loro.

Sono davvero degli animali splendidi” commentò ammirata.

A quelle parole Gareth si voltò a guardarla, finché lei non se ne accorse e gliene chiese il motivo.

Perdonami, ma hai detto qualcosa che mia madre ripeteva spesso. Amava i cigni, e si arrabbiava con il mio patrigno quando li cacciava e glieli portava in casa da cucinare.”

Non pensavo si mangiassero. Dalle nostre parti non è usanza.”

Nemmeno da noi è un'abitudine così radicata, ma d'inverno quando c'è poca selvaggina, può capitare che si sia costretti a cacciarli. Dove sono cresciuto ci sono molti laghi, e quindi sono animali molto diffusi.”

Gareth rimase pensieroso per un po', dopo quell'affermazione. Era chiaro che aver ripensato a sua madre aveva portato a galla dei ricordi.

Come si chiamava tua madre?” chiese Arianrhod per tentare di farlo tornare al presente.

Morwenna. Era una donna del popolo, di umili origini, ma possedeva una sensibilità profonda. Non era capace di far del male neppure a un insetto.”

E come ha conosciuto tuo padre?”

Lui venne in Britannia per conto della Guardia Bianca. Fu così che conobbe mia madre e divennero amanti. Nacqui io, ma mio padre non poteva sposare mia madre perché aveva già una moglie e un figlio legittimo in Svezia...”

L'espressione di Gareth si adombrò, e Arianrhod comprese che quello era un dolore profondo per lui.

Sono sicura che tuo padre sia fiero di avere un figlio come te”, gli disse con voce dolce e fu gratificata da un sorriso che le scaldò il cuore.

Non posso lamentarmi, in fondo. Mio padre mi ha comunque riconosciuto e, quando mia madre è morta mi ha mandato a chiamare perché entrassi nella Guardia Bianca. Mi ha dato un futuro, in un certo senso si è occupato di me. Mi ha dato tutto ciò che poteva.”

Tranne il suo amore, pensò Arianrhod. Che in fondo forse era l'unica cosa di cui Gareth aveva bisogno.

E come si chiama tuo padre?”

Arianrhod lo vide esitare prima di rispondere. “E' morto anche lui. Non ha più importanza ormai.”

E Arianrhod comprese, con assoluta certezza, che mentiva.



Angolo Autrice: Ciao a tutti! Eccoci con il nuovo capitolo, in cui si carpisce qualcosa delle origini di Gareth, che ancora lui però non vuole rivelare del tutto. La Guardia Bianca non è ancora arrivata, e per ora la vita scorre tranquilla. Cosa succederà ora? Cosa vorrà Viviana da Arianrhod, invitandola da lei? Lo scopriremo alla prossima puntata! ^_^

Grazie a tutt* per le favolose recensioni. E grazie anche a chi segue/legge/ricorda.

Alla prossima,

Eilan


ps: per chi non avesse letto i romanzi di MZB, l'Arcidruido Taliesin altri non è che Merlino (nella sua versione il Merlino non è una persona fisica, ma un'entità che si incarna in un uomo, in questo caso proprio in Taliesin).


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Capitolo 12
*** Capitolo dodici ***


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L'alloggio di Viviana era illuminato a giorno con delle torce, nonostante all'esterno fosse già calato il buio. Arianrhod entrò accompagnata da Gareth, che si congedò per lasciare alle due donne un po' di riservatezza.

Arianrhod non sapeva di cosa Viviana volesse parlarle, e per la verità si sentiva leggermente a disagio di fronte a una donna di tale autorevolezza e saggezza. Mentre la salutava stringendole le mani, si augurò un giorno di diventare come lei, come quella piccola donna dalla chioma scura e dai lineamenti marcati; di poter guidare il suo popolo come lei guidava quello di Avalon, e in tempi tanto difficili per giunta. Ovviamente sempre che fosse riuscita a riconquistare il trono, prospettiva che per il momento sembrava ancora molto lontana e improbabile.

Vieni, siediti qui con me” la invitò Viviana indicandole una seggiola accanto alla sua, di fronte al focolare spento. “Ti dispiace se Raven assiste al nostro incontro? Averla vicino mi è sempre di conforto.”

Certamente” mormorò Arianrhod imbarazzata. La Somma Sacerdotessa chiedeva il permesso a lei? Le sembrava ancora paradossale, sebbene Viviana l'avesse rassicurata di essere una sua pari.

Ma io sono ancora una regina senza un trono, mentre lei è la depositaria del volere della dea. Può esserci differenza più grande?

Voltando il capo fece un cenno di saluto a Raven, seduta poco distante da loro. La donna, muta come sempre, ricambiò.

Posso offrirti qualcosa da bere? Abbiamo del sidro che facciamo con le mele dei nostri alberi. È delizioso.”

Lo assaggio volentieri, grazie.”

Raven riempì loro due coppe da una brocca già ricolma del liquido ambrato. Arianrhod ne prese un sorso e lo trovò squisito, almeno quanto le mele che aveva assaggiato quella mattina. I frutti della terra dell'Isola Sacra sembravano essere nati da un suolo mistico, attraversato dall'energia stessa della terra... e forse era proprio così.

Probabilmente ti starai chiedendo perché ti ho chiesto di venire qui. Prima di tutto volevo parlare con te da donna a donna. Trovo che l'atmosfera sia più rilassata stasera di quanto non lo fosse stamattina.”

Arianrhod sorrise, incerta su cosa replicare. Ammettere che era così le sembrava una mancanza di rispetto verso l'Arcidruido Taliesin. D'altra parte ora che il sidro le aveva scaldato le membra e che Viviana appariva più donna che sacerdotessa, lei si sentiva molto più rilassata.

Il tuo cavaliere, quel bel ragazzo, non ti perde di vista un'istante a quanto sembra.” commentò Viviana.

Arianrhod arrossì, ma cercò di mantenere un certo decoro. “Mi ha salvato la vita, più di una volta. Mi è devoto e io gliene sono immensamente grata.”

Non ho difficoltà a crederlo. D'altronde tutta la Guardia Bianca ti è devota, darebbero la vita per te. E a proposito... ho ricevuto un messaggio dal Duca Fjölnir di Silverdalen. Mi ha comunicato che l'armata è in marcia verso Avalon, e che saranno qui entro pochi giorni.”

Entreranno tutti in Avalon?” chiese Arianrhod curiosa.

Certamente no” sorrise Viviana. “Sarebbe troppo chiederci di trasformare Avalon in un accampamento militare. Ma vogliamo darti il nostro appoggio, questo lo abbiamo chiarito. Per questo ho invitato qui una persona...”

La sua attenzione venne attirata da un cenno di Raven.

E' già qui Raven? Fallo entrare.”

Arianrhod si alzò in piedi di scatto mentre la porta si apriva, facendo passare un uomo. Era basso di statura, con la pelle olivastra e i capelli neri. Indossava abiti di pelle che lasciavano intravedere le pitture azzurre che gli adornavano il corpo, asciutto e muscoloso. Aveva un paio di occhi penetranti che scrutarono Arianrhod attentamente.

E' lei?” chiese senza mezzi termini, rivolgendosi a Viviana.

Sì, ti presento Arianrhod, la legittima sovrana di Svezia.”

L'uomo fece un inchino con il capo, rivelando che sulle spalle portava un arco e una faretra.

Arianrhod, questo è Cynwrig, il capo del Piccolo Popolo. Il loro territorio è confinante con Avalon e loro hanno stretto forti legami con i sacerdoti e le sacerdotesse. Sono fedeli agli antichi dei, e sono strenui difensori della nostra fede.”

E' un onore fare la vostra conoscenza” disse Arianrhod, temendo di mettere a disagio l'uomo nel guardarlo letteralmente dall'alto in basso. Ma Cynwrig non sembrava affatto intimorito o offeso. Guardava la ragazza negli occhi, da pari a pari, con fierezza e orgoglio nello sguardo.

Regina, l'onore è mio ed anche del mio popolo, che io rappresento.”

Il Piccolo Popolo si è offerto di allearsi con la Svezia e di mandare un suo contingente con te, per aiutarti nella riconquista del trono” spiegò Viviana.

Io... non so cosa dire. Vi ringrazio immensamente per la fiducia che riponete in me” disse Arianrhod incespicando nelle parole. Ma poi prese un respiro profondo e si ricompose, ergendosi in tutta la sua regalità. “La Svezia sarà sempre al fianco vostro e di Avalon, in qualunque futura necessità, e nell'obiettivo di difendere la nostra fede.”

Cynwrig apparve compiaciuto, ma la sua espressione era ancora neutra.

Tuttavia...” la interruppe sollevando una mano.

Arianrhod guardò Viviana interrogativamente in attesa che Cynwrig continuasse. Ma la sacerdotessa non appariva sorpresa, segno che conosceva già le obiezioni del Piccolo Popolo. Cos'altro non le aveva rivelato? Lo aveva fatto di proposito?

Vi chiediamo una prova, prima di allearci con voi” continuò l'uomo. “Dobbiamo sapere se gli dei sono con voi, se possiamo fidarci, e se siete degna di salire al trono. So che ne avete diritto per sangue. Ma presso il nostro popolo questo non significa nulla. Dovete esserne anche degna, dimostrare che avete le doti necessarie e il coraggio per farcela. La dea ci parlerà e ci dirà se siete voi colei che è destinata a sedere sul Trono del Drago.”

Arianrhod deglutì, completamente presa alla sprovvista. Le era sempre stato detto che il suo diritto a regnare era sancito dal sangue che le scorreva nelle vene, il sangue di suo padre e di tutti gli Yngling prima di lui. Ed ora arrivava quest'uomo a dirle che ciò non aveva alcun valore per loro. Cosa si aspettavano da lei? Se il suo diritto basato sulla discendenza di sangue veniva meno lei avrebbe anche potuto arrivare a scoprire che, per altri aspetti, non era affatto la regina che tutti si aspettavano, la regina su cui avevano riposto tante speranze.

Quello che Cynwrig ti sta chiedendo” intervenne Viviana, vedendola in difficoltà, “è di sottoporti ad un rituale di solito riservato ai membri del Piccolo Popolo. È un grande onore perché quasi mai viene concesso a uno straniero.”

Un onore? Arianrhod avrebbe voluto lasciarsi andare ad una risata isterica. Lei doveva sottoporsi a qualche oscuro rituale e doveva considerarlo perfino un onore? Si morse le labbra per non lasciarsi sfuggire neppure una sillaba che potesse offendere i suoi ospiti.

Perché gli estranei non vi vengono sottoposti?” chiese.

Perché chi lo superasse entrerebbe di diritto a far parte del Piccolo Popolo. Diventerebbe uno di noi, unito al nostro popolo da un legame indissolubile, più forte del sangue” spiegò Cynwrig guardandola negli occhi. E poi, prima che lei potesse replicare, si inchinò dicendo: “Questa è la nostra offerta, regina di Svezia. Attendiamo la vostra risposta entro il prossimo tramonto della luna.” Poi si congedò, senza aggiungere una parola.

Quando fu uscito, Arianrhod sprofondò di nuovo nella sua seggiola, e rimase in silenzio, fissando dritto davanti a sé. Viviana le si sedette accanto e le mise una mano sul braccio.

Sei spaventata?”

Vorrei sapere in cosa consiste questo rituale. Tu puoi spiegarmelo?”

Viviana scosse la testa. “E' un rituale segreto del Piccolo Popolo. Non posso parlarne. Lo saprai solo quando dovrai sottoportici.”

Mi chiedete di prendere parte a qualcosa che non conosco? Che non so come funziona? Come posso dare il mio consenso?” chiese la ragazza, frustrata.

Fa parte della prova. In ogni caso non devi temerla, sei perfettamente in grado di superarla. Hai coraggio da vendere, e inoltre non permetterei mai che si metta in pericolo la tua vita. È di gran lunga troppo preziosa.”


Quando lasciò l'alloggio di Viviana, Arianrhod a malapena si accorse di Gareth che era rimasto ad attenderla davanti alla porta, nonostante una pioggerella leggera avesse cominciato a cadere.

Gareth! Cosa ci fai qui? Ti sei bagnato” protestò lei, sorpresa.

Hai detto che non avrei mai dovuto lasciarti, no? È quello che sto facendo” sorrise lui.

Non credevo lo prendessi tanto alla lettera...” commentò lei, a sua volta con un sorriso sul volto.

Cosa voleva la Somma Sacerdotessa da te? E quell'uomo del Piccolo Popolo?”

Mentre camminavano verso l'alloggio di Arianrhod, incuranti della pioggia che cadeva sulle loro teste, lei gli raccontò della possibile alleanza con il Piccolo Popolo e del rituale che le avevano chiesto di affrontare per ottenerla.

Certo, è un rischio...” rifletté Gareth.

Credi che sia proprio necessario?”

Se vuoi essere una vera regina dovrai intrecciare delle alleanze, Arianrhod. E farlo richiede dei sacrifici. Il Piccolo Popolo ti chiede questo per concederti il suo appoggio militare. E anche Avalon te lo chiede, perché l'alleanza che verrà forgiata vedrà partecipi anche loro. Anche se cercano di apparire neutrali, non lo sono. Ci sono loro dietro tutto questo.”

Certo, non hanno un esercito con cui sostenermi, e hanno trovato questo modo” mormorò Arianrhod tra sé e sé.

Erano ormai giunti alla porta dell'alloggio, quando Arianrhod si fermò e guardò Gareth.

Cosa dovrei fare secondo te? Aspettano una mia risposta entro domani sera...”

Gareth la strinse per le braccia. Avrebbe voluto abbracciarla: appariva così fragile, bagnata come un pulcino, con i capelli incollati al capo e grondanti pioggia. Ma lei non era fragile, affatto.

Ascoltami: qualsiasi cosa ti chiedano, non ho dubbi che tu ce la possa fare.”

Forse riponi troppa fiducia in me” disse lei con amarezza, abbassando lo sguardo. “Forse tutti gli svedesi, la Guardia Bianca, Avalon, il Piccolo Popolo... tutti loro mi hanno sopravvalutata.”

Gareth sorrise. “Puoi credermi quando ti dico che non è così. E ora vai ad asciugarti prima che ti prenda un malanno”, disse sospingendola verso la porta. Poi sparì, inghiottito dal buio della notte.


Accidenti, non ci riesco!” esclamò frustrata Arianrhod, quando la freccia appena lanciata atterrò malamente sull'erba. Cosa diavolo le era venuto in mente di voler imparare quell'odiosa disciplina?

Era tutta la mattina che lei e Gareth, non avendo altro da fare nell'attesa, si esercitavano a tirare frecce su un grosso tronco d'albero. In realtà era stato Gareth a proporre di allenarsi al combattimento, ma dopo circa un'ora in cui si esercitavano alla spada – Gareth le aveva ceduto la sua e si era accontentato di un bastone – era apparso chiaro che un lungo allenamento per qualcuno che possedeva già la loro abilità non era necessario. Gareth aveva ancora una volta potuto constatare che Arianrhod possedeva un notevole talento naturale nel maneggiare l'arma. Era in grado di fare cose per le quali lui aveva impiegato anni di addestramento. Quando si era arreso nel cercare di insegnarle qualcosa di nuovo, lei gli aveva chiesto di addestrarla nel tiro con l'arco, qualcosa in cui non si era mai cimentata. Avrebbe sempre potuto tornarle utile in futuro. Ma dopo ore che provava a lanciare una freccia dritta - o almeno a non uccidere per sbaglio qualche sfortunato scoiattolo di passaggio - era alquanto esasperata. Riuscire a centrare il bersaglio poi, era pura utopia! A Gareth veniva da sorridere nel notare la sua bocca atteggiata in un’espressione irritata, ma cercava di non farsi vedere da lei perché sapeva che questo l’avrebbe fatta infuriare ancora di più. Ma la incoraggiava continuamente, dandole consigli, aiutandola con una pazienza infinita.

All’ennesima freccia che mancò il bersaglio, Arianrhod lasciò cadere a terra l’arco, spazientita.

Non posso farlo, Gareth. E’ inutile! Si vede che non è proprio cosa per me…”

Gareth sorrise. “E io invece sono convinto che puoi farcela. Il problema è che tu ti fai guidare esclusivamente dalla ragione, mentre per tirare bene occorrono concentrazione e istinto. Aspetta, ti aiuto io. Incocca la freccia.”

Gareth raccolse l'arco e glielo porse, poi si mise alle sue spalle e l'aiutò a tendere la corda dell’arco, guidandola passo passo. Con lui accanto a sé Arianrhod cominciò a rilassarsi finché non scordò tutto il resto. Lasciò andare la freccia, senza bisogno che Gareth glielo dicesse. Fu come se fosse stato il bersaglio a raggiungere la freccia, e non il contrario. Poté vederla chiaramente colpire il tronco e seppe che ce l'aveva fatta.

Emise un gridolino di trionfo e, voltandosi, gettò le braccia al collo di Gareth senza riflettere. Fu un gesto impulsivo, dettato dalla contentezza di essere finalmente riuscita dopo tanti tentativi falliti. Ma improvvisamente si trovò faccia a faccia con lui, il viso a pochi centimetri dal suo. I loro nasi si sfioravano e le loro bocche erano pericolosamente vicine. In un impeto di sconsideratezza Arianrhod percorse quella breve distanza che li separava e gli sfiorò la bocca con la propria. Gareth, rimasto innaturalmente rigido fino a quel momento, improvvisamente le catturò la bocca in un bacio appassionato, in cui entrambi si persero, labbra, menti e anime unite. Fu una questione di pochi secondi prima che Gareth, come tornato in sé, si staccasse bruscamente, respingendola con gentilezza, ma fermamente.

Cercò di ignorare lo sguardo confuso e addolorato di Arianrhod. Lei lo guardava come un animale ferito guarda il suo carnefice.

Mi dispiace...” mormorò abbassando lo sguardo. “Non odiarmi, ma questo è uno sbaglio. Ti prego, dimentichiamolo...”

Lei cercò di rimanere composta, ma il labbro le tremava impercettibilmente e aveva gli occhi lucidi. Tuttavia il suo sguardo non vacillò: cercava lo sguardo di lui, coraggiosamente, come chi non avesse altro da perdere. Ma lui continuava a evitarla.

In un gesto di rabbia impotente Arianrhod scagliò a terra l'arco che ancora teneva in una mano, e con tutta la dignità che riuscì a racimolare si voltò e si allontano, piantandolo lì dove si trovava. Nonostante tutto camminava con le spalle dritte e il mento sollevato, e Gareth pensò che non era mai stata così bella come in quel momento.




Angolo Autrice: Ed eccoci qui, siamo giunti a un punto di svolta nella relazione tra Gareth e Arianrhod. Le cose si fanno difficili per loro, e non sarà una passeggiata trovare un punto d'incontro. Ovviamente c'è un motivo se Gareth l'ha respinta... ma lei, ancora un po' ingenua, non lo ha compreso del tutto. Come se non bastasse ha anche tanti dubbi sul suo futuro ruolo, e ha paura di deludere tutti quelli che ripongono fiducia in lei. E poi c'è la prova che dovrà affrontare per guadagnarsi l'alleanza del Piccolo Popolo... il tempo scorre!

A proposito di questo volevo dare un piccolo cenno storico su questo popolo. Praticamente in ogni cultura esiste la leggenda di un popolo che vive nei boschi, nelle paludi, nei laghi, e che rifiuta i contatti con gli altri popoli. Ma secondo alcuni storici, come ad esempio James Gairdner, questa leggenda ha radici nella storia, e questo popolo non sarebbe altro che una razza di pigmei che viveva in Galles, Cornovaglia e Irlanda, le tre aree dove questa leggenda è più presente. Avrebbero avuto pelle olivastra, capelli scuri e sarebbero stati di piccola statura. Tuttavia, anche se desiderosi di mantenere il loro stile di vita rispettoso della natura, il Piccolo Popolo sarebbe sceso in battaglia a fianco degli altri popoli della Britannia qualora ci fosse stato bisogno, dal momento che erano valorosi guerrieri. Questo accade anche nei libri di MZB, e quindi io ho immaginato che potessero cercare un'alleanza anche con Arianrhod, nel tentativo di arginare l'avanzata cristiana (essi erano infatti devotissimi pagani, legati al culto della dea madre).

Scusate il papiro :)

E niente, spero che il capitolo vi piaccia e come sempre vi ringrazio tutti.

Alla prossima!

Eilan


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Capitolo 13
*** Capitolo tredici ***


Dragons





Quel pomeriggio Avalon fu di nuovo investita da una pioggia leggera; l'aria era permeata di umidità, ma anche di un piacevole tepore. Le piccole gocce di pioggia creavano un velo traslucido che avvolgeva l'isola in un abbraccio ovattato. Ogni suono, ogni colore, le chiome degli alberi, le acque del lago, perfino il dolce cinguettio degli uccelli, giungevano remoti, attutiti, come se provenissero da una landa incantata che era separata da Avalon solo da una sottile barriera.

Arianrhod notò con amarezza che nulla poteva accordarsi al suo umore quel giorno come quella pioggerella fastidiosa che le penetrava nella scollatura della veste, provocandole un brivido ogni volta che una goccia le tracciava un sentiero umido lungo la pelle della schiena. Ma a lei non importava, a malapena ci faceva caso. Quel piccolo fastidio era un balsamo per lei, perché la distraeva dal turbamento che provava nell'animo. La giornata, stranamente cupa per essere estiva, sembrava comprenderla come forse nessun essere umano avrebbe potuto fare. Ti capisco, le diceva. So come ti senti. So che provi rabbia, tristezza e frustrazione. So cosa si agita dentro di te. Lui ti ha respinta, non sei niente per lui.

È vero, avrebbe risposto lei. Perché mi ha trattata così? Lo odio!

Non è vero, non puoi ingannarmi su questo. Non potresti odiarlo nemmeno se lo avessi colto tra le braccia di un'altra.

Arianrhod non aveva ancora rivisto Gareth da quella mattina. Lui era venuto a cercarla al suo alloggio, subito dopo quello che era successo tra loro. L'aveva chiamata attraverso la porta, aveva battuto i pugni sul legno per farsi aprire, ma lei era rimasta ostinatamente chiusa nel suo silenzio e non aveva aperto. Quando una novizia era venuta a portarle delle vesti pulite, due ore più tardi, le aveva detto: “C'è un cavaliere qui fuori che chiede di voi, mia signora. Devo farlo entrare?”

Arianrhod si era meravigliata suo malgrado per la tenacia che Gareth stava dimostrando. Per un attimo si era intenerita, e i suoi occhi erano divenuti lucidi. Poi si era riscossa. No! È venuto qui solo per mettersi la coscienza a posto.

No, per favore” aveva detto alla novizia. “Ditegli di andare via. Non desidero incontrarlo.”

Gareth a quel punto aveva desistito. Se n'era andato e non l'aveva più cercata. E lei non aveva cercato lui.

Aveva deciso di sfruttare tutta la rabbia che aveva in corpo esercitandosi tutto il pomeriggio a tirare con l'arco, ignorando la pioggia. A malapena vedeva il bersaglio attraverso quella cortina di acqua e nebbia, ma tirava frecce una dopo l'altra, con ferocia e precisione letale, senza concedersi tregue. Aveva sgombrato la mente da ogni pensiero cosciente, come, per ironia della sorte, aveva cercato di insegnarle Gareth. Solo i suoi sentimenti feriti esistevano: la sua rabbia, il suo dolore, il suo sconcerto. I muscoli delle braccia presero a dolerle, i capelli erano ormai una matassa umida ed intrecciata, ma lei non si fermò finché le prime stelle della sera cominciarono a punteggiare la volta del cielo notturno. A quel punto il cielo si era rischiarato, e la pioggia era completamente cessata. La luna fece capolino da dietro le nubi che si diradavano e Arianrhod si ricordò di un altra imminente scadenza che l'attendeva. Fino al tramonto della prossima luna. Quindi fino all'alba del giorno seguente. Questo il tempo che le era stato concesso per prendere una decisione. Ed in cuor suo Arianrhod l'aveva già presa. Forse, inconsciamente, il rifiuto di Gareth le aveva tolto gli ultimi scrupoli. Sapeva che era sciocco, ma si sentiva come se non avesse più nulla da perdere. Tutti quelli che amava erano morti, a Gareth non importava niente di lei... anche se il Piccolo Popolo le avesse chiesto di sottoporsi ad una prova in cui rischiava di morire, cosa importava? Gli svedesi si sarebbero trovati un altro pretendente al trono, e Avalon qualcun altro da sostenere per salvaguardare i propri interessi. Una piccola parte di lei si stupiva di vederla in quello stato, intenta a sputare amarezza e cinismo. Ma le spalle su cui poggiavano tante responsabilità avevano un limite di sopportazione; varcato quel limite rischiavano di cedere, di schiantarsi sotto tutto quel peso.

Somma Sacerdotessa” chiamò entrando decisa nell'alloggio di Viviana, prima che una delle novizie che la servivano potesse annunciarla.

Mia signora!” esclamò una di loro imbarazzata, correndole incontro. “Non potete entrare in questo modo!”

Vi chiedo scusa” rispose Arianrhod senza vacillare. “Ma devo vedere Viviana. È urgente.”

La Somma Sacerdotessa non si trova qui...”

E dov'è?” chiese lei confusa.

La novizia sorrise. “Si trova al Pozzo. Volete che vi conduca da lei?”


Viviana stava seduta su una roccia coperta di muschio, una delle pietre che orlavano la fonte che le sacerdotesse chiamava il Pozzo Sacro. La sua acqua, che scorreva limpida sgorgando dalla roccia stessa, in un perfetto rivolo argentato, si riversava gorgogliante nella polla sottostante. Il luogo dove si trovava era noto solo alle sacerdotesse; neppure i druidi – fatta eccezione per l'Arcidruido – ne conoscevano l'ubicazione. Era un segreto che le sacerdotesse custodivano gelosamente, poiché quello era un luogo sacro, ed era quell'acqua che scrutavano in cerca di visioni. Arianrhod rimase impietrita di fronte alla bellezza di quel luogo, celato da un piccolo, folto gruppo di alberi, tanto che nemmeno notò che la novizia si era discretamente ritirata, fin quando non si voltò e non la trovò più al suo fianco. Viviana, seduta di spalle, non poteva vederla, eppure evidentemente ne udì i passi leggeri sul tappeto di muschio.

Avrei comunque voluto mostrarti questo posto prima o poi, mia cara” disse senza voltarsi. “Perciò non è un male che sia accaduto stasera.” Posò una mano sulla roccia accanto a quella su cui sedeva. “Vieni a sederti accanto a me, così potrai dirmi cosa ti turba.”

Arianrhod trasalì: come aveva potuto indovinarlo, senza nemmeno guardarla? Fece come Viviana le aveva chiesto e si sedette accanto a lei.

Questo posto... è bellissimo” disse sinceramente. Non le venivano altri aggettivi per descriverlo: ne era letteralmente incantata.

Viviana sorrise: “Fa questo effetto anche a me, nonostante venga qui da più di vent'anni, sai?”

Allora, dimmi cosa è successo cara” disse prendendole una mano fra le proprie e guardandola in viso. “Sai è buffo, ho pensato che potrei essere tua madre... sei così giovane ed io ho già trentasei anni. Non ho avuto figlie femmine che siano giunte all'età adulta. Eilantha, la mia unica figlia, è morta quando aveva pochi mesi, e oggi, se fosse ancora viva, avrebbe nove anni. Oh, lo so cosa stai pensando. L'ho avuta tardi, sì, perché mia madre esitava a darmi il permesso di affrontare la prova che mi avrebbe consacrata sacerdotessa. Ma anche se ho perso Eilantha, ho avuto la fortuna di crescere le mie due sorelline come se fossero figlie mie.”

Come si chiamano?” chiese Arianrhod. “Si trovano qui ad Avalon?”

Igraine e Morgause. No, non sono più con me. Igraine è andata sposa quest'anno al Duca di Cornovaglia e ho preferito mandare Morgause con lei. Non è adatta alla vita sacerdotale, quella bambina.”

Sembri ancora così giovane, Viviana” mormorò Arianrhod, insicura se la sua affermazione l'avrebbe offesa. “E mi dispiace tanto per tua figlia.”

Ti ringrazio”, disse Viviana, abbassando il capo. “Lei era nata subito dopo la morte di suo padre, Vortimer, e per me fu un colpo ancor più duro.”

Vortimer? Vuoi dire che il padre di tua figlia era il figlio del vecchio Grande Re?” Arianrhod aveva una nota ammirata nella voce. Naturalmente lo sapeva già, ma non ci aveva creduto del tutto fino a quel momento: Viviana doveva essere davvero una donna molto potente.

Viviana si riscosse dai suoi pensieri velati di nostalgia e rimpianto e le sorrise: “Allora dimmi: di cosa eri venuta a parlarmi?”

Arianrhod prese una profondo respiro. “Ho deciso di accettare di sottopormi alla prova che mi ha richiesto Cynwrig.”

La sua bocca era contratta e il suo sguardo duro. Viviana si chiese cosa le fosse successo. Aveva perso un po' di quella forza d'animo e ingenuità che la caratterizzavano, e che rendeva tanto frizzante la sua giovane età.

Ne sono felice, e lo riferirò a Cynwrig questa sera stessa. Ci hai riflettuto bene? Sei pronta a correre il rischio?”

Non mi importa di quale possa essere il rischio” rispose dura. “Non mi importa neppure di sapere di che prova si tratta.”

Viviana la osservò ancora per qualche attimo. Quella risolutezza e quella tensione emotiva nascondevano qualcosa, forse dolore. La sacerdotessa cominciò a comprendere di cosa potesse trattarsi. Ma sapeva che a lei non avrebbe fatto piacere saperlo.

Sono fiera della tua decisione” le disse con un sorriso. “Ed ora c'è una cosa che voglio mostrarti. Permetti?”

Arianrhod annuì, curiosa.

Viviana le fece cenno di chinarsi sulla polla, poi passò una mano sull'acqua, increspandone la superficie. Rimase assorta per qualche momento, tanto concentrata che sembrava trovarsi in uno stato ultraterreno.

Vedo molte cose nel tuo futuro” la sua voce stentorea spezzò il silenzio teso ed Arianrhod drizzò le orecchie, sbalordita.

Ora tu incarni la Dea nel suo primo aspetto, quello della Vergine, ma arriverà il giorno in cui lei sarà per te la Madre, il suo secondo aspetto. Ma prima di allora vedo battaglie... sanguinose battaglie. I corvi banchetteranno, i morti copriranno intere piane: i loro vessilli laceri e macchiati di sangue garriranno al vento del nord, come macabri simboli del prezzo che dovrai pagare per riavere il tuo trono. Vedo un giovane guerriero che ti tradirà, proprio quando meno te lo aspetterai. E accadrà se ti lascerai trascinare dalla passione e dall'impulso. E la Dea nel suo terzo aspetto, quello della Morte, ti visiterà allora, ma non so quale vita reclamerà per sé.”

Trascorse qualche secondo prima che Viviana continuasse.

Vedo che dovrai compiere una scelta, una scelta molto difficile, per il bene del tuo popolo e del tuo regno. Solo allora sarai veramente regina, in tutto.”

La sacerdotessa tacque, il respiro ansante. Increspò di nuovo l'acqua, ma non riuscì più a scorgere nulla sulla sua superficie.

Arianrhod era rimasta a bocca aperta, troppo sconvolta per parlare. Molti aspetti della visione li aveva previsti. Sapeva che ci sarebbero state battaglie lungo la via per la riconquista del trono, non era ingenua fino a quel punto. Ma il modo in cui Viviana le aveva descritte le provocò un brivido di paura. Quanti uomini avrebbero perso la vita a causa sua? Quanti sarebbero morti per far sì che lei salisse di nuovo al trono? Tanti, troppi. E i suoi genitori e suo fratello erano stati le prime vittime.

Le altre affermazioni di Viviana erano state, per certi versi, molto più inquietanti. Chi era il “giovane guerriero” che l'avrebbe tradita se lei fosse stata troppo cieca per rendersi conto della verità? In che aspetto la morte le avrebbe fatto visita? E quale difficile scelta sarebbe stata costretta a compiere?

Non sforzarti troppo di capire, adesso” le disse Viviana gentilmente. “Le visioni vanno interpretate, ed avrai tempo per farlo. E per cambiarle, se necessario.”


***

Arianrhod stava in piedi, diritta e fiera, sulle rive del lago di Avalon. Aveva indossato una delle vesti che le aveva fatto recapitare il generale della Guardia Bianca, il Duca di Silverdalen, per prepararla al loro incontro. La ragazza non aveva mai posseduto una veste tanto bella e raffinata. Era di color blu notte, con le maniche azzurre che si intravedevano appena sotto le soprammaniche non molto ampie. Lo stesso ricamo azzurro veniva ripreso anche sul davanti della veste e all’altezza dei gomiti.

Ed era così abbigliata che la Regina di Svezia accolse l’arrivo della barca. Viviana e Taliesin erano anche loro lì ad accogliere gli importanti visitatori, immobili al suo fianco. Gareth, com'era suo dovere, stava in piedi pochi passi dietro di lei. L'aveva cercata più volte con lo sguardo, ma lei non aveva ricambiato, continuando a guardare dritta davanti a sé.

A bordo della barca vi erano sei uomini con indosso delle corazze lucenti. Scesero uno ad uno e, quando le furono di fronte, si inchinarono a lei con profonda deferenza.

Mia Regina…”, mormorò uno degli uomini. Arianrhod gli tese la mano e lui la baciò. Poi si alzò in piedi. “Sono il Duca di Silverdalen, vostro servo devoto.”

Quando poté guardarlo bene in viso, Arianrhod rimase di sasso. Il duca sembrava una versione più matura di Gareth, e la somiglianza tra loro era inequivocabile.

Non è possibile... non può essere!

Questi uomini sono alcuni dei comandanti della Guardia Bianca, mia signora”, aggiunse il Duca Fjölnir indicando gli altri cavalieri. Ad uno ad uno gli uomini si inchinarono di fronte a lei. “Il generale Wanlande, il generale Valbur...” cominciò a elencare il duca, indicando gli uomini inginocchiati.

Ősten!” lo interruppe di malagrazia Arianrhod, felice di scorgere tra quelle facce sconosciute una familiare. “Sono contenta che stiate bene.”

Il duca e gli altri generali erano lievemente irritati di essere stati messi in ombra da un sottoposto, ma non lo diedero a vedere, se non con qualche occhiata nervosa.

Siete troppo gentile mia signora” replicò Ősten, a disagio.

Non vi ho ancora ringraziato degnamente per avermi salvato la vita” disse, prendendogli le mani. Il giovane arrossì dall'imbarazzo, ma non poté trattenere un sorriso di riconoscenza.

E' stato un onore, oltre che un dovere, mia regina” dichiarò portandosi la mano al petto e chinando il capo.

Poi si fece avanti Viviana: “Avalon vi da il benvenuto, nobili cavalieri.”

Sono felice di rivedervi Somma Sacerdotessa”, rispose Fjölnir. “E’ un onore per me essere di nuovo alla presenza vostra e dell’Arcidruido.”

Taliesin chinò la testa in segno di ringraziamento.

Ma permettetemi di presentarvi mio figlio, mia regina” intervenne in fretta il duca, indicando l'ultimo cavaliere della fila, quello che ancora non le era stato presentato. “Il mio primogenito ed erede, Domaldr.”

A quelle parole Arianrhod poté percepire il dolore di Gareth anche senza bisogno di voltarsi a guardarlo. Strinse i pugni per trattenere l'impulso di correre da lui e gettarsi tra le sue braccia. In quel momento era completamente dimentica del risentimento che provava per lui. Qualcosa di più profondo, più bello, e più vero sopraffece il rancore. Poteva capire perché tutto questo fosse così doloroso per Gareth... ma quello che non comprendeva era perché le aveva nascosto la verità.

Mia signora” disse Domaldr facendosi avanti con passo audace e sguardo sicuro. Aveva un modo di squadrarla che ad Arianrhod non piacque: troppo sfacciato, troppo... arrogante. “E' un onore conoscervi.”

Le baciò la mano trattenendola un secondo di troppo, e Arianrhod la ritirò con irritazione. Chi si credeva di essere quel ragazzo? Solo perché era il figlio del duca credeva di poterla trattare con tanta familiarità?

Mentre il gruppo si dirigeva verso gli alloggi che erano stati preparati per gli ufficiali della Guardia Bianca, Ősten lanciò uno sguardo preoccupato prima ad Arianrhod, al cui fianco camminava Domaldr, e poi a Gareth.


***

Gareth era sollevato dell'arrivo di Ősten. Loro due erano amici di lunga data e Gareth sentiva che in quel momento aveva bisogno più che mai della spalla di un amico. Negli ultimi giorni aveva perso del tutto la fiducia di Arianrhod, che si era allontanata sempre di più da lui. Ed ora che anche suo padre e suo fratello erano sull'isola, Gareth aveva buone ragioni di credere che il suo umore non sarebbe migliorato. Parlare con Ősten avrebbe dato sollievo al suo animo tormentato, anche se neppure a lui avrebbe mai potuto confidare il tremendo passo falso che aveva compiuto. Quello mai. A nessuno. L'amico aveva assistito i suoi superiori nella complicata svestizione delle pesanti armature, dal momento che agli scudieri non era stato permesso di sbarcare sull'isola; ed ora era compito di Gareth andarlo a prendere per condurlo agli alloggi degli apprendisti, dove avrebbero dormito entrambi. Stava per bussare alla porta dell'alloggio degli ufficiali, quando si bloccò con il pugno a mezz'aria. Si udivano distintamente le voci di due uomini provenire dall'interno, che Gareth identificò come quelle del duca e di suo figlio. Sapeva che non avrebbe dovuto, ma quando uno dei due pronunciò il nome di Arianrhod, non poté fare a meno di origliare.

Non mi è sembrata molto colpita, padre” stava dicendo Domaldr, in tono petulante.

Sciocchezze!” replicò il duca. “Saprai farti accettare, ragazzo. Corteggiala, fatti apprezzare da lei.”

Siete sicuro che tutto questo porterà dei frutti?”

Non ho dubbi. Tu sei il candidato più adatto alla sua mano, e se lei ancora non se ne rende conto, presto dovrà. E così tu sarai il prossimo re di Svezia.”

Qualcuno lo toccò sulla spalla e Gareth sobbalzò.

Cosa stai facendo?” chiese Ősten.

Ti pare il modo di arrivarmi alle spalle in questo modo?” ribatté Gareth in tono più irritato di quanto avesse avuto intenzione.

La conversazione di cui era appena stato involontario testimone lo aveva colpito come un pugno nello stomaco. Negli intervalli di razionale lucidità doveva ammettere che quello che aveva detto il duca era sensato: probabilmente Domaldr era il candidato più adatto alla mano di Arianrhod. Era ricco, potente, e in grado di dare grande appoggio alla nuova regina. Ma... come si permettevano di parlare di lei in quel modo? Come se non fosse altro che un buon partito disponibile per il migliore offerente? Gareth non poteva dare altro nome a quel sentimento nuovo che era nato in lui... tranne gelosia.

Tutto bene, amico?” lo sguardo e il tono di Ősten erano preoccupati. Raramente aveva visto Gareth in quello stato alterato.

Sì... sì, tutto bene. Perdonami.” rispose Gareth passandosi una mano tra i capelli. “Andiamo via di qua.”




Angolo Autrice: Ed eccoci all'arrivo della Guardia Bianca. Le cose, se possibile, si fanno ancora più complicate. Riuscirà la rivelazione sulle origini di Gareth a indurre Arianrhod ad essere più comprensiva con lui? Ora che all'orizzonte si affaccia quel cocco di papà viziato di Domaldr come andranno le cose? Al prossimo capitolo l'ardua sentenza! :) E poi il rituale ci aspetta! Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, e grazie come sempre a tutti, siete fantastici!

Alla prossima,

Eilan


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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici ***


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Il rullo dei tamburi saturava l'aria di vibrazioni ritmiche, accompagnando il tramonto che sfumava sulle acque del lago. Arianrhod stava al centro del cerchio di persone, vestita di un abito di pelle che le donne del Piccolo Popolo avevano confezionato appositamente per lei, i piedi nudi, i lunghi capelli sciolti sulle spalle. Decine di facce la osservavano, alcune curiose, altre preoccupate. Tra queste c'era il duca Fjölnir, che aveva protestato di non essere stato consultato per la decisione che Arianrhod aveva preso.

Mia signora, avete preso una decisione avventata” le aveva detto. “Dovevate prima discuterne con me, e con gli altri generali.”

L'alleanza con il Piccolo Popolo ci serve, duca”, aveva tagliato corto Arianrhod.

Cionondimeno sarebbe stato opportuno ascoltare il parere dei vostri comandanti.”

Arianrhod lo aveva guardato freddamente e non aveva risposto. Ancora le riusciva difficile capire perché suo padre avesse considerato quell'uomo uno dei suoi più cari amici. Non le sembrava degno di tanta fiducia. Suo figlio poi era decisamente insopportabile: da quando aveva messo piede sull'isola, non l'aveva lasciata un attimo in pace. Insisteva per accompagnarla ovunque e la inondava di complimenti. Non c'era stata una volta in cui non era d'accordo con una parola pronunciata da Arianrhod. E questo non aveva fatto altro che allontanare ancora di più Gareth da lei. Se solo la vedeva in compagnia del fratellastro cambiava discretamente strada, o si ritirava prima di trovarsi faccia a faccia con loro. Arianrhod non poteva fare a meno di provare una fitta al cuore tutte le volte che questo accadeva.

