Harry's New Home di kbinnz (/viewuser.php?uid=123399)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Note della traduttrice: Di
nuovo in sala comandi, qui è Elos pronta a partire. Questa è la
traduzione di una storia inglese (l'originale della quale può essere liberamente letto qui), che l'autrice ha
acconsentito cortesemente a veder tradotta in italiano e pubblicata su EFP.
Si ringrazia di cuore l'autrice, kbinnz, per cortesia, per
disponibilità, e soprattutto per averla scritta, questa storia. Si ringrazia poi Salice, veso la quale è stata esercitata un'opportuna coerciz...
coff coff! Che si è offerta!... come beta, malgrado la lunghezza della storia e le ore
improponibili alle quali le passo i capitoli.
Per le note alla traduzione, si rimanda a fondo pagina!
Note dell'Autore: Questo è il seguito di “Harry's First Detention” (N.d.t.: in italiano qui), e fa
riferimento agli eventi che si svolgono in quella storia. Se non l'avete ancora letta, questo
racconto potrebbe non avere molto senso, per voi... Se l'avete letta, questo seguito è la
storia di come Piton portò a termine il compito che Silente gli aveva assegnato. La
narrazione riparte da solo pochi giorni dopo “Harry's First Detention”. Sperando che vi
piaccia!
“E così, Severus, volevi parlare con me? A proposito del signor Potter, immagino?” disse
Albus Silente in tono incoraggiante, offrendo un vassoio di caramelle al limone.
“No, grazie, Preside,” replicò Piton, riuscendo a non alzare gli occhi al cielo alla vista
dell'onnipresente dolce. Davvero, anche tenendo conto della magia, come faceva l'uomo ad
avere ancora un dente sano in bocca? Chiunque avesse dubbi sulle abilità magiche di Silente
doveva semplicemente compararne le abitudini alimentari con la dentizione per avere conferma
del suo enorme potere. “E sì, è a proposito di Potter. Hai chiesto - ” ordinato “ - che io
stabilissi quale potesse essere un appropriato sostituto per quegli orridi Babbani i quali
tu hai considerato appropriati custodi per l'ultimo decennio.”
Albus sospirò. “Dubito che sarò mai in grado di perdonarmi. Sono solo felice che tu sia stato
in grado di apprendere la verità sui loro abusi così in fretta dopo l'arrivo di Harry, e di
convincere il ragazzo a parlare.”
Piton si permise un piccolo ghigno. Certo, questo non era stato dovuto a nulla se non alla
sua propria cieca fortuna ed al totale fraintendimento della situazione da parte del ragazzo,
ma non aveva intenzione di ammetterlo.
“Chiaramente hai un legame speciale con il bambino,” continuò Silente in tono
d'approvazione.
Il ghigno di Piton sparì. L'ultima cosa che voleva era che qualcuno pensasse che teneva al
moccioso. Era la prole di James Potter, per amor di Merlino! Già Minerva aveva assunto certe
orribilmente sbagliate concezioni a proposito del suo rapporto con il ragazzo, chiamando
Piton suo “protettore”, tra tutti i modi in cui avrebbe potuto chiamarlo: di sicuro lui non
voleva che il Preside cadesse nello stesso errore e immaginasse che i sentimenti da lui
provati per il piccolo mostro fossero qualcosa di diverso dal disgusto.
Dopotutto, a causa di Potter Silente aveva già minacciato di morte Severus - intendendolo
seriamente. Piton soppresse un brivido. Poteva ancora sentire il potere dell'esplosione
magica causata da Albus superarlo mentre questi l'avvertiva - l'unico avvertimento che
Severus avrebbe ricevuto, probabilmente, sull'argomento. Ovviamente, la strategia migliore
era restare il più lontano possibile dal moccioso per evitare di fare qualche cosa di
stupido. Ancora.
Piton ricacciò indietro l'ondata di sensi di colpa che accompagnava ancora il mero ricordo
dell'ossuto ragazzo dai capelli scuri e dagli enormi occhi verdi. Non era come se avesse
avuto intenzione colpire il bambino – be', sì. In effetti, l'aveva fatto, ma non aveva avuto
intenzione di colpirlo così forte – be', in realtà sul momento l'aveva fatto... Ma si era
immediatamente pentito delle proprie azioni. Ora era tormentato non solo dal fatto che aveva
perso il controllo di sé abbastanza a lungo da ferire un bambino, ma anche dal ricordo che,
in quell'attimo, aveva veramente voluto farlo.
Durante il proprio servizio come zelante Mangiamorte, si era consolato con il pensiero che, a
differenza di molti altri, come Lucius Malfoy o Voldemort stesso, lui non aveva mai tratto
piacere dalle torture e dalle uccisioni che accompagnavano i loro assalti. Anche prima di
perdere la fede e di fuggire da Silente, si era sentito superiore agli altri nel non
condividere il loro piacere perverso. Quando Silente l'aveva salvato da Azkaban e l'aveva
incoraggiato a spiare il proprio antico Padrone, era stato capace di farlo sapendo che la sua
presenza ad ogni futuro festino di Mangiamorte sarebbe servita solo a fortificare il suo
legame con l'Ordine della Fenice e a cementificare il suo disgusto per il Signore Oscuro.
Come poteva far quadrare quest'immagine di sé con quella di qualcuno che aveva
deliberatamente schiaffeggiato un ragazzino con forza sufficiente da mandarlo a sbattere
contro un muro?
Meglio non pensarci affatto, e molto meglio evitare il più possibile il ragazzo in
questione.
“Non esiste nessun legame del genere,” disse fermamente, aggrottando la fronte verso Silente.
“Il ragazzo si è confidato con me perché l'ho ingannato per riuscirci. Come sempre,
l'ingenuità Grifondoro non ha difese davanti all'intelligenza Serpeverde.”
“Se lo dici tu, mio caro ragazzo,” il tono di voce del Preside rese chiaro che si stava
prendendo gioco del professore di Pozioni.
Piton aggrottò la fronte ancora più ferocemente, ma Silente si limitò a rivolgergli
un'occhiata scintillante in risposta. “Come stavo dicendo,” Piton decise che era meglio
proseguire con l'incarico che aveva intenzione di abbandonare, piuttosto che finire
impantanato in una discussione che, sospettava, non avrebbe vinto. “Sono qui per discutere
della sistemazione di Potter.”
“Sì?” lo invitò Albus.
“A seguito di una ricerca estensiva sulla psicologia dei bambini, sull'appropriate metodiche
educative, e i trattamenti migliori per le vittime di abuso minorile -” Silente chiuse per un
attimo gli occhi, il dolore sul suo viso tale che anche Piton sentì una fitta di pietà “- ho
stabilito che Potter ricaverebbe i maggiori benefici da una combinazione di condizioni
ambientali. Non avendo alcuna esperienza con una famiglia normale, ha bisogno di rapportarsi
con una tipica vita famigliare. Immergendosi in una famiglia, sarà capace di osservare una
salutare dinamica nel rapporto genitore-figlio, così come di osservare come i fratelli
normalmente si comportino gli uni con gli altri. Mentre può essere stato cresciuto
assieme al suo cugino Babbano, è chiaro che la loro relazione era tutto meno che fraterna.
Potter ha bisogno di imparare com'è una normale rivalità tra fratelli, così come la vicinanza
che – mi è stato detto – è possibile. Questo lo aiuterà più avanti nel corso della sua vita,
dovesse decidere di avere figli propri, e gli sarà utile nelle interazioni con i compagni di
classe.”
“Suona molto ragionevole, Severus. Hai qualche candidato potenziale per una famiglia del
genere?”
“Potter è già diventato amico con l'ultimo dei Weasley, e dal momento che entrambi i parenti
sono stati membri dell'Ordine durante la Guerra, immagino che sarebbero anche troppo felici
di adottare Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto. Ancora meglio, vista l'estensione della loro
prole, un bambino in più sarà a malapena notato.” Vedendo l'espressione accigliata di
Silente, Piton alzò un sopracciglio in un gesto di sfida. “Oltretutto, i Weasley,
perennemente in una situazione di difficoltà pecuniaria, potrebbero indubbiamente utilizzare
il sussidio che avevi previsto per i Babbani. Non ho dubbio che, malgrado la loro maggiore
necessità, le probabilità che lo utilizzerebbero effettivamente per cose che beneficerebbero
Potter così come i mocciosi Weasley sono infinitamente maggiori, piuttosto che, come i
Dursley hanno fatto, riservarlo a vantaggio esclusivo di quella balena di loro figlio.”
Severus annuì gentilmente. “Mi piace molto la tua idea, Severus. Ho notato che Ron ed Harry
sono divenuti buoni amici piuttosto in fretta, e pensò che Ron trarrà beneficio della
presenza di Harry in famiglia. E' troppo grande per i gemelli la tentazione di usarlo come
bersaglio, mancandogli un gemello proprio a spalleggiarlo, e, mentre la sorella più piccola
potrebbe allearsi con lui, la situazione di Ginny come unica ragazza Weasley in sette
generazioni tende a tenerla al sicuro dagli scherzi più eccessivi dei gemelli, così come a
far finire in ombra Ron. Penso che avere un alleato della sua età potrebbe fargli molto
bene.”
“Non considero il benessere del moccioso Weasley un fattore importante nella
decisione.” obiettò Piton arcignamente.
“Sì, Severus, lo so,” il tono di Silente era di rimprovero. “Questa è la ragione per la quale
devo considerarlo io. Harry difficilmente potrà sperimentare un'esperienza familiare
armoniosa e utile se la sua presenza influirà negativamente sui membri della famiglia, in
particolar modo sul membro con il quale è probabile che si legherà più strettamente.”
“Io... non avevo considerato il problema in questa luce,” ammise Piton con riluttanza. “Forse
è la mia esperienza come figlio unico che mi rende meno capace di comprendere la complessità
delle relazioni tra i Weasley.”
“Non c'è problema,” il sorriso scintillante di Silente riapparve. “Dopotutto, siamo d'accordo
che sarà in effetti una buona cosa per entrambi i ragazzi, e penso anche io che Molly ed
Arthur saranno molto probabilmente favorevoli alla sistemazione. Ma credo che tu abbia
menzionato qualcosa a proposito di una combinazione di sistemazioni? Questo significa che non
vuoi che i Weasley siano nominati tutori di Harry?”
Piton rabbrividì al pensiero di consegnare chiunque – anche un Potter – alla mercé assoluta
del clan delle teste rosse. “No, Preside. Immagino che i Weasley saranno una destinazione
frequente per il ragazzo, ma non, sotto nessuna circostanza, i suoi tutori. Mentre è
importante per Harry sperimentare una normale vita familiare, è ancora più importante che
abbia un tutore con il quale poter sviluppare una stretta relazione basata sulla fiducia.
Dato il suo passato, sarà difficile. Gli è stato detto per anni che è immeritevole e
mostruoso; richiederà dei tutori che possano impegnarsi a capovolgere questo condizionamento.
Dovranno dedicarsi ad assisterlo in questo focalizzandosi sui suoi specifici bisogni. I
libri spiegano chiaramente che Potter può non sapere di cosa ha bisogno, ancor meno essere
capace di richiederlo. Per questa ragione, i suoi tutori dovranno essere capaci di dargli la
loro attenzione indivisa. Questo i Weasley non possono farlo.”
“Hmm. Capisco il tuo punto di vista. Forse qualche giovane coppia...”
Piton aggrottò la fronte. “Le giovani coppie figliano, Preside. Non sono stato chiaro?
Potter deve essere la loro sola preoccupazione; non tollererò che i suoi tutori siano
distratti dai propri mocciosi piagnucolanti. Oltretutto, Potter richiederà una mano ferma -”
Severus arrossì di fronte all'occhiata tagliente di Silente. “Non intendo letteralmente,
Preside,” protestò sulla difensiva. “Intendevo dire che anche nella migliore delle ipotesi
Potter deve essere considerato un bambino problematico, e come tale avrà bisogno che i suoi
tutori stabiliscano una struttura chiara per la sua vita, con appropriate conseguenze per i
comportamenti negativi.” Piton si schiarì la voce. Non era ancora riuscito a trovare un modo
per esporre l'affermazione successiva senza farla suonare sentimentale. “Dovranno anche
provvedere Potter con qualcosa chiamato 'stimolo positivo', definizione che sembra riferirsi
ad un generoso ammontare di supporto, incoraggiamento, e rassicurazione. In breve,
a-a-amore.”
Gli occhi di Silente sfavillarono per il divertimento, ma lui si limitò ad annuire
saggiamente. “Così, pensi ad una coppia più anziana, con una certa esperienza da
genitore?”
“Questo sarebbe indubbiamente l'ideale, ma dobbiamo essere sicuri che abbiano fatto un buon
lavoro, in passato, nell'educazione dei figli. E, ovvio, il rischio di nipoti che richiedano
attenzione sarebbe presente. Mi è parso di comprendere che i nipoti possano essere una
distrazione ancora più grande dei figli. Sono anche preoccupato del fatto che una coppia
anziana possa non avere l'energia necessaria per essere al passo con un ragazzino, per non
parlare del comprendere le preoccupazioni attuali degli adolescenti.”
“Hmmmmm. Comprendo quel che intendi.”
“Forse l'aspetto più importante - oltre alla volontà di concentrare i loro sforzi verso il
benessere di Potter – è la comprensione di quel che il ragazzo ha passato. Può essere
difficile per qualcuno senza alcuna esperienza personale di abuso capire il comportamento dei
sopravvissuti. Detto questo, non devono compatire il ragazzo o scusare un comportamento
sbagliato nel presente a causa di un desiderio fuori luogo di fare ammenda per l'eccessiva
disciplina del passato. Dovranno essere dotati di una grande forza di carattere per opporsi a
Potter quando questi userà l'espressione da cucciolo infelice che quelle manipolative piccole
creature adottano.”
Silente sembrò intento a combattere un sorriso mentre chiedeva educatamente, “Harry ha già
provato queste tattiche con te, Severus?”
“Certo ce no, Preside,” replicò Piton. “Infatti, hai appena contribuito a dimostrare quanto
sia giusto il mio punto di vista riguardo al bisogno, per i tutori di Potter, di essere
familiari con situazioni abusive. Har- Potter è stato addestrato, senza dubbio brutalmente,
ad accettare qualunque trattamento, non importa quanto malvagio, come gli fosse dovuto. Nella
sua situazione attuale è incapace di provare ad evitare una punizione giustamente meritata, o
anche da una punizione ingiusta, per quel che conta.” Non riusciva a non ricordare come Harry
aveva accettato istantaneamente il pensiero che Piton potesse progettare di bastonarlo per la
sua pessima calligrafia. Rabbrividì; questo era troppo simile a qualcuno dei suoi ricordi
delle brutali punizioni d'infanzia. Per qualche ragione, pensieri del genere si erano
mostrati fastidiosamente vicini alla superficie, ultimamente.
“Comunque,” riprese, spingendo via tali disturbanti memorie, “con un appropriato trattamento,
così come l'inevitabile guida ed incoraggiamento della prole Weasley, è sperabile che Potter
raggiungerà il punto in cui tenterà di usare un simile ricatto emotivo. I suoi tutori
dovranno avere sufficiente forza di carattere da trattare una tale evidente manipolazione con
lo sdegno che merita e di mettere in atto le conseguenze precedentemente stabilite.”
“Spero che tu non stia suggerendo che Harry meriti un caporal maggiore. Sicuramente
compassione e cura dovrebbero essere all'ordine del giorno -”
“Preside, rispondere con caramelle al limone e coccole di fronte a pessimi comportamenti
difficilmente porterà allo sviluppo di un adulto sano,” disse Piton con impazienza. “Potter
deve imparare cosa significa essere ritenuto responsabile per le sue azioni in un'appropriata
maniera – non picchiato a sangue per qualcosa che è stato suo cugino a fare, ma nemmeno
venire scusato dal rispettare tutte le regole a causa della sua condizione speciale.
E, malgrado sia a conoscenza della tua posizione sulle punizioni corporali, lasciami
sostenere che se dei potenziali tutori desiderano usare un opportuno castigo fisico
sul ragazzo, questa non è una ragione adatta per escluderli a priori. Harry – voglio dire,
Potter – è stato ferocemente picchiato ogni volta che si era presumibilmente comportato male,
per così tanto tempo che potrebbe non riuscire nemmeno a riconoscere qualcosa che non
sia uno schiaffo come un tentativo di correzione. Ancora più importante, deve imparare a
distinguere un trattamento appropriato da uno che non lo è, e gettare uno schermo sulla sua
persona contro qualunque forma di violenza difficilmente lo aiuterà, a lungo termine. Se non
altro, ha bisogno di uscire fuori dall'abitudine di raggomitolarsi a palla per difendere i
propri organi vitali al primo segno di scontro o – peggio ancora – di restare ubbidientemente
immobile di fronte a chiunque desideri ferirlo.”
“Stai suggerendo che essere colpito gli insegnerà a non restare fermo?” Silente batté
le palpebre.
“Sto suggerendo che i bambini abusati sono spesso stati educati a resistere alle punizioni.
Sarebbe meglio per Harry imparare a lamentarsi, a discutere, a protestare, a piangere, a
contorcersi e a gridare. Sospetto che tutti i Weasley saranno perfettamente in grado di
insegnarglielo,” aggiunse Piton asciuttamente. “Una volta che Potter avrà imparato che non
deve restare fermo per chiunque voglia picchiarlo, si dimostrerà uno studente molto più
adatto nella difesa contro le arti oscure. Indifferentemente all'attuale posizione di
Tu-Sai-Chi e al suo probabile ritorno, Potter ha bisogno di imparare a difendersi, ed al
momento è terrificato fino alla catatonia da ogni accenno di punizione fisica. Si limita a
restare fermo, Albus! Non sto cercando di scusare il mio comportamento, ma non ha
neanche provato ad evitare il colpo!”
Piton riprese con evidente fatica il controllo delle proprie emozioni. Schiarendosi la voce,
continuò molto più quietamente. “Ecco perché richiede un tutore che sia interamente dedicato
a lui: qualcuno che aiuti il ragazzo – er, moccioso – a riguadagnare il proprio senso
d'autostima. Senza di questo, sarà una preda facile per Tu-Sai-Chi, in un modo o nell'altro,”
aggiunse cupamente.
“Non hai bisogno di ricordarmi quanto seducente possa essere Voldemort per una persona ferita
e non amata, Severus,” Silente sospirò. “Ho delle mancanze nei confronti di molti, nella mia
lunga vita, ma nessuna di essa è forse così grande come quella che ho commesso verso te ed
Harry.”
“Per favore, Albus, basta dichiarazioni di autocolpevolezza,” sbottò Piton. “Stiamo parlando
del moccioso Potter,non di me.”
“Mm.” Silente corrugò le labbra, l'espressione pensosa.
“Allora, come stavo dicendo, il tutore ideale dovrà non solo possedere un carattere forte per
resistere ai tentativi di blandirlo che Potter cercherà un giorno di mettere in atto, ma
anche forza d'animo. Dopotutto, ai suoi tempi il padre del ragazzo era capace di convincere
praticamente l'intero corpo docente di Hogwarts a credere a qualunque cosa dicesse. Ha
salvato sé stesso e la sua piccola banda di terroristi dalla loro giusta punizione infinite
molte. E' ragionevole presumere che, una volta che non sarà più a lungo in questo stato di
sottomissione imposta a suon di botte, quest'ultima generazione di Potter si dimostrerà
altrettanto in grado di offrire spiegazioni credibili, malgrado io voglia sperare che
lui non si troverà mai nella posizione di difendere un potenziale assassino.” Piton
rivolse un'occhiataccia all'uomo più anziano. “Ricorderai che la disinvoltura nel mentire del
penultimo dei Potter si è dimostrata in grado di portare avanti anche un compito del genere –
qualcosa che sono ancora incapace di comprendere.”
Il Preside sospirò e si allungò per prendere una caramella al limone. “Come ti ho già detto
molte volte, Severus, non sono state le preghiere di James a convincermi a mostrare tanta
indulgenza verso Sirius, dopo quel che ti aveva fatto. Ho deciso di non espellere Sirius
perché volevo salvare l'unica altra persona innocente in questa situazione oltre a te stesso:
Remus.”
Piton emise un verso di disprezzo e il Preside gli rivolse un'occhiata triste. “So che
disapprovi, mio caro ragazzo, ma Remus era innocente. Quel giorno, credo che Sirius non
intendesse ucciderti: sono persuaso che la sua normale irresponsabilità e incapacità di
prevedere le conseguenze l'avessero convinto che tu saresti semplicemente stato spaventato a
morte dalla forma di mannaro di Remus; in tal modo ti saresti trattenuto dall'infastidirli
ancora e gli avresti dato la possibilità di deriderti per la tua paura. Sono comunque
altrettanto persuaso che senza l'intervento di James, tu saresti stato ucciso, e anche
tu devi convenire che Remus Lupin non avrebbe mai desiderato questo.”
“Forse non la mia morte,” ammise Severus cupamente. “Ma non è come se Lupin fosse
molto meglio degli altri tre.”
“E' così,” assentì Silente. “Ma quando James è intervenuto e ti ha salvato, allora ho
dovuto decidere se ne valesse la pena di espellere Sirius a prezzo della vita di Remus. So
che pensi che il mio rifiuto di espellerlo indicasse una mancanza di riguardo nei tuoi
confronti, ma il fatto è che se io avessi espulso Sirius, Remus probabilmente sarebbe stato
ucciso. Se fosse stata meramente una questione di stabilire se Sirius meritasse o meno
di essere espulso per aver messo la tua vita a rischio, l'avrei allontanato da scuola quella
sera stessa: ero tuttavia consapevole che, se avessi espulso l'erede della famiglia Black, i
suoi genitori avrebbero richiesto una spiegazione chiara. Potevano essersi distanziati da
loro figlio – malgrado non l'avessero ancora disconosciuto – ma certamente non avrebbero
accettato senza combattere la disgrazia di un'espulsione: e questo avrebbe significato che la
situazione di Remus sarebbe venuta alla luce. I Black avrebbero indubbiamente richiesto non
solo il suo allontanamento da Hogwarts, ma anche che fosse processato per tentato omicidio –
ed entrambi sappiamo che il fatto che avrebbero devastato Sirius, facendo così, fosse
semplicemente un altro incentivo per loro. Dato il punto di vista del Ministero dei lupi
mannari, l'influenza della famiglia Black all'epoca, e i timori intorno al potere crescente
di Voldemort, era estremamente probabile che Remus sarebbe stato condannato e giustiziato e
questa – specialmente perché tu non eri stato ferito seriamente – era una cosa che non volevo
permettere.
Mi dispiace terribilmente che tu abbia pensato che mi curavo più di loro che di te, ragazzo
mio. Posso solo sperare che le mie azioni nel corso degli ultimi anni ti abbiano dimostrato
quanto tu mia sia caro e quanto mi preoccupi per te.”
Piton sbuffò e distolse lo sguardo, ma in realtà gli piacque alquanto sentire Silente
esprimere i propri sentimenti in questo modo. Non che Severus avrebbe incoraggiato tali
commoventi affermazioni bofonchiando a sua volta melense dichiarazioni, ma se Silente
ammetteva quel che provava mentre si scusava (ancora) per uno dei pochi incidenti nei quali
Severus era stato moralmente innocente, l'uomo più giovane non aveva intenzione di
lamentarsi. Anche gli adulti sopravvissuti ad abusi infantili tendevano a rimanere incerti a
proposito del proprio valore.
“Basta con queste insensatezze sentimentali,” disse altezzosamente, agitando una mano come
per accantonarle. Scelse di ignorare lo scintillio d'intesa negli occhi di Silente. “Stiamo
andando fuori discorso. Potter richiederà qualcuno che sia sufficientemente intelligente da
affrontare qualunque moina il moccioso inventi. Questo significa che dev'essere qualcuno che
non oscillerà di fronte a dichiarazioni di grande bisogno o d'intento eroico – il che
significa che il suo tutore non dev'essere un altro Grifondoro. Sei d'accordo?”
“Be', Severus, hai indubbiamente fornito un argomento eccellente,” replicò Silente senza
sbilanciarsi.
“Spenderà già una significativa porzione del proprio tempo con i Grifondoro, tra la sua Casa
e il suo tempo con i Weasley – tutti Grifondoro! Potter dovrebbe venire a contatto con altre
Case e altri modi di pensare.”
“Hm. Capisco la tua logica, Severus. A chi stavi pensando, allora? Una famiglia Tassorosso,
forse?”
“Albus! Non hai sentito una parola di quello che ho detto? Ci sono stati troppi idioti
Tassorosso che sono stati sufficientemente ottusi da credere in Tu-Sai-Chi, poi troppo leali
per disconoscerlo anche dopo che la sua pazzia è diventata innegabile. Devi innanzitutto e
prima di ogni altra cosa trovare qualcuno che non costituirà una minaccia per il ragazzo.
Dev'essere qualcuno che ha combattuto contro il Signore Oscuro.”
“La guerra è finita -”
“Sei impazzito? Chi sa quando il Signore Oscuro risorgerà? Ed anche se non ritorna durante la
vita di Harry, hai dimenticato così facilmente i Paciock? Anche nell'assenza di Tu-Sai-Chi,
lui ha ancora seguaci leali e il pericolo a Potter è sempre presente! Non può essere
sistemato con nessuno che non abbia dimostrato dove sia veramente riposta la sua
lealtà.”
“Sì, riesco a capire il tuo punto di vista...”
“Allora devi anche capire che nessun Tassorosso avrà la forza d'animo di sopportare la prima
lacrima di coccodrillo del ragazzo! Soffocherebbero il moccioso con abbracci e regali e
scuserebbero ogni pessima condotta con tristi esclamazioni sulla sua vita passata. Non lo
permetterò!”
“Molto bene, Severus, se sei così deciso su questo argomento. Forse un Corvonero sarebbe
meglio, dopotutto – Lily era uno studente decisamente capace, no?”
“Albus, stai diventando senile?” Sbottò Piton rabbiosamente. Come osava l'uomo
insultare Lily con un apprezzamento così debole? “Lei era una delle streghe più brillanti del
nostro anno, malgrado non si sia mai comportata come una secchiona arrogante. Eccelleva sia
in Pozioni che in Incantesimo, e teneva Minerva in mano – direi letteralmente – con le sue
capacità nelle Transfigurazioni. Come puoi aver dimenticato i suoi talenti?”
Il sorriso di Silente aveva una sfumatura di malizia. “Certo, certo, ragazzo mio. Grazie per
avermelo ricordato. Be', non pensi che Harry potrebbe aver ereditato qualcosa di quella
formidabile intelligenza?”
Piton sogghignò. “Se mi stai chiedendo se l'eredità di James Potter sia stata sufficiente a
sopraffare quella di Lily Evans, non esiterei a dire di no. La nozione che Harry – voglio
dire, Potter – abbia ereditato dalla madre solo il clore degli occhi è assurda. Sono sicuro
che l'influenza di Lily abbia invece sopraffatto quella dell'idiota, e che il ragazzo – il
moccioso – assomiglierà molto a sua madre, una volta che la sua personalità comincerà a
rivelarsi.”
“Sono un po' preoccupato, Severus. Sappiamo entrambi che i Corvonero, malgrado tutto il loro
spaventoso intelletto, tendono a lasciarsi eccessivamente influenzare da argomenti logici. Se
Harry è capace di combinare l'intelligenza di Lily con la capacità persuasiva di James, mi
chiedo se c'è un Corvonero vivo che sarebbe in grado di contrastare gli argomenti di
Harry.”
Piton aggrottò la fronte. Non aveva pensato a questo. “B'e, Preside, ci dev'essere qualcuno.
Non possiamo cercare un Serpeverde: non c'erano troppi Serpeverde nell'Ordine durante la
Guerra, e di quei pochi, ancora meno sono sopravvissuti. Oltre a me stesso, riesco a
ricordarne solo due, e Giles è in Australia mentre Jean è fuori questione perché – oh, no.
No, no, no. Per nessuna ragione!”
“Ora, Severus,” disse Albus con leggerezza, “devi ammettere che tu soddisfi in maniera
ammirevole i criteri che hai identificato.”
“Assolutamente no! Non ho intenzione di diventare il tutore del ragazzo! Sei diventato
matto?”
“Be', se sei così contrario -” Silente sospirò.
“Lo sono! E tu devi essere diventato folle per anche solo completarlo. Specialmente dopo le
mie azioni della notte passata, ti immagini che Minerva o Poppy acconsentirebbero a vedermi
nominato custode di Potter?”
“Be', Minerva sembra pensare -”
“Era chiaramente preda di allucinazioni. E' da un po' che penso che la menopausa abbia fatto
qualcosa alla mente di Minerva,” ringhiò Piton, troppo esterrefatto di fronte alla ridicola
proposta di Silente per considerare la saggezza di fare una simile affermazione senza poi
obliviare all'istante tutti coloro che fossero a portata d'orecchie, incluso sé stesso.
“Molto bene,” disse il Preside con leggerezza. “Allora pensiamo a chi altri sarebbe adatto.
Sarà ovviamente importante trovare qualcuno con il quale Harry possa formare un legame: dopo
il deplorevole trattamento ricevuto dai Dursley, mi chiedo quanto sarà difficile.”
Severus sbuffò, altamente sollevato per aver dissuaso il Preside dalla sua precedente,
altamente inappropriata linea di pensiero. “Non mi preoccuperei troppo, Albus. Dopotutto, il
ragazzo ha già mostrato segni di essersi legato a me.” Troppo tardi, vide la
trappola.
“No! Aspetta! Io -”
“Bene, bene, ragazzo mio. Sembra che continuiamo a tornare sullo stesso punto, non importa
quanti giri facciamo,” Albus s'illuminò. “Sembrerebbe essere destino per te -”
“NO.” Piton balzò in piedi, guardandosi intorno selvaggiamente come in cerca di una via di
fuga. “Questa è follia! Io sono assolutamente inadatto!”
“E perché?” Silente lo interruppe in tono cordiale. Ignorò completamente il frenetico
scuotere di testa di Piton e il suo muoversi avanti e indietro in preda al panico. “Tu
saresti certamente capace di dare ad Harry l'attenzione che richiede: non hai altri obblighi
familiari né progetti di averne. Hai già portato avanti estese ricerche sul trattamento
appropriato di un bambino simile. Capisci anche troppo bene cosa significhi essere la vittima
di un abuso. Sei anche il più adatto di tutti a comprendere i pericoli che Harry affronta – e
affronterà – a causa dei poteri Oscuri. Hai sufficiente forza di carattere da resistere ad
ogni manipolazione emozionale, e il tuo intelletto sarà sicuramente in grado di demolire ogni
discussione pretestuosa, per non menzionare il fatto che potrai limitare eccessive tendenze
“Griffondoresche” in germoglio. Sono certo che non avrai difficoltà a stabilire una chiara
struttura di regole e responsabilità e, mentre sospetto che potresti aver bisogno di lavorare
sul dimostrare apertamente le tue emozioni e il tuo interesse, immagino che Harry sarà in
grado di aiutarti in tal senso.”
“Preside, io non -”
“E il tuo trovarti a Hogwarts è ancora più conveniente, in quanto sarai in grado di
supportare Harry anche durante l'anno scolastico. Certo, le forti barriere che si trovano qui
lo terranno al sicuro, anche senza la magia del sangue dei Dursley... Sì, Severus, penso che
questa sia decisamente l'opzione migliore. Dopotutto, qualunque altra cosa possa accadere, so
che almeno tu non attaccherai il ragazzo.” Il “di nuovo” rimase non detto, così come la minaccia
di cosa sarebbe accaduto se la fiducia di Silente fosse risultata fuori mal riposta.
Piton inghiottì a fatica. Il Preside non era affatto suonato come gli piaceva fingere di
essere, né era così ignaro. Era ovvio – molto, molto ovvio – che le sue proteste sarebbero
state ignorate, e che continuare a discutere avrebbe potuto portare ad un'altra
manifestazione del potere di Silente. Era preparato a continuare ad opporsi? Quando avrebbe
dovuto comunque, alla fine, perdere? Era, onestamente, conveniente farlo?
“Io non posso. Anche se volessi farlo, non posso. Se Tu-Sai-Chi ritorna e scopre che Potter è
mia responsabilità, si aspetterà che glielo consegni immediatamente. Se non lo faccio, saprà
che non lo servo più. Non sarò in grado di essere più la tua spia.”
“Vero,” acconsentì Silente blandamente, ancora sorridendo.
“Io non sono una persona gentile, Albus,” obiettò Piton con crescente disperazione. “Non
posso credere di essere la migliore scelta dell'intero mondo Magico nel trattare con un
ragazzo abusato ed emozionalmente fragile.”
“Molly Weasley sarà, ne sono sicuro, capace di provvedere tutte le coccole e gli abbracci che
Harry possa desiderare. Ed io sospetto che sarai capace di sorprendere te stesso. In fatti,
direi di contarci.”
A queste parole, Piton seppe che il suo fato era segnato. L'intera conversazione era stata
una burla – un modo, per Silente, di spingerlo ad acconsentire, più o meno, a quello che
Silente aveva comunque intenzione di far accadere. Mentre lui pensava di stare spiegando al
vecchio cosa era necessario, quell'irritante vecchia folaga stava solo annuendo e sorridendo
e guardando Piton scavarsi una fossa sempre più profonda. Come poteva non essersene accorto?
Lui, di tutte le persone, avrebbe dovuto riconoscere la manipolazione di Silente sin
dall'inizio! Come poteva anche solo chiamarsi un Serpeverde dopo essere stato ingannato in
questo modo? Avrebbe dovuto prendere il posto di Sprite come Capo dei Tassorosso.
“Ora, ora, mio caro ragazzo, non essere troppo duro con te stesso,” cercò di placarlo
Silente, mostrando l'inquietante capacità di leggere la mente anche del primo tra gli
Occlumanti di Hogwarts. “Sai di aver avuto sempre un punto debole lì dove Lily è coinvolta.
Ora, ad ogni modo, torna alle tue stanze e tieni il broncio per l'indegnità di tutto ciò, ma
poi sii sicuro di andare ad ottenere il consenso dei Weasley. Ti suggerisco di spiegare le
novità ad Harry questo fine settimana – so che ha continuato ad essere preoccupato.”
La rassomiglianza di Piton con un basilisco era veramente straordinaria, ma sfortunatamente
Silente ne sembrava immune, forse a causa della sua estesa esposizione a Fanny. Accompagnò
gentilmente il mago più giovane, senza parole, fuori dalla porta, dandogli una pacca sulla
spalla e una scatola di pastiglie al limone. Mentre la porta si chiudeva sull'espressione
oltraggiata di Piton, l'ultima cosa che quest'ultimo vide fu Silente, che selezionava una
caramella frizzante al limone con l'inconfondibile aria di qualcuno che si stesse premiando
per un lavoro ben fatto.
