Roses

di Hikari_1997
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The only one - 1 ***
Capitolo 2: *** Origami -3 ***
Capitolo 3: *** The beginning - 7 ***
Capitolo 4: *** My will - 11 ***
Capitolo 5: *** Trust - 24 ***
Capitolo 6: *** Half - 50 ***
Capitolo 7: *** Part of you- 99 ***
Capitolo 8: *** My strenght- 108 ***
Capitolo 9: *** Always- 365 ***



Capitolo 1
*** The only one - 1 ***


The only one ~ 1

Era stata lei la fonte che lo aveva spinto a non arrendersi, a mostrarle con semplicità il simbolo del coraggio impresso sul distintivo della polizia.

Per Shiratori, la signorina Kobayashi era stata la prima e unica donna ad aver mai amato.

Certo, per un istante aveva erroneamente pensato che la bambina dei suoi sogni, la tenera luce che aveva incontrato vent’anni prima, fosse l’agente Sato … ma si sbagliava.

A ripensarci era stato veramente un idiota; i caratteri delle due donne erano agli antipodi, somigliavano solo fisicamente.

Ma ora che sapeva la verità, Ninzaburo riusciva a distinguerle anche ad occhi chiusi.

Sato non aveva quelle dolcissime fossette agli angoli della bocca che apparivano quando Sumiko rideva troppo o quella ciocca ribelle che si insinuava di consueto tra la montatura degli occhiali e lo zigomo.

Sumiko era come un gioiello prezioso che voleva proteggere.

-Signore avete scelto? –

L’uomo si riscosse guardando il pacato volto della commessa di fronte a lui; smosse i riccioli scuri imbarazzato.

-Em si, scusi l’attesa-

-Non si preoccupi- rispose lei –Allora, qual è di suo gradimento? –

Shiratori puntò il dito verso l’oggetto del suo interesse –Questa-

*******************

Scuola elementare Teitan.

-Ahh, che bella! –

Ai, Conan. Genta e Mitsuhiko si volsero verso Ayumi.

Quel pomeriggio erano gli alunni addetti a pulire l’aula e quindi, armati di scopettoni e stracci si stavano impegnando a lucidare a dovere la loro classe.

Ai appoggiò il panno usato per pulire la lavagna mentre Genta lasciava cadere il cestino dell’immondizia.

-A cosa ti stai riferendo Ayumi? – domandò curioso Mitsuhiko mentre riponeva le sedie a terra con l’aiuto di Conan.

-La maestra Kobayashi-

I 4 giovani detective seguirono con lo sguardo il dito di Ayumi che puntava alla loro insegnante mentre parlottava allegramente con la signorina Wakasa.

-Ha una nuova collanina- fece notare la piccola.

-In effetti hai ragione; che strano però, raramente indossa gioielli- apostrofò Mitsuhiko.

-Uh; secondo me è un regalo dell’ispettore Shiratori- si intromise Ai –Almeno lui ha il fegato di fare regali alla donna della sua vita-

Conan la guardò storto consapevole di essere il destinatario della frecciatina.

-E ha anche buon gusto, ha azzeccato il fiore preferito della maestra- aggiunse la ragazzina, adocchiando il semplice girocollo argentato a forma di rosa.

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Capitolo 2
*** Origami -3 ***


Origami ~ 3

Osaka, scuola superiore.

-Aahh-

Kazuha sbuffò gonfiando le guance mentre fissava la fasciatura sul dito indice destro.

Da quando Heiji aveva marinato la scuola per andarsene a Kyoto era inquieta, a peggiorare le cose ci aveva pensato Momiji –quella smorfiosa- che passava sempre molto più tempo a squadrare Heiji piuttosto che le carte del Karuta.

Era inqueta, arrabbiata e delusa; ragion per cui all’ultimo allenamento di Aikido aveva rotto un dito … e proprio col festival culturale in avvicinamento.

-Non preoccuparti Kazuha; troveremo qualcun altro in grado di fare gli origami per il festival- l’aveva rassicurata una sua compagna di classe –Pensa solo a riposare-

-Riposare- Kazuha non voleva riposare; perché se stava ferma senza fare un bel niente le ronzava in testa la fastidiosa e frivola voce di Momiji e di conseguenza il sangue ricominciava a ribollire, facendole venire la voglia di cambiare i connotati a lei e a quell’imbecille di un detective.