Domaldr era totalmente diverso da Gareth, quasi il suo opposto. Era insopportabilmente tronfio e pieno di sé. Era quasi incredibile che avessero lo stesso padre. Per questo motivo lei cercava di essere cortese, ma distaccata nei confronti di Domaldr, dissuadendolo il più possibile dal cercare la sua compagnia; ma il giovane sembrava immune alla sua freddezza.

Mia regina...” aveva detto Fjölnir in tono più dolce. “Arianrhod... perdonatemi se mi rivolgo a voi per nome, ma dovete sapere, mia cara bambina, che vi conosco fin dal giorno in cui siete venuta al mondo. Sono stato tra i primi a tenervi tra le braccia, e vi ho vista crescere. Vostro padre vi ha affidata a me, e ho cercato sempre di fare del mio meglio per proteggervi.”

Arianrhod lo guardava ancora senza una parola, ma il suo sguardo aveva perso molto della sua durezza iniziale.

Il duca ebbe il coraggio di continuare.

So che probabilmente mi biasimate per la morte dei vostri genitori adottivi... anch'io mi biasimo, credetemi. Ho una grande colpa da farmi perdonare, e potete stare certa che farò tutto ciò che è in mio potere per riparare. Vi restituirò il trono di vostro padre, e...”

Così potrete farci sedere il vostro figliolo come mio consorte?” chiese Arianrhod, tagliente.

Io... mi dispiace, non immaginavo che Domaldr vi fosse tanto inviso, vi prego di credermi. Ritenevo solo che potesse essere un buon marito per voi, che potesse darvi l'appoggio di cui avrete bisogno presso la nobiltà. Non pensavo di indispettirvi in questo modo, suggerendo a mio figlio di sondare il terreno con voi a riguardo...”

Vostro figlio non mi ha lasciato un attimo di respiro in questi giorni. Se volete il mio perdono, ditegli di smetterla! Se e quando sceglierò un marito, sarà una mia decisione.”

Avete ragione. Parlerò con Domaldr, e state pur certa che non vi importunerà più. Sapete, mio figlio a volte sa essere molto testardo... e viziato. Temo di dovermi accollare gran parte della colpa per questo”, disse con un sorriso amaro. “Ma dovete sapere che lui è il mio unico figlio maschio legittimo, e troppe volte non ho saputo dirgli di no. Non sono stato capace di fare di lui un uomo.”

Arianrhod non poté fare a meno di essere colpita dalla frase che il duca aveva pronunciato. L'unico figlio maschio legittimo. Si chiese se dovesse parlargli di Gareth, ma comprese che quello non era il momento giusto.

Ho paura di essere venuto meno alla sacra promessa che feci al mio re” continuò Fjölnir “e preferirei morire che vivere con questa consapevolezza.”

Arianrhod scrutò il duca negli occhi, senza riguardi per la sua anzianità. Avrebbe voluto leggerci ipocrisia, calcolo o indifferenza. Invece si accorse che l'uomo era veramente addolorato al pensiero di averla delusa. Che tenesse veramente a lei, come affermava?

A proposito” disse il duca. “Vi ho portato una cosa che mi è stata affidata da una persona, quando ci separammo al vostro arrivo in Britannia. Me la diede la donna che ci aiutò a farvi lasciare la corte in segreto. Diceva che un giorno vi avrebbe aiutato a recuperare la memoria di ciò che siete.”

Così dicendo frugò nel suo baule da viaggio e ne trasse un involto, che porse ad Arianrhod. Lei trattenne il respiro senza rendersene conto, mentre lo svolgeva. Pochi secondi dopo si trovò tra le mani la bambola che tante volte le era apparsa nei suoi sogni, la piccola bambola di pezza vestita di un abitino di seta di squisita fattura. Era usurata dal tempo rispetto a quella che aveva sognato, ma non c'erano dubbi che fosse proprio lei.

Ma questa... questa è...”

La vostra bambola preferita” confermò il duca con un sorriso. “Si chiama Bron.”

Bron.

Non vi separavate mai da lei quando eravate piccola, così Hejör, la donna di cui vi parlavo, l'ha presa con sé il giorno in cui scappammo dalla Svezia. Non avrebbe potuto lasciarvela capite? Un oggetto tanto lussuoso avrebbe destato sospetti, e inoltre lei credeva che, quando sarebbe giunto il momento per voi di ricordare il vostro passato, Bron vi sarebbe stata utile.”

Arianrhod se la strinse al petto, con gli occhi lucidi.

Vi ringrazio”, aveva detto in un soffio. E quello era stato il momento in cui aveva cominciato ad intuire perché suo padre avesse dato tanto valore all'amicizia con il duca di Silverdalen. “Mi date la vostra benedizione per affrontare il rituale dunque?”

Fjölnir sospirò. “E sia. Ma se dovesse accadervi qualcosa, qualsiasi cosa, ne risponderanno a me personalmente.”


***


Anche se il duca aveva accettato con riluttanza che Arianrhod si sottoponesse al rituale, continuava a guardarla preoccupato, chiedendosi se non avesse fatto meglio ad opporsi in qualche modo. Ma di sicuro Viviana e Taliesin non avrebbe permesso che si mettesse in pericolo la vita della futura regina.

Sentire su di sé tutti quegli sguardi preoccupati, oppure carichi di aspettativa e di anticipazione, metteva a disagio Arianrhod. Chissà cosa stava pensando Gareth, anche lui presente tra quel pubblico?

Inspirò ed espirò lentamente, cercando di concentrarsi solo sul ritmico suono dei tamburi suonati dal Piccolo Popolo. Le avevano detto che erano gli stessi uomini che suonavano i tamburi da guerra, durante le battaglie.

All'interno del cerchio, di fronte a lei, stavano Viviana, Taliesin e Cynwrig, abbigliati con vesti rituali. Le sacerdotesse che stavano dispiegate come due ali al loro fianco intonarono un canto rituale, che avrebbe dovuto infonderle forza. Decine di torce fiammeggianti erano state infisse nel terreno e rischiaravano la radura tutto intorno a loro.

Cynwrig piantò nel terreno la lancia che teneva in mano, e prese un oggetto che un membro del Piccolo Popolo gli porse. Si avvicinò ad Arianrhod e glielo porse. Si trattava di un coltello cerimoniale, in pietra lavorata, decorato con un fregio dal significato oscuro. Era un oggetto molto bello e, dopo averlo rimirato qualche secondo, Arianrhod lo prese e lo mise alla cintura, perché le sembrava che era quello che Cynwrig si aspettava da lei.

L'uomo attese che un altro membro della sua tribù si facesse avanti, con grande cautela. Quest'ultimo era molto anziano, ma camminava senza esitazioni, tenendo in mano un braciere di terracotta. Dentro di essa ardeva una piccola fiamma, circondata da un olio profumato.

Cynwrig parlò per la prima volta dall'inizio rituale. Pronunciò alcune parole in una lingua che Arianrhod non conosceva, che furono accompagnate da un forte rullo dei tamburi, dal canto sempre più forte delle sacerdotesse, e dalle rombanti acclamazioni del Piccolo Popolo. Per un fugace momento Arianrhod si guardò intorno confusa, e colse lo sguardo di Gareth, diretto solo a lei, e altrettanto confuso e preoccupato. Lei si affrettò a riportare lo sguardo su Cynwrig, turbata. Cosa aveva detto l'uomo? Cosa volevano che facesse se neppure glielo spiegavano?

Ma Cynwig tradusse, prontamente. “Questa fiamma” disse indicando il braciere che l'uomo anziano teneva ancora in mano. “Rappresenta il cuore del nostro popolo, la sua vitalità, la vita che scorre sotto i nostri piedi. Rappresenta il legame che abbiamo con la nostra madre terra. Essa non deve spegnersi mai, o la luce che ci guida sarà anch'essa smorzata.”

Il tuo compito è portare la fiamma fin nel nostro territorio, dall'altra parte del lago, oltre le nebbie, senza che essa si spenga. Dovrai proteggerla a costo della tua vita, e per farlo avrai solo il pugnale che ti è stato consegnato. Sarai sola, e potrai contare solo sulla tua forza, sul tuo coraggio e sull'aiuto degli dei. Lo farai?”

Arianrhod non poté fare a meno di guardarsi di nuovo attorno: lo sguardo di Gareth era ancora su di lei. E quello del duca Fjölnir anche, e lei non poté non notare la sua preoccupazione.

Lo farò. Accetto questo compito”, disse Arianrhod cercando di tenere ferma la voce.

Bene. Ti aspetteremo all'alba nel nostro territorio.”

A quelle parole l'uomo anziano le consegnò il braciere, che lei accolse con mani tremanti. Poi, senza più guardare nessuno, senza più ascoltare i canti, né i tamburi, si voltò e si avviò verso le acque del lago.


Arianrhod cominciò camminando nell'acqua bassa, appena oltre la riva. Il primo contatto con l'acqua non era stato piacevole. Era fredda, e le diede i primi brividi. Quando non fu più in vista della folla, si fermò, riflettendo su come raggiungere il territorio del Piccolo Popolo entro l'alba. Orientarsi col buio sarebbe stato difficile, ma la luce lunare l'avrebbe aiutata a trovare la strada. Da lontano poteva vedere la sponda che avrebbe dovuto raggiungere, ma sapeva di non poter passare via terra, se non fino a un certo punto: le due sponde erano divise da una striscia d'acqua, che avrebbe dovuto necessariamente attraversare. Sperava che non fosse troppo profonda; in ogni caso non era molto larga, e quindi c'erano buone possibilità che riuscisse a superarla senza far spegnere la fiamma. Per raggiungere quella riva avrebbe anche potuto risalire di nuovo la collina e camminare sulla terraferma, ma questo le avrebbe fatto allungare il percorso. No, meglio camminare sul bagnasciuga, costeggiando la collina fino al punto in cui avrebbe dovuto immergersi in acqua per raggiungere la sponda opposta. Lo sciabordio dell'acqua che sollevava camminando era l'unico rumore che si poteva udire nella notte quieta, salvo qualche gufo in cerca di prede e l'ululato di un lupo in lontananza.

Quando fu sulla riva che fronteggiava quella opposta, Arianrhod sospirò. Non le restava altra scelta. La prospettiva di immergersi in quell'acqua scura non l'allettava per niente. Notò un gruppo di canne che spuntavano dall'acqua e, lavorando un bel po' con il coltello che le avevano dato, riuscì a staccarne una non molto grande.

Prima un piede poi l'altro, presto si ritrovò immersa fino alle ginocchia. I suoi piedi affondavano nel limaccioso fondale, e la sensazione non era per niente piacevole. Man mano che si avvicinava al centro, l'acqua diventava sempre più fredda. Arianrhod rabbrividì: ormai aveva il vestito quasi completamente zuppo, e realizzò che, una volta dall'altra parte, avrebbe dovuto accendere un fuoco per asciugarsi, o c'era il rischio concreto che congelasse.

Qualcosa le sfiorò le caviglie e Arianrhod sussultò, rischiando di far cadere il braciere in acqua. Riuscì a intravedere l'ombra di un animale dalla forma allungata che le girava intorno e un brivido di disgusto l'attraverso. Ma strinse i denti e andò avanti, cercando di ignorare il freddo, il fango e le creature che popolavano il lago.

Ad un certo punto il suo piede non toccò più il fondo e lei comprese che aveva raggiunto il limite massimo in cui poteva proseguire a piedi. Doveva mettersi a nuotare, ma dovendo reggere la fiamma con entrambe le mani rischiava di andare a fondo. Finalmente la canna che aveva portato con sé fino a quel momento le sarebbe stata utile. Vi si aggrappò con un braccio, mantenendo le mani unite per tenere il braciere; e dandosi una leggera spinta, si mise a nuotare solo con l'aiuto dei piedi. Non fu un compito facile, e quando finalmente raggiunse l'altra riva era decisamente stanca. Ma almeno la fiamma non era stata toccata dall'acqua che l'avrebbe spenta. Stava per gettare via la canna, quando si rese conto che avrebbe ancora potuto esserle utile. Scelse un posto dove accendere un fuocherello che l'avrebbe in parte asciugata, e una volta che il fuoco prese bene si dedicò a intagliare il bastone fino a renderne appuntita una delle due estremità.

Trascorse diverso tempo prima che si fosse asciugata abbastanza da poter continuare la marcia. Il territorio di Avalon in quel punto era coperto di alberi e piuttosto cupo. Con il bastone sottobraccio e il braciere tra le mani, una sempre più stanca e infreddolita Arianrhod proseguì a lungo, finché non fu troppo stremata e dovette fermarsi. Sapeva che avrebbe dovuto accendere di nuovo un fuoco per tenere lontane le bestie, ma era troppo stanca per mettersi nuovamente a raccogliere legna, e sperava che la fiamma del braciere sarebbe stata sufficiente come deterrente per gli animali. Inoltre avrebbe riposato solo qualche ora, giusto il tempo di recuperare un poco le forze. Con questi pensieri che tentavano di sembrarle rassicuranti, Arianrhod si rannicchiò su se stessa e si addormentò, con la preziosa fiamma accanto a sé.

Il buio era ancora fitto quando venne improvvisamente svegliata da un ringhio. Con un balzo fu in piedi, e si trovò faccia a faccia con due lupi che la fissavano minacciosi, pronti ad attaccare.



Angolo Autrice: Ciao a tutti! Scusate il ritardo con cui ho aggiornato, ma ho avuto qualche problema in famiglia. Comunque niente di grave e ora sono di nuovo qui. E' stato un capitolo non facile da scrivere per me, e non sono sicura di esserne soddisfatta al 100%... comunque ci ho messo tutta me stessa, e quindi spero che vi piaccia :)

E vorrei anche essere riuscita a riscattare un pochino il duca, che non era mia intenzione rendere così antipatico nello scorso capitolo. Quindi spero di averlo reso un po' meglio qui, spiegando le sue motivazioni. E' un uomo ambizioso certo, ma tiene anche ad Arianrhod.

Grazie a tutti voi che continuate a seguirmi, siete fantastic*!


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Capitolo 15
*** Capitolo quindici ***


Dragons





Il primo pensiero che venne in mente ad Arianrhod, trovandosi davanti i due lupi, fu di ucciderli per avere salva la vita; un puro istinto di sopravvivenza si impadronì di lei. L'istinto che guida l'animale messo di fronte ad un pericolo. Sfilò il pugnale dalla cintura e lo strinse con dita convulse, mentre con l'altra mano brandiva la canna dalla punta affilata in direzione dei due animali. Non aveva nessuna intenzione di soccombere, di lasciarsi sopraffare. Rimase di fronte ai lupi, i piedi ben piantati a terra, per diversi momenti. Sentiva la pelle ghiacciata dalla paura, ed una goccia di sudore freddo colarle lungo il viso. Tutto ciò che udiva erano i battiti amplificati del suo cuore e il sangue che le martellava nelle orecchie. La luna fece capolino da dietro le nubi proprio nell'attimo in cui uno dei due animali si fece sotto. Arianrhod fu pronta a tenerlo a distanza con la punta del bastone, che piantò nel petto del lupo. L'animale emise un guaito straziante. Non lo aveva colpito con tanta forza da fargli seriamente del male, sarebbe stato impossibile con un'arma tanto lunga. Ma non poteva fare altro: se avesse dovuto affrontare un corpo a corpo con il pugnale avrebbe quasi sicuramente avuto la peggio. Non era un'arma che poteva creare tanto danno da impedire al lupo di affondarle le zanne nella gola. Quel guaito di dolore la fece regredire dallo stato ferino di pura sopravvivenza in cui era precipitata. Ebbe compassione del lupo: egli era solo, come lo era lei, e cercava solo di sopravvivere, come stava tentando disperatamente di fare lei. Cosa li rendeva poi così diversi?

Approfittando della sua indecisione l'altro lupo, quello ancora illeso, fece per balzarle addosso, ben deciso a non concederle spazio per un attacco come aveva fatto il suo compagno. Proprio in quel momento un sibilo letale squarciò l'aria e una freccia andò a piantarsi nella coscia del lupo.

Arianrhod non perse tempo a porsi domande superflue, come chi fosse stato a scagliarla o perché. Afferrò un manciata di rami secchi che aveva individuato a poca distanza da lei e ne accese un'estremità servendosi della fiamma del Piccolo Popolo.

Se io devo proteggerla, lei potrà anche proteggere me, pensò con ironia.

Raccogliendo tutto il suo coraggio si fece sotto e cominciò a scacciare il primo lupo, che già si stava preparando per un altro attacco, dimentico della lieve ferita al petto. Fece il gesto di attaccarlo con la sua torcia improvvisata e l'animale, alla vista dell'odiato fuoco, cominciò a indietreggiare. Sembrava combattuto tra l'impulso di fuggire e il desiderio di non abbandonare il suo compagno, rimasto a terra con l'asta della freccia che gli spuntava dalla coscia. Infine, con un ultimo ringhio impotente, si voltò e fuggì di fronte alla sua paura.

Arianrhod si avvicinò al lupo ferito, troneggiando su di lui. L'animale respirava pesantemente, ma non osava muovere un muscolo. Tuttavia, anche se ferito, poteva essere ancora pericoloso, poteva ancora cercare di azzannarla se si fosse avvicinata troppo. Arianrhod si accucciò accanto a lui, cercando di non compiere movimenti bruschi. Guardò negli occhi quel povero animale ferito, e i loro sguardi furono per un attimo un tutt'uno: occhi d'oro liquido ed occhi di ghiaccio. Ma il lupo non fece il minimo movimento. Si limitò ad osservare quella strana ragazza ed i suoi gesti. Lei gli passò una mano sul bel pelo lucido, partendo dal fianco fino ad arrivare alla coscia, dove si fermò per qualche secondo. Quando gli strappò la freccia dalla coscia cercò di farlo con un movimento rapido e brusco, che provocasse il minimo dolore possibile. Il guaito del lupo, tuttavia, lacerò l'aria. Arianrhod fece alcuni passi indietro, rapida, con la freccia insanguinata ancora in mano. Come se l'incantesimo che lo teneva legato a lei si fosse spezzato quando la freccia era stata estratta, il lupo balzò in piedi, guaendo di nuovo quando istintivamente poggiò il peso del corpo sulla zampa ferita.

Arianrhod avrebbe voluto poter fare di più per lui. Spalmare quella ferita con un unguento di erbe la cui ricetta le aveva insegnato sua madre Gwenael, fasciarla... ma se anche avesse pensato di avvicinarsi nuovamente, il lupo la mise in guardia con un ringhio. Non sembrava davvero intenzionato ad attaccarla di nuovo, neanche se la zampa ferita glielo avesse consentito. Era più un avvertimento.

Ti sono debitore, sembrava dirle, ma io e te non possiamo essere che nemici. E proprio perché non voglio farti del male, non avvicinarti.

E zoppicando vistosamente, si voltò e scappò via, seguendo le tracce del suo compagno che conducevano nel folto del bosco.

Arianrhod rimase pensierosa per qualche secondo, poi gettò via l'ingombrante bastone che aveva portato con sé fino a quel momento e mise la freccia misteriosa alla cintola, accanto al pugnale. Ancora poche ore e l'alba sarebbe sorta.

***

Viviana osservava speranzosa la linea dell'orizzonte, che cominciava a colorarsi con le sfumature rossastre del sole che sorgeva. Che Arianrhod non ce l'avesse fatta? Scacciò immediatamente quella paura. Non era possibile. Mantenne la sua abituale compostezza e la sua aura di maestosità, mentre attendeva con il fiato sospeso, circondata da Cynwrig, dal Piccolo Popolo, dai druidi, dalle sacerdotesse e dai capi della Guardia Bianca. Anche senza guardarlo riusciva a indovinare chi doveva avere l'animo più angosciato tra i presenti. Poteva anche darsi che Gareth riuscisse a nascondere i suoi sentimenti a tutti, perfino ai suoi superiori, ma non avrebbe mai potuto farlo con una come lei.

Ad un tratto, a spezzare il silenzio carico di tensione, fu il grido soffocato di una donna del Piccolo Popolo; al suo richiamo molte altre voci si levarono, e mani cominciarono ad indicare con frenesia. All'orizzonte cominciò a intravedersi una figura che si avvicinava lentamente, con passo affaticato. Arianrhod appariva stanca, provata, pallida. Aveva graffi sulle braccia e sulle gambe, i capelli arruffati. Ma stringeva ancora con grande dignità il braciere tra le mani, e una fiamma guizzante era chiaramente visibile, perfino alla luce del sole.

Un coro di acclamazioni festose si levò da tutti i presenti, in particolar modo dal Piccolo Popolo, che festeggiava il suo nuovo membro.

Arianrhod continuò a camminare fino a fermarsi davanti a Cynwrig, che non si preoccupava di nascondere il proprio compiacimento. Con un gesto solenne, ma con mani tremanti, gli porse il braciere. Cynwrig lo prese, poi fece un gesto ai presenti per chiedere il silenzio.

Arianrhod, figlia di Jörundr, della stirpe degli Yngling, ora sei un membro del Piccolo Popolo. Ammiriamo il tuo coraggio e la tua determinazione. Anche se la strada è stata impervia e costellata di avversità, il tuo cuore non ha mai vacillato. Hai superato la prova che ti abbiamo imposto, e hai dimostrato di poter usare la fiamma con saggezza ed intelligenza, non solo per uccidere, ma per mostrare clemenza, portare aiuto, agire in accordo con le leggi della nostra Madre Terra.”

Ariamrhod rimase sconcertata. Quello che le era successo era stato forse orchestrato? Quanto sapeva Cynwrig di quello che era accaduto? E quanto era opera di Avalon e del Piccolo Popolo? Forse non lo avrebbe mai saputo, ma era comunque probabile che la freccia che l'aveva salvata fosse stata scoccata da uno dei loro cacciatori incaricati di proteggerla da lontano.

Alcune donne del Piccolo Popolo si avvicinarono a lei portando delle ciotole di terracotta colme di tintura azzurra. Poi procedettero a dipingerle il corpo con gli stessi simboli rituali usati dalla loro tribù.

Quando ebbero finito, Cynwrig proclamò: “Ora sei a tutti gli effetti una di noi, e noi qui giuriamo di unirci alla tua causa e di mostrarti sempre lealtà e dedizione”. Attese che le acclamazioni cessassero, poi le mise al collo un medaglione di bronzo, decorato con un motivo intrecciato in modo che fosse una linea continua, senza inizio e senza fine. Non sembrava un oggetto del Piccolo Popolo, ed appariva anche molto antico.

Come leggendole nel pensiero, Cynwrig rispose ai suoi dubbi: “Questo medaglione fu regalato secoli fa al nostro popolo da una grande sacerdotessa, in segno di alleanza e amicizia. Ora è giusto che venga portato da un membro del nostro popolo che sia anche una regina.”

I festeggiamenti furono brevi, ma festosi; Arianrhod ricevette le congratulazioni di Viviana, di Taliesin, del duca e dei suoi comandanti. E quando fu chiaro che non era quasi più in grado di reggersi sulle proprie gambe, Östen si offrì di riaccompagnarla nel viaggio di ritorno verso Avalon. Gareth ancora si teneva a distanza.


***

Östen non conosceva Arianrhod da molto, ma aveva imparato a comprendere quando non era serena. E, seduta accanto a lui nella barca che scivolava placida sulle acque silenziose, lei appariva apatica, disinteressata a ciò che la circondava. Certo, poteva trattarsi di semplice stanchezza, ma il cavaliere percepiva che c'era dell'altro.

Tutto bene mia signora?” chiese infine cercando lo sguardo che lei teneva basso, fisso sulle tavole di legno dell'imbarcazione.

Arianrhod alzò il capo repentinamente, come ricordandosi solo in quell'attimo di non essere sola.

Sì grazie, Östen, sei gentile a preoccuparti per me.”

Lui non la bevve.

Se c'è qualcosa di cui volete parlare...”

Non ne sono sicura, sai?” disse lei con un sorriso stanco. “E' tanto che non parlo con un vero amico, e sono davvero felice di averti conosciuto. Tutti gli amici che avevo sono perduti ormai... appartengono a un mondo talmente lontano...”

Arianrhod non pensava ad Enid, ad Owainn, a tutti coloro che aveva conosciuto e amato, da settimane. Ma improvvisamente le tornarono alla mente, e con loro tutto il carico di dolore e rimpianto che recavano.

Voi mi fate onore” rispose Östen, con un leggero imbarazzo. “Ma oggi dovreste essere felice. Il rituale è riuscito e abbiamo ottenuto l'alleanza del Piccolo Popolo. Questo dovrebbe essere un giorno fausto.”

E' che non capisco perché Gareth mi eviti...” si sfogò finalmente Arianrhod. “Il duca è suo padre non è vero?”

Io non posso...”

Ti prego, dimmelo! Non voglio essere costretta a ordinartelo.”

Östen sospirò, sconfitto. “Come lo avete capito?”

Sono identici! Mi stupisce che non se ne siano accorti tutti gli altri. Cosa sono, ciechi forse?”

Può darsi che se ne siano accorti, o può darsi di no” spiegò il cavaliere. “Ma non è una parentela di cui Gareth vada fiero.”

E' per questo che non mi ha detto niente?”

Lui ne soffre, capite? Si vergogna della sua nascita, e allo stesso tempo si affligge perché vorrebbe che il padre lo considerasse allo stesso modo in cui considera i figli legittimi.”

Davvero? È per questo?”

Gareth vi è molto devoto, e a dire il vero non capisco nemmeno io perché all'improvviso abbia cominciato a starvi lontano...”

Ma io sì, penso Arianrhod con amarezza e una punta di rimorso. Forse non avrebbe dovuto mettere Gareth alle strette con il proprio comportamento sconsiderato.

... ma, vi prego, non siate troppo dura con lui.”


***

Il luogo in cui Arianrhod preferiva rifugiarsi per sfuggire alla pressante presenza di Domaldr era la collina del Tor. Amava arrampicarsi su per il sentiero scosceso che conduceva fino in cima, e sedersi con la schiena poggiata su uno dei grandi monoliti del cerchio di pietre ad osservare dall'alto il lago e la bruma all'orizzonte. Soprattutto quando, come ora, il sole cominciava a tramontare in lontananza.

Era trascorso un giorno da quando la prova a cui era stata sottoposta si era conclusa, dopo la quale Arianrhod aveva dormito dieci ore filate di un sonno di piombo.

Era immersa nei suoi pensieri, rigirandosi un oggetto tra le mani, quando un rumore di passi la fece voltare bruscamente. Possibile che Domaldr l'avesse seguita fin lì? Forse che le parole con cui il padre lo aveva ammonito di lasciarla in pace non avessero sortito alcun effetto?

Ma con sollievo misto a sgomento lei si accorse che non era la figura di Domaldr quella che le si stava avvicinando. Si trattava di Gareth.

Il cavaliere si fermò a pochi passi da lei e attese. Arianrhod non si voltò a guardarlo. Disse solo: “Perché mi hai evitato fino a questo momento ed ora sei qui?”

Non ti ho evitata...”

Sei venuto meno alla promessa di proteggermi.”

Mai!” il tono di Gareth rasentava l'indignazione. “Questo mai! Ti ho sempre protetta, anche da lontano.”

Arianrhod allora si alzò in piedi e lo fronteggiò. “Stai parlando di questa?” chiese gettandogli ai piedi la freccia che aveva trafitto il lupo nella foresta.

Gareth deglutì. “Come lo hai capito?”

Mi sembrava di aver già visto questa freccia da qualche parte, ma all'inizio non riuscivo a ricordare. È per questo che l'ho tenuta, speravo che prima o poi mi sarebbe tornato in mente. Ed è successo: questa è una delle tue frecce. Osi negarlo?”

Non lo nego. Ho fatto quello che dovevo per proteggerti.”

Hai violato il rituale”, gli fece notare lei.

Non ha la minima importanza per me.”

Perché non mi hai detto che il duca è tuo padre?”

Non lo è.”

Non raccontarmi fandonie!” gridò Arianrhod, arrabbiata.

Gareth sembrò perdere un po' del suo sangue freddo. Si passò le mani sul viso, a disagio.

Cosa vuoi che ti dica, Arianrhod? Non sono fiero di ciò che sono, chiaro?” le rispose, frustrato ed arrabbiato a sua volta. “Sono solo un bastardo, ecco cosa sono!”

Ma questo non ha...”

Importanza, forse?” la interruppe lui, secco. “Oh, certo che ha importanza. Io non sono e non sarò mai abbastanza per te. Non vedi come mio fratello si pavoneggia convinto di poterti avere? Convinto di essere già il prossimo re di Svezia? Cosa vuoi, dimmi?”

Voglio te!” gridò Arianrhod con gli occhi pieni di lacrime, di rabbia e di dolore.

Il silenzio che seguì fu talmente carico di tensione da essere quasi insopportabile. Arianrhod poté vedere chiaramente la rabbia abbandonare d'improvviso il corpo di Gareth. Le sue spalle tese si rilassarono di colpo. Così le sue braccia, che scivolarono inerti ai suoi fianchi. I suoi lineamenti si addolcirono, e i suoi occhi si riempirono di un sentimento nuovo.

Senza aver lasciato presagire le sue intenzioni, si avvicinò a lei, la prese tra le braccia e la baciò con tutta la passione di cui era capace.



Nota dell'Autrice: Ed eccoci al momento fatidico! ù_ù Siamo ad una sorta di svolta nel rapporto tra Arianrhod e Gareth, aiutati anche un po' da Osten, il loro “Galeotto” :)

Credo già dal prossimo capitolo i nostri lasceranno Avalon per imbarcarsi nella grande impresa della riconquista del trono... e ci saranno alcune sorprese. Bene, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio tutti voi che recensite/leggete/seguite.

Alla prossima

Eilan


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Capitolo 16
*** Capitolo sedici ***


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Quel bacio li condusse ad altezze vertiginose di passione, li rese incapaci di pensare, completamente schiavi del loro desiderio. Le loro labbra si incontravano con crescente bisogno, quasi con disperazione. Quello che stava accadendo tra loro non aveva nulla di razionale, nulla che appartenesse alla terra sulla quale poggiavano i pedi. No, Arianrhod e Gareth viaggiavano librandosi in aria, talmente lontani dal mondo che avrebbe guardato la loro relazione con perplessità da essere quasi invisibili ai suoi occhi.

Quando Arianrhod, ancora persa nella frenesia dei baci di Gareth sul suo collo, cominciò a spogliarlo il cavaliere tentò di protestare.

No… non possiamo. Io ho giurato di proteggerti, non potrei mai…”, trovò la forza di dire, tra un bacio e l'altro.

Ma Arianrhod gli poggiò un dito affusolato sulla bocca, zittendo ogni sua ulteriore protesta. Anche la misera barriera che Gareth aveva cercato di frapporre, cadde inesorabilmente

Con un piccolo sospiro, Arianrhod si staccò dalle sue labbra, facendo un passo indietro. Con un movimento armonioso abbassò la veste sulle spalle e la lasciò scivolare ai suoi piedi. A Gareth si mozzò il respiro in gola, mentre carezzava con lo sguardo le curve del corpo di lei. Era veramente troppo per la sua resistenza già ridotta allo stremo.

Poi Gareth scese a baciarla sul collo e sull’attaccatura del seno, piegandola all’indietro sul suo braccio. C’era in lui una fretta di rivendicarla sua, di lasciare errare le sue labbra a piacimento sulla bianca pelle di lei. In quel momento non esistevano differenze di rango, non c’erano né regine né cavalieri… c’erano solo Gareth, l’uomo, e Arianrhod, la donna. Lui si chinò e la sollevò nelle braccia, e i suoi occhi grigi incontrarono quelli di Arianrhod con un’intensità che le mozzò il respiro. La giovane fu vagamente consapevole del tremito che vibrava nelle salde braccia muscolose di lui, del suo movimento in direzione del cerchio di pietre, dove l’adagiò con delicatezza sul mantello che aveva lasciato cadere a terra. Erano in un mondo remoto, incuranti dell’oscurità della sera che aveva invaso la collina del Tor, delle grandi pietre rituali che gettavano la loro ombra su di loro, delle stelle luminose che vegliavano dal cielo.

E mentre la sera calava silenziosa e il buio oscurava ogni cosa, in cima al Tor il fuoco che era stato acceso avrebbe potuto illuminare l'intera volta celeste.


***

Amore mio…”, mormorò Gareth quando la passione fu consumata, affondando il viso nella massa arruffata e fragrante dei capelli di Arianrhod e aspirandone il profumo. Lei gli sorrise, felice come non lo era mai stata in vita sua, e gli passo le dita tra i corti capelli castani, saggiandone la morbidezza. Poi gli guidò la testa sul suo seno, dove lui giacque, ascoltando il battito del suo cuore.

Come ti sei fatto questa?”, domandò improvvisamente Arianrhod seguendo il contorno della cicatrice che Gareth aveva sul petto.

Un paio d'anni fa... fui ferito di striscio durante uno scontro”, spiegò lui.

Hai combattuto molte battaglie?”

Non ancora. Abbiamo combattuto più volte contro le bande di predoni e i sicari di Ale, ma non ho mai partecipato ad una battaglia vera e propria.”

E non sei spaventato all'idea?” Arianrhod appariva quasi stupita.

Gareth sorrise. “Come tutti, credo. Ma siamo addestrati per questo fin da quando siamo bambini, e ci insegnano che è inevitabile dover uccidere e veder morire... o morire noi stessi.”

Forse è questo il mio problema. Non sono stata addestrata per questo. Sai, quando Viviana ha scrutato nel Pozzo Sacro per me, mi ha descritto le battaglie che saranno combattute per consentire a me di tornare sul trono. E tremo al pensiero che qualcun altro a cui tengo possa morire per causa mia. Quante altre persone dovranno morire a causa mia?”

Per te, non a causa tua. Per te, perché ti sono devoti, Arianrhod” disse Gareth carezzandole una guancia.

Arianrhod si mise a sedere di scatto. “Ho paura che possa succederti qualcosa, capisci?”, esclamò prendendosi la testa tra le mani.

Gareth l'abbracciò, intenerito. La tenne stretto e le sussurrò in un orecchio: “Non accadrà.”

Anche questa è una promessa?” sussurrò lei.

Vorrei tanto poterti dire che lo è”, rise Gareth. “Ma stavolta dovrai solo fidarti della mia sensazione.”

Arianrhod gli sorrise in risposta, poi si rabbuiò di nuovo. Si strinse le ginocchia al petto, tremando leggermente per la sua nudità. Gareth l'avvolse premurosamente nel mantello, ma lei a malapena se ne accorse, rapita dai suoi pensieri.

Gareth, io non sono sicura di voler essere regina. Di voler scatenare questa guerra...”

Se non vuoi farlo per te stessa, fallo per tuo padre il re, per tua madre. Fallo per i tuoi genitori adottivi, che non siano morti invano. E fallo per il tuo popolo. In quanto al resto... non devi dubitare che sarai un'ottima regina. Dopotutto sei figlia di tuo padre. Il suo sangue scorre nelle tue vene e tu lo renderai fiero di te. Sarai la più grande regina che la Svezia conoscerà mai.”

Arianrhod gli sorrise, grata e gli posò un altro bacio sulle labbra. Gareth lo ricambiò ignorando quella voce, dentro di lui, che gli gridava che quello che stava facendo era una pazzia.


***

Era quasi l'alba quando Gareth aprì la porta del suo alloggio, cercando di non produrre il minimo cigolio, nemmeno il più piccolo rumore. Con un po' di fortuna, dentro stavano ancora tutti dormendo. Superò gli apprendisti druidi addormentati in punta di piedi. Anche Östen, la cui sagoma intravedeva nel buio, sembrava profondamente addormentato. Con un sospiro di sollievo giunse al suo giaciglio, proprio a fianco di quello dell'amico, e finalmente si sdraiò, le braccia dietro la testa e lo sguardo incollato al soffitto. Non aveva sonno; l'eccitazione di quella notte lo teneva ancora sveglio e vigile. Si sentiva felice, assolutamente sconsiderato e con il cuore leggero. Sapeva che non avrebbe dovuto fare quello che aveva fatto, ma il solo pensiero di Arianrhod nuda tra le sue braccia gli accendeva il sangue. Anche se non avesse mai potuto esserci niente tra di loro, almeno aveva avuto quel momento. Poi si passò la mano tra i capelli, nervosamente. Che idiota che era! Se anche non avesse potuto esserci? Non sarebbe mai potuto esserci niente tra loro, ed era un povero illuso solo per aver usato la formula dubitativa. Niente, né ora né mai. Cercò di imprimerselo nella mente, anche se poi la sua mente tornava invariabilmente alla notte appena trascorsa, a loro due in cima al Tor.

Probabilmente lei avrebbe finito per sposare suo fratello, o il figlio di un sovrano straniero, ed entrambi avrebbero preteso di governare in suo nome. E così l'indipendenza che re Jörundr aveva desiderato per sua figlia sarebbe svanita. E se avesse scelto di non sposarsi per mantenere il suo potere esclusivamente per sé? Non era poi così strano, la regina Boudicca* lo aveva fatto quando suo marito era stato ucciso dai romani. Ed anche Viviana e tutte le altre Somme Sacerdotesse seguivano questa consuetudine, e governavano da sole.

Dove sei stato tutta la notte?”

Quella voce familiare non era altro che un bisbiglio, ma fece ugualmente trasalire Gareth. Il cuore gli balzò nel petto per la sorpresa, come solo a un uomo con la coscienza sporca come si sentiva lui poteva capitare.

Nel giaciglio accanto al suo, Östen si era messo a sedere, e lo scrutava accigliato.

Gareth si mise a sedere a sua volta, fronteggiandolo.

Da quanto sei sveglio?”

Abbastanza per vederti rientrare dopo un'intera notte passata fuori” dichiarò l'amico pacatamente.

Io... non avevo sonno. Ho passeggiato.”

Davvero? Tutta la notte? Deve essere stata una passeggiata davvero lunga. Hai avuto il tempo di doppiare tutta l'isola”, commentò Östen divertito.

Ti prendi gioco di me?”

Certo, come tu di me.”

Che vuoi dire?”

Gareth non puoi ingannare me, ti conosco da una vita. Lo capisco se menti. ”

Come?”

Quando sei nervoso ti passi la mano fra i capelli. Lo hai fatto anche adesso.”

Gareth appoggiò i gomiti sulle ginocchia e nascose il viso tra le mani. Improvvisamente si vergognò di se stesso, di quello che aveva fatto, di come aveva approfittato di Arianrhod, della sua ingenuità e innocenza.

Non riuscì a pronunciare una parola, ma il suo silenzio fu rivelatore per Östen.

Cosa hai fatto?” disse in un sussurro. “La regina?”

Gareth si guardò intorno per assicurarsi che nessuno dei druidi si fosse svegliato, ma la stanza era ancora immersa nella penombra e tutti dormivano.

Non ne sono fiero, va bene?” replicò con la disperazione nella voce.

Östen mantenne il silenzio per qualche minuto, elaborando i propri pensieri. Gareth invece rimase a testa bassa. Non osava nemmeno guardare l'amico negli occhi.

Poi sentì un tocco gentile sul braccio, e quando alzò lo sguardo Östen aveva un'espressione comprensiva, con sua immensa sorpresa. Non che Östen non fosse comprensivo, anzi lo era fin troppo. Era l'uomo più buono che Gareth avesse mai conosciuto. Solo, non si sentiva degno di essere guardato con comprensione, e comunque non se lo aspettava.

La ami, non è vero?”

La domanda raggelò Gareth, ma si costrinse a rispondere.

Che gli dei mi aiutino... sì.”

Östen sospirò. “Sai che non potrà mai essere vero?”

Lo so, è stato uno sbaglio.”

Vuoi dire che avete...”

Sì”, Gareth ammise con riluttanza.

Allora non ci resta che sperare che nessuno lo scopra mai.”


***

E così il momento era infine giunto. Fra poche ore avrebbe lasciato Avalon, il luogo che nelle ultime settimane aveva imparato a chiamare casa. Ma sapeva che era inevitabile. Aveva parlato a lungo con il duca Fjölnir. Le aveva spiegato che la partenza non poteva più essere rimandata. Avrebbero dovuto approfittare della bella stagione, perché sarebbe stato impossibile salpare verso la Svezia se fosse sopraggiunto l'inverno. Se avessero indugiato troppo avrebbero dovuto rimandare la partenza fino al disgelo dell'anno successivo.

Arianrhod aveva chiesto un ultimo favore a Viviana: che, prima della sua partenza, potesse far realizzare per lei una cotta di maglia leggera, che non avrebbe faticato a portare nonostante la sua corporatura. Viviana aveva esaudito la sua richiesta, e i fabbri di Avalon avevano lavorato intensamente per due giorni per costruirla. Ed ora la teneva tra le mani, rimirandone l'incredibile leggerezza. Dentro di sé era ferma su questo punto: non si sarebbe presentata ai suoi uomini con sontuosi abiti femminili, né si sarebbe ritirata dalla battaglia se ci sarebbe stato bisogno di combattere.