Note alla traduzione: Il
titolo può essere reso come La nuova casa di Harry.
Per la traduzione, ho deciso di seguire la versione italiana dei nomi, propri o comuni, dei
luoghi, dei verbi e dei riferimenti: un po' perché ci sono affezionata, un po' perché credo
siano quelli che i lettori italiani sentono più facilmente come propri.
Se avete errori da segnalare, vi prego, fatelo! Ci terrei veramente molto a che questa storia
venisse pubblicata nella miglior forma possibile: ma, dato che sto cercando di tradurre il
più in fretta possibile - la storia è veeeeeramente molto lunga - per assicurare una
pubblicazione frequente, non posso soffermarmi su ogni capitolo come vorrei.
Si ringrazia shinu per aver risposto all'appello ed avermi segnalato diversi punti poco chiari nella traduzione. ^_^ |
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Severus rimase nelle sue stanze per diverse ore - pensando, non tenendo il muso, fu veloce a dirsi
- ma sapeva che alla fine avrebbe dovuto fare quello che Silente gli aveva detto. Per quanto gli sarebbe
piaciuto fortificarsi per l'ordalia con un bicchiere di Whiskey Incendiario, sospettava che l'odore di
alcool nel suo fiato avrebbe potuto non andar bene ai Weasley.
Per un breve momento considerò l'ipotesi di presentarsi ubriaco, nella speranza che sarebbero corsi da
Silente sostenendo che era un tutore inadeguato, ma rinunciò con riluttanza all'idea. Non sarebbe occorso
sforzarsi per convincere i Weasley della sua inadeguatezza al ruolo, ma Silente era fatto di tutt'altra pasta, e avrebbe compreso immediatamente il piano di Severus. Piton serrò i denti. Era proprio la sua
fortuna: era passato dal servire un maniaco egocentrico praticamente onnipotente al servire una vecchia
folaga manipolativa praticamente onnisciente.
Perché non poteva fare la fine di tutti gli altri insegnanti di Pozioni? Leggeva le loro lettere nel
Quotidiano degli Educatori di Pozioni. Gli altri insegnanti di Pozioni lamentavano che i loro
presidi non procurassero loro spazio sufficiente per i loro rifornimenti, o rifiutassero di sovvenzionare
nuovi calderoni o facessero battute taglienti sugli occasionali incidenti capitati con le pozioni: ma
nessun altro scriveva dopo essere stato costretto ad adottare un ragazzino marchiato da una profezia o
dopo aver dovuto partecipare alla costruzione di elaborate trappole su terreni scolastici contro Signori
Oscuri in caccia di un semi-mitico tesoro.
Severus compose mentalmente la propria lettera. Caro QEP, sarei interessato a sapere come gli altri
insegnanti di Pozioni dividono il proprio tempo tra i diversi incarichi. Trovo complicato creare nuovi
piani per le lezioni e preparare le sessioni di laboratorio mentre contemporaneamente spio per la Luce.
Qualcuno ha qualche suggerimento sul come combinare incontri di Mangiamorte con la preparazione per i
M.A.G.O.? No, nessun altro sembrare avere di questi problemi. Com'era fortunato, lui.
Realizzò che si stava facendo tardi. Avrebbe dovuto farlo ora oppure spiegare a Silente la sua mancanza, e
se avesse dovuto gestire un altro sguardo scintillante o un'altra caramella al limone, sarebbe diventato
pazzo, pazzo da legare. La vita nel letto accanto a quello dei Paciock cominciava a sembrare sempre più
attraente, giorno dopo giorno. Prese un respiro profondo e attivò la Metropolvere.
“Signora Weasley?” chiamò, rivolgendosi alla donna dai capelli rossi affaccendata all'interno del
soggiorno confortevolmente trasandato.
“Sì? Oh, professor Piton!” Le sopracciglia di Molly si sollevarono per la sorpresa, prima di corrugarsi in
un'espressione spaventosa. “Cos'hanno fatto questa volta?”
“Sorprendentemente, non sto chiamando per via dei gemelli,” replicò Piton in tono asciutto. “Posso
entrare?”
L'espressione di sorpresa di Molly si riaffacciò. “Certo.”
Non fece in tempo ad arrivare alla Tana che Molly Weasley lo sistemò in una poltrona che era solo
leggermente rovinata, con una tazza di tè accanto al gomito. Combatté per respingere il piatto di biscotti
fatti in casa. “Grazie, no,” insisté, con tutta l'educazione della quale fu capace attraverso i denti
stretti.
“E' allergico al cioccolato?” gli chiese Molly, con tono compassionevole. “Ne ho qualcuno al burro di
arachidi, in cucina. O preferisce dei biscotti all'uvetta? O di pastafrolla? Potrei preparare qualche
focaccina –”
“No!” lui si trattenne e si costrinse ad abbandonare il suo tono alla “comincia ad ascoltarmi o farò
esplodere il tuo calderone e nutrirò con i tuoi organi interni il calamaro gigante”. Qui si trattava di un genitore, non di uno studente: un genitore fastidioso, indubbiamente, ma nondimeno un genitore. “Voglio dire,
nulla per me, grazie. Sono a posto così.”
Molly sembrò ferita. “Non le piace la mia cucina?”
Severus poteva sentire la propria pressione sanguigna crescere mentre prendeva un biscotto dal piatto.
“Mm. Delizioso,” ringhiò.
Molly sorrise e si sedette. “Cosa posso fare per lei?”
“C'è qualcosa del quale mi piacerebbe discutere con lei e suo marito. Lui è disponibile?”
“Sì, è solo nel retro con Ginny, a liberare il giardino dagli gnomi. Può darmi un'idea di cosa si
tratti?”
“Penso che sarebbe meglio spiegare insieme ad entrambi. E forse vostra figlia potrebbe essere allontanata
per un'ora o due?” Tacque per un attimo, pensando a come meglio assicurarsi la sua collaborazione senza
dovere (a) spiegare di più o (b) consumare altri biscotti. “Sono qui dietro richiesta del Preside.” Più o
meno.
Era ovvio che Molly morisse di curiosità, ma, come una veterana del vecchio Ordine, reagì in maniera
prevedibile al nome di Silente. “Certo.”
Cinque minuti dopo, Ginny era stata spedita a sua nonna via camino, ed Arthur, Molly e Severus erano
riuniti nel soggiorno. “Mi scuso per avervi disturbato questa sera – e per aver mandato via Miss Weasley –
ma ho ritenuto che fosse meglio affrontare questo discorso senza alcuna possibilità di essere uditi da
altri.”
Ora entrambi i Weasley avevano espressioni insieme preoccupate e curiose. “C'è qualcosa che non va,
Professore?” Chiese Arthur, la fronte corrugata. “I ragazzi sono a posto?”
“I vostri figli stanno tutti bene,” lo rassicurò Piton. “Sono qui per chiedervi se ne vorreste un
altro.”
Hm. Sembrava non se ne fosse uscito fuori nel modo più opportuno: ora tutti e due lo stavano fissando con
le bocche spalancate. “Non a tempo pieno,” si affrettò a spiegare. “Si tratterebbe più di un affido per
brevi periodi.”
“Sta affittando bambini?” chiese Molly, la voce che cresceva sino a divenire uno squittio.
Arthur le prese la mano. “Sono sicuro che non è come sembra, cara.”
Severus aggrottò la fronte. Non era poi così complicato: davvero - conta sempre su un branco di Grifondoro
per trovarti di fronte alla necessità di spiegare tutto lettera per lettera. Decise di parlare molto
lentamente. “Voi avete, io credo, incontrato il signor Potter -”
“Harry?” esclamò Molly, sorpresa. “Quel dolce ragazzino con gli occhiali? Cielo, che bambino
adorabile!”
“Ron sembra aver fatto amicizia con lui,” confermò Arthur. “E i gemelli e Percy ne hanno scritto anche
loro, raccontando buone cose. Ho saputo che è stato mandato in Grifondoro.” L'“ovviamente” venne
educatamente omesso, visti i presenti.
“Invero,” disse Piton, piattamente. “Ho scoperto che la vita familiare del signor Potter è inaccettabile,
e così -”
“Cosa vuole dire?” Chiese Molly. “Silente non l'ha affidato alla sua famiglia dopo che James e Lily sono
stati uccisi? Mi ricordo che se ne fece un gran parlare perché non volle dire a nessuno dove fosse Harry,
ma ci assicurò che il bambino era al sicuro e stava bene.”
Severus fece un mezzo sorrisetto. “Apparentemente, no. Albus aveva l'assurda convinzione che i legami di
sangue siano sinonimi di legami di affetto. Il ragazzo è stato mandato da parenti Babbani che erano –
quantomeno – capaci sia di negligenza che di abusi.”
Gli occhi di Molly si fecero enormi. “Abusi? No! Quel povero bambino!” Arthur le toccò gentilmente la
spalla, ma sembrava molto cupo.
“Il Ministero lo sa, questo?” chiese.
Severus scrollò le spalle. “Può discuterne con Albus, se desidera. La mia preoccupazione va alla
situazione corrente di Potter, non al perché gli sia stato permesso di rimanere con dei tutori inadatti
per gli ultimi dieci anni.”
“Così, vuole che adottiamo Harry?” chiese Arthur. Accanto a lui, Molly smise di tirare su con il naso
abbastanza a lungo da alzare la testa, eccitata.
“Adottare Harry? Certo che lo faremo! Ho detto a Silente dieci anni fa che avremmo voluto -”
“Non sono qui per chiedervi di adottare Harry, e neanche di diventare i suoi tutori. Piuttosto, mi
piacerebbe che consideraste l'ipotesi di costituire per lui una destinazione regolare che possa visitare
per lunghi periodi durante le vacanze scolastiche.”
Arthur gettò un'occhiata alla propria moglie, prima di girarsi verso Severus. “Sospetto dalle lettere di
Ron che ci troveremmo probabilmente a fare lo stesso in ogni caso – visto quanto d'accordo stanno andando
i due ragazzi.”
Molly aggrottò la fronte. “Perché non possiamo adottare Harry? Ha appena detto che ha bisogno di una casa.
Se non lo prendiamo noi, chi lo farà?”
“Il Preside ha un altro tutore in mente,” esclamò Severus in tono cauto.
“Chi?” chiesero entrambi i Weasley.
“Me,” replicò lui freddamente, sperando di scampare all'inevitabile reazione.
Che era, come previsto, inevitabile. “LEI?”
Molly si riprese per prima. Ignorando interamente Piton, si volse verso il marito. “Ecco. Silente è
impazzito. Dovrai avvertire il Ministero, domattina.”
Arthur rivolse un'occhiata apologetica a Piton. “Ora, Molly, non essere precipitosa. Suppongo che il
professor Piton -”
“Arthur! Era un Mangiamorte. Ed è a lui che Silente vuole affidare Harry? Il Ragazzo Che E'
Sopravvissuto?”
“Era una spia,” osservò suo marito. “L'ha detto Silente.”
Molly sbuffò. “Forse. Magari. Ma porta il Marchio Nero. Pensi che l'abbia preso appositamente solo per
poter essere una spia? A quale famiglia appartiene, comunque?”
“Penso che sia uno dei Prince, no?” Arthur si era perso dietro al discorso di Molly, adesso, e aveva
dimenticato completamente Severus.
“Bene! Cos'altro hai bisogno di sapere? I Prince erano tutti più Oscuri della pece e anche più pazzi dei
Black!” Molly fece una pausa. “Be', eccettuato per quella povera ragazza. Qual era il suo nome? Quella che
era qualche anno avanti a noi? Elizabeth? Elaine?”
“Quella era mia madre,” disse Piton con quello che sentiva essere un ammirevole contegno.
“Ma c'era qualcosa di sbagliato anche con lei, no?” proseguì Molly, picchiettandosi con un dito sul mento.
“Fammi pensare, cos'era? Cos'era? O, sì, aveva sposato quell'orribile Babbano.”
“Quello era mio padre,” specificò Severus.
“Sì, be', doveva esserlo, no?” assentì Molly distrattamente. “Oh, Arthur, è terribile. Non possiamo
permettere a Silente di farlo. Harry ha bisogno di amore e di una famiglia e -”
“Potter ha bisogno di attenzione e di coerenza e di supporto.” Severus non ne poteva più di essere
ignorato. “Ed è improbabile che avrà nulla di tutto ciò in questa casa, nel mezzo della vostra orda di
figli.”
“Be'!” Molly gli rivolse un'occhiataccia. “Congratulazioni! Ha il fegato di venire qui e di insultarci
anche mentre ci chiede un favore?”
Arthur le toccò una mano. “Ascoltiamo, Molly. Ha ragione quando dice che Harry può avere bisogno di più
attenzione di quanta ne potrebbe ottenere probabilmente in una famiglia grande come la nostra.”
Piton si esibì in un brusco, formale segno di assenso per ringraziare Arthur. “Esattamente. Non intendo
offendervi, ma mentre la vostra famiglia è adatta a formare un modello di salutari dinamiche familiari per
Harry, lui avrà anche bisogno di qualcuno il cui solo interesse sia il suo benessere. Dato il suo –
difficile – passato,” Molly riprese a tirare su con il naso, “sarebbe ingiusto sistemarlo in una famiglia
tanto grande, nella quale i suoi particolari bisogni non vengano corrisposti. Facendo in modo che la Tana
rimanga un premio speciale per lui, imparerà qui delle preziose lezioni senza dover rinunciare
all'attenzione che può ricevere come unico bambino nella -” inghiottì a fatica “- mia famiglia.”
“E perché lei vorrebbe assumere questo ruolo?” Arthur chiese, gettando a Severus una strana occhiata.
“Le mie ragioni non vi riguardano,” sbottò Piton.
“In realtà, sì,” Arthur replicò, senza lasciarsi scoraggiare. “Lei ci sta chiedendo – in pratica – di
diventare genitori con lei, e un bambino come Harry ha delle necessità che sono aggravate non solo dal suo
passato, ma anche dal suo probabile futuro.” Piton aggrottò la fronte, ma non poté negare la delicata
insinuazione di Weasley di un suo interesse da Mangiamorte per Harry fosse ben fondata. “Dobbiamo sapere che
cosa stiamo accettando di fare.” Vedendo che Severus rimaneva scettico, Arthur sorrise. “Oltretutto, se
dovremo giocare un ruolo così grande nella vita di Harry, allora sono sicuro che avremo modo di sentire
molte cose su di lei: e, dal momento che la maggior parte di questi commenti saranno probabilmente
espressi sotto forma di lamentele, sarebbe utile se fossimo nella posizione di difenderla.”
Il viso di Piton si piegò in un'espressione di feroce irritazione. Come osava Weasley suggerire che Potter
avrebbe avuto qualcosa del quale lamentarsi!
“Severus,” disse Arthur, enormemente divertito. “Ogni bambino si lamenta dei propri genitori. E'
normale. Ma se abbiamo tutti intenzione di sopravvivere all'adolescenza di Harry, allora avremo bisogno di
lavorare insieme. Si fidi di noi sull'argomento.”
A Piton questo non piaceva, ma doveva ammettere che l'uomo più anziano aveva ragione. “Ho acconsentito a
fare questo – con riluttanza! - perché ho una certa... familiarità … con quel che Potter ha sperimentato.”
Gettò un'occhiataccia alla coppia, sfidandoli a chiedere dettagli, ma erano entrambi silenziosi. “Poi, ero
molto vicino a Lily Evans. Siamo cresciuti nello stesso quartiere ed siamo stati amici fino alla fine dei
nostri anni ad Hogwarts.”
“Oh, caro,” disse Molly, in tono compassionevole. “James si è messo tra di voi?”
Piton inghiottì le proprie emozioni e distolse lo sguardo dagli occhi gentili della donna. “Per così dire.
Io – io sono stato estremamente sciocco. La nostra amicizia non si è mai pienamente ripresa.” Prese un
respiro profondo. “Ma desidero ottenere la custodia del ragazzo. Con la vostra assistenza, così come con
la mia, mi aspetto che sarà in grado di riprendersi dal trattamento subito da quei Babbani,” sputò la
parola. Molly ed Arthur si scambiarono un'occhiata significativa. Severus non sapeva se avessero preso il
veleno nel suo tono come una prova delle sue residue inclinazioni da Mangiamorte o della sua apparente
devozione per il bambino. Forse avevano stabilito che, fino a quando era devoto al bambino, qualche
tendenza da Mangiamorte era una buona cosa, specialmente nell'avere a che fare con i Babbani che l'avevano
maltrattato.
“C'è un'altra questione della quale dobbiamo discutere,” aggiunse rapidamente, ansioso di cambiare
l'argomento della conversazione. “Ci sarà uno stipendio che vi sarà assegnato quando avrete acconsentito a
partecipare a questo progetto.”
Come aspettato, entrambi si adombrarono. “Non abbiamo bisogno di venire corrotti per aiutare Harry!” disse
Molly in tono indignato.
Piton sospirò. I Grifondoro erano così prevedibili. “Non è corruzione. E' un introito aggiuntivo per
sostenere le spese aggiuntive che vi troverete davanti.”
“Possiamo riusci-”
“Harry avrà bisogno di essere vestito e nutrito. Se volete portare la famiglia in gita, ci sarà il costo
della sua partecipazione e del viaggio da considerare.”
“Noi non escluderemmo mai -”
“Non farete ad Harry alcun favore se lo tratterete come un caso caritatevole,” disse Piton
minacciosamente. “In questo modo, sarà chiaro che il beneficio è reciproco.”
“Si immaginerà che lo stiamo facendo solo per il denaro!” obiettò Molly.
“Ci si aspetterà che voi – a differenza dei Babbani – provvediate un resoconto dei fondi usati. Sarà
chiaro ad Harry, se il problema dovesse nascere, che non state beneficiando finanziariamente dalla sua
presenza: semplicemente, non state risentendo di ulteriori privazioni a causa sua.”
Arthur e Molly si scambiarono una lunga occhiata. Piton fece del suo meglio che non alzare gli occhi al
cielo per l'esasperazione.
“Be'... suppongo che potremmo accettare un piccolo sussidio che sarebbe speso per Harry.”
“O a suo beneficio – per esempio, potrebbe essere usato per rimpinguare le spese per gli
approvvigionamenti alimentari o per la manutenzione della casa, dal momento che sarà qui su base
regolare,” osservò Piton, trattenendosi eroicamente dal menzionare diversi ovvi settori nei quali i fondi
sarebbero stati dolorosamente necessari, a cominciare dalla poltrona bitorzoluta nella quale era seduto al
momento. “E, se non accetterete, troverò un'altra famiglia.”
Molly scattò in piedi. “Non lo farebbe!”
Piton si limitò a fissarla. Lei guardò preoccupata Arthur.
“D'accordo. Accettiamo,” annuì Arthur.
“E dovremo rinforzare le barriere attorno alla Tana,” disse Piton. “Sono consapevole che siano già
piuttosto forti, dati i vostri trascorsi in guerra e la professione del maggiore dei vostri figli, ma, dato che il Ragazzo Che E' Sopravvissuto si troverà a passarvi del tempo di frequente...”
“Non abbiamo nulla da obiettare sull'argomento,” disse prontamente Arthur. “Dovremmo chiedere a Bill e ai
goblin o Silente preferirebbe fare da sé?”
“Ne parlerò con il Preside e vi farò sapere. Sospetto che preferirà occuparsene personalmente.”
“Io non vedo l'ora di incontrarlo!” Molly aveva un luccichio combattivo negli occhi, e Piton ricacciò
indietro un risolino. Ci sarebbe stato un bello shock ad aspettare Albus, quando fosse arrivato.
“Dunque acconsentite?” insisté, avendo bisogno di un assenso chiaro.
Arthur gettò un'occhiata a Molly. “Saremmo felici di aiutare lei ed Harry, Severus. Le propongo di portare
Harry qui per dargli modo di trascorrere qualche tempo con Molly e me. Se va tutto bene, riporteremo i
ragazzi a casa questo fine settimana: riuniremo tutta la famiglia e faremo sapere a loro e a Ginny cosa
sta per accadere. Dopodiché, lei ed Harry potrete venire a cena, e magari Harry potrebbe restare a dormire
qui sabato notte. Cosa ne pensa?”
Severus ne fu suo malgrado impressionato. Weasley se n'era uscito fuori con un piano ragionevole:
dopotutto, lui ed Harry non si erano mai incontrati, e sarebbe stato prudente assicurarsi che Harry
andasse d'accordo con i Weasley adulti così come, sembrava, con il gruppo ora ad Hogwarts. “Molto bene.
Parlerò al ragazzo entro i prossimi due giorni.”
“Perché non porta Harry qui a cena domani?” propose Molly. “Usi la Metropolvere non appena può. Arthur può
tornare a casa presto ed avremo una possibilità di conoscerci, così come ha suggerito. Se lei sarà qui,
Harry ne verrà rassicurato.
Severus quasi sbuffò. Rassicurare il ragazzo? Considerando il modo in cui aveva trattato in passato il
bambino, era molto più probabile che questi avrebbe trovato snervante la sua presenza: ma Piton non aveva
intenzione di ammetterlo davanti ai Weasley. “D'accordo.”
Si alzarono tutti, ed Arthur e Severus si strinsero le mani. Molly sorrise con un poco di incertezza: era
chiaro che fosse ancora preoccupata a proposito della reputazione della famiglia Prince, ma Arthur le
strinse la mano per rassicurarla. “A giovedì, allora,” Arthur sorrise.
“A giovedì.” Piton rientrò nel camino, chinandosi, e puntò dritto dritto verso il suo bicchiere di Whiskey
Incendiario.
Note alla traduzione: Gli eventi ci
hanno placcate! x°D Chiediamo perdono per la lentezza dell'aggiornamento e promettiamo che il prossimo
capitolo arriverà molto, molto prima!
Si ringraziano Vekra e Evan per le segnalazioni!
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
“Cosa diamine ci fai tu qui?” gli chiese la Signora Grassa.
“Apriti,” ringhiò Piton al ritratto che chiudeva l'ingresso alla Torre di Grifondoro.
“Certo che no,” rispose lei altezzosa. “Vattene, piccolo Serpeverde.”
“Non sono più uno studente, tu, scarabocchio idiota. Sono Capo della Casa di Serpeverde e il professore di Pozioni della scuola, e voglio parlare con uno dei miei studenti. Ora apriti!”
“Non lo farò,” replicò lei prontamente.
Gli occhi si Piton si strinsero in due fessure. “Apriti o io -”
Cosa precisamente Piton avrebbe fatto non fu mai chiaro, poiché in quel momento il ritratto si aprì e un Grifondoro del terzo anno cominciò ad uscire: trovandosi la strada bloccata dalla figura incombente del professore meno preferito da tutti, squittì per il terrore e ricadde indietro.
“Un Grifondoro modello,” ghignò Piton. “Byerly, vai a prendere Potter.”
“Io – io – sì, signore!” Byerly riuscì a rantolare, prima di fuggire via. La Signora Grassa provò a chiudere l'ingresso, ma Piton mantenne la presa sulla cornice del ritratto e lo tenne aperto.
In un lasso di tempo decisamente breve, quella che sembrava essere metà della Torre di Grifondoro era accorsa. “Um, professor Piton, signore, cosa posso fare per lei?” Oliver Baston, capo della squadra di Grifondoro, era stato apparentemente nominato loro portavoce.
“Porta qui Potter,” replicò lui brevemente e minacciosamente.
Baston inghiottì. “Er, cosa vuole da lui, professore? Voglio dire,” aggiunse in fretta, vedendo l'espressione di Piton, “dovrei andare a chiamare la professoressa McGranitt? Se Potter è nei guai, allora dovrebbe esserne avvertita...”
“Non ti ho chiesto del Capo della tua Casa, semplicemente di Potter,” puntualizzò Piton, con la pazienza che scemava rapidamente. “Cortesemente, portalo qui.”
“Ha intenzione di trasformarlo in materiale per pozioni!” giunse un sussurro spaventato dalla folla. “E se stesse progettando di darlo ai Mangiamorte?” ne arrivò un altro. “Idiota! Lui è un Mangiamorte!” disse un terzo. “Non possiamo dargli Harry!” “Veloci! Nascondetelo!” “Ti avevo detto che era molto più cattivo con Potter!” “Qualcuno è andato a chiamare la McGranitt!” “Riportate Harry nella sua stanza!”
“Erm, Harry ha una punizione con lei?” chiese Baston incerto.
“Dieci punti in meno a Grifondoro per aver ficcanasato!” ringhiò Piton. Il suo occhio colse un movimento nel retro della folla, come se qualcuno stesse cercando di farsi strada attraverso di essa e stesse venendo ricacciato indietro. “E cinque punti in meno a chiunque blocchi la strada a Potter!”
La folla si aprì come per magia, ed un Harry dal viso arrossato apparve ai margini. Arrossì ancora di più, poi si affrettò ad avanzare.
Piton si accorse che alcune delle facce preoccupate degli studenti si facevano sospettose mentre Harry si faceva avanti volenterosamente. Afferrò Harry per la collottola nello stesso istante in cui fu a portata di mano ed intonò: “Cinque punti in meno a Grifondoro per aver perso tempo, Potter!”
"Ma, professore, non stavo -” le proteste di Harry si interruppero con uno squittio mentre Piton alzava il braccio, costringendo Harry ad alzarsi in punta di piedi e strangolandolo quasi.
Si girò e si allontanò rapidamente, trascinando Harry con sé. Dietro di sé, mentre il ritratto si chiudeva, poté udire diversi commenti, la maggior parte dei quali contenenti il termine “bastardo”. Be', almeno non erano più arrabbiati con Potter.
Non appena ebbe girato l'angolo, lasciò la presa sul ragazzo. Harry tirò il colletto e guardò Piton, gli occhi sgranati.
“Non opporti quando ti tolgo punti, sciocco ragazzino,” lo rimbrottò Piton. “Ne perderai semplicemente di più per essere stato scortese.”
“Mi dispiace, signore,” Harry deglutì a vuoto. “Ma non stavo cercando di prendere tempo. Davvero! Semplicemente, non riuscivo a farli spostare.”
“E pensi che io non lo sappia?” chiese Piton, afferrando Harry per una spalla e tirandolo avanti. “Ti sembra che non abbia gli occhi?”
“Ma – ma se lo sapeva, perché mi ha tolto punti?” chiese Harry, sorpreso.
“Perché i tuoi compagni Grifondoro stavano diventando sospettosi a causa della tua pronta accondiscendenza ai miei ordini,” ribatté Piton. “La tua accondiscendenza malgrado la loro preoccupazione è stata considerata strana, e i Grifondoro, essendo dotati di un cervello piccolo, non amano le stranezze.”
Harry rifletté su questo mentre trottava al fianco di Piton. Finalmente afferrandone il significato, aggrottò la fronte. “Non penso che i Grifondoro abbiano un cervello piccolo. Hermione Granger è veramente intelligente.”
“Hm. Un'autentica Corvonero in una pelle di leone,” disse Piton, sarcastico.
Harry si morse un labbro. Non riusciva ad immaginare perché Piton voleva parlare con lui. Non aveva neanche avuto lezione di Pozioni, quel giorno. L'ultima volta che aveva veramente parlato con Piton era stato nella mattina successiva alla sua punizione, mentre era ancora in Infermeria.
***
Piton era arrivato lì ed era stato prontamente trascinato nell'ufficio di Chips. Dopo una lunga pausa, era riemerso con due chiazze brillanti di colore sugli zigomi, mentre la strega appariva ferocemente trionfante. Lei lo aveva sospinto verso il letto di Harry e li aveva lasciati con un definitivo, “E ti terrò d'occhio, Severus!”
“Potter,” aveva grugnito Piton.
“Sì, signore?” Harry era stato cautamente ottimista. Piton gli aveva fatto una promessa, e lui sperava terribilmente che l'uomo intendesse mantenerla. Solo perché poteva colpire forte come zio Vernon, questo non significava che non avrebbe mantenuto le proprie promesse... no?
“Potter. Ti devo le mie scuse,” aveva detto Piton in un tono piuttosto strangolato.
Il respiro si bloccò in gola ad Harry. Delle scuse? Da un adulto? Per cosa? Per cosa Piton avrebbe dovuto scusarsi con lui?
Oh, no! Si stava scusando perché non poteva mantenere la propria promessa? Il Preside era determinato ad espellere Harry, dopotutto? Era vero che la sua grafia era orribile e che lui non conosceva affatto il materiale scolastico come Granger, e neanche molto a proposito del mondo Magico come Ron, ma ci stava provando veramente, veramente molto. Erano passati solo pochi giorni! Sicuramente l'avrebbero lasciato provare un altro po' prima di decidere che era un mostro inutile?
Ma no, se Piton si stava scusando doveva essere perché non poteva fare le cose che aveva promesso di fare, come non far espellere Harry o non farlo tornare dai Dursley.
“Va bene, signore,” disse, sforzandosi di parlare intorno all'enorme groppo rovente che gli era comparso improvvisamente in gola. “Non è colpa sua.” Sbatté gli occhi con forza, ricacciando indietro le lacrime. Un piagnucolone non piaceva a nessuno.
Sperò solo che lo zio Vernon non sarebbe stato troppo furioso, quando lui sarebbe riapparso. Madama Chips gli aveva appena dato una medicina dal sapore orribile che aveva guarito tutte le ferite e i lividi sul suo sedere così come i tagli e il livido sulla sua testa. Lui non voleva davvero subire altre percosse ora che si stava finalmente sentendo meglio.
“Di cosa stai parlando, Potter?” chiese il professore, rabbiosamente. Lui era lì, e si stava veramente scusando con uno studente, e il piccolo idiota lo stava ascoltando solo a metà. Come osava dire che non era colpa sua! Cosa stava insinuando, che Piton fosse stato controllato dal fantasma di Voldemort?
“E' tutto a posto,” insisté Harry, strofinandosi rapidamente gli occhi quando le lacrime traditrici trapelarono. “So che ci ha provato. E' colpa mia. Avrei dovuto lavorare di più.” Malgrado, in tutta onestà, non sapesse dire come avrebbe potuto riuscirci. Stava già restando alzato tutte le notti fino a tardi provando a studiare e a lavorare sulla sua grafia e ad apprendere cose sulla società dei maghi. “Andrà tutto bene. Probabilmente non saranno molto arrabbiati.” Dopotutto, le ultime parole che suo zio gli aveva rivolto erano state, “Non piacerai a loro più di quanto piaci a noi, piccolo mostro!” Lo zio Vernon sarebbe stato probabilmente compiaciuto di aver avuto ragione. Questo avrebbe potuto salvare Harry dalle botte per un giorno o due. Magari più a lungo, anche, se filava dritto al lavoro e dipingeva la recinzione del giardino o qualcosa del genere.
Piton serrò i denti per la rabbia. Che cosa stava farfugliando il ragazzino? Perché non poteva solo accettare le scuse, gongolare come avrebbe fatto quel bastardo di suo padre, e lasciarlo ritornare ai sotterranei? Ma no, ora stava singhiozzando e piagnucolando e comportandosi come se Piton gli avesse lanciato una maledizione. Da un momento all'altro Chips sarebbe arrivata infuriata, e questa volta probabilmente avrebbe messo in atto la propria minaccia. Piton non voleva proprio scoprire cosa una strega infermiera di talento considerasse “un'appropriata punizione per maltrattatori di bambini”. Come osava il piccolo mostro fingere in questo modo solo per cacciare Piton ancora più nei guai? “Smettila subito di piagnucolare, Potter!”
Poi qualcosa che il moccioso aveva detto catturò la sua attenzione: “Chi non sarà arrabbiato?” Silente e il resto del corpo insegnante erano già furiosi con lui, come il piccolo mostriciattolo doveva sapere anche troppo bene. Per quale altra ragione Poppy avrebbe dovuto fisicamente trascinarlo nel proprio ufficio non appena aveva superato la soglia dell'Infermeria? Se non fosse stato così rapido con un Muffliato, l'avrebbero sentita urlargli contro fin dentro la sala comune di Serpeverde.
“I miei parenti,” rispose Harry, sorpreso.
Il cipiglio di Piton si fece spaventoso. Il disgraziato pensava di poter minacciare Piton dicendo che i suoi parenti sarebbero stati arrabbiati? Quel suo zio mostruoso avrebbe eccezionalmente usato qualcun altro oltre il ragazzo come un sacco da boxe? “Di cosa stai parlando? Che cosa c'entrano i tuoi parenti?”
“Qu-quando mi rimanderete indietro. Loro pensavano che non mi avrebbero rivisto fino all'anno prossimo. Intendevo solo dire questo -”
“Cosa? Chi ti sta rimandando da quei Babbani?” esplose Piton. “Il Preside ha detto che -”
Pessima mossa. Non appena cominciò ad urlare, Chips si precipitò fuori dal proprio ufficio. “Severus Piton! Ti ho avvertito! Adesso -”
Notevolmente più allarmato dall'espressione determinata di lei di quanto volesse ammettere, Piton indicò in fretta Potter. “Ha detto che Albus ha intenzione di rimandarlo dai Babbani!”
Questo, ovviamente, distrasse Poppy. “COSA?” Fu anche più rumorosa ed arrabbiata di Piton. “HA DETTO COSA?”
Harry guardò dall'uno all'altra, preso dal panico. “No, no!” In qualche modo si erano tutti confusi, e lui aveva la terribile impressione che fosse tutta colpa sua. Le cose, in genere, lo erano.
“ALBUS SILENTE, VIENI SUBITO QUI!” Poppy cacciò la testa nel camino.
Un attimo dopo, il sorridente Preside apparve, solo per essere affrontato da due membri furiosi del suo corpo insegnante. “Cosa intendevi fare dicendo ad Harry che deve tornare dai suoi parenti?” chiese Poppy.
Silente sbatté le palpebre. “Cosa?”
Poppy si girò verso Piton, irritata. “Non è questo che mi hai detto?”
Piton si girò per affrontare il ragazzo, solo per trovarsi un letto vuoto alle spalle. “Dov'è quel piccolo mostro?” Disse, ribollendo per la rabbia.
“Ahem.” Il Preside puntò il dito.
Sia Piton che Poppy si accovacciarono e guardarono sotto al letto. Nell'angolo più lontano, Harry si era rannicchiato in una piccola palla: solo i suoi verdi occhi spaventati erano visibili al di sopra delle ginocchia. “Mi dispiace,” bisbigliò. “Per favore, non arrabbiatevi troppo.”
“Potter, esci fuori di lì!” ringhiò Piton.
Poppy gli assestò un pugno alla spalla. Forte. “Zitto!” sibilò. “Potter,” disse, in un tono molto più dolce, “vieni qui. Nessuno ti farà del male.”