Stufa si alzò, decisa a prenderlo di peso per tornare a casa; era quella la “Punizione” da lei ideata, passaggio gratis in moto a scuola fino a quando la ferita –ottenuta anche per colpa sua- non fosse guarita del tutto.

Scese le scale della scuola per dirigersi verso la palestra utilizzata dal club di Kendo; dovette scostare scatoloni e assi di legno poste ovunque.

Ripensandoci, il rapporto tra lei ed Heiji era variato di molto, e finivano sempre per litigare per cose idiote.

Le venne in mente la passata esperienza all’isola delle sirene, o ancora a quando erano rimasti chiusi in soffitta da quella criminale, per non parlare del volo in moto per salvarla dall’incendio scoppiato nella sala dedicata alla finale per il titolo di Queen del Karuta.

Finivano sempre col restare feriti o ferire i loro amici … così come ora.

Aprì la porta della palestra e, con sorpresa, notò che le attività del club erano già finite.

-Dove si sarà cacciato? –

D’un tratto notò una lucina accesa negli spogliatoi e quello che vide la fece restare di stucco –Che stai facendo? –

Per la sorpresa Heiji mollò l’oggetto che aveva in mano; una specie di palla accartocciata di colore rosa –Kazuha? Cosa ci fai qui? –

-vuoi forse farmi tornare a piedi? Sei tu quello con la moto; inoltre sono ferita se non ricordi-

Gli occhi smeraldo della diciassettenne si posarono sull’oggetto mollato da Heiji –Ma che? Cosa sarebbe questo? –

Erano dei fogli di carta piegati a circolo, ne adocchiò altri 2 nel cestino lì affianco; le forme ritagliate nel cartoncino erano irregolari e piegate malamente; ma Kazuha capì che ricreavano delle rose.

-Ecco; so che eri l’addetta agli origami nella classe ma essendoti ferita il dito non puoi piegarlo- spiegò lui.

-Lo so, e quindi? –

-Baka, tornato da Kyoto mi hai fatto la predica dicendomi che era anche per colpa mia, sebbene ne ignoro il motivo, dunque …-

-Volevi farli al posto mio? – chiese stupita lei.

Heiji annuì leggermente imbarazzato –Ma non è stata una bella idea-

Kazuha si mordicchiò il labbro inferiore cercando di trattenere una risatina –In effetti … queste “rose” non lo potremmo mai utilizzare-

Dunque raccolse anche le due abbandonate nel cestino per metterle in cartella.

-Ehi scema, perché le hai tenute? –

-Come pegno- disse lei uscendo dalla palestra con Heiji.

-Ah? Pegno? Ohi Kazuha spiegati! –

Ma lei non rispose, limitandosi a fargli la linguaccia per dirigersi verso il parcheggio con un sorriso in volto.

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Capitolo 3
*** The beginning - 7 ***


The beginning ~ 7

Aveva 5 anni la prima volta che aveva iniziato ad appassionarsi di cinema.

Quando suo zio le aveva mostrato una vecchia pellicola e alcuni cortometraggi girati nel periodo dell’università.

In quell’anno aveva scoperto una delle sue grandi passioni e, per i due anni successivi, aveva ritenuto quella l’età che le avrebbe indicato la sua futura strada.

Questa visione l’aveva spinta a 7 anni ad entrare nel club di cinema, cercando un inizio per quella decisone presa.

Non era programmata, però, la seguente scossa; quella che le avrebbe fatto radicalmente cambiare le idee, quella che le aveva aperto agli occhi.

Aveva pianto.

Aveva pianto tutto il pomeriggio.

Questo perché era stata sgridata per la prima volta.

Non dai suoi genitori, non dalla sua famiglia, non da un’insegnate … ma da quel bambino paffuto che condivideva la sua stessa passione per i film.

Gli occhi fermi e corrucciati su di lei, la voce ferma e perentoria che le sottolineava il suo errore.

Si era spaventata.

Non era abituata a sentire un “no” come risposta.

Sebbene con l’età avesse capito che, in effetti, quel bambino aveva ragione.

Quel bambino, Chiba, era stata la causa che a 7 anni l’avevano spinta a diventare una poliziotta; per cercare di far rispettare quella stessa regola che per poco non aveva ascoltato.

Per questo ora indossava la divisa.

Per questo pattugliava le incasinate strade di Tokyo insieme a Yumi.