Ma, per il momento, ripose la cotta di maglia nel suo baule da viaggio, insieme al medaglione e al coltello donatole dal Piccolo Popolo, agli abiti che il duca aveva portato con lei e a Bron, che posò in cima a tutto con un sospiro.

Fjölnir si affacciò sulla soglia proprio in quel momento, accompagnato dal figlio Domaldr, a cui fece però cenno di aspettarlo fuori.

Siete pronta?”

Sì, credo proprio di sì...” rispose Arianrhod gettandosi una rapida occhiata intorno.

Allora ho un'ultima cosa da darvi.” E così dicendo sfilò una spada che portava al fianco e gliela consegnò con solennità.

Arianrhod la impugnò, a bocca aperta: era la spada più bella che avesse mai visto. Era di una finezza, di una maestria impareggiabili. Nonostante suo padre adottivo fosse stato il fabbro più abile della provincia di Eburacum, quella spada non poteva essere paragonata al più bello dei suoi lavori. La lama era leggera, resistente e ottimamente bilanciata. Sull’impugnatura stava avvinghiato un drago d’oro lavorato nei minimi dettagli, che aveva due rubini al posto degli occhi. Altre gemme erano incastonate nell’elsa e nella parte inferiore della spada.

E’… è bellissima”, mormorò Arianrhod ammirata.

Fjölnir sorrise. “Fu fatta costruire dal nonno di vostro nonno Yngvi, e da allora è sempre appartenuta alla vostra stirpe. E’ l’unico pezzo del tesoro che mi sono permesso di portare via dal castello di Uppsala quando lasciai la Svezia, dopo aver dato l’estremo saluto a vostro padre. Ora vi appartiene, è vostra di diritto. Branditela in battaglia e la vittoria sarà vostra. Re Jörundr sarebbe stato molto fiero della sua unica figlia…”

Arianrhod non riuscì a trattenere una piccola lacrima, che le scivolò lungo la guancia.

Grazie…”, mormorò, mettendo la spada nel fodero che aveva al fianco. “E detto tra noi, Duca Fjölnir, anche voi dovreste essere molto fiero di vostro figlio Gareth.” E uscì, lasciando il Duca a riflettere sulle sue parole.



*Regina degli Iceni, vissuta all'incirca tra 30 e il 60 d.C., che guidò la più grande rivolta britanna contro gli invasori romani. Documentata abbondantemente da fonti romane, nel medioevo venne pressoché dimenticata, forse per il suo scomodo ruolo di donna indipendente e libera. Fu riscoperta e celebrata in epoca vittoriana come eroina dell'indipendenza del Regno Unito.



Angolo Autrice: Ciao a tutti! La partenza è rinviata, anche se di pochissimo... diciamo solo fino all'inizio del prossimo capitolo, in cui ci saranno i solenni addii. Il perno di questo capitolo è ovviamente la scena hot tra i nostri due... e niente, probabilmente ve lo aspettavate ^^ Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutti quanti! :*

Alla prossima

Eilan


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Capitolo 17
*** Capitolo diciassette ***


Dragons





Mi mancherai, Viviana”, mormorò Arianrhod prendendo le mani della sua amica, appena prima di salire sulla barca che l’avrebbe portata via dall’Isola Sacra. “E mi mancherà Avalon. Tu non puoi immaginare quanto sia stata felice qui…”

E lo sarai ancora”, rispose Viviana baciandola sulle guance.

Lo hai visto nel Pozzo Sacro?”

Non ho bisogno di scrutare nel pozzo sacro per conoscere ciò che già so…”

Cosa intendi dire?”, chiese la giovane regina con sguardo interrogativo.

Nulla, non preoccuparti. Le mie sono solo le intuizioni di una donna saggia... e con saggia intendo non più giovane ovviamente.”

Arianrhod sorrise.

Posso dirti questo però: la felicità a volte è a portata di mano. Non lasciartela sfuggire.”

A quelle parole Arianrhod arrossì. Sotto lo sguardo intenso di Viviana le sembrava di non avere segreti. Era sicura che lei sapesse di lei e Gareth. Quanto sapesse non poteva dirlo con certezza... e Arianrhod si augurò che non sapesse proprio tutto.

Addio, mia cara bambina” la salutò l'Arcidruido Taliesin.

Addio a voi, Arcidruido. Non so come ringraziarvi per avermi accolta ad Avalon.”

Viviana rimase ad osservare Arianrhod salire sulla barca, a fianco ai suoi generali e cavalieri. Si era affezionata a poche persone nella sua vita – complice anche il suo ruolo che a volte la costringeva a prendere decisioni difficili anche per le persone che amava; ma quella ragazza aveva qualcosa di speciale, e le dispiacque vederla andare via. In altre circostanze sarebbe stata un'ottima sacerdotessa.

Poi la barca sparì nella nebbia e fu così che Arianrhod lasciò Avalon, il luogo che le sarebbe rimasto per sempre nel cuore.


***

Il cammino che intrapresero li avrebbe condotti a Dubris*, dove la loro piccola flotta li stava aspettando e dove si sarebbero imbarcati alla volta della Svezia. Avrebbero navigato verso nord, fino ad attraversare lo stretto di Skagerrak, che divideva la Danimarca dalla Norvegia e dalla Svezia. O almeno così aveva dedotto Arianrhod studiando la cartina fornitale dal generale Vanlande, la sera al lume di una candela. Scoprì invece con suo grande disappunto che nessuno aveva ritenuto utile informarla che la loro prima tappa non era affatto la Svezia, come lei aveva supposto.

Aveva dovuto apprenderlo per caso da Gareth e Östen, mentre tutti e tre cavalcavano vicini a metà della colonna di uomini in marcia.

Credevo che il duca ti avesse informato”, disse Östen, sinceramente dispiaciuto. “Dopotutto è più che normale cercare l'alleanza della Danimarca per la riconquista del trono: il re è vostro zio!”

Arianrhod lo fissò per qualche attimo, indecisa se infuriarsi o meno. “Un'altra cosa di cui ero all'oscuro...” commentò infine, a labbra strette.

Gareth notò la sua frustrazione e accostò il cavallo al suo. Col rischio concreto di essere notato, le toccò il braccio in segno di comprensione, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Östen. Ma Arianrhod gli sorrise, grata per il gesto d'affetto, così Gareth decise di ignorare l'indubbia manifestazione di buonsenso dell'amico. Se lei era felice, non c'era altro che gli importasse.

E' così” spiegò in tono gentile. “Il re Frode è il fratello di tua madre.”

Sarà bello conoscere qualcuno della famiglia, in ogni caso” commentò Arianrhod. “Credete che mi concederà il suo appoggio?”

Speriamo proprio di sì” rispose Gareth.

Un rumore di zoccoli al trotto attirò la loro attenzione. Dalla testa della colonna, molto più avanti, stava arrivando Domaldr, in sella al suo bel cavallo nero.

Mia signora” chiamò frenando il cavallo proprio davanti a lei, e lanciando un'occhiata di sufficienza a Gareth e Östen. “Mio padre chiede se volete raggiungerlo in testa all'esercito. Ha qualcosa da comunicarvi.”

Vostro padre pensa che io debba correre non appena schiocca le dita, ma non si degna neppure di comunicarmi che siamo diretti in Danimarca?” chiese Arianrhod, gelida.

Domaldr sembrò preso in contropiede, e rimase a boccheggiare in cerca di una risposta, senza trovarla.

Perché non informate il duca che la regina preferirebbe che fosse lui a unirsi a noi?” suggerì Östen non senza una certa soddisfazione personale.

Domaldr gli lanciò un'occhiataccia. “Certamente” replicò con perfetta cortesia, ma a denti stretti. “Ogni desiderio della nostra regina è un ordine... purché venga effettivamente da lei.”

Arianrhod fece un cenno affermativo, dopo il quale Domaldr non poté esimersi dall'eseguire l'ordine, allontanandosi di nuovo in tutta fretta verso la testa del corteo.

Arainrhod lo seguì con lo sguardo, valutando l'estensione del proprio esercito. Erano certamente molti uomini, tutti con indosso lo stemma del drago. Ma erano sufficienti per realizzare quell'impresa? Anche con le sue scarse conoscenze militari Arianrhod intuiva di no. Neppure il consistente drappello di guerrieri del Piccolo Popolo, che marciava in coda all'esercito, era di proporzioni tali da ribaltare le sorti di una battaglia.

I suoi alleati sembravano voler restare separati dalla Guardia Bianca, ed erano stranamente silenziosi. Da parte sua, la Guardia Bianca sembrava guardare con diffidenza quegli uomini così diversi da loro, così selvaggi nell'aspetto. Si vedeva che non se ne fidavano completamente. In effetti l'unica persona ai cui ordini il Piccolo Popolo avrebbe obbedito era Arianrhod, l'unica che fosse a tutti gli effetti una di loro. Era una grossa responsabilità, pensò lei toccando il medaglione che portava al collo, e sperò di essere capace di far sì che i due contingenti giungessero a fidarsi l'uno dell'altro, con il tempo.

I suoi pensieri gravosi furono interrotti dall'arrivo del duca Fjölnir.

Arianrhod si accorse che era sinceramente stupito della sua chiamata. Non riteneva strano che lei non fosse stata informata della loro destinazione.

E all'improvviso lei comprese. Non la prendevano sul serio, ed il motivo era evidente: era una donna, e per di più una donna giovane. Se voleva essere considerata seriamente era lei che doveva dimostrare le sue capacità. Lamentarsi sarebbe stato inutile, agire molto più sensato.

Perciò non si scompose e, sotto lo sguardo ammirato di Gareth, chiese al duca di organizzare un incontro fra i comandanti per fare il punto della situazione.

Ma certo, nei prossimi giorni sarà sicuramente possibile...”

Stasera” lo interruppe Arianrhod, decisa. “Non appena avremo allestito le tende.”

Il duca la guardò stupito, ma non poté far altro che acconsentire.

Un'altra cosa, duca” lo chiamò Arianrhod, mentre stava per andarsene. “Anche i due cavalieri qui presenti parteciperanno.”

Gareth e Östen si lanciarono uno sguardo sbalordito.

Sono i migliori amici che ho al mondo.”

E con questo aveva messo le cose in chiaro.


***

La luce delle torce rischiarava la tenda sotto la quale si erano riuniti i capi della Guardia Bianca, il capo del contingente del Piccolo Popolo, Morcant, e naturalmente, Arianrhod, che teneva decisamente in mano le redini della situazione.

Al centro della tenda, sopra il tavolo, una mappa era spiegata e già coperta di piccoli segnalini di legno grezzo che servivano ad evidenziare il percorso da fare, e il numero e la posizione delle truppe.

Arianrhod era appoggiata con le mani sul tavolo e fissava il generale Walbur che le snocciolava una serie di cifre riguardo gli uomini che avevano a disposizione, e su quelli che avrebbero forse avuto in futuro.

Alla destra del tavolo erano allineati tre sgabelli, sui quali erano seduti in silenzio Domaldr, Gareth e Östen.

Il punto è: quanti uomini ad oggi Ale ha più di noi?” lo interruppe Arianrhod, senza tema di apparire maleducata.

Walbur lanciò un rapido sguardo al duca e al generale Vanlande, ma loro rimasero criptici.

Ma vi ho spiegato che la nostra situazione corrente non è definitiva e...”

Per favore generale, lasciamo da parte i se e i ma. È il caso di essere diretti, non credete? Allora, quanti uomini più dei nostri?”

Walbur sbuffò prima di decidersi a rispondere. Appariva contrariato.

Ale dispone di un esercito regolare di circa sessantamila uomini. La Guardia Bianca ne conta diecimila. Il contingente del Piccolo Popolo altri tremila...”

Dunque lui ci supera di quasi cinquantamila uomini?”

E' così”, intervenne il duca con riluttanza.

Non è molto confortante…”, osservò Arianrhod.

Contiamo sul fatto che una parte dell’esercito regolare svedese abbandoni Ale passando dalla nostra parte”, disse Fjölnir. “La nostra rete di spie vi sta lavorando da anni. Il vostro esercito è fedele alla Stirpe del Drago… ha solo bisogno di un legittimo sovrano sotto il quale riunirsi, e combatterà dalla vostra parte.”

Poi ci sono i ribelli, mia signora”, s'intromise il generale Vanlande. “Gli svedesi che combattono l'usurpatore da anni e che non aspettano altro che il vostro ritorno.”

E questi ribelli sono soldati?” chiese Arianrhod.

Acuta osservazione, pensò Gareth sentendosi fiero della sua Arianrhod.

No, purtroppo. Si tratta di gente comune: fabbri, sarti, contadini e qualche membro della piccola nobiltà. Persone che hanno scelto di abbandonare tutto per combattere. Vivono in clandestinità e Ale tenta di stanarli da sempre.”

E come mai non ci è ancora riuscito?”

Perché si sono dati alla macchia, e nessuno conosce l'esatta ubicazione del loro covo.”

Chi sarebbe il loro capo?”

Un uomo di nome Hogne, un membro della nobiltà terriera a cui Ale ha confiscato le terre.”

Credete che i ribelli si uniranno a noi senza problemi? E in tal caso quanti uomini in più avremmo?”

Sicuramente” disse Walbur. “Sul fatto che si uniranno al nostro esercito non ci sono dubbi, non aspettano altro. Non sappiamo con precisione il loro numero, ma stimiamo che siano intorno ai diecimila.”

Così arriveremmo a poco più di ventimila...”

Vedrete che vostro zio accetterà di aiutarvi” intervenne Domaldr alzandosi baldanzosamente e avvicinandosi al tavolo. “Dopotutto siete l'unica figlia di sua sorella, non potrà rimanere indifferente al legame di sangue.”

Ti ringrazio Domaldr, ma credo che il re ragioni più per convenienza che per sentimentalismi. Se avremo qualcosa da offrirgli in cambio è probabile che prenderà in considerazione la nostra offerta... non è vero, duca?”

Ne sono convinto”, disse Fjölnir guardando il figlio con aria sconsolata, mentre questi andava di nuovo a sedersi, imbronciato. “Siete molto acuta, mia signora.”

Bene, abbiamo fatto un primo punto della situazione. Avremo modo di farne altri prima del nostro arrivo in Danimarca, per cui consiglierei di metterci in viaggio alle prime luci dell'alba. È tutto.”

Quando Arianrhod uscì, con passo deciso, tre paia d'occhi la seguirono ammirati. Poi Fjölnir, Vanlande e Walbur si guardarono e compresero che un unico pensiero attraversava loro la mente in quel momento. Quella che avevano considerato solo una ragazzina inesperta e manovrabile, peccando di superficialità, era fatta della stessa pasta di suo padre e di suo nonno. Era una vera Yngling e non era da sottovalutare.


***

Gareth e Östen se ne stavano un po' in disparte rispetto ai loro compagni, non troppo lontani però perché il fuoco non li scaldasse. Parlavano di quello che era successo quella sera, ed erano entrambi fieri di come Arianrhod avesse preso la situazione in mano.

Non so te” stava dicendo Östen, “ma io penso che abbia fatto ciò che era necessario per mettere in chiaro che è lei a comandare. È la prima volta che i generali e il duca vengono zittiti da una donna e non credo gli abbia fatto troppo piacere.”

Gareth rise. “No, credo proprio di no. Ma vedrai che la prossima volta che mediteranno di prendere decisioni per lei ci penseranno due volte. Hai visto la faccia di Domaldr quando Arianrhod lo ha rimesso al suo posto? Sembrava fosse stato costretto a inghiottire del fiele...”

Come se fosse stato chiamato proprio in quel momento dal buio emerse la voce di Domaldr, e il ragazzo sbucò alle spalle di Gareth e Östen come un infido serpente.

Gareth!” esclamò con affettata cordialità, dandogli una pacca sulle spalle.

Quest'ultimo lo guardò gelido. “Cosa vuoi?” chiese senza preamboli.

Domaldr continuava a ostentare un sorriso più falso di un sasso spacciato per una pietra preziosa.

Ti dispiace se parlo un momento da solo con mio fratello?” chiese, rivolgendosi a Östen. Chiaramente non gli faceva piacere il modo in cui questi spalleggiava Gareth.

Östen esitò, ma Gareth gli fece un cenno d'assenso e il ragazzo si allontanò con riluttanza.

Te lo ripeto: cosa vuoi?” chiese di nuovo Gareth quando lui e Domaldr furono soli.

Ehi, quanto fuoco! È questo il modo di trattare il tuo unico fratello?”

Gareth non rispose. Avrebbe potuto commentare che Domaldr tirava fuori la loro parentela solo quando gli faceva comodo, ma sarebbe stato fiato sprecato.

Bene, allora andrò dritto al punto” continuò Domaldr. “Ho notato come guardi la regina.”

Di cosa stai parlando?”

Non sono cieco, Gareth. Ma non so come tu faccia a non renderti conto che lei non è per te.”

E sarebbe per te, invece?” sibilò Gareth, furioso.

Forse” disse il fratello con noncuranza. “Perché no? Hai notato che sarei un buon partito per lei? Tu cosa potresti offrirle?”

Gareth tacque. Sapeva che Domaldr aveva ragione su questo punto.

In ogni caso, anche se non fossi io a sposarla, sarà qualcun altro di pari rango. Non certo tu.”

Se non mi temi perché sei venuto a dirmi questo?”

Solo perché tu non ti faccia illusioni o ti renda ridicolo, fratello, tutto qui. Non hai possibilità con lei”, disse voltandogli le spalle e scomparendo nel buio.

Gareth era incerto se arrabbiarsi o mettersi a ridere.

Se tu solo sapessi.



*L'attuale Dover




Nota dell'Autrice: Ciao a tutti! In questo capitolo ho avuto un grande dilemma: ero indecisa sul ruolo che ha il duca, tant'è che ho pensato anche di riscriverlo completamente perché so che probabilmente continuerà a non piacere molto come personaggio, e non era davvero nelle mie intenzioni. Però ho deciso di lasciarlo così, prima di tutto perché la sua complessità e le sue zone d'ombra sono qualcosa che mi intriga; e poi perché mi sembrava molto più realistico e consono all'epoca che stiamo trattando il mostrare come Arianrhod venga sottovalutata a causa del suo sesso. La ragazza dovrà lottare per farsi valere, perfino da coloro che sono dalla sua parte!

Una piccola curiosità: lo zio di Arianrhod, il re di Danimarca Frode, è colui da cui Tolkien – ebbene sì!^^ - ha preso il nome per il suo protagonista Frodo.

E niente, spero che il capitolo vi piaccia e vi mando un grande abbraccio!

Eilan



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Capitolo 18
*** Capitolo diciotto ***


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Arianrhod pensò che non c'era niente di più bello che svegliarsi dolcemente cullata dal rollio delle onde, avvolta dal tepore delle braccia di Gareth. Assaporò quella sensazione di meraviglioso calore tenendo gli occhi chiusi, nonostante il sonno l'avesse ormai quasi completamente abbandonata. Ma voleva mantenerla il più possibile, rimandare il momento in cui avrebbe dovuto inevitabilmente varcare quel sottile confine tra il sonno e la veglia; il momento in cui il mondo esterno, con i suoi guai, avrebbe bussato alla sua porta per ricordarle che era ancora lì, presente nonostante tutto, nonostante lei facesse di tutto per non pensare a lui.

Gareth si mosse nel sonno, stringendola di più a lui e Arianrhod sorrise. Era così dolce e così bello mentre dormiva, che le dispiacque immensamente doverlo scuotere per svegliarlo. Ma l'alba era ormai vicina, e se voleva avere una possibilità di sgattaiolare via dalla sua cabina senza essere visto doveva approfittarne adesso.

Gareth...” lo chiamò, posandogli un lieve bacio all'angolo della bocca.

La sua risposta fu un mugolio di protesta.

Gareth” insistette Arianrhod, “è quasi l'alba. Devi svegliarti.”

Obbedisco, mia regina” fu l'ironica risposta di lui, al che lei rise spingendolo dolcemente via.

Gareth si sedette sul bordo della cuccetta, infilandosi controvoglia le braghe.

Arianrhod lo osservava sdraiata su un fianco, puntellandosi sul gomito. Erano salpati da Dubris tre giorni prima e la nave maestra, seguita dalle altre navi della flotta, procedeva a ritmo lento, beccheggiando in balia delle onde. All'inizio Arianrhod e Gareth avevano tentato di tenersi lontani l'uno dall'altra, ma dopo due giorni Arianrhod si era resa conto di non poter più resistere senza Gareth. Sapeva anche che se non fosse stata lei a prendere l'iniziativa, lui non avrebbe più osato nemmeno sfiorarla. Probabilmente mostrava saggezza agendo così; Arianrhod non era così ingenua da non rendersene conto. Ma, semplicemente, non poteva più stare senza di lui, senza averlo fisicamente vicino. Presto sarebbero arrivati in Danimarca e, circondati da un'intera corte, non avrebbero probabilmente più potuto stare insieme.

Gareth aveva tentato di mostrarsi fermo quando lei lo aveva baciato, in un chiaro invito.

Non dovremmo”, aveva detto. “Quello che ho fatto l'ultima volta è stato un tradimento, lo sai vero?”

Dimentichi che la regina sono io. Non lascerei mai che ti facessero del male.”

Non è per quello”, aveva replicato lui. “Non mi importa delle conseguenze quando tu sei tra le mie braccia. Non mi interessa quello che potrebbe capitarmi, dovessero anche gettarmi ai pesci. Quello che mi lacera davvero è che sento di tradire te, di approfittarmi di te...”

Ti prego, io ho bisogno di te...” aveva detto lei con sguardo implorante, stringendosi a lui. E Gareth non era stato più in grado di dirle di no.

Mentre continuava a darle le spalle, intento a vestirsi, Arianrhod si tirò su e gli circondò il collo con le braccia da dietro. I suoi riccioli solleticavano la pelle di Gareth, che sorrise e le carezzò il braccio con il quale lo stringeva.

Vorrei che non dovessi andare...”, sussurrò lei.

Gareth sospirò. “Anch'io lo vorrei tanto, amore mio. Ma siamo già stati sufficientemente incoscienti negli ultimi due giorni. Non è il caso di sfidare la sorte.”


***

Quel giorno il vento cambiò, cominciando a soffiare nella giusta direzione. La navigazione, che fino a quel momento era proceduta con fatica, prese il giusto ritmo. Arianrhod aveva imparato ad amare l'aria di mare, la salsedine, gli spruzzi delle onde che a volte potevano raggiungere perfino il parapetto della nave. Aveva presto superato il normale fastidio che la navigazione con il mare mosso provocava a chi non era avvezzo a viaggiare per nave.

Quel giorno, mentre si trovava a prua con Östen, sperimentò anche quanto poteva essere intenso e sfiancante il vento in mare. Deplorò di non aver pensato a legare i capelli, perché ora, con suo sommo fastidio, le sbattevano continuamente sul viso e le turbinavano tutto intorno come una girandola impazzita. Ad Östen veniva da sorridere ogni volta che lei imprecava contro quella scomodità. Allora Arianrhod sorrideva a sua volta e dimenticava ogni acredine. Non si poteva negarlo: Östen possedeva la rara capacità di infondere positività negli altri. Arianrhod era fermamente convinta che non sarebbe mai stata capace di discutere con lui, o provare rabbia nei suoi confronti. Era praticamente impossibile. Con Gareth era accaduto, e sarebbe accaduto ancora. Avevano entrambi un carattere forte, e c'era tensione tra loro: era normale che a volte litigassero. Östen invece riusciva sempre a metterla di buonumore e, con il suo modo di parlare in modo diretto, ma allo stesso tempo gentile, faceva apparire semplice anche l'ostacolo apparentemente più insormontabile.

Dovrei proprio decidermi a fare qualcosa con questi capelli!” esclamò Arianrhod, rimettendoli a posto per l'ennesima volta.

Sarebbe un peccato”, replicò Östen.

Perché? Era mia madre a volere che li portassi lunghi. Io non li ho mai potuti soffrire.”

Il cavaliere alzò le spalle. “Allora devi fare ciò che ritieni meglio per te, non credi?”

Arianrhod non replicò e rimase in silenzio. Stava seduta sul parapetto della nave, saldamente aggrappata ad una delle sartìe. Già dal primo giorno aveva abbandonato la lussuosa tunica per un abbigliamento più pratico: braghe maschili e stivali. Non le importava di cosa gli uomini potessero pensare. Non avrebbero comunque contestato la sua decisione, e in ogni caso quello non era tempo e luogo per leziosità femminili, o stoffe pregiate ornate di ricami.

La nave continuava a fendere le acque a gran velocità, e il marinaio addetto al timone le aveva detto che se avessero proceduto di quel passo, con il vento a favore, avrebbero visto le coste della Danimarca per il giorno seguente.

E' merito tuo se suo padre si è finalmente accorto di lui” commentò Östen, appoggiato al parapetto accanto a lei.

Di che parli?”, chiese Arianrhod alzando interrogativamente un sopracciglio.

Östen fece un cenno con il capo in direzione del ponte che stava alle loro spalle, dove passeggiavano Gareth e il duca, immersi in una fitta conversazione.

Arianrhod non poté fare a meno di sorridere, felice a quella vista. Aveva notato anche lei che, negli ultimi giorni, Fjölnir aveva cominciato a cercare Gareth, a volerlo accanto a sé al pari di Domaldr. Ma non aveva osato sperare di aver davvero contribuito a un tale cambiamento.

Buon segno, non è vero?” disse a Östen. “Voglio dire, che lo tratti così...”

Grazie a te”, ribadì lui. “Cosa hai detto al duca per riuscirci? Devi avergli dato una bella strigliata.”

Non ho fatto niente. Credo solo che in cuor suo il duca avesse cominciato a rendersi conto già da tempo di che razza di asino si ritrova come figlio legittimo. È naturale quindi che veda nel suo altro figlio tutte quelle qualità che vorrebbe tanto nel primo. Io mi sono limitata a dargli un piccolo consiglio.”

Qualunque cosa sia, il duca comincia a rendersi conto del valore di Gareth. Credo che d'ora in poi ignorerà le pretese di sua moglie.”

Quali pretese?”

La duchessa non è stata felice di scoprire del figlio illegittimo del marito. Ha sopportato che lui lo riconoscesse e provvedesse a lui, ma non avrebbe tollerato di vederlo crescere in seno alla propria famiglia. Anche per questo il duca lo ha sempre tenuto a distanza.”

Non posso dire di non capirla, almeno in parte. Deve essere stato doloroso per lei...” mormorò Arianrhod pensierosa, lo sguardo perso su Gareth e suo padre, che parlavano appoggiati al parapetto della nave. Immaginò come potesse essere dover dividere Gareth con un'altra donna, venire a conoscenza di un suo tradimento e doverne avere anche il frutto sotto gli occhi, giorno dopo giorno.

Il pensiero le provocò un tale turbamento che preferì cambiare argomento.

Sai Östen ho pensato che è davvero imperdonabile da parte mia, ma non ti ho mai chiesto del tuo passato. Come sei diventato un membro della Guardia Bianca?”

Sei sicura di volerlo sapere?” disse lui con un sorriso. “Lo capisco se la mia signora non è realmente interessata alla vita di un suo umile servitore.”

Sciocco!” rise Arianrhod, dandogli un colpetto sul braccio. “Certo che sono interessata. Anzi, è tanto tempo che volevo chiedertelo, e mi vergogno di averlo fatto solo ora.”

Come vuoi, ma sappi che la mia storia non è certo avvincente come la tua, perciò poi non lamentarti che non ti avevo avvertita.”

Sei uno dei pochi veri amici che ho incontrato da quando tutto questo è accaduto, Östen. E non sai quanto questo abbia significato per me. Mi hai aiutata e mi sei stato vicino anche quando Gareth si era allontanato da me. Te ne sarò per sempre grata e ti ascolterei anche se fossi muto.”

E' stato un'onore poterti essere vicino, mia signora. Ho combattuto per te da quando sono entrato nella Guardia Bianca, ma non avrei mai sperato che colei per la quale resistevamo fosse una persona tanto degna della nostra lealtà.”

Vuoi vedermi arrossire?” chiese Arianrhod, felice ma anche imbarazzata dalle sue parole.

Östen sorrise, poi ridivenne serio.

Per rispondere alla tua domanda, sono entrato nell'ordine sette anni fa, ero molto giovane, appena diciassettenne. Mio padre era un piccolo proprietario terriero del sud della Svezia, ma non era abbastanza importante da avere una qualche protezione contro le mire dell'usurpatore. Allora non era Ale a governare, ma Halfdan. Halfdan mise gli occhi sulle terre di mio padre e per riuscire a portargliele via lo fece falsamente accusare di tradimento. Lo fece giustiziare e confiscò le sue terre.”

E' spaventoso”, mormorò Arianrhod scioccata, rendendosi conto forse per la prima volta della gravità della situazione in Svezia. Non era più solo qualcosa che riguardava la sua famiglia, la sua sfera personale. Riguardava il suo popolo.

Lo so”, assentì Östen, “ma mio padre non fu certo l'unico; moltissimi piccoli nobili o proprietari terrieri fecero questa fine. È una pratica comune ormai in Svezia; gli usurpatori tentano di accentrare il potere nelle proprie mani o di sostituire persone scomode con altre di loro fiducia. Per questo molti si sono dati alla macchia, formando un esercito di ribelli.”

Tu come reagisti alla morte di tuo padre?”

Io, mia madre e le mie sorelle eravamo pazzi di dolore. Se avessi potuto avrei ucciso Halfdan con le mie mani, a costo di venire scorticato vivo. Ma dovevo pensare anche alla mia famiglia, che ora dipendeva da me. Non avevamo nemmeno più i mezzi per sopravvivere, e se fossi stato da solo mi sarei probabilmente unito all'esercito di ribelli. Invece fu la Guardia Bianca ad offrirmi rifugio, ad offrirmi un modo per occuparmi di mia madre e delle mie sorelle, facendo allo stesso tempo ciò che il mio cuore mi gridava fosse giusto: rovesciare l'usurpatore e riportare sul trono la legittima erede. Dopo che ti ho conosciuta credo con tutte le mie forze in questa battaglia.”

Arianrhod era rimasta a bocca aperta, un nodo le serrava la gola.

Mi dispiace”, disse con voce strozzata. “Mi dispiace per tutto quello che hai passato. Per quello che è accaduto a tuo padre.”

Tu hai sopportato ben di peggio”, replicò Östen. “E in ogni caso abbiamo speranza di cambiare le cose, no?”

Lotterò fino alla morte perché questo avvenga”.

Lo sguardo di Arianrhod era duro e determinato quando lo disse, e Östen comprese che lo intendeva veramente.






Angolo Autrice: Ciao a tutti! Anche se di passaggio spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Volevo raccontare qualcosa di più sul passato di Östen, perché è diventato un personaggio molto amato da voi lettori. Grazie alla sua testimonianza, e ai pezzi che piano piano Arianrhod ha messo insieme lungo il suo cammino, la risolutezza della nostra regina nel volersi riprendere il trono cresce. Anche il duca e Gareth fanno passi avanti... e niente ci vediamo in Danimarca al prossimo capitolo! ;)

Grazie a tutti voi che seguite/recensite/leggete!

Eilan



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Capitolo 19
*** Capitolo diciannove ***


Dragons





Arianrhod si sentiva completamente fuori posto alla corte danese, come il proverbiale pesce costretto a vivere fuori dall'acqua. Il viaggio dal porto di Odense, e attraverso le vie della città, scortata dalla sua guardia personale, aveva arrecato un certo turbamento in Arianrhod. Forse per l'ambiente sconosciuto nel quale avrebbe dovuto inserirsi, forse per l'imminente incontro con l'unico membro della sua famiglia che avesse mai conosciuto, onestamente non avrebbe saputo dirlo. Odense, la capitale danese, era una grande città portuale, abituata a ricevere persone e navi provenienti da fuori. Nessuno perciò aveva fatto troppo caso alla piccola flotta che aveva attraccato quella mattina presto nel porto. Le strade della città, anche man mano che si avvicinavo verso il suo centro, erano semi deserte. Non c'era niente di strano, considerata l'ora tanto mattiniera, ma ad Arianrhod trasmisero un irreale senso di gelo e di inospitalità, soprattutto perché tutti gli edifici e le strette strade acciottolate erano avvolti in una fitta bruma. Mentre cavalcava alla testa del corteo, il duca Fjölnir accanto a lei le raccontò ciò che sapeva di suo zio Frode. Le disse che regnava da molto tempo, circa vent'anni, e che aveva quattro figli maschi: il maggiore si chiamava Halfdan, come il precedente usurpatore di Svezia, ed era erede al trono. Poi c'erano Arnvid e Øybjorn, ed il minore Hrolf, un giovane di poco più di vent'anni. Il regno di Danimarca era un regno piccolo, ma molto prospero grazie soprattutto al commercio. La sua posizione strategica di regno peninsulare favoriva i traffichi commerciali con gli altri paesi.

Al castello di Odense Arianrhod e la sua scorta furono ricevuti con tutti gli onori. Furono informati che il re era momentaneamente assente dalla corte, ma che avrebbe fatto ritorno l'indomani con i suoi figli. Ad Arianrhod venne assegnata un'ancella personale e fu la ragazza a mostrarle la camera dove avrebbe alloggiato. Quando varcò la porta la giovane regina sgranò gli occhi di fronte a tutto quel lusso. Un letto a baldacchino in legno, circondato da drappi di stoffa di un rosso scuro, troneggiava nell'angolo, ricolmo di così tanti cuscini che Arianrhod si chiese a cosa servissero visto che lei aveva solo una testa sul collo. Un grande camino, ancora spento, decorava la parete opposta. C'era perfino un piccolo tavolino da toeletta. Nell'insieme la stanza non era molto grande per i parametri di una grande casa nobiliare, ma lo sembrava ad Arianrhod, la cui stanza alla fattoria dei suoi genitori non arrivava ad essere la metà di quella.

Se permettete, mia signora, vi farei portare subito un bagno caldo e delle vesti pulite”, interloquì l'ancella, rimasta sulla porta in attesa che Arianrhod le desse ordini “O se desiderate altrimenti, chiedetemi pure...”

Arianrhod si voltò, quasi sorpresa: si era completamente dimenticata della presenza della ragazza, tanto era stata presa nell'ammirare quei lussi così nuovi per lei.

Sì, certo, il bagno va benissimo... grazie.”

La ragazza sorrise, poi chiamò un servitore perché portasse tutto il necessario e poi uscì lei stessa. Arianrhod si sedette tentativamente sul letto, con cautela, come fosse qualcosa di pericolo. Era morbidissimo, niente a che vedere con la scomoda cuccetta che aveva avuto a disposizione durante il viaggio da Dubris.

Si sdraiò, completamente conquistata da quella nuvola di morbidezza, quando l'ancella rientrò nella stanza portando qualche ciocco di legno, e lei si rimise a sedere di scatto.

Vi accendo il camino, mia signora”, spiegò la ragazza con un sorriso, notando che Arianrhod si limitava a fissarla senza chiedere nulla.

Naturalmente”, rispose lei.

Ecco fatto”, disse l'ancella dopo poco, sbattendo le mani per spolverarle, soddisfatta. Le fiamme nel camino ora guizzavano allegramente. “Farò portare altra legna dai servitori, intanto godetevi il vostro bagno” aggiunse mentre tre servitori entravano con una grande tinozza e alcuni secchi di acqua calda.

Più tardi vi aiuterò a vestirvi e a pettinare i capelli.”

La serva uscì, e non appena la vasca fu pronta, Arianrhod si immerse. Vi restò molto tempo, con gli occhi chiusi, i gomiti poggiati sulle sponde di legno della tinozza e i polpastrelli che sfioravano l'acqua. Poi si mise la veste che la serva aveva lasciato sul letto e si avvicinò al fuoco, che aveva cominciato a smorzarsi. Cominciò ad aggiungere ciocchi e a rimestare con il ferro da caminetto, come le aveva insegnato a fare suo padre Eachann.

In quel momento si udì bussare alla porta.

Mia signora”, la chiamò l'ancella. “Avete finito? Posso entrare?”

Vieni pure!”, rispose Arianrhod.

Quando la ragazza entrò e la trovò china sul caminetto, intenta a rimestare tra le braci e a soffiare per ravvivarle, con le mani sporche di fuliggine, lanciò quasi un grido di costernazione.

Mia signora, no!” esclamò tentando di toglierle il ferro dalle mani. “Vi prego, lasciate fare a me. Non è un lavoro per voi questo!”

Non preoccuparti, faccio da sola”, insistette Arianrhod, cercando di rassicurare la ragazza che sembrava sul punto di andare in iperventilazione. “Me la so cavare da sola. Non sono abituata a che qualcuno svolga le mansioni al posto mio.”

Mia signora, devo insistere!”

No, io...”

Vi conviene lasciar fare a Gerda. Con lei non la si spunta.”

Arianrhod e la cameriera lasciarono la presa sul ferro all'unisono e si voltarono, stupite. Sulla porta stava una ragazza dai capelli rossi e dal sorriso gentile. Dopo aver osservato la scena per meno di un secondo, si fece avanti e si prodigò in un solenne inchino davanti ad un'attonita Arianrhod.

E' un piacere fare la vostra conoscenza, regina di Svezia.”

Ed io la vostra. Qual'e il vostro nome?”, chiese Arianrhod, sgrullandosi le mani dalla cenere e cercando di recuperare un po' di dignità di fronte a quella bella ragazza così solenne e amichevole.

Io sono Ragnhild Sigeherdottir, figlia del nobile Sigeher di Stormare, e protetta del re.”

Non c'erano dubbi che la ragazza fosse proprio ciò chi aveva detto di essere. Indossava un abito lussuoso bordato di pelliccia, e i suoi capelli ramati erano raccolti sul capo in un acconciatura di trecce davvero elaborata. Al collo portava una collana d'oro ed anche ai polsi portava bracciali d'oro.

Io... è un piacere fare la vostra conoscenza. Perdonatemi se mi presento in questo stato.”

State benissimo, non dovete preoccuparvi. Non ho molto da fare qui al castello: se gradite un po' di compagnia mentre Gerda si occupa dei vostri capelli potrei restare qui con voi.”

Arianrhod accolse la proposta con entusiasmo. “Mi farebbe molto piacere. Essere circondata costantemente da soldati e cavalieri per settimane e settimane, senza neppure una compagnia femminile, può essere davvero alienante!”

Vi capisco, sapete” sorrise Ragnhild. “Quando ero a casa mia, a Stormare, avevo molte amiche e godevo di molta più libertà. Ma da quando abito a corte le giornate sono lunghe e monotone. Ho pochi amici qui, e soprattutto pochissime amiche in cui posso davvero riporre fiducia.”

Ad un invito di Gerda Arianrhod si sedette accanto al camino, sulla sedia che la serva aveva predisposto per lei. Ragnhild prese a sua volta una sedia e le si sedette accanto. Gerda cominciò a spazzolarle i capelli, sfruttando il calore del fuoco perché li asciugasse, mentre le due ragazze continuavano la loro conversazione.

Come mai vi siete trasferita a corte?” chiese Arianrhod.

Un anno e mezzo fa mio padre morì, lasciando le sue terre al mio fratellino Rolf, che ha solo sette anni. Allora il re assunse la nostra tutela, e la tutela delle nostre terre, finché mio fratello non avrà compiuto la maggiore età.”

Dove si trovano le vostre terre?”

Molto più a sud di qui, al confine con la terra dei franchi. È una terra meravigliosa, sapete? Il sole splende come in nessun altro posto. O almeno non come a Odense, dove piove sempre e il cielo è sempre tetro e grigio.”

La nostalgia che trapelava dalla voce di Ragnhild era evidente, e Arianrhod provò empatia nei suoi confronti.

Vi capisco molto bene, Ragnhild. Sono stata portata via dal mio paese quando avevo solo quattro anni, e quando ormai credevo di essermi abituata alla Britannia, sono stata portata via anche da lì.”

Ragnhild annuì. “Conosco un po' la vostra vicenda. Qui a corte non si è parlato d'altro da quando è trapelata la voce che re Frode aveva ricevuto una missiva dal duca di Silverdalen. Sapevamo che eravate ancora viva da qualche parte, ma neppure vostro zio era a conoscenza del luogo in cui eravate tenuta nascosta e, dopo tutti questi anni, aveva rinunciato a chiederselo.”

Lo immagino.”

Avete già fatto colazione?” chiese Ragnhild, improvvisamente memore di quel particolare. E quando Arianrhod scosse la testa si rivolse a Gerda, ancora intenta nel suo compito.

Gerda, ti dispiace far portare un po' di pane, carne, formaggio e birra per la regina di Svezia?”

Subito, mia signora”, rispose la ragazza con una frettolosa riverenza, prima di uscire quasi di corsa.

Ragnhild la guardò andare via. “E' una brava ragazza, Gerda”, commentò. “Sempre gentile e sollecita, sapete?”

Me ne sono accorta”, commentò Arianrhod. “Forse anche un tantino troppo sollecita.”