Gli occhi di Harry guizzarono verso Piton, e Poppy lo colpì di nuovo. “Vai via!”
Offeso, Piton si ritrasse per massaggiarsi la spalla dolorante. “Avanti, Harry,” lo blandì lei. “Nessuno ti farà del male. Vieni da Poppy.”
Per la segreta gioia di Piton, le moine della strega si rivelarono del tutto inefficaci. Dopo qualche minuto, lei si arrese, sconfitta. “Cosa diamine c'è che non va? Gli ho promesso che non ha nulla da temere...”
Albus le rivolse un sorriso scintillante. “Sì, mia cara, ma ti ha appena visto colpire Severus. Due volte. Con una certa forza. Immagino che possa aver presunto che, se hai colpito un collega insegnante, avresti potuto anche più probabilmente colpire uno studente.”
Gli occhi di Poppy si spalancarono per la costernazione. “Oh! Non avevo pensato a questo! Albus, prova tu.”
Il Preside si chinò. “Harry, ragazzo mio, vorresti uscire di lì, per favore?” Nessuna risposta. “Harry? Per favore?” Niente.
Lui si raddrizzò con un sospiro. “Sembra che io debba ancora guadagnarmi la fiducia del ragazzo.”
Piton sogghignò. “Considerando che deve ringraziare te per le proprie condizoni di vita degli ultimi dieci anni, io credo che stia dimostrando una rimarchevole perspicacia.” Ignorando l'occhiata scandalizzata di Poppy, si girò verso il letto. “Potter,” disse, ancora una volta accovacciandosi. “Hai intenzione di venire fuori da lì?”
“E' – è molto arrabbiato?” Potter inghiottì a vuoto.
“Lo sarò, se non esci fuori da sotto al letto” replicò Piton. “Sbrigati!”
Per lo choc di Poppy, Potter gattonò fuori da sotto il letto. Si sollevò, quasi sussultando, ma non si ritrasse quando Piton lo sollevò e lo depositò di nuovo sul letto.
“Ecco fatto.” Piton non riuscì ad impedirsi di rivolgere un'occhiata di trionfo verso la strega di malumore.
“Harry,” disse lei, avanzando molto lentamente e cautamente. “Prometto che non ti farò del male.”
“Sissignora,” assentì Harry, nervosamente. Questo era quel che dicevano tutti, giusto? Be', non Piton. Lui non aveva mai fatto un'affermazione così ridicola: ecco perché si poteva fidare dell'uomo. Quand'era arrabbiato, te lo faceva sapere, non mentiva o fingeva. Harry era piuttosto sorpreso che Piton non lo avesse picchiato non appena era emerso da sotto il letto; ma l'uomo non era venuto a scusarsi con lui per doverlo rimandare indietro dai Dursley? Magari si sentiva così in colpa che, per questa volta, avrebbe chiuso un occhio sul fatto che Harry si fosse nascosto.
“Perché hai detto a tutti che il Preside aveva intenzione di rimandarti dai Babbani?” chiese Poppy gentilmente.
Oh no. Non ancora. Se c'era una cosa che Harry odiava veramente, era che gli venisse chiesto perché aveva fatto o detto qualcosa che non era stato lui a fare o a dire. Sapeva che era meglio non negare, certo, ma prendersi una punizione per qualcosa che non aveva fatto lo faceva sempre sentire molto più arrabbiato, dentro di sé. Comunque, non c'era niente che potesse fare. Ricacciò indietro la propria ira di fronte alle ingiustizie della sua vita: arrabbiarsi o replicare avrebbe solo reso le cose peggiori per lui. “Mi dispiace, signora.” chiuse gli occhi strettamente e piegò le spalle, aspettando il primo colpo.
“Potter!” Era nuovamente Piton. Harry inghiottì a fatica. Sapeva quanto potesse fare male un ceffone dato dall'alto, cupo uomo. “Guardami!” Lui non voleva aprire gli occhi, davvero non voleva, ma sapeva che li stava facendo solo arrabbiare di più. Lo zio Vernon qualche volta voleva che tu vedessi arrivare il colpo, anche. Forzò gli occhi ad aprirsi e sbirciò prudentemente attraverso la frangia. Il professore di Pozioni lo stava guardando male, ma le sue braccia erano intrecciate sul petto. Harry sbatté le palpebre. Come aveva intenzione di colpirlo da quella posizione?
Poi Harry realizzò che Piton e gli altri in realtà erano arretrati un po'. Al momento nessuno era a portata di mano, ed Harry sedette un po' più diritto.
“Potter,” il professor Piton lo stava guardando in maniera bizzarra. “Quando ho detto che mi dispiaceva, tu hai risposto che non era colpa mia.” Sia il preside che la strega lo guardarono sorpresi. “Giusto?”
Harry annuì immediatamente. Così andava molto meglio: avrebbe potuto ancora finire picchiato, ma almeno sarebbe stato per qualcosa che aveva detto veramente.
“Cosa intendevi dire?”
“S-solo che sapevo che ci aveva provato, signore. Aveva detto che l'avrebbe fatto. Per questo non penso sia colpa sua.”
“Per cosa?” insisté Piton. C'era qualcosa di sbagliato, qui. Merlino, di che cosa stava parlando il ragazzo?
“Per la mia espulsione.”
Ora sia Piton che Chips stavano fissando Silente. “L'hai espulso?” esalò la strega.
Anche Piton appariva sconcertato. Il ragazzo non stava mentendo. Credeva veramente che sarebbe stato espulso, e da chi avrebbe ricevuto una simile notizia se non dal preside? Ma per quale diamine di ragione Albus avrebbe fatto una cosa simile? Sì, il vecchio impiccione giocava ad un gioco tutto suo, ma espellere il ragazzo? Rimuoverlo da uno dei pochi posti nei quali era al sicuro?
“Harry,” il preside fece un passo avanti, ed Harry si ritrasse. Ecco, adesso arrivava. Non era ancora sicuro di cosa avesse fatto, ma ovviamente stava semplicemente continuando a farla. Silente allungò la mano, ed Harry provò a non rannicchiarsi. Loro odiavano quando ti rannicchiavi.
“Caramella al limone?” offrì il preside, e, sbalordito, Harry realizzò che l'uomo reggeva una scatoletta di caramelle in mano. Mentre Harry guardava, il preside ne prese una e se ne fece saltare una in bocca, sorridendo con aria incoraggiante.
Gettò un'occhiata nervosa al preside e poi agli altri due. Qual era la risposta giusta? Ma i vecchi occhi scintillavano verso di lui, e malgrado fossero tristi, sembravano gentili. Harry si protese in avanti, lentamente, e quando nessuno urlò contro di lui o gli schiaffeggiò una mano, prese cautamente una caramella. “Grazie, signore,” disse educatamente. Anche se l'avessero schernito e gliel'avessero portata via il minuto successivo, doveva ancora essere educato quando qualcosa gli veniva offerto.
Con uguale lentezza portò la caramella alle labbra, aspettando il ringhio o lo schiaffo, ma non arrivarono: e poi il delizioso gusto al limone stava riempiendogli la bocca. Non riuscì a reprimere un sorriso, e il preside gli sorrise di risposta.
“Adesso, Harry, mi chiedo se potresti aiutarmi,” disse Albus con leggerezza.
“Proverò, signore,” acconsentì Harry. Guardò verso Piton. Era tutto a posto? Il professore di Pozioni si limitava a stare lì, l'espressione minacciosa, ma non sembrava più arrabbiato del solito, il che significava che Harry probabilmente non aveva fatto nulla di stupido. Per ora.
“Sembra che ci sia una po' di confusione, qui,” proseguì il preside. “Cosa ti fa pensare che sei stato espulso?”
“Vuol dire che non è così?” chiese Harry, confuso.
“Rispondi alla domanda del preside, Potter!” sbottò Piton, ed Harry fece un salto.
“Sì, signore!” inghiottì a vuoto. “Mi scusi, signore!” Guardò verso il preside e, sebbene il vecchio non sembrasse arrabbiato, si ritrasse comunque solo un pochino. Dopotutto, Piton era decisamente grosso e spaventoso, ma anche lui dava retta al preside. Questo voleva dire che il preside era ancora più potente, e non era stato lui a mandare Harry dai Dursley, tanto per cominciare? Ovviamente non ci avrebbe pensato due volte a rimandarlo da loro.
“Mi stavi dicendo perché pensavi che saresti stato espulso,” lo spronò Silente gentilmente.
“Perché il professor Piton si è scusato, signore,” spiegò Harry.
“E si è scusato perché...”
“Non poteva mantenere la sua promessa, signore. Aveva promesso che non sarei stato espulso, così...” La voce di Harry sfumò. Era sicuro che ci fosse qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa.
“Harry, il professor Piton ha davvero detto che non avrebbe potuto mantenere la sua promessa?”
“N-no, signore,” ammise Harry. “Ma per che cos'altro avrebbe dovuto scusarsi?”
Poppy si fece sfuggire un rumore strano, a metà tra un singhiozzo e un ringhio, e si allontanò bruscamente. Albus si limitò a battere piccole pacche sul piede di Harry sotto la coperta, per qualche momento. “Capisco.” Continuò con le piccole pacche ancora per un po'.
Harry spostò lo sguardo dal preside al professore. Piton aveva un'espressione tanto minacciosa che sembra fosse sul punto di esplodere, mentre il preside appariva molto vecchio e molto triste. “Signore? Mi dispiace,” offrì Harry. Non aveva ancora idea di cosa avesse fatto di sbagliato, ma in genere scusarsi era una buona idea.
“Potter, smetti di scusarti!” sbottò il professor Piton. D'accordo, forse non proprio una buona idea, dopotutto.
“Sì, signore, mi scusi, signore,” replicò Harry automaticamente, prima di realizzare cosa aveva fatto. “Mi scus-” si interruppe prima di farlo di nuovo.
Silente rise piano, sebbene non sembrasse pensare che ci fosse qualcosa di molto divertente. “Vedo che il lavoro è fatto apposta per te, ragazzo mio.” Si alzò in piedi, diede al piede di Harry un'ultima pacca gentile, poi poggiò la scatola di caramelle al limone sul letto. “Per te, Harry.”
Dopodiché, lo lasciò da solo, di nuovo, con il professor Piton. “Signore? Mi -” Harry pensò che scusarsi ancora non fosse una buona idea. “Uhm, cosa ho fatto di sbagliato?” chiese. Sapeva che questo non sarebbe bastato ad evitargli di essere punito, ma forse, se avesse saputo cosa aveva fatto, avrebbe potuto evitare di rifarlo in futuro.
Piton aggrottò la fronte. “Sta' buono, Potter. Ascolta solo.”
Harry si raddrizzò, obbediente, e sembrò attento. “Tu non stai per essere espulso, Potter. Quando ho detto che non saresti tornato da quei tuoi parenti, intendevo mantenere la mia parola. Tu non vivrai più con loro. Mai più.” Gli occhi di Harry si accesero di speranza, e Severus si trovò con il fiato mozzo. Lily lo stava guardando, e lui dovette combattere per tenere la voce sotto controllo.
“Resterai qui ad Hogwarts, e se anche mai dovessi fare qualcosa di talmente straordinario da richiedere la tua espulsione – il che è difficile da immaginare, dato l'attuale Preside – anche allora non tornerai da quei disgustosi Babbani. Sono stato chiaro?”
Harry annuì. Non credeva che sarebbe stato in grado di parlare. Sarebbe rimasto! Sarebbe rimasto!
“Le scuse che ti ho rivolto erano per le ferite che ti ho causato ieri,” proseguì Piton. “Non avrei dovuto colpirti in quel modo, e mi scuso.” Ora perché il ragazzino stava aggrottando la fronte? Si era scusato molto gentilmente – anche Minerva sarebbe rimasta impressionata. “Cosa c'è?” chiese, offeso.
“Perché si sta scusando per quello?” chiese Harry, candidamente. Si era comportato male in classe, aveva fatto un disastro con le frasi, e aveva provato a lasciare la sua punizione in anticipo. Perché il professore si stava scusando per averlo punito?
Piton lo fissò. Il ragazzino stava cercando di essere divertente? Ma no, anche senza Legilimanzia era chiaro che Harry non ci vedesse sinceramente niente di sbagliato con il modo in cui era stato trattato.
“Ne discuteremo più avanti,” prese tempo. “Per ora, accetterai semplicemente la mia parola sul fatto che sia stato inappropriato.”
“Sì, signore.” disse Harry, ubbidiente.
“Continua a riposarti,” lo istruì Piton, la voce ancora una volta gelidamente formale. “Parleremo quando ti sentirai meglio.”
“Sì, signore,” Harry annuì. “Grazie, signore.”
***
E ora Piton l'aveva tirato fuori dal suo dormitorio – presumibilmente per portare avanti quel discorso che era stato rimandato? Almeno questo era quel che Harry sperava. Non pensava di essere nei guai... Ma, dopotutto, c'erano già state infinite volte nelle quali aveva commesso quell'errore. Meglio controllare.
“Signore, ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese, cercando di non suonare nervoso.
“Sai qualcosa che io dovrei sapere?” chiese Severus asciuttamente.
“No, signore!” gli assicurò Harry, scuotendo vigorosamente la testa.
“Molto bene. Entra,” gli ordinò Piton, aprendo un ritratto con una parola d'ordine mormorata. Harry obbedì e si trovò in un grande salotto. Tè e biscotti aspettavano su un basso tavolino.
“Siediti, Potter,” Severus indicò il divano, ed Harry obbedì cautamente. Questo era un po' strano. Perché si trovava in quelle che dovevano essere le stanze private del professore?
L'istante successivo il caminetto ruggì, e la testa della professoressa McGranitt apparve tra le fiamme. “Severus? Hai tu – Ah. Potter, sei lì.”
“Sì, signora,” rispose Harry docilmente.
“Severus, per caso mi potresti spiegare perché metà della mia Torre è entrata correndo nel mio ufficio per informarmi che avevi rapito il signor Potter ed eri al momento probabilmente intento ad eviscerarlo?”
“Forse perché i tuoi studenti sono insolenti, irrispettosi idioti che hanno letto troppi racconti epici?”
“Severus Piton, non c'è ragione per una simile maleducazione!” Minerva, fastidiosamente, usò con lui lo stesso tono che adoperava con i sui suoi piccoli leoni, e Severus udì una risatina soffocata alle sue spalle. Lanciò un'occhiata promettendo morte istantanea al moccioso sul divano, ed Harry si nascose in fretta dietro alla sua tazza di tè.
“Sono andato a recuperare Potter e i tuoi studenti hanno immediatamente dedotto che avessi intenzioni malefiche. Sono sempre così inclini a fantasie paranoiche? Avrei pensato che simili sfoggi di inventiva fossero pressoché riservati alla mia Casa.”
Lei gli rivolse un sorrisetto compiaciuto. “Solo quando tu sei coinvolto, Severus. Dovrei rassicurarli del fatto che il signor Potter goda ancora di buona salute.”
“Farai anche bene ad assegnare loro dei punti per qualunque eufemismo tu useresti per riferirti ad un'irragionevole bravata mascherata da sfoggio di iperprotettività, o il signor Potter potrebbe essere criticato per la parte svolta nel condurmi sulla vostra soglia,” aggiunse Piton con riluttanza. Doleva - o, come doleva! - anche solo contemplare di assegnare punti al Grifondoro; ma non voleva che il moccioso iniziasse male il rapporto con i suoi compagni di Casa. Sapeva troppo bene come poteva essere dover attraversare sette anni ad Hogwarts senza l'amicizia ed il supporto della tua Casa.
Minerva era ovviamente sconcertata; ma poi il suo sguardo scivolò al di sopra della spalla di lui, e la sua espressione si ammorbidì. “Sei un brav'uomo, Severus Piton,” disse inaspettatamente. Prima che Severus potesse commentare acidamente la sua nuova abitudine di sputare non sequitur1, lo sguardo della McGranitt ritornò su di lui. “Penso che venti punti per aver protetto un compagno di Casa dovrebbero andar bene.”
“Quindici sarebbero più che sufficienti!” replicò Piton. “Dieci, anche, considerando i commenti maleducati che hanno fatto riguardo alla mia igiene personale.”
Questo causò un'altra risatina dietro di lui, prontamente trasformata in un accesso di tosse.
“Grazie per il suggerimento, Severus. Provvederai affinché il signor Potter faccia ritorno senza correre rischi?”
“No, Minerva,” sbottò lui. “Lo lascerò libero di vagare nei corridoi finché non sarà o catturato da Gazza o mangiato da Fluffy.”
“Il sarcasmo non è affatto necessario,” lei fece una smorfia e, con un ultimo cenno verso Harry, si ritirò.
Harry tenne gli occhi fermamente fissi sul proprio tè. Magari non sarebbe stato punito per le risatine. Magari il professor Piton non l'aveva sentito veramente. Magari...
“L'hai trovato così divertente, Potter?”
Lui alzò la testa, spaventato. “Mi dispiace, signore!” Ma, guardando con attenzione l'uomo, Harry realizzò che Piton non era davvero arrabbiato. Oh, aveva ancora l'espressione accigliata, ma lui ce l'aveva sempre. I suoi occhi non erano duri. Semmai, sembravano quasi un po', be', rassegnati. Ma non poteva essere così, no? “Mi dispiace, signore.”
Piton alzò gli occhi al cielo. “Ora per che cosa ti stai scusando, Potter?”
“Um, per essere qui?”
“Ti ho portato io qui, Potter. Hai dimenticato questo piccolo fatto?”
“No, intendo dire per essere stato qui quando la professoressa McGranitt ha detto quelle cose. Lei, ehm, lei la tratta un po' come uno studente, ogni tanto, sì?”
Piton emise un ringhio, ma Harry non pensava fosse rivolto a lui. “Non assumere mai una posizione da insegnante alla tua alma mater2, Potter. A meno che non vi sia stato un cambio completo del corpo insegnante.”
“Uhm, sì, signore,” assentì Harry obbediente. Povero professor Piton, non c'era da sorprendersi che dovesse essere così aggressivo tutto il tempo. Non era solo che gli studenti avrebbero probabilmente fatto saltare in aria mezzo castello se non l'avessero ascoltato, ma anche che nemmeno gli altri insegnanti gli mostravano molto rispetto. Harry sapeva cosa significava sentirsi un pesce fuor d'acqua. Gettò a Piton uno sguardo di simpatia.
Piton aggrottò la fronte. E questo, perché? L'espressione del moccioso era quasi amichevole. Come poteva il furfantello provare per Piton qualcosa che non fossero terrore e disgusto?
“Potter, dobbiamo parlare del tuo futuro,” annunciò duramente.
Harry sentì lo stomaco contorcersi. Si fidava di Piton sul fatto che non sarebbe dovuto tornare dai Dursley, ma allora dove sarebbe andato? In un orfanotrofio? Poteva ancora frequentare Hogwarts e tornare all'orfanotrofio solo durante le vacanze? Si morse il labbro, ansiosamente.
Piton aggrottò la fronte, pensieroso, mentre si sedeva di fronte al moccioso. Aveva avuto un'idea brillante, dopo aver parlato con i Weasley. Se Harry avesse obiettato alla nomina di Piton come suo tutore, sicuramente Silente non avrebbe insistito. La vecchia folaga sembrava essere stata sinceramente turbata dal trattamento subito in passato dal ragazzo, così se Harry fosse uscito dai gangheri di fronte all'ipotesi di avere Severus come tutore, il Preside non avrebbe potuto costringerlo ad avere un altro adulto odiato sopra di sé.
Così, tutto quel che Severus aveva da fare era presentare il piano a Potter, aspettare che il moccioso cominciasse a gridare e poi convocare Albus. Piton sicuramente non avrebbe potuto essere accusato, se il giovane Grifondoro non avesse voluto l'Untuoso Bastardo come tutore, ed Albus avrebbe dovuto semplicemente ricominciare le ricerche per un genitore appropriato. Ghignò quasi. Forse il Preside avrebbe scelto Minerva. Piton riusciva quasi ad immaginare l'espressione della vecchia strega la prima volta che Potter si fosse nascosto sotto al letto. O forse Silente avrebbe preso il ragazzo per sé? Ma no, Severus ricordò con qualcosa più che una punta di soddisfazione, Harry aveva messo abbondantemente in chiaro che non si fidava del Preside.
“Potter, come ho detto prima, tu non tornerai dai tuoi parenti Babbani,” cominciò Piton, passando al ragazzo i biscotti. Poteva sicuramente cominciare piano e con calma, e lasciare che Silente vedesse che lui aveva provato ad ingraziarselo. Non era colpa sua se Harry era un Grifondoro fatto e finito e non avrebbe mai accettato la supervisione di un Serpeverde.
“Grazie, signore!” Vedendo la gioia negli occhi del ragazzo, Severus dedusse che non stesse puramente esprimendo apprezzamento per il cibo.
“Il modo in cui sei stato trattato è inaccettabile, e -” Il moccioso cominciò a parlare, ma poi decise ovviamente che era meglio non farlo. Piton sospirò. Questa timidezza avrebbe dovuto passargli molto in fretta. Non che lui volesse che il ragazzo ereditasse i modi arroganti del padre, ma vedere un Potter rannicchiarsi era stranamente inquietante. “Che c'è, Potter? Chiedi quello che vuoi.”
“Ecco, mi stavo solo chiedendo cosa facessero che fosse sbagliato. Non che io voglia tornare indietro!” aggiunse in fretta. “Ma... perché mi state portando via da loro ora? E' per via della lettera?”
Piton aggrottò la fronte. “Quale lettera?”
“La lettera da Hogwarts. E' stato perché non mi hanno lasciato rispondere? Interferire con la posta via gufo è veramente una cosa così terribile?”
L'espressione di Piton si adombrò di fronte all'ingenuità del ragazzo. Questo era decisamente preoccupante. Cosa sarebbe venuto dopo? Mi scusi, signore, ma come fa a sapere che i Mangiamorte sono malvagi? Voglio dire, loro non portano addosso segnali che dicono che lo sono. Siamo sicuri che intendano uccidermi? Forse dovrei cominciare una conversazione con loro quando ci incontriamo, piuttosto che alzare uno scudo, giusto per essere sicuri. Potter avrebbe avuto le aspettative di vita di una mosca domestica se qualcuno non gli avesse insegnato qualche semplice nozione di vita.
“No, assurdo ragazzino. Quel che hanno fatto di sbagliato è stato picchiarti ed affamarti ed insultarti e mentiti. Sono disgustose, malvagie creature che hanno sfogato le proprie mancanze su un bambino innocente e indifeso.”
Harry sbatté le palpebre. “Ma...”
“Cosa?” Quest'abitudine di iniziare a metà una frase e poi rimangiarsela avrebbe fatto impazzire Piton. Era una buona cosa sapere che non avrebbe avuto a che fare con il moccioso ancora a lungo.
“Ma loro si sono comportati così da sempre!” Se ne uscì fuori Harry. “Quindi perché non mi avete portato via prima?”
Ah. Forse non era poi così idiota, dopotutto. Severus rifletté. Cosa avrebbe dovuto dire? Provava un sentimento di lealtà verso Silente, e sapeva che la sfiducia di Potter feriva il vecchio profondamente. D'altra parte, trovava difficile credere che la decisione dell'anziano mago di affidare Potter ai Dursley fosse stata un errore come sembrava essere. E se Silente avesse saputo esattamente che genere di vita domestica Potter avrebbe avuto e fosse comunque andato avanti lasciandolo lì per ragioni proprie? Se l'attività di spia di Piton gli aveva insegnato una cosa, era che Silente avrebbe messo le persone sulla linea di fuoco se avesse pensato fosse per il bene superiore. Se era stato convinto che permettere che Harry crescesse in una casa di abusi e priva di amore l'avrebbe reso un'arma migliore contro Voldemort, Albus avrebbe esitato? Piton onestamente non lo sapeva.
Alla fine disse l'unica cosa che sapeva essere vera. “Non appena io sono venuto a conoscenza della tua situazione, Potter, ho preso provvedimenti per porvi fine.”
Gli occhi di Harry si spalancarono, e poi il bambino annuì. C'era uno sguardo nei suoi occhi che Severus non riconobbe: ma lo classificò come ininfluente e proseguì.
“Come ho detto, tu non tornerai dai Babbani. Comunque, sei ovviamente troppo giovane per vivere da solo, così ti devono essere trovati una nuova casa e un nuovo tutore.”
“Potrei andare a vivere con Ron?” Chiese Harry, prima di tapparsi rapidamente la bocca con le mani. Sapeva di non dover interrompere.
Piton ignorò il gesto. “Ho già parlato con i genitori del signor Weasley. Ci hanno invitati a cena domani per discutere della possibilità che tu trascorra del tempo con loro ad ogni vacanza.” Gli occhi di Harry scintillarono per la delizia. “Ti suggerirei di non parlare di questo con i tuoi compagni, ancora, perché non è ancora stabilito. Devi incontrare prima il signore e la signora Weasley e vedere se andate d'accordo.”
“Sì, signore.”
“Ma anche se andrà tutto bene, i Weasley non ti adotteranno.” Piton provò uno spasmo nel vedere la faccia di Harry contrarsi. Si sentì stranamente spronato a spiegare in fretta, quasi fosse colpito dal dolore del ragazzo: ma sicuramente non poteva essere così. Dopotutto, lui era l'orribile, sgradevole professore di Pozioni Mangiatore di Morte. A lui non importava se uno studente piangeva. Ma, malgrado tutti, proseguì comunque alla svelta. “Gli Weasley hanno una famiglia numerosa e sono felici di allargarla per includerti. Ma avrai bisogno di più che una sedia al tavolo della cena: avrai bisogno anche di una tua famiglia, una che non sia distratta dalla concorrenza delle necessità degli altri figli. Dunque avrai un tutore che sarà focalizzato su di te, e nel contempo l'opportunità di spendere del tempo in un contesto familiare con i Weasley. Capisci?”
La tristezza di Harry era evaporata come per magia. “Intende dire che avrò due famiglie?”
Piton rifletté. “Suppongo potresti metterla in questi termini.”
“Wow!”
“Sì, be'...” Piton si schiarì la voce. “Parlando di chi sarà il tuo tutore -” Ecco che arrivava. Si preparò mentalmente per la scenata e si assicurò di avere la Metropolvere a portata di mano. Avrebbe avuto bisogno di contattare Silente mentre il moccioso era in pieno attacco isterico.
“Potrebbe essere lei?” La voce di Harry era così bassa che Piton non era sicuro avesse veramente parlato.
“Cosa!”
Harry chinò la testa. Stupido! Era così stupido! Come aveva potuto semplicemente uscirsene fuori così? Avrebbe dovuto sapere che non doveva chiedere qualcosa del genere. Ora il professor Piton sarebbe stato furioso con lui. Perché qualcuno come Piton avrebbe dovuto volere un mostriciattolo come Harry? Harry non era neanche un membro della sua Casa. Era solo uno degli studenti del Professore, così praticamente qualunque altro ragazzo ad Hogwarts.
Harry sbirciò attraverso la frangia e si affrettò ad abbassare lo sguardo. O, sì, Piton era veramente arrabbiato. Aveva quell'espressione maniacale ad occhi spalancati che aveva avuto l'ultima volta proprio prima che schiaffeggiasse Harry. Harry serrò di nascosto le dita attorno al cuscino sul quale era seduto, sperando che avrebbe aiutato ad ancorarlo se fosse stato colpito ancora.
“Cosa hai detto?”
Harry deglutì. “Mi dispiace. E' stato molto scortese da parte mia chiederlo.”
“Cosa hai detto?”
“Ho chiesto se avrebbe potuto essere lei il mio tutore,” disse Harry nella voce più bassa che riuscì a tirar fuori. Si fece forza. Fissò il pavimento, preferendo venire colto di sorpresa dal colpo piuttosto che dover guardare lo sguardo di disgusto che era certo che il professore gli stesse rivolgendo.
Piton sbatté le palpebre per lo sconvolgimento assoluto. Non riusciva a ricordare l'ultima volta in cui era stato preso così di sorpresa. Be', eccezion fatta per la notte in cui aveva appreso la verità sulla vita familiare di Harry. Perché questo fastidioso moccioso continuava a scioccarlo? Si supponeva che lui fosse imperturbabile, inamovibile, insensibile. E tuttavia l'irritante ragazzino continuava ad insinuarsi oltre le sue difese.
“Perché vorresti che io fossi il tuo guardiano?” chiese. Fu compiaciuto di notare che lo stupore veniva fuori suonando come fosse rabbia.
Harry non sembrò intenzionato ad alzare lo sguardo. Sollevò una spalla in una mezza scrollata.
“Rispondi alla mia domanda,” comandò Piton in tono tagliente.
Harry non era certo se non essere ancora stato colpito o deriso fosse un buon segno o un pessimo segno. Sapeva che Piton non avrebbe acconsentito alla sua richiesta - quando era stata l'ultima volta che Harry aveva ottenuto qualcosa che aveva chiesto di avere? - ma pensò che forse, solo forse, avrebbe potuto spiegarsi in maniera tale che l'uomo si sarebbe sentito almeno un po' lusingato, invece che disgustato. “L-lei è gentile.”
“Potter! Io non sono gentile!” Suonava come se avesse appena accusato l'uomo di qualche pratica veramente orribile.
“Lei è stato gentile con me,” disse Harry testardamente. “Nessun altro lo è. Be', eccetto per Hagrid o Ron. E lei ha già detto che passerò del tempo con i Weasley, ed Hagrid, be', non penso che sarebbe un buon tutore. E' un grande amico e tutto, ma non pensò che sarebbe molto, sa...”
Piton represse uno sbuffo divertito. Bene, il ragazzo non era un completo idiota. Ovviamente aveva già inquadrato Hagrid.
“Vai avanti.”
“E lei non mi ha mentito. E tutti quanti dicono che è veramente intelligente. E nessuno se la prende con lei, così forse se fosse il mio tutore, nessuno se la prenderebbe con me, anche.” La voce di Harry sfumò e lui si rannicchiò per la disperazione. Bel lavoro, Harry. Di tutte le cose che avresti potuto dire, hai dovuto scegliere quella che mostra quanto tu sia bisognoso e disperato. Certo che ti sceglierà, ora. Chi non vorrebbe un tale inutile, lamentoso piccolo mostriciattolo?
Piton scoprì che era diventato improvvisamente difficile deglutire. L'ossuto bambino dai capelli scuri, rannicchiato così desolatamente nell'angolo del divano, aveva riportato indietro un inaspettato fiume di ricordi. Bramare disperatamente di appartenere, avere bisogno che qualcuno lo proteggesse, o anche solo che si preoccupasse almeno un po', desiderare che qualcuno – chiunque – provasse affetto per lui... E, ovviamente, non ricevere nulla se non violenza da tutte le parti: suo padre, i Malandrini, i suoi compagni di Casa. E tanti saluti ad Hogwarts che avrebbe dovuto essere un santuario. Sì, gli aveva risparmiato il peggio degli eccessi di suo padre, ma non gli aveva precisamente offerto sicurezza, non quando era stato costantemente attirato in imboscate e deriso. C'era poco da meravigliarsi che fosse caduto preda delle blandizie del Signore Oscuro: sebbene, certo, alla fine si era rivelato anche lui solo un altro sadico, violento tormentatore.
Piton soffocò le proprie emozioni con brutale efficienza. Qui non si stava parlando di lui. Si stava parlando del demonietto Potter... Sebbene non assomigliasse affatto ad un demonietto, tutto raggomitolato in quel modo. Più ad un qualche patetico, rotto... Basta. Basta così. Stai diventato ridicolmente sentimentale, si disse con fermezza. Che differenza fa, per te, se il figlio di James Potter ha avuto un'infanzia spaventosa come la tua? Perché dovrebbe importarti se – e poi il bambino guardò in su, e gli occhi di Lily lo pregarono.
“Sì.” Quasi si guardò intorno per vedere chi aveva parlato. Non poteva essere stato lui, giusto?
Note alla traduzione:
1non sequitur: nell'originale non sequitars, ho preferito riportare la forma al suo originale latino. Potete trovare qui il significato dell'espressione.
2alma mater: così nell'originale. Potete trovare qui il significato dell'espressione, alla sezione Usi in accademia.
L'impaginazione è stata modificata rispetto all'originale: Fanfiction.Net ha un'impaginazione ben diversa da EFP, e il risultato agli occhi dei lettori italiani sarebbe apparso lievemente caotico, credo, se non avessi fatto così. Ho separato la sezione del racconto in analessi ambientato nell'infermeria e diviso le scene in cui il punto di vista è quello di Harry da quelle in cui il punto di vista è quello di Piton. Si ringrazia sentitamente Salice, come sempre Amata Beta agli orari più improbabili, per il consiglio. Spero che il risultato sia gradevole.
Di nuovo, la vita è stata più forte di noi, ma alla fine ce l'abbiamo fatta! x°D Potete trovare qui la traduzione che ho pubblicato da poco di una deliziosa storia di Lucillia, un'autrice splendidamente ironica e multiforme.
Un grazie a chi continua a seguire questa storia e si ferma a lasciare un parere! Si ringrazia in particolar modo Vekra, che praticamente si ri-beta ogni capitolo, tutte le volte. |
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
“Sì.” Quasi si guardò intorno per vedere chi aveva parlato. Non poteva essere stato lui, giusto?
Gli occhi scintillanti del ragazzo gli dissero che sì, era stato lui. Prima che potesse maledire sé stesso od obliviare il moccioso, il corpo di Harry si era lanciato contro il suo, afferrandolo attorno ai fianchi. La forza assolutamente inaspettata del piccolo ma solido corpo gli levò il fiato, e gli occorse un momento per poter parlare... O, almeno, questo fu quello che si disse fieramente.
“Sì, d'accordo, d'accordo,” esclamò in tono seccato, assestando piccole pacche caute sulla spalla del moccioso. Tutti i bambini erano così... infantili?
“Diceva sul serio?” Harry guardò verso di lui, ma mantenne la stretta ferrea attorno alla vita di Severus. Questo causò al piccolo mento appuntito del moccioso di piantarsi nel suo plesso solare, e fece venir fuori la voce di Severus un po' più priva di fiato del solito - be', così è come spiegò la cosa a sé stesso.
“L'ho detto, no?” sbottò. “Mi stai accusando semplicemente di insincerità oppure di pura disonestà?”
“No, no!” protestò Harry, gli occhi che si spalancavano per l'orrore. “Intendevo solo dire – Non pensavo -”
“Ovviamente.” Piton gli rivolse un'occhiataccia. Per qualche ragione le sue mani si trovavano ancora attorno alle spalle del piccolo mostro, malgrado la sua intenzione fosse stata chiaramente quella di respingerlo già da un pezzo.