Per questo si era sentita felicissima quando lui l’aveva finalmente riconosciuta.

Ma Chiba restava ancora un mistero per lei; perché mai si sarebbe aspettata di vederlo con un bouquet di 7 rose in mano, teso verso di lei.

Rosso come non mai mentre la guardava alternata al pavimento.

-Em, Chiba-kun? –

-è un regalo di scusa per non aver capito subito chi eri in realtà- disse lui tutto d’un fiato –Inoltre-

-Inoltre? – incalzò lei.

-Non … non ti ho ancora accolta come si deve tra noi- spiegò grattandosi nervosamente i corti capelli castani.

Naeko annuì piano recuperando il bouquet –G-Grazie-

-Ed ecco … io poi volevo …-

Naeko sgranò gli occhi completamente pietrificata; l’imbarazzo era visibile in entrambi, che volesse finalmente darle una risposta per quel messaggio nascosto sul nastro della videocassetta?

Restò col fiato sospeso per qualche secondo, fino a quando non notò la presenza di una sorridente Yumi mal nascosta dietro l’armadietto.

Arrossì fin sopra i capelli affrettandosi a liquidare il povero Chiba con un “Sono in ritardo per il turno, grazie di tutto”

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Capitolo 4
*** My will - 11 ***


My will ~ 11

Flash, microfoni e telecamere tutti puntati su di lui.

Non si sarebbe mai abituato a quella costante massa di domande che i giornalisti lo avrebbero sottoposto alla fine di un match.

Perché lui, Makoto Kyogoku, aveva vinto l’ennesimo incontro di Karate e dunque come la prassi, doveva per forza rispondere alle assillanti richieste della stampa.

-Kyogoku-san, quali erano le sue aspettative per questo evento? –

-Parteciperà al torneo estivo a Yokohama? –

-Cosa ci può dire riguardo ai suoi sfidanti? –

-Come ha intenzione di allenarsi in futuro? –

Domande, domande, e ancora domande.

Makoto voleva soltanto andarsene il più in fretta possibile, prendersi il trofeo meritato e tornare a casa.

Invece no, doveva restare lì.

L’allenatore gli seguitava a pizzicare l’avanbraccio; spingendolo a reggere il sorriso e rispondere alle assillanti domande.

Accettò titubante il mazzo di fiori che spettava al vincitore, continuando ad ascoltare le richieste snervanti.

-lo intimorisce l’ascesa di altri sportivi? –

-Cosa si prova ad aver vinto 11 tornei di fila? -

-Cosa intende dichiarare? –

-A chi dedica questa undicesima vittoria? –

Ecco, quello era stato il caposaldo nella confusione.

“A chi dedica questa undicesima vittoria?”

Aveva in mente solo una persona, solo una.

La persona che voleva avere al suo fianco per sempre, la persona il quale sorriso lo aveva conquistato fin da subito.

Quasi un anno fa, se la ricordava benissimo; l’aveva vista allegra e contenta mentre si sbracciava sugli spalti per fare il tifo alla sua amica.

Incurante delle risatine, incurante di risultare troppo rumorosa.

Le era parsa un miraggio nel deserto; purtroppo non pensava di incontrarla nuovamente, e invece le loro strade si erano incrociate ancora in quell’afosa estate.

La sua forza di volontà l’aveva spinto ad andare contro tutto e tutti per averla al suo fianco; per conservare quel dolce sorriso, per non perderla.

Avanzò verso la giornalista afferrando il microfono.

Puntò gli occhi blu verso la telecamera rispondendo solo a quella domanda –Dedico questa undicesima vittoria alla mia fidanzata Sonoko-

*********************

Villa Suzuki.

-AAAAHHHHH MAKOTO TI VOGLIO BENE-

-Sonoko riprenditi per favore- Disse preoccupata Ran.

Conan alzò sospettoso e divertito il sopracciglio.

Ran lo aveva trascinato a casa di Sonoko per guardare la partita di campionato maschile nella quale Makoto avrebbe precipitato.

Il suo cervello da detective non avrebbe mai potuto prevedere tutto questo alla dedica della vittoria a Sonoko.

La giovane Suzuki si era lanciata come una furia verso il televisore, e ora in lacrime, stava abbracciando l’intero schermo sotto le occhiate stupite di parenti e servitù.