So che non siete abituata a grandi corti come questa... almeno non più. Ma sapete, qui si aspettano che i nobili non alzino un dito, e vi consiglio di lasciare perdere le incombenze domestiche se non volete dare scandalo.”

Vi ringrazio del consiglio, lo terrò a mente. Avete ragione: non sono più abituata a questo modo di vivere, ma immagino che dovrò impegnarmi perché mi venga di nuovo naturale. Se lo aspetteranno, soprattutto se riuscirò a riconquistare il mio trono.”

E' proprio questo che si aspettano da voi”, confermò Ragnhild, posando compitamente le mani in grembo, sulla bella tunica ricamata. Poi aggiunse, esitando: “Volete raccontarmi quello che vi è accaduto? Se non comporta per voi troppa sofferenza.”

No...”, rispose lei, abbassando il capo, e allontanando una ciocca di capelli dal viso. “Anzi, credo che mi faccia bene parlarne con qualcuno.”

Alla calda luce del fuoco, Arianrhod raccontò per la prima volta tutto ciò che le era capitato da quando la sua famiglia adottiva era stata uccisa, fino a quel momento. Ovviamente omise di raccontarle di Gareth, classificandolo semplicemente come un amico. Sapeva che non avrebbe potuto fare altrimenti, ma una parte di lei si sentì in colpa. Gareth già le mancava, ed essere separata da lui, anche se per poco tempo, la faceva soffrire come non aveva mai creduto possibile. Se ripensava a come aveva sempre proclamato il suo totale disinteresse per il sesso maschile, prima di conoscere lui...

Avete affrontato davvero giorni terribili”, commentò Ragnhild con dolcezza e comprensione. “Dovete essere davvero molto forte e determinata per affrontare tutto questo da sola.”

Oh, ma non sono affatto sola”, sorrise Arianrhod.

In quel momento Gerda fece la sua ricomparsa, con un vassoio ricolmo di cibo tra le mani. Arianrhod mangiò di gusto, e nel frattempo i suoi capelli finirono di asciugarsi. Gerda glieli acconciò, poi Ragnhild le propose di fare una passeggiata per mostrarle il castello.

Arianrhod accettò con entusiasmo: era tutto ancora così nuovo per lei, e la curiosità di conoscere quel mondo di cui era appena entrata a far parte era molto forte.


***

Arianrhod non aveva mai visto un castello così grande, una dimora di tale sfarzo. I suoi corridoi erano tortuosi e interminabili, illuminati da un'infinità di candele accese, un lusso quello che davvero in pochi potevano permettersi. Le sale più importanti erano arredate con bellissimi arazzi, massicci tavoli di legno con sedie dallo schienale intagliato, e i pavimenti erano cosparsi di paglia fresca. Nonostante tutto, il castello scavato nelle nuda pietra – in alcuni punti del muro ancora visibile - appariva comunque piuttosto freddo e scuro.

E' bellissimo qui”, commentò Arianrhod, sinceramente ammirata.

La Danimarca è un regno ricco nel suo piccolo. Anche i nostri castelli a Stormare sono altrettanto belli, anche se non così grandi.”

Sai dove sono stati alloggiati i miei uomini?” chiese Arianrhod, mentre continuavano a passeggiare. Il pensiero di Gareth era sempre forte.

Il duca e gli altri comandanti hanno degli alloggi privati. I cavalieri saranno alloggiati nell'ala della guardia del castello. Invece i tuoi alleati, il Piccolo Popolo, non hanno voluto entrare nel castello. Tutta la corte ne parla, sai? Hanno preferito accamparsi fuori Odense.”

Arianrhod alzò le spalle. “Non mi stupisce, ho imparato a conoscerli. Ma capisco che agli occhi della corte possano apparire eccentrici.”

Se non altro le chiacchiere hanno rotto la mia monotonia per qualche ora”, ridacchiò Ragnhild, aprendo una porticina di legno che si era stagliata di fronte a loro, alla fine di uno stretto corridoio.

Arianrhod si ritrovò sui bastioni, nel punto più alto del castello, circondata solo dal cielo azzurro.

Volevo farvi ammirare la vista”, spiegò Ragnhild, facendo un gesto con la mano verso il vuoto che si stagliava oltre la merlatura.

Arianrhod si affacciò, e l'intera città di Odense le si parò davanti agli occhi. Il reticolato di strade che le era apparso così labirintico mentre lo percorreva si mostrò in tutta la sua semplicità, punteggiato da innumerevoli edifici, grandi e piccoli. Il porto lontano delimitava la distesa azzurra del mare. La bruma si era alzata a metà giornata, e il sole splendeva alto nel cielo. Le grida dei gabbiani giungevano penetranti alle sue orecchie, sebbene fossero lontani.

Un bellissimo spettacolo, grazie per avermelo mostrato.”

E' un po' il mio rifugio questo”, disse Ragnhild. “Ci vengo quando le mura di questo castello mi sembrano davvero troppo strette e mi manca la mia casa.”

Sembrate molto giovane”, disse Arianrhod. “Quando sarete libera dalla tutela del re?”

Ho diciassette anni, ma resterò sotto la tutela del re finché non avrò preso marito, e non so se vostro zio abbia fretta di trovarmelo.”

A quelle parole seguì un lungo momento di silenzio imbarazzato, finché Arianrhod decise di spezzarlo.

Raccontatemi qualcosa di mio zio e dei miei cugini. So che sono quattro fratelli...”

Sì, il più grande, Halfdan, è l'erede al trono. Poi ci sono Arnvid e Øybjorn, che amministrano delle terre più a sud e non vivono a corte già da qualche anno.”

E il più piccolo?”

Hrolf... bé lui non si è visto ancora assegnare nessun titolo. Ma dovete capire che in Danimarca un re con così tanti figli va incontro a più guai che se non ne avesse affatto. Il regno è piccolo, e quattro figli maschi sono tanti.”

Sono curiosa di incontrarli di persona.”

E lo farete presto: domani saranno qui.”




Nota dell'Autrice: Macciao a tutti!^^ Innanzitutto voglio ringraziare ancora una volta tutti voi che seguite con grande interesse la storia, leggendo e/o recensendo... siete fantastici! In questo capitolo abbiamo conosciuto il personaggio di Ragnhild, che avrà una sua importanza nei prossimi capitoli. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto... nel prossimo faremo la conoscenza della famiglia reale danese!

Alla prossima

Eilan


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Capitolo 20
*** Capitolo venti ***


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Quando le grandi porte della sala del trono si chiusero dietro di lei, Arianrhod intrecciò le mani all'altezza dello stomaco, prese un gran respiro e, un piede dietro l'altro, avanzò lentamente e dignitosamente verso la pedana che sorreggeva il trono di legno con intarsi in oro, sul quale era seduto suo zio, il re Frode di Danimarca.

Simile ad un fedele prolungamento del suo corpo, al suo fianco, ma appena un passo dietro di lei, era schierata l'intera delegazione svedese in pompa magna: il duca, i due comandanti, alcuni altri ufficiali – tra cui Domaldr – e, su richiesta della regina, Gareth e Östen. Tutti indossavano fieramente il mantello con il simbolo del drago, mentre Arianrhod, in occasione di quell'importante incontro, era passata per le mani di Gerda, che aveva realizzato per lei un'elaborata acconciatura mettendoci tutta la sua passione e abilità. Un abito lussuoso e alcuni gioielli appartenuti a sua madre che le aveva consegnato il duca completavano la sua figura. Arianrhod era rimasta rapita quando aveva visto quella collana d'oro a forma di mezzaluna e doveva trattenersi per non portare continuamente la mano al collo per toccarla. Ma il valore materiale di quell'oggetto, seppure altissimo, non poteva eguagliare per lei il suo valore sentimentale. Era appartenuto a sua madre; aveva ornato il suo collo un tempo: tanto le bastava per desiderare di non doverlo mai togliere.

Sebbene normalmente detestasse le frivolezze, mentre attraversava la sala del trono circondata da un silenzio solenne, Arianrhod era felice di essere abbigliata in quel modo. Ed era infinitamente grata alla paziente Gerda per averle dedicato tanto tempo e tanta cura, e non solo perché era obbligata, ma perché l'ancella ci teneva davvero che lei facesse bella figura. Quell'aspetto, in quell'occasione, la proteggeva più di quanto avrebbe potuto fare una corazza in battaglia. Come uno scudo invisibile l'avvolgeva ammantandola di regalità, donandole nuova forza e coraggio.

Il re non attese che lei e i suoi compagni giungessero fin sotto la pedana e si inchinassero formalmente. Scese dal trono e andò loro incontro in mezzo alla sala, tendendo le braccia alla nipote con cordialità.

Nipote mia”, esclamò abbracciandola. “Non sai che gioia sia poterti finalmente conoscere di persona. Lasciati guardare... sì, assomigli tutta alla mia povera sorella. Mi sembra quasi di poterla riavere con me.”

Arianrhod non poté fare a meno di notare la sincera commozione negli occhi dello zio, e si rilassò. Era stata talmente tesa per quell'incontro che quasi non aveva chiuso occhio. S'immaginava suo zio come un uomo austero, distante e terribile. E invece era solo un uomo di mezza età che, nonostante la corona e gli abiti sontuosi, sapeva ancora mostrare la sua umanità.

Sire”, disse con un piccolo inchino. “Vi ringrazio infinitamente di avermi accolto alla vostra corte. E sono davvero felice di poter finalmente conoscere una parte della mia famiglia.”

Allora immagino che sarai altrettanto felice di fare la conoscenza dei tuoi cugini”, proclamò facendo cenno di farsi avanti a due ragazzi che erano in attesa dietro di lui. Uno di loro, decisamente il maggiore, aveva un bell'aspetto ed era alto, con un'espressione fiera e sicura sul viso.

Questo è il mio primogenito Halfdan, l'erede del mio regno.”

Il principe e Arianrhod si scambiarono un inchino. “E' un piacere conoscervi, cara cugina”, le disse sfoderando un'affascinante sorriso.

Naturalmente”, aggiunse re Frode gioviale, “con il senno di poi deploro di aver scelto questo infausto nome per mio figlio. Ma all'epoca come potevo sapere che quel figlio di buona donna di Halfdan avrebbe usurpato il trono di mia nipote?”

Arianrhod scambiò un'occhiata perplessa con i suoi comandanti, prima di schiarirsi la voce e rispondere.

Non ve ne avrei fatto certo una colpa, sire”, disse con un sorriso.

Non usare titoli con me, nipote. Sono tuo zio, per Odino! E pretendo che tu mi chiami come avrebbe voluto la tua povera madre.”

Molto bene.. zio.”

Ed ora lascia che ti presenti il mio figlio minore, Hrolf. E' poco più grande di te.”

Il re tese il braccio verso il secondo giovane, un ragazzo molto più minuto del fratello, magrolino, quasi curvo nello sforzo di non alzare mai lo sguardo dal pavimento. Arianrhod pensò che passasse quasi inosservato e che, se non fosse stato il figlio del re, gli abitanti del castello a malapena lo avrebbero notato. Hrolf non sembrava per niente a suo agio quando suo padre lo spinse avanti e lui dovette presentarsi. Nonostante le stesse di fronte continuava ostinatamente a non guardarla negli occhi.

Arianrhod si sforzò di non lasciar trapelare i suoi pensieri e sorrise al giovane principe, che bofonchiò la formula di presentazione in maniera quasi intellegibile.

Mi era stato detto che avete anche altri due figli...” disse Arianrhod, rivolgendosi di nuovo al re. Il giovane Hrolf apparve visibilmente sollevato di non essere più il centro dell'attenzione dei presenti.

E' così,”, confermò Frode, “ma gli altri miei due figli vivono nel sud del paese e vengono a corte raramente ormai.”

Poi Arianrhod procedette a presentare il duca e gli altri suoi accompagnatori e il re spese qualche parola per ognuno, tranne che per il duca con cui conversò più a lungo, chiedendogli ragguagli sulla strategia e le future mosse della Guardia Bianca.

Sire”, disse infine il duca quando il re fu pago di domande. “Sapete che la regina è qui per chiedere il vostro aiuto. Abbiamo bisogno di sostegno militare perché lei possa riavere il trono che le spetta e...”

Vi prego, duca”, lo interruppe Frode gentilmente, “non è ancora il momento di parlare di questioni militari. Prima di tutto dobbiamo festeggiare il ritorno in famiglia della nipote che credevo perduta per sempre. Stasera indirò un grande banchetto e sarete tutti i miei ospiti d'onore.”

Il duca Fjölnir trattenne una replica. Avrebbe dovuto necessariamente rimandare la questione ad un altro momento.


I giorni si susseguirono senza avvenimenti degni di nota. Re Frode continuava a comportarsi cerimoniosamente verso i suoi ospiti svedesi, e cordialmente con la nipote, ma sembrava non voler ancora prendere una decisione riguardo la possibilità di impegnarsi militarmente ed economicamente per appoggiarla. Il duca e i comandanti spingevano per accelerare la sua decisione, ma il re faceva orecchie da mercante. Aveva bisogno del suo tempo per ponderare, e il suo tempo si sarebbe concesso.

Dopo il primo banchetto ne aveva organizzato un altro; quindi aveva organizzato una caccia a cui avevano preso parte anche Arianrhod e Ragnhild, insieme agli uomini. Passando a cavallo per i boschi i cacciatori si erano imbattuti nel luogo dove erano accampati i guerrieri del Piccolo Popolo, che avevano però mantenuto le distanze da loro, con grande smacco della corte.

Arianrhod aveva spiegato allo zio che non lo facevano per scortesia, ma perché tendevano a non fidarsi di coloro che chiamavano “la gente alta”. Il re si era dimostrato incuriosito e le aveva fatto molte domande su di loro, e su come lei avesse fatto a diventare membro di quel popolo che tanto diffidava di quelli come loro. Arianrhod aveva risposto pazientemente a tutti i suoi interrogativi, ma quando lo zio le aveva chiesto in cosa consistesse il rituale lei aveva risposto che era un Mistero e che le era proibito parlarne.

Ragnhild, che aveva ascoltato la conversazione, aspettò che il re si distanziasse e poi accostò il cavallo a quello di Arianrhod.

Davvero hai dovuto superare un rituale per guadagnarti la fiducia di quella strana gente?”, chiese sbalordita.

E' così” sorrise Arianrhod, “ma come hai sentito non mi è permesso parlarne.”

Oh lo capisco, non preoccuparti”, la rassicurò la ragazza. “E' solo che t'invidio: deve essere così eccitante essere fautrici del proprio destino. Qualcosa che temo non mi capiterà mai.”

Non c'è niente che ti piaccia di questa corte, di questa nuova vita?”

Ragnhild esitò. “No... quasi niente.” Aveva lo sguardo perso in un punto lontano quando lo disse, e l'aria trasognata.


Nonostante quell'episodio avvenuto durante la caccia, in cui Arianrhod era stata certa che Ragnhild le nascondesse qualcosa, le due ragazze erano diventate amiche. Era stato quasi naturale per loro che accadesse, in quelle lunghe giornate di solitudine a corte, chiuse in un mondo che voleva uomini e donne non sposati quasi sempre separati. Come poteva andare da Gareth, o lui da lei, senza che qualcuno se ne accorgesse, senza destare sospetti? Gli unici momenti in cui riusciva a vederlo era quando andava ad esercitarsi insieme ai suoi cavalieri in cortile, alla presenza del maestro d'armi del castello; quando smetteva i lunghi abiti femminili ed indossava le comode braghe e gli stivali di cuoio. Esercitarsi alla spada era sempre appagante per lei, ed anche constatare che le sue capacità erano immutate. Ed era divertente sfidare Gareth o Östen ad un finto duello. Quando accadeva tutti i cavalieri facevano cerchio intorno a loro e tifavano per lei, e non solo per dovere, ma perché credevano veramente in lei. Arianrhod lo comprendeva dal calore con cui la sostenevano: i suoi uomini avevano cominciato ad ammirarla, a vedere in lei qualcuno da seguire. Questo la rendeva immensamente felice. Era questo che speravi per me, padre? Spero di renderti ancora orgoglioso di me, pensava in quei momenti. E naturalmente non c'era nessuno che credesse in lei più di Östen e Gareth. Gareth che la guardava con infinita dolcezza mista ad orgoglio e desiderio quando lei vinceva. E lei si sentiva sciogliere come ghiaccio al sole sotto quello sguardo.

Spesso ad assistere alle esercitazioni veniva anche Ragnhild accompagnata dal fratellino Rolf e, una volta, addirittura i due principi Halfdan e Hrolf.

Fu proprio quella volta che, in un momento di pausa, mentre si passava il dorso della mano sulla fronte per asciugare il sudore, nella luce accecante del mezzogiorno ad Arianrhod cadde lo sguardo sulla sua amica, completamente rapita ad osservare un uomo in particolare e dimentica perfino di suo fratello che le tirava la veste. Arianrhod seguì la direzione del suo sguardo ammaliato e si trovò a fissare un inconsapevole principe Halfdan, che si ergeva in tutta la sua prestanza fisica accanto al minuto ed insignificante fratello. Arianrhod rimase a bocca aperta. Dunque era quello che le nascondeva Ragnhild? L'unica cosa che le piacesse della sua nuova vita a corte era il principe Halfdan? Arianrhod non faticava a crederlo possibile. Il principe era certamente un bell'uomo, l'erede di un regno... tutte qualità che dovevano far presa su un'ingenua fanciulla. Che ne fosse innamorata?

Più tardi mise l'amica con le spalle al muro e le chiese senza mezzi termini se fosse vero che era innamorata di qualcuno.

Ragnhild non negò. Era troppo candida per farlo.

Ti ho vista guardare il principe oggi in cortile: è lui l'uomo che ami?”

Ragnhild abbassò lo sguardo, vergognosa. “Oh Arianrhod... è così” ammise infine, torcendosi le mani. “Ma ti prego non dirlo a nessuno! Suo padre non lo sa, e dubito che approverebbe.”

Non lo dirò a nessuno, stai tranquilla. Lui ricambia?”

Giura di amarmi. Ed io lo amo talmente tanto! Ma lui è un principe e tutto ciò che posso offrirgli io è la dote che il re riterrà opportuno fissare per me. Non andrò mai bene per suo figlio. Cercherà una principessa, una donna di sangue reale per lui.”

Ragnhild aveva le lacrime agli occhi e Arianrhod l'abbracciò per consolarla.

Ascoltami”, le disse. “Io non so quanto potrò fare. In questo momento dipendo dalla generosità del re forse più di te. Ma sono sua nipote, e se avrò solo una possibilità di mettere una buona parola per te stai sicura che lo farò.”

Grazie, sei così generosa”, mormorò Ragnhild asciugandosi una lacrima che le era scivolata sulla guancia. “Ed io che ti ho nascosto del principe... potrai perdonarmi?”

Non hai niente da farti perdonare. Anch'io ti ho nascosto qualcosa...”

Che cosa?”

A volte è più complicato amare un uomo qualunque di un principe”, sospirò, prima di raccontare per la prima volta a qualcuno di lei e Gareth, qualcuno che, era sicura, non l'avrebbe giudicata.


***

Una densa nebbia fumosa permeava il locale, situato nella zona portuale di Odensa, affollato di avventori che bevevano birra, giocavano ai dadi e si urlavano addosso. Gareth riusciva a malapena ad afferrare ciò che gli diceva Östen in quella confusione infernale. In quel momento non ricordava di chi fosse stata l'idea di fare un giro in città, ma già deplorava di aver seguito i suoi compagni. Al gruppo di dieci cavalieri si era unito anche Domaldr, oltre a lui e Östen. Per fortuna il fratellastro non sembrava in vena di litigare quella sera, impegnato com'era a scolare un birra dopo l'altra. Gareth invece aveva appena toccato il suo primo e unico boccale, che giaceva mezzo vuoto e dimenticato sul tavolo di fronte a lui. Vi passò distrattamente il dito sul bordo, mentre ascoltava Östen ripetergli per l'ennesima volta che avrebbe fatto meglio a svagarsi. E in effetti dopo i continui inviti dei suoi compagni Gareth riuscì a lasciarsi andare, bevendo e giocando a dadi con loro. A metà serata birra annacquata dell'oste e il calore della taverna satura di persone erano riusciti a compiere un miracolo sul suo umore: per una volta riuscì a non pensare ad Arianrhod e al tormento che questo gli procurava. Forse dopotutto non era stata una cattiva idea mettere piede in quella taverna. I brindisi e le chiacchiere duravano già da un po' quando al loro gruppo si avvicinarono alcune prostitute in cerca di clienti. Mettendo in mostra le generose scollature un paio di loro abbordarono alcuni dei cavalieri, che si dimostrarono subito interessati, rispondendo alle audaci attenzioni delle donne. Una terza invece puntò Gareth, avvicinandosi a lui con fare provocante e cominciando ad accarezzargli il petto e il viso.

E tu, bello?” gli disse sbattendogli il seno in faccia. “Non vuoi venire con me?”

Gareth l'allontanò da sé senza riguardi.

No grazie” rispose con un sorrisetto, sollevando il boccale nella sua direzione. “Mi dispiace, ma non sono interessato a quello che hai da offrirmi.”

E perché?” protestò la prostituta, mettendo le mani sui fianchi. “Che c'è, hai già una donna? Non preoccuparti, non sono gelosa!” Concluse con una risata sguaiata.

Si fece di nuovo sotto e Gareth l'allontanò di nuovo da sé. I compagni osservavano divertiti la scena e uno di loro gli gridò: “Ma allora hai già una donna Gareth! E chi è?”

Dai diccelo, dicci chi è!” rincarò un altro, ridendo dell'imbarazzo del cavaliere.

I compagni continuarono a stuzzicarlo finché una voce improvvisa si levò dal gruppo. Strusciando rumorosamente lo sgabello sul pavimento, Domaldr si alzò, ormai ubriaco.

Ma certo che ce l'ha!”, gridò nella direzione del fratello, con ancora il boccale mezzo pieno in mano. Il giovane era malfermo sulle proprie gambe e la birra continuava a traboccare da una parte e dall'altra.

Tutti i cavalieri si voltarono a guardarlo, interessati e divertiti. Östen invece lanciò uno sguardo preoccupato a Gareth.

E noi sappiamo chi è, non è vero?”, rincarò Domaldr guardandosi attorno.

Gareth era sbiancato e aveva le labbra serrate.

Fece un passo nella direzione del fratello. “Domaldr, sei ubriaco. Straparli”, gli disse tentando di farlo sedere di nuovo, ma lui oppose resistenza.

Lasciami!” protestò, biascicando le parole. “So badare a me stesso!”

Tu non sai quello che dici!”

So esattamente quello che dico!” gridò Domaldr puntandogli contro un dito.

Poi si rivolse di nuovo al suo pubblico in attesa. “Parlo di lei, cari signori. Non avete capito di chi? Ma della regina, naturalmente!”

Il silenzio calò di botto sulle facce sbalordite di tutti i cavalieri, che fissavano invariabilmente i due fratelli.

Improvvisamente Gareth prese il fratello, più basso di lui, per la collottola, sollevandolo fino a guardarlo negli occhi. Il suo sguardo mandava scintille.

Rimangiati quello che hai detto”, gli disse in tono basso e minaccioso.

Domaldr sogghignò, e disse in un sussurro, perché nessun altro lo sentisse: “Anche se noi due sappiamo che è la verità?”

Gareth sentì che se qualcuno non lo avesse fermato, sarebbe stato capace di picchiare il fratello. E come se lo avesse chiamato, sentì le mani di Östen sulle spalle.

Mettilo giù, Gareth”, gli disse l'amico con calma. “Non ne vale la pena.”

Gareth trasse un respiro profondo, poi, lentamente, lasciò la presa su Domaldr, che crollò sullo sgabello come uno straccio.

Gareth lanciò un ultimo sguardo distratto alle facce attonite dei presenti, poi spalancò la porta della taverna e uscì fuori nell'umidità del porto.

Non te la prendere!”, gli gridò dietro Östen raggiungendolo in due falcate. “Domaldr era ubriaco, se ne sono accorti tutti. Nessuno può averlo preso sul serio.”

Può darsi”, concesse Gareth, dopo un momento di silenzio. “Ma chi può dirlo?”

Tuo fratello è geloso di te, non lo capisci? Direbbe qualsiasi cosa che ti possa danneggiare.”

Ma aveva ragione lui. Questa volta ha detto solo la pura verità.”

E allora che intendi fare?” chiese Östen esasperato.

Non lo so ancora. Ma devo trovare un modo per risolvere questa situazione.”




Angolo Autrice: Eccoci qui! Come avete letto re Frode ancora tiene il piede in due scarpe e temporeggia, ma presto prenderà una decisione. Le cose si complicano un po' per tutti, sentimentalmente parlando, e Domaldr si fa sempre più geloso e fastidioso. Nel prossimo capitolo la situazione di stallo arriverà a una svolta... e niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto!^^

Alla prossima

Eilan

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Capitolo 21
*** Capitolo ventuno ***


Dragons





Il duca di Silverdalen era stato abituato dal suo ruolo a svolgere missioni diplomatiche; a negoziare con nobili, re e uomini potenti. Era riuscito a mediare molte situazioni in apparenza davvero intricate. Ora che aveva raggiunto la mezza età, Fjölnir amava considerarsi sufficientemente realizzato. Aveva rivestito un ruolo importante in Svezia fino alla morte del suo caro amico Jörundr, potendosi considerare il suo braccio destro senza paura di essere smentito. Il potere era qualcosa che Fjölnir teneva nella giusta considerazione, come avrebbe fatto qualsiasi uomo nella sua posizione, ma non ne era ossessionato. La lealtà e l'onore venivano prima della spasmodica ricerca del potere, ed era con questo spirito che poco tempo dopo aver aiutato Arianrhod a lasciare la Svezia anche lui aveva preso la decisione di fare altrettanto. Aveva votato la sua vita, e così quella di Domaldr, a riportare sul trono la legittima erede degli Yngling. Era fiero di esserci riuscito senza mettere in pericolo il proprio potere: la sua influenza nel nord del paese, dove si trovavano le sue vaste terre, era rimasta intatta e i suoi possedimenti ben protetti dalla vendetta dell'usurpatore di turno. Quando la vita a corte si era fatta troppo pericolosa anche per il suo grande amico l'Arcidruido Sveigder era stato Fjölnir a tendergli una mano e a offrirgli rifugio entro i confini delle proprie terre. Ed era lì che ancora oggi l'anziano Arcidruido risiedeva, al sicuro.

I suoi territori erano amministrati e difesi con saggezza e abilità da sua moglie Torunn, la quale aspettava il ritorno del figlio e del marito in esilio da ben tredici anni.

Domaldr era un altro paio di maniche: Fjölnir non sapeva cosa fare con lui. Si era reso conto lentamente, ma inevitabilmente, che quel ragazzo non era degno di ereditare il più importante feudo svedese, né di avere tra le mani un tale potere. Era un inetto, uno sciocco. Il duca aveva cercato di non pensare per anni al fatto che aveva un altro figlio, cedendo al desiderio della moglie, che male aveva sopportato di scoprire l'esistenza del ragazzo. Avrebbe potuto anche tollerare il suo tradimento, ma non di venire umiliata agli occhi di tutti con la presenza di un figlio illegittimo.

Ma, ironia della sorte, era stato proprio Gareth a salvare la vita alla regina e Fjölnir non aveva più potuto ignorarlo. Arianrhod stessa lo aveva rimproverato di venire meno ai suoi doveri di padre, cosa che lo aveva colpito più duramente di quanto lei si fosse resa conto. Soprattutto perché avrebbe tanto voluto che Domaldr somigliasse a Gareth. O che fosse Gareth il suo erede. Ora che aveva ritrovato quel figlio dimenticato il duca non aveva più intenzione di perderlo, a dispetto di quali sarebbero state le reazioni di sua moglie e di Domaldr.

In ogni caso si riteneva molto migliore come capo della Guardia Bianca che come padre.

L'unica pecca nella sua strategia era stata la scoperta da parte di Ale del luogo in cui si trovava Arianrhod, informazione che la Guardia Bianca, sotto il suo comando, era riuscita a tenere nascosta per quattordici anni. Una falla, se così si poteva definire, nei piani che aveva così attentamente ideato.

Anche se se ne attribuiva la colpa e temeva che il traditore che aveva reso possibile l'assassinio dei genitori adottivi della regina potesse trovarsi proprio tra le sue fila, Fjölnir confidava di poter gestire senza troppi problemi qualsiasi cosa re Frode gli avrebbe proposto di lì a poco.

Il re aveva voluto incontrarlo privatamente e il duca ebbe solo un attimo di esitazione prima di bussare alla porta del suo studio privato. Frode come al solito lo accolse con estrema cordialità.

Prego, mio caro duca, entrate pure”, disse con il sorriso sulle labbra. “Accomodatevi”, aggiunse indicando la sedia di fronte alla sua.

Alla luce del caminetto acceso Frode se ne stava sprofondato nella sua sedia, come se non avesse avuto apparentemente nulla di importante da fare fino a quel momento. Indossava una folta pelliccia d'orso drappeggiata sulle spalle e un cerchio di bronzo lavorato intorno alla testa. Osservò il duca accogliere il suo invito ad accomodarsi, lisciandosi pensosamente la lunga barba bionda.

Vi parrà bizzarro che vi abbia fatto convocare in privato, ma ritengo che sia la cosa migliore. Potrete parlare con mia nipote della mia proposta nei tempi e nei modi che riterrete più opportuni.”

Quale proposta, sire?”

Quella che sto per illustrarvi. Non credo che la rifiuterete.”


***

Gareth non si stupì di venire convocato da suo padre, nelle sue stanze. Ultimamente il duca aveva dimostrato di accorgersi della sua presenza, e perfino di apprezzarlo. Quello che lo stupì fu aprire la porta e trovarsi nel mezzo di un incontro tra le più alte cariche della Guardia Bianca. Intorno ad un tavolo erano infatti riuniti il duca, i comandanti Walbur e Vanlande, Domaldr e qualche altro ufficiale.

Vieni, entra Gareth”, lo invitò Fjölnir con un cenno del capo.

La reazione di Domaldr non si fece attendere.

Padre perché lo hai invitato?”, protestò, alzandosi in piedi.

Per discutere della proposta di re Frode, per quale altro motivo altrimenti?” rispose il duca in tono pacato.

Ma lui non ha diritto di stare qui. Cosa ti importa della sua opinione?”

Gareth continuò a restare in silenzio, notando con disappunto che il tono di voce di Domaldr cresceva insieme alla sua rabbia.

Taci, figlio!”, disse il duca severamente. “Sono io a decidere cosa è meglio o non è meglio fare. E sono io a decidere chi deve trovarsi in questa sede e chi no.”

Ma è solo un bastardo!”, gridò Domaldr in collera.

Ma il duca non aveva vissuto metà della sua vita tra campi di battaglia e arene di politica per niente. Lanciò a Domaldr uno sguardo che avrebbe incendiato una fascina di legna, se ce ne fosse stata una nei paraggi.

Adesso basta, Domaldr”, disse in tono chiaro, scandendo bene le parole. “Gareth è tuo fratello, non ti permetto di parlare così di lui.”

Il silenzio scese nella stanza, la tensione era talmente densa da potersi tagliare con un coltello. Domaldr prese a respirare affannosamente, nel tentativo di tenere a freno la rabbia. Stringeva il bordo del tavolo tra le mani come se volesse polverizzarlo.

Mi rifiuto di stare nella stessa stanza con lui!”

Lanciò uno sguardo prima a suo padre, poi a Gareth. Infine spinse indietro la sedia e uscì dalla stanza, schiumando di rabbia. Non mancò, nel passare accanto al fratello, di dargli intenzionalmente una spallata.

Gareth non reagì, si limitò a guardare Domaldr sbattersi la porta alle spalle. I suoi sentimenti erano molto confusi in quel momento: imbarazzo, perché la loro difficile situazione familiare era stata così volgarmente messa in piazza; felicità, perché suo padre lo aveva difeso e lo aveva apertamente riconosciuto; ed infine senso di colpa, perché non avrebbe voluto essere la causa di una rottura tra suo padre e suo fratello.

Mi dispiace che vi troviate in disaccordo per colpa mia, padre”, disse avvicinandosi al duca.

Questi gli sorrise, mettendogli una mano sulla spalla.

Non ti preoccupare, figliolo. Vedrai che gli passerà presto.”

Il duca si accomodò, invitando i presenti a fare altrettanto.

Stamattina ho avuto un incontro con il re, che ha voluto parlarmi a quattrocchi”, annunciò. “Frode ha tentennato fin'ora, ma finalmente ha deciso di mettere in piazza ciò che vuole; ciò che pretende in cambio del suo aiuto militare ed economico.”

Cosa ha chiesto la vecchia volpe?” domandò Walbur incuriosito.

Il duca sospirò. “Vuole la mano di Arianrhod per suo figlio Hrolf.”

I presenti si lanciarono occhiate sbalordite, troppo increduli per essere i primi ad aprire bocca.

Gareth invece ebbe la sensazione che qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco. Si sentiva senza fiato e un dolore sordo gli pulsava nelle viscere.

Vuole il trono di Svezia per suo figlio...” commentò infine Vanlande. “Bella mossa da parte sua. Non lo pensavo così scaltro.”

Fjölnir annuì. “Ha chiesto il massimo che poteva ottenere. Un po' d'oro, che certo non gli manca, e un esercito in cambio di un trono. Non male, perfino per lui.”

Ma perché Hrolf?”, chiese un altro ufficiale. “Perché proprio quel ragazzino tra tutti i figli che ha?”

Perché Halfdan erediterà il trono di Danimarca”, spiegò il duca. “ Arnvid e Øybjorn hanno già i loro titoli nobiliari e i loro possedimenti. Ma la Danimarca è un regno troppo piccolo per trovare una degna sistemazione a quattro figli maschi. Frode non ha titoli da dare a Hrolf e così punta a farlo espatriare. E non solo per un titolo, ma addirittura per un trono.”

Gareth non era ancora riuscito a pronunciare un suono. Si sentiva pietrificato e, sebbene cercasse di ragionare lucidamente, il solo pensiero che gli turbinava in testa era Arianrhod insieme a un altro uomo. Per questo quando sentì pronunciare il suo nome venne colto completamente alla sprovvista e sussultò visibilmente.

Cosa...? Non vi ho sentito padre, scusate...”

Fjölnir lo guardò interrogativamente prima di ripetere la sua domanda.

Ti stavo chiedendo come pensi che Arianrhod potrebbe prendere una proposta simile. So che siete molto amici...”

Gareth sapeva che quel momento sarebbe giunto. Sapeva che Arianrhod non avrebbe mai potuto essere sua, che avrebbe sposato un uomo importante. Addirittura un re o un principe, aveva predetto. Ed ora stava accadendo.

Diverse paia d'occhi erano fisse su di lui e sapeva che non poteva mostrare ciò che stava provando in quel momento. Dentro di sé urlava, si sentiva strappare l'anima a brandelli. Ma fuori cercò di apparire neutrale, indifferente, distaccato. Ma non per se stesso e neppure per gli uomini che lo guardavano. Per Arianrhod e solo per lei. Perché se desiderava il suo bene, doveva convincerla a sposare un uomo degno di lei, che avrebbe potuto aiutarla a riconquistare il trono. Se non lo avesse fatto lei sarebbe rimasta per sempre una principessa in esilio, senza un trono, senza sudditi; solo un'ospite indesiderata in casa d'altri.

In quel momento fu contento che Domaldr non fosse lì. Era l'unico che sapeva. L'unico che, nonostante la sua ottusità, avrebbe potuto smascherarlo.

Direi di essere cauti...”, cominciò Gareth, in un tono che gli parve sufficientemente neutro. “Lei sa essere molto testarda se presa per il verso sbagliato. Ha una grande volontà e indipendenza...”

Ce ne siamo accorti”, intervenne Vanlande con un sogghigno. Ma c'era ammirazione nel suo tono, non fastidio.

Mio figlio ha ragione”, disse il duca, “la nostra regina non prenderà bene questa proposta... all'inizio. Ma noi dobbiamo cercare di farle capire che è nel suo migliore interesse sposare Hrolf.”

Allora perché non lasciamo che sia Gareth a parlare con lei per convincerla?” propose Walbur. “Forse solo lui, o il suo amico... come si chiama?”

Östen...”, gli ricordò Gareth.

Sì, giusto. Forse solo uno di loro potrebbe convincerla. Gareth, vuoi essere tu a parlarle? Che ne dite, duca... è una buona idea?”

Fjölnir rifletté qualche istante. “Sì... credo che, se vogliamo avere una speranza che accetti in fretta, è la nostra unica opzione”, disse lentamente.

Ma, padre... volete che sia io a convincerla?”, chiese Gareth, completamente annichilito.

Il duca gli mise una mano sul braccio.

La nostra regina ci ha stupito positivamente, Gareth. Credo di parlare a nome di tutti i presenti quando dico questo. È tenace, coraggiosa, intelligente... ma ha una volontà di ferro e nessuno di noi riuscirà a convincerla che questa soluzione è la migliore per lei. Solo tu puoi riuscirci.”

Poi si alzò, accompagnandolo alla porta.

Quando fu fuori portata d'orecchio degli altri gli sussurrò: “E' stata lei ad aprirmi gli occhi su di te, figlio mio. Le sarò sempre riconoscente per questo. Quella ragazza ha davvero tante qualità.”

Lo so, padre”, gli rispose Gareth. “Credimi, lo so bene.”


***

Cosa vogliono che faccia?” Arianrhod saltò su, quasi urlando.

Gareth, che aveva previsto la sua reazione, tentò di calmarla. Sapeva che non c'erano mezzi termini per comunicare una simile notizia, perciò non ne aveva usati.

Ascoltami”, le disse dolcemente, prendendola per le spalle. “Tuo zio ha preso la sua decisione e se vuoi il suo aiuto i termini dell'accordo sono questi.”

Benissimo, allora non accetterò il suo aiuto!”

Devi farlo, non c'è altra scelta. Lui è l'unico che abbia i mezzi per sostenerti, l'unico che possa farti riconquistare il trono. Se non accetterai non avrai una seconda possibilità.”

Arianrhod si staccò bruscamente da lui e prese a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza. Gareth continuò a seguirla con lo sguardo finché non si fermò davanti al focolare, dandogli le spalle e poggiando le mani sulla spalliera di una poltrona.

E' questo che vuoi?” disse improvvisamente a voce bassa. “Vuoi che sposi un altro? Tutto quello che c'è stato tra noi, ogni tua parola... era tutto vuoto?”

Gareth deglutì, ferito. Ma si aspettava che lei glielo chiedesse e su questo non poteva mentire, nemmeno per il suo bene.

Io ti amo. Ti amo più di me stesso, Arianrhod, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà. Io non potrò mai darti niente, niente di quello di cui tu hai bisogno...”

Io ho bisogno solo di te.”

Lo sappiamo entrambi che non è vero... sì certo, all'inizio saresti felice ma con il tempo mi odieresti perché resteresti bloccata in un ruolo scomodo a causa mia. Per colpa mia saresti sempre una regina senza corona, un'ospite di tuo zio che, nonostante la sua gentilezza, presto o tardi non mancherà di fartelo pesare.”

Potrei sempre tornare al mio villaggio, alla mia vita di prima... e tu potresti venire con me...” azzardò Arianrhod, tentando di suonare convincente.

Si avvicinò a lui e lo guardò negli occhi.

Gareth sorrise tristemente, alzando una mano per carezzarle la guancia.

Amore mio, mia vita, mia unica gioia... sai anche tu che non è possibile. Prima o poi riuscirebbero a trovarti e a portare a termine il loro compito. Sai che Ale, o qualsiasi altro usurpatore venga dopo di lui, non ti lasceranno mai vivere in pace. Continueranno a darti la caccia fino alla fine dei tuoi giorni. Davvero vuoi vivere così? Nell'eterna paura del domani, arresa al tuo destino, quando invece potresti esserne l'artefice?”

Farei qualsiasi cosa per stare con te”, mormorò infine lei con gli occhi lucidi di lacrime. “Non mi importa niente del trono, della gloria, della mia stirpe...”

Gareth si sentì sopraffare dall'emozione e di scatto l'attirò a sé e la strinse contro il suo petto. La tenne stretta come se volesse diventare una cosa sola con lei.

Questa è la cosa più bella che tu mi abbia mai detto” le disse, posandole un bacio sui capelli. “Ma non posso permetterti di prendere una decisione simile. Se davvero mi ami devi sposare Hrolf... e riconquistare il trono di tuo padre.”

Arianrhod si staccò di nuovo da lui senza dire una parola e ricominciò a vagare senza meta per la stanza. Sembrava distratta, preoccupata e ansiosa. Gareth non l'aveva mai vista così. Dopo un primo prevedibile guizzo di tempra si era calmata in fretta. Il cavaliere si sarebbe aspettato rabbia, sgomento, frustrazione da parte sua. Si era preparato a che lei sfogasse il suo sdegno, che si opponesse, che lottasse con fierezza come aveva sempre fatto. Che manifestasse la sua sofferenza con la sua solita impulsività. Ma non si sarebbe mai aspettato di vederla così... vulnerabile. Cosa le stava accadendo?