Harry chinò la testa e affondò il capo nelle vesti di Piton, colpendo nuovamente lo stomaco dell'uomo e forzando un grugnito fuori da lui.
“Grazie,” disse piano il moccioso contro i suoi vestiti.
“Prego,” replicò burberamente. Merlino – che cosa ho fatto? Ora come mi libererò del moccioso?
“Sto facendo bene?” chiese Harry con incertezza, ancora tenendo stretto Piton come se avesse intenzione di non lasciarlo andare mai.
“Facendo bene cosa?” chiese Piton, irritato. Ora di che cosa stava parlando il piccolo orrore? Era così che sarebbe andata avanti? Le infinite domande? Il bisogno di costante rassicurazione? Lui non era mai stato così pieno di necessità! … Tu non hai mai avuto nessuno al quale potessi esprimere i tuoi bisogni, puntualizzò una voce traditrice nel fondo della sua mente.
“Abbracciare.” Harry guardò verso l'alto, ancora, con espressione preoccupata. “L'ho fatto solo una volta, prima, quando la signora Weasley ha salutato me e Ron alla stazione. Lei ha abbracciato prima lui e poi me. Non ero sicuro di cosa dovessi fare. Ron si era tirato via, ma sembrava sgarbato, così non l'ho fatto, ma non sapevo se c'era qualcos'altro invece che avrei dovuto fare.”
Questo pose effettivamente fine ad ogni dubbio che Piton potesse aver avuto riguardo al modo in cui i Babbani avevano trattato il ragazzo.
“Giusto.” La sua furia omicida, impossibilitata a scatenarsi sui bersagli appropriati, trovò una via di uscita in un'altra direzione. Tirò via il ragazzo e lo fece sedere ancora sul divano, inchiodandolo sul posto con gli occhi. “Tu ed io abbiamo bisogno di fare una piccola chiacchierata.”
Harry sussultò immediatamente, ritraendosi, gli occhi che si scurivano per il panico. Stupido! Lo zio Vernon aveva fatto di queste “chiacchierate” con lui, prima. Si assestò mentalmente un calcio. Come aveva potuto essere così idiota? Sapeva di non dover provare ad abbracciare qualcuno – era stato schiaffeggiato a sufficienza per averci provato con i suoi parenti – e solo perché il professore era così gentile da aiutarlo ad evitare l'orfanotrofio non significava che volesse essere toccato da un mostriciattolo come Harry. Non appena Piton aveva acconsentito ad essere il suo tutore, Harry era saltato su e l'aveva abbracciato. Nessuna meraviglia che stesse per prenderle; poteva solo sperare che il professore non avrebbe cambiato idea su tutto il resto. “Mi dispiace molto,” farfugliò. “Non lo farò più. Ero solo eccitato. Non la toccherò più. Davvero.”
Gli occhi di Piton si strinsero. Così il piccolo prezioso Grifondoro non voleva toccare lo sporco Serpeverde? “E precisamente cosa c'è di sbagliato in me che non osi macchiarti toccandomi?” domandò in tono minaccioso. Se il mocciosetto pensava di essere in grado di insultarlo impunemente...
La faccia di Harry si velò di confusione. “Non è lei. Sono io. So di non dover toccare le persone normali.” Subito dopo andò veramente nel panico davanti all'espressione di Piton. “Mi dispiace!” esclamò, rannicchiandosi prima dell'inevitabile colpo.
“Potter!” Piton si sforzò di reprimere la propria furia. Sarebbe stato così felice di visitare quei Babbani. “Smetti di raggomitolarti e di scusarti!”
“Mi disp –” Harry si trattenne. Guardò Piton con occhi spaventati. Non riusciva a capire perché, malgrado la rabbia ovvia dell'uomo, questi non avesse ancora colpito Harry. Cosa stava aspettando?
Il professore prese un respiro profondo e usò tutte le proprie abilità nell'Occlumanzia per calmarsi. “Potter,” disse, in un tono molto più pacato. “Chi, precisamente, tu consideri persone 'normali'?”
Harry sbatté le palpebre. “Uhm, sa. Le persone che non sono mostri.”
“E chi è precisamente un mostro?”
“Io,” disse Harry con un'assoluta mancanza di autoconsapevolezza. Avrebbe potuto star parlando del colore dei suoi capelli.
Piton snudò i denti. Quei Babbani avrebbero pagato per questo. “E perché sei un mostro?”
“Uhm, be', perché sono diverso. Sa, dalle persone normali.” Harry studiò il suo professore con confusione. Perché stava facendo tali semplici, ovvie domande? Avrebbe potuto quasi chiedere perché il sole era caldo.
“E le persone normali sono i tuoi parenti?” sputò Piton.
Harry annuì.
“Dunque sei considerato un mostro per essere diverso dai Babbani?” Un altro cenno di assenso. “Per essere un mago?” Un altro assenso. “Perciò, ovviamente, consideri anche me un mostro.”
Colto dal panico, Harry cominciò a scuotere la testa. No, no! Non aveva avuto intenzione di insultare il professor Piton!
“E di conseguenza non hai bisogno di evitare di toccarmi, dato che siamo entrambi mostri,” proseguì Piton inesorabilmente, talmente preso dalla propria rabbia verso i Dursley da non essersi reso conto del fatto di aver appena dato al ragazzo il permesso di abbracciarlo. “In effetti, puoi abbracciare chiunque nel Mondo Magico, il che include chiunque qui ad Hogwarts eccetto Gazza, e non riesco a immaginare che neanche tu saresti sufficientemente disperato da abbracciare quel Magonò.” Harry lo stava fissando, la bocca spalancata. “Comunque, se anche solo contemplerai l'ipotesi di abbracciare quel tricheco di tuo zio o qualunque altro di quegli spregevoli Babbani, ti farò rinchiudere da Madama Chips in Infermieria fino a quando i guaritori del San Mungo non potranno venire a prenderti.” Piton gli lanciò uno sguardo torvo. “Ragazzino idiota, come osi pensare di essere tu il mostro? Ogni parola che ti hanno detto è stata o deliberatamente errata o una menzogna lampante. La prossima volta che li citerai, ti laverò la bocca con il sapone. Le loro bugie sono più sporche di quanto non potrebbe essere qualunque imprecazione.”
Harry batté le palpebre, sbalordito da questo filo di pensiero. Sì, aveva saputo che i suoi parenti non erano stati onesti con lui fin dal momento in cui Hagrid aveva aperto – be', aveva fatto esplodere – la porta, ma non aveva ancora del tutto afferrato quanto assolute fossero state le loro menzogne. Finché Piton non aveva esposto le cose in questo modo non aveva realizzato che la sua intera visione del mondo potesse essere in qualche modo... sbagliata.
“Ti ricordi le orribili regole di quei Babbani?” chiese Piton. Harry inghiottì e annuì. “Ottimo. Devi dimenticarle. Interamente.” Harry sgranò gli occhi.
iton gli rivolse un'occhiataccia. Il ragazzo sembrava imbecille, con la bocca spalancata a quel modo. “Che c'è di così difficile da capire, Potter. Io sono il tuo tutore, ora, e tu avrai un nuovo elenco di regole.”
“Sì, signore,” Harry riuscì a balbettare. Questo, almeno, aveva un senso.
“Tu seguirai ovviamente le classi come precedentemente sistemato e vivrai nel dormitorio con i tuoi compagni di Casa. Comunque, mi accorderò con il Preside affinché un'altra stanza sia aggiunta ai miei quartieri per te, così che -”
“Una stanza? Un'intera stanza? Per me?” Harry non aveva potuto farne a meno, gli era semplicemente scappato.
Piton alzò gli occhi al cielo. Merlino lo salvasse dai Grifondoro imbecilli. Perché il ragazzo non poteva essere quantomeno un Corvonero? “Sì, Potter. Una stanza. Per te. In quale altro posto vorresti dormire? In un ripostiglio?” Per suo sbalordimento, Harry annuì meramente. Uno spaventoso sospetto si fece strada nella mente di Piton.
“Potter, dove vivevi, esattamente, nella casa di quei bastardi Babbani?”
“Come era scritto sulla mia lettera da Hogwarts,” spiegò Harry, chiedendosi perché questo giungesse come una novità al professore. “Nel ripostiglio sotto le scale.”
Piton non aveva voluto così tanto maledire qualcuno dal giorno in cui il padre e il padrino di Harry avevano provato a sabotare la sua pozione per i M.A.G.O.. “E com'era esattamente una giornata tipica in quella casa?”
Harry si morse il labbro inferiore, domandandosi perché Piton fosse così curioso. Poi capì. Probabilmente voleva sapere in quale genere di compiti Harry era bravo, così che potesse assegnargli i suoi nuovi incarichi. Harry si raddrizzò a sedere – con un po' di fortuna sarebbe riuscito ad impressionare Piton con tutte le cose che poteva fare. L'uomo non sarebbe rimasto deluso di averlo adottato, una volta che avesse realizzato quanto utile Harry poteva rendersi.
“Mi alzavo per primo e preparavo la colazione per tutti,” cominciò ubbidiente. “Dopo aver servito tutti e aver pulito la cucina, mi occupavo dei compiti della mattina. Se non era un giorno di scuola, di solito cominciavo con il giardino, poi la casa, e le domeniche lavavo sempre la macchina. Dopo aver preparato il pranzo in genere potevo avere un panino o qualche avanzo prima di cominciare i compiti del pomeriggio. Se zia Petunia aveva invitato il suo club di giardinaggio o di lettura o qualcosa del genere, allora preparavo il soggiorno per loro prima di fare il tè. Finivo di solito tutti i compiti in giardino prima di preparare la cena – allo zio Vernon piaceva che riverniciassi il capanno e la recinzione tutte le volte che sembravano sporche, così lo facevo spesso. Quando i miei parenti avevano finito di cenare, se mi era permesso di mangiare, lo facevo prima di pulire la cucina e lavare il pavimento, e poi andavo a dormire.” Fece una pausa, riflettendo. “Oh, e sono un bravo cuoco. Anche le signore del club di bridge lo dicono. E riesco a dipingere le cose molto bene, senza sgocciolature o niente del genere. Ho fatto un sacco di giardinaggio, dal piantare semi al tagliare il prato allo strappare le erbacce e al potare le siepi. E posso pulire il bagno davvero in fretta, così da non stare in mezzo ai piedi. So che devo stare attento sulle impronte di dita e cose così, perciò non deve preoccuparsi.”
Piton lo stava fissando. Quella vecchia folaga idiota aveva trasformato Harry nel Ragazzo Sopravvissuto Per Essere un Elfo Domestico Per Babbani. Anche il padre di Piton, con tutta la sua brutalità, non si era aspettato un tale livello di servilità da parte sua. A che cosa stava pensando Silente quando aveva permesso a quegli orridi Babbani di maltrattare così il ragazzino? “Pensi veramente che io abbia acconsentito ad essere il tuo tutore perché ho bisogno di un elfo domestico?” Davanti allo sguardo vacuo di Harry, Piton si ricordò che il ragazzo era nuovo a tutte le cose magiche. “Uno schiavo.”
Harry aggrottò la fronte. “In quale altro modo mi posso guadagnare da mangiare, signore?”
Piton strinse la radice del naso tra due dita. Questo stava diventando orribilmente deprimente. “Fammi indovinare. Un'altra regola dei Dursley era niente lavoro, niente cibo.”
Harry annuì. “Se non faccio un buon lavoro, non merito di mangiare, e vengo punito.”
Gli occhi di Piton si strinsero. “Punito come? In aggiunta all'essere affamato, intendo,” aggiunse con sarcasmo.
Harry abbassò gli occhi. Immaginava fosse solo giusto che il suo nuovo tutore sapesse come i suoi parenti l'avevano punito, ma sperava veramente che il professore potesse non essere esattamente tanto severo come lo zio Vernon. Certo, si ricordò, consolandosi, mentre frequentava Hogwarts c'erano tre pasti al giorno, così, a qualunque altra punizione fosse andato incontro, probabilmente non sarebbe rimasto senza cibo... A meno che il professore non decidesse di ordinargli di saltare i pasti.
“Ebbene?” La voce dura di Piton interruppe le sue riflessioni, ed Harry si affrettò a rispondere.
“Soprattutto con uno schiaffo od una sculacciata o venendo chiuso nel mio ripostiglio,” spiegò Harry. “Ma se finivo in grossi guai, come a scuola o per aver fatto -” gettò un'occhiata veloce al professore “- strane cose, allora con la cintura.”
“Che mi dici della restrizione di privilegi? Togliere regali o giocattoli? Compiti in più?” Davanti allo sguardo perso di Harry, Piton alzò gli occhi al cielo. Ovvio che il ragazzo fosse confuso. Come potevi togliere privilegi o giochi da un bambino che non ne aveva sin dall'inizio? E suonava come se non ci fossero compiti in più per il ragazzo da fare, perché li stava già facendo tutti.
“Per curiosità, Potter, come punivano quella balena di tuo cugino? Lo colpivano mai?”
“Dudley?” chiese Harry, sorpreso. “Non penso che abbiamo mai punito Dudley.”
“E non vedi nulla di strano in una situazione così iniqua?”
Harry indovinò cosa “iniqua” significasse. “Be', loro volevano lui. Con me, erano solo rimasti incastrati.”
“Potter, tu mi farai diventare matto con la tua incapacità di vedere le cose,” lo rimproverò Piton. “Tu eri un bambino. Tu sei un bambino. E' responsabilità degli adulti trattare appropriatamente ogni bambino sotto le loro cure. I bambini sono da nutrire e da tenere al riparo e da vestire e da proteggere dai danni. Sono -”
Harry guardò verso Piton con preoccupazione. Questo suonava come un sacco di lavoro. E se il professore avesse deciso che Harry sarebbe stato un problema troppo grosso? “Per favore, signore, sarò buono. Non sarò di alcun disturbo, e farò qualunque lavoro lei voglia io faccia, e ...”
Piton interruppe quella patetica litania prima che la pressione potesse alzarglisi troppo. “Zitto, Potter. Ho già acconsentito; non hai bisogno di provare a convincermi ulteriormente.”
Harry si rilassò con un sospiro di sollievo. Il professore era veramente gentile. Magari non sarebbe stato colpito per quell'abbraccio, dopotutto. Magari la “chiacchierata” sarebbe stata nulla più che questo.
Piton si accigliò. Non voleva davvero iniziare il discorso successivo, ma sapeva di doverlo fare. “Potter, in infermeria hai detto che non capivi perché le mie azioni durante la tua punizione fossero inappropriate. Pensavi che il modo in cui ti avevo trattato fosse giustificato.”
“Sì, signore.”
“Non lo era. Gli insegnanti ad Hogwarts non colpiscono gli studenti. Ancora peggio, il mio colpo era eccessivamente duro. Nessun bambino dovrebbe essere trattato in quel modo.” Fece una pausa. “Questa è una regola.”
Harry provò seriamente a capire cosa il professore stesse dicendo. “Ma se i professori non puniscono così gli studenti,” disse lentamente, pensando ad alta voce, “allora perché mi ha colpito?”
Piton cercò di non contorcersi. Si poteva contare sul moccioso per fare l'unica domanda alla quale davvero lui non voleva rispondere. Ma doveva al piccolo mostro la verità. “Non stavo colpendo te, Potter,” ribatté. Davanti all'occhiata assolutamente sconcertata di Harry, si sforzò di elaborare. “Sì, certo, ho colpito te, ma non stavo veramente mirando a te. Io -” si interruppe, frustrato, e decise di tentare un diverso approccio. “Tu... assomigli fortemente a tuo padre, Potter,” iniziò. Il ragazzo si sedette più dritto a quelle parole.
“Davvero?”
Piton gli gettò un'occhiataccia. “Certo che sì. Non hai visto delle foto?” Oh. Ovviamente no. Non in quella casa.
Nello stesso momento in cui lo pensava, Harry scosse la testa. “Mia zio e mio zio dissero che non volevano avere nessuna fotografia di 'inutili ubriaconi' in casa. Non ho visto nessuna foto dei miei genitori ed io -” arrossì, come se stesse confessando un doloroso peccato. “-non li ricordo veramente.”
Piton combatté contro la pietà. “E' naturale che non li ricordi, sciocco moccioso. Eri poco più grande di un anno quando sono stati uccisi.” Doveva? Non doveva? Alla fine, disse quel che sapeva che Lily avrebbe voluto. “Ho qualche fotografia di tua madre. Te le mostrerò, un giorno o l'altro.”
Per un momento pensò che il moccioso si sarebbe lanciato di nuovo verso di lui, e si preparò per l'impatto dell'ossuta, piccola figura; ma Harry si contenne, malgrado la sua scintillante espressione di gratitudine fosse infinitamente eloquente.
Piton si schiarì la gola. “Sì, be', suppongo che ci siano anche pitture di tuo padre da qualche parte nella scuola. Era sempre impegnato ad attrarre l'attenzione su di sé,” sputò. “Parlerò con il resto degli insegnanti e vedremo se hanno delle foto che possano essere copiate.”
“Grazie,” Harry riuscì a far uscire fuori attorno all'enorme groppo in gola. Piton poteva insultarlo ed essere brusco con lui, ma le azioni gentili dell'uomo tradivano il suo tono ringhioso.
“Hmf.” sbuffò Piton, messo grandemente a disagio sia dai ringraziamenti del ragazzo che dall'espressione di adorazione che stava crescendo sul viso di Harry.
“Come stavo dicendo,” riportò a forza la conversazione sul tema. “Tu assomigli a tuo padre e e-”
Di nuovo, il ragazzo lo interruppe. “Non assomiglio per niente alla mia mamma?” chiese supplichevole.
“Tu... hai i suoi occhi,” ammise Piton con riluttanza, prima di soffocare uno sbuffo quando il ragazzo praticamente incrociò gli occhi cercando di vedere le proprie stesse fattezze. Con uno sguardo torvo al pensiero del ritardo, Trasfigurò uno specchio con il manico e lo porse alla problematica creatura. Harry fissò la propria faccia come se non l'avesse mai vista prima, cercando di sentire qualche connessione con i suoi parenti morti.
Piton sentì la gola cominciare a serrarglisi per la pietà, e si affrettò a Trasfigurare nuovamente lo specchio nella sua forma originaria. “Se hai finito di interrompermi,” sbottò verso il ragazzo, ed Harry docilmente annuì “Tu sei praticamente una copia carbone di tuo padre, come appariva la prima volta che l'ho incontrato. Durante la tua punizione, il tuo aspetto mi ha fatto pensare a tuo padre, e quando ho male interpretato qualcosa che stavi dicendo, io -” Piton si sentì arrossire “-ho perso il controllo. Ti ho colpito piuttosto brutalmente mentre pensavo a tuo padre, e per questo mi sono scusato.”
Con suo assoluto choc, Harry si sporse in avanti e gli batté lievi pacche sul braccio. “Qualche volta mi confondo anche io,” bisbigliò nel tono di una confidenza. “Come quando il mio insegnante si è chinato sul mio banco, ed io ho pensato che fosse lo zio Vernon sul punto di colpirmi.”
Meraviglioso. Il moccioso aveva dei flashback. Come se Piton avesse avuto bisogno di ulteriori conferme di quanto la vita domestica di Potter fosse stata orribile. Era sorprendente che il bambino non fosse catatonico, e malgrado tutto Albus pensava che Piton fosse la persona migliore per custodire questo bimbo rotto, danneggiato? Il Preside era veramente pazzo. Forse lui e Potter avrebbero potuto seguire una terapia di gruppo da uno psichiatra.
Si schiarì la voce a disagio. “Sì, be', probabilmente questi ricordi cominceranno a svanire ora che sei lontano da quell'ambiente spaventoso,” spiegò, “ e dal momento che non sarai più trattato in quel modo.”
Harry lo fissò. “Intende dire che non sarò picchiato? Mai più?” Questo suonava pericolosamente simile alle parole insensate che gli altri insegnanti avevano detto. Gettò verso Piton un'occhiata sfiduciata.
“Tu non sarai colpito dai tuoi istruttori,” replicò Piton, sollevato che stessero abbandonando il discorso specifico dei suoi errori verso temi più generali. “Questo è contro la politica della scuola. Se chiunque dovesse provare a ferirti, mi aspetto che tu ti difenda.”
Harry lo fissò come se avesse improvvisamente cominciato a sputare follie, e lui suppose che, per il ragazzo, così fosse stato. “Potter, quando tuo zio ti colpiva, eri obbligato a rimanere fermo e zitto, giusto?” Il ragazzo annuì. “Queste erano le sue regole.” Harry annuì. “E cosa ti ho detto riguardo a queste regole?”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Ha detto di dimenticarle. Allora intendeva dire, io – io non dovo rimanere fermo?”
“Non ti ho appena esplicitamente detto che non devi farlo?” chiese Piton.
“Sì, ma...” Harry lasciò la frase in sospeso. Non aveva veramente pensato che l'uomo fosse serio.
“Quando ti dico di fare qualcosa, mi aspetto che tu la faccia!” lo ammonì Piton, severamente. Così andava molto meglio. Era bravo in questo genere di cose. “Pensi che io parli unicamente a mio beneficio?”
“No, signore!” Harry scosse la testa vigorosamente. “Mi dispiace, signore!”
Piton si fermò, riflettendo. Quanto doveva raccontare al ragazzo? Sarebbe stato meglio avvertirlo ora di Voldemort e dei Mangiamorte e del fatto che, per molti nel Mondo Magico, Harry era un bersaglio irresistibile? Avrebbe dovuto spiegargli che avrebbe avuto bisogno di seguire lezioni speciali per difendersi e duellare? Guardò verso il ragazzino, da così poco liberato da una forma di servitù ed entrato in un altro tipo di obbligazione – questa volta con l'intero Mondo Magico. Decise di non rivelare tutto subito. Innanzitutto Harry doveva abituarsi a non essere più un sacco da boxe: ci sarebbe stato tempo in abbondanza per spiegargli che era ancora un bersaglio.
“Tu sei il mio pupillo,” Piton decise la piega del discorso. “Come tale, la tua disciplina è mia responsabilità. Gli altri insegnanti possono assegnarti punizioni o togliere punti, ma nessuno di essi deve alzare un dito su di te. Se lo fanno -” si sforò duramente di non pensare in particolare a Raptor “- devi difenderti e impedire loro di farti del male. Questo vale anche per i tuoi compagni di classe. Se chiunque di loro cerca di ferirti, devi difenderti. Energicamente.” Lui era il professore più odiato di Hogwarts per una buona ragione, e non era improbabile che qualcuno tra gli studenti più sciocchi potesse cercare di saldare i conti con Piton attaccando il suo protetto.
Harry avrebbe dovuto dimostrare che non era una preda facile per scoraggiare gli assalti, malgrado, con un po' di fortuna, la posizione di Piton in Serpeverde e l'appartenenza di Harry al Grifondoro avrebbero ridotto le possibilità di simili aggressioni. Ipotizzando che i leoni o i serpenti non l'avrebbero attaccato, questo lasciava solo i Corvonero o i Tassorosso, e Piton non era poi molto preoccupato di queste Case. Oltretutto, rendere Harry un Weasley onorario avrebbe dovuto fornirgli abbondanza di supporto.
“Merlino ti aiuti se inizi una lite,” continuò, gettando ad Harry un'occhiata minacciosa, “ma se un altro piccolo idiota è sciocco a sufficienza da tentare qualcosa con il mio pupillo, farai meglio a dimostrare che sei in grado di proteggerti. Non permetterò che la mia reputazione cali; mi hai capito?”
Questo Harry poteva capirlo perfettamente. Anche i Dursley erano molto preoccupati per la loro reputazione; aveva senso che il professor Piton non volesse che Harry sembrasse debole o stupido, ora che sarebbe divenuto responsabile per lui.
“E per questa ragione mi aspetterò che tu abbia successo a scuola,” continuò Piton fermamente. “Non sarò messo in imbarazzo da bassi voti.”
Harry si morse il labbro. “Ma io non sono bravo nelle cose di scuola.”
“Chi te l'ha detto, questo?” chiese Piton.
“Mia zia ha detto -”
“E cosa ti ho detto riguardo al citare loro?” Piton lo interruppe prima ancora che Harry avesse finito di parlare. Era parzialmente tentato di mettere in atto la minaccia di prima.
“Ha detto che erano bugiardi e che non dovrei citarli?” tentò Harry, nervosamente, la mente intenta a seguire un percorso simile a quella di Piton.
“Esattamente. Devo fartelo scrivere cinquecento volte perché tu lo ricordi?” minacciò Piton. “O preferisci il sapone?”
Harry provò a distrarre l'uomo accigliato. “Ma io non ho mai preso buoni voti, signore. Mi mettevo nei guai perché mi addormentavo in classe e i professori mi urlavano sempre contro.”
“Potter,” Piton riuscì a mantenere il controllo. Di questo passo avrebbe sviluppato un'ulcera prima della fine della settimana. “Non capisci che parte di questo era dovuto al modo in cui i tuoi parenti ti trattavano? La tua piccola mente riesce a comprendere che essere malnutrito e sovraccaricato di lavoro rovinava i tuoi risultati scolastici? I tuoi genitori erano abili maghi ed eccellenti studenti, e io non mi aspetto di meno da te.” Lo faceva soffrire ammettere questo riguardo a Potter, ma era innegabilmente vero.
“Ma mio zio ha detto che i mostriciattoli sono stupidi e che i miei genitori erano inutili ubriaconi che non riuscivano a tenersi un lavoro onesto,” protestò Harry. Non voleva che il professore pensasse che lui era intelligente per poi esserne deluso dopo. “Ecco perché devo imparare come guadagnare il mio mantenimento facendo lavori.”
“I tuoi parenti sono creature disgustose che ti hanno maltrattato sin da quando eri un neonato. Tu sei un bambino. Tu non devi “guadagnare il tuo mantenimento”. Sono gli adulti che sono tenuti ad occuparsi di te, non il contrario. Tu sei tenuto a seguire le lezioni ed obbedire alle regole. Io sono responsabile di nutrirti, vestirti, darti una casa, curare la tua maturazione emozionale e fisica, e oltre a ciò di assicurare il tuo benessere e la tua sicurezza. Capisci?” Ecco fatto. Così era messo chiaramente in parole piccole. Anche un Potter avrebbe dovuto capirlo.
Naturalmente, il ragazzo parve confuso. “Ma lo zio Vernon ha detto -”
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. “Cinquecento righe, Potter! Ti ho detto di non prestare attenzione a quel pallone ripieno di lardo!”
Harry sussultò davanti al tono, ma non poté trattenere una risatina alla descrizione di suo zio fatta da Piton. “Sì, signore. Proverò a prendere buoni voti. Ma, veramente, io non so molto.”
Piton alzò gli occhi al cielo per l'esasperazione. “Mi rendo conto che sei il figlio di tuo padre, Potter, ma magari potresti considerare l'ipotesi di studiare o di fare i compiti? Magari di leggere un libro una volta ogni tanto?”
“Mi è permesso?” chiese Harry, cautamente. “Non dovrei leggere o fare i compiti, per non rischiare di prendere voti più alti di Dudley.”
“E chi ti ha detto questo?” chiese Piton, la voce flautata. Avrebbe assegnato al moccioso altre 500 righe e gli avrebbe lavato la bocca con il sapone se avesse pronunciato il nome del Babbano, giurava che l'avrebbe fatto.
“Zi -” Harry si trattenne e sorrise davvero. “Oh. Giusto.”
Piton gli gettò un'occhiataccia prima di continuare. “Da quel che mi dici, è ovvio che avrai bisogno di lezioni di recupero. Parlerò con il tuo Capocasa. Se – come sospetto – Grifondoro manca di opportuni tutori, ti presenterai nelle mie stanze diverse volte alla settimana fino a che non sarò soddisfatto con i tuoi risultati.” Piton salutò tristemente le sue pacifiche serate prive di orribili, lamentosi mocciosi. Almeno gli incontri di Mangiamorte erano riservati agli adulti.
“Così devo solo andare a scuola e seguire le regole?” chiese Harry in un tono di confusa felicità. “Tutto qui?”
“Questo era anche troppo per tuo padre,” ghignò Piton. “Confido che tu non abbia ereditato il suo talento per i guai, o non ti piaceranno le conseguenze. Scoprirai che io sono, quantomeno, difficile da manipolare.”
La fronte di Harry si corrugò. Voleva davvero sentir parlare di più di suo padre – malgrado il tono di Piton fosse tutto meno che incoraggiante – ma era più preoccupato riguardo a quelle minacciate “conseguenze”. “Sarò buono, signore!” promise.
“Farai meglio ad esserlo,” ribatté Piton; ma si chiese cosa avrebbe fatto se il ragazzo si fosse comportato male. Be', oltre a sfilettarlo verbalmente. Era riluttante a fare qualunque cosa che ricordasse al ragazzo la sua vita precedente, e pulire calderoni od essere confinato nella sua stanza erano cose spiacevolmente simili a quello che i Dursley avevano fatto. Oh, Harry non sarebbe uscito da Hogwarts senza avere un paio di punizioni con Gazza, ma Piton voleva che queste fossero legate alla sua condizione di studente. Un conto era essere punito allo stesso modo dei suoi compagni di classe, un altro era essere trattato – di nuovo – come un elfo domestico o un prigioniero dal suo tutore.
Dunque, cosa restava? Il ragazzo non aveva oggetti o passatempi che potessero essere temporaneamente proibiti. Righe e saggi potevano funzionare, rifletté Piton, ma avrebbe avuto bisogno di fare una visita ai negozi di giocattoli di Diagon Alley per trovare qualcosa che piacesse al ragazzo: solo per poterglielo togliere come punizione, si rassicurò in fretta. Non era come se fosse disperatamente desideroso di rendere Potter felice, per amor di Merlino.
E ancora, considerando quando abissalmente ignorante fosse il moccioso riguardo alla società Magica, avrebbe dovuto probabilmente portarlo regolarmente in visita a varie destinazioni per maghi, come Diagon Alley ed Hogsmeade. Poi, quando il piccolo mostro si fosse comportato male, gli potevano essere negate le escursioni. Questo gli avrebbe strappato qualche lacrima. Piton sorrise, soddisfatto. Che non fosse detto che non poteva trovare modi per torturare un Potter, anche se questo significava un'ulteriore riduzione del proprio tempo libero.
“Davvero, signore!” Harry inghiottì. “Non avrà bisogno di usare la cintura quasi per niente!”
“Non hai sentito quel che ti ho detto prima?” Esclamò Piton, arrabbiato. “Irritante ragazzino! Tu imparerai a prestarmi attenzione!”
“Ma – ma -” Harry lo fissò ad occhi sgranati, confuso. “Cosa ho fatto?”
“Ti ho detto che non ti avrei maltrattato.” Di nuovo, aggiunse Piton silenziosamente. “Non sarai picchiato con una cintura.”
Stranamente, Harry non parve rassicurato. “Per favore, signore, non il bastone.”
Oh, per amor di Merlino. Doveva davvero comprare al ragazzo degli occhiali adatti. “Vieni con me,” ordinò Piton, trascinando Harry in piedi e tirandolo lungo il corridoio dalla porta fino alla sua classe.
Il cuore di Harry batteva selvaggiamente. Perché aveva deciso di chiedere cose tanto ridicole? Dopo che il professore era stato così gentile da promettergli che nessun altro l'avrebbe colpito, e che avrebbe potuto scappare e schivare ed anche proteggersi dai bulli, cosa aveva fatto Harry? Aveva ringraziato Piton? O promesso di renderlo orgoglioso? No, aveva piagnucolato sul non voler essere picchiato con il bastone. Gli sarebbe servita da lezione se il professore l'avesse picchiato per la sua ingratitudine e sfacciataggine.
Infatti, Harry vide con una sensazione di nausea che era precisamente quel che stava per accadere: erano passati attraverso una porta nascosta ed ora si trovavano nella classe del professore, proprio accanto alla sua scrivania. Era precisamente dove Harry era quasi stato bastonato poche notti prima; questa volta dubitava che sarebbe sfuggito miracolosamente allo stesso modo.
Be', dovrai solo accettarlo, si disse fermamente. Almeno non doveva più preoccuparsi di restare fermo e di mantenere il silenzio. Il professore era molto più gentile dello zio Vernon in questo senso.
Il professore frugò sotto la scrivania ed estrasse il suo mestolo per calderoni di lucido legno di cedro. “Vieni qui, Potter!” ordinò.
Harry si costrinse a muoversi in avanti, sforzandosi di non guardare il bastone stretto nella mano del professore.
“Sai cos'è questo?” chiese Piton.
“Sissignore.” Harry inghiottì, gli occhi distolti. “E' un bastone, signore.”
“Idiota. Pensi che i bastoni abbiano iscrizioni sopra che si complimentano con me per aver vinto la centoquarantatreesima Competizione Annuale di Pozioni Di Tutte Le Contee?” chiese Piton, brandendo il mestolo sotto al naso del piccolo semplicione. “Questo è un mestolo incantato per calderoni, Potter. E' raro e costoso, e non dev'essere rovinato portandolo in contatto con i posteriori di bambini irritanti.”
Harry sbatté le palpebre e strizzò gli occhi verso il mestolo. “Ma – ma – lei vuole dire...” Guardò verso Piton, un sorriso incredulo che si apriva sulla sua faccia. “Non ha intenzione di colpirmi con quello?”
Il professore alzò gli occhi al cielo. “No, Potter,” Esclamò Piton con voce strascicata e sarcastica. “Ho fatto tutta la fatica di vincere questo premio solo per poterlo rompere sul tuo sedere impervio.”
Harry ridacchiò. Il professore era divertente, una volta che ti abituavi al suo senso dell'umorismo.
Grande. Ora il mocciosetto pensava che lui fosse un comico. “Piantala con quel ridicolo risolino, Potter. Non era così divertente.”
“Sissignore,” replicò Harry allegramente.
Piton gli rivolse un'occhiataccia. Così, con la minaccia del bastone rimossa, improvvisamente il ragazzo era tutto sorrisi, eh? Non gli avrebbe fatto danno realizzare che non era del tutto immune all'unica forma di disciplina che avesse mai conosciuto. “Scoprirai che non ho bisogno di affidarmi a crudeli bastonature per punirti, Potter.” Perché da quando un Serpeverde degno del suo nome deve contare sulla forza bruta? “Ma sentirai la mia mano se violerai le mie due regole più importanti.” Fece una pausa per impressionarlo. “Tu non -” si interruppe. Che cosa era assolutamente improbabile che il piccolo disgraziato facesse? L'ultima cosa che Piton voleva era dover tener fede alla minaccia che stava per fare. Adocchiò il bambino, ora in apprensione, che aveva di fronte. “ - mi disobbedirai deliberatamente -” questo avrebbe dovuto funzionare; al ragazzo era stata insegnata da quei Babbani l'assoluta obbedienza a suon di botte. “- né metterai te stesso in pericolo.” questa era un'altra buona idea. Il ragazzo era timido fin quasi alla catatonia; non si sarebbe messo da solo nel mezzo del pericolo. Oltretutto Piton aveva raggiunto il massimo dando un'alta considerazione alla vita del moccioso, in tal modo aiutando a superare l'importanza di un decennio di disprezzo e svalutazione da parte dei Dursley, e la loro propensione per la definizione di “inutile mostriciattolo”.