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Capitolo 5
*** Trust - 24 ***


Trust ~ 24

-Uffa, ma dove lo avrò messo? –

Yumi era intenta a riordinare il suo armadio in vista dell’appuntamento della sera stessa con Shukichi.

-Mi pareva di averlo messo qui, dove accidenti sarà finito quel foulard? –

-Rinunciaci Yumi, hai tantissimi altri capi- la svogliata voce di Sato le arrivò alle orecchie.

La guardò di sbieco dubbiosa vedendola sdraiata sul suo letto mentre sfogliava una rivista.

-Per curiosità perché ti sei offerta per aiutarmi se ora te ne stai lì? Avresti potuto startene comoda, comoda con Takagi-

-Takagi è di turno, ha un appostamento insieme a Chiba- spiegò lei seguitando a sfogliare la rivista.

-Ah capisco- continuò lei spostando uno scatolone –Oh eccolo! –

Sato distolse un secondo gli occhi dal giornaletto, notando l’agognato foulard ora nelle mani dell’amica.

Era rosa, decorato con stampe di rose; guardò l’amica sorridente mentre stringeva nostalgica il tessuto.

-è un regalo del Taiko Meijin? – domandò la poliziotta.

-Si- rispose lei –è stato il suo primo regalo, aveva 24 anni; era così carino all’epoca-

Sato sorrise –Quindi hai pensato che siccome ora è nuovamente il tuo fidanzato-

-Non stiamo ufficialmente insieme- bluffò lei consapevole che non era per niente credibile.

-Si certo; però ti ha fatto una promessa ricordi? –chiese Sato –Quando avrebbe finalmente ottenuto tutti i titoli dello Shoji allora vi sareste sposati-

-Beh si- rispose Yumi indossando il foulard sopra la camicetta bianca –Anche se non mi sarei mai immaginata che Chukichi fosse una celebrità-

-Lo Shoji è una tradizione molto sentita qui in Giappone; anche il portiere del tuo stabile ne è un grandissimo fan- commentò Sato.

-Già, e chi se lo aspettava- ricordò Yumi –è anche per colpa dello Shoji se mi hanno rapita, uuhh che nervi quando ci ripenso-

-Secondo me non voleva veramente farti del male, la sfida che ha lanciato al tuo fidanzato credo avesse uno scopo preciso; e non mi riferisco alla vendetta … bensì il desiderio di farsi fermare- ragionò la poliziotta dal grado maggiore.

-Non ancora fidanzato- specificò Yumi –Comunque non so quando vincerà tutti i titoli-

-Devi dargli tempo Yumi; certo potrebbe volerci più del previsto-

-Lo so, ma io aspetterò- esclamò lei sorridendo all’amica –Perché ho fiducia in lui! –


P.S dell'autrice: Per qualche settimana non riuscirò ad aggiornare, credo di pubblicare i restanti capitoli verso la fine di Agosto.
Grazie mille a chi ha recensito e anche a chi ha solamente letto, a presto!

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Capitolo 6
*** Half - 50 ***


Half ~ 50

In salute e in malattia finché morte non vi separi.

Yui aveva spesso incubi su questa frase, la frase che l’aveva fatta diventare moglie.

Erano incubi su quella parte della sua vita, vissuta in quella dimora come una semplice donna, rinunciando al suo lavoro di poliziotta.

Si era sacrificata per il bene altrui, ma così facendo aveva solamente ferito troppe persone, lei stessa per prima.

Voleva bene a suo marito, questo è vero.

Il dolore provato alla sua morte era tanto, ma infondo sapeva che non era paragonabile a quello provato quando Kansuke era rimasto ferito.

Si sentiva divisa a metà, la sua vita era un 50/50 unico.

-Uheara hai finito di scattare le foto? –

L’impaziente voce del suo amico d’infanzia la riscosse dai suoi pensieri.

Ora era nuovamente in polizia; schierata in prima linea per il bene comune.

-Em si-

Scattò un’ultima foto al cadavere avvicinandosi al collega –La vittima è stata accoltellata, dovremo aspettare l’autopsia ma sono quasi sicura che la causa della morte sua quella-

Aiutandosi con la stampella, Kansuke si avvicinò al corpo esanime –Che pessimo umorismo ha avuto il colpevole; questo qui ha letto troppe volte Alice in Wonderland-

Gli occhi di Yui si spostarono sui cespugli di rose bianche poco distante, ora alcuni dei candidi petali erano imbrattati di goccioline rosse, colavano dense macchiando il puro colore.