Decise di lasciarla stare e vedere questo a cosa avrebbe portato. Ma dopo un'interminabile momento di silenzio, Gareth cominciò a sentirsi a disagio con quel nuovo aspetto di Arianrhod che non conosceva.

Arianrhod, stai bene?” gli chiese avvicinandosi e prendendole la mano.

Vuoi davvero che sposi Hrolf allora?” ribatté lei senza guardarlo.

E' la cosa più difficile che abbia mai dovuto dire in vita mia, ma sì... per il tuo bene devi farlo.”

Anche se ti dicessi che aspetto un figlio?”






Nota dell'autrice: Ciao a tutt* carissim*! Innanzitutto auguro Buone Feste di cuore a tutti voi, anche se scandalosamente in ritardo ^^'. Sono in ritardo anche sull'aggiornamento e chiedo venia, ma l'ultima volta non avevo calcolato che ci sarebbero state le feste di mezzo. Comunque eccoci qui, con un capitolo denso di colpi di scena... chi di voi si aspettava che la nostra Ari fosse in dolce attesa? Sicuramente non Gareth, che fra un po', tra una rivelazione e l'altra, rischia l'infarto :D. Sono proprio curiosa di sapere se vi è piaciuto!

Vi anticipo che probabilmente anche con il prossimo aggiornamento sforerò un pochino i tempi, sempre causa feste e annessi e connessi!
Un abbraccio!
Eilan

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Capitolo 22
*** Capitolo ventidue ***


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Ragnhild conosceva Arianrhod da poche settimane, ma il fatto di aver trascorso quasi tutto il suo tempo libero con lei le aveva avvicinate moltissimo. In lei la giovane danese aveva trovato una vera amica, una persona di spessore, non banale come tante dame che popolavano la corte di re Frode. A lei era riuscita a confidare il suo più grande segreto, il cruccio che aveva nascosto a tutti. Ed anche Arianrhod aveva dimostrato di fidarsi di lei rivelandole il sentimento che univa lei e il giovane cavaliere, Gareth.

In un certo senso era una coincidenza curiosa che entrambe soffrissero per un motivo simile, per un amore che difficilmente allo stato attuale delle cose avrebbe potuto realizzarsi. Il motivo era lo stesso, anche se i ruoli erano ribaltati: Gareth era di rango troppo basso per Arianrhod ed era Ragnhild invece ad esserlo per il principe. C'era un tacito accordo tra di loro di non parlare più di questo doloroso argomento. E in effetti dalla prima volta in cui si erano confidate a vicenda non ne avevano più parlato, né avevano posto domande spinose. C'erano segreti che era meglio non approfondire. Tutto questo però le aveva unite ancora di più, le aveva rese sorelle in un comune destino.

Da quella mattina Arianrhod però non si trovava da nessuna parte e non era da lei quel comportamento. Ragnhild l'aveva aspettata trascorrendo la mattinata a cardare e filare la lana con le altre dame, ma con la mente e lo sguardo sempre rivolti alla porta nell'attesa che lei le raggiungesse. Arianrhod era già piuttosto abile in quelle mansioni, che erano state per lei pane quotidiano alla fattoria dei suoi genitori adottivi. Sapeva anche utilizzare il telaio per cucire gli abiti, ma era totalmente ignorante sul ricamo, un'attività di solito riservata alle classi nobili che potevano permettersi di perdere tempo in simili frivolezze. Ragnhild aveva cercato di insegnarle e Arianrhod si era docilmente applicata, ascoltando gli entusiastici consigli dell'amica. Ma continuava a ritenere il ricamo un'assurda futilità, completamente fuori dalle sue corde.

Comunque fosse, quella mattina e fino al primo pomeriggio non si era fatta vedere e Ragnhild aveva trascorso il tempo aspettandola e sorbendo di malavoglia lo stupido chiacchiericcio e i pettegolezzi delle altre donne.

Appena era riuscita a liberarsi era andata ad assistere alla lezione d'armi, sperando che Arianrhod si trovasse lì. Combattere era un'attività che la appassionava infinitamente più di qualsiasi lavoro femminile. Gli uomini della Guardia Bianca erano lì e c'erano anche Gareth ed il suo amico Östen, ma Arianrhod non si trovava da nessuna parte. Ragnhild lanciò un'occhiata distratta al bel cavaliere che aveva rubato il cuore della sua amica e notò che, diversamente dal solito, sembrava avere un'espressione tesa e preoccupata. Era pallido, la bocca tirata e lo sguardo distratto.

Ragnhild decise di avvicinarsi a lui, sperando che almeno lui potesse dirle dove si trovava Arianrhod.

Cavaliere”, lo chiamò con voce timida.

Gareth sobbalzò. Sembrava seriamente teso, pensò Ragnhild. Abbassò lo sguardo sulla piccola figura femminile che gli era apparsa al fianco e fece un sorriso forzato.

Oh siete voi, signora” disse, passandosi una mano fra i capelli. Ragnhild si chiese se non avesse sperato di vedere qualcun altra in realtà. “Ditemi, in cosa posso esservi utile?”

Anche Östen, che si trovava al fianco dell'amico, rivolse l'attenzione a lei. Ragnhild si sentì intimidita: non era nel suo carattere riuscire a parlare in modo diretto alla presenza di altre persone, soprattutto uomini.

Mi chiedevo se oggi aveste visto la vostra regina, cavalieri... stamattina non è venuta nelle stanze delle donne.”

Un lampo di allarme passò negli occhi grigi di Gareth. Aggrottò le sopracciglia ed era sul punto di dire qualcosa, quando Östen gli mise una mano sulla spalla e lo guardò brevemente prima di prendere la parola.

Avete già controllato nella sua stanza mia signora? Può darsi che non si senta bene oggi e abbia deciso di rimanere lì.”

Ragnhild annuì, poco convinta. Tuttavia non le costava nulla seguire il suggerimento, quindi si congedò dai due uomini e si diresse verso la stanza di Arianrhod.

Durante il tragitto rifletté che Gareth sembrava molto turbato per qualcosa, e a disagio ogni volta che Arianrhod veniva nominata. Essendo al corrente di ciò che c'era tra di loro Ragnhild poteva comprenderne facilmente la ragione. Ma perché quella preoccupazione, quel turbamento nel suo sguardo? Quando Östen era intervenuto le era quasi sembrato che tentasse di proteggere l'amico, prendendo le redini di una conversazione in cui lui avrebbe potuto fare o dire qualcosa di avventato, o magari preoccuparsi per niente.

Quando aprì la porta della sua stanza, pochi minuti dopo, Ragnhild scoprì con disappunto che Arianrhod non c'era. Il suo letto era stato rifatto e Gerda stava finendo di rassettare la stanza. Quando udì la porta girare sui cardini, la ragazza si voltò.

Posso fare qualcosa per aiutarvi, lady Ragnhild?” chiese alla nuova arrivata.

Stavo cercando la principessa, Gerda. Non è qui?”

L'ancella la guardò confusa.

No... è uscita stamattina presto, a cavallo.”

Da sola? Ma è pericoloso! Non dovrebbe andarsene da sola per i boschi in questo modo”, esclamò Ragnhild preoccupata.

Se posso essere schietta, milady”, cominciò Gerda, “questa mattina la principessa mi è sembrata molto turbata. Sono preoccupata per lei.”

Sai perché fosse turbata?”

Non lo so, ma spero che torni presto. Non sono tranquilla a saperla lì fuori, da sola.”

Neanch'io”, disse Ragnhild, più a se stessa che a Gerda. Guardò fuori dalla stretta finestra della stanza: si era alzato il vento, che scuoteva con forza le cime degli alberi lungo il suo cammino.


***

Arianrhod si strinse nel mantello mentre cavalcava, perché il vento che aveva cominciato a soffiare forte le si opponeva con prepotenza. Raggiunse il bosco che cresceva alle spalle della città, dove era andata a caccia con suo zio subito dopo il suo arrivo in Danimarca. L'estate era ancora al suo apice e le temperature non erano fredde, ma il vento si stava rivelando davvero fastidioso. Il suo cavallo non lo gradiva, e glielo faceva capire scartando continuamente, finché Arinarhod decise di scendere e condurlo per le briglie. Il bosco intorno a lei era deserto, solo i piccoli animali che lo abitavano erano testimoni del suo passaggio. Alzando lo sguardo vide due scoiattoli dalle sfumature rossastre e dalla lunga coda arcuata inseguirsi su di un ramo, e alcuni uccelli stagliarsi contro l'intenso azzurro del cielo.

Solo il tonfo sordo degli zoccoli del cavallo sul terreno e l'ululato del vento spezzavano il silenzio e la solitudine che la circondava. Sapeva che non avrebbe dovuto lasciare il castello da sola, che era rischioso e avventato. Ma aveva bisogno di stare sola, di uscire da quelle quattro mura per riflettere sulla decisione più difficile che avesse mai dovuto prendere in vita sua.

Era trascorsa solo una notte da quando aveva rivelato a Gareth ciò che non avrebbe mai voluto dirgli. In cuor suo aveva temuto la sua reazione fin da quando aveva capito di essere incinta. Sapeva che la notizia avrebbe avuto conseguenze serie.

Appena gli aveva annunciato il suo stato Gareth aveva dovuto sedersi, per non rischiare di crollare. Era rimasto senza parole per parecchio, con il viso nascosto tra le mani.

Lei gli si era inginocchiata davanti per guardarlo in viso. Quando aveva percepito la sua presenza accanto a sé lui l'aveva abbracciata stretta, nascondendo il viso nella fragranza della sua chioma.

Perdonami”, le aveva detto. “Non avrei mai dovuto farti questo. Se potessi tornare indietro, io...”

Cosa avresti fatto, allora?” lo aveva sfidato Arianrhod. E prima che lui potesse replicare aveva aggiunto. “Non è colpa tua, Gareth... e non mi pento di quello che c'è stato tra noi.”

E' solo colpa mia invece, avrei dovuto stare più attento. Non avrei mai voluto che fossi tu a portare il fardello dei miei errori.”

Cosa facciamo adesso?” aveva chiesto Arianrhod con voce tremante. Il loro bambino era dunque un errore per lui?

Se prima avevamo poca scelta direi che ora non l'abbiamo per niente.”

Intendi dire che...?”

Da quanto aspetti?”

Non lo so con esattezza”, mormorò Arianrhod. “Poche settimane...”

Abbiamo ancora tempo. Devi sposare Hrolf il prima possibile.”

Dovrei fargli credere che il bambino sia suo? È il tuo bambino, Gareth!”

Seppe di averlo colpito, perché la sua espressione si trasfigurò di dolore.

Non abbiamo altra scelta, Arianrhod. Se si viene a sapere non potrai più sposarlo, non avrai l'appoggio di tuo zio.”

Aveva ragione. Aveva dannatamente ragione. Fallo per me, le aveva detto. Arianrhod provò un moto di invidia. Come riusciva ad essere così altruista, a pensare solo al suo bene? Riusciva a spingerla a sposare un altro solo perché era la scelta migliore per lei, anche se significava che avrebbe dovuto rinunciare per sempre a lei e al loro bambino. Arianrhod non credeva di possedere altrettanta forza d'animo.

Completamente assorta nel rievocare la cruciale conversazione della sera prima, la ragazza si spinse più in fondo nel bosco, seguendo un largo sentiero, senza quasi rendersene conto. Il paesaggio intorno a lei sembrava immutabile, un infinito tappeto di foglie secche orlato da alberi carichi di fogliame che stormiva al vento.

Un rumore improvviso la ridestò dai suoi pensieri, facendola trasalire. Agendo di istinto e con la prontezza dei suoi riflessi, Arianrhod sguainò la spada degli Yngling che portava al fianco, puntandola nella direzione dalla quale proveniva il rumore.

Chi è là?” chiese ad alta voce.

Dal folto dei cespugli uscì una figura nota. Morcant, il capo del contingente del Piccolo Popolo, seminudo e armato di lancia.

Ah sei tu!” esclamò Arianrhod sollevata, rinfoderando la spada.

I miei esploratori avevano ragione dunque”, disse Morcant. “Sei proprio tu che ti aggiri per la foresta. Cosa ci fai qui tutta sola, anam-madhad?”

Anima di lupo. Così l'avevano ribattezzata i suoi nuovi fratelli quando avevano saputo come era sopravvissuta ai lupi durante la sua iniziazione, e Arianrhod si era ormai abituata a quell'appellativo.

Avevo bisogno di allontanarmi dalla corte per un po'”, rispose al piccolo uomo.

Vedo che hai dei pensieri, pensieri che ti turbano... vuoi parlarmene?”

Ti ringrazio, ma è qualcosa che riguarda solo me.”

Morcant annuì sorridendo, per niente offeso dalle sue parole.

Ti dispiace se ti accompagno nella tua passeggiata allora? Ho il dovere di proteggerti, e questi boschi possono essere pericolosi.”

Arianrhod intuiva che quella era solo una scusa. Morcant sapeva molto bene che lei era in grado di cavarsela da sola con i pericoli del bosco. Non l'avrebbero mai sottoposta a quella prova così rischiosa altrimenti.

Camminarono per un po' in silenzio. Morcant sembrava del tutto a suo agio nel bosco; apparteneva ad esso come un albero o un orso.

Ti sei comportata come un grande comandante dovrebbe fare, durante il consiglio. Siamo molto fieri della nostra sorella di sangue”, disse ad un certo punto il guerriero. Arianrhod, confusa, impiegò qualche secondo a capire che si riferiva all'episodio in cui aveva affermato il proprio ruolo, di fronte a tutti i suoi generali, colpevoli di non averla messa a parte del viaggio verso la Danimarca.

La forza ci viene dalla saggezza”, continuò Morcant senza attendere una replica. “La saggezza ci viene dal comprendere quando è il momento di agire, e sopratutto come agire.”

Vedi quel ramo?” disse indicando un ramo basso. “E' secco ed è ideale per costruire una lancia come la mia. Sarebbe semplice staccarlo dal suo tronco, ma è anche semplice commettere errori. Se applichiamo troppa forza, il ramo si spezzerà a metà e sarà inutilizzabile; al contrario, se ne applichiamo poca non otterremo niente. Il ramo resterà lì dov'è e niente cambierà.”

Non credo di capire cosa intendi, Morcant”, confessò malvolentieri Arianrhod.

Forse non lo comprendi ora, anam-madhad, ma questo è normale. Ricordati che se cerchi qualcosa che non vuoi trovare, questo finirà per trovare te. Se ti sforzi di cercare qualcosa che vuoi con tutte le tue forze è il momento in cui non la troverai.”

Arianrhod era sempre più confusa. Sapeva che quello era il modo di esprimersi del Piccolo Popolo, il modo in cui coloro che vi appartenevano trasmettevano la loro saggezza alle nuove generazioni, ma forse lei era parte della loro tribù da troppo poco tempo per poterne comprendere il linguaggio. Comunque Morcant le aveva dato qualcosa su cui riflettere, anche se al momento le sue parole era oscure per lei.

Io.. credo di dover tornare al castello ora, Morcant. Mi sono allontanata fin troppo e cominceranno a cercarmi.”

Ti lascio ai tuoi pensieri. Se hai bisogno di noi sai dove trovarci.”

Vi manca qualcosa all'accampamento? Avete bisogno di provviste o altro?”, gli gridò dietro Arianrhod, mentre l'uomo già si allontanava. Dopotutto era lei la loro comandante ed era responsabile del loro benessere, come di quello di ogni altro soldato o cavaliere.

Abbiamo tutto quello che ci serve, grazie anam-madha. Il bosco è la nostra casa e gli alberi nostri fratelli”, rispose l'uomo prima di sparire alla vista.

Arianrhod rimontò a cavallo. Il vento era calato e il sole del pomeriggio proiettava una luce più tenue. Procedendo piano, al passo, si diresse in direzione di Odense.

Si toccò il ventre, lì dove stava crescendo quella nuova vita, ancora così fragile e indifesa. Quel gesto la fece pensare ad Enid, e al fatto che ora lei si trovava nella stessa condizione dell'amica. Ormai doveva essere vicina al parto, forse mancava meno di un mese.

All'improvviso il suo cavallo si impennò sulle zampe posteriori, lanciando un nitrito. In mezzo al sentiero era comparso un lupo, come sbucato dal nulla. Arianrhod calmò il cavallo con delle pacche sul collo e qualche parola in tono rassicurante. Il cuore le batteva forte nel petto, ma non per la paura. Quel lupo era molto simile a quello che lei aveva risparmiato durante la sua prova, ma non poteva certo essere lo stesso.

L'animale la guardava negli occhi senza paura, ma non fece il gesto di attaccarla.

Forse non ora, ma presto comprenderai aman-madhad, le aveva detto Morcant.

Arianrhod sostenne lo sguardo del lupo finché questi non riprese il suo cammino, senza cercare di farle del male né di avvicinarsi a lei.

I suoi pensieri erano confusi, mentre cavalcava verso il castello, e le parole di Morcant ancora enigmatiche. Ma Arianrhod aveva preso la sua decisione.


***

Dopo aver lasciato il cavallo agli stallieri andò dritta allo studio privato del re. Avrebbe parlato con lui e con nessun altro della sua decisione. Non voleva nessun intermediario che parlasse per lei questa volta.

Nipote!” esclamò sorpreso Frode, trovandosela di fronte senza preavviso. “Non ti aspettavo. Vieni, siediti qui.”

Ti ringrazio zio, ma preferisco restare in piedi. Non ci metterò molto a dirti quello che devo.”

Come vuoi allora, mia cara. Sai che qualsiasi cosa posso fare per te, non hai che da chiederlo.”

Arianrhod prese un respiro profondo. “La prima cosa che voglio chiederti non è per me, ma per una cara amica.”

La conosco?” chiese il re con sguardo perplesso.

Sì è la tua pupilla, Ragnhild di Stormare. Vorrei chiederti di prendere in considerazione il suo fidanzamento con tuo figlio, il principe Halfdan.”

Frode strabuzzò gli occhi dalla sorpresa.

M-mio figlio?”

Proprio così. I due giovani nutrono forti sentimenti l'uno per l'altra.”

E' strano. Mio figlio non mi ha mai detto niente al riguardo. Eppure lui non è certo il tipo d'uomo che ha paura di dirmi qualcosa in faccia.”

Forse non lo ha fatto perché pensava che non avresti accettato la loro unione...”

In effetti vorrei proprio sapere perché dovrei accettare un simile legame. Non mi sembra che vada a particolare vantaggio di mio figlio.”

Arianrhod sospirò. Si aspettava una simile obiezione da parte del sovrano. Ma lei sapeva cosa doveva fare.

Dovrai farlo se vuoi che io accetti di mettere Hrolf sul trono di mio padre. Questa è la condizione che pongo al nostro patto, e ti avverto: è inderogabile.”

Frode parve prima indignato dall'audacia della nipote, ma dopo qualche secondo scoppiò fragorosamente a ridere.

E' così, dunque. Dovevo aspettarmelo. Non sei certo una sprovveduta, cara nipote. Lasciami dire che sei la degna erede della tua stirpe e che chiunque pensi di poterti mettere nel sacco tanto facilmente resterà deluso.”

Confido che tu non lo pensassi, caro zio”, disse Arianrhod con un sorriso ironico.

Mai! Sul mio onore”, dichiarò il re, portandosi una mano al petto ed alzando l'altra in un gesto solenne.

E così sia, allora. Tu sposerai mio figlio minore e, se è quello che davvero Halfdan vuole così ardentemente, sposerà Ragnhild.”

Abbiamo un accordo, dunque?” chiese Arianrhod tendendogli la mano.

Lo abbiamo”, rispose il sovrano stringendogliela.





Nota dell'autrice: Ciao a tutti carissimi! Ecco il nuovo capitolo, in cui vengono prese alcune decisioni importanti. Arianrhod è riuscita ad essere altruista, proprio come lo è stato Gareth nello spingerla tra le braccia di Hrolf. Avrà fatto bene? Che ne pensate? Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Alla prossima,

Eilan


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Capitolo 23
*** Capitolo ventitré ***


Dragons





Hai preparato quell'acqua calda, Gudrun?” chiese Gerda nel suo solito tono pacato e gentile.

L'anziana cuoca sbuffò, forse più per i vapori bollenti che le rendevano il volto paonazzo che per la richiesta di Gerda. Si era affezionata a quella ragazza che al suo arrivo aveva guardato con occhio diffidente. Ma Gerda aveva saputo presto conquistarsi le simpatie della servitù grazie alla sua dolcezza e disponibilità, ma anche alla sua fermezza. Gudrun, che lavorava a corte da più di trent'anni, l'aveva presa sotto la sua ala e l'aveva aiutata ad ambientarsi in quell'ambiente nuovo e sconosciuto.

Gerda veniva dalla campagna ed era giunta a corte un paio di anni prima, in cerca di un impiego più remunerativo di quello nei campi. Sua madre non era più in grado di lavorare a causa di un'artrite acuta ed aveva lasciato interamente sulle sue spalle il loro sostentamento. Nella sfortuna, la ragazza non avrebbe potuto essere più soddisfatta della piccola nicchia che si era conquistata nel mondo.

La principessa vuole la sua acqua calda, Gerda?” chiese ridendo Borstig, uno dei cuochi che in quel momento passava di lì con un pentolone tra le mani.

Sì, scherza pure Borstig... ma la principessa di Svezia è una brava ragazza. Non è presuntuosa e viziata come quelle del suo rango.”

Una vera rarità!”, intervenne una sguattera di cucina.

Gerda sorrise. “Puoi ben dirlo.”

Ed è anche una gran bellezza, se lo chiedi a me”, disse Borstig, intento a rimestare nel pentolone che aveva appeso sopra il focolare.

Peccato che nessuno te l'abbia chiesto, impiccione!”, lo apostrofò Gudrun agitando il mestolo nella sua direzione. Poi consegnò a Gerda l'acqua calda che la ragazza avrebbe dovuto portare nella camera di Arianrhod.

Grazie Gudrun”, disse Gerda, facendo per prendere congedo.

Ehi, Gerda!” la richiamò la voce di Borstig. “E' vero che la svedese sta per sposare il nostro principe?”

Si è già sparsa la voce?”

Non c'è niente che le orecchie di volpe di Borstig non possano cogliere”, disse Gudrun ammiccando.

Taci, donna!” l'apostrofò Borstig.

In ogni caso hai sentito bene Borstig. Lei e Hrolf si sposeranno.”

E che mi dici di te?” chiese la sguattera, asciugandosi le mani bagnate nel grembiule. “Chi era quel cavaliere con cui ti ho vista parlare l'altro giorno? Sembravate molto intimi...”

Gerda arrossì fino alla radice dei capelli. “Non abbiamo affatto parlato. Mi erano solo cadute delle lenzuola mentre passavo e lui è stato così gentile da aiutarmi a raccoglierle. Il mio ringraziamento è stata l'unica parola che ci siamo scambiati.”

Suvvia, lasciala in pace Sigrid!” intervenne Gudrun autoritaria, vedendo Gerda in difficoltà. “Devi sempre vedere la malizia dove non c'è?”

Sarà...” disse la sguattera alzando le spalle. “Ma io so quello che ho visto.”

Come quando io ti ho vista insieme allo stalliere, a rotolarvi sul fieno in mezzo ai cavalli?” chiese Gudrun.

Sigrid chiuse la bocca e tornò imbronciata a pelare patate nel suo angoletto, sotto lo sguardo divertito degli altri servi.

Grazie”, sussurrò Gerda a Gudrun, e all'occhiolino della cuoca lasciò le cucine per dirigersi ai piani superiori.


Arianrhod aveva trascorso le ultime due notti piangendo e dormendo poco o niente. Non si sarebbe vergognata di ammettere che aveva tirato fuori Bron dal suo baule da viaggio, dove la bambola aveva viaggiato riposta tra gli abiti, e aveva dormito stringendola a sé, in cerca di un conforto impossibile da trovare. La decisione che aveva preso, quella di rinunciare per sempre a Gareth, l'aveva distrutta. Il dolore era talmente forte da essere quasi fisico e solo quella piccola bambola sembrava salvarla dall'abisso in cui stava precipitando. Era sicura che nessuno potesse comprendere fino in fondo la sua disperazione: né Ragnhild, né Östen... e non aveva il coraggio di rivedere Gareth per timore che la sua risolutezza crollasse miseramente.

Nel dormiveglia tormentato in cui era caduta udì la porta aprirsi e la voce di Gerda riempire la stanza, squillante come sempre.

Siete sveglia, principessa?”, chiese la ragazza allegramente.

Arianrhod lottò per non perdere quegli ultimi brandelli di sonno, ma vi rinunciò quando Gerda cominciò a versare l'acqua calda nel catino per lavarsi.

Oggi è una magnifica giornata, sapete?” continuò l'ancella.

Arianrhod dubitava fortemente che sarebbe stata migliore di quella precedente, ma tacque, mettendosi a sedere sul letto ancora insonnolita. La mancanza di sonno di quegli ultimi due giorni cominciava a pesarle.

Volete che vi porti la colazione?” chiese Gerda, fissandola con la brocca a mezz'aria.

Al solo sentire nominare la colazione Arianrhod si sentì assalire da un'ondata di nausea mattutina.

No grazie, Gerda. Non ho fame.”

Siete sicura? Avete un'aria così pallida. Di sicuro mettere qualcosa nello stomaco vi aiuterà a sentivi meglio.”

Arianrhod si limitò a scuotere la testa, cercando di reprimere la nausea che aumentava.

Come volete..” disse Gerda, dubbiosa. Poi aggiunse, come ricordando all'improvviso: “Oh che sciocca che sono! Dimenticavo di dirvi che è venuto a cercarvi un cavaliere poco fa...”

Arianrhod drizzò immediatamente le orecchie. “Gareth...?” chiese, dimenticando all'istante il suo proposito di non vederlo più.

Non so come si chiami. È alto e affascinante... abbiamo parlato a lungo, e... ma dove andate principessa? Non siete ancora vestita!” protestò Gerda mentre Arianrhod schizzava fuori dal letto, passandole sotto il naso e oltre la porta nella veste da notte.

Da che parte è andato?” chiese in fretta.

Di là...” indicò Gerda, presa in contropiede.

Arianrhod corse lungo il corridoio e per poco non andò a sbattere contro il cavaliere che l'aveva cercata. Fu con un pizzico di delusione che si accorse che i suoi capelli non erano castani, ma biondi. La sua delusione si alleviò appena quando riconobbe Östen.

Il giovane cavaliere alzò un sopracciglio nel notare il suo abbigliamento, ma non fece domande per non metterla in imbarazzo.

Östen!” esclamò la giovane regina. “Come mai sei qui?” E senza attendere risposta, aggiunse, più a bassa voce: “Come sta Gareth?”

Distrutto. Esattamente come te, a quanto vedo...”

Arianrhod fu improvvisamente consapevole di come doveva apparire agli occhi di chi la guardava. Pallida, nauseata, con dei cerchi scuri intorno agli occhi a causa della mancanza di sonno, con i capelli in disordine e gli occhi lucidi. Non certo un bello spettacolo.

Mi dispiace”, sussurrò. “So che mi odierai per quello che ho fatto a Gareth, e ne hai tutte le ragioni. Ma non potevo fare altro. Ci sono altre... persone coinvolte, e devo pensare anche al loro bene.” E così dicendo si sfiorò inconsapevolmente il ventre con le dita. Un gesto che non sfuggì a Östen, il cui sguardo si raddolcì per poi incupirsi subito dopo. Aveva detto a Gareth che quello che stava giocando era un gioco pericoloso, ma l'amico era troppo accecato dall'amore per dargli ascolto. Come aveva avuto ragione! Ma Gareth ed Arianrhod erano due delle persone che aveva più care al mondo, e l'aver avuto ragione non gli provocava neppure la più piccola soddisfazione. Anzi, si malediceva per non aver fatto di più per fermarli finché era ancora in tempo.

Io non ti odio affatto, Arianrhod”, le disse prendendola per le spalle, con una familiarità che gli sarebbe sembrata impensabile solo pochi mesi prima. “Tu avrai sempre la mia amicizia e la mia lealtà, così come ce l'ha Gareth.”

Perché sei venuto a cercarmi, allora?” chiese Arianrhod con un filo di voce.

Sono venuto per parlarti, prima che tu commetta un terribile sbaglio. Non devi dare retta a ciò che ti ha detto Gareth. So che è stato lui a spingerti a questo passo, e so che lo ha fatto perché ti ama. Lui mette te, la tua sicurezza e la tua felicità prima della sua. Ma non devi dargli ascolto. Non puoi sposare Hrolf e rinunciare all'amore della tua vita. Neanche per le migliori ragioni al mondo.”

Arianrhod, che aveva trattenuto il fiato sbalordita durante tutto il discorso di Östen, cominciò pian piano ad espirare, lasciando andare la tensione.

Perché mi dici questo?” chiese infine. Non sapeva se avrebbe mai potuto seguire il consiglio dell'amico, ma gli era infinitamente grata di aver detto quello che aveva detto. Doveva essere stato difficile per lui parlare così francamente alla sua regina, eppure l'aveva fatto. Per lei e per Gareth.

Perché non voglio che tu commetta il peggiore errore della tua vita. Non può che venirne infelicità, e questo non vale un trono.”

Non posso promettertelo...” disse Arianrhod con onestà.

Promettimi solo che ci rifletterai.”


***


Quello stesso pomeriggio Arianrhod sentì che si era ripresa a sufficienza per affrontare gli ostacoli che presto le si sarebbero parati di fronte. Aveva permesso a Gerda di aiutarla a vestirsi e pettinarsi; questo l'avrebbe aiutata a nascondere il pallore del viso e la tensione nei suoi lineamenti. Non aveva senso continuare a nascondersi, ad aggrapparsi ad una vecchia bambola per evitare di affrontare la realtà. Cosa avrebbero detto di lei i suoi genitori, il re e la regina, se avessero potuta vederla in quello stato? A quel pensiero Arianrhod andò istintivamente in cerca della collana della madre e la mise al collo.

Madre, dammi la forza”, sussurrò toccando il gelido metallo.

Il primo passo era dare a Ragnhild l'annuncio del patto che aveva stretto con re Frode, dirle che finalmente aveva realizzato il suo desiderio ed era fidanzata con Halfdan. Il futuro, che per lei si prospettava cupo, almeno a Ragnhild avrebbe recato un po' di felicità.


***


Ragnhild osservava Arianrhod da sopra il suo tamburo di ricamo, con l'ago a mezz'aria, gli occhi spalancati. Era completamente senza parole all'annuncio fattole da Arianrhod. Anche se si era diffusa la voce che la principessa svedese si sarebbe presto fidanzata con il quartogenito di re Frode, Arianrhod non aveva ancora rivelato a nessuno dell'accordo stretto con lo zio. La prima a saperlo doveva essere Ragnhild. Ma perché l'amica la guardava sbalordita e inorridita? Perché non le gettava le braccia al collo ringraziandola?

Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta. Prese alla sprovvista, né Ragnhild né Arianrhod risposero con prontezza.

Principessa, siete lì? Devo parlarvi...”

Per Odino, è Hrolf”, bisbigliò Ragnhild portandosi la mano alla bocca.

Aspettami di là, nell'altro salotto”, le chiese Arianrhod.

Ragnhild ubbidì senza fare domande e scomparve dietro la porta della stanza comunicante a quella in cui si trovavano, che veniva utilizzata principalmente dalle dame per il cucito. Arianrhod non poté fare a meno di notare che si muoveva come in trance, talmente pallida in viso da farle temere che sarebbe svenuta da un momento all'altro.

Ma il principe stava bussando di nuovo, così Arianrhod si affrettò a invitarlo ad entrare. Quando Hrolf entrò la trovò seduta compostamente. Fece un passo avanti incerto e Arianrhod ebbe qualche secondo per studiarne la figura.

Il principe aveva quell'aria perennemente insicura ma, a parte questo, non era un brutto ragazzo. Era di piccola statura, questo sì, ma aveva capelli biondi, due grandi occhi blu che sembravano sinceri e un accenno di barba che lo faceva sembrare meno ragazzino.

Principessa”, disse rivolgendosi a lei. “Volevo parlarvi.”

Arianrhod si alzò in piedi e gli andò incontro. Lui ricambiò con un'occhiata nervosa, ma guardandola dritta negli occhi.

Mio padre mi rivelato che presto saremo marito e moglie.”

E cosa ne pensate?”

Ecco... la notizia mi ha turbato alquanto. Non fraintendetemi, voi siete una bellissima donna e mi porterete in dote addirittura un regno...”

Ed un figlio non tuo, pensò Arianrhod con una fitta di rimorso.

...ma ho pensato che devo essere sincero con voi.”

Vi prego...” lo incoraggiò Arianrhod, provando un moto di ammirazione per il principe. Lo aveva giudicato senza spina dorsale, ma forse era stata troppo precipitosa. Hrolf aveva una sua voce dopotutto.

Vi sposo perché è ciò che mi chiede mio padre, ma vi dico sinceramente che amo un'altra donna.”

Un'altra donna?” ripeté Arianrhod sbalordita.“La conosco?”

Non ha importanza”, rispose Hrolf. “Non rivelerò il suo nome. Non voglia esporla.”

Ma Arianrhod non lo stava più ascoltando. Un'agghiacciante sospetto le stava strisciando addosso, facendola gelare da capo a piedi.

Vi ringrazio di essere stato sincero con me, cugino. Non lo dimenticherò”, disse prima di correre via, noncurante di aver lasciato il principe di sasso.

Corse fino alla stanza di Ragnhild senza mai fermarsi e spalancò la porta senza preoccuparsi di chiedere il permesso.

Nella penombra non vide immediatamente l'amica. Ne sentiva solo il singhiozzio sommesso. Seguì il suono fino a superare il letto. Seduta a terra, le ginocchia strette contro il mento, Ragnhild piangeva a calde lacrime. Non mostrò di accorgersi della presenza di Arianrhod finché questa non le ebbe toccato il braccio con le dita.

Allora sollevò il viso rigato di lacrime verso di lei, ma non disse nulla.

Arianrhod si sedette accanto a lei e le passò un braccio intorno alle spalle.

Perché non mi hai detto che non è di Halfdan che sei innamorata?”

Quando mi hai parlato dei miei sentimenti per il principe e del fatto che ti eri accorta che lo guardavo, pensavo avessi capito che si trattava di Hrolf...”

Arianrhod si sforzò di richiamare alla memoria quell'episodio. I due principi erano uno accanto all'altro, e lei aveva dato per scontato che fosse Halfdan quello da cui Ragnhild era stata colpita. Non avrebbe mai pensato...

Cos'è, ti pare impossibile che potessi essere innamorata di Hrolf?” chiese la ragazza come leggendole nel pensiero.

Arianrhod se ne vergognava, ma doveva ammettere che aveva considerato Hrolf meno di niente senza nemmeno conoscerlo. Era stata sciocca e superficiale.

Potrai mai perdonarmi? Io pensavo di aiutarti, invece ho accettato di sposare proprio l'uomo che ami.”

Non è colpa tua, Arianrhod”, disse Ragnhild asciugandosi gli occhi. “Tu hai sacrificato la tua felicità pensando di donarla a me... hai fatto qualcosa che nessuno si sarebbe mai sognato di fare per me.”

Arianrhod la guardò per qualche attimo. “Sì... e ora devo rimediare a questa situazione.”





Nota dell'Autrice: Eccomi con il nuovo capitolo... in scandaloso ritardo! Perdono, perdono, sono stata impicciatissima! :) Comunque ora sono tornata, con un capitolo che cambia la prospettiva delle cose. Arianrhod, pensando di fare del bene, ha fatto un gran pasticcio, promettendo di sposare proprio l'uomo di cui la sua amica è innamorata. Come ne uscirà fuori? La risposta alla prossima puntata! :D

Mi raccomando fatemi sapere che ne pensate.

Grazie a tutti e alla prossima!

Eilan


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Capitolo 24
*** Capitolo ventiquattro ***


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Cara nipote, aspettavamo solo te!”

Re Frode era cordiale come sempre, mentre accoglieva Arianrhod appena entrata nella stanza dove lei e suo zio avrebbero firmato il contratto nuziale.

Arianrhod aveva temuto che ci sarebbero state troppe persone presenti, e invece fortunatamente oltre al re c'erano solo il duca Fjölnir, Walbur e Vanlande, un paio di funzionari danesi e Gareth, che suo padre aveva voluto accanto a sé in quell'importante occasione.

Arianrhod deglutì nel vederlo: di sicuro non aveva potuto rifiutarsi di essere presente, a meno di non dare a suo padre una motivazione valida. Cosa che, ovviamente, non aveva potuto fare. Se ne stava in piedi accanto al duca, il viso pallido e serio, ma sempre terribilmente affascinante. Alla destra di Fjölnir stava invece Domaldr, con un'espressione contrariata: evidentemente ancora gli bruciava di aver perso la possibilità di essere lui il prossimo re di Svezia. Le sue speranze sarebbero presto andate completamente in fumo non appena le firme sarebbero state apposte sulla pergamena. Arianrhod non provava la minima pena per le ambizioni frustrate di quel ragazzo presuntuoso. Doveva già preoccuparsi del proprio cuore spezzato, e ancor di più, del cuore spezzato che stava per procurare alla sua amica. Ragnhild aveva insistito per accompagnarla attraverso quel gravoso compito, anche se Arianrhod aveva cercato di dissuaderla.

Non è stata colpa tua, Arianrhod”, aveva insistito Ragnhild. “Hai solo cercato di aiutarmi. Hai anteposto la mia felicità alla tua, e per questo ti sarò eternamente grata. Ma ora non puoi fare altro che accettare il matrimonio. Non devi sentirti in colpa: anche se non lo sposassi tu, il re non mi permetterebbe comunque di diventare sua nuora.”

L'amica la seguiva passo passo mentre entravano nello studio del re, in quella ampia stanza illuminata solo dal bagliore del grande camino intagliato nella nuda roccia.

Proprio come Arianrhod cercava di evitare lo sguardo di Gareth, così Ragnhild cercava di non guardare Hrolf, che se ne stava accanto al re, ammantato di un ricco mantello di pelliccia e della disperazione più schiacciante. Quella stanza, in cui apparentemente tutti erano sereni e pieni di aspettative, era in realtà un covo di sofferenza e di speranze disilluse.

Il funzionario del re accolse Arianrhod con un sorriso e un inchino del capo, quando giunse presso uno dei due grandi tavoli in legno su cui era posata la pergamena. Gliela porse cerimoniosamente perché la leggesse.

Arianrhod la prese tra le mani tremanti, pregando di riuscire a mantenere il contegno che ci si aspettava da lei.

Vedrai che ne sarai soddisfatta, ragazza!” esclamò allegro Frode, con un braccio intorno alle spalle di Hrolf, che era riuscito a sfoggiare un sorriso di circostanza. “Guadagni un marito ed un regno. Cosa si può volere di più?”

Per favore, sire, lasciate che la nostra regina lo legga con calma”, intervenne il duca diplomaticamente.

Ma certo, certo”, rispose il re, conciliante. Era chiaro che considerava di avere già in pugno ciò che voleva. Come avrebbe potuto la nipote rifiutare una simile offerta?

Arianrhod teneva in mano la pergamena, sforzandosi di leggerla con attenzione, ma in realtà sembrava vederci attraverso come fosse trasparente. Riuscì ad afferrare qualcuna delle condizioni, come il numero di uomini e risorse che suo zio le avrebbe fornito, ma tutto sembrava ronzarle in testa senza che ne capisse il reale significato.

Sentiva continuamente lo sguardo disperato di Gareth fisso su di lei, lo sentiva bruciarle sulla nuca. Percepiva il dolore di Ragnhild poco dietro di lei, e quello di Hrolf. E la causa di tutta la loro sofferenza era lei, e ciò che stava per fare.

Il funzionario le porse la penna d'oca intinta nell'inchiostro, con un gesto incoraggiante. Arianrhod lo fissò inebetita, mentre afferrava la penna tra il pollice e l'indice, rigirandosela tra le dita.

Improvvisamente la sbatté sul tavolo, producendo un rumore secco che fece sobbalzare i presenti per la sorpresa.

Raccogliendo tutto il suo coraggio si voltò verso l'assemblea che attendeva ansiosamente.

Mi dispiace, non posso”, disse con calma. Le sue parole provocarono un brusio di sconcerto.

Si levarono in protesta le voci del duca Fjölnir e del re, ma Arianrhod li bloccò con un gesto della mano.

Gareth la guardava allarmato. Cosa ha in mente di fare, per Odino?

Vi prego di perdonarmi se la mia decisione giunge tanto tardivamente. Sono stata a lungo combattuta se accettare o meno la proposta del mio generoso zio. Ma ora mi rendo conto che non posso. Non mi sento pronta per scegliere un consorte, né per decidere di far sedere un uomo, sia pure mio cugino Hrolf, sul trono che fu di mio padre. Il re mio padre ha dato tutto perché io un giorno potessi riprendere il posto che mi spettava sul trono del drago e non credo avrebbe approvato che io lo dividessi con qualcun altro, soprattutto costretta dalle circostanze. Se mai prenderò marito la mia scelta sarà libera dal vincolo della necessità. In queste condizioni non sono in grado di prendere una decisione.”