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Non lo farò!” giurò.
Senza scherzare. “Vedi di non farlo,” disse Piton cupamente, “o il tuo posteriore lo rimpiangerà.”
“Ma queste sono le uniche cose per le quali verrò picchiato?” chiese Harry, incerto. “Non per altre cose?”
“Ad esempio?”
Harry scrollò le spalle. “Non fare bene i compiti. Essere irrispettoso. Rompere qualcosa. Non ascoltare.”
“Tu potrai anche pensare che io non abbia niente di meglio da fare con il mio tempo che essere ossessionato dalle tue piccole malefatte, Potter, ma ti assicuro che ce l'ho,” disse Piton austeramente. “Non ho intenzione di spendere ogni mio minuto da sveglio pedinandoti, controllando le tue infrazioni minori, e poi colpendoti per esse. Ti ho già detto quali azioni sono sufficientemente da farmi ricorrere a una punizione corporale. Vedi di evitare queste azioni e non avrai bisogno di preoccuparti.” Finse di non vedere l'espressione di incredula gioia del ragazzo.
“E se qualcuno prova a farmi male, posso picchiarlo?” Harry cercò chiarimenti.
“Non solo hai il permesso di farlo, Potter. Io mi aspetto che tu lo faccia. Ti è assolutamente proibito di restartene lì seduto come una lumaca ad aspettare che qualcun altro – probabilmente me! - venga a salvarti. Ho abbastanza da fare, grazie tante. Se qualcuno sta provando a ferirti, allora tira su quel tuo pigro sedere e fermalo. Devo spiegartelo più chiaramente?” Gli istinti da Serpeverde di Piton stavano vibrando. Se e quando Voldemort fosse tornato, avrebbe sicuramente cercato questo bambino; per quel momento, Piton voleva che Harry fosse del tutto a proprio agio con l'idea di combattere per difendersi – o anche di lanciare un attacco preventivo.
Harry sorrise lupescamente, e Piton fu stranamente confortato dal vedere un lampo di suo padre. Certo, l'ultima volta che aveva visto quell'espressione, Potter padre e Black stavano perseguitando lui. “A cosa stai pensando?” chiese al bambino, curioso.
“Solo che mi piacerebbe molto tornare indietro e fare una visita a mio cugino, signore,” replicò Harry con uno scintillio nello sguardo.
“Ti ho detto che non devi cominciare niente,” lo ammonì Piton, ma fu sollevato dall'apprendere che lo spirito del ragazzo non era stato del tutto domato.
“Oh, non importa. Non appena mi vedesse, Dudley proverebbe di sicuro a fare qualcosa,” disse Harry in tono confidente. Poi la sua espressione si rabbuiò. “Ma probabilmente avrebbe un branco di amici con sé. In genere era così per la sua “caccia ad Harry”.”
Gli occhi di Piton si strinsero davanti a quelle parole, e qualunque pensiero potesse aver avuto di risparmiare al cucciolo dei Dursley la sua vendetta se ne uscì dalla finestra. “Così si coalizzavano contro di te?”
Harry annuì con aria depressa. “Erano generalmente in tre o quattro. Non potrei sperare di combatterli tutti insieme.”
Caro Lord Voldemort, la mente di Piton scrisse alacremente una lettera immaginaria, scrivo per conto del Ragazzo Che E' Sopravvissuto. Vorresti essere così gentile da evitare di mandare contro di lui più di un Mangiamorte alla volta? E' decisamente poco sportivo da parte vostra coalizzarvi contro il ragazzo. “Potter,” disse severamente, “devi imparare a difenderti contro forze superiori alle tue. Fare qualunque altra cosa è scioccamente poco realistico.”
“Questo è fa-” Harry si interruppe.
Piton inarcò un sopracciglio. “Cosa? Facile per me da dirsi?” Harry annuì, il viso vergognoso. “Ti informo, Potter, che quando ero studente qui, ero sistematicamente aggredito da una banda di quattro bulli, e più spesso che no ero in grado di tener loro fronte.”
Gli occhi di Harry stavano scintillando. “Davvero? Mi potrebbe insegnare come?”
Piton si pavoneggiò un po'. “Suppongo di sì,” acconsentì con apparente riluttanza.
Improvvisamente gli occhi di Harry si adombrarono. “Signore...?”
Piton aggrottò la fronte davanti all'improvviso cambiamento nell'atteggiamento. “Che c'è?”
“Signore, uno di quei quattro era...” Si interruppe e riprovò. “Era mio padre – è per questo che non andavate d'accordo? Perché mio padre era uno di quei quattro bulli?” Harry fissò ansiosamente il professore.
Le difese di Piton scattarono, giusto in tempo per evitare che il suo choc si rivelasse. Ora, questa era stata una deduzione straordinariamente veloce. Ma cosa, nel nome di Merlino, si supponeva che ora lui replicasse? Se avesse detto la verità il ragazzo avrebbe probabilmente deciso che il suo defunto e santificato padre sapeva cos'era meglio, e avrebbe respinto sul posto la custodia di Piton; ma mentire era insopportabile. C'erano troppe persone intorno ad Hogwarts che sapevano la verità; il ragazzo l'avrebbe appresa, prima o poi.
Oltretutto, rimproverò sé stesso, perché si stava comportando come se la rinuncia del moccioso sarebbe stata una brutta cosa? Non aveva cominciato questa conversazione cercando disperatamente un modo per abbandonare quella custodia?
Ignorò l'improvviso martellare del suo cuore e disse con tutto il freddo disprezzo che riuscì a racimolare, “Sì, Potter. Tuo padre era uno di loro.”
Gli occhi del moccioso si abbassarono. Ecco che veniva – lo sguardo di disgusto o di repulsione. La richiesta di sapere cosa avesse fatto Piton per incorrere nell'ostilità di Potter padre. L'implicito pensiero – o magari l'esplicita dichiarazione? - che tali sentimenti dovevano essere stati meritati, e di conseguenza Piton era ovviamente un custode inappropriato per l'unico figlio di Potter.
Ma invece, quando si rialzarono lentamente, gli occhi di Harry erano umidi di lacrime non versate. “Mi dispiace davvero, professore. Mi dispiace che mio padre fosse un bullo. Dev'essere stato orribile, proprio come mio cugino, per prendersela con lei così.”
C'era un ruggito nelle orecchie di Piton. Era incredibile. Inconcepibile.
Se chiunque avesse chiesto ad un più giovane Severus Piton quale fosse il suo più caro desiderio, la risposta sarebbe stata che James Potter e Sirius Black pregassero il suo perdono in ginocchio: ma improvvisamente Piton vide che neanche quello sarebbe stato sufficiente.
Quanto era meglio, quanto era più ineffabilmente dolce, avere l'unico figlio dell'uomo scusarsi per conto suo, ripudiare il padre in quell'occasione. Ora, questa era veramente una vendetta da Serpeverde – e per rendere il tutto ancora meglio, non aveva neanche dovuto manipolare il moccioso per ottenerla. Lui aveva, se mai, preso la strada moralmente più alta; e, malgrado ciò, aveva ancora ottenuto le sue scuse. Davvero, niente avrebbe mai potuto superare questo momento.
Si crogiolò nell'inesprimibile soddisfazione di quell'attimo, l'indecibile dolcezza della vendetta, prima di riuscire a celare le sue emozioni e annuire brevemente al ragazzo. “Scuse accettate, Potter.” Riuscì anche ad aggiungere. “Non pensare troppo severamente di tuo padre; i ragazzi fanno cose sciocche.”
“Lei non le ha fatte.”
Piton si strozzò e quasi inghiottì la propria stessa lingua. “Cosa?”
“Lei non ha aggredito in gruppo qualcuno mentre era ad Hogwarts,” disse Harry, rabbiosamente. “Non si è comportato da bullo verso nessuno. Non deve fingere che mio padre fosse migliore di quel che era.”
“Potter,” Piton si sforzò goffamente di cercare le parole. Improvvisamente non si sentiva poi così moralmente superiore: lui era, dopotutto, quello che aveva permesso ad un po' di bullismo infantile di condurlo tra le braccia del Signore Oscuro e di fargli commettere atrocità migliaia di volte peggiori di qualunque cosa che Potter e Black gli avessero fatto. “Tutti noi facciamo cose sciocche. Alcuni di noi più sciocche che altri. Devi solo – devi solo cercare di non ferire gli altri con le tue azioni.”
Gli occhi di Harry contenevano sia lacrime che fierezza. “Io non farei mai male a nessuno così. Io proteggerò le persone dai bulli, non diventerò uno di essi.
Piton sentì i capelli drizzarglisi sulla nuca. E così ha inizio...
Note alla traduzione: Con le solite avvertenze per quanto riguarda la paragrafazione. Vi lascerei note più coerenti, ma sto dormendo alla tastiera. Un grazie rinnovato a Vekra che si è prestata anche nello scorso capitolo a revisionare il capitolo già pubblicato. Un enorme ringraziamento, come sempre, a Salice, che si presta a betare ad orari sempre più assurdi e in tempi sempre più brevi. Se non fosse per lei non avreste avuto questo capitolo.
Un appunto: ho tradotto mind-healers con psichiatri perché in italiano le strutture composte non rendono, e tutto quel che mi veniva in mente era un Guarimente francamente illeggibile, a mio parere; e guaritori della mente spezzava la brevità ironica della battuta.
Se avete suggerimenti per una diversa traduzione, come sempre, vi prego, segnalatemeli!
Un grazie a tutti quelli che si sono fermati nello scorso capitolo a lasciare un parere, e a chi si fermerà in questo. |
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Gli occhi di Harry contenevano sia lacrime che fierezza. “Io non farei mai male a nessuno così. Io proteggerò le persone dai bulli, non diventerò uno di essi.
Piton sentì i capelli drizzarglisi sulla nuca. E così ha inizio...
Poco dopo quella dichiarazione, Piton rimandò il ragazzo indietro alla sua Torre: fare diversamente avrebbe rovinato il pathos. Aveva detto a Potter che il giorno dopo, alla fine della sua ultima ora di lezione, sarebbe dovuto tornare nei sotterranei così che loro due potessero raggiungere il signore e la signora Weasley per cena. “Indossa i tuoi abiti migliori, Potter,” si era raccomandato. “Devi fare una buona impressione.”
Solo perché lui sapeva che nulla di meno di un ippogrifo rabbioso sarebbe riuscito a dissuadere Molly Weasley dall'adottare il bambino non era una buona ragione per Potter di mostrare noncuranza. Il ragazzo aveva annuito, ubbidiente, sia a quello che ai ripetuti ordini di non menzionare nulla a nessuno dei ragazzi Weasley. Sarebbe spettato ai genitori decidere cosa e come dire alla loro prole, e Piton non aveva intenzione di permettere a Potter di spargere la notizia prematuramente.
Il giorno successivo le sue lezioni terminarono presto, dopo che una Tassorosso del terzo anno era riuscita a produrre una nuvola di gas velenoso invece che la pozione Rimpolpasangue che lui aveva assegnato. Non era ancora certo esattamente di cosa la sciocca ragazza avesse fatto, ma sospettava che fosse stata troppo occupata ad adocchiare il ragazzo Corvonero del banco accanto per poter selezionare davvero i giusti ingredienti, per non parlare del combinarli insieme nell'ordine appropriato. Nessun problema, gli incantesimi di fumigazione avrebbero pulito l'aria entro il mattino successivo, e solo tre degli studenti erano finiti da Poppy.
Piton usò l'inaspettato tempo libero per aggirarsi attorno al campo da Quidditch. Il primo anno del Grifondoro e del Serpeverde stava seguendo la sua prima lezione di volo con Madama Bumb, e Piton era ansioso di vedere se c'era qualche nuovo talento per la squadra della sua Casa. Il fatto che il moccioso Potter fosse lì era meramente una coincidenza, si disse. Il fatto che Potter fosse stato cresciuto dai Babbani e che sarebbe probabilmente caduto dalla scopa, rompendosi qualcosa, non aveva nulla che fare con lui. Solo perché ora era il nuovo guardiano del ragazzo non voleva dire che ci si aspettava che lui, be', lo guardasse. Bumb aveva l'incarico di insegnare a volare ed era sua responsabilità assicurarsi che nessuno dei suoi studenti si facesse male.
Non che lei stesse facendo un buon lavoro, Piton si disse cupamente, ma questo era un problema di Potter, non suo. Lui era lì per cercare talenti Serpeverde, non per proteggere qualche moccioso Grifondoro. Il fatto che avesse la bacchetta in mano e un Incantesimo Ammortizzante sulle labbra era meramente una coincidenza.
Com'era ovvio, la lezione era appena cominciata quando quel grassoccio imbecille di Paciock si ruppe prontamente qualcosa. Ovviamente la sua inettitudine con le pozioni era la regola, non l'eccezione. E Voldemort sosteneva che i purosangue fossero superiori? Ovviamente il Signore Oscuro aveva bisogno di trascorrere qualche tempo insegnando in un convitto magico: questo l'avrebbe portato a rivedere le sue teorie sull'eugenetica piuttosto in fretta.
Bumb spinse il ragazzo piangente verso l'Infermeria, ordinando ai restanti studenti di aspettare tranquilli il suo ritorno. Ah, sì, come se fosse probabile che questo accadesse, ghignò Piton. Prendi una classe piena di giovani idioti, da' loro qualche manico di scopa, rimuovi tutta la supervisione da parte degli adulti, e aspettati che siedano educatamente. Com'era ragionevole. E il Preside rimproverava lui per i suoi metodi per mantenere l'ordine nelle classi.
Forse se Bumb avesse picchiato qualcuno di loro con quei manici di scopa, prima di allontanarsi, avrebbe avuto la speranza di venire obbedita, ma Piton ne dubitava decisamente. Ovviamente, occorsero solo pochi secondi prima che le ostilità esplodessero, e – magari poco sorprendentemente – fu Malfoy che le iniziò.
Le sopracciglia di Piton si aggrottarono. Quel viziato piccolo orrore. Il primo giorno, dopo il Banchetto, aveva ripetuto a tutta la sua Casa il suo solito discorso riguardo al non infangare il nome di Serpeverde; aveva lanciato il suo abituale e particolarmente minaccioso sguardo ai bambini del primo anno, ma già in quel momento aveva sospettato che l'arroganza di Draco l'avrebbe spinto ad avere bisogno d'essere persuaso del fatto che le regole si applicassero, in effetti, anche a lui. Ed ora eccone qui la prova.
Il solo aspetto sorprendente era che l'avversario di Malfoy nello scontro era Potter. Piton si sarebbe aspettato che fosse Weasley – chi meglio da schernire, per un purosangue, che un presunto traditore del suo sangue – ma forse Draco non aveva saputo resistere all'opportunità di prendersela con il famoso Ragazzo Che Era Sopravvissuto.
Piton era troppo distante per sentire di cosa stessero discutendo, ma era ovvio che, malgrado tutta la sua timidezza e gli abusi del passato, Potter stava fronteggiando il biondo Serpeverde. Poi, bruscamente, la discussione si fece più accesa, e improvvisamente Draco era in aria e – no! Quel disobbediente piccolo moccioso! - Potter in qualche modo era in aria accanto a lui. Oltretutto, sembrava in grado di affrontarlo.
Piton sbatté le palpebre. Era assolutamente sicuro che Draco Malfoy avesse ricevuto un'educazione speciale sul volo sin dal suo sesto compleanno, ed ora Potter, durante quella che doveva essere la sua prima volta di sempre su una scopa, gli stava tenendo testa.
Dannazione. Piton odiava ammetterlo, ma forse il moccioso aveva ereditato qualcosa di meritevole da quel cretino di Potter, dopotutto. Ancora meglio, se gli piaceva volare, allora questa era una cosa in più che gli poteva venir tolta durante una punizione. Piton fece un sorrisetto compiaciuto al pensiero di avere un'altra leva sul ragazzo.
Ovviamente, però, avrebbe avuto bisogno di comprare al moccioso una scopa – e, dato il suo indubbio talento, doveva essere una buona scopa – perché, a meno che Harry non ne avesse una tutta sua, come avrebbe potuto Piton confiscarla? Piton sorrise tra sé e sé al pensiero di tutte le lacrime che il ragazzo avrebbe sparso indubbiamente... malgrado l'immagine di un Harry raggiante intento a scartare la sua nuova scopa continuasse ad intrufolarsi. Piton scacciò via simili pensieri, irritato: non era interessato a fare felice il bambino, solo a trovare nuovi modi per tormentarlo quando si comportava male.
Ma poi Draco urlò verso Harry e lanciò qualcosa lontano da sé. Un Boccino? Una roccia? Qualunque cosa fosse, Harry si gettò immediatamente dietro di essa, e Piton scattò in avanti per l'orrore. Quel piccolo sciocco! Si sarebbe sicuramente schiantato contro il muro del castello! Non poteva risalire a quella velocità! Si sarebbe – e poi Potter fece l'impossibile.
In qualche modo riuscì ad afferrare l'oggetto e simultaneamente a cambiare direzione esattamente l'attimo prima di quello in cui si sarebbe sfracellato – avrebbe dovuto sfracellarsi – in una composta contro le mura di pietra di Hogwarts. Piton si trovò a incedere furiosamente verso il campo da Quidditch, del tutto incandescente per la rabbia. Aveva quasi raggiunto gli studenti, che stavano cinguettando affaccendati attorno ad un Potter che sorrideva orgogliosamente, quando quasi si scontrò con una McGranitt egualmente incoerente. “Severus – Hai – Non potevo – Mai in tutti i miei anni – Non posso crederci – Quel ragazzo...!” Balbettò verso di lui.
“Sono completamente d'accordo, Minerva,” disse lui cupamente. “Aspetta che io gli metta le mani addosso.”
“Oh, no!” esclamò lei bruscamente. “E' mio! E' nella mia Casa!”
“Ed è il mio protetto,” replicò lui furioso.
“Questo è irrilevante!” disse lei, la voce stranamente stridula. “E' stato assegnato al Grifondoro. Questo lo rende mio.”
Ormai le loro voci alzate avevano attratto l'attenzione dei bambini, e improvvisamente Potter sembrava spaventato. Piton combatté la propria ira. Su che cosa stavano litigando, comunque? Ovviamente Minerva era arrabbiata come lui con il ragazzo. Se avessero coordinato le loro punizioni sarebbe stato comunque meglio per Potter; in questo modo, avrebbe visto che gli adulti presentavano un fronte compatto. “D'accordo, Minerva,” disse, abbassando la voce così che gli studenti non potessero sentire. “Non c'è ragione per noi di discutere su questo. Sarà meglio, probabilmente, se condividiamo...”
“Assolutamente no!” dichiarò Minerva. “Non pensare di poter aggirare il problema, Severus! Le regole sono inequivocabile. Non fa differenza alcuna che un genitore lavori a scuola o meno – la fedeltà alla Casa di uno studente si basa esclusivamente sulla sua assegnazione da parte del Cappello Parlante. Harry è un Grifondoro e giocherà solo per il Grifondoro.”
Piton sbatté le palpebre. “Giocherà per – Di che cosa stai parlando, tu, stupida donna?”
La McGranitt pareva compiaciuta. “Di Quidditch, tu, pipistrello idiota. Il ragazzo giocherà per la mia squadra, non per la tua.”
Piton ponderò seriamente la possibilità di strangolare l'anziana strega. Potter era arrivato a pochi millimetri dalla morte, volando su una scopa che non gli era familiare ad una velocità irragionevolmente alta direttamente contro un muro di pietra, e l'unica cosa alla quale il capo della sua Casa stesse pensando erano le sue possibilità di vincere la Coppa delle Case. Nessuna meraviglia che lei e il Preside andassero d'accordo così facilmente: condividevano le stesse priorità.
“Sembri esserti dimenticata quell'altra regola, Minerva,” esclamò con un suono di fusa. “Quella che dice che agli studenti del primo anno non è permesso far parte delle squadre di Quidditch.”
Lei fece un verso sgarbato. “Con il suo talento? Sono sicura che il Preside farà un'eccezione per Harry.”
“Alla quale il suo tutore può opporsi,” puntualizzò Piton serafico.
Osservò con soddisfazione gli occhi di Minerva spalancarsi per l'orrore quando realizzò la verità dietro alle sue parole.
Ci fu una pausa distinta; poi la McGranitt parlò nuovamente, il tono improvvisamente raddolcito. “Severus, sicuramente non negheresti al ragazzo un'opportunità di aumentare la propria popolarità all'interno della sua Casa? Ha un talento che dovrebbe essere sviluppato e -”
“Risparmiami, McGranitt,” disse Piton sgarbatamente. “I tuoi sogni di gloria nel Quidditch sono basati sul tentativo folle del mio protetto di mettere in pericolo la propria vita, senza parlare del suo assoluto disprezzo degli ordini di Madama Bumb. Non sei per niente preoccupata per questo?”
La McGranitt si schiarì la gola. “Er, sì. Sì, certo. E avevo intenzione di parlare con Potter molto fermamente di questo. Molto fermamente, davvero. Ma, er, riguardo alla squadra di Quidditch -”
Prima che Piton potesse maledire la strega nel tentativo di distoglierne la mente dalla sua ossessione, Madama Bumb giunse affrettandosi. “Cos'è tutto questo? Che succede?” chiese.
“Potter! Malfoy! Venite qui!” tuonò Piton e, sembrando spaventati, i due ragazzi si affrettarono.
“Questi due miscredenti,” disse Piton alla Bumb, gettando un'occhiataccia ai bambini ora tremanti, “ti hanno deliberatamente disobbedito e hanno volato in tua assenza.”
“Davvero!” La Bumb aggrottò la fronte verso di loro. “Ragazzacci!”
“E Potter ha mostrato un talento per il volo che non si era visto in una generazione,” aggiunse la McGranitt con aria d'intesa.
Gli occhi della Bumb si illuminarono. “L'ha fatto? Davvero? Tale e quale al padre, eh?”
“Anche meglio,” disse Minerva ammiccando con aria da cospiratrice.
“Davvero!” La Bumb si fregò le mani con gusto. “Bene!”
Piton digrignò i denti. Che Merlino lo salvasse dalle drogate di Quidditch. “Malfoy, Potter – andate ad aspettarmi all'entrata del castello.” I ragazzi corsero via: il semplice tono diceva loro che stavano per diventare molto, molto dispiaciuti dal loro volo estemporaneo.
“Ora, se voi due poteste cortesemente concentrarvi sulla salute dei bambini invece che sui vostri patetici desideri di vivere indirettamente i vostri sogni di Quidditch attraverso i vostri studenti,” cominciò Piton, ignorando gli sbuffi indignati da parte di entrambe le donne. “Sarei interessato a sapere quale punizione state progettando di assegnare ai ragazzi per il loro orribile comportamento.”
“Be', io non ho visto niente, in realtà,” cominciò la Bumb: ma, davanti all'espressione di Piton cambiò rapidamente idea. “Er, che ne pensi di cinque punti ciascuno per aver disobbedito alle istruzioni?”
“Per favore, professori,” la so-tutto-io Grifondoro dovette mettere naso nella questione. “Harry voleva solo salvare la Ricordella di Neville. Lui l'ha persa quand'è precipitato; Malfoy l'ha presa ed aveva intenzione di romperla contro il muro – ecco perché Harry ha dovuto afferrarla.”
La furia sorse nuovamente in Piton. Una maledetta Ricordella? Il ragazzo si era quasi ammazzato per uno stupido gingillo?
Peggio ancora, vide la McGranitt annuire con aria d'approvazione. “Proteggendo un compagno di Casa – molto nobile da parte sua. Cinque punti al signor Potter.”
Piton si strozzò quasi per la rabbia. Quell'idiota strega stava premiando il ragazzo? Per aver rischiato il collo per una chincaglieria che avrebbe potuto essere facilmente sostituita, e che – conoscendo Paciock – sarebbe comunque stata persa, probabilmente, entro le seguenti 12 ore? Come si supponeva che lui insegnasse ad Harry che la sua vita aveva valore e non doveva essere rischiata inutilmente?
Idioti Grifondoro. Sempre a belare di “eroismo” e “nobiltà”, ma senza mai preoccuparsi di gettare un'occhiata al quadro d'insieme. Nessuna meraviglia che i Weasley si riproducessero come conigli – i Grifondoro avevano l'istinto di sopravvivenza di un mattone.
“Se volete scusarmi,” si lasciò uscire dai denti digrignati, “andrò a provvedere al mio protetto e al mio studente.”
Minerva lo seguì ansiosamente. “Ma, Severus, non ti opporrai veramente a che Harry si unisca alla squadra di Quidditch della sua casa, vero? Sarebbe un modo talmente meraviglioso, per lui, di onorare suo pa-” si interruppe bruscamente. Minerva poteva essere una Grifondoro, ma non era stupida, e sapeva che invocare il nome di James Potter non avrebbe aiutato la sua causa. “Gli darebbe qualcosa di cui parlare con gli altri bambini, lo aiuterebbe ad introdursi nella società Magica -”
Lui la interruppe prima che lei potesse divagare ulteriormente. “Se ti appoggerò in questo, presumo che avrò il tuo pieno appoggio nel mio rapporto con Potter, anche malgrado le obiezioni del Preside?”
La McGranitt tacque per un attimo, adocchiandolo scaltramente, poi: “Affare fatto.”
Lui annuì, cupamente trionfante. Era piuttosto sicuro che l'impicciarsi di Albus nella vita di Potter non fosse affatto finito, e voleva assicurarsi di avere abbondanza di alleati nelle inevitabili battaglie. Desiderava anche essere certo di non doversi preoccupare che Minerva cavillasse sul modo in cui trattava il ragazzo; la posizione di Harry in Grifondoro le dava una certa responsabilità su di lui – malgrado a Piton non sembrasse di averla vista particolarmente vigile nel valutare e provvedere ai suoi bisogni – e non voleva che obiettasse ogni volta.
Lei lo lasciò quando furono vicini ai ragazzi. “Prenderò Baston e ti raggiungerò nel tuo ufficio,” esclamò mentre puntava verso l'ingresso.
Lui annuì, poi si girò verso i ragazzi. “Allora.” Rivolse su di loro il suo sguardo più feroce, ed ebbe la soddisfazione di vederli sgomenti. “Avete deciso di ignorare le istruzioni di Madama Bumb e di perdere cinque punti a testa per le vostre Case.”
Potter deglutì. “Mi dispiace, signore.”
“Oh, ti dispiacerai eccome, Potter. Vai nel mio ufficio e aspettami lì.”
Dopo aver rivolto solo una brevissima occhiata al campo da Quidditch, Harry obbedì, lasciando Piton e Malfoy da soli.
“Malfoy. Sei appena arrivato qui a scuola ed hai già perso punti della nostra Casa.”
“Non si preoccupi; li recupererò in un'altra classe,” Draco provò ad emulare il sogghigno di suo padre, ma fallì miseramente.
“Non è questo il punto, Malfoy, disse Piton, la voce bassa e curiosamente ipnotica. “Eri stato avvisato riguardo alle conseguenze del mettere in imbarazzo la Casa. Ti era stato detto di non rovinare la reputazione di Serpeverde, e che cosa hai fatto? In una delle tue prime lezioni, hai spudoratamente disobbedito alla tua insegnante.”
“E' s-solo un volo,” Draco cercò disperatamente di fare lo spaccone per uscire da quella situazione.
“No, Malfoy, non lo è. Con le tue azioni hai dimostrato non solo la tua mancanza di rispetto verso Madama Bumb e i suoi ordini per la tua classe, ma anche verso di me ed i miei ordini verso la nostra Casa,” puntualizzò Piton gentilmente. Draco sbiancò ulteriormente.
“Io non considero la mancanza di rispetto con leggerezza, Malfoy. Sono sorpreso che tu appaia inconsapevole di ciò.”
Draco provò a parlare, ma nessun suono emerse.
“Farai ritorno al tuo dormitorio, dove trascorrerai il resto del pomeriggio scrivendo 'Chiedo scusa per le mie azioni irrispettose' cinquecento volte.” Ignorò l'espressione costernata di Draco. “Questo fine settimana, mentre i tuoi compagni di classe si godono il proprio tempo libero, tu resterai in punizione due volte con il signor Gazza, pagando per il tuo pessimo comportamento con lo scrostare il pavimento della Guferia con uno spazzolino da denti. Se sento anche solo l'accenno di una lamentela da te o dal signor Gazza, scriverò a tuo padre della mia insoddisfazione verso la tua condotta. Devo puntualizzare le probabili conseguenze di un'azione del genere?” Draco aveva ora un colorito di un verde chiaro e stava scuotendo la testa con veemenza.
“Non solo sei un ragazzino arrogante e sciocco, Malfoy,” proseguì Piton nella medesima, quieta, pericolosa voce, “ma sei anche un ragazzino estremamente male informato. Il signor Potter è sotto la mia protezione,” La mascella di Draco cadde. “Ora è il mio protetto, e qualunque azione contro di lui sarà considerata un'azione contro di me. Deve essere considerato come un Serpeverde e trattato di conseguenza. Se ti vedo discutere con lui in pubblico, la interpreterò come una deliberata violazione del codice della nostra casa: Serpeverde Uniti, Uno Contro il Mondo. Comprendi?”
“S-sì, signore,” Draco balbettò con voce tremante.
“Allora ti suggerisco di cominciare queste cinquecento righe. Se non le avrò per la colazione di domani, faremo in modo che siano due finesettimana di punizione, e ti prometto che l'incarico del secondo farà apparire quello del primo un giardino di delizie. Mi capisci?” Draco annuì a scatti. “Bene. E trasmetti il mio avvertimento riguardo al signor Potter al resto della Casa, mh? Sarò veramente scontento con te se qualcuno ripeterà il tuo errore.”
“Sì, signore!” balbettò il biondo prima di fuggire.
Entro il tramonto, rifletté Piton, la Guferia sarebbe stata vuota, probabilmente, poiché ogni Serpeverde avrebbe scritto a casa delle novità. Sarebbe stato molto interessante vedere cosa sarebbe accaduto poi.
Nel frattempo, fuori dall'ufficio di Piton, Harry stava aspettando con un senso crescente di panico. L'espressione sulla faccia del professore... Rabbrividì.
Piton parlava spesso duramente e ringhiava, ma non sembrava davvero arrabbiato. Questa volta la rabbia si era irradiata da lui in ondate quasi palpabili. Harry pensò che avrebbe potuto sentirsi male se avesse dovuto aspettare ancora troppo a lungo. Non sapeva cosa Piton avesse intenzione di fargli, ma aveva l'orribile terrore che l'uomo avrebbe cambiato idea, ora che aveva visto quanto poteva essere di disturbo Harry.
“Dentro,” Piton scivolò dietro di lui, le vesti che si gonfiavano, ed aprì la porta con un movimento della bacchetta.
Harry si affrettò all'interno e rimase in piedi davanti alla scrivania, la testa chinata e gli occhi fissi sulle punte delle scarpe.
“Potter, sono pronto ad ascoltare qualunque scusa tu possa offrire per giustificare il tuo comportamento,” disse Piton freddamente, fermandosi accanto a lui, le braccia incrociate.
“Nessuna scusa, signore,” sussurrò Harry, sentendo lo stomaco serrarsi.
“Allora forse puoi spiegarmi a cosa stavi pensando?”
“Io – io mi sono solo arrabbiato quando Malfoy ha preso la Ricordella di Neville. Si è comportato male con Neville, in un modo davvero cattivo e odioso, e quando ha provato a romperla, io – io semplicemente non volevo lasciarglielo fare.”
“Così hai permesso a Malfoy di manipolarti fino a farti infrangere le regole e perdere punti della tua Casa. Ti avesse preso per il naso, non avrebbe potuto essere più evidente,” disse Piton, mordace. Harry trasalì. “Ti lasci sempre controllare così facilmente, Potter? Sei del tutto incapace di pensare per te stesso? O di dedurre le intenzioni di un'altra persona?”
“Sapevo che Malfoy stava cercando di cacciarmi nei guai,” protestò Harry, gli occhi che si riempivano di lacrime, “ma non volevo che Neville perdesse la sua Ricordella. Mi dispiace per aver disobbedito, ma -”
“Potter!” La voce di Piton era tagliente come una frustata. “Tu, ragazzino idiota! Perché pensi che io sia tanto arrabbiato con te?”
“P-perché non ho ascoltato Madamam Bumb.” Harry fu sorpreso a sufficienza dallo sbuffo sprezzante di Piton da guardare in su. “Allora perché?”
Piton gli fu di fronte in un istante, trattenendolo per le spalle. Chinandosi in un modo tale da guardare direttamente negli occhi del bambino, Piton sottolineò ogni parola con una piccola scrollata. “Avresti-potuto-ucciderti-con-quella-bravata! Come hai osato volare contro il castello in quel modo!”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Non avevo neanche visto davvero il muro. Stavo seguendo solo la palla,” deglutì.
Questo riuscì solo a rendere il professore più arrabbiato. “Valuti così poco la tua vita, il sacrificio dei tuoi parenti, che non consideri neanche le conseguenze delle tue azioni?” chiese Piton, furioso.
Harry sentì un vivido calore spandersi in profondità nel suo stomaco. Il professore non era arrabbiato perché lui aveva disobbedito. Il professore era arrabbiato perché lui avrebbe potuto farsi male.
Questa era la prima volta che Harry riuscisse a ricordare in cui qualcuno era stato preoccupato per lui. Quando era malato o ferito dai Dursley, a loro era importato solo che questo influenzava la sua capacità di svolgere i suoi compiti e cucinare per loro. Occasionalmente erano stati preoccupati riguardo a cosa i vicini avrebbero pensato, ma mai, ma, erano stati interessati ad Harry per il suo stesso bene. Ma qui c'era il professor Piton, assolutamente furioso perché Harry avrebbe potuto farsi male.
Non gli importava neanche che Harry non si fosse fatto male: era comunque arrabbiato che Harry avrebbe potuto farsene. Le farfalle nello stomaco di Harry erano scomparse, sostituite da una sensazione calda, felice.
Rischiò una rapida occhiata al viso livido del professore e rapidamente abbassò di nuovo lo sguardo. Ooh, Piton era arrabbiato. Harry combatté per trattenere un piccolo sorriso. Al professore importava. Gli importava veramente.