Ma non c’era niente di puro in una scena del delitto.

Yui si trovò a pensare che quelle rose simboleggiavano un po’ la sua stessa vita.

Metà di essa vissuta in allegria e spensieratezza insieme a Kansuke nel suo villaggio natale, e metà a indagare nell’ombra per trovare gli assassini e i criminali che minavano la tranquillità del suo paese.

Guardò di soppiatto l’uomo, sfregiato da quel maledettissimo caso di anni prima, ora costretto a camminare con quella stampella, senza un occhio e con un carattere più schivo e cupo.

Entrambi avevano sperimentato sulla loro pelle le sfaccettature che la vita può offrire, che ora lei rivedeva in quella rosa.

Metà bianca e metà insanguinata.

-Ohi Uehara- sentì la mano di Kansuke stringerle la spalla.

-Eh? –

-Sei distratta, stai ancora pensando di lasciare la polizia? –

Strabuzzò gli occhi –Cosa? No-

-E allora seguimi e in fretta, o ti faccio fare la strada a piedi- disse lui dirigendosi verso l’automobile.

-No Kan-chan aspetta! –

-Non chiamarmi così al lavoro, Uehara-

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Capitolo 7
*** Part of you- 99 ***


Part of you ~ 99

-Abbassa il fuoco, ti ho detto di tenerlo al minimo-

-Come desiderate-

Il rossiccio sopracciglio di Ai si era già alzato e abbassato per almeno 20 volte, e a questo doveva solamente ringraziare Agasa e la sua bruttissima e per niente divertente idea di invitare Okiya a cucinare da loro.

Non si fidava di lui, per niente.

Non le era mai andato giù il fatto che Shinichi lo avesse lasciato vivere indisturbato a casa sua, anche perché dalla prima volta che lo aveva incontrato –ai piedi di quell’appartamento andato in fiamme- aveva sempre provato una strana sensazione al petto.

Fino a quel momento le era solo capitato quando un membro degli uomini in nero si trovava nei paraggi … e la cosa non la lasciava tranquilla.

Adocchiò contrariata Shinichi e Agasa comodamente seduti sul divano a parlare di chissà che cosa; ed era sicurissima che avessero percepito la sua occhiata assassina.

Era stata, per ovvi motivi, lei stessa a bandirli della cucina; perché:
-1- il dottore non avrebbe perso occasione per fregare qualche pietanza.
-2- Shinichi per i lavori manuali non era proprio tagliato.

Sospirò tornando a mescolare carne e verdure, quando notò che Okiya la stava fissando –Che c’è? – domandò acida.

-Niente, vedo solamente che ti destreggi benissimo tra i fornelli; mi chiedo se mai arriverò al tuo livello-

-Umpf, sei tu che hai suggerito di cucinare questo piatto- ribatté lei.

-Perché l’ultima volta mi hai accusato di aver lasciato la cottura delle patate indietro- ricordò lui.

-Fai prima a dire che erano praticamente crude- appuntò lei scrutandolo.

Erano in piena estate e si era nuovamente presentato con un maglione a collo alto; che avesse un dragone cinese tatuato fin lì?

-Mi stavo chiedendo- disse Okiya prendendo dei piatti –Ti ha insegnato qualcuno a cucinare questa pietanza? –

Ai pietrificò per un secondo, non cogliendo il ghignetto comparso sul volto di Okiya.

-99-

-99? – domandò stupito

-Se mi porterai 99 rose di specie differenti, può essere che ti svelerò questo segreto- esclamò lei gonfiando le guance cercando di non fare contatto visivo.

-Oh che pretenziosa- constatò divertito mentre Conan e Agasa scrutavano la situazione da lontano, chiedendosi o meno se stessero flirtando.

Okiya schiuse un occhio verde osservandola di spalle mentre sorseggiava il brodo.

-Sono stato ingiusto a porti questa domanda, Shiho.
Soprattutto perché sapevo già la risposta- pensò lui – tuttavia non me ne pento, perché noto che una parte di lei è ancora presente in te-

*********************

Anni prima, appartamento di Akai.