Un silenzio imbarazzato era calato sulla platea dopo la dichiarazione della giovane regina.

Il duca, Arianrhod lo vedeva, fremeva per protestare.

Ma il primo a riaversi dalla sorpresa e a parlare fu re Frode.

Nipote”, cominciò schiarendosi la voce. “La tua decisione mi ha completamente colto di sorpresa. Capirai che non posso concederti il mio impegno militare ed economico senza nulla in cambio...”

Ne sono completamente consapevole, zio”, ribatté lei sostenendo il suo sguardo. “Ed è per questo che ho una proposta per te e Hrolf.”


***

Sei impazzita?” tuonò Gareth arrabbiato, quando finalmente si trovarono soli, dopo che l'assemblea si fu sciolta. “Come faremo ora con il bambino se non sposerai Hrolf?”

Arianrhod lo guardò senza scomporsi. “Sposami tu”, annunciò tranquilla, come se stesse parlando del tempo.

Alcune voci provenienti da dietro l'angolo allarmarono Gareth. Stava arrivando qualcuno e lui doveva cercare di essere più prudente se non volevano rivelare il loro segreto ai quattro venti. Prima che i nuovi arrivati fossero in vista prese Arianrhod per la mano e la guidò lungo la scala a chiocciola che conduceva al secondo livello del castello. Arianrhod si sentiva felice, nonostante avesse compiuto una mossa davvero azzardata. Felice come non lo era stata negli ultimi giorni, costretta a fare qualcosa che la ripugnava. Il suo futuro era ancora precario, era innegabile: non sapeva se suo figlio avrebbe avuto un padre, ma in quel momento non le importava. Suo zio aveva accettato la sua proposta, e lei aveva ottenuto quasi tutto ciò che si era prefissata. Si era assicurata il sostegno della Danimarca per la sua impresa, aveva fatto in modo che Hrolf e Ragnhild avessero un futuro insieme. Forse era stata incosciente, ma la ritrovata leggerezza che sentiva nel cuore la faceva sentire davvero in pace con se stessa.

Gareth spalancò la porticina che dava sui bastioni e la richiuse alle loro spalle. Il cortile era deserto e, mentre Arianrhod si sedeva su una panca in pietra, Gareth le si piantava davanti, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo severo.

Non hai risposto alla mia domanda”, gli fece notare Arianrhod.

Non posso sposarti.”

Perché no? In fondo sei tu il padre del mio bambino!”

Gareth sospirò, portandosi le mani al viso. Possibile che lei non si rendesse conto della situazione e della portata delle sue azioni?

Se solo potessi..” le disse in tono più dolce, attirandola a sé e stringendola contro il suo petto.

Rimasero abbracciati a lungo, senza dire una parola. Il vento leggero sollevava l'orlo del mantello di Gareth e faceva sbattere l'abito di Arianrhod contro le sue caviglie.

Sei stata un'incosciente, lo sai vero?” disse Gareth infine. Il suo tono non era più arrabbiato.

Lei annuì in risposta.

Ma sono molto fiero di te per la soluzione che hai trovato. Sei stata una vera regina.”

Non ero sicura che il re accettasse. Per un attimo ho temuto di no.”

Perché non avrebbe dovuto? Il titolo dell'usurpatore a Hrolf in caso di vittoria. Non è certo cosa da poco, per un re che cerca di trovare terre e titoli per tutti i suoi figli. Gli hai offerto il titolo più importante di Svezia dopo quello del duca mio padre! Terre a perdita d'occhio per un figlio che forse non saprà nemmeno amministrarle...”

Non ne sarei così sicura, sai? Anch'io avevo sottovalutato Hrolf, ma in fondo è un bravo ragazzo. Me ne ha dato prova anche oggi, quando ha annunciato che sarebbe salpato con me alla testa dell'esercito danese. Era evidente che Frode non lo reputasse all'altezza, ma lui ha voluto mettersi alla prova ugualmente. E poi chi lo sa? Con l'appoggio della donna che lo ama, al suo fianco come sua moglie... potrebbe essere spronato a compiere grandi imprese.”

Gareth la guardò stupito. “Vuoi dire che...? Ragnhild è quella donna?”

Quei due si amano molto, e sono felice di aver potuto aiutarli a realizzare il loro desiderio. Una volta che lui sarà duca e avrà il potere di decidere della propria vita, potrà sposarla anche senza l'approvazione paterna.”

Sono fiero di te, amore mio”, le disse lui, posandole un bacio sulle labbra. “La mia piccola tessitrice di trame”. E rise, baciandola di nuovo.


***


Arianrhod si stava preparando per andare a dormire, stanca dopo quella giornata così densa di eventi. Si sedette sulla sedia per pettinarsi i capelli, perché Gerda tardava a tornare. Mentre era intenta a passare e ripassare il pettine fra le lunghe ciocche bionde, una farfalla notturna entrò nella stanza attraverso la feritoia nel muro, andandosi a posare sulla sua mano.

Arianrhod la studiò per qualche secondo in silenzio, timorosa che un movimento brusco la facesse volare via. Un animaletto tanto piccolo e fragile, rifletté osservandone i particolari del corpo e delle ali, proprio come tutti avevano creduto che lei fosse. Una creatura piccola e fragile, indifesa, alla loro mercé. Lei aveva dimostrato loro che si erano sbagliati, aveva dimostrato al mondo che era in grado di prendere il posto di suo padre. E lo avrebbe dimostrato ancora e ancora, finché non avesse riportato la pace e la stabilità in Svezia, a quel popolo che ancora sperava nel suo ritorno.

Dei colpi alla porta la fecero sussultare e la farfalla volò via, andando a posarsi sul muro.

Chi è?”

Sono io... Ragnhild”, rispose la voce familiare.

Arianrhod si alzò per andare ad aprire all'amica, e questa le gettò le braccia al collo non appena l'ebbe davanti.

Grazie... grazie!” mormorò, felice. “Non potrò mai ringraziarti a sufficienza per avermi regalato la felicità.”

Sono stata felice di aiutarti, Ragnhild”, rispose Arianrhod un po' imbarazzata. “Avrei fatto tutto ciò che era in mio potere perché tu e Hrolf poteste stare insieme.”

Hai fatto tutto per noi”, dichiarò la ragazza, ritrovando un po' di compostezza dopo lo scoppio di entusiasmo. “Prima avresti sacrificato la tua felicità per permettermi di sposare l'uomo che amo. Poi hai trovato la soluzione perfetta per accontentare tutti. Arianrhod Jörundrdottir, figlia della Stirpe del Drago... tu sarai una regina senza eguali, ne sono certa.”

Lo spero davvero, amica mia. E se tu sarai al mio fianco anche in questa impresa, sarà ancora più facile. Mio zio ti lascerà partire con noi?”

Hrolf finalmente ha trovato il coraggio di parlargli a viso aperto. Gli ha detto che ama me, e che sposerà solo me. E dal momento che, una volta avuto il titolo di Ale, sarà completamente indipendente dal padre, Frode ha detto che può scegliersi la moglie che preferisce, se non gli importa che io sia senza dote. Hrolf ha detto che non gli importa affatto che io non abbia neppure una moneta d'oro... e così saremo sposati prima della partenza! Oh, Arianrhod, sono così felice!”

Non puoi immaginare quanto anch'io lo sia per te”, rispose Arianrhod, prendendole le mani. “Queste sono davvero notizie grandiose.”

Ho pensato che, dopo tutto quello che hai fatto per me, forse per quel poco, anch'io posso fare qualcosa per te...”, disse accennando con il capo alla porta comunicante con il salotto.

Arianrhod la guardò senza capire.

Lui è di là che ti aspetta”, spiegò Ragnhild con un sorriso. “Ho pensato che aveste bisogno di stare un po' da soli, dopo tutto quello che è successo.”

Arianrhod stava per aprire bocca per obiettare, ma Ragnhild la zittì.

Non temere, non verrà nessuno a disturbarvi. Ho chiesto a Gerda di rimanere di guardia alla porta tutta la notte.”

Così dicendo se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.

Appena una porta fu chiusa, un'altra se ne aprì, e Gareth fece il suo ingresso.

Arianrhod ancora non poteva ancora credere che lui fosse lì con lei, che potessero passare la notte insieme senza timore di essere scoperti. Era la prima volta che accadeva da quando era arrivati in Danimarca.

Gareth non disse una parola: la prese tra le braccia, la baciò con passione, ed entrambi cominciarono freneticamente a togliere i vestiti l'uno all'altra, gettandoli alla rinfusa per la stanza. Arianrhod stava lottando per sciogliere i nodi della sottoveste, ma Gareth era talmente impaziente che non attese nemmeno che ci fosse riuscita. La sollevò tra le braccia e la portò a letto.

Diverso tempo dopo, quando ormai erano entrambi esausti e appagati, giacquero avvolti tra le coperte ammucchiate alla rinfusa, talmente vicini che la punta dei loro nasi si sfiorava. Gareth cominciò ad accarezzarle ritmicamente la lunga chioma argentea sparsa a ventaglio sul cuscino. Poi, continuando a scendere con la mano, le carezzò la spalla, il braccio, il fianco... fino ad arrivare sul ventre, che sfiorò con timore reverenziale. La gravidanza non era ancora visibile, ma solo la consapevolezza di ciò che cresceva sotto la pelle di lei lo rendeva inquieto. Aveva evitato di pensare a suo figlio da quando lei gli aveva dato la notizia, perché in cuor suo lo considerava suo solo in parte. Lo aveva generato, ma forse non lo avrebbe visto crescere. Era suo padre, ma forse lui avrebbe chiamato qualcun altro con quell'appellativo, l'uomo che Arianrhod avrebbe sposato, l'uomo che lo avrebbe creduto suo e lo avrebbe cresciuto ed educato.

Gareth aveva cercato di mantenere un certo distacco da quel bambino, ma ora si rendeva conto che aveva miseramente fallito. Perché già amava quella piccola vita che cresceva nel ventre di Arianrhod.

Percependo la sua esitazione e il suo timore, Arianrhod gli prese la mano e la guidò sul proprio ventre, con il palmo aperto.

Non devi avere paura di toccarmi. Non mi rompo di sicuro”, gli disse con un sorriso.

Ancora non mi sembra vero”, mormorò Gareth ammirato.

Fra nove mesi lo sarà ancor di più”, rise Arianrhod.

Credi che sia un maschio o una femmina?”

Non lo so, non so davvero cosa aspettarmi.”

Io vorrei che fosse una bambina”, confessò Gareth.

Davvero?”

Lui annuì. “Ho sempre desiderato una figlia. Se poi sarà bella come te...”, le disse carezzandole la guancia.

Dopo che Gareth si fu addormentato, Arianrhod rimase sveglia ancora per un po' ad osservarlo. S'intenerì nel notare che, anche nel sonno, lui le teneva la mano sul grembo.


Era l'alba quando Östen bussò alla porta per avvisare Gareth che era ora di tornare ai loro alloggi. Gareth si vestì in fretta, salutò Arianrhod con un lungo bacio ed uscì, badando che nessuno lo notasse. Östen era poco più avanti e gli dava le spalle; Gerda era con lui, i due erano molto vicini e parlavano fitto fitto, senza dar segno di essersi accorti della sua presenza. Gareth li osservò per qualche secondo sorridendo tra sé e sé, prima di chiamare l'amico.


***


Il servitore percorreva i corridoi del sotterraneo, illuminati solo dal bagliore arancio di poche torce fissate sporadicamente ai muri. All'uomo non importava, anzi: la scarsa illuminazione lo avrebbe aiutato a passare inosservato, cosa di cui aveva disperatamente bisogno. Farsi sorprendere in una situazione simile gli sarebbe costato molto caro, ma i soldi che quell'uomo gli aveva promesso gli facevano davvero gola.

Come aveva promesso l'uomo lo attendeva presso la porta che dava sul fiume di Odense, un attracco per le imbarcazioni che raramente veniva usato.

Sei arrivato finalmente!” lo apostrofò questi a voce bassa e sibilante. Indossava un mantello scuro con cappuccio, che rendeva a malapena possibile vederlo in viso.

Ora sono qui”, ribatté il servitore irritato. “Mi ci è voluto del tempo per raccogliere le informazioni che mi avete chiesto, e non credevo che avreste apprezzato un lavoro fatto a metà.”

L'uomo ghignò sinistramente. “Non lo apprezzo io e soprattutto non lo apprezza il mio padrone. Cosa hai saputo, dunque?”

La spedizione partirà fra una settimana esatta da oggi. Forse quella sarà la vostra sola occasione di mettere le mani sulla principessa...”

Tu non devi preoccuparti di questo, non arrovellare quella tua testolina su simili particolari. Da te voglio solo informazioni. Per il resto me la vedrò io.”

Il servitore fornì tutte le informazioni che era riuscito ad ottenere su “l'affare svedese”, come lo chiamava lui. L'uomo ascoltò attentamente, poi fece una smorfia di disappunto.

Da quanto tempo ci hai messo, avrei sperato in qualcosa in più...”

Se non vi va bene”, replicò il servo sulla difensiva, “perché non andate voi stesso a procurarvi le informazioni che vi servono?”

Non posso farmi vedere dalla principessa”, disse l'uomo con un sorrisetto beffardo, “mi riconoscerebbe immediatamente, anche se è passato un po' di tempo dall'ultima volta che ci siamo incontrati.”





Nota dell'autrice: Eccomi tornata bella gente!^^

Lo so, sono in ritardo, ma mi sono resa conto che, con gli impegni che mi si sono aggiunti, riesco a pubblicare a ritmo più lento. Diciamo ogni 2-3 settimane invece di una... purtroppo credo che il ritmo d'ora in poi sarà questo, ma come penso sempre, piuttosto che scrivere qualcosa in fretta e male meglio aspettare un po' di più e avere qualcosa di decente. Quindi spero che il capitolo vi piaccia! C'è stata la svolta tanto attesa, e il gruppo pronto a partire per la Svezia è ormai organizzato. Hrolf e Ragnhild saranno dei nostri... e forse anche qualcun altro.

Che ne dite del finale? Il traditore è rispuntato ma la sua identità è ancora un mistero...

Ho notato che negli ultimi capitoli c'è stato un calo di recensioni e spero che non sia per la qualità della storia. Mi raccomando anche se c'è qualcosa che non vi piace o non vi convince fatemelo sapere... i vostri pareri sono preziosissimi!

Alla prossima

Eilan


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Capitolo 25
*** Capitolo venticinque ***


Dragons





I bauli vennero riempiti per la seconda volta, le navi di nuovo caricate di armi e provviste, gli uomini allertati dell'imminente partenza. Data la fretta della partenza Arianrhod dovette limitarsi ad avvisare Morcant tramite un messaggero, perché non ebbe tempo di recarsi dal Piccolo Popolo personalmente.

Gerda raccolse tutti i suoi abiti, la sua spada, la sua armatura, i gioielli della regina Drott e la bambola Bron, e fece personalmente il suo bagaglio. Da quando la data della partenza era stata fissata, Gerda appariva cupa, triste, e Arianrhod cominciò a domandarsene il motivo.

Sospettava che non fosse solo perché si era affezionata a lei e le dispiaceva vederla andare via, anche se questo era certamente vero.

La mattina della partenza giunse accompagnata da una spessa bruma che avvolse Odense, e che lasciava presagire una giornata calda e serena. Il vento che avrebbe sospinto le navi attraverso il mare, fino in Svezia, soffiava vivace.

Arianrhod si stava vestendo in camera sua, con l'aiuto di Gerda, ma inorridì quando la serva le mise sotto il naso una tunica rossa con maniche ampie e mantello abbinato.

Non metterò un vestito, Gerda”, disse decisa.

E cosa avete intenzione di indossare?”

Portami le mie brache... e una blusa. Mi serviranno anche gli stivali.”

Gerda sbiancò, avendo la prima vera reazione da diversi giorni a quella parte.

Tuttavia non ribatté come avrebbe fatto di solito. Arianrhod notò che si morse la lingua, trattenendo una replica scandalizzata.

Decise di spingerla a confidarsi.

Ho notato che sembra esserci qualcosa tra te e Östen...”

Seppe di aver colto nel segno, perché due grandi chiazze rosse comparvero sulle guance di Gerda, mentre cercava di negare.

No... no, vi sbagliate. Non è così... non c'è niente tra me e lui, ve lo assicuro!”

Peccato”, disse Arianrhod con noncuranza, “perché avevo proprio bisogno di una persona che mi accompagnasse nel mio viaggio, e pensavo che potessi essere tu. Ma se preferisci rimanere a Odense...”

No!” esclamò in fretta Gerda, prima di riuscire a fermarsi. “Voglio dire... no, non ci tengo a rimanere qui. Mia madre è morta, non ho famiglia e... e voi siete stata così buona e gentile con me. Vorrei davvero accompagnarvi come vostra ancella...”

Riprese fiato dopo quel discorso sconnesso, pronunciato quasi senza prendere fiato.

Allora così sarà”, disse Arianrhod. “Sono felicissima di averti con me. Non sei tenuta a dirmi niente, ma sappi che sei puoi rendere felice Östen, renderai felice anche me. Lui è davvero un amico prezioso.”

Gerda chinò il capo, imbarazzata, e Arianrhod non insistette oltre. Il suo sorriso sognante e il suo rossore le avevano già dato conferma di ciò che sospettava.

Gerda tossicchiò, ancora in imbarazzo, ma trovò la forza di cambiare argomento.

Volete che vi acconci i capelli, ora?” chiese, senza poter nascondere il sorriso felice che ancora le incurvava le labbra.

A proposito di questo”, rispose Arianrhod, come parlando tra sé e sé, “ho deciso di no.”

Ma viaggerete scomoda con i capelli sciolti. So che non amate le grandi acconciature, ma lasciate almeno che vi faccia una treccia...”

Non ce ne sarà bisogno”, disse Arianrhod prendendo il pugnale che aveva nel fodero. “Tagliali.”

Gerda rimase a bocca aperta, totalmente inorridita.

Mia signora... dite sul serio? I vostri bellissimi capelli! Sarebbe un delitto tagliarli.”

Non li ho mai potuti soffrire, Gerda. Era mia madre a volere che li portassi così lunghi. Io li ho sempre trovati una scomodità incredibile. Vado in Svezia per combattere, non per partecipare a un banchetto. Questi capelli mi saranno solo d'impiccio.”

Gerda aggrottò la fronte, come cercando di ricordarsi qualcosa. Poi si avvicinò ad un baule, e con un'esclamazione di trionfo, ne tirò fuori una paio di forbici.

Le mostrò ad Arianrhod. “Permettetemi di usare queste. Il risultato sarà sicuramente migliore.”

Arianrhod annuì e si accomodò su una sedia. Gerda le si mise alle spalle e, con un sospiro rassegnato, cominciò a lavorare di forbici sulla chioma della sua signora.

Ciocca dopo ciocca, la lunga chioma argentea di Arianrhod cadde sul pavimento. Dopo che fu arrivata a tagliare all'altezza delle scapole, Gerda si fermò, le forbici a mezz'aria. Le sembrava un sacrilegio tagliare ancora.

Ma Arianrhod la pensava diversamente. “Continua”, la incitò in tono secco.

Siete sicura?”

Sì. Taglia ancora.”

Solo quando i capelli le arrivarono alle spalle, fu soddisfatta e disse a Gerda di fermarsi. La serva le porse uno specchio e Arianrhod si rimirò compiaciuta. Gwenael sarebbe inorridita se l'avesse vista in quel momento.

Perdonami mamma, non ero fatta per fare la moglie. Non sono come tu mi avresti voluto.



***


Era l’alba quando le navi della flotta attraccarono nella piccola baia di Sölvesborg, nel sud della Svezia. Il viaggio che avevano intrapreso salpando dalla Danimarca era stato breve e senza incidenti. Già nel pomeriggio, le spie mandate in avanscoperta tornarono con notizie fresche. Una parte dell'esercito, coloro che avevano abbandonato Ale per unirsi ad Arianrhod, li avrebbe raggiunti a Svängsta, a pochi giorni di cammino di distanza.

La piccola insenatura che ospitava le loro navi si apriva sul fiordo era silenziosa in quel sereno mattino d’estate. L’acqua del mare luccicava sotto i raggi del sole, gli stessi che davano una sfumatura rosata ai picchi innevati delle montagne che si vedevano in lontananza, sull’altro lato del fiordo. Ma lì, dove si trovavano loro, la neve si era già sciolta mostrando la tenera erba fresca puntellata qua e là da piccoli fiori. Le poche capanne del villaggio di Sölversborg si affacciavano direttamente sul fiordo. L'aria era profumata e fresca, e Arianrhod la aspirò a pieni polmoni, estasiata.

Benvenuta a casa, mia regina”, disse il duca Fjölnir, sorridendo commosso. Quell'impresa che sarebbe sembrata impossibile a tanti, era a un passo dal suo compimento. Il cerchio si chiudeva: aveva portato via un'erede al trono ancora bambina, e ora l'aveva riportata a casa, ormai donna. Se il suo amico Jörundr avesse potuto vedere quel momento ne sarebbe stato davvero felice.

L'esercito proseguì la marcia dopo una breve pausa. Il tempismo era di vitale importanza.

Si diressero verso nord, verso Uppsala, mantenendo un ritmo regolare. In quelle lunghe ore in sella al suo cavallo Arianrhod poté ammirare da vicino la sua terra, le immense vallate ricoperte di boschi di conifere, le cime innevate, i prati verdi alle pendici dei monti. Gareth e Östen le raccontarono di Uppsala, del suo castello e del grande tempio adornato d'oro che ospitava le statue degli dei: Thor, con Odino, suo padre, alla sua destra e Frigga, sua madre, alla sua sinistra. Ogni nove anni, durante il mese di febbraio, avveniva un sacrificio rituale. Si trattava di un rito, della durata di nove giorni, che coinvolgeva l'intera popolazione svedese. Ogni singolo albero nel bosco circostante era considerato sacro e depositario di enormi poteri, e ad essi venivano appesi i nove animali vittime del sacrificio.

Anche i monarchi vengono incoronati nel tempio di Uppsala”, concluse Gareth.

Credo di rammentare qualcosa”, disse Arianrhod, tentando di riportare i ricordi in superficie. “Qualcosa di quando ero piccola. Un grande, magnifico tempio dorato, e una sorta di cerimonia...”

Ricordi altro?” chiese Gareth

Arianrhod scosse la testa, desolata. “No, mi pare di no. Sono più delle immagini senza un filo conduttore. Avrò avuto forse tre o quattro anni.”

Si tengono altre cerimonie al tempio?” chiese Ragnhild, interessata.

Tre volte l'anno vi si svolge il Blót”, rispose Östen, “che significa “rafforzare”. Lo scopo della cerimonia è proprio quello di rafforzare il potere degli dei tramite il rituale. La carne degli animali sacrificati viene bollita, e poi condivisa con tutti i presenti, che banchettano insieme. Anche le bevande sono benedette e consacrate dai sacerdoti, i goði, offrono la bevanda consacrata a Frigga se è un blót di primavera o autunno, e a Odino, se è un blót d'estate.”

Quando al rito partecipa anche il re, è l'Arcidruido stesso a officiarlo”, aggiunse Gareth, “e invece della solita birra, viene importato addirittura del vino per l'occasione.”

Voi vi avete mai partecipato?”, chiese Hrolf.

Una volta, quando ero piccolo”, rispose Östen. “Lì vidi tuo padre, Arianrhod. E l'Arcidruido Sveigder.”

Abbiamo un rito simile in Danimarca”, disse Hrolf. “Viene usato per chiedere fertilità e prosperità per la nostra terra.”

Anche qui. La preghiera che recitiamo è til árs ok friðar, che significa “per un anno fausto e pacifico”. Preghiamo per la nostra salute, la fertilità della terra, per una vita serena, e per la pace e l'armonia fra il popolo e gli dei.”

E i cristiani che vivono qui in Svezia? Sono obbligati a partecipare ai riti?”, chiese Arianrhod.

Quando al potere c'era Jörundr erano liberi di seguire la loro fede, senza temere persecuzioni. Ora, con Ale, se vogliono essere esentati dalle cerimonie a Uppsala devono pagare un pesante tributo”, spiegò Östen.

Anche tu sarai incoronata lì, Arianrhod”, esclamò Ragnhild. “Ci pensi?”

Dove è stato incoronato tuo padre”, aggiunse Gareth, “tuo nonno, e tutti i tuoi avi prima di te.”

Ma Arianrhod non stava più ascoltando. Pensava a come avrebbe cambiato le cose una volta che fosse stata regina.



***


La cosa che preoccupava maggiormente Fjölnir e i suoi comandanti era la necessità di localizzare i ribelli il prima possibile, ma senza indicazioni su dove si trovasse il loro rifugio l'impresa si presentava davvero difficile. Le spie della Guardia Bianca inviavano regolarmente notizie sui movimenti delle truppe di Ale, ma ancora non erano riusciti a scoprire niente sui ribelli e sulla loro ubicazione. Sembrava impossibile stabilire un contatto con loro.

Fu quindi con grande stupore di tutti che, il giorno seguente, un uomo si presentò ai comandanti dell'esercito, dicendo di essere stato mandato da Hogne, il capo dei ribelli.

Lo abbiamo già controllato, non ha armi addosso”, disse Walbur conducendo l'uomo davanti ad Arianrhod.

La principessa notò che era spaventato, e non poteva biasimarlo. Il rischio di essere considerato una spia era concreto. In tempi come quelli il lusso di potersi fidare senza prove era impensabile.

Come ti chiami?”

Erling, mia regina. Mi manda Hogne, vi sta cercando.”

Perché non è venuto di persona?” lo sfidò Vanlande. Era ovviamente una provocazione: tutti i presenti conoscevano la risposta, perfino Domaldr.

Non osa esporsi così tanto, non ancora. La nostra sopravvivenza dipende dal mantenere segreta l'ubicazione del nostro rifugio. Solo questo ci ha permesso di sopravvivere fino ad oggi.”

Cosa propone il tuo capo?”, chiese il duca Fjolnir.

Un incontro, in un posto sicuro. Vi condurrò io.”

Arianrhod guardò i suoi comandanti. “Non possiamo spostare tutto l'esercito, non nel bosco... dovremo selezionare un piccolo gruppo. Andrò io, Gareth, Östen, Walbur, e una scorta. Tutti gli altri resteranno con il grosso dell'esercito.

Credete sia prudente?” interloquì Fjölnir.

Non abbiamo altra scelta.”

Forse sarebbe meglio se tu restassi qui”, disse Gareth.

No.”

Tutte le teste si voltarono verso Erling, che aveva espresso quell'obiezione.

Il mio capo vuole incontrare la regina” spiegò, “prima di concedere la sua alleanza.”

Arianrhod riportò lo sguardo sul viso dubbioso di Gareth. “Non abbiamo altra scelta.”


Arianrhod montò sul suo cavallo, tra i saluti di Ragnhild e le raccomandazioni di Gerda, che rimasero con il resto dell'esercito. Hrolf si offrì di accompagnarla, ma Arianrhod gli chiese di occuparsi della situazione lì, e notò l'espressione di sollievo sul viso di Ragnhild quando lo disse. La sua amica odiava essere separata da Hrolf, proprio come lei odiava essere separata da Gareth.

Il piccolo drappello di soldati si inoltrò nel bosco, seguendo Erling in testa al corteo, in quel mite pomeriggio. Gareth cavalcava accanto a Östen, gli davano le spalle Arianrhod e Walbur, che parlavano tra di loro.

Il silenzio del bosco che li circondava gli sembrava opprimente, tetro. Come il triste presagio di qualcosa di spiacevole.

Ehi, cos'hai?” gli chiese Östen strappandolo alle sue riflessioni. “Sei più cupo di un temporale.”

Scusami, è che ho una strana sensazione. Non mi convince quell'Erling...”

Ne sei sicuro?”

No, è questo il guaio”, sospirò Gareth, alzando le spalle. “E' solo una sensazione.”

Tutto sembrava tranquillo intorno a loro, niente più del cinguettio degli uccelli, dello scalpiccio degli zoccoli dei cavalli e del vociare sommesso dei soldati che parlavano tra loro.

Eppure Gareth sentiva che qualcosa non andava. Gettò un'occhiata all'uomo che li guidava, il sedicente membro dei ribelli. E con sua grande sorpresa, proprio in quell'attimo l'uomo guardò alla sua sinistra, verso il folto degli alberi. Il tutto si svolse nell'arco di pochi secondi, ma per Gareth il tempo sembrò contrarsi a dismisura. Guardò anche lui nelle stessa direzione e vide ciò che Erling aveva visto. Vide coloro a cui stava dando un segnale. Gareth capì ogni cosa; comprese che aveva avuto ragione a diffidare e che erano caduti dritti in una trappola. Ma era troppo tardi per fare qualsiasi cosa.

Un'orda di uomini a cavallo uscì allo scoperto lanciando grida selvagge. Non erano molti, ma abbastanza da restare nascosti nell'ombra in attesa del momento propizio; abbastanza da avere la meglio sul loro drappello.

Prima che chiunque potesse avere una qualsiasi reazione, si schiantarono contro il fianco della loro colonna, mandando nella polvere uomini e cavalli.

Gareth udì le grida di coloro che erano rimasti schiacciati sotto il proprio cavallo, le grida di coloro che venivano finiti con le lame, e sentì l'improvviso, familiare e pungente odore del sangue.

Con la spada in pugno si preparò a difendersi: affondò la lama nello stomaco del primo uomo che cercò di disarcionarlo e, miracolosamente, riuscì a rimanere in sella.

Quando ritirò la lama lorda di sangue, notò che Östen non era stato altrettanto fortunato. Era caduto a terra ed era stato ferito al braccio; era costretto a impugnare la spada con la sinistra e cercava valorosamente di parare i colpi che il suo avversario gli indirizzava con un'ascia.

Gareth saltò a terra e menò un fendente diretto alla schiena del guerriero, che cadde a terra con un urlo lacerante. Il suo sangue zampillò macchiando il volto e la casacca di Gareth.

Stai bene?” quasi gridò ad Östen per superare il clamore della battaglia.

Östen annuì, tenendosi stretto il braccio con la mano. “Non è grave. Ti devo la vita, amico mio. Vai da Arianrhod adesso!”

Gareth esitò. “Non posso lasciarti qui così...”

Vai, ho detto! La sua vita è più importante della mia.”

Per quanto avrebbe voluto correre da lei, Gareth non avrebbe mai lasciato l'amico a morire. Schivando un altro attacco, e colpendo a sua volta l'avversario alla gola, recuperò il suo cavallo afferrandolo per le briglie. Aiutò Östen a salire e poi montò a sua volta. Spronò il cavallo in avanti, travolgendo due guerrieri nemici che finirono schiacciati sotto gli zoccoli. Le loro grida di dolore e il rumore delle ossa rotte arrivarono ovattate alle orecchie di Gareth.

Frenò il cavallo solo quando raggiunse la testa della colonna. Solo allora si accorse che i nemici si stavano ritirando, e se ne chiese il motivo.

Gli fu chiaro quando vide Walbur a terra, sporco di fango e sangue rappreso. Gareth si chinò su di lui e constatò con sollievo che il sangue non apparteneva al comandante. Cercò di aiutarlo ad alzarsi, ma Walbur ricadde all'indietro con un gemito di dolore.

Östen, che era riuscito a scendere dal cavallo utilizzando l'unico braccio sano, si accovacciò accanto all'amico e, con uno sguardo significativo, sollevò la cotta di maglia del comandante.

Gareth imprecò quando vide lo squarcio che gli attraversava il ventre. Era profondo, e i due cavalieri si resero subito conto che era molto grave.

L'hanno presa”, mormorò Walbur, con un filo di voce.

Gareth sentì il sudore ghiacciarglisi addosso a quelle parole. Östen era sbiancato, e non solo per il sangue che aveva perso.

Dove l'hanno portata?”

Non lo so, si sono allontanati in quella direzione. Quell'uomo non era ciò che diceva di essere.”

Gareth strinse i pugni dalla rabbia. “Ci hanno ingannati! E noi abbiamo fatto il loro gioco!”

Östen cercò di tamponare la ferita di Walbur con le mani, ma il sangue continuava a sgorgare copioso.

Ho fallito il compito al quale avevo votato la mia vita”, disse il moribondo in un sussurro. “Credo che stasera sarò accolto nell'Helheim.”*

Un amaro sorriso gli si dipinse sul volto, sempre più terreo. Infine Gareth sentì la testa dell'uomo, che teneva sollevata, accasciarsi inerme sul suo braccio.

Sei morto da eroe, cercando di difendere la tua sovrana”, disse Östen, chiudendo gli occhi del morto con la mano sinistra. “Sono sicuro che stasera sarai accolto da Bragi, nel Valhalla.”**


***

Arianrhod riprese coscienza lentamente. Un dolore sordo gli pulsava nelle tempie. Si sfiorò la testa con un dito e lo ritrasse subito con una smorfia di dolore.

Ricordò di essere stata colpita alla testa, aveva perso conoscenza e ora sentiva dolore ovunque. Era seduta sul pavimento in pietra di una stanza in penombra. L'unico arredamento era un vecchio letto tarlato, un catino con un po' d'acqua e un pitale.

Cercò di mettersi in piedi, ma ricadde seduta con un gemito. Cosa diavolo le avevano fatto? L'avevano messa fuori gioco con una botta in testa, ma forse la cavalcata forsennata con la quale l'avevano portata in quel posto l'aveva lasciata contusa.

Con uno sforzo riuscì a mettersi a sedere sul letto e, allungando le mani fino ad immergerle nel catino, cercò di lavarsi via la terra, il fango e il sangue dalle mani e dal viso.

Per tutto il tempo si diede della stupida per essersi lasciata aggirare in quel modo. E si torturava non sapendo se Gareth e Östen stessero bene. Si consolò pensando che almeno Ragnhild e Gerda erano rimaste al sicuro con l'esercito.

Aveva una forte nausea, ma non seppe dire se fosse dovuta al colpo in testa che aveva ricevuto o fosse una conseguenza della gravidanza.

Il sole stava quasi per tramontare: Arianrhod se ne accorse dai raggi rossastri che penetravano dalla feritoia della stanza.

Sentì dei passi nel corridoio, e il rumore del chiavistello che girava. La porta cigolò sui cardini quando venne aperta.

Quando vide l'uomo che era entrato nella stanza, Arianrhod trattenne un grido.

Conosceva molto bene quell'uomo. Lo aveva conosciuto fin da quando erano entrambi due bambini, al villaggio.

Buonasera, mia adorata”, disse Owainn con un ghigno.





*Helheim è il livello più basso dell'oltretomba norreno, una landa desolata, battuta dal vento e dalle piogge. È popolato dalle ombre delle persone macchiatesi di colpe gravi, come omicidi e tradimenti, ma anche di coloro che sono morti senza gloria, da codardi.


**Il Valhalla è il terzo livello dell'oltretomba, dopo l'Helheim e l'intermedio Nilflheimer. E' uno dei palazzi di Asgard e residenza degli eroi morti gloriosamente in battaglia. Bragi è il dio, braccio destro di Odino, che accoglie le anime in questo regno.






Nota dell'autrice: Ciao a tutti!

Per questo capitolo volevo innanzitutto dare un paio di cenni. Prima di tutto sul Tempio di Uppsala: si tratta di un tempio realmente esistito che si trovava appunto a Gamla Uppsala (ovvero Uppsala vecchia), la capitale e centro del potere della dinastia degli Yngling, tant'è che le più antiche fonti scandinave come la Yngling saga e la Gutasaga si riferiscono ai sovrani di Svezia come "Re a Uppsala". I riti che ho descritto avevano davvero luogo in questo pregevole tempio, dalle decorazioni d'oro e adornato con statue dei principali dei norreni. È altresì storicamente vero che i re svedesi venivano incoronati qui e che vi avevano luogo i riti da me descritti. Purtroppo il tempio fu distrutto nel XI secolo per mano dei cristiani che erano ormai divenuti detentori la religione principale del paese. Diverse fonti parlano del tempio di Uppsala, ma le più importanti sono le "Gesta Danorum" di Saxo Grammaticus, uno storico tedesco del XI secolo, e le "Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum" di Adamo di Brema, uno storico e teologo tedesco vissuto sempre nell'XI secolo.

Poi ovviamente sulla rivelazione del capitolo: l'identità del traditore. Alcuni di voi lo avevano già intuito! :) Nel prossimo capitolo spiegherò un po' più in dettaglio i motivi di questo figlio di ballerina di Owainn.

Grazie a tutti voi che leggete e recensite! You are my strenght! ^.^

Baci

Eilan




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Capitolo 26
*** Capitolo ventisei ***


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Dannazione, è stata tutta colpa mia!” gridò Gareth, furioso con se stesso.

Ci ha ingannati tutti, figlio mio. Non essere duro con te stesso. Credevamo di aver mandato con lei una forza sufficiente a proteggerla, ma non è stato così. Sono io il capo della Guardia Bianca: se c'è qualcuno che ha fallito, quello sono io”, disse Fjölnir mettendo una mano sulla spalla del figlio.

Siamo tutti colpevoli”, tagliò corto Vanlande, lo sguardo duro e l'espressione addolorata. Walbur era stato un amico per lui, prima ancora che un compagno di sventure, e la notizia della sua morte lo aveva colpito più di tutti. “Ora dobbiamo decidere cosa fare per trovarla.”

Cosa vi fa credere che Ale non la uccida prima che noi riusciamo soltanto a capire dove si trovi?” chiese Hrolf.

Il gelo calò sull'assemblea riunita. Ragnhild si avvicinò al suo principe e gli prese la mano.

Dobbiamo trovarla in fretta”, gli disse. Era la prima volta che trovava il coraggio di parlare di fronte a tanti uomini.

Ale si trova molto probabilmente molto più a nord. A Uppsala o nei suoi dintorni. Non può essere ancora arrivato qui e quindi Arianrhod non è ancora nelle sue mani. Forse abbiamo una piccola speranza”, intervenne Östen. Gli avevano medicato e bendato il braccio ferito, e ora doveva portarlo appeso al collo.

Bene”, concesse Fjölnir con un sospiro. Cercò una delle mappe nella pila di pergamene arrotolate e trovò quella gli serviva. La srotolò sul tavolo e cominciò a posizionare segnalini.

Cosa avete in mente?” chiese Vanlande.

Non ci sono molti posti adatti nei dintorni dove possono aver portato la regina in attesa dell'arrivo di Ale... se questo è ciò che hanno in mente.”

Dovremmo attaccare in forze, padre?” chiese Domaldr.

Dobbiamo trovarla prima di poter pensare a un piano d'attacco. I tuoi uomini possono esserci utili Morcant. Loro conoscono bene i boschi...”

Siamo al servizio di aman madhad. Faremo tutto ciò che è necessario per salvarla, ma il mio popolo non usa cavalcature come fa il vostro”, disse Morcant.

Verrete a piedi?”

Sappiamo essere molto più veloci dei vostri fanti, anche se le nostre gambe sono più corte delle vostre.”

E se Ale avesse dato ordine di ucciderla immediatamente?” intervenne Vanlande.

Tutte le teste si voltarono contemporaneamente verso di lui.

No...” mormorò Gareth, scuotendo la testa. “NO!”

Si fermò un momento a fissare i presenti, il respiro ansante. Poi uscì dalla tenda, scostandone bruscamente i lembi.

Östen gli corse dietro raggiungendolo mentre già stava sellando il proprio cavallo. Cercò di afferrarlo per un braccio, ma Gareth si sottrasse sgarbatamente.

Si può sapere cosa stai facendo?” gli chiese Östen.

Sto andando a cercarla.”

Da solo? Sei impazzito?”

Chiunque voglia unirsi a me è il benvenuto, ma non attenderò un minuto di più. Se necessario batterò questa regione palmo a palmo.”

Östen tacque alcuni istanti, prima di chiedere: “Sei arrabbiato con me, non è vero?”

Perché dovrei?”

Io ti avevo detto di pensare a lei e lasciarmi dov'ero. Ti avevo detto che la mia vita non vale quanto la sua. Sei tu che non hai voluto ascoltarmi!”

Gareth si voltò finalmente a guardare l'amico. La sua espressione di rabbia si addolcì.

Non... non sono arrabbiato con te. È stata una mia decisione, e comunque non la rimpiango. Ma lei... lo sai... io, non...”

Gareth prese un respiro profondo, cercando di calmarsi.

Östen gli mise una mano sul braccio. “Lo so. Verrò con te.”

Non puoi essermi d'aiuto con quel braccio...”

Posso cavalcare, e anche se non posso combattere, se la tengono in qualche luogo sicuro servirà più l'astuzia che la forza per tirarla fuori di lì.”

Va bene”, acconsentì infine Gareth. “Östen, se dovesse succedere qualcosa a lei o a mio figlio, io non potrei continuare a vivere con questo rimorso...”

Qualcuno si schiarì la voce alle loro spalle, facendoli sussultare.

Girandosi di scatto, i due cavalieri si trovarono di fronte il duca Fjölnir, i piedi ben piantati sul terreno e le mani sui fianchi.

Padre, io...”, cominciò a dire Gareth, pallido in viso.

Il duca lo fulminò con lo sguardo. “Ne parleremo più tardi”, disse secco. “Ora ci sono cose più urgenti a cui pensare.”