L'intollerabile moccioso. Piton fumava di rabbia. Sorridere per la propria bravata scervellata come fosse qualcosa di cui essere orgogliosi! Ovviamente ci sarebbe stato bisogno di misure più severe per fargli arrivare il messaggio.
“Potter,” disse, il tono pericoloso, “ricordi cosa ho detto che ti avrei fatto se tu fossi stato sciocco a sufficienza da metterti in pericolo?”
Gli occhi di Harry si spalancarono. Ah! Questo aveva cancellato quel sorrisetto dalla faccia del mocciosetto. “S-sì, signore,” balbettò lui.
“E cosa avevo detto che avrei fatto se tu avessi deliberatamente disobbedito?”
“La stessa cosa, signore.”
“Ovviamente non mi hai creduto,” disse Piton freddamente.
Harry alzò la testa a quelle parole. “No, signore! Io le ho creduto. E' solo – è solo...”
“Dal momento che è ovvio che hai bisogno di un promemoria di quanto seriamente io prenda un simile comportamento, sono felice di provvedertene uno. O due, a seconda dei casi.” Piton girò Potter tenendolo per la spalla finché il ragazzo non fu alla giusta angolazione. “Non devi metterti in pericolo.” Assestò al ragazzo un severo sculaccione sul sedere. “Non devi disobbedire ai tuoi insegnanti – se non per una ragione molto buona,” aggiunse prudentemente, prima di amministrare una seconda, efficace pacca. Questa fece scappare un piccolo guaito al moccioso.
“Confido di aver reso chiara la mia posizione?” disse severamente, girando il ragazzo per fronteggiarlo. Se il mocciosetto aveva pensato che non avrebbe tenuto fede alle sue promesse, era appena stato liberato da quell'idea.
L'espressione scioccata di Harry era quasi comica. Piton ricacciò indietro una sensazione poco familiare di colpa. Il ragazzo l'aveva meritato. Era stato avvertito, ed era andato avanti comunque, poi aveva avuto la temerarietà di ridacchiare davanti al suo rimprovero. Be', se serviva un sedere dolorante per spingere il ragazzo a prenderlo sul serio, allora l'avrebbe accontentato.
***
“Potter, ricordi cosa ho detto che ti avrei fatto se tu fossi stato sciocco a sufficienza da metterti in pericolo?” Il cuore di Harry sprofondò. Lo ricordava anche troppo bene.
“S-sì, signore.” Abbassò la testa. L'uomo non era stato responsabile di lui neanche per un giorno interno, e già si era meritato le sue prime botte.
Anche se, si ricordò Harry, speranzoso, il professore aveva detto che non avrebbe usato una cinghia. O un bastone. Così, forse, sarebbe stato solo picchiato con una spazzola: non sarebbe stato per niente divertente, ma almeno avrebbe potuto tenere nascosti tutti i marchi agli altri ragazzi.
Il professore era sembrato spaventosamente deluso da lui. Questo era terribile, ma Harry non riusciva a non sentirsi almeno un po' felice. Anche se stava per essere picchiato, per la prima volta era perché qualcuno era preoccupato per lui. Harry decise che non era poi una brutta cosa per la quale essere colpiti.
Harry era dispiaciuto per essere stato sconsiderato. Il professor Piton era così intelligente; lui avrebbe saputo cosa fare in quella situazione. Harry aveva solo commesso un errore clamoroso, senza pensare. Nessuna sorpresa che l'uomo fosse così irritato con lui... Ma il fatto che fosse irritato in un certo senso provava che pensasse che Harry avrebbe dovuto uscirsene fuori con un piano migliore; e questo significava che riteneva Harry almeno un po' intelligente. Lo zio Vernon non avrebbe mai picchiato Harry per aver fatto qualcosa di stupido – aveva sempre puntualizzato quanto fosse stupido Harry. Sarebbe stato solo troppo felice se Harry avesse fatto qualcosa di sciocco; ma il professor Piton aveva grandi aspettative su di lui. Lui si aspettava che Harry usasse il cervello, ed era deluso quando non lo faceva. Harry si raddrizzò un po'. Non sembrava neanche lontanamente così spaventoso essere punito per non aver fatto onore al proprio potenziale. Gli piaceva molto l'idea che il professor Piton si aspettasse un sacco da lui. Nessun altro l'aveva fatto mai.
“E cosa avevo detto che avrei fatto se tu avessi deliberatamente disobbedito?”
“La stessa cosa, signore.” Rispose Harry, più fermamente. Gli era appena venuto in mente che il professor Piton stava mantenendo la parola data riguardo alle punizioni, e questo significava che probabilmente avrebbe mantenuto anche le sue altre promesse. Come la promessa di essere il guardiano di Harry. Oltretutto, non si sarebbe preso il disturbo di picchiare Harry se non avesse progettato di rimanergli attorno, giusto?
“Ovviamente non mi hai creduto,”
Harry ne fu sorpreso. Non aveva dubitato del professor Piton neanche per un attimo. “No, signore! Io le ho creduto. E' solo – è solo...” Lasciò sfumare la voce, non trovando le parole per descrivere quel che provava. Semplicemente non pensava in funzione della propria sicurezza: non aveva mai avuto alcuna ragione di farlo. Nessuno nella sua vita si era mai preoccupato abbastanza da irritarsi con lui se si metteva in pericolo, così non aveva mai imparato a considerare la propria sicurezza. Ma ora aveva il professor Piton. E il professore stava rendendo molto chiaro che a lui importava di Harry, e che non aveva intenzione di permettergli più di fare cose stupide. Questa realizzazione valeva un mese di sculacciate, per quanto riguardava Harry.
“Dal momento che è ovvio che hai bisogno di un promemoria di quanto seriamente io prenda un simile comportamento, sono felice di provvedertene uno. O due, a seconda dei casi.”
Harry deglutì. Venire picchiato due volte con la spazzola? Questo avrebbe fatto un sacco male, ma immaginò di meritarselo. E Piton l'aveva avvertito.
Quando il professore gli mise le mani sulle spalle e lo fece voltare circa di un quarto sulla destra, Harry non era sicuro di cosa stesse accadendo. Quando aveva intenzione, Piton, di fargli tirar giù i calzoni e di farlo piegare? O di metterlo di traverso alle sue gambe?
Ma il professore stava parlando di nuovo. “Non devi metterti in pericolo.” Quasi prima che lui potesse capire cos'era successo, Piton aveva piazzato una rapida pacca sul sedere di Harry. Harry sobbalzò, più per lo stupore che per il dolore. Il professore non aveva neanche scansato le vesti di Harry, per non parlare del fargli abbassare i calzoni.
“Non devi disobbedire ai tuoi insegnanti – se non per una ragione molto buona,” Una seconda manata cadde sullo stesso punto, ed Harry era così confuso che si lasciò davvero scappare un guaito. Era questa la sculacciata promessa? Ma faceva male a malapena!
Prima che potesse districare i propri pensieri confusi, venne strattonato nuovamente perché si girasse a fronteggiare il professore. “Confido di aver reso chiara la mia posizione?” chiese Piton severamente. Harry poté solo restare a bocca aperta, gli occhi spalancati e le labbra schiuse in una “O” stupita.
Piton combatté con sé stesso. Lui non si sarebbe scusato. Aveva detto a Potter cosa aspettarsi e ne aveva portato avanti le conseguenze. Il fatto che il ragazzo fosse stato abusato dai suoi parenti Babbani non gli garantiva un lasciapassare gratuito per qualunque futuro comportamento: tutti i libri erano stati estremamente espliciti riguardo alla necessità di stabilire conseguenze e rinforzare i limiti.
Ma quando il bambino ti fissava con quello sguardo scioccato – e tradito? – era difficile obbedire ai fottuti libri.
“Be'? Che c'è, Potter?” Piton esaurì la pazienza. Se il ragazzo aveva intenzione di gridare o protestare, che lo facesse e basta!”
“Questo – era questo?” balbettò Harry. “Ma aveva detto -”
Piton aggrottò la fronte. “Sono stato perfettamente chiaro, Potter. Ti ho detto che se mi avessi disobbedito in questo il tuo posteriore avrebbe sentito la mia mano, e così è stato. Hai avuto uno schiaffo sul tuo posteriore coperto per esserti messo in pericolo ed un altro per aver disobbedito. In futuro, se non vuoi due scapaccioni, non romperai tutte e due le regole in una volta sola.”
“Ma non ha fatto veramente male,” se ne uscì fuori Harry. Le mani erano corse immediatamente a coprirsi il sedere, ma quel poco di dolore che c'era stato stava scomparendo in fretta.
Piton alzò gli occhi al cielo. “Potter, non essere stupido. Innanzitutto, se il mio obiettivo fosse farti del male, difficilmente userei metodi babbani. Ci sono Maledizioni Oscure che ti farebbero urlare per il dolore per giorni e giorni.” Gli occhi di Harry si spalancarono e Piton si ricordò bruscamente che si supponeva stesse rassicurando il moccioso. “Io sono il tuo tutore – il mio lavoro è proteggerti, non ferirti. E' solo perché quei bastardi dei tuoi parenti babbani hanno una visione del mondo così perversa che tu pensi che gli adulti debbano causarti dolore e miseria. Noi siamo qui, in realtà, per provare ad assicurare che tu non sperimenti queste cose.” Almeno si suppone che sia così, pensò Piton. Tu ed io siamo entrambi rimasti incastrati in infanzie atroci, ma non è stata colpa di nessuno dei due. “Ti ho detto che, se fossi stato abbastanza sciocco da rompere le tue regole più importanti – riguardanti il mantenerti al sicuro ed il seguire le regole – allora avresti potuto aspettarti una punizione speciale, ed è per questo che sei stato picchiato, Potter – per mostrarti che sono molto arrabbiato con te. Ma questo è tutto quello a cui servono gli schiaffi. Se volessi davvero farti soffrire, avrei molti altri, molto più efficienti, modi per riuscirci.” E gli gettò un'occhiataccia molto Serpeverde.
E bastò questo a far scoppiare Harry in rumorosi singhiozzi.
Piton si gelò.
Che cosa diavolo - ? Harry non aveva pianto quando Piton l'aveva fatto sbattere contro il muro, ma due piccole sculacciate sul sedere e si era trasformato in una pozzanghera? Nessuno ci avrebbe creduto. Non era sicuro di crederci neanche lui. Oh, Merlino, sono morto. Né Albus né Minerva avrebbero mai creduto che non avesse fatto nulla di spaventoso al piccolo mostriciattolo, non con i precedenti di Piton. E Potter appariva davvero patetico, lì in piedi con le lacrime che gli scorrevano lungo le guance ed il moccio che gli colava dal naso. Nell'istante stesso in cui qualcuno avesse visto il bambino, avrebbe presunto che Piton l'avesse maledetto a sangue, poi guarito in fretta prima che chiunque potesse constatare l'evidenza. Come diamine ne sarebbe uscito vivo?
Potter era forse impazzito davanti all'ultima minaccia? Ma lui era stato così attento a dire al moccioso che non aveva intenzione di colpirlo. Si era anche assicurato di usare parole brevi, appropriate per un Grifondoro, e quelle pacche erano meri buffetti amorosi comparati alle botte infernali alle quali l'orribile zio di Potter l'aveva regolarmente sottoposto. Dunque, perché tutte quelle lacrime? Il ragazzo stava avendo un flashback? Be', se una pacca leggera era sufficiente a risvegliare i demoni, allora come si supponeva che insegnasse al bambino a duellare? Nell'istante in cui avesse subito anche solo un leggero Incantesimo Pungente sarebbe corso a piangere sotto al tavolo più vicino. Il bambino aveva ovviamente bisogno di aiuto professionale, malgrado ciò che Albus voleva credere.
“Potter, “iniziò cautamente, facendo un passo avanti, incerto. Perché questo genere di cose accadevano sempre a lui? Non sembrava che Sprite dovesse occuparsi di studenti emozionalmente instabili, ed era lei la fottuta Tassorosso!
Ripensandoci, il passo in avanti era stato un errore. Nel momento in cui si avvicinò al moccioso, Potter si mosse: ma, per la sorpresa di Piton, piuttosto che scattare verso l'angolo più lontano della stanza, il ragazzo si aggrappò a lui e cominciò a singhiozzare nelle sue vesti. Le sue eleganti, fresche, pulite vesti.
Piton non sapeva cosa fare delle proprie mani. Davvero non voleva toccare il viscido, smocciolante bambino, ma non poteva certo nemmeno starsene lì con le mani in aria. Decise che la schiena del ragazzino era probabilmente la superficie più asciutta a disposizione, e poggiò le mani lì. Il fatto che ad un osservatore non a conoscenza dei fatti potesse sembrare che Piton stesse realmente abbracciando il moccioso semplicemente dimostrava che l'apparenza poteva ingannare.
E adesso? Restare lì finché il moccioso piangeva fino a disidratarsi e sveniva? Non bisognava schiaffeggiare qualcuno, quando diventava isterico? Ma schiaffeggiare il piccolo mostro era quello che aveva causato il problema in primo luogo. Avrebbe potuto chiamare Poppy, ma la strega senza dubbio gli avrebbe solo tirato di nuovo un pugno.
Di tutte le volte, non avere proprio ora una Pozione Calmante in tasca! Piton si maledisse per la propria mancanza di previdenza. “Potter, che c'è che non va?” esplose alla fine per la pura frustrazione.
“Non c'è niente che non va. Sono felice!” pianse Potter contro il suo petto.
Piton sbatté le palpebre. Poi le sbatté di nuovo. Cosa? Il moccioso stava distruggendo la sua veste e facendogli perdere anni di vita perché era felice?
Afferrò il ragazzo per la parte superiore delle braccia e lo tirò via da sé alla distanza di un braccio. “Potter? Indendi dirmi che tutto questo trambusto e questa follia sono perché sei FELICE?”
Il ragazzo tirò su con il naso e annuì. “Lei è così gentile con me. Nessuno è mai stato così gentile con me, prima.”
L'uomo “gentile” represse l'impulso di schiaffeggiare la testa di Potter finché non gli si fosse staccata dalle spalle. “Piantala immediatamente con questa crisi, Potter! Parlo sul serio! Se entro trenta secondi non sei calmo e quieto, Evocherò un secchio d'acqua gelata e ci ficcherò dentro la tua testa.”
Il moccioso ebbe la temerarietà di ridere davanti alla minaccia! Ma prima che Piton potesse riscuotersi dal proprio stato di choc ed Evocare il secchio per annegarci il piccolo demone, Potter era riuscito, singhiozzando e tirando su con il naso, a raggiungere in qualche modo un maledetto stato di calma.
“Mi dispiace,” Harry riuscì a deglutire. Davvero non capiva perché avesse pianto in questo modo; ma tutto ad un tratto si era semplicemente sentito sicuro, come se qualche orribile pericolo che non riusciva neanche più a riconoscere fosse finalmente scomparso. Il colpo definitivo era stato realizzare che non avrebbe mai più dovuto preoccuparsi di essere preso a cinghiate finché non poteva camminare; tutto ad un tratto, si era sedimentato in lui il pensiero che Piton avesse intenzione di occuparsi di lui, di proteggerlo e di assicurarsi che nessuno – proprio nessuno – gli facesse ancora del male. Era l'aver realizzato che, per la prima volta da quando i suoi genitori erano morti, lui non era più da solo, che aveva infranto del tutto il suo controllo, e lui era crollato così come non aveva mai fatto prima. Era puro, assoluto sollievo, e lui non sarebbe riuscito a fermarsi neanche se avesse voluto: e, francamente, non voleva. L'aveva fatto sentire così bene solo piangere e piangere.
Anche se ora, ovvio, si sentiva come un completo scemo.
Alzò gli occhi per incontrare quelli del professore. “Uhm, mi dispiace,” offrì. Lo sguardo gli cadde sulla viscida macchia sulle vesti dell'uomo, e trasalì. Davvero, aveva undici anni o uno? Si era davvero soffiato il naso contro il petto dell'uomo?
Gli occhi di Piton seguirono i suoi, e il professore si preparò a dire all'orribile moccioso precisamente cosa pensava dei piccoli ipersensibili piccoli mostri che non riuscivano neanche ad usare un fazzoletto; ma, prima che potesse cominciare, qualcuno bussò alla porta. La McGranitt chiamò, “Severus! Ho portato Baston!”
“Aspetta un momento!” gridò di rimando, infastidito. Il San Mungo doveva decisamente studiare per quale ragione persone altrimenti razionali potevano essere rese folli dal Quidditch. Magari la McGranitt era stata colpita alla testa da un Bolide di troppo durante i suoi giorni da giocatrice.
Si girò verso il ragazzo e fu sorpreso di scoprire che gli occhi di Harry erano su di lui, spalancati per la paura. “Per favore, signore – non glielo lasci fare. Ha detto che non l'avrebbero fatto.”
“Non avrebbero fatto cosa?” chiese Piton. Grande Merlino, il bambino era peggio di uno di quegli yo-yo babbani. Questi infernali sbalzi di umore non sarebbero mai finiti?
Interiormente si meravigliò che Harry si rivolgesse ancora a lui in cerca di aiuto, anche quando era chiaro che era furioso con il ragazzo. Com'era arrivato Potter a guardarlo con tanta fiducia?
“Bastonarmi. Ha detto che gli insegnanti non picchiano gli studenti.”
Piton aggrottò la fronte verso il ragazzo spaventato. “Di che cosa stai parlando, sciocco ragazzino? Il Capo della tua Casa non ha intenzione di bastonarti.”
Harry parve leggermente meno preoccupato. “Baston non è un bastone?”
Piton alzò gli occhi al cielo ed assestò alla spalla di Potter una piccola scrollata. Era una scrollata esasperata, non una stretta rassicurante. Assolutamente no. “Baston è uno studente, non un bastone, tu, piccolo idiota. Oliver Baston. E' il capitano della squadra di Quidditch della tua Casa.”
“Oh!” La tensione abbandonò le spalle di Harry: come Piton poté sentire, dato che le sue mani, per qualche inesplicabile ragione, erano ancora posate lì. Le rimosse rapidamente. “Conosco Oliver. Ron me l'ha indicato. A Ron piace davvero il Quidditch,” spiegò il ragazzo.
“E a te?”
Harry scrollò le spalle, asciugandosi le ultime lacrime dalle guance. “Non ne so davvero molto. Ron pensa che sia forte, perciò penso che mi piaccia.”
Piton sbuffò di fronte all'ulteriore prova dell'incapacità del ragazzo di pensare per sé stesso. “La professoressa McGranitt gradirebbe che tu provassi ad entrare in squadra. Lei crede che, basandosi sul tuo volo di oggi, tu possa essere adatto.”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Davvero?”
“Sì. Ovviamente, io ho puntualizzato che, come tuo tutore, certo non intendevo premiarti per esserti messo in pericolo, senza parlare dell'aver disobbedito ad un istruttore.” L'espressione di Harry si rabbuiò. “Ad ogni modo, dal momento che essere in squadra ti farebbe ricevere un'istruzione dolorosamente necessaria sul come volare in sicurezza, ho dato alla professoressa McGranitt il permesso di farti incontrare Baston e di farti provare ad entrare in squadra. Tu sarai ancora punito per le azioni di oggi, comunque, e se dovessi vedere qualunque ulteriore esempio di un simile comportamento sconsiderato, con o senza una scopa, non esiterò a toglierti dalla squadra.”
Ancora una volta il fiato gli venne strappato quando Harry gli si precipitò addosso. Davvero, il bambino aveva bisogno di lanciarsi in un modo così poco composto?
“Grazie! Grazie!” disse Harry ancora e ancora.
Piton alla fine riuscì a districarsi. “Sì, be', non avrai voglia di ringraziarmi una volta che avrai sentito la tua punizione, Potter. Mi aspetto duecento righe di 'Non correrò rischi inutili con la mia salute e il mio benessere' – e non pensare che io abbia dimenticato le cinquecento righe che mi devi per aver citato tuo zio l'altra notte!” L'espressione di Harry si fece colpevole. “E trascorrerai due notti la prossima settimana nelle mie stanze, scrivendo un saggio riguardo alla necessità di pensare prima di gettarsi scioccamente in azione.” Aggrottò la fronte minacciosamente verso il ragazzo, ma Harry ne fu sorprendentemente poco turbato.
“Sì, signore,” cinguettò il moccioso, felice.
Piton gli gettò un'occhiataccia. Cos'aveva il disgraziato da sembrare così compiaciuto? Non aveva appena perso diverse notti di tempo libero ed era stato aspramente rimproverato? Era stato chiamato “bambino idiota”. Era anche stato sculacciato. Perciò, perché Potter lo stava adocchiando con espressione così pensierosa? “Che c'è?” chiese in tono difensivo. Il ragazzo si aspettava altre coccole? Be', se era così, avrebbe aspettato a lungo. Severus Piton, Mangiamorte e spia, non coccolava disobbedienti, testardi mocciosi.
“Stavo solo pensando a come chiamarti,” spiegò Harry, innocentemente. “Fuori dalla classe, voglio dire. Quando ci siamo solo noi due.”
“Cosa!” gracchiò Piton.
“Be', non voglio davvero chiamarti zio Severus,” spiegò Harry, ignaro del modo in cui gli occhi di Piton si spalancarono davanti al suo uso dell'appellativo, “perché questo mi ricorda troppo mio zi – be', tu sai chi. Ma non penso neanche che dovrei chiamarti papà.” Ora Piton era veramente incapace di parlare. Solo la sua sicura, deliziosa consapevolezza che James Potter stesse rivoltandosi nella sua tomba gli permise di rimanere cosciente. “Hmm.” Harry ci pensò ancora per un momento, poi scrollò le spalle. “Dovrò solo continuare a pensarci, immagino. Grazie, professore! Andrò ad incontrare Oliver e la professoressa McGranitt e non appena avrò finito tornerò indietro, così potremo andare dai Weasley.” Fece una pausa e poi sorrise impudentemente. “Immagino che non sarò in grado di cominciare le mie righe fino a domani.”
Mentre Piton continuava a combattere per ritrovare il fiato, Harry si diresse verso la porta: poi, un attimo prima di raggiungerla, si girò e schizzò indietro indietro. Il respiro che Piton era quasi riuscito a riguadagnare gli fu strappato di nuovo quando Harry volò contro di lui. “Grazie. Mi dispiace d'essere stato cattivo e che tu abbia dovuto picchiarmi,” borbottò, stringendo il professore più forte che poteva. “E sono davvero felice che tu sia il mio tutore.”
E poi se n'era andato, correndo attraverso la porta verso i sonori benvenuti degli altri Grifondoro, lasciandosi dietro un Piton senza fiato e molto, molto pensieroso.
Note alla traduzione: Ormai le avvertenze per la paragrafazione sono state ripetute così tante volte che suppongo siano diventate noiose, perciò non le dico più.
E 3, 2, 1, contatto! Siamo passati dal lei al tu nei discorsi di Harry e Severus: in inglese sono beatamente ignari della piccola differenziazione che in Italia si è diffusa uniformemente a partire dalla fine del secolo scorso, e perciò l'Autrice ha avuto un problema in meno da affrontare. In questo capitolo in particolar modo ho optato per una traduzione a senso e non letterale in molti casi, per rendere il più piacevole che fosse possibile la lettura dei due dialoghi accesi che fanno da fulcro della scena. Mi auguro che il risultato sia gradevole.
Non ci vedo più per il sonno, ma volevo pubblicare per potervi augurare Buona Pasqua. Un grande grazie a tutti voi che seguite questa traduzione.
Di nuovo, si ringraziano Vekra, ormai adottata come B.A.P. (Beta A Posteriori) di questa storia, e shinu, che ritrovo qui con gioia e che (malgrado io debba ancora sfornare la storia della sua meravigliosa sfida) ha ri-betato cinque capitoli in un giorno solo. |
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Piton era – più o meno – riuscito a riguadagnare la propria compostezza quando Harry fece ritorno nelle
sue stanze più tardi, quello stesso pomeriggio. Sentire un Potter contemplare l'ipotesi di
chiamarlo “Zio” o – Merlino lo aiutasse, la parola gli faceva tremare la terra sotto i piedi – “Papà” era
stato sufficiente a causare in lui la necessità di due Pozioni Calmanti e un panno freddo sulla
fronte.
Se anche Voldemort non fosse esistito e James e Lily fossero stati vivi, difficilmente Piton sarebbe stato
un visitatore benvenuto nella casa dei Potter, per non parlare dell'essere in termini amichevoli con la
loro prole. Il commento spontaneo di Harry l'avevano scosso sin nell'intimo. Un uomo che fin dall'infanzia
aveva evitato quasi del tutto le amicizie strette era anche troppo facilmente predisposto a sciogliersi
davanti alle parole ingenue di un bambino.
Piton era a malapena riemerso dal trauma di aver perso l'amicizia di Lily quando aveva preso il Marchio
Nero. Il suo servizio a Voldemort e la guerra nella quale si erano trovati avevano poi occupato tutto il
suo tempo e tutti i suoi sforzi, e non era certamente stato propenso a farsi degli amici tra i suoi
compagni. Per i purosangue lui era una creatura inferiore, tollerato perché la sua abilità con le pozioni
l'aveva reso uno dei favoriti del Signore Oscuro, ma indubbiamente non qualcuno con il quale fare
amicizia. Piton stesso era ancora un adolescente goffo nel campo delle relazioni, e dopo aver visto come
aveva malamente rovinato la sua amicizia con Lily era diventato ancora più riluttante a rischiare di
essere ferito di nuovo. Quando era divenuto una spia per la Luce era stato troppo pericoloso avvicinarsi a
chiunque – sia per evitare che questi venissero a conoscenza del suo segreto che per non mettere in
pericolo qualcuno al quale teneva.
Poi era giunto quell'orribile Halloween, e Piton si era sentito come se la sua vita fosse finita. Si era
ritirato in un mondo oscuro, amaro, squallido, dal quale nessuno – men che meno lui stesso – era davvero
interessato a tirarlo fuori. Albus aveva provato, ma era stato distratto da altri doveri, e Piton l'aveva
combattuto con le unghie e con i denti. Alla fine, il Preside si era tristemente rassegnato ad aspettare
che l'uomo malinconico ne uscisse.
Quando la crudezza delle emozioni aveva cominciato a diminuire, Piton si era creato una vita come il
Malvagio Pipistrello dei Sotterranei, la quintessenza del Serpeverde la cui caustica lingua devastava
migliaia di infanzie. Come avrebbe potuto anche solo pensare di cercare amicizie “normali” quando la sua
sola esperienza in proposito era stata con una strega dai capelli rossi quasi due decenni prima? Non aveva
la più pallida idea di come andare d'accordo con le persone – sapeva solo intimidirle, alienarle o
comunque respingerle. Se non fosse stato per Silente sarebbe andato avanti letteralmente per mesi senza
sostenere una conversazione civile con un altro essere umano. Aveva bruciato tutti i ponti con il resto
del corpo insegnante nel giro di poche settimane dalla sua assunzione come professore, e le voci
persistenti – opportunamente abbellite da anni di studenti di Hogwarts – del suo (letteralmente) Passato
Oscuro difficilmente l'ideale di uomo con il quale avere un appuntamento, o anche solo adatto ad andare a
bere con qualcuno un paio di pinte al Paiolo Magico.
Così forse non c'era da sorprendersi che le semplici parole di Harry avessero fatto traballare le
fondamenta del mondo di Severus: in molti modi, malgrado (o forse per via dei) solitari, rabbiosi anni
trascorsi, era ancora quel goffo adolescente che cercava disperatamente amore ed affetto. E
l'incondizionato, convinto amore di un bambino era molto, molto seducente.
Per principio – lui era un Serpeverde, dopotutto – Piton si aspettava il peggio: così immaginò che
l'attitudine che il moccioso mostrava verso di lui sarebbe cambiata l'istante in cui Harry si fosse
trovato tra Weasley. Dopotutto loro erano i genitori per eccellenza. I loro bambini li adoravano,
palesemente, e mostravano una feroce lealtà malgrado i mezzi limitati della famiglia. Molly ed Arthur
probabilmente sapevano come gestire qualunque crisi, e non insultavano i loro bambini con appellativi
sprezzanti, per non dire che non li mandavano a sbattere contro un muro con un manrovescio. Le mura alla
Tana potevano essere decrepite, ma si poteva sentire praticamente l'amore trasudare da esse. Piton aveva
sempre sostenuto che fossero i biscotti di Molly, in grado di causare il diabete, a dargli la nausea
durante le sue rare visite lì – generalmente collegate alle attività extra-curricolari dei gemelli – ma, a
dire la verità, era la sensazione palpabile di Casa che lo snervava sempre.
Harry sarebbe indubbiamente fiorito sotto le loro cure e avrebbe dimenticato del tutto il solitario dalla
lingua tagliente che abitava nei sotterranei e non aveva la più pallida idea di come essere gentile con un
bambino. Terrorizzare i bambini, oh, sì, in quello Piton era impareggiabile. Non piaceva neanche ai suoi
Serpeverde: lo rispettavano, apprezzavano il modo in cui si mostrava fieramente protettivo verso di essi,
onoravano la sua lealtà... e lo evitavano come la peste. Non importava quanto ad essi potessero mancare i
propri parenti, i Serpeverde del primo anno che soffrivano di nostalgia di casa decidevano invariabilmente
di cercare conforto presso un Prefetto, piuttosto che dal Capo della loro Casa.
Ma, malgrado il suo carattere pungente, le sue aspre critiche, la sua assoluta mancanza di gentilezza od
indulgenza, in qualche modo Piton aveva dato ad Harry l'impressione di essere “gentile”. Senza neanche
provarci: in effetti, mentre provava molto energicamente a non esserlo. Ma Harry non era stato
allontanato dagli sforzi di Piton; al contrario, in qualche modo li aveva fraintesi sino al punto in cui
aveva apertamente preferito il professore di Pozioni all'approccio da nonno del Preside, alle dolcezze e
alle blandizie dell'infermiera, e anche all'adulazione del Capo ossessionato dal Quidditch della sua
stessa Casa. Il cuore di Serpeverde di Piton gioiva al pensiero di quanto questa situazione dovesse
irritare i suoi colleghi, ma la sua storia passata lo rendeva convinto che sarebbe stata di breve durata.
Gongolare ora avrebbe solo portato a soffrire poi, una volta che Harry avesse rinunciato a lui e che gli
altri avessero la possibilità di vendicarsi.
Piton si alzò a sedere, strappandosi l'impacco dagli occhi e aggirandosi selvaggiamente per le sue stanze.
Che cosa c'era che non andava in lui? Comportarsi come se gli interessasse che il moccioso vivesse o
morisse? Be', d'accordo – gli importava di quello. Ma solo per via del suo Voto
Infrangibile. Non era come se il piccolo mostro valesse due zellini ai suoi occhi. Sleale moccioso che era
senza dubbio. Avrebbero visto quanto sarebbe occorso agli Weasley per conquistarlo.
Piton indossò un altro dei suoi completi inesorabilmente neri. Con un raro sfoggio di sensibilità scelse
una veste che, seppur del tutto presentabile, era tutto meno che nuova: avrebbe mostrato comunque il suo
rispetto verso i suoi ospiti, ma senza sottolineare la differenza che intercorreva tra le sue risorse
economiche e le loro. Gettò un'occhiata all'orologio e imprecò. Dov'era quel piccolo produttore di moccio
-
Un bussare al battente lo interruppe prima che potesse cominciare veramente ad inveire. Un guizzo della
bacchetta aprì la porta ed Harry capitombolò all'interno, arrossato e senza fiato.
“Mi dispiace!” esclamò prima che Piton potesse ringhiare contro di lui per il suo ritardo. “La
professoressa McGranitt ed Oliver mi hanno tenuto per un secolo. Sono andati avanti a farmi
acchiappare quella piccola cosa dorata, ancora e ancora e ancora finché ho pensato che mi sarebbero cadute
le dita. Continuavano solo ad eccitarsi di più e a dire 'Un'altra volta!' Non so che ci sia di speciale in
questo, tu lo sai?”
Piton gettò un'occhiataccia al monello. E tanti saluti alle possibilità della sua Casa di vincere la
Coppa. Visto come il piccolo idiota stava così allegramente cianciando del suo acchiappare il Boccino
“ancora e ancora”, Grifondoro sarebbe stato praticamente impossibile da sconfiggere.
Affatto scoraggiato dalla mancanza di risposte del suo tutore, Harry si fece cadere la borsa giù dalla
spalla e si contorse, stiracchiando i muscoli della schiena e strofinandosi il sedere. “Sedere su una
scopa così a lungo fa male, sai? Non avevo idea che il Quidditch fosse un lavoro così duro. Mi farà male
domani: mi sento come quando ho dovuto estirpare le erbacce da tutte le aiuole di zia Petunia.”
Piton aggrottò ancora di più la fronte quando gli fu ricordato come quei Babbani avevano forzato in
servitù un bambino Magico. Con un sol passo fu alle spalle di Harry, ignorando sia il sussulto istintivo
del ragazzo che il conseguente rossore imbarazzato. “Dove fa male?” chiese, premendo sulla schiena e sulle
spalle del ragazzo.
Harry chiuse gli occhi per la beatitudine, contorcendosi deliziato dal massaggio improvvisato. “Urr,
proprio lì. Tra le scapole. E più in basso giù per la schiena.”
Piton aggrottò la fronte davanti ai nodi nella schiena del ragazzo: il suo trapezio era esageratamente
teso, e la sua zona lombare era stata messa sotto sforzo da tutte quelle acrobazie. “E poi dove?”
“Erm, be', più in basso,” ammise Harry, arrossendo. “Sai... dove ti siedi.”
Ignorando gli squittii imbarazzati di Harry, Piton lo fece piegare e continuò il suo esame. Sì, i muscoli
del grande gluteo di Harry erano stati maltrattati da troppo esercizio, e il suo sedere e le sue cosce
erano probabilmente irritati e doloranti per aver stretto il manico di scopa durante le numerose picchiate
e gli avvitamenti. La McGranitt era una completa fanatica, pensò Piton con un ringhio, furioso che la
strega avesse incoraggiato il suo protetto a stancare il proprio corpo a quel modo. Non si era resa
conto che i muscoli del ragazzo erano esausti? Ancora pochi minuti e la forza l'avrebbe abbandonato, molto
probabilmente proprio mentre stava rischiando il suo sciocco collo su qualche assurda acrobazia che quei
idioti avevano incoraggiato.
“Ahi. Ouch,” protestò Harry mentre le forti dita di Severus impastavano la sua schiena e il suo sedere
doloranti, ma dovette ammettere di sentirsi molto meglio quando i muscoli furono forzosamente
decontratti.