-Dai, mi passi per favore la salsa di soia? –

L’uomo finì di legarsi i lunghi capelli neri per poi passare la boccetta ad Akemi –è già la quarta volta che ti vedo cucinare questa ricetta-

-Si, è la mia ricetta preferita- rispose la ragazza –Io mi diverto molto a cucinarla; soprattutto con lei-

-Lei? Lei chi? –

Akemi si voltò sorridente posando un dito sulle labbra –è un segreto, se tuttavia il grande Rye riuscirà a portarmi 99 rose di specie differenti, forse lo posso rivelare-

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Capitolo 8
*** My strenght- 108 ***


My strength ~ 108

Era un romanticone senza speranze.

Questo continuava a ripetersi Takagi mentre tentava di ascoltare Megure sugli aggiornamenti al caso.

Le parole, tuttavia, gli arrivavano velate.

Guardò la foto del sospettato, ora saldamente dietro alle sbarre.

Lui e Sato lo avevano arrestato poco prima e ora, a faccia a faccia con Megure; stavano spiegando gli ultimi dettagli che mettevano fine al loro centottesimo caso risolto insieme.

Sospirò guardando la collega mentre ascoltava attenta l’ispettore e, minuziosa come suo solito, annotava appunti sul taccuino.

Sì, era un caso disperato.

Nel corso degli anni aveva capito che Sato era la sua colonna portante, una forza della natura che non lo avrebbe mai abbandonato.

Erano fatti l’uno per l’altra; nonostante questo gli avesse procurato non pochi problemi da parte dei suoi colleghi.

Era normale, Sato veniva ammirata e rispettata da tutti; quindi lui –il fortunato pivello che era riuscito ad accalappiarsela- veniva costantemente tenuto sott’occhio quasi fosse un pericoloso serial-killer.

Ma lui l’amava, Sato era tutto per lui.

Aveva rischiato la propria vita per lei molte volte, gli avevano sparato, rinchiuso in un’abitazione in fiamme, era quasi esploso insieme ad una bomba correndo il rischio di farle rivivere un passato incubo.

Sato era forte e intraprendente; ma Takagi sapeva che in fondo era una persona come tutte … con pregi e difetti, con forze e debolezze.

Per questo aveva deciso che se lei era la sua forza, allora anche lui lo sarebbe stato; per bilanciare quelle emozioni che li indebolivano.

-Takagi, Takagi stai bene? –

In un secondo si ritrovò la mano di Sato sulla fronte –Non hai la febbre vero? –

-Come? –

-Ti ho ripetuto 3 volte la stessa domanda Takagi; forse Sato ha ragione e non stai bene- azzardò Megure.

-Oh non si preoccupi ispettore è solo-

Non completò la frase, perché la sua visione periferica notò il taccuino che Sato teneva appoggiato sulle gambe.

Con suo grande stupore non vi scorse appunti; bensì il numero 108 circondato da schizzi in matita e piccoli disegni di roselline.

-è solo la stanchezza- sussurrò lui arrossendo.

-Mh, per precauzione continueremo questo discorso domani mattina- disse Megure –Andate pure a casa-

-Signor sì- esclamarono in coro i due agenti recuperando i loro averi per uscire dall’ufficio.

-Ehi, sei sicuro di stare bene? – domandò Sato.

-Non preoccuparti Sato, una bella dormita e mi passerà tutto-

-Che strano che sei- disse la donna riponendo il taccuino in borsa –Non mi fido a farti andare a casa da solo … che ne dici se-

-Se? –

-Se resti a dormire da me questa sera? –

Takagi sgranò gli occhi incredulo, per poi annuire e dirigersi verso il parcheggio sotterraneo insieme a Sato; ignaro dei piagnistei che aleggiavano negli uffici da parte dei suoi colleghi.

-Maledetto Takagi-

-Questa ce la paghi-

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Capitolo 9
*** Always- 365 ***


Always ~ 365

-Buon compleanno Ran! –

La giovane karateka sorrise ai bambini che, tendendole un pacchetto, le cantavano una stonata canzone di compleanno.

-Grazie- disse contenta accettando l’involucro pieno di scotch.

-è da parte dei Detective Boys, vero Conan? – domandò Ayumi stringendo il braccio del ragazzo.

-Si- disse lui.

-E anche da parte del dottor Agasa siccome i soldi sono i suoi- precisò Ai.

Ran aprì il regalo notandovi una borsa decorata con foglie di Ginkgo, marchio distintivo del brand Fusae.