Aspetta”, lo trattenne Gareth, “posso spiegarti!”

Non ora, Gareth. Rimandiamo questa discussione ad un altro momento, o temo che non avrò la lucidità per salvare la nostra regina. Proteggerla era anche il tuo compito, ma a quanto ho potuto capire, tu hai fatto molto di più...”

Gareth deglutì. Non poteva ribattere alle parole di suo padre, né offrire una valida giustificazione. La vergogna e il senso di colpa erano troppo forti.

Come volete, padre. Verrete con noi?”

Ci divideremo. Tu, Domaldr e Morcant andrete a nord ovest. Io, Vanlande e Hrolf nella direzione opposta. La troveremo più in fretta in questo modo. Avrete a disposizione una decina di uomini, e noi altrettanti. Sarà più semplice non dare nell'occhio e ci muoveremo più velocemente.”

Duca, e io?” chiese Östen.

Tu sarai il responsabile dell'accampamento fino al nostro ritorno. Non ci saresti utile con il braccio in quelle condizioni.”


***


Arianrhod guardava con livore la figura familiare che le stava davanti. Se aveva creduto di provare odio in passato, si era sbagliata. Quello non era niente. Aveva creduto di odiare gli assassini dei suoi genitori, ma ora scopriva che l'odio era un sentimento molto più profondo e intenso di quanto avesse pensato.

Tu!” gridò, mettendosi in piedi. “Ci sei tu dietro tutto questo?”

Non dirmi che non te lo aspettavi” la prese in giro Owainn, avvicinandosi a lei. “Non dirmi che in quella testolina vuota nemmeno per un secondo ti è balenato il sospetto...”

Io mi fidavo di te.”

Owainn scoppiò a ridere, e Arianrhod sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non dover sentire quella risata.

Ti fidavi di me? Accidenti, Ale ti ha davvero sopravvalutata! Se penso a quanta pena si è dato per trovarti e ucciderti...”

Come hai potuto fare questo? Mio padre ti ha sempre trattato come un figlio, Ciaran era il tuo migliore amico... come hai potuto lasciare che li massacrassero?”

Ammetto che non sarei voluto arrivare a tanto”, rispose Owainn alzando le spalle. “Ma non mi hanno lasciato altra scelta.”

Di cosa stai parlando?”

Tuo padre non voleva concedermi la tua mano. Ci teneva separati, dovevo fare qualcosa.”

Come hai scoperto la mia identità?”

Ho origliato per caso una conversazione tra i tuoi genitori. Tuo padre aveva rifiutato la mia proposta di sposarti per l'ennesima volta, e quando l'ho sentito discutere con tua madre sono rimasto nei paraggi per ascoltare. Volevo capire perché non mi volessero come genero, capisci? Doveva esserci un motivo. Certo, non mi sarei aspettato niente del genere, era una cosa più grossa di quanto avrei mai pensato. Troppo grossa per tenerla solo per me...”

Non l'hai fatto per me. Credi di prendermi in giro? Lo hai fatto solo per il denaro!”

In parte”, ammise Owainn. “Ale mi ha offerto una posizione e una ricca ricompensa. Ma l'accordo era che tu facessi parte del bottino.”

Allungò una mano verso di lei e le sfiorò una ciocca di capelli.

Non toccarmi!” ringhiò Arianrhod, scostandosi bruscamente.

E' un peccato che tu abbia tagliato quella meravigliosa chioma. Questo taglio non ti dona. Ma credo che mi accontenterò.”

Sei pazzo se credi che Ale manterrà i termini dell'accordo!” gli buttò addosso Arianrhod con disprezzo. “Lui mi vuole morta. Lo vuole sopra ogni cosa. Non mi risparmierà solo per soddisfare la tua... lussuria.”

Lussuria? Credi che sia questo?” Owainn divenne improvvisamente serio. “Non capisci che io ti amo. Ho fatto tutto questo per poter stare con te e darti quello che meriti. Ora possiedo terre e un titolo: posso offrirti tutto ciò di cui hai bisogno. Non avrei mai potuto farlo se fossi rimasto un semplice bracciante.”

Tu sei pazzo!”

Sono pazzo di te, mia adorata.”

No, tu sei pazzo e basta! Tutto ciò che hai ottenuto, i tuoi titoli, le tue terre, sono macchiati del sangue della mia famiglia. Credi che potrei mai provare qualcosa per te? Sei solo un vigliacco e mi fai ribrezzo”, gli disse guardandolo negli occhi, senza indietreggiare.

Owainn fu su di lei in pochi attimi e le strinse il mento in una morsa ferrea. Arianrhod rimase immobile. Poteva vedere le narici di lui fremere di rabbia repressa, il guizzo di follia che gli accendeva lo sguardo.

Sei fortunata, se solo lo volessi potrei spezzarti il collo con due dita. Ma non ho ancora deciso di rinunciare con te.”

Finalmente la lasciò andare, allontanandosi da lei. Ma Arianrhod non mosse un muscolo.

Bene”, continuò Owainn, alzando le mani. “Vorrà dire che resterai ancora un po' in questa stanza a riflettere su cosa preferisci: diventare mia moglie e una rispettabile suddita di Ale, o affidarti alla sua pietà sperando che ti conceda la morte veloce che ha concesso ai tuoi genitori. A te la scelta.”

Poi se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.

Se pensi che mi lascerà in vita per esaudire un tuo desiderio, sei più stupido di quanto pensassi!” urlò Arianrhod battendo con forza i pugni contro la porta chiusa. Ma Owainn non raccolse la provocazione, e lei rimase sola in quella stanza vuota. Si toccò la mascella dolorante, su cui già cominciava a comparire un livido scuro.


Arianrhod ispezionò con cura la sua cella nella speranza di trovare qualcosa di utile alla fuga, ma senza risultati. Si sentiva profondamente frustrata: le avevano portato via la Spada del Drago e anche il pugnale di pietra del Piccolo Popolo. Non c'era speranza che potesse servirsi di un'arma per risolvere la situazione. Allora cercò di capire qualcosa sul luogo in cui la tenevano prigioniera. L'unica finestra che affacciava all'esterno era la feritoia che aveva già avuto modo di notare, ma si trovava troppo in alto rispetto a lei. Con un discreto sforzo riuscì a spostare il letto fin sotto la finestra e, salendoci sopra, riuscì a sbirciare attraverso la feritoia. Scoprì che la costruzione dove la tenevano era una casupola ad un solo piano. Non era certo una fortezza, e questa era una buona notizia. Evidentemente non avevano trovato di meglio nelle vicinanze. Inoltre Arianrhod sospettava che quello fosse solo un accomodamento temporaneo: presto l'avrebbero portata a nord, verso Uppsala. Sempre che non l'avessero uccisa prima.

Tuttavia a impedirle qualsiasi tentativo di fuga c'era sempre una porta sbarrata e quattro muri di solida pietra.

Arianrhod sospirò: non poteva fare altro per il momento, se non cercare di riposare e di mantenersi in forze. Il sole era ormai tramontato del tutto e lei si sdraiò sulla sua brandina, nella speranza di riuscire a dormire.

La mattina seguente, dopo una nottata di sonno agitato, una donna entrò nella stanza portandole qualcosa da mangiare. Come si era sforzata di dormire, Arianrhod si sforzò di mangiare. Il formaggio era praticamente insapore, il pane duro e la birra annacquata, ma lei ingollò tutto senza protestare.

Quando la donna rientrò per portare via il vassoio vuota, Arianrhod l'afferrò per la manica.

Cosa volete da me?” chiese lei, sospettosa.

Arianrhod quasi non ricordava la sua madrelingua: un po' a gesti e un po' utilizzando i vocaboli che conosceva, chiese alla donna se poteva lasciarle il cucchiaio di legno che portava alla cintura. In cambio le avrebbe dato la spilla d'oro che usava per chiudere il mantello.

Era uno scambio vantaggioso, e la donna fu quasi tentata di accettare. Ma poi scosse la testa e cercò di divincolarsi dalla presa della principessa, che ancora le stringeva il braccio. Evidentemente aveva troppa paura di quello che avrebbero potuto farle,

se lo avessero scoperto.

Arianrhod avrebbe voluto gridare di frustrazione quando la vide affrettarsi a chiudersi la porta alle spalle. Si gettò a sedere sul letto, la testa fra le mani. Uno ringhio rabbioso le uscì dalla gola, mentre afferrava e stringeva il bordo del letto con tutte le sue forze.

Ma si bloccò quando le sue dita tastarono qualcosa di interessante. Si sdraiò supina sul pavimento e scivolò con il corpo per metà sotto il letto.

C'era effettivamente qualcosa di interessante: una grossa scheggia di legno si stava staccando da quel vecchio letto rotto. Arianrhod la rimosse con attenzione. Non era lontanamente un'arma, ma forse sarebbe riuscita a ricavarne qualcosa di utile.


***

Gareth era felice che Morcant fosse con lui; un po' meno felice che anche Domaldr fosse della partita, ma aveva tutta l'intenzione di dare fiducia al fratello, purché lavorassero tutti insieme per trovare Arianrhod il prima possibile.

Morcant stava seguendo le tracce del contingente di soldati che aveva preso con sé la principessa, e Gareth aveva dovuto riconoscere che si era rivelato molto abile. Nessun occhio appartenente alla “gente alta” - come loro chiamavano la sua razza – sarebbe stato in grado di individuare determinate tracce, e anche per quelle più evidenti avrebbe impiegato molto più tempo.

Si stavano dirigendo in una direzione diversa da quella che il duca aveva ordinato loro di seguire, ma Gareth aveva deciso che preferiva fidarsi dell'intuito di Morcant. Domaldr aveva provato a protestare, ma Gareth l'aveva zittito tanto bruscamente che il fratello non aveva più osato aprire bocca.

Fortunatamente era riuscito a convincere Morcant a salire con lui a cavallo, anche se lui si era inizialmente rivelato molto diffidente.

La mia gente non sfrutta altre creature viventi per farsi portare. La dea ci ha dato gambe funzionanti ed è con quelle che dobbiamo spostarci”, aveva dichiarato.

Aveva ceduto solo quando aveva notato lo sguardo disperato di Gareth.

Lo faccio solo per la nostra sorella di sangue. Anch'io sono impaziente di ritrovarla.”

Avevano cavalcato per un pezzo in silenzio, finché Morcant, che cavalcava dietro Gareth, gli rivolse inaspettatamente la parola.

Non è morta.”

Come?” chiese Gareth.

So che il tuo cuore se lo sta chiedendo. Lo sento tormentarsi in continuazione. Aman madhad non è morta.”

E tu come fai a saperlo?”

Perché io ascolto il mio cuore. Se lo facessi anche tu, lo sapresti.”


Deve essere in una di quelle stanze”, commentò Domaldr, indicando la casupola che avevano appena raggiunto grazie alla pista seguita da Morcant. “Ma come facciamo a sapere quale?”

Acquattato dietro a dei cespugli, Gareth rifletté.

Ci sono solo quattro guardie all'ingresso della casa”, disse, “non vedo il resto del contingente, che comunque non era numeroso.”

Ce ne saranno altre dentro”, obiettò Domaldr.

Forse una ventina, fra esterno e interno.”

Avremmo dovuto far avvicinare di più i soldati.”

No”, intervenne Morcant. “Questa non è una battaglia. Avremmo solo attirato inutilmente l'attenzione. Dobbiamo essere rapidi e silenziosi.”

Farò appostare i soldati a poca distanza, così che possano intervenire quando ci inseguiranno. Ma è meglio far credere di essere in pochi: sfrutteremo l'effetto sorpresa”, disse Gareth.

Perché non assaltiamo in forze e basta?” insistette Domaldr.

Per gli dei, non capisci che non si tratta di uno scontro in campo aperto? Cosa gli impedirebbe di uccidere Arianrhod nel tempo che noi impiegheremmo a entrare in un luogo chiuso con una massa di soldati? Piuttosto che lasciare che venga liberata le taglierebbero la gola. Non possiamo rischiare. Una volta che sarà al sicuro con noi, potremo anche attaccare e annientarli come vuoi tu, ma sinceramente non ne vedo l'utilità.”

Parli con saggezza, giovane uomo”, disse Morcant soddisfatto.

Domaldr tacque, sconfitto ancora una volta nella guerra delle parole.




Angolo autrice: Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitoletto, su cui non ho molto da dire se non che ne sono abbastanza soddisfatta. Spero che anche a voi piaccia! Il duca ha scoperto tutto e, come era prevedibile, non ne è troppo felice. Riuscirà a capire le ragioni Gareth? Grazie a tutti coloro che leggono/seguono/recensiscono, siete fantastici come sempre.

Alla prossima

Eilan



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Capitolo 27
*** Capitolo ventisette ***


Dragons





Gareth, Morcant e Domaldr strisciarono silenziosamente lungo i muri di pietra, affacciandosi ad ogni angolo per assicurarsi di non essere visti. Il buio fitto era loro d'aiuto, e le uniche torce che gettavano un po ' di fioca luce nell'oscurità erano quelle in mano alle due guardie all'ingresso della casa.

Gareth attese che le sentinelle fossero voltate, poi fece un cenno col capo ai suoi compagni, scivolando alle spalle del nemico.

Con un solo rapido gesto afferrò la testa della prima guardia e gli tagliò la gola. Domaldr fece altrettanto con la seconda guardia, ed entrambi gli uomini crollarono a terra senza emettere un suono, inzuppando il terreno del loro sangue zampillante.

Ce ne sono altri dentro?” sussurrò Domaldr.

Ho paura di sì. Entriamo con prudenza e, se necessario, agiamo allo stesso modo”, rispose Gareth indicando i due uomini morti a terra.


Spero che tu abbia una buona ragione per avermi fatto chiamare nel cuore della notte”, disse Owainn mettendo piede nella stanza di Arianrhod.

Lei se ne stava in piedi, le braccia lungo i fianchi, l'atteggiamento calmo e e sereno.

Volevo parlarti”, disse semplicemente.

Owainn avanzò verso di lei con un'espressione di giubilo.

Vuoi dire che hai riflettuto sulla mia generosa proposta?”

L'ho fatto, sì”, disse Arianrhod scostandosi una ciocca di capelli dal viso. “D'altronde non ho avuto altro da fare che pensare.”

Mi dispiace, so che questa stanza non è adatta a una donna di rango come te. Ma quando sarai mia moglie non ti farò mancare mai nulla, te lo giuro...”

Arianrhod alzò una mano per bloccarlo. “Sì... non ne dubito”, disse con un sorriso forzato. “Ed ora sono pronta a darti la mia risposta... a una condizione, però.”

Owainn la guardò sorpreso. “Quale condizione?”

Lei gli si avvicinò guardandolo negli occhi. “Ma devi giurare di dirmi solo la verità.”

Te lo giuro”, mormorò Owainn, rapito dall'ondeggiare dei suoi fianchi.

Arianrhod si fermò solo quando il suo volto fu a pochi centimetri da quello dell'uomo. Lo vedeva che Owainn era completamente ammaliato da lei. La fissava cercando disperatamente di trattenersi dal baciarla. Almeno finché lei non le avesse posto la domanda che le stava tanto a cuore.

Enid sapeva?”

C-cosa?”

Enid sapeva che mi avevi tradita? Ne era al corrente?”

Owainn scoppiò in una risata liberatoria. Dal modo serio e solenne con cui lei aveva parlato ed agito si era aspettato chissà quale complessa richiesta; chissà quale difficile condizione per acconsentire a sposarlo. Rispondere a quella domanda invece non gli costava nulla ed era anche dannatamente semplice.

Quella sciocca di mia sorella? No! Lei ti adorava. Se avesse saputo che ero stato io mi avrebbe ucciso con le sue stesse mani!”

Bene”, sorrise lei, posandogli una mano sulla guancia. “Era tutto quello che volevo sapere.”

Lo attirò a se, come se volesse baciarlo, e Owainn l'assecondò docilmente.

Quello che si aspettava era di assaporare finalmente la dolcezza delle sue labbra, qualcosa che attendeva da tempo immemore. In quei pochi attimi immaginò come sarebbe stato essere sposato con lei, con la donna dei suoi sogni, avendo anche i mezzi per condurre una vita agiata. Stava per ottenere tutto ciò che aveva sempre agognato: ricchezza, potere... e lei.

Tutto si sarebbe aspettato tranne che sentire la mano di lei scivolargli dietro al collo, tirarlo bruscamente verso di sé ed essere colto talmente alla sprovvista di non avere il tempo di reagire. Sentì se stesso gridare di dolore e crollare sul pavimento, con un pezzo di legno acuminato che gli spuntava dal collo.

Arianrhod lo osservava dall'alto, immobile, il petto che le si alzava e si abbassava rapidamente. Aveva temuto di non farcela, di non riuscire a mantenere il sangue freddo. E invece c'era riuscita.

Owainn era steso a terra, il sangue che zampillava dalla ferita al collo gli imbrattava le mani, con le quali cercava freneticamente e alla cieca di sfilarsi il pezzo di legno che gli lacerava la carne; quel pezzo di legno che Arianrhod aveva passato ore e ore a rendere più acuminato affilandolo contro le sbarre di metallo della sua cella.

Presto le grida dell'uomo avrebbero attirato le guardie e Arianrhod sapeva di doversi muovere in fretta se voleva approfittarne per scappare.

Frugò in fretta addosso ad Owainn, ignorando gli insulti che lui le lanciava inframmezzati a improperi di ogni tipo. Trovò il suo coltello di pietra e lo osservò per un attimo. Sapeva che la ferita che gli aveva inflitto non era mortale, perché la sua improvvisata arma di legno non possedeva l'affilatura di una lama di metallo o di pietra. In quell'attimo considerò di risparmiarlo. Ripensò a Enid, a Owainn quando era bambino... a quando erano stati tutti bambini insieme, e avevano giocato, riso, pianto, condiviso ogni cosa, contato gli uni sugli altri. A quando avevano preso due cavalli senza permesso dalla stalla di Eachann e avevano cavalcato fino al bosco, e a come Owainn si era preso la colpa per tutti per evitare che i suoi amici venissero puniti. A quando lui e Enid, nel giorno di festa, camminavano fino alla fattoria solo per portare agli amici un cestino con le pere del loro albero. Ma poi ripensò a cosa l'uomo che si dibatteva davanti a lei sul pavimento era stato capace di fare al suo migliore amico. E tutta la sua pietà svanì.

Si chinò su di lui e guardandolo negli occhi annebbiati gli sussurrò. “Questo è per Ciaran e per i miei genitori.” E gli tagliò la gola. Owainn si portò entrambe le mani al collo, agonizzando. In pochi attimi non rimase più in lui alcuna stilla di vita.

La porta si aprì e Arianrhod strinse l'elsa del pugnale con dita convulse. Deglutì:si augurò a sopravvivere e di guadagnarsi la via verso la libertà, chiunque si fosse trovata davanti.

Il sollievo la sopraffece quando si accorse che si trattava di Gareth, seguito da Morcant e Domaldr. Si gettò tra le sue braccia e lui la strinse.

Grazie agli dei!” esclamò il cavaliere. “Stai bene? Sei ferita?”

Arianrhod si rese conto di essere macchiata di sangue sul viso, sui capelli e sul corpetto.

Scosse la testa, gli occhi lucidi di lacrime. “Non è il mio sangue”, lo rassicurò.

E' il suo?” chiese Domaldr indicando Owainn steso in una pozza di sangue. Arianrhod annuì di nuovo, cercando di ripulirsi il viso dal sangue.

Noi che credevamo di salvarti... e invece ti eri già salvata da sola!” commentò Gareth, strappandole un debole sorriso.

Non sarei così ottimista cavaliere”, lo ammonì Morcant. “Dobbiamo affrettarci se vogliamo che le guardie dall'altra parte della casa non si accorgano di niente.”

Andiamo”, disse Gareth uscendo con circospezione, la spada sguainata. Arianrhod lo seguì, stringendo ancora il pugnale. Domaldr e Morcant li imitarono.

Dove sono le guardie?” chiese Arianrhod scrutando il corridoio deserto.

Sono lì”, rispose Domaldr indicando dei corpi stesi a terra che lei non aveva notato.

Li avete uccisi tutti?”

Solo quelli necessari. Ce ne sono molti altri dall'altra parte ma abbiamo preferito agire in silenzio e non metterli in allarme.”

Se riusciamo ad evitare di essere visti ci risparmieremo un inutile battaglia”, disse Gareth, facendo loro cenno di seguirlo. I quattro camminarono raso muro e riuscirono ad uscire all'aria aperta.

La notte era mite e il cielo puntellato di stelle luminose. Una brezza lieve increspava le cime degli alberi e Arianrhod inalò a pieni polmoni. Il profumo era quello della libertà. Era la prima volta che veniva rinchiusa e, seppure tutta la faccenda non era durata che un giorno e mezzo, la principessa ora sapeva che cosa significava essere privati della libertà. La morte era di gran lunga preferibile ad una vita in una cella. La morte sarebbe stata preferibile anche ad un matrimonio con Owainn. Anche se non fosse riuscita a ucciderlo e fuggire, lui non l'avrebbe mai avuta. Piuttosto avrebbe posto fine alla propria vita.

Il gruppo si diresse verso i cavalli e montò silenziosamente in sella. Morcant stavolta dovette salire dietro Domaldr, perché Arianrhod salì sul cavallo di Gareth.

Improvvisamente si levarono voci concitate e grida alle loro spalle, e i quattro seppero che la fuga della prigioniera era stata scoperta. La rabbia che si intuiva in quelle voci era diretta agli assassini dei compagni morti, e tutti loro lo percepirono chiaramente.

Ora dobbiamo muoverci”, incitò Gareth. “Sei pronta?” chiese ad Arianrhod che gli cingeva la vita. Lei annuì e appoggiò la guancia sulla sua schiena, come se volesse assorbire il suo calore.

Ci verranno dietro!” gridò Domaldr allarmato.

Noi saremo già lontani quando si accorgeranno di quale direzione abbiamo preso”, rispose Gareth. “Dobbiamo tornare dai nostri soldati e poi via verso l'accampamento. Morcant... ho bisogno di te per trovare la giusta direzione il prima possibile.”

Conta su di me, cavaliere.”


***

Quando giunsero all'accampamento, alle prime luci dell'alba, il primo gruppo di ricerca non aveva ancora fatto ritorno.

Ad accoglierli, oltre ai cavalieri e ai guerrieri del Piccolo Popolo, c'erano solo Östen, visibilmente preoccupato, e Ragnhild, che cacciò un urlo non appena vide Arianrhod. Precipitandosi verso di lei, la la prese letteralmente fra le braccia non appena Gareth l'ebbe aiutata a scendere di sella. La giovane danese non aveva mai visto la sua amica ridotta in quello stato: pallida, provata, esausta e coperta di sangue.

Per tutti gli dei, cosa ti hanno fatto? Vieni, vieni con me cara! Ti porterò nella tua tenda”, disse facendola appoggiare al proprio braccio e scortandola via prima che qualcuno degli uomini avesse il tempo di pronunciare una parola.

Ragnhild scostò il lembo di stoffa che costituiva l'apertura della tenda e portò dentro Arianrhod, aiutandola ad adagiarsi sulla sua brandina.

Aspettami qui”, le disse, scostandole i capelli dalla fronte, “ti porterò subito dell'acqua per lavarti.”

Ma non ebbe nemmeno il tempo di uscire che quasi si scontrò con Gerda che stava entrando in quel momento.

La ragazza era fuori di sé per la preoccupazione.

Mi hanno... mi hanno detto che era qui! Cosa le hanno fatto? La mia signora!” disse pronta a correre da Arianrhod.

Ragnhild la bloccò appena in tempo.

Non so cosa le abbiano fatto, Gerda”, le disse sottovoce. “Ma ti prego, non chiederle niente finché non ne sapremo di più.”

Va bene, milady. Ma ora fatemi andare da lei, ve ne prego. Devo prendermene cura, devo...”

Certo. La tua signora ha bisogno di te, a partire da subito. Ha bisogno di acqua per lavare via il... sangue. E forse anche di qualcosa da mangiare e da bere.”

Subito! E le preparerò anche uno dei miei decotti calmanti. Ho raccolto diverse erbe nei dintorni che ho messo ad essiccare. Tornerò in un baleno!”

Corse via e tornò poco dopo per aiutare Arianrhod a lavarsi e a cambiarsi. La principessa rifiutò il cibo, dicendo di non avere fame, ma trangugiò tutto d'un fiato il decotto di Gerda, facendo una smorfia di disgusto.

E' amaro come il fiele”, si lamentò.

Lo so mia signora, ma vi farà bene. Vi aiuterà a riposare.”

E sotto lo sguardo preoccupato di Ragnhild e Gerda, Arianrhod si abbandonò ad un sonno profondo e ristoratore.


Quando si svegliò era trascorsa quasi l'intera giornata e il sole, che ricordava ai suoi albori, stava già scomparendo dietro le colline ammantate d'erica.

Gareth e Östen andarono a farle visita e la trovarono in compagnia di Gerda e Ragnhild, che non avevano lasciato il suo fianco per un istante.

Stai meglio?” le chiese Östen afferrando la prima sedia libera e sedendosi accanto alle donne. Gareth lo imitò.

Credo di sì. Sono felice che Gareth mi abbia trovata.”

Il merito è soprattutto di Morcant”, precisò Gareth, “senza di lui forse non ti avremmo mai trovata in tempo.”

Allora lo ringrazierò. E anche Domaldr. Se non fosse stato per voi ora sarei morta... o nelle mani di Ale.”

Siamo talmente felici di riaverti con noi, Arianrhod”, le disse Ragnhild prendendole le mani.

Siamo state talmente in pena”, aggiunse Gerda.

Vi ringrazio: voi siete le persone più care che ho al mondo. Non potrei essere più fortunata di così. Come va il tuo braccio Östen? Gerda mi ha detto che sei stato ferito nell'imboscata...”

E' una sciocchezza, ma sarebbe andata molto peggio se Gareth non fosse rimasto con me. Spero di essere presto di nuovo in forma per poterti servire ancora.”

Continuarono a parlare per qualche minuto, e Arianrhod mise al corrente anche l'amico di ciò che le era successo durante la prigionia. A nessuno però, aveva detto una parola su Owainn e su ciò che aveva fatto. Per tutto il tempo Gareth rimase in silenzio, ma Östen lo vedeva fremere d'impazienza sotto un'apparente maschera di calma.

Lo osservò per qualche momento, poi si rivolse alle donne.

Lady Ragnhild, Gerda... che ne dite di andare a fare due passi?”, disse in tono inequivocabile.

Ma certo”, disse Ragnhild alzandosi. “Vado a vedere se Hrolf e il duca sono tornati.”

I tre uscirono e Arianrhod sorrise nell'accorgersi che le mani di Gerda e Östen si sfiorarono quando i due credettero di non essere notati.

Gareth attese qualche attimo prima di parlare. Seguì con lo sguardo una falena che svolazzava intorno alla torcia piantata nel terreno, rischiando di bruciarsi le ali in ogni momento.

Infine trasse un profondo respiro e disse: “Arianrhod... chi era quell'uomo?”

Lei si voltò a guardarlo: aveva gli occhi lucidi, ma non versava lacrime.

Dovevo immaginare che lo avresti chiesto”, disse con un sorriso dolce amaro. “Tu mi conosci più di chiunque altro, Gareth, e non posso nasconderti i pensieri che mi turbano. Era Owainn, un mio amico d'infanzia, e il più caro amico di mio fratello Ciaran.”

E' stato lui che...?”

Arianrhod annuì. “Avrei dovuto darti ascolto fin dall'inizio quando tentavi di mettermi in guardia da qualcuno a me vicino. Giuro sugli dei che non sarò mai più così ingenua!”

Ti ha fatto del male?” chiese Gareth deglutendo visibilmente. Aveva davvero paura a porle quella domanda, ma doveva sapere.

No, non mi ha toccata. Sto bene... e anche il bambino sta bene”, gli sorrise lei.

Gareth la strinse a sé, sollevato. “Povero amore mio... so quanto deve essere doloroso per te. Ma hai compiuto la tua vendetta: i tuoi genitori sarebbero fieri di te.”

Ne sei sicuro? Me ne vergogno, ma per un attimo ho pensato di risparmiargli la vita. Non sarebbero fieri di me per questo.”

E invece io credo che lo sarebbero ancor di più”, disse Gareth. “Come lo sono io. Se la compassione non facesse parte di te non potrei amarti così tanto.”

Rimasero in silenzio per qualche minuto, semplicemente appagati di essere l'una tra le braccia dell'altro.

Improvvisamente Arianrhod si staccò da lui, come colpita da una rivelazione.

Ma certo!”, esclamò battendosi la mano sulla fronte.

Cosa c'è?”

Quando ero ad Avalon”, spiegò Arianrhod eccitata, “Viviana ebbe una visione per me, nel Pozzo Sacro. Mi disse che un giovane guerriero mi avrebbe tradito, e lì per lì non capii a chi si riferisse. Non compresi neppure il vero significato di quell'appellativo, ma ora lo comprendo... il nome Owainn nella nostra lingua significa 'giovane guerriero'. Era a lui, era ad Owainn che la profezia si riferiva.”


***


Il secondo gruppo di ricerca era tornato all'imbrunire ed era stato messo subito al corrente degli incredibili sviluppi. Il duca si era assicurato di persona che la sua sovrana stesse bene, e le aveva fatto una paterna lavata di capo sull'imprudenza e sull'eccessiva fiducia. Arianrhod intuì che stava rimproverando soprattutto se stesso e accettò tutto con un mezzo sorriso sulle labbra. Poi Fjölnir andò dritto da suo figlio.

Gareth sapeva che presto o tardi avrebbe dovuto rendere conto a suo padre di ciò che aveva fatto, e il pensiero più angosciante per lui era di perderlo proprio ora che lo aveva ritrovato. Di sicuro sapeva di averlo deluso, e questo fu ancora più palese quando notò l'espressione del suo volto.

Figlio mio, io avevo fiducia in te.”

Nel suo tono c'era più stanchezza e rassegnazione, che rabbia.

Ma tu hai tradito la mia fiducia, hai tradito il tuo voto... e hai tradito la Svezia.”

Padre, so di averti deluso. Me ne vergogno profondamente... ma io la amo.”

La ami? Non fatico a crederlo, Gareth. Ma questo non ha importanza. Lei doveva essere sacra e inviolabile per te, e tu le hai messo un bambino in grembo! Ho addirittura riposto in te abbastanza fiducia da darti il compito di convincerla a sposare Hrolf... che idiota sono stato!”

Ti prego di credermi quando ti dico che ho fatto tutto il possibile per convincerla a sposarlo....”

Non ti credo!”, gridò il duca. “E quel bambino non potrà mai essere altro che un bastardo, è questo che volevi per tuo figlio?”

La voce di Gareth era gelida, bassa, quando parlò. “Era questo che tu volevi per me, padre?”

Fjölnir si bloccò, come se qualcosa lo avesse colpito. Tra padre e figlio calò un silenzio carico di tensione.

Hai ragione”, disse infine il duca con voce colma di stanchezza. “Io sono l'ultima persona al mondo che dovrebbe parlarti di questo.”

E avvolgendosi nel mantello, si allontanò, il capo chino e la schiena curva, come se fosse stata caricata di un grosso peso.





Angolo autrice: Ciao a tutti! Che ne pensate del nuovo capitolo? Devo dire che si è chiuso in un modo che neanche io mi sarei aspettata, in modo molto triste per me. Ma ho fiducia che presto il duca accetterà la situazione e Gareth perdoni suo padre (perché in fondo, per quanto lo ami, il rancore per essere stato abbandonato da piccolo è ancora vivo in lui). E niente, spero vi sia piaciuto e vi mando un grande abbraccio!

Ci vediamo alla prossima

Eilan




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Capitolo 28
*** Capitolo ventotto ***


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Mentre l'esercito proseguiva la sua marcia verso Uppsala, il tempo cominciò a peggiorare. Dapprima fu una pioggia leggera, che cadeva con ancora il cielo limpido sullo sfondo. Dagli alberi e dal terreno si levava un buon profumo di terra umida e di aghi di pino. Poi divenne più insistente e fastidiosa: grandi gocce di acqua tiepida che inzuppavano il terreno e gli abiti dei soldati.

Credi che continuerà ancora a lungo?” aveva chiesto Arianrhod a Östen.

Temo di sì, in questa stagione i temporali sono normali. Dovresti essere contenta che non sia una fredda pioggia invernale. In quel caso le gocce d'acqua sembrerebbero aghi gelati. Questa è calda, non ti sembra?”

Arianrhod aveva teso il palmo aperto a catturare qualche goccia e aveva dovuto dare ragione a Östen. L'acqua che pioveva dal cielo era tiepida e veniva giù in grandi scrosci che non duravano più di una manciata di minuti. Una pausa, e poi il ciclo ricominciava.

Speriamo solo che il morale dei soldati resti alto”, aveva concluso, alzando le spalle.

Le speranze di trovare Hogne e i suoi ribelli si affievolivano sempre più. Tutti avevano questa sensazione, ma nessuno aveva il coraggio di dirlo ad alta voce.

Durante il sesto giorno di marcia, durante una pausa dalla pioggia, il duca Fjölnir che era in testa al corteo alzò una mano per arrestare la colonna. Tutti frenarono i propri cavalli e Ragnhild chiese: “Cosa succede?”

Shhh”, la zittì Fjölnir, portandosi l'indice alle labbra. Poi fece un cenno ai cavalieri che gli erano più vicini.

C'è qualcuno”, disse indicando gli alberi alla propria sinistra. “Non siamo soli.”

Ragnhild afferrò il braccio di Arianrhod, sporgendosi sul cavallo, spaventata. Gareth e alcuni altri cavalieri e soldati si avvicinarono al punto indicato dal duca. Östen dovette rimanere indietro suo malgrado, a causa della ferita al braccio.

I cavalieri si aspettavano di vedere uomini in divisa, soldati armati fino ai denti, forse perfino cavalli, ma quando gridarono: “Chi è là?”, dal folto del bosco cominciarono ad uscire uomini a piedi. Non erano soldati, questo era chiaro. Alcuni portavano lunghe barbe bionde e rossicce, quasi tutti possedevano armi e armature rudimentali. Casacche di cuoio cucite alla meglio, bastoni appuntiti, archi ricavati da rami ricurvi, rozze spade di pietra.

I cavalieri tennero pronte le armi, ma i nuovi arrivati abbassarono le loro, mostrando di non avere intenzioni ostili.

Uno degli uomini si fece avanti e si arrestò davanti ai cavalli dei comandanti. Doveva essere sulla mezza età e portava un'ispida barba bionda. Nel silenzio generale si inchinò poggiando un ginocchio a terra e si rivolse ad Arianrhod.

Percependo la solennità del momento, e rassicurata dalla piega che gli eventi stavano prendendo, Ragnhild lasciò il braccio dell'amica.

Mia regina...”, disse l'uomo con il capo chino e lo sguardo fisso a terra.

Chi siete?” chiese Arianrhod con voce decisa.

Il mio nome è Hogne, mia signora. E questi sono i miei uomini. Abbiamo saputo del vostro arrivo in Svezia ed è da molto che vi aspettiamo.”

Siete davvero voi!” esclamò la principessa, scoccando un'occhiata sollevata al duca, il quale la ricambiò. “Vi abbiamo cercato in lungo e in largo.”

Mi dispiace, ma non possiamo mai allontanarci troppo dalla nostra base. È molto pericoloso.”

Chiedi ai tuoi uomini di deporre le armi”, ordinò lei. “Già una volta siamo stati ingannati da un uomo che si spacciava per uno di voi.”

Hogne si alzò in piedi e ordinò ai suoi di lasciar cadere le armi a terra, cosa che tutti fecero prontamente. Un centinaio di bastoni, spade e archi caddero producendo una catena di rumori sordi.

Vi unirete a noi?” chiese Fjölnir sforzandosi di non parlare troppo velocemente. Si era accorto che Arianrhod, non ancora padrona della lingua, aveva dovuto sforzarsi per comprendere tutto ciò che Hogne aveva detto. Ma aveva fatto enormi progressi durante il viaggio, grazie alle lezioni che le erano state impartite. La memoria della lingua natia stava rapidamente tornando in superficie.

L'uomo si batté al petto e gridò il suo assenso, imitato dai suoi uomini all'unisono.

Non abbiamo atteso altro per quattordici anni, altezza. Dateci solo la possibilità di aiutarvi a riprendere ciò che è vostro e scacciare l'usurpatore.”


***

Era il pomeriggio dell'ottavo giorno di marcia, quando i comandanti decisero di appostare il campo base sul fianco di una collina, riparati dalla strada principale che le truppe nemiche avrebbero probabilmente percorso. Furono allestite poche tende, perché la rapidità era essenziale. Gli esploratori erano tornati il giorno prima, riferendo che l'esercito di Ale si trovava a una giornata di marcia da loro.

Arianrhod e i suoi comandanti erano rimasti in piedi fino a notte tarda per discutere la strategia della battaglia.

Dovremmo affrontarli frontalmente, mandando avanti la cavalleria”, propose Östen.

Non avremo vantaggi in questo modo”, ribatté Vanlande. “Meglio tenere la cavalleria di riserva o non avremo appigli se le cose dovessero andare male.”

Il problema è che restiamo comunque numericamente molto inferiori ad Ale”, disse Hrolf. Un momento di sconfortante silenzio cadde sull'assemblea dopo questa affermazione.

Arianrhod si alzò per osservare più da vicino la cartina stesa sul tavolo.

Questo cos'è?” chiese indicando il lato della strada.

Gli altri comandanti non lo sapevano, ma si fece avanti Hogne.

Noi conosciamo molto bene questo territorio”, disse, “mentre Ale no. Raramente si è allontanato da Uppsala. Noi invece dobbiamo conoscerlo a menadito se vogliamo sopravvivere nei boschi. Quella è una gola che divide la collina in due.”

E dove porta?”

Sbocca nella vallata alle nostre spalle.”

Potremmo usarla a nostro vantaggio, se loro non la conoscono”, intervenne Morcant, rimasto silenzioso fino a quel momento. Hogne, che non aveva conosciuto lo strano uomo che per pochi giorni, lo guardò con la diffidenza del forestiero.

No, se la battaglia verrà combattuta nella valle”, gli fece notare il duca.

E se non fosse così?” propose Arianrhod.

Cosa intendi dire?” chiese Gareth.

Loro sono più numerosi, giusto? Ma non gli sarà utile se li bloccheremo in un luogo più stretto. Come la strada che passa tra le due colline. È abbastanza ampia per una battaglia, ma non abbastanza per consentire grandi manovre.”

Così resteremo bloccati anche noi” disse Domaldr. “Sarà una carneficina!”

Ma noi conosciamo l'esistenza di questa gola. Potremmo dividere l'esercito in modo che una parte li attacchi dal fianco. Non se lo aspetteranno...”

E se lo prevedessero? Se se ne accorgessero per tempo? A quel punto avremmo diviso l'esercito per niente e saremo ancora più indeboliti”, obiettò Vanlande, sentendosi più competente di Arianrhod sulle questioni militari.

Lo sguardo del duca cominciò a illuminarsi mentre rifletteva su quella proposta. “Può funzionare...” disse lentamente. “E' azzardato, ma credo che non abbiamo molta scelta.”

Io e i miei uomini potremmo attendere nascosti oltre il fianco della collina”, propose Morcant. “La valicheremo solo quando saranno presi tra le due forze e li attaccheremo con le frecce, restando sulla cresta.”

Arianrhod emise un sospiro tremolante. “Che sia così”, decise.

Ma, mia signora...” tentò di protestare Vanlande. Arianrhod lo interruppe.

Comprendo le tue obiezioni, ma abbiamo la possibilità di un vantaggio a fronte di un rischio. E ho deciso di coglierlo. Non avrebbe senso avere Hogne e Morcant con noi se non ne facessimo il miglior uso che possiamo.”

La riunione si sciolse e tutti raggiunsero i loro giacigli per cercare di dormire qualche ora prima della battaglia.

Arianrhod”, la chiamò Gareth mentre camminava accanto a Ragnhild diretta alla loro tenda. Entrambe si voltarono.

Arianrhod gli sorrise debolmente. “Suppongo che ci siamo. Il momento è giunto.”

Non sei obbligata a combattere, lo sai. Potresti rimanere qui con Ragnhild e Gerda... ”

Nel sentirsi nominare Ragnhild scoccò un'occhiata fugace e speranzosa ad Arianrhod. Era chiaro che era d'accordo con Gareth.

Come puoi chiedermi questo?” disse Arianrhod, notando a malapena che Ragnhild si allontanava con discrezione, lasciandoli soli. “Non sono ferita, come Östen che è costretto qui anche se vorrebbe con tutte le sue forze essere sul campo di battaglia, domani.”

Perdonami, non intendevo insinuare che tu non sia pronta per questo. Lo sei, è hai tutto il diritto di volerlo. Sono solo preoccupato per te. Se ti accadesse qualcosa… non potrei vivere senza di te.”