Piton lasciò andare il ragazzo e recuperò con un Accio una pozione ed un vasetto dalla sua
dispensa. Harry li guardò curiosamente. “Bevi questo,” ordinò il professore.
Harry arricciò il naso: poteva essere nuovo del Mondo Magico, ma aveva già imparato quanto disgustoso
fosse il sapore di gran parte delle pozioni. Gettò un'occhiata di sottecchi al professore, sperando di
poter evitare il tutto blandendolo, ma uno sguardo alla faccia severa dell'uomo gli fece cambiare idea.
Sospirò ed accettò la fiala. Chiudendosi il naso con una mano, se ne buttò il contenuto giù per la gola
con l'altra.
“UGH!” esclamò, rabbrividendo violentemente. “Il sapore è peggio di quello dei calzini sporchi!”
“Come c'è da aspettarsi, considerando che sono l'ingrediente principale,” disse Piton asciuttamente.
Harry lo fissò. “Davvero?” bisbigliò, un po' più che lievemente nauseato.
“Idiota. Certo che no.” Piton alzò gli occhi al cielo. Grifondoro! “Vedo che le ripetizioni di
Pozioni figureranno considerevolmente nel tuo futuro, Potter. Prima della tua prossima lezione, mi
porterai dodici pollici sugli ingredienti reali di una pozione guaritrice.”
Harry rise forte. “Ci ero cascato!” ammise allegramente, con grande confusione di Piton. Aveva appena
insultato il moccioso e gli aveva assegnato – piuttosto ingiustamente per uno studente del primo anno alla
sua prima settimana di lezioni – un saggio per punizione, ed Harry pensava che fosse un bello scherzo?
Harry si stiracchiò felice. Il professor Piton continuava semplicemente a prendersi cura di lui. Anche se
– come la professoressa McGranitt si era premurata di spiegargli – Harry avrebbe giocato contro la squadra
di Quidditch della Casa di Piton, l'uomo si era interessato ai suoi provini. Ancora meglio, nell'istante
in cui Harry aveva appena menzionato il fatto di non sentirsi bene, si era concentrato su di lui,
stabilendo che cosa c'era che non andava e migliorando la situazione. Harry non aveva pensato che la sua
blanda lamentela riguardo alla propria stanchezza avrebbe portato a qualcosa: ai Dursley piaceva sentirlo
gemere, ritenendo che mostrasse che stava lavorando duramente; così aveva preso l'abitudine di lamentarsi
un po'. Non abbastanza da rendersi colpevole di piagnucolare, badate bene, solo a sufficienza da indicare
che non stava perdendo tempo.
Ma mai in un milione di anni sua zia o suo zio gli avrebbero massaggiato la schiena – o il sedere! – per
farlo sentire meglio, per non parlare del dargli una medicina. Harry guizzò per la pura felicità. Il
professore si prendeva davvero, davvero buona cura di lui.
Era anche divertente. Fingere che Harry stesse veramente bevendo calzini sporchi. Harry sorrise. Questa
era veramente buona – avrebbe dovuto vedere se riusciva a farci credere qualcuno degli altri ragazzi. E
dargli il permesso di studiare più del dovuto? Questo era un altro segno di quando gentile il
professor Piton fosse. I Dursley non gli avrebbero mai lasciato fare i compiti assegnati, perché non
facesse sembrare Dudley anche più ottuso di quanto era, e la maggior parte dei suoi professori stabiliva
di conseguenza che fosse pigro e stupido come uno cugino. Qualunque domanda Harry potesse avere riguardo
ai suoi compiti riceveva una risposta breve e semplice, dal momento che uno studente tanto lento non
poteva assolutamente comprendere concetti complessi. E invece il professor Piton non solo si aspettava che
lui conoscesse le risposte, voleva anche che Harry provasse a indovinare le cose da solo quando non le
sapeva.
Ad Harry piaceva leggere – dai Dursley era stata la sua sola via di fuga – così che gli venisse detto di
cercare qualcosa era un'ottima ragione per passare del tempo tra i suoi libri: e sapere che il professore
desiderava prendersi del tempo per guardare quel che avrebbe trovarto, e per dirgli se era giusto o
sbagliato... Be', questo era uno sforzo maggiore di quello che chiunque altro avesse avuto intenzione di
spendere con Harry.
“Come ti senti ora?” chiese Piton, domandandosi se la pozione si fosse inaspettatamente combinata con le
tossine dei muscoli stressati per creare una sensazione di stordimento incoerente. Per quale altra ragione
il ragazzo – er, il moccioso – sarebbe stato intento a sorridere in una maniera tanto strana?
“Meglio,” rispose Harry immediatamente. Si massaggiò il sedere un'ultima volta. “Ancora un po' dolorante,
signore, ma molto meglio di prima. Quella pozione è brillante, anche se ha un sapore pessimo!”
Piton aggrottò la fronte, più per principio che per altro, e porse al ragazzo il piccolo barattolo.
“Massaggiati questo balsamo sul sedere e le cosce prima di cena e di nuovo al mattino. Quei muscoli sono
particolarmente tesi, e tu non hai volato prima. Avrai bisogno di prepararli gradualmente nel corso delle
prossime settimane.” Fece una pausa quando un pensiero lo colpì. “Baston ti ha mostrato come riscaldarti
prima e dopo l'allenamento?”
Harry scosse la testa sconcertato. “No, signore. Si riscalda la scopa?”
“Idiota.” Piton scosse la testa con fastidio. “Devi riscaldare i tuoi muscoli per evitare precisamente le
difficoltà che hai appena sperimentato.” I suoi occhi si strinsero mentre contemplava quale vendetta
avrebbe compiuto sul capitano Grifondoro. Ci avrebbe pensato lui ad insegnare a Baston ad ignorare il
benessere di uno studente del primo anno nella sua noncurante eccitazione per aver trovato un nuovo
Cercatore.
“Signore?” La voce di Harry lo fece riemergere da piacevoli fantasie di Baston che singhiozzava
cominciando a strofinare il quindicesimo calderone in una notte. Oh, avrebbe mostrato a quell'idiota cosa
fosse una schiena dolorante!
“Che c'è?” chiese.
“Non dovremmo andare dai Weasley, signore?” chiese Harry cautamente. Non sarebbe stato sorpreso di
scoprire che i Weasley avevano cambiato idea. Dopotutto, il professore era un grande tutore e si stava già
prendendo cura di Harry meglio di quanto lui avesse osato sperare: avere una seconda famiglia, oltre a
ciò, be', sembrava quasi avidità. Harry avrebbe capito se i Weasley avessero deciso di avere ragazzi a
sufficienza per tenerli occupati e di non aver bisogno di un inutile mos – oh oh. Harry si interruppe a
metà del pensiero e gettò un'occhiata colpevole verso il professore. Dati gli altri talenti dell'uomo,
Harry non si sarebbe stupito di scoprire che poteva anche leggere le menti.
Se Piton avesse sentito ancora Harry riferirsi a sé stesso come un mostro, il ragazzo immaginava che
sarebbe stato fortunato a finire solo con un altro blocco di righe da scrivere: il professore aveva reso
chiaro che non gli piaceva che usasse quel termine, anche se Harry non era del tutto sicuro di
credere che l'uomo avrebbe effettivamente portato a compimento l'insaponatura della bocca che aveva
minacciato.
Il professore era stato, in linea di massima, inaspettatamente e sorprendentemente gentile. Malgrado tutti
i suoi scatti d'impazienza e i suoi ringhi – e nonostante Harry l'avesse abbondantemente provocato – non
aveva ancora dato ad Harry uno schiaffo come quello della prima notte. Harry non era sicuro del perché.
Sì, Piton aveva detto che era stato “inappropriato”, ma Harry sapeva perfettamente che qualche volta lui
era davvero, davvero cattivo, come quando aveva disobbedito a Madama Bumb: e se aveva imparato una cosa
dai Dursley, era che, comportandosi male, si veniva sempre puniti. Ma Piton, pur non essendo affatto
eccessivamente tollerante, non sembrava afferrare il concetto di punizione.
Invece di saltare in avanti e schiaffeggiare veramente Harry per bene, aveva fatto cose come assegnarli
righe, che gli avrebbero permesso di fare molta, necessaria pratica nell'uso di una penna; o gli aveva
fatto scrivere saggi che gli avrebbero insegnato qualcosa; o aveva insistito sul fatto che dovesse venire
e spendere tempo con il professore. Harry aggrottò la fronte. Il professor Piton sembrava avere i concetti
di “ricompensa” e di “punizione” interamente confusi.
Harry sapeva che si supponeva che le punizioni facessero male, ma anche gli schiaffi di Piton non
l'avevano fatto, per niente; erano stati poco più che buffetti ammonitori sul sedere. Certo, sapere che il
professore era arrabbiato con lui faceva male. Un sacco. Molto più che qualunque scarica di botte
dei Dursely, in effetti. Sentire che aveva fatto arrabbiare l'uomo o che l'aveva deluso faceva dolere il
cuore di Harry molto più di quanto il suo sedere avesse fatto mai, e quel dolore non scompariva affatto
così velocemente.
Harry aggrottò la fronte con aria pensierosa. Forse il professore, dopotutto, sapeva qualcosa riguardo
alle punizioni.
Piton trattenne un sospiro. Non poteva rimandare più a lungo: sarebbero dovuti andare alla Tana e cenare
con i Weasley. Grugnì tra sé e sé, chiedendosi se Molly avrebbe ripresentato le sue obiezioni
alla sua tutela di fronte al ragazzo. Be', ottimo. Che lo facesse. Se il ragazzo sceglieva di spendere
tutto il suo tempo con quel clan di semplicioni dalla testa rossa, affari suoi. Non era come se a Piton
importasse qualcosa.
Adocchiò il ragazzo. Si era ovviamente lavato dopo il Quidditch; quello spazzolone ingarbugliato che lui
chiamava capelli era umido ed anche più disordinato del solito. “Vieni qui,” ordinò, flettendo un dito
nella direzione in cui il ragazzo se ne stava con un'espressione corrugata rivolta a sé stesso, ovviamente
perso in un sogno ad occhi aperti; probabilmente chiedendosi cosa avrebbero avuto per dolce quella sera,
ghignò Piton.
Harry camminò obbediente verso il professore e si fermò, pietrificato per lo choc, quando l'uomo gli
sollevò entrambe le mani per ispezionargli le unghie, poi controllò dietro alle sue orecchie. “Che c'è?”
chiese Piton, scorgendo l'espressione del ragazzo. “Pensi che ti permetterei di imbarazzarci entrambi
arrivando malamente pulito?”
“N-no, signore,” Harry inghiottì. “E' solo che nessuno mai – Voglio dire, io non ho -” Si interruppe,
senza sapere come spiegare che alla zia Petunia non era mai importato che lui sembrasse un completo
straccioncello, finché non camminava troppo vicino alla sua famiglia. Non aveva mai avuto nessuno che si
prendesse il disturbo di assicurarsi che apparisse a a posto: usualmente aveva da affidarsi alle risate
degli altri ragazzi a scuola per dedurre cose come il significato di “alla rovescia” o che si era
abbottonato la camicia storta.
Piton sbuffò sarcastico di fronte a questo ulteriore esempio dell'incapacità del ragazzo di articolare
pensieri coerenti. Non potendo trovare mancanze nell'igiene del ragazzo, rivolse la propria attenzione ai
suoi vestiti. “Perché sei nell'uniforme scolastica?” chiese. “Non ti avevo detto di vestirti al meglio
così che avresti fatto una buona impressione? Pensi che stessi parlando a me stesso?”
Harry ridacchiò di fronte all'immagine mentale del professor Piton intento ad avere una piacevole
conversazione con sé stesso, ma inghiottì in fretta la propria ilarità quando gli occhi di Piton si
assottigliarono. “No, signore,” disse, piegandosi per recuperare la sua cartella. Era una bella sensazione
poter dare la schiena a qualcuno senza preoccuparsi che questi avrebbe colto l'opportunità per colpirlo –
o peggio. Aveva imparato a non dare mai la schiena allo zio Vernon o a Dudley, non dopo l'ultima volta,
quando un calcio sul sedere non solo l'aveva sollevato da terra, ma lo aveva anche spedito in volo per
mezzo soggiorno.
Sì, rifletté Harry, era una sensazione grandiosa avere la possibilità di fidarsi del professor Piton; e
sapere che aveva avuto il permesso di difendersi se qualcun altro avesse provato a fargli del male. Si
chiese se il professore sapesse quant'era bello sapere che non avrebbe dovuto mai più preoccuparsi che un
colpo venisse fuori da chissà dove.
Piton fissò la borsa, incredulo. Il piccolo mostro progettava davvero di spostarsi dai Weasley.
“Cosa stai facendo, in nome di Merlino, con quella, tu, atroce moccioso?”
Il ragazzo tirò fuori alcuni stracci macchiati. “Be', sapevo che non volevi che io mettessi l'uniforme
scolastica, ma i miei altri vestiti non sono belli. Ho pensato che li avrei portati e che avresti potuto
decidere.”
Piton arricciò il naso e sollevò gli offensivi “indumenti” dalle mani del ragazzo usando il minor numero
di dita che fosse possibile. “Questi non possono essere assolutamente i tuoi vestiti migliori,”
sibilò, gettando un'occhiataccia al moccioso. I jeans e la maglietta da poco prezzo erano sporchi ed
enormi: si sarebbero appesi alla magra figura di Potter come un costume da pagliaccio.
Harry arrossì. “Mi dispiace,” disse, vergognoso. “Immagino che avrei dovuto prendere dei vestiti normali
quando Hagrid mi ha portato a Diagon Alley, ma non erano sulla lista...”
Piton dette fuoco agli stracci con un Incendio, desiderando di aver potuto incendiare così i
Dursley stessi. Dunque avevano vestito il bambino di Lily con abiti usati e malmessi che nessun ente di
carità che si rispettasse avrebbe accettato, e poi avevano fatto sentire il ragazzo come se fosse colpa
sua il fatto che non avesse un paio di mutande da chiamare proprie. La rabbia rese la sua voce
anche più dura del solito. “Certo che non lo erano, idiota di un ragazzino. I genitori ed i tutori normali
provvedono vestiti adatti per i loro bambini, ed è di conseguenza inutile specificarlo sulla lista della
scuola. Tu hai avuto la sventura di essere lasciato con creature disgustose la mostruosità delle quali è
apparentemente illimitata. Tu ed io andremo a fare compere nel prossimo futuro: ho intenzione di spezzare,
una volta e per tutte, il lascito residuo dell'orrore dei tuoi parenti.”
Harry inghiottì. Il professore sembrava spaventosamente irato, ma invece di rimproverare sonoramente Harry
per la sua mancanza di previdenza gli aveva invece promesso un'escursione per fare compere. Harry stava
diventando orribilmente confuso: il professor Piton davvero doveva essere nuovo a questa cosa del
genitore, per avere le punizioni e le ricompense così mescolate.
Oh! Forse era per questo che stavano andando dai Weasley? Così che i genitori di Ron potessero spiegare
delle cose al professore, per esempio come i bambini dovrebbero essere puniti e quante ore al
giorno dovrebbero trascorrere facendo lavori e cose del genere. Il professor Piton ovviamente non capiva
davvero come si supponeva che le cose fossero, e i Weasley, con tutti i loro figli, sarebbero stati capaci
di metterlo sulla giusta strada. Harry inghiottì a vuoto. Si chiese quanto severi fossero i Weasley. Ron
aveva detto che la sua mamma era famosa ad Hogwarts per le sue “strillanti”. Harry non pensava che gli
sarebbe piaciuto se il professore avesse urlato contro di lui, anche se immaginava fosse meglio che venire
schiaffeggiati dai Dursley. Comunque, il suo stomaco fece un piccolo salto al pensiero di avere il
professore che gli urlava contro come i suoi parenti usavano fare.
“Molto bene, Potter. Indosserai la tua uniforme scolastica. Ora vieni con me.” Piton lo guidò verso il
camino, chiedendosi perché gli sembrasse di avere lo stomaco fatto di piombo. Certo che il ragazzo avrebbe
preferito i Weasley a lui. Questo era un dato di fatto. Ed era stato questo l'obiettivo, no? Darlo
ad una famiglia vera così che potesse essere coccolato e viziato da quegli imbecilli dalla testa
rossa?
Potter, com'era prevedibile, si bloccò davanti al camino. “Cosa – cosa stai facendo?” inghiottì.
“Non hai mai viaggiato con la Metropolvere?” disse Piton con impazienza; poi alzò gli occhi al cielo.
Certo che non l'aveva mai fatto. Un pensiero orribile lo colpì, e si chinò per fissare direttamente il
ragazzo. “I tuoi parenti ti hanno mai bruciato? Nel camino o sul fornello?” Se si fosse trattato di
questo, allora il bambino avrebbe potuto essere veramente incapace di usare la Metropolvere.
Harry sbatté le palpebre. “No,” rispose onestamente. Per quanto i Dursley fossero stati spaventosi, non
erano stati così depravati. Schiaffi e pacche e cinghiate, insulti e negletto ed espressioni di
disgusto – tutto questo gli era stato diretto contro, ma i suoi parenti non erano stati sadici. Erano
stati forzati a prendersi cura di un bambino indesiderato, mostruoso e pericoloso, e si erano assicurati
che lui fosse consapevole di questo in ogni momento della sua vita, ma non l'avevano ferito solo per il
gusto di fargli male. “Per la maggior parte del tempo erano solo cattivi – sai, con quel che dicevano e
come mi chiamavano e come mi guardavano – ma, anche quando mi colpivano, in genere era solo con le mani.”
Certo, la mano dello zio Vernon faceva parecchio male, come quella della zia Petunia, ma era stato chiaro
che non avevano voluto veramente toccarlo. “Usavano la spazzola o la cintura, qualche volta, ma in genere
gridavano e mi schiaffeggiavano solo. Era più il fatto che non sapessi mai quando sarebbe accaduto, non
era poi così tanto male. In genere.” si corresse, ricordando quelle volte in cui era stato decisamente
orribile. “Non è come se mi rompessero le ossa o mi bruciassero o mi annegassero o niente,” aggiunse,
leggermente indignato.
Piton si lasciò sfuggire uno sbuffo che era per metà sollievo che il disgusto dei Babbani verso la magia
li avesse portati ad essere più negligenti che abusivi verso il ragazzo, e per metà indignazione che
avessero potuto essere così arroganti e chiusi nel loro modo di pensare. Stupidi Babbani! “D'accordo.
Seguimi.”
Ma il ragazzo esitò ancora, guardando le lingua di fiamma con timore.
Piton sospirò, frustrato, e afferrò il ragazzo tra le braccia. Sorpreso, Harry si aggrappò istintivamente
al corpo del professore, e quando Piton marciò fermamente verso le fiamme, sussultò per la paura ed
affondò la faccia nel collo dell'uomo.
Note alla traduzione: Crollo alla tastiera,
perciò mi limito a ringraziare tutti quelli che si sono fermati a lasciarmi un commento, e shinu e Vekra in particolare per avermi segnalato diversi errori presenti nei capitoli passati.
Vi prego di manifestare tutto il vostro supporto alla mia Amata Beta, che, malgrado la vita se la mangi, riesce a trovare il tempo di betare tutti i capitoli. |
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Piton sospirò, frustrato, e afferrò il ragazzo tra le braccia. Sorpreso, Harry si aggrappò istintivamente al corpo del professore, e quando Piton marciò fermamente verso le fiamme, sussultò per la paura ed affondò la faccia nel collo dell'uomo.
Harry sentì il professore sbottare “La Tana”, ma la vampa di calore che si era aspettato non giunse mai: invece, vi fu uno strano suono che li investì, e poi il professore stava improvvisamente camminando in avanti, ancora, poi fermandosi. Harry sbirciò cautamente e vide due adulti con i capelli rossi che lo fissavano, con espressioni di assoluto choc sulle loro facce.
Incoraggiato, Harry si raddrizzò e vide che si trovavano, ora, in un soggiorno accogliente, con giocattoli magici e libri sparpagliati attraverso la stanza assieme ad una marea di foto di famiglia. “Forte!” sorrise. “E' stato fantastico, Professore!”
Piton si schiarì la gola. Cosa, in nome di Merlino, ci faceva il ragazzo ancora nelle sue braccia? Aveva perso la pazienza davanti all'esitazione del ragazzo – per quando potesse essere comprensibile in qualcuno per il quale il Mondo Magico era così nuovo – e l'aveva sollevato così che potessero raggiungere i Weasley un po' prima che Voldemort risorgesse. Non era stato per un desiderio di proteggere o rassicurare il moccioso, ma semplicemente perché il ragazzo era ancora piccolo a sufficienza da poter essere fisicamente preso e costretto all'obbedienza. Quando Potter gli si era aggrappato come un fottuto primate, era stato troppo sconcertato per rimostrare con lui. Oltretutto, aveva evitato che il moccioso inalasse della fuliggine e poi vomitasse tutto addosso alle vesti pulite di Piton.
Il loro arrivo alla Tana aveva creato una certa agitazione: Piton avrebbe fatto tesoro per sempre dell'espressione sulla faccia di Molly nel momento in cui lui era apparso nel fuoco con il moccioso Potter raggomitolato tra le braccia come un bambino piccolo.
Arthur fu il primo a riprendersi. “B-benvenuti alla Tana, Severus, Harry,” disse, solo un debole tremito nella voce a rivelare lo stupore per lo spettacolo di fronte a lui.
A Piton sarebbe piaciuto ghignare, ma, realizzando che stava agendo in funzione del proprio dovere di modello di comportamento, si sforzò di replicare civilmente. “Grazie, Arthur. Vi siamo grati per il vostro gentile invito. Harry,” spronò, il tono tagliente. Perché non se ne sta dritto sui propri piedi? “Saluta i Weasley.”
“Salve, signore, signora,” disse Harry timidamente. Sapeva perfettamente che si stava comportando come un bambino piccolo. Qualunque undicenne che si rispettasse si sarebbe scapicollato fuori dalle braccia del professore alla prima opportunità, mortificato per essere stato trattato come un bimbo. Ma Harry non era mai stato trattato come un bimbo, neanche quando lo era, e scoprì che gli piaceva decisamente la sensazione di sicurezza procurata dall'essere trasportato nelle braccia di un adulto. Ancor di più, sapeva che, una volta che i Weasley avessero avuto un'opportunità di parlare con il Professor Piton, gli avrebbero messo in chiaro che gli undicenni erano troppo vecchi per essere coccolati così; dunque, immaginava che questa fosse la sua unica e sola opportunità di venire trattato a questo modo. Oltretutto non c'erano altri bambini attorno ad osservare la sua imbarazzante regressione, perciò all'inferno. Sarebbe rimasto dov'era finché Piton non si fosse staccato le sue dita da attorno al collo.
Severus provò a mettere giù il ragazzo, ma il mocciosetto serrò meramente la propria stretta attorno al suo collo e si aggrappò più forte con le gambe. “Potter,” sibilò nell'orecchio del ragazzo. “Scendi.”
Per sua intensa irritazione, il ragazzo gli rivolse un'occhiata laterale, poi lo ignorò del tutto. Cosa diavolo aveva preso al ragazzo? Non aveva mostrato segni di intensa timidezza, prima, ma non era come se Piton lo conoscesse poi così bene.
“Er, ci sediamo?” suggerì Molly, quando i secondi trascorsero e divenne chiaro agli adulti che Harry non aveva intenzione di scendere volontariamente.
“Perché non prendi questa sedia? E' la più confortevole,” invitò Arthur, indicando la poltrona bitorzoluta che Piton ricordava anche troppo bene dalla sua visita precedente.
“Grazie,” riuscì a farsi uscire Piton attraverso i denti serrati. Si lasciò cadere nella sedia, riuscendo a manovrare il ragazzo così che sedesse in grembo a Piton. Un Potter! Seduto sul suo grembo! IL SUO GREMBO! Piton non avrebbe mai superato l'esperienza.
Harry si illuminò, appoggiandosi contro l'ampio petto del professore. Non riusciva a credere che Piton non l'avesse spinto via. Non si era mai seduto sul grembo di qualcuno, prima, neanche su quello del Babbo Natale del centro commerciale, dal momento che i Dursley avevano detto che Babbo Natale non portava regali ai piccoli mostri. Si agitò, cercando un punto comodo – il professore aveva delle ginocchia piuttosto ossute – e si guardò intorno con interesse.
Arthur Weasley aveva superato la sorpresa iniziale e stava ora cercando disperatamente di nascondere il proprio divertimento. Conosceva Severus Piton soprattutto per via del suo lavoro come spia dell'Ordine nell'ultima guerra e come insegnante dei suoi figli: in nessuna delle due incarnazioni l'uomo era stato nulla se non minaccioso e sinistro. Vederlo, adesso, sistemarsi goffamente un bambino sulle gambe... Arthur si chiese se l'Apocalisse fosse prossima.
Molly sbatté le palpebre e continuò a sbatterle. Semplicemente, non aveva senso. Il Severus Piton che conosceva – o che pensava di conoscere, ammise in silenzio – non avrebbe avuto pazienza per un bambino appiccicoso: Molly si sarebbe aspettata che Piton o lo respingesse con uno schiaffo pungente o – nella migliore delle ipotesi – che rimettesse a posto il ragazzo con qualche insulto crudele. Invece, aveva tollerato l'aperta disobbedienza del ragazzo (Molly aveva un udito eccellente) ed ora stava anche strofinandogli la schiena con atteggiamento rassicurante.
Severus si agitò nervosamente. Odiava le serate in società. Era terribile in queste, per non dire del tutto privo di esperienza. Silente l'aveva costretto a partecipare ad alcuni eventi sociali “genitori-insegnanti” poco dopo la sua assunzione; ma, dopo che Severus aveva ridotto diversi parenti in lacrime con le sue osservazioni taglienti sulle prodezze scolastiche, educazione e probabile carriera futura dei loro figli, anche Albus si era arreso. A Piton era stata data una dispensa speciale per evitare tutte le occasioni nelle quali era probabile che venisse messo a contatto diretto con i genitori, e così il suo calendario sociale dell'ultimo decennio era stato in gran parte ristretto agli incontri di Mangiamorte. Spiare e socializzare erano un pessimo connubio, ed anche i suoi compagni Mangiamorte avevano imparato in fretta a non invitarlo a cena.
Il risultato era che si sentiva come un goffo adolescente in queste cose. Cosa si supponeva che facesse? Era suo compito come ospite fare conversazione, o i Waeasley come suoi anfitrioni? Ancora una volta invidiò il naturale savoir-faire di Lucius Malfoy. Si poteva dire quel che si voleva riguardo ai bigotti purosangue, ma almeno erano tutti dotati di maniere eccellenti: non che scegliessero spesso di usarle, ma almeno potevano.
Caro Mensile del Purosangue, pensò, che consiglio avreste per un mezzosangue Mangiamorte (in pensione) che fosse invitato a cena a casa di traditori del loro sangue e si trovasse con Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto incollato alle ginocchia? Devo usare un coltello da pesce, da burro o da bistecca per rimuovere chirurgicamente il moccioso? E' considerata pessima forma tagliarmi la gola piuttosto che soffrire una serata tanto tormentosa? Se non lo è, quale coltello devo usare? Il suicidio è considerato più o meno un faux pas se si aspetta fino a che la cena non sia stata servita?
Piton si schiarì la gola. Doveva dire qualcosa. Qualunque cosa. Fece dardeggiare selvaggiamente lo sguardo nella stanza, cercando ispirazione, e realizzò con orrore che, nel suo nervosismo, stava distrattamente battendo piccole pacche sulla schiena del mostriciattolo.
Harry si rilassò con un sospiro felice mentre il professore gli strofinava gentilmente la schiena. I suoi muscoli erano ancora doloranti per tutto quel Quidditch, e poi si era teso nuovamente, preoccupandosi per i Weasley. Era spaventosamente gentile da parte del professore capirlo ed aiutarlo a calmarsi. E lo stava facendo di fronte ai Weasley, anche! Non stava nascondendo quel che provava o fingendo una cosa in pubblico e facendo qualcos'altro in privato. Wow, Harry era davvero fortunato.
“Allora, Harry, ti stai godendo Hogwarts?” chiese il signor Weasley, realizzando che la sua generalmente loquace moglie era, per una volta, scioccata al punto da essere senza parole dall'immagine che aveva di fronte.
“E' fantastica!” replicò Harry con un ampio sorriso.
“Finora qual è stata la parte che hai preferito?”
Harry gettò un'occhiata al di sopra della spalla. “Incontrare il Professor Piton,” rispose onestamente, girandosi verso il papà del suo migliore amico.
Arthur fece del suo meglio per ignorare i suoni strozzati che emersero sia da sua moglie che dal suo ospite alla replica di Harry. “Davvero? E perché?” continuò, sentendo di stare scivolando sempre più nella tana del coniglio verso qualche universo alternativo alla rovescia.
“Perché è stato davvero grande,” spiegò Harry. “Si sta prendendo cura di me, ora, sa.”
“Harry, tesoro, non ti piacerebbe che noi ci prendessimo cura di te?” chiese Molly debolmente. Tenne gli occhi sulla faccia di Harry, ignorando sia l'occhiataccia assassina di Piton che l'espressione di corrugata disapprovazione di Arthur.
Harry si ritrasse contro il petto del Professor Piton. “Uhm...” Non era sicuro di come rispondere. Non voleva insultare la famiglia del suo migliore amico, e voleva visitarli un sacco – probabilmente – ma non voleva perdere nemmeno il Professor Piton. Anche se i Weasley avessero spiegato al professore come avrebbe dovuto funzionare quella cosa del genitore, e gli avessero impedito di continuare ad essere così tollerante, ad Harry sarebbe piaciuto comunque avere qualcuno così grosso e spaventoso ad occuparsi di lui.
Molly si riscosse. Il linguaggio del corpo di Harry diceva tutto e, che Merlino l'aiutasse, Severus Piton aveva brillato per la sue dimostrazioni protettive verso il ragazzo sin dal momento in cui era arrivato attraverso il camino. Ovviamente i suoi preconcetti erano stati sbagliati: Harry era – piuttosto sorprendentemente – felice con l'austero uomo, e che lei fosse dannata se avesse permesso a chiunque, compresa lei stessa, di interferire con la sua scelta. Certamente, se le cose fossero mai cambiate sarebbe stata la prima a portargli via il ragazzo; ma, per ora, era chiaro che Harry era dove aveva bisogno di essere.
“Be',” si sforzò di suonare allegra, “anche se non vuoi che ci prendiamo cura di te tutto il tempo, magari potresti voler comunque visitarci per un po' di tempo?” Lo guardò speranzosa. “E, certo, il Professor Piton potrebbe venire con te ogni volta che lo desideri.”
Harry si girò per guardare di nuovo il professore, in cerca di rassicurazione. Se anche Piton fosse stato lì, allora era diverso. Sorrise a Molly. “Sarebbe bello.”
Lei sospirò per il sollievo. Poi, boccheggiò. “I miei antipasti!” Schizzò verso la cucina.
“Harry, oltre a Pozioni,” disse Arthur facendogli l'occhiolino, “quali sono, per ora, la tua lezione preferita e quella che preferisci di meno?”
“Penso che Trasfigurazione sia veramente difficile,” ammise Harry, “anche se la insegna la Professoressa McGranitt. Lei non riserva alla sua Casa nessun trattamento speciale,” disse, gettando un'occhiata scaltra verso il Professor Piton.
Arthur rise, perfettamente consapevole per via dei suoi figli del trattamento preferenziale dei Serpeverde da parte di Piton. “Pensi che avere il tuo ragazzo in classe sarà facile o difficile, Severus?”
Piton si strozzò di nuovo. Il suo ragazzo? Weasley l'aveva detto veramente? Non era così fuori di sé da farsi sfuggire il modo in cui Harry si raddrizzò orgogliosamente alla domanda: il moccioso ora lo stava adocchiando con – buon Dio! - un'autentica aria da proprietario.
“Ho già avvertito il signor Potter che mi aspetto alti livelli di comportamento e risultati scolastici da parte del mio pupillo,” riuscì finalmente a lasciarsi scappare, malgrado il suo ghigno abituale fosse sciupato dal tremito nella sua voce.
Harry sospirò ed alzò gli occhi al cielo. “E' spaventosamente severo,” disse ad Arthur, sporgendosi in avanti ed abbassando la voce in tono di confidenza. “Devo già scrivere 700 righe per lui, e non è ancora passata neanche un'intera settimana scolastica!”
“Sono seduto proprio qui.” Piton punzecchiò con il dito il mocciosetto, irritato. Come osava riferirsi a lui in terza persona! Con suo ulteriore fastidio, Harry ridacchiò e Arthur rise. Ovviamente, doveva punzecchiare più forte. Oppure un bel pizzicotto deciso...
“Allora, qual è la tua classe preferita?” proseguì Arthur, felice di quanto Harry si stesse rilassando. Almeno, allevare sei ragazzi rendeva facile cominciare una conversazione con uno.
“Mi piace volare! Abbiamo avuto la nostra prima lezione oggi,” rispose Harry, gli occhi scintillanti. Molly, che era appena rientrata con piccoli piatti di leccornie, sorrise al vedere la sua animazione. Poggiò uno dei piatti di fronte al bambino, proprio mentre questi spiegava, con un'occhiata colpevole a Piton, “Sono finito nei guai, però.”
“Cos'è successo?” chiese lei, il tono consolatorio. “Hai volato troppo in alto?”
Harry si contorse. Non avrebbe voluto confessarlo ai Weasley: non voleva che pensassero che fosse uno che creava problemi o qualcosa del genere. “Madama Bumb ha dovuto portare Neville in infermeria, e ci ha detto di restare a terra, ed io, più o meno, non l'ho ascoltata.”
“Harry James Potter!” lo rimproverò Molly in una voce che anche Harry riconobbe come il tono da mamma da “sei in grossi guai, giovanotto”. “E' stato davvero pericoloso!”
“Particolarmente dal momento che si è quasi schiantato contro le mura del castello nello sforzo di salvare uno sciocco gingillo,” puntualizzò una voce serica da dietro di lui, ed Harry si girò per guardare con aria riprovatoria il suo professore.
Piton ghignò. Questo avrebbe mostrato agli Weasley che il Principe Potter non era tanto un piccolo angelo.
Com'era ovvio, Molly parve anche più preoccupata. “Harry! Non era la tua prima volta su una scopa? Cosa sarebbe accaduto se non fossi stato in grado di fermarti in tempo? Avresti potuto farti male! Promettimi che non farai più nulla di così sciocco, o non potrò smettere di preoccuparmi per te!”