-Grazie bambini, è bellissima-

-E dimmi- si intromise Ayumi –Il tuo fidanzato cosa ti ha regalato? –

-Voglio saperlo anch’io- disse Mitsuhiko.

-Diccelo per favore- insisté Genta.

-Già, siamo curiosi- aggiunse Ai sogghignando in direzione del diretto interessato.

Ran si sentì arrossire come un pomodoro; da quando aveva risposto positivamente alla dichiarazione del ragazzo a Kiyumizudera, lei e Shinichi erano ufficialmente fidanzati.

Era ancora strano per lei, tuttavia non poteva essere più felice di così.

-Ancora niente- disse lei.

-Ah? Ma perché? – domandò triste Ayumi.

-ah non preoccupatevi- rispose prontamente Ran –Sono sicura che ha molto da fare; starà sicuramente risolvendo un caso difficile e non voglio certo disturbarlo con sciocchezze del genere, inoltre-

-Inoltre? – incalzò Genta.

-A me basterebbe solo sapere che sta bene, sarebbe un regalo più che sufficiente- disse la ragazza sfoderando un grande sorrisone –Per questo non dovete preoccuparvi-

Shinichi sentì il cuore battere all’impazzata, affrettandosi a congedare la ragazza per fiondarsi con Ai a casa del dottor Agasa.

-Sei ancora rosso, lo sai? – chiese Ai sogghignando.

-Piantala, spero quella cosa sia arrivata-

-Sicuramente, è già stata pagata … povero dottore, lo stiamo riducendo sul lastrico-

***********************

Ran varcò la porta di casa costatando che suo padre era addormentato ubriaco sul divano … persino al suo compleanno.

Si affrettò a cucinare qualcosa di veloce per permettere al padre di scaldarlo quando i postumi della sbronza sarebbero finiti, per poi andare in camera sua.

Sfiorò malinconica la cornice che aveva sulla scrivania.

-Shinichi-

Il volto sorridente del ragazzo le metteva sempre un po’ di malinconia, per il fatto che non era lì con lei.

Voleva vederlo, abbracciarlo, sentire la sua bellissima voce.

-Ran, sono a casa-

Per un secondo il cuore le si fermò, convinta di aver udito quella stessa voce che tanto amava.

Si precipitò in salotto –Conan? –

-Lo zietto non ha mangiato? – domandò lui notando la porzione coperta.

-è troppo ubriaco per farlo- rispose Ran –Tu cos’hai in mano? –

-Oh me lo ha dato il dottor Agasa, ha detto che lo hanno spedito a casa sua ma il biglietto dice che è per te-

-Per me? – chiese confusa recuperando il cartone bianco.

Era freddo, la bolla di consegna indicava di maneggiarlo con cura; con l’ausilio di un taglierino riuscì a liberarlo dallo scotch e, aperto il cartone rimase senza fiato.

Era una torta, una torta di panna decorata con rose di cioccolato plastico, le dolci decorazioni erano appoggiate sul dessert creando il suo nome.

Era stupita, rigirò il pacco una decina di volte per poi trovare un biglietto.
 

E così altri 365 giorni sono passati, stai invecchiando-

Scherzi a parte, mi dispiace di non poter essere lì con te e so che hai sentito queste parole molte volte, ma credimi sono vere: Tornerò Ran.

Ti auguro con tutto il cuore Buon Compleanno; ti voglio bene.

Shinichi


Ran sentì delle lacrime di gioia inumidirle le palpebre, si catapultò in cucina afferrando piatti, coltello e forchette; tagliando i morbidi stradi di pan di spagna e crema, assaggiando quel dolce.

-Ran mangia piano è ancora fredda- disse Conan preoccupato.

Lei sorrise tendendo una forchetta verso il ragazzino –La mangiamo insieme? –

-Eh? –

Ran sorrise posandogli la forchetta –Buona vero? –

Lui annuì leggermente arrossito, mai si sarebbe aspettato di mangiare il suo stesso regalo.

Ran tagliò il due una delle rose assaporandone il dolce gusto; quel regalo l’aveva resa meno sola.

Aveva ravvivato in lei il desiderio di rivedere quel detective da strapazzo fanatico di Holmes; lo avrebbe aspettato, questo era sicuro.

Quanto era disposta ad aspettare?

Tutto il tempo necessario, lei sarebbe stata lì per lui … sempre.

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