Arianrhod gli sorrise dolcemente. “Anch’io non resisterei in questo mondo senza di te. E proprio per questo, pensi che potrei lasciarti andare a combattere senza fare anch’io la mia parte? E lo devo anche ai miei uomini. Io sono la loro regina e non li abbandonerò.”


***

Vedo qualcosa in lontananza!”, annunciò Domaldr, indicando l’orizzonte, dove una nube di polvere si sollevava al passaggio di quello che, evidentemente, era un grosso esercito.

Arianrhod alzò una mano verso i suoi uomini, per fargli cenno di fermarsi. I fanti si arrestarono subito dopo di lei, e i cavalieri che li seguivano fecero altrettanto.

Ci siamo”, disse il Duca Fjölnir con calma. “Erano giorni che aspettavamo che Ale facesse la sua mossa, ed eccolo lì. E’ uscito allo scoperto finalmente… evidentemente rappresentiamo una certa preoccupazione per lui.”

Il duca tirò le redini del suo bel cavallo, per accostarsi a quello bianco di Arianrhod. Gli altri comandanti stavano al suo fianco, ognuno saldamente ritto sulla propria cavalcatura.

Fjölnir spostò lo sguardo paternamente benevolo da suo figlio alla sua regina. Non poteva negare di avere provato rabbia e delusione quando aveva scoperto cosa c'era tra di loro, ma le parole che Gareth gli aveva lanciato addosso lo avevano fatto vergognare di se stesso, di come lo aveva trattato. Certo ciò che aveva fatto Gareth era sbagliato sotto molti aspetti, ma chi era lui per giudicare quando aveva commesso gli stessi errori e non lo aveva fatto neppure per amore? Erano giorni che cercava le parole, e soprattutto il coraggio, di parlare a suo figlio, ma ancora non ci era riuscito. Gareth sembrava davvero ferito, distante, e Fjölnir temeva davvero di averlo perso.

L’avvicinarsi di due cavalieri al galoppo lo riportò alla realtà, distogliendolo dalle sue considerazioni. C'erano cose più urgenti a cui pensare. A riparare ciò che aveva danneggiato avrebbe pensato quando tutto fosse finito.

Veniamo da parte di re Ale”, disse uno dei due, fermatosi di fronte ad Arianrhod.

Re?”, commentò lei in tono sarcastico. “Non sapevo che bastasse auto proclamarsi re per esserlo a tutti gli effetti. Di questo passo i contadini affermeranno di essere duchi e non si potrà far nulla per smentirli…”

Gareth, Domaldr, Fjölnir e gli altri ufficiali dovettero reprimere a stento una risata.

I due messaggeri invece si fecero rossi in volto, umiliati per la prontezza con cui erano stati zittiti da una donna.

Volete ascoltare il messaggio che vi porto, signora?”, chiese irritato il cavaliere, fingendo di ignorare le occhiatine di scherno che gli venivano lanciate dai presenti.

Dite pure. Non sia mai detto che la regina non ascolti un suddito che ha qualcosa da comunicargli.”

Il mio signore Ale vi manda a dire che non muoverà guerra contro di voi e i vostri uomini, nemmeno contro i traditori che hanno disertato il suo esercito, se lascerete immediatamente la Svezia per non farvi più ritorno.”

Il sorriso di scherno sul viso di Arianrhod si spense di colpo, sostituito da un’espressione gelida. Sembrava mandare lampi dai profondi occhi azzurri quando, con un piccolo incitamento al cavallo, si portò più vicino al messaggero.

Lo guardò negli occhi, mentre involontariamente il cavaliere indietreggiava di un passo.

Quando parlò la sua voce era un sussurro minaccioso.

Vorrei che fosse chiara una cosa, cavaliere. Questi uomini non facevano parte del suo esercito, ma del mio. A dire la verità quel porco del tuo padrone non può reclamare neppure la proprietà di un singolo filo d’erba sul suolo di questo paese… e pagherà per ogni singola goccia di sangue dei miei sudditi che ha versato in questi anni, mentre li terrorizzava con la violenza, la repressione e la miseria. Quindi riferisci pure al “re” - o con qualsiasi titolo fasullo voglia farsi chiamare - che noi siamo pronti e che non ha che da aspettarci. Hai capito bene?”

Il cavaliere serrò le labbra, cercando di non dare a vedere come quella ragazzina lo avesse impaurito.

Bene”, disse con tutta la dignità che riuscì a racimolare. “Riferirò il vostro messaggio.”

E i due uomini si allontanarono al galoppo in una nuvola di polvere.

Gareth osservava Arianrhod con espressione fiera e ammirata, imitato dagli altri ufficiali.

Poi lei si voltò verso il suo esercito, schierato per la battaglia, e fece un respiro profondo prima di iniziare a parlare a voce alta, in modo che tutti potessero sentirla.

Uomini! So che probabilmente è la prima volta che obbedite agli ordini di una donna, ma io vi prego oggi di non considerarmi tale. Oggi io sono una di voi e combatterò al vostro fianco!”

Dalle truppe si levò un grido di approvazione, mentre migliaia di mani sollevavano le spade e le lance verso il cielo.

Ricordate il nemico che avete di fronte”, continuò Arianrhod, spronando il cavallo a muoversi al trotto lungo tutta la prima linea dell’esercito. “Ricordate che quest’uomo ha oppresso la Svezia per anni, affamando le vostre famiglie e ammazzando i vostri cari. Se volete che la giustizia e la pace tornino a regnare nella nostra amata terra natia, oggi non abbiate nessuna pietà per quel nemico! Combattete al mio fianco!”

I soldati lanciarono grida ancora più assordanti, mentre Arianrhod sguainava la spada del drago e la teneva in alto in modo che tutti potessero vederla rilucere nel sole accecante. La terra sembrò tremare del boato che si levò dall’esercito.

Poi, guidati dalla Regina e dai comandanti, i soldati cominciarono ad avanzare verso l’esercito nemico.

Il Duca Ale si vide arrivare contro le truppe avversarie, e aspettò il massiccio scontro frontale a cui il suo esercito era già stato preparato.

La battaglia ebbe inizio con la collisione delle due forze di fanteria. L'esercito di Arianrhod, inferiore di numero, non poteva avere la meglio, e infatti cominciò presto a perdere terreno. Ale, nelle retrovie, si chiese come quella ragazzina avesse potuto essere così sprovveduta. Ghignò, pregustando già la facile vittoria. Quella donna gli era costata notti intere di sonno, anni di ricerche e mesi di intrighi: ora finalmente l'avrebbe fatta finita per sempre con lei e avrebbe governato la Svezia indisturbato.

E' il momento?” gridò Arianrhod al duca, per farsi sentire al di sopra del fragore. Lui annuì e fece cenno a Vanlande di dare il segnale. Il comandante sventolò una bandiera dal colore rosso acceso, e proprio quando l'esercito nemico si sentiva sicuro della vittoria, grida selvagge si levarono dal fianco della collina, e dalla gola comparvero migliaia di altri cavalieri e fanti che si schiantarono contro il fianco dell'esercito di Ale. Poi indietreggiarono senza preavviso e, ad un altro segnale, una pioggia di frecce cadde sui nemici, seguita immediatamente da altre raffiche. Il Piccolo Popolo tirava con una precisione letale, e dalla loro posizione di vantaggio aveva la totalità dei loro nemici a portata di freccia.

Arianrhod e il duca, che si trovavano l'uno accanto all'altra, si scambiarono uno sguardo di sollievo nello scorgere lo sbalordimento sul volto dei nemici, che non si aspettavano una simile mossa. Ora erano attaccati da due forze separate, una di fronte e una sul lato sinistro, e sottoposti a un fuoco di frecce. Con una buona dose di fortuna la loro tattica aveva funzionato.

L’esercito di Ale subì molte perdite senza riuscire a riportare la battaglia nelle proprie mani.

A quel punto i fanti con le picche, spingendoli ancor più verso il centro ristretto del campo di battaglia, riuscirono a circondarli completamente.

Arianrhod, che era rimasta indietro insieme al resto della cavalleria, diede l’ordine e i fanti cominciarono a ritirarsi. Ma all’esercito nemico non fu concesso nemmeno un momento per riprendere fiato, perché subito dopo dovette affrontare lo scontro diretto con la cavalleria pesante, guidata dalla regina e dai suoi comandanti, che si lanciò su di loro falciando uomini e cavalli al suo passaggio.

Arianrhod brandiva la Spada del Drago con maestria letale, abbattendo un nemico dopo l’altro. Anche Hrolf, che si trovava a combattere accanto a lei, si stava comportando con coraggio, nonostante fosse la sua prima vera battaglia, e Arianrhod avrebbe voluto che suo padre e suo fratello avessero potuto vederlo in quel momento.

Improvvisamente la giovane si trovò faccia a faccia con un grosso cavaliere con il capo celato dall’elmo. Stava per alzare la spada su di lui, quando l’uomo la sorprese usando la sua di piatto per disarcionarla. Arianrhod sentì il duro impatto con il terreno, mentre il suo cavallo continuava la sua corsa attraverso il campo di battaglia senza di lei. Rotolò su se stessa e si rimise faticosamente in piedi, constatando che, a parte qualche ammaccatura, non aveva niente di rotto.

Il cavaliere nemico si avvicinò rapidamente a lei, brandendo la spada. Quella di Arianrhod era rotolata a poca distanza, e lei fece appena in tempo ad afferrarla e ad alzarla a protezione del viso, mentre l’arma nemica si abbatteva su di lei.

Ma l'uomo era molto più grosso di lei e non sarebbe riuscita a bloccarlo ancora a lungo. Improvvisamente il cavaliere fece un sussulto e il sangue cominciò a macchiargli le labbra. La punta di una spada gli spuntava dal petto, e l'uomo riuscì a guardarla per un attimo, prima di accasciarsi a terra. Dietro di lui comparve Domaldr con la spada ancora sguainata in pugno e l'espressione quasi sbalordita per ciò che era appena riuscito a compiere. Arianrhod gli fece un cenno di ringraziamento, poi si rimise in piedi.

L’esercito nemico era ormai quasi completamente sconfitto, e il clangore delle spade e le urla del combattimento si andavano affievolendo. Tuttavia qualche sacca di resistenza ancora sopravviveva, e fu lì che Arianrhod si diresse. Attraversò il campo di battaglia, assestando qualche rapido fendente ai pochi che cercavano di fermarla. Dov’era Ale? Che fosse già scappato?

Arianrhod pregò vivamente che non fosse così. Doveva ucciderlo, ad ogni costo, o non sarebbe mai finita.

Improvvisamente un urlo si levò alle sue spalle, e lei si voltò appena in tempo per vedere un uomo avventarsi contro di lei, brandendo una spada. Colta di sorpresa, Arianrhod si preparò all’impatto della lama su di lei.

Arianrhod!”, le parve di sentire la voce di Gareth che la chiamava.

Con uno slancio disperato, il giovane cavaliere si gettò fra lei e la spada nemica. L’arma gli aprì un profondo squarcio lungo tutto il fianco, lasciandolo a terra agonizzante, mentre il cavaliere, rendendosi conto di aver mancato il bersaglio designato, fuggiva via con le ali ai piedi.

No!”, urlò Arianrhod gettandosi in ginocchio accanto a lui. Gareth le stava dicendo qualcosa e lei dovette chinarsi per riuscire a sentirlo.

Quello è Ale… inseguilo! Devi ucciderlo!”

Io non ti lascio!”

Va', ho detto!”

Arianrhod obbedì, troppo sconvolta per protestare. Si lanciò all’inseguimento di Ale, ma quando si accorse che il suo nemico era troppo lontano per raggiungerlo a breve, ricorse a una mossa disperata.

Sollevando la spada del drago con entrambe le mani, la lanciò verso l’uomo che gli dava le spalle poco avanti a lei, ormai solo e abbandonato dal suo esercito.

Arianrhod lanciò la spada con tutta la forza che fu capace di racimolare, appellandosi alla sua abilità di arciere per centrare il bersaglio. Era un tentativo disperato, perché l'arma era pesante, ma in quel momento non aveva altra scelta. Il pugnale di pietra non era abbastanza affilato per poter penetrare la carne a quella distanza.

La spada roteò nell’aria e, come se fosse pervasa dallo spirito dei re della stirpe del drago che l’avevano brandita in passato e a cui Ale aveva fatto torto, lo colpì alla schiena.

Ale lanciò un grido e si accasciò a terra. Arianrhod si avvicinò a lui e, poggiandogli un piede sulla schiena, sfilò l’arma dalla ferita., per poi piantargliela nel corpo, ancora e ancora. Non provò la pietà che aveva provato per Owainn e non si fermò finché l'usurpatore non smise di muoversi.


Quando tornò di corsa da Gareth, Fjölnir e Domaldr erano accanto a lui e il duca gli sorreggeva la testa.

Altri cavalieri erano andati ad approntare una barella per poterlo trasportare via dal campo di battaglia.

Il terreno era coperto dei cadaveri degli uomini uccisi, e l’aria pervasa dall’odore della morte e del sangue. Qualche ferito ancora si lamentava, sotto la pioggia che aveva cominciato a cadere e i corvi che volavano in cerchi sempre più bassi nel cielo. Arianrhod diede ordine a un ufficiale di provvedere a che tutti i feriti ricevessero le cure esperte del Piccolo Popolo, poi si chinò su Gareth.

Il duca si fece da parte, cercando di nascondere le lacrime che gli riempivano gli occhi e che minacciavano di sopraffarlo. Vedere il figlio giacere al suolo in fin di vita, con il sangue che sgorgava dalla profonda ferita al fianco, era talmente doloroso da fargli perdere il suo abituale autocontrollo. Anche Domaldr era preoccupato e angosciato, ma rimase in silenzio.

Arianrhod invece aveva il viso inondato di lacrime e non si preoccupava di nasconderle. Teneva la testa del suo amato in grembo e gli accarezzava i capelli con infinita tenerezza.

Amore mio…”, mormorò. “Amore mio, perdonami. E’ stata tutta colpa mia. Ma perché lo hai fatto? Perché ti sei messo in mezzo?”

Gareth riuscì a sfoderare un sorriso. “Ti avevo promesso che ti avrei sempre protetta, no?”

Tieni duro, sta arrivando la barella. Ti prego, resisti!”

Arianrhod evitava di guardare la profonda ferita che gli deturpava il fianco. Il cuore le batteva nel petto come una carica di cavalleria, mentre pregava con tutte le sue forze che i soccorsi arrivassero in tempo. Gareth teneva gli occhi chiusi, ma lei poteva vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi nel respiro.

Improvvisamente le tornò in mente la profezia di Viviana. Una parte di essa si era già avverata: la scelta difficile che aveva dovuto compiere in Danimarca, il tradimento di Owainn... ma la terza parte era quella che in quel momento suonava più minacciosa. La dea l'avrebbe visitata nell'aspetto della morte. Il gracchiare di un corvo le giunse all'orecchio proprio in quel momento, facendola rabbrividire. Morcant corse di persona da lei, accompagnando la barella.

Puoi aiutarlo, Morcant? Ti prego, aiutalo!” gridò Arianrhod.

L'uomo esaminò brevemente la ferita di Gareth.

Proverò aman madhad. Farò tutto il possibile, ma non ti nascondo che è grave.”

Arianrhod…”, la chiamò d’improvviso Gareth con voce flebile, aprendo gli occhi.

Lei si chinò prontamente su di lui. “Sono qui, Gareth. Sono qui, non avere paura… non ti lascio solo.”

Gli occhi… non riesco a tenerli aperti.”

Arianrhod gli prese la mano e gliela strinse convulsamente.

Credo che non ce la farò…”, continuò Gareth.

No!”, gridò Arianrhod, con le lacrime che le scendevano lungo le guance. “Non farlo! Non lasciarmi sola, resta con me!”

Gareth la fissò per un momento negli occhi azzurri e disse: “Ti amo…”

Poi chiuse gli occhi e tutto divenne buio, e non udì più Arianrhod piangere e chiamare il suo nome.




Angolo autrice: Ciao a tutti! Lo so mi odierete per aver lasciato un momento drammatico così in sospeso, ma spero di pubblicare il prossimo aggiornamento già settimana prossima, quindi ci sarà da aspettare meno del solito... non odiatemi, plz!^^ Avrete notato anche che il capitolo è il più lungo fin'ora, ed il motivo è che non volevo lasciare la battaglia a metà, mi sembrava di distruggere il climax.

Domaldr si è rivelato utile alla fine... un po' si sta redimendo, che dite? E Hrolf? Meglio di come era sembrato all'inizio? Forse aveva solo bisogno di un'occasione^^

Vi annuncio anche che manca poco alla fine della storia. Un capitolo, al massimo due e sarà conclusa.

E niente, aspetto di sentire i vostri pareri!

Alla prossima

Eilan


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Capitolo 29
*** Epilogo ***


Dragons






Uppsala, 462 d.C.

Dalla massiccia porta di legno della camera della regina provenivano rumori ovattati.

Solo di tanto in tanto una serva usciva per andare a prendere altra acqua o dei panni puliti; ma apriva la porta solo quel tanto che le bastava per passare, poi la richiudeva immediatamente.

Gareth stava in piedi davanti alla porta, ma nessuno gli prestava attenzione. Guardava speranzoso ognuna di quelle donne, sperando che qualcuna di loro si accorgesse della sua presenza e gli desse qualche notizia. Gli sembrava di essere invisibile ai loro occhi.

Alla fine si era gettato a sedere irritati sulla panca accanto alla porta, e tentava invano di sbirciare oltre le spalle delle serve che facevano avanti e indietro.

Se fosse stato in grado di alzarsi con prontezza forse sarebbe riuscito a vedere qualcosa, ma il tentativo gli sarebbe costato una fitta di acuto dolore.

Sebbene fossero trascorsi ormai sette mesi dalla battaglia, la ferita che gli attraversava il fianco non era ancora del tutto guarita. Lo avevano ricucito il giorno stesso, mentre era ancora svenuto. Quando aveva ripreso i sensi, il dolore sordo che gli pulsava all’altezza del fianco gli aveva fatto stringere i denti e imperlare la fronte di sudore; tuttavia non gli aveva impedito di notare che Arianrhod era sempre lì accanto a lui a tenergli la mano, pronta a porgergli dell’acqua o asciugargli la fronte.

Morcant gli aveva prestato le sue cure e forse era solo grazie alla sua abilità di guaritore che era sopravvissuto e che la ferita non si era infettata. Aveva perso molto sangue, ma quando erano riusciti ad arrivare ad Uppsala era già fuori pericolo.

Anche se non velocemente, Gareth si era ripreso del tutto, e lo doveva anche alle amorevoli cure di Arianrhod.

Anche se, a distanza di sei mesi, doveva ancora fare attenzione a non compiere movimenti bruschi e a non sforzare troppo la parte lesa, poteva dirsi ormai completamente guarito. Era stato quasi un miracolo, considerata l’entità e la gravità della ferita.



Cinque mesi prima...

Da Uppsala la notizia che la legittima regina di Svezia era di nuovo sul trono si era diffusa in fretta e, dopo pochi giorni dal loro arrivo, una folla di persone era affluita al castello da luoghi vicini e lontani per acclamare la nuova sovrana.

Il giorno dell’incoronazione sarebbe stato ricordato da tutti per molto tempo ancora, come se lo avessero avuto ancora davanti agli occhi: di fronte all’intera nobiltà svedese e a moltissima gente comune, l’Arcidruido Sveigder aveva posato la corona sul capo di Arianrhod nel tempio di Uppsala, senza riuscire a nascondere una buona dose di commozione.

Arianrhod era splendida quel giorno: la bella veste tinta d’azzurro dalla scollatura alta, finemente ricamata, stretta in vita da una cinta metteva in risalto la sua figura snella e nascondeva quasi del tutto la lieve rotondità della gravidanza, giunta al quarto mese.

La sopravveste dalle ampie maniche era di un azzurro leggermente più scuro, e i lunghi capelli biondi, lasciati sciolti, sembravano una cascata di seta argentata e quasi offuscavano lo splendore della preziosa corona.

Dopo che Sveigder l’aveva incoronata, Arianrhod aveva giurato solennemente sulla spada del drago di proteggere e servire sempre la Svezia. Gareth si era sentito ancora più orgoglioso di lei, e si era unito con trasporto all’ovazione generale che era seguita alle sue parole.

Morcant e i suoi guerrieri erano ripartiti subito dopo la cerimonia, ansiosi di tornare nella loro terra. Arianrhod aveva provato a persuaderli a restare , ma loro avevano rifiutato. Non potevano stare lontani per molto tempo da Avalon e dal loro popolo.

Quando avrai bisogno di noi mandaci a chiamare”, le aveva detto Morcant, “e noi accorreremo dalla nostra sorella di sangue.”

Arianrhod aveva offerto loro ricompense, ma già sapeva che il Piccolo Popolo non aveva interesse per l'oro o le terre. Aveva affidato loro un messaggio per Viviana in cui raccontava il successo della loro impresa e li aveva osservati allontanarsi all'orizzonte.


La sera stessa dell'incoronazione, prima del grande banchetto che si sarebbe tenuto al castello per festeggiare, il duca Fjölnir era andato nella stanza di suo figlio.

Stranamente per lui, Gareth lo aveva trovato a corto di parole.

Padre...” gli aveva detto infine, imbarazzato, “così mi preoccupate. Cosa dovete dirmi?”

Gareth, è molto tempo che mi sono reso conto di averti fatto un grande torto quando sei nato. Non avrei dovuto negarti l'amore a cui avevi diritto, nemmeno per le pretese di mia moglie. Sono stato io a far soffrire tutti: tu, mia moglie, tua madre... tu non avevi nessuna colpa e non avresti dovuto patirne. Non ti ho mai chiesto di perdonarmi, e quindi lo faccio ora.”

Il duca rimase con il capo chino, come se i loro ruoli fossero ribaltati, come se fosse lui il figlio che aspettava di ricevere una benedizione dal proprio padre.

Padre, non vi biasimo”, gli rispose Gareth commosso, mettendogli le mani sulle spalle. “So che non era vostra intenzione ferire nessuno, so che lo avete fatto per amore di vostra moglie. E avete provveduto a me sempre, anche a distanza. Avete riposto fiducia in me in questi ultimi mesi, e io l'ho tradita. Anch'io devo chiedervi perdono.”

E così dicendo si inginocchiò davanti al duca, il capo chino a sua volta.

Il padre lo fece rialzare gentilmente e, dopo averlo squadrato per un momento, lo abbracciò.

Figlio mio”, disse commosso. “Sono fiero di te. Non sai quanto di me stesso da giovane rivedo in te. Non commettere l'errore che io ho commesso con te e tua madre: non lasciarla andare via. Troveremo un modo per sistemare le cose.”

Gareth lo aveva guardato stupito. “Come...? Non vuoi che sia Domaldr a sposare Arianrhod?”

Voglio che lei sposi un uomo di sua scelta. Che sia anche mio figlio mi rende ancora più felice.”

Ma Gareth non aveva seguito il consiglio di suo padre, se non diversi giorni dopo.

Davanti alla porta dello studio della regina aveva incontrato Hrolf che ne usciva sottobraccio a Ragnhild. Il principe stringeva in mano una pergamena, che mostrò entusiasta a Gareth.

Congratulazioni!” gli disse Gareth scorrendo brevemente il documento. “Ora siete ufficialmente il duca di Vingåker. Immagino che partirete presto per i vostri nuovi domini...”

E' così...” rispose Hrolf lanciando uno sguardo adorante a Ragnhild, che lo ricambiò. “Ma non prima del nostro matrimonio.”

E quando vi sposerete?”

Domani”, rispose Ragnhild, aggiungendo a mo' di spiegazione: “Non vogliamo aspettare un giorno di più, dopo aver atteso tanto.”

Ci chiedevamo...”, continuò Hrolf, “Arianrhod ci ha già dato la sua benedizione e il suo permesso, come nostra sovrana, di sposarci e farà da testimone a Ragnhild. Voi vorreste essere il mio testimone?”

Sarà un grande onore, vostra grazia”, disse Gareth sinceramente, chinando il capo. “E vi auguro davvero di essere felici insieme.”

Gareth osservò con un po' d'invidia la coppia raggiante di felicità allontanarsi a braccetto e, preso un respiro profondo, entrò nella stanza.

Arianrhod era seduta alla sua scrivania, ma quando lo vide si alzò in piedi e corse ad abbracciarlo e baciarlo.

Vacci piano”, rise lui. “Non sono ancora così in forma.”

Scusami”, arrossì lei. “Dimentico sempre che devo stare attenta alla tua ferita.”

Vedo che stai davvero lavorando sodo per rimettere in sesto il paese”, commentò osservando la pila di pergamene che si erano accumulate sul suo tavolo.

Arianrhod prese quella in cima e gliela mostrò. Aveva appena posto il suo sigillo regale perché il bianco della ceralacca* non si era ancora del tutto asciugato.

Hai abolito la tassa che i cristiani dovevano pagare per essere esentati dalle cerimonie religiose...” disse Gareth. “E quest'altra?” chiese prendendone in mano un'altra.

Con questo decreto ho restituito tutte le terre che erano state confiscate ingiustamente da Ale. Le prime sono quelle che appartengono ad Östen”, sorrise Arianrhod. “Vorresti accompagnarmi da lui? Voglio consegnargli di persona i documenti e dargli la notizia.”


Ahem!”

Il rumore improvviso colse Östen e Gerda nel mezzo di un profondo bacio. I due si staccarono imbarazzati, e Gerda arrossì fino alla radice dei capelli. Arianrhod e Gareth erano davanti a loro e li guardavano, tentando di apparire sorpresi.

P-perdonatemi, mia signora”, disse Gerda, non osando alzare lo sguardo.

Arianrhod si piantò davanti a lei. “Ti perdonerò ad una sola condizione...”

Quale?” chiese Gerda stupita.

Che sposi al più presto questo seduttore di povere fanciulle, e che lo renda molto felice”, disse con un grande sorriso.

La ragazza era ancora senza parole, quindi la regina si rivolse a Östen.

Non hai più scuse per rimandare. Ti ho assegnato le terre che Ale aveva tolto a tuo padre, ed anche quelle confinanti, visto che non c'era nessuno a reclamarle. Come vedi ora hai i mezzi per prenderti cura di Gerda...”

Östen la fissò a bocca aperta, poi s'inginocchiò di fronte alla sua sovrana.

Mia regina, non so come ringraziarti...” le disse baciandole l'anello.

Ma lei lo fece rialzare e lo strinse a sé. “Sei il più caro amico che ho al mondo, Östen”, gli bisbigliò in un orecchio. “Non provare mai più a inchinarti davanti a me. Io sono e sarò sempre Arianrhod per te, chiaro?”

Lo allontanò da sé quel tanto che bastava per studiarne l'espressione.

Chiaro”, rispose Östen con un sorriso, mentre Gareth osservava la scena felice.


Il matrimonio di Hrolf e Ragnhild li vide tutti riuniti il giorno seguente, al tramonto. Si tenne nella sala dei banchetti. Oltre alla coppia di sposi, ad Arianrhod e Gareth, e Östen e Gerda, c'erano anche il duca, Domaldr e Vanlande.

L'arcidruido pronunciò la formula di rito in presenza dei testimoni, e Ragnhild e Hrolf bevvero dalla stessa coppa, furono uniti dalla stessa cintura e vennero dichiarati marito e moglie. Gli invitati si diressero alla tavola già imbandita per festeggiare quella cerimonia privata. Infine gli sposi furono accompagnati alla loro stanza, e la regina salutò la sua amica e suo cugino che sarebbero partiti per i loro domini la mattina seguente.

Torneremo presto, non temere”, promise Ragnhild abbracciando stretta Arianrhod. L'assemblea si disperse, augurandosi l'un l'altro la buonanotte. Quando anche l'ultimo degli invitati fu sparito dietro l'angolo Arianrhod trattenne Gareth per un braccio.

Devo parlarti”, gli disse. “Puoi venire con me?”

Raggiunsero le stanze di Arianrhod, e lei chiuse la porta alle loro spalle.

C'è una cosa che devo chiederti... speravo lo facessi tu, ma non posso più aspettare. Non possiamo più aspettare”, si corresse carezzando la lieve rotondità del ventre. “Vuoi sposarmi?”

Gareth trasse un respiro profondo. “Arianrhod, lo sai che non vorrei niente di più al mondo, ma lo sai che non... non posso. Non ti ho chiesto nulla perché aspettavo che tu annunciassi il tuo fidanzamento da un giorno all'altro. Con Domaldr o con qualche altro nobile...”

E' questo che ti preoccupa?” chiese lei, con le mani sui fianchi. “Che non sei nobile? Allora, tieni. C'è un altro decreto che ancora non hai letto.”

Andò alla propria cassapanca, la aprì e ne estrasse un documento che Gareth prese con espressione corrucciata.

Nel leggerlo quasi lanciò un grido. “Io, duca di Skyllingarid? Non puoi dare questo titolo a me!”

Perché non posso? Apparteneva ad un usurpatore, a un traditore. Io sono la regina e posso scegliere di darlo a chi ritengo più degno.”

La resistenza di Gareth era stata intaccata, ma ancora non rinunciò ad obiettare: “Non hai bisogno di me per governare. Non hai bisogno di un marito per essere regina.”

Non ti sposo perché ho bisogno di te per governare, o perché mi fanno pressioni affinché mi sposi. E neppure perché aspetto tuo figlio. Voglio sposarti perché ti amo.”

Gareth aveva colmato la distanza che li separava, le aveva insinuato la mano nei capelli e l'aveva tratta a sé per baciarla. Si era fermato alcuni attimi, con la bocca già sulla sua.

Allora siamo d'accordo”, aveva detto con un sorriso.


La prima notte di nozze era stata davvero particolare per Gareth e Arianrhod.

Lei si era gettata tra le morbide coltri del suo grande letto con un sospiro di soddisfazione. Ora finalmente potevano stare insieme senza paura di essere scoperti, senza tendere l'orecchio ogni momento in ascolto di passi o voci, senza guardare all'alba con timore.

Gareth l’aveva guardata, immersa tra le calde pellicce che coprivano il letto, e aveva sentito il sangue accendersi di fronte allo spettacolo meraviglioso che era sua moglie. Ma come aveva fatto per chinarsi su di lei, una fitta di dolore gli aveva squassato il fianco. Era ricaduto sul materasso imbottito di paglia con un’espressione di sofferenza, e Arianrhod era saltata subito su allarmata.

Perdonami”, aveva detto lui. “La ferita…”

Lei aveva sorriso. “Dal momento che è stata mia la colpa di quello che ti è successo, è anche mio dovere porvi rimedio, non trovi?”

Lui l’aveva guardata interrogativamente. Poi Arianrhod aveva incominciato a spogliarlo con delicatezza, e infine anche lei si era tolta i vestiti.

Era salita sopra di lui, e avevano fatto l’amore così. Arianrhod con delicatezza, attenta a non fargli male; Gareth completamente dimentico – almeno per un po’ – della sua ferita.

Dopo aver raggiunto il piacere, Arianrhod si era chinata su di lui, appoggiando la guancia morbida a quella ispida di lui; i suoi lunghi capelli erano ricaduti su Gareth, come una morbida cascata di seta argentea.


In quei mesi Arianrhod aveva letteralmente rimesso in piedi la Svezia, riparando ai torti compiuti da Ale.

In poco tempo era divenuta amatissima tra il suo popolo, e veniva trattata con rispetto e devozione perfino dai nobili. Tra i suoi consiglieri aveva voluto Fjölnir e Sveigder, ma anche Vanlande; oltre naturalmente a suo marito Gareth. Domaldr aveva lasciato che suo padre occupasse il posto che gli spettava a corte, ed era tornato a Silverdalen ad amministrare in sua vece i possedimenti che un giorno sarebbero stati suoi.

Ragnhild le scriveva spesso da Vingåker, raccontandole di come Hrolf si comportava nel suo nuovo ruolo di duca e di come stava amministrando con successo le loro terre. Sarebbero tornati a corte per le festività del Blót di primavera, l'anno seguente. Östen era già partito per rimettere in sesto le proprie terre, che erano state trascurate, e riparare la casa in cui avrebbe vissuto con Gerda. La ragazza però era stata ferma sul non voler abbandonare la sua regina finché il bambino non fosse venuto al mondo. Avrebbe raggiunto Östen non appena il principino fosse stato al sicuro tra le braccia della madre. Arianrhod, pur non avendo fatto alcuna pressione su di lei per spingerla a prendere una simile decisione ne fu segretamente grata. Il parto che si avvicinava la spaventava, anche se non osava ammetterlo neppure con se stessa, e avere accanto a sé un'amica era una prospettiva tranquillizzante.


Oggi...

Quando una delle serve uscì per l’ennesima volta dalla stanza della regina, Gareth si sentì esasperato.

Possibile che debba essere all’oscuro di tutto? Perché nessuno può fermarsi un momento a dirmi se va tutto bene?”, sbottò.

Il Duca Fjölnir gli batté una mano sulla spalla.

Coraggio, figliolo”, disse con un sorriso comprensivo. “Ci sono passato anch’io e so cosa stai provando. Ma dobbiamo rassegnarci al fatto che il parto e la nascita siano faccende da donne, e che i poveri padri in attesa rivestano un ruolo davvero marginale. Ricordo quando mia moglie partorì il tuo fratellastro. Una notte e un giorno ci impiegò. E io per poco non rimasi ucciso dall’ansia e dalla tensione.”

Dite davvero?”, chiese Gareth.

Se dico davvero! Raccontaglielo tu, Sveigder!”, rispose il Duca scoppiando in una fragorosa risata.

Vostro padre ha ragione, principe Gareth”, sorrise pacatamente l’Arcidruido. Entrambi gli uomini sedevano sulla panca in corridoio, accanto al futuro padre in attesa ormai da ore.

Ricordo che quando finalmente Domaldr venne al mondo, dovetti chiamare i servi perché ficcassero il Duca in una tinozza d’acqua fredda!”

Cosa? E perché?”, chiese Gareth.

Perché altrimenti sarebbe stato troppo ubriaco anche solo per prendere in braccio il suo primogenito. Diciamo che l’attesa gioca brutti scherzi ai giovani padri, e il vostro affogò la tensione in ben più di una birra!”, concluse Sveigder.

Gareth non poté reprimere una risata che gli alleviò momentaneamente la tensione.

Arianrhod era entrata in travaglio la sera precedente, e Gareth pensava che se non avesse avuto accanto la presenza confortante di suo padre e dell’Arcidruido, sarebbe finito per impazzire e avrebbe già ceduto da un pezzo alla tensione. Forse proprio nella stessa identica circostanza in cui vi aveva ceduto Fjölnir tanti anni prima, alla nascita di Domaldr.

Finalmente la porta si aprì e gli si avvicinò Gerda. “Volevo farvi sapere che tutto sta procedendo per il meglio, principe. Ma dovrete avere ancora un po’ di pazienza, perché ci vorrà ancora del tempo.”

Non importa, aspetterò”, rispose Gareth di slancio. “Ma grazie per avermi informato.”

Gerda si congedò con un cenno e rientrò subito nella stanza di Arianrhod.

Visto, figliolo?”, disse Fjölnir. “Devi stare tranquillo. La nostra Arianrhod è una donna forte e non avrà problemi a mettere al mondo questo bambino.”

Eppure è così magra… pensò Gareth, senza riuscire a reprimere una punta di preoccupazione.

Le doglie erano iniziate il pomeriggio precedente, dapprima lievi e sopportabili; ma quando la sera erano divenute più forti, la regina era stata subito portata nella sua stanza ed era stata chiamata la levatrice.

Gareth avrebbe voluto rimanere tutta la notte in attesa fuori della porta, ma quando una delle serve lo aveva visto dormire sulla panca, con il capo appoggiato contro il muro, aveva insistito perché andasse a letto.

Andate, vostra grazia”, gli aveva detto spingendolo affettuosamente verso le scale. “Non vorrete essere talmente stanco domani da non riuscire a prendere in braccio vostro figlio, vero?”

Gareth aveva dormito poco e male, e aveva trascorso tutto il giorno seguente in attesa, insieme a suo padre e a Sveigder.

Era la sera del secondo giorno quando, improvvisamente, delle voci ovattate e dei suoni che si udivano dall’interno della stanza di Arianrhod, non rimase che un silenzio innaturale.

Gareth balzò in piedi allarmato, e trattenne il fiato finché, chiaro e distinto, giunse il sano e potente vagito di un neonato.

Mio figlio!”, esclamò il giovane, con la voce rotta dall’emozione.

Fjölnir sembrava decisamente commosso. “Finalmente ho un nipote! E con buoni polmoni a quanto sembra!”

Andate dalla regina, duca”, disse Sveigder con un sorriso.

Gareth seguì senza indugi il consiglio dell’arcidruido, e bussò alla porta. Gerda lo fece subito entrare.

Arianrhod stava seduta nel letto, sorretta da molti cuscini; i capelli erano raccolti in una grossa treccia, da cui sfuggivano disordinatamente delle ciocche. Appariva stanca per la lunga lotta che aveva dovuto affrontare, ma sorrise felice a Gareth, quando lo vide entrare.

Tra le braccia stringeva un fagotto avvolto in un telo di lino, e Gareth, agitato e felice com’era, impiegò qualche istante a capire che si trattava di suo figlio.

Si chinò a baciare Arianrhod. “Come ti senti, amore mio?”

Lei sorrise. Era pallida, e una lieve pellicola di sudore le baluginava sul collo e sul petto.

Prima che lui potesse aprire bocca, gli mise tra le mani il piccolo fagottino.

Ma, io non so come…”, protestò debolmente Gareth. Ma si bloccò quando posò gli occhi sul visino grinzoso e adorabile del suo primogenito. Si sentì stringere il cuore dalla tenerezza, mentre gli accarezzava la testolina, sormontata da una coroncina di capelli castani, come quelli di suo padre.

E’ un maschio?”, chiese continuando a rimirare quel capolavoro, incredulo di esserne proprio lui l’artefice.

Un maschio”, confermò Arianrhod.

Ci pensi che questo bambino un giorno regnerà sulla Svezia?”

E spero che lo farà con l’aiuto e il consiglio dei suoi numerosi fratelli”, disse Arianrhod

La prossima volta avremo una bambina”, decise Gareth. “Bella e coraggiosa come te.”

Perché non vai a dire all'arcidruido che è il momento che consulti gli dei per conoscere il nome che questo bambino dovrà portare?” sorrise la regina. E guardò con amore suo marito mentre usciva con il loro bambino tra le braccia.


***

L’espressione pensierosa di Viviana si distese in un largo sorriso, perché lo specchio sacro le aveva mostrato esattamente ciò che lei sperava di scorgervi.

La limpida polla d’acqua azzurra rifletteva il viso e i lunghi capelli neri della Somma Sacerdotessa, rimandandole l’immagine familiare di una donna non più giovane.

Il Pozzo Sacro le confermava ciò che nel suo cuore Viviana già sapeva.

Il piccolo principe Egil, che ora era solo un neonato, sarebbe succeduto alla madre, governando con giustizia e saggezza.

La Stirpe del Drago sarebbe sopravvissuta per secoli ancora, salda e resistente come una roccia, sfidando coloro che avrebbero tramato per rovesciarla.


* La ceralacca colorata (comunemente il colore scelto era il rosso) ancora non era stata inventata, perciò era ancora di colore neutro (ho ipotizzato qui un bianco).





Nota dell'autrice: Ed eccoci arrivati alla fine della storia, e come sempre quando questo succede, i miei sentimenti sono dolceamari. Ma è così, tutto ha una fine, e posso solo sperare che la storia sia piaciuta a tutti, che vi abbia intrattenuto e lasciato qualcosa. Sarete content* che Gareth sia vivo e vegeto e che i nostri ragazzuoli abbiano il loro lieto fine. Tranquill* non lo avrei lasciato morire, non ce l'avrei proprio fatta!^^ Ringrazio dal profondo del mio cuore: Innominetuo, Crilu_98, Morgengabe, Basileus, Ele240785, franci893, Eilonwy of Prydain, TRIX94, Framboise, Bankotsu90, _purcit_, charly, miciaSissi, Harmony394, Stella cadente, vento di luce... spero di non aver dimenticato nessuno! Grazie per avermi lasciato i vostri pareri, per aver seguito con tanta dedizione, per tutti i complimenti e le meravigliose parole che mi hanno sempre spinto ad andare avanti con rinnovata fiducia.

Ringrazio tantissimo anche tutti coloro che hanno letto, ricordato, seguito e preferito.

Piccola nota storica: Il neonato Egil che compare alla fine del capitolo è il successivo sovrano svedese in ordine cronologico (tolta ovviamente Arian, che è una mia invenzione).

Prossimi progetti: Per ora prenderò una piccola pausa dalle long, ma ho già qualche idea per la prossima. Solo non so quando la inizierò. Prima ho in mente due OS che spero di pubblicare a breve. Sto anche continuando a pubblicare una long di genere fantasy, di cui vi lascio di nuovo il link se ci fosse qualcuno interessato.

Breaking the Mist

Vi segnalo anche una OS che ho pubblicato pochi giorni fa sempre di genere storico. Se vi dovesse interessare potete darci un'occhiata qui: Wind from the North

Un grande grandissimo abbraccio a tutti e... alla prossima! ;)

Eilan

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