Harry abbassò la testa; ma dentro di sé era euforico. Tutte queste persone erano preoccupate per lui! Anche se lo stavano rimproverando, era perché erano spaventate che avrebbe potuto farsi male. Questo era grandioso! “Prometto,” disse, mentre Molly protendeva una mano gentile e con la punta delle dita gli faceva sollevare il viso. Lui sorrise incontrando i suoi occhi ansiosi. A lei, lui piaceva davvero!
“Non lo farò di nuovo, prometto,” disse, cercando di rassicurarla. “Il professor Piton l'ha visto ed è stato davvero arrabbiato! Mi ha picchiato e tutto.”
La temperatura nella stanza calò bruscamente di diversi gradi, mentre entrambi i Weasley rivolgevano occhiatacce furiose a Piton. Lui replicò con un'altra occhiataccia. Non aveva intenzione di spiegarsi: che andassero ad urlare a Silente, se volevano opporsi alla sua scelta come tutore.
“Hmf,” sbuffò Molly, gettando a Piton uno sguardo malefico. “Harry, amore, vorresti aiutarmi a portare le bibite? La Burrobirra tende a perdere le bollicine se viene presa con un Accio.”
Harry annuì amichevolmente e saltò giù dal grembo di Piton. La signora Weasley era gentile come la ricordava, ed anche il signor Weasley sembrava gentile. Magari non avrebbero detto al professor Piton di essere troppo duro con lui.
“Vedo che è già finito nei guai,” disse Arhur quietamente una volta che Harry ebbe lasciato la stanza. “Sta avendo dei ripensamenti?”
Piton non aveva intenzione di ammettere nulla di fronte a Weasley. “Non mi aspettavo affatto che un undicenne fosse un modello di perfetto comportamento.”
“Sembra che lei l'abbia messo in chiaro anche con Harry,” commentò l'uomo più anziano in tono neutro.
Harry e Molly fecero ritorno in quel momento con le bevande, e la conversazione riprese, focalizzandosi principalmente intorno alle memorie di Hogwarts degli Weasley più anziani e delle loro avventure lì. Harry ascoltò felice, deliziato di imparare di più sulla sua nuova scuola, mentre Severus guardava male la propria Burrobirra e desiderava che la serata finisse.
Quando si spostarono verso la tavola da pranzo, gemente sotto al peso di cibo sufficiente a nutrire un'armata – o l'intero clan dei Weasley – Harry rimase indietro.
Piton gli gettò un'occhiataccia; ma, quando il ragazzo non li raggiunse al tavolo, si trattenne accanto a lui. “Qual è il problema?” domandò, impaziente, tenendo la voce bassa. “Devi andare in bagno?”
Harry scosse la testa. “Dove dovrei andare?” bisbigliò.
Piton aggrottò la fronte per la confusione. “Che intendi?”
“Devo andare in cucina? Potrei cominciare a lavare le pentole, se lo faccio, o i Weasley vogliono che aspetti in soggiorno? O magari nella stanza di Ron?”
“Di che cosa stai parlando?”
Harry sospirò. Certe volte gli adulti, anche il professor Piton, potevano essere davvero lenti. “Mentre voi state mangiando. Cosa faccio? Dai Dursley venivo sempre mandato nel mio ripostiglio quando c'erano ospiti a cena, ma qui non so dove andare. Dovrei andare ad aspettare in camera di Rom, o pensi che dovrei cominciare a pulire la cucina?”
“Tu devi venire a tavola con noi,” disse Piton, troppo stupefatto anche per insultare il ragazzino. “Sei stato invitato qui per cena, non per guardare gli adulti mangiare mentre ti comporti come un elfo domestico.”
“Ma... vuoi dire che posso mangiare con voi? Insieme?” Harry rimase a bocca aperta. Era rimasto sorpreso e compiaciuto quando gli era stato permesso di unirsi agli adulti per le burrobirre e gli spuntini. Non avrebbe mai immaginato che avrebbe potuto veramente sedersi a tavola durante il pasto.
Adesso il loro bisbigliato tête-à-tête aveva attirato l'attenzione dei Weasley. “Tutto a posto, Severus?” chiese Arthur, mentre Molly adocchiava Piton con aria di sfiducia. Il commento affrettato di Harry riguardo all'essere stato picchiato aveva risvegliato tutti i suoi dubbi.
“Sì,” replicò Severus in un tono che li sfidava a contraddirlo. Posò una mano sulla spalla di Harry e lo tirò con sé, parlandogli quietamente. “Ti siederai a tavola e ti comporterai come un gentiluomo. Osserva me o i Weasley se sei incerto sul come reggere le posate, e non gettarti sul cibo come una bestia famelica.” Piton aggiunse alla fine, ricordando come appariva Ron alla tavola di Grifondoro.
Harry, confuso, prese posto sulla sedia indicatagli. Questo era senza precedenti. Gettò un'occhiata incerta ai Weasley, un po' più che convinto per metà che Severus avesse commesso un errore e che l'avrebbero allontanato dalla tavola: ma Arthur gli sorrideva, e Molly gli stava già passando il cestino del pane. Harry ne prese una fetta e il raggiante sorriso che ne risultò fece salire le lacrime agli occhi di Molly.
Harry si comportò piuttosto bene, tutto considerato. Guardò Piton con attenzione, e il professore rallentò i propri movimenti, rendendo facile per il bambino mimarli. I Weasley si accorsero subito di quel che stava accadendo, ed anche Molly cominciò a pensare di essersi sbagliata riguardo a Piton; poi Harry provò a sollevare il piatto dell'arrosto e sussultò.
“Tutto a posto, tesoro?” chiese Molly, preoccupata. “E' troppo pesante. Arthur, aiutalo.”
“Grazie,” disse Harry educatamente, tagliando un pezzo di carne come aveva visto fare al professor Piton.
“Stai bene?”
“Sì,” esclamò Harry allegramente. Al suo fianco, Piton soffocò un gemito, sapendo cosa sarebbe seguito. “Sono solo ancora un po' dolorante dopo questo pomeriggio.”
“Dolorante!” ripeté Molly con voce sempre più alta, gli occhi fissati con espressione furiosa su Severus. Com'era piuttosto naturale, avendo sentito che Harry era stato schiaffeggiato prima quel giorno, era balzata alla conclusione che si stesse riferendo ai postumi della sua punizione. “Sei ancora dolorante?”
“Sì,” confermò Harry, del tutto ignaro del tumulto in corso attorno a lui. “Il professor Piton dice che ci metterò un po' ad abituarmi. Mi ha dato una crema per il sedere, però. Quello mi fa ancora più male che la schiena o le braccia.”
Arthur gettò un'occhiata al viso della moglie e si alzò in piedi, tirandola in cucina. “Er, Severus, vorresti darci una mano? Continua pure a mangiare, Harry,” gli ordinò con calma, “noi torneremo subito.”
Note alla traduzione: In questo capitolo l'Amata Beta non ha potuto beteggiare. La ringrazio egualmente per tutte le volte che c'è stata (e per quelle in cui ci sarà, mwahahah), e mi scuso, perciò, per eventuali errori nella traduzione: sono tutta colpa mia. Per cercare di pubblicare il prima possibile e di passare all'ottavo capitolo (la strada verso la conclusione è ancora luuuunga) ho deciso di aggiornare la storia senza rileggere più che superficialmente la traduzione. Perciò la presenza di errori non è solo probabile, è certa.
Grazie a tutti! |
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
“Sì,” esclamò Harry allegramente. Al suo fianco, Piton soffocò un gemito, sapendo cosa sarebbe seguito. “Sono solo ancora un po' dolorante dopo questo pomeriggio.”
“Dolorante!” ripeté Molly con voce sempre più alta, gli occhi fissati con espressione furiosa su Severus. Com'era piuttosto naturale, avendo sentito che Harry era stato schiaffeggiato prima quel giorno, era balzata alla conclusione che si stesse riferendo ai postumi della sua punizione. “Sei ancora dolorante?”
“Sì,” confermò Harry, del tutto ignaro del tumulto in corso attorno a lui. “Il professor Piton dice che ci metterò un po' ad abituarmi. Mi ha dato una crema per il sedere, però. Quello mi fa ancora più male che la schiena o le braccia.”
Arthur gettò un'occhiata al viso della moglie e si alzò in piedi, tirandola in cucina. “Er, Severus, vorresti darci una mano? Continua pure a mangiare, Harry,” gli ordinò con calma, “noi torneremo subito.”
Nell'istante in cui la porta della cucina si chiuse alle spalle degli adulti, Arthur gettò un incantesimo silenziante sulla stanza. Appena in tempo. “ABITUARSI? SI ASPETTA CHE CI SI ABITUI? E' IL COLMO! HO INTENZIONE DI CHIAMARE SILENTE IMMEDIATAMENTE!”
Piton si massaggiò la fronte. In teoria, se tutto ciò fosse accaduto a qualcun altro sarebbe stato piuttosto divertente. Dato il suo ruolo nel dramma, tuttavia, lo trovava un po' più che lievemente fastidioso. “Ha male interpretato la situazione,” disse a Molly, senza aspettarsi che lo ascoltasse veramente.
Per sua sorpresa, lei si interruppe. “Come?” chiese. “Sta dicendo che non ha picchiato il bambino? Quel povero, indifeso bambino?”
“Quel povero, indifeso bambino ha quasi spiaccicato le sue minuscole cervella contro le mura del castello! Meritava di essere punito.”
“Allora lasci che il Capo della sua Casa lo punisca assegnandogli righe da scrivere o togliendogli punti o mettendolo in punizione! Cosa voleva fare, intervenendolo e poi punendolo tanto che gli fa ancora male ore più tardi? Cosa gli ha fatto, in nome di Merlino? La sua schiena, le sue braccia, il suo sedere – se Albus non chiama gli Auror lo farò io!”
“Non è dolorante per la mia punizione, stupida strega!” ringhiò Piton. “E' dolorante per il Quidditch. Minerva McGranitt l'ha visto volare e l'ha prontamente preso nella squadra della sua Casa. L'ha sottoposto ad un provino di due ore, ed è per questo che gli fa male.”
“Questa è la scusa più ridicola che io abbia mai sentito!” sbottò Molly. “Ha dimenticato che io ho sette – SETTE! – figli ossessionati dal Quidditch? So perfettamente che gli studenti del primo anno non giocano nella squadra delle Case. Ha la minima idea di quante lamentele su questa regola io abbia sentito nel corso degli anni? Includendo quest'anno?”
“Signora, può considerarmi capace di brutalizzare un bambino, ma pensa veramente che sarei così stupido da picchiare il ragazzo e poi potarlo qui per permettergli di parlarvene?”
Causandogli un miscuglio di gratificazione ed offesa, questo la spinse a fermarsi. “Be', no. In realtà, non ha senso.” Ammise Molly. “E il suo comportamento quando è arrivato... Ma non ho intenzione di correre altri rischi con il benessere del bambino. Mi ha detto lei stesso che Silente l'ha sistemato con dei Babbani che l'hanno abusato per gli ultimi dieci anni; perché, dunque, dovrei credere che abbia scelto meglio questa volta?”
Piton fu infastidito dallo scoprire che aveva effettivamente qualcosa in comune con un Weasley. Peggio ancora, lei era un avversario formidabile ed uno che sarebbe risultato molto utile nel corso delle sue future battaglie con Silente (e la McGranitt) riguardo all'educazione del ragazzo. I suoi istinti da Serpeverde presero il sopravvento. Ovviamente, doveva cooptarla al suo fianco.
“Rispondete ad una mia domanda,” disse bruscamente, sorprendendo entrambi i Weasley con il cambio di soggetto. “Se Ronald avesse disobbedito a Madama Bumb e si fosse gettato in acrobazie a rischio della sua vita, mostrando tuttavia nel contempo abilità nel volo rimarchevoli, cosa avreste fatto?”
I Weasley si scambiarono uno sguardo. “L'avremmo rimproverato fino a fargli ronzare le orecchie, spedito a letto senza cena, avremmo confiscato la sua scopa per una settimana e poi cercato di trovare il denaro per fargli avere lezioni di volo in più,” rispose Arthur per entrambi.
“Gli avreste permesso di unirsi alla squadra della sua Casa, se un'eccezione fosse stata permessa dal Preside?”
“Sì,” annuì Arthur.
“Gli avreste permesso di unirsi alla squadra della sua Casa senza punirlo?”
“Direi proprio di no!” sbuffò Molly.
Severus annuì. Sarebbero andati bene. “Molto bene. Credo che quest'idea di essere suoi tutori insieme possa funzionare.”
“Chiedo scusa!” lo interruppe Molly con veemenza. “Stavo per chiamare gli Auror!”
“Lei è rimasta vittima di un equivoco,” sbottò Severus. Né lui né Molly notarono che Arthur stava sgattaiolando via. “Dopo l'acrobazia di Potter, Minerva ha ignorato tutto tranne l'abilità nel volo del ragazzo – oh, ha preso in considerazione una punizione simbolica, ma tutta la sua attenzione era sul potenziale di Potter come Cercatore. Io ho messo in chiaro che questa era una risposta inaccettabile al suo comportamento, e mi sono occupato di lui personalmente. Io non ho, comunque,” aggiunse in fretta, “ferito il ragazzo. Ha ricevuto appena due pacche sul sedere, una per la sua disobbedienza ed una per essersi messo in pericolo, insieme a delle righe e ad un saggio da scrivere. Poi è andato ai provini ed è stato spremuto senza pietà; certo che è dolorante – l'hanno tenuto su una scopa alla quale non era abituato per due ore, forzandolo ad acchiappare il Boccino ancora e ancora.”
Molly aggrottò la fronte, considerando le sue parole. Aveva ancora un'espressione sospettosa in viso. “Si aspetta che io creda che Minerva McGranitt era disposta a sorvolare su una deliberata disobbedienza da parte di uno dei suoi leoni?”
“Ha mai visto la sua espressione mentre guarda alla Coppa delle Case?” chiese Piton stancamente.
“Be', sì...” Molly esitò. “Ma cosa dice riguardo al modo in cui ha trattato il ragazzo, Severus? Non permetterò che lui paghi il prezzo del trattamento che suo padre riservava a lei!”
Piton arrossì. Come osava questa strega giudicarlo? “Oh, e lei non sta cercando di rimediare alla sua indifferenza verso di lui negli ultimi dieci anni? Pensavo che fosse vicina ai Potter, ma era ovviamente troppo occupata con i suoi figli per riservare un pensiero al benessere del loro orfano.”
Molly rimase senza fiato. “Questa è una cosa terribile da dire!”
Piton ghignò. “Un po' di verità fa male?”
“Tu, pipistrello dai capelli unti -”
“Tu, aspirante dea della fertilità-”
***
Una volta che si sentì ragionevolmente sicuro che Molly e Severus non si sarebbero scagliati incantesimi l'un l'altro fino ad annichilirsi, Arthur uscì dalla cucina e raggiunse Harry al tavolo.
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese Harry preoccupato guardando verso la cucina silenziosa.
“Solo durante la lezione di volo, da quel che mi hai detto,” replicò Arthur a suo agio, sedendosi nuovamente e mettendo un altro po' di verdure nel piatto di Harry.
Il ragazzo fece una smorfia ma cominciò a mangiarle ubbidientemente.
“Harry, non sono certo di aver seguito quel che stavi dicendo, prima. Perché sei dolorante?”
Harry alzò la testa, sorpreso, i broccoli appesi alla forchetta. “Non l'ho detto? Sono entrato nella squadra di Quidditch di Grifondoro!”
Il sopracciglio di Arthur si sollevò in un'espressione sorpresa. “Uno studente del primo anno? Stai scherzando!”
“No, davvero!”
Arthur lo fissò; poi, gli fece una domanda in tono penetrante. “Ron è entusiasta per te, o verde d'invidia?”
Harry dovette ridere. “Un po' di entrambe, penso. Non ho avuto molto tempo di spiegargli le cose, perché dovevo correre per venire qui.”
“E' passato molto tempo dall'ultima volta in cui ad uno studente del primo anno è stato permesso di entrare nella squadra della sua Casa, Harry. Devi essere davvero bravo. Hai volato molto prima di venire ad Hogwarts?”
Harry scosse orgoglioso la testa. “Per niente. Oliver Wood, è il nostro capitano, lui e la professoressa McGranitt mi hanno messo alla prova per tipo due ore oggi pomeriggi. Mi hanno fatto volare e inseguire delle cose ancora e ancora e ancora. Ma alla fine hanno detto che potevo entrare in squadra, e il professor Piton aveva già dato il suo permesso. Quando sono potuto finalmente scendere dalla scopa mi sentivo come se fossi stato picchiato con la spazzola più grande del mondo. Non ero mai stato su una scopa, prima. I mie parenti-” parve a disagio “-a loro la magia non piace.”
“Certi Babbani sono così,” disse Arthur tranquillamente, ed Harry si rilassò di nuovo. “Be', questo spiega perché sei così dolorante. Penso che se avessi trascorso il pomeriggio facendo provini di Quidditch, sarei sdraiato sul divano a gemere.”
Harry rise. “Il professor Piton mi ha dato una pozione – aveva un sapore orribile, ma mi ha fatto sentire immediatamente meglio. Ha anche massaggiato i muscoli che mi facevano male fino a quando il dolore non è passato un po'.” Guardò ansiosamente Arthur, mentre tutte le sue paure tornavano a crescere. “Cos'ha intenzione di dirgli?”
“A chi? A Severus?” Arthur non capiva. “Riguardo a cosa?”
“Riguardo a come crescermi. Fa un sacco di cose che non dovrebbe,” ammise Harry in tono infelice. “Gli dirà di smettere?”
Arthur gettò un'occhiata alla porta della cucina. Non c'era segno che sarebbero stati disturbati. “Potrei dirgli di smettere,” acconsentì prudentemente, abbassando la voce e sporgendosi verso Harry. “Cosa fa che non dovrebbe?”
Harry inghiottì a vuoto, sentendo le lacrime accumularsi. Sapeva che non era giusto da parte sua sfruttare l'ignoranza del professore, ma temeva il pensiero di scambiare i tocchi gentili, gli abbracci affettuosi e le pacche leggere con le più ortodosse urla e botte, e che gli venisse detto di comportarsi secondo la sua età.
“Harry?” la voce di Arthur era gentile. “Il professore cosa dovrebbe smettere di fare?”
“Io – io immagino che dovrebbe dirgli delle vere punizioni,” Harry si strozzò, strofinandosi via una lacrima. “Lui non lo capisce veramente.”
“Cosa intendi dire? Come ti ha punito, prima, oggi?”
Harry guardò Arthur spaventato. L'uomo sembrava gentile, ma avrebbe punito Harry di nuovo? Questa volta per la sua disobbedienza verso Madama Bumb?
“Harry?” La voce di Arthur era gentile, ma insistente.
“Lui – lui ha solo detto che dovevo scrivere delle righe e un saggio,” ammise, abbassando lo sguardo. “Ma questo mi aiuterà solo a migliorare la mia grafia. E dovrò scrivere il saggio nelle sue stanze, così avrò del tempo in più con lui, anche. Non capisce che si suppone che le punizioni facciano male.” Ricacciò indietro altre lacrime, tirando su con il naso. “Mi dispiace per non averglielo detto. Per favore, non sia troppo arrabbiato. Lei – lei gli dirà di punirmi ancora, ma gli farà vedere come si fa, stavolta?” Aspetto cupamente il severo assenso del signor Weasley.
Arthur se ne rimase seduto lì a sbattere le palpebre. Harry era preoccupato che Severus Piton, il cui solo nome bastava a spingere gli studenti di Hogwarts (passati e presenti) di numerosi anni a farsela sotto, fosse nuovo alle punizioni spaventose? Che lui, Arthur Weasley, avesse intenzione di insegnare a Severus come instillare veramente la paura in un bambino? I suoi stessi figli erano più spaventati di Piton di quanto non lo fossero di lui: anche Ginny, che non aveva mai incontrato l'uomo, era timorosa di Piton per via dei racconti dei fratelli, ma riceveva i rimproveri furiosi di suoi padre con una calma da mandare ai matti – o con fasullo rimorso.
“Ma, Harry, pensavo avessi detto che ti aveva picchiato.”
Harry sospirò. Poteva anche dire tutto al signor Weasley. “Non colpisce neanche nel modo giusto,” confessò. “Pensa che non debba fare male, solo dimostrarmi che è davvero arrabbiato. Ha detto che, se volesse farmi male, userebbe la magia; ma poi ha detto che non lo farebbe mai, e questo vuol dire che non mi farò mai davvero male, neanche se sono stato davvero cattivo.” Si costrinse a guardare Arthur. “So che deve insegnarli come colpire davvero – sa, così che faccia male e tutto – ma, per favore, potrebbe non essere troppo duro? Voglio dire, so che il professor Piton può colpire forte come lo zio Vernon, ma pensa che sia sbagliato e ha detto che non lo farà mai più. Perciò, magari potrebbe solo dirgli di colpire più forte di come faccia ora, ma non così forte come potrebbe. Per favore?”
“Fammi vedere se ho capito,” disse Arthur, ancora una volta avendo l'impressione di essere in una realtà alternativa. “Severus ti ha detto che non avrebbe usato la magia per farti male.” Sobriamente, Harry annuì. “Ha parlato di qualcosa di specifico, come gli incantesimi pungenti o la Cruciatus? O ha detto che non avrebbe usato nessuna magia?”
Harry aggrottò la fronte. “Ha solo detto che, se avesse voluto farmi male, ci sarebbero stati incantesimi che avrebbero fatto molto più male di qualunque schiaffo, ma che questo non è quello che si suppone che gli adulti facciano.” Sospirò. “Davvero non capisce. Ogni volta che faccio qualcosa di sbagliato, lui fa qualcosa di gentile. Come quando gli ho detto che non sapevo di dover comprare vestiti buoni mentre ero in Diagon Alley; lui ha detto che mi avrebbe portato a fare compere invece di punirmi per essere stupido. E quando Draco ed io abbiamo disobbedito a Madama Bumb, era più arrabbiato perché mi sarei potuto fare male che perché non avevo ascoltato un insegnante.” Harry si morse le labbra mentre guardava l'espressione del signor Weasley. La faccia dell'uomo era completamente stravolta dallo stupore. Non doveva aver realizzato di quanto aiuto avesse bisogno il professor Piton.
“Perciò Severus ha detto che non ti avrebbe fatto male con la magia. Nessuna magia. Ed ha anche detto che non ti colpirà veramente forte?”
Harry annuì ancora.
“Quando ti ha colpito sul sedere oggi -”
“Non mi ha fatto male per niente. Non mi ha neanche fatto mettere sulle sue ginocchia, o qualcosa del genere. Si è semplicemente sporto, più o meno, e mi ha dato un piccolo schiaffo,” ammise Harry tristemente, desiderando di non dover tradire l'incapacità del professore. Povero professor Piton! Il signor Weasley avrebbe pensato fosse davvero senza speranza!
“Sei preoccupato che io abbia intenzione di dirgli che deve colpirti molto più forte?”
“So che deve insegnargli come essere un papà,” spiegò Harry, cercando di non piacere. “Ma mi piace che mi permetta di abbracciarlo e che non mi abbia neanche gridato contro quando gli ho fatto finire il moccio tutto addosso dopo aver pianto. E mi lascia comportare come un vero bambino, certe volte, senza dirmi di smettere. Come quando mi ha portato attraverso quella Metrocosa, non mi ha preso in giro o niente del genere. So che deve dirgli di smettere, ma -”
“Harry.” lo interruppe Arthur. “C'è qualcosa che Severus fa che tu vorresti che non facesse? Nulla che ti faccia sentire triste o che ferisca i tuoi sentimenti o che ti metta a disagio?”
“No, signore.”
“Non dice nulla di strano né ti tocca in certi posti o ha dei giochi segreti dei quali non ti è permesso di dire niente a nessuno?”
Harry aggrottò la fronte per la perplessità. “No, signore.”
“Non ti fa del male in nessun modo? La tua unica preoccupazione è che sia troppo gentile con te, troppo indulgente, e che io stia per dirgli di smettere?”
“Sì, signore.”
“E non ti ferisce né ti insulta o ti fa sentire stupido o insicuro?”
“No, mi fa sentire sicuro,” protestò Harry. “E ha detto che se chiunque prova a farmi male, anche un adulto, posso proteggermi.” Un mezzo sorriso gli tirò le labbra. “Immagino che dovrà dirgli che lei e la signora Weasley potete picchiarmi.”
“Harry, penso che tu sia confuso a proposito di qualcosa,” disse Arthur lentamente. “Non è Severus ad avere l'idea sbagliata riguardo a quel che è un papà. Sei tu.” Harry lo guardò stupefatto. “I papà non devono ferire i loro bambini. Se chiedi a Ron, penso che ti dirà che non ha paura di me o della sua mamma. Che noi non lo feriamo. Che noi non permettiamo a nessuno di aggredirlo. Tutte le cose che Severus ti ha detto – sono vere. Si sta comportando come un buon papà. Non c'è nulla che debba insegnagli. In effetti, è probabile che possa insegnare lui a me un paio di cose, perché ci sono state delle volte in cui io ho perso il controllo con Ron e gli altri. E' probabile che io abbia dato loro schiaffi che facevano male più a lungo di pochi secondi o detto qualcosa che ha ferito i loro sentimenti o fatto qualche altro sbaglio. E, Harry, è probabile che, mentre Severus si prenderà cura di te, farà anche lui degli sbagli. Ma credo che se ti ricorderai che sta facendo del suo meglio per essere un buon padre, e continuerai a provare ad essere un buon figlio, allora per voi due andrà tutto bene.”
La bocca di Harry era spalancata per lo choc. “Dice sul serio? Sta facendo bene? Ma lo zio Vernon ha detto - ” Boccheggiò ed entrambe le mani volarono a coprirgli la bocca. “Non dica al professor Piton che l'ho detto!” pregò. “Si arrabbierà!”
Arthur non poté fare a meno di sorridere davanti all'agitazione di Harry. “Davvero?”
Harry annuì veementemente. “E' davvero furioso con i Dursley, e dice che le cose che mi hanno detto sono peggio di qualunque parolaccia io possa dire. Devo già scrivere 500 righe sul fatto che sono stupidi bugiardi, e dice che se li cito di nuovo mi laverà la bocca con il sapone.” Gettò un'occhiata alle proprie spalle, verso la porta della cucina, ed abbassò la voce. “Non penso che lo farebbe, ma non voglio scoprirlo.”
Proprio in quel momento la porta della cucina si spalancò, e Molly e Severus ne uscirono. Arthur fu felice di vedere che entrambi erano ancora in piedi e che non c'era sangue visibile.
Harry, sorpreso dall'improvviso ritorno dei suoni quando l'incantesimo silenziante venne infranto, sussultò per la sorpresa, e la sua mano colpì il bicchiere di succo di zucca. Molly si sporse oltre la sua testa per afferrarlo, ed Harry sussultò violentemente.
Tutti si gelarono.
Sono proprio un idiota! Harry pensò, desolato. Sapeva – be', era quasi sicuro – che Molly non avesse avuto intenzione di colpirlo. Ora penseranno che sono un mos- che sono strano.
Arthur e Molly si scambiarono occhiate scioccate. Il trattamento di Harry da parte dei Dursley doveva essere stato peggiore di quanto avessero immaginato, se aveva sviluppato tali reazioni istintive.
Poi il silenzio venne infranto da una voce calma. “Eccellenti riflessi, Potter. Come ti ho detto, mi aspetto che tu non te ne stia seduto e lasci che qualcuno ti ferisca. Ti sei scansato piuttosto in fretta. Sono felice che tu stia seguendo le mie istruzioni così bene. La prossima cosa sulla quale lavoreremo è la distinzione tra amici e nemici, ma sono certa che la signora Weasley sia impressionata dalla tua abilità.” E con questo, Piton tornò a sedersi.
“Er, sì, Harry, caro,” assentì Molly. “Hai fatto molto bene.” Si mosse lentamente per raddrizzare il bicchiere, e con un veloce colpo di bacchetta fece svanire il succo versato.
Harry si raddrizzò e gettò un'occhiata di gratitudine verso Severus. Si poteva far conto sul professore per salvare la situazione! Ora i Weasley non avrebbero pensato che fosse strano o stupido – avrebbero capito che stava solo facendo pratica. Sorrise alla signora Weasley. “La cena è stata davvero grande,” le disse.
Lei gli prese il mento nel palmo della mano e lo guardò fissamente negli occhi. “Sono davvero felice che ti sia piaciuta, Harry.” Gli posò un bacio gentile sulla guancia. “Ti è rimasto un po' di spazio per il dolce?”
Lui sorrise. “Sì, signora!”
“Lascia che ti aiuti,” disse Arthur, e i due scomparvero di nuovo nella cucina.
Harry li seguì con lo sguardo, pensieroso. Sembrava che ai maghi adulti piacesse indubbiamente spendere del tempo in cucina. “Signore?” chiamò Piton.
“Mm?” Piton stava punzecchiando la sua cena fredda con una distinta mancanza d'entusiasmo.
“Mi piacciono i Weasley.”
“Hmf.” Piton fece del proprio meglio per ignorare il brivido freddo che le parole gli spedirono su per la schiena. Come se i sentimenti del moccioso gli interessassero!
“Pensi che io piaccia a loro?”
“Sono piuttosto sicuro di sì,” replicò, con tutto l'interesse che poté racimolare.
Harry si illuminò. “Bene!” Ora che non doveva preoccuparsi che Arthur potesse trasformare il professore nello zio Vernon, si stava godendo la visita molto di più.
“Signore?”
“Cosa?” ringhiò Piton.
“Possiamo andarcene presto?”
“Cosa?” Questa volta, Piton non suonava impaziente: suonava sorpreso.
“Mi piace qui,” spiegò Harry, in fretta, “ma pensavo solamente che, se potessimo andarcene presto, allora magari potrei stare nelle tue stanze per un po'. Prima di tornare alla Torre.” Gettò un'occhiata al professore da dietro la frangia, valutando le reazioni dell'uomo. “Potrei fare un po' delle mie righe,” propose.
“Puoi farle nella Torre di Grifondoro.,” puntualizzò Piton, adocchiando il ragazzo. Cosa voleva il mocciosetto? Perché diavolo era disposto a lasciare la Tana per potersi attardare con Piton nei sotterranei umidi e malsani?
Harry fece una faccia triste. “Voglio avere un po' di tempo solo per noi,” ammise. “A meno che tu non sia ancora arrabbiato con me?”
Piton stabilì che la calda sensazione nel suo petto dovevano essere bruciori di stomaco causati dalla cucina di Molly. Sì, la maledetta strega probabilmente stava cercando di avvelenarlo, si disse, anche se sembrava che loro due avessero raggiunto in qualche modo una cauta tregua, prima; non che Piton capisse come ci erano riusciti. Dopo diversi minuti trascorsi a scagliarsi insulti l'un l'altro, lei era improvvisamente scoppiata a ridere, l'aveva abbracciato (!) e aveva detto, “Comincio a capire cosa Lily abbia visto in te, Severus! Non ci sono molti uomini che possano tener testa ad una strega dai capelli rossi.”
Lui non aveva idea di cosa i capelli di una donna avessero a che fare con le sue capacità come genitore, ma sembrava che lei avesse stabilito che lui, in effetti, stava trattando bene Harry. Aveva anche accettato la sua parola sul fatto che non avesse picchiato Potter fino a ridurlo ad una gelatina – al posto suo, lui avrebbe insistito su un esame fisico del ragazzo, ma lei non l'aveva neanche suggerito. Invece, aveva mormorato qualcosa riguardo al linguaggio del corpo di Harry ed aveva lasciato cadere l'argomento.
Rincuorato dalla sua attitudine inaspettatamente conciliante, lui le aveva spiegato, piuttosto a disagio, la situazione del guardaroba di Harry; e le aveva chiesto cosa un normale ragazzo undicenne avrebbe dovuto avere nel proprio armadio. Lei aveva promesso di spedirgli via gufo una lista la mattina seguente, e, quando aveva sentito dei suoi piani di portare il ragazzo a fare spese, aveva cominciato a sorridere. “Dimmi ancora quanto consideri un peso Harry, Severus?”
“Non proietti il suo lacrimevole sentimentalismo su di me,” lui aveva sbottato. “Mi sto meramente assicurando che si venga adeguatamente incontro ai bisogni materiali del moccioso.”
“Hm. Dunque non stai progettando una sosta al negozio di Quidditch, poi?”
Lui arrossì. “Non riesco a capire che attinenza abbia questa domanda con il problema dei vestiti del ragazzo. Se deciderò di acquistare qualche – articolo addizionale – per il bambino, è puramente per essere certo che non si cacci nei guai mentre è nei miei quartieri. Non permetterò che se ne stia ozioso e cerchi problemi.”
“Ah. Questo suona piuttosto plausibile. Continua a fare pratica,” ghignò lei, e subito dopo era fuggita – er, era uscita – dalla stanza.
Dopo tutto quello stress, non c'era da meravigliarsi che il cibo gli stesse sconvolgendo lo stomaco; anche se il calore non era veramente fastidioso. In effetti, decisamente l'opposto.
“No, non sono ancora arrabbiato con te per la tua idiota acrobazia,” disse Piton al moccioso. “Sei stato punito, no?”
“Più o meno. Voglio dire, devo ancora scrivere per te le righe e il saggio,” puntualizzò Harry.
“Allora, forse, è opportuno che tu stia nelle mie stanze fino al coprifuoco ed inizi la tua punizione,” acconsentì Piton in tono austero. Dopotutto, il demonietto avrebbe avuto di certo bisogno di costante supervisione, o non avrebbe mai fatto i compiti assegnati.
Harry sorrise guardando il piatto. Ha! Aveva fatto in modo che Piton acconsentisse. “Tu sarai lì, vero?” disse, improvvisamente spaventato mentre un pensiero gli passava per la testa. “Non andrai via per fare una pozione o qualcosa del genere...?”
“Potter, tu non 'fai' una pozione, le pozioni sono 'distillate', e, se pensi che ti lascerò girovagare nelle mie stanze senza controllo, ti sbagli di grosso. Tu resterai alla mia diretta presenza fino a che non sarò sicuro che tu sappia come comportarti in maniera soddisfacente.”
“Mi farai vedere come si tiene una penna?” insisté Harry. “Voglio dire, se devi leggere tutte le righe, dovresti aiutarmi ad imparare a scrivere esatto.”
“Scrivere bene, Potter,” ringhiò Piton. Cosa insegnavano i Babbani nelle loro scuole, di questi giorni?
“Bene. Lo farai?” pregò Harry. “Per favore?”
“Oh, d'accordo, Potter. Se non altro, per far cessare il tuo incessante piagnucolio.” Severus mandò giù brontolando l'ultimo sorso del suo succo di zucca. Proprio come aveva temuto, il suo tempo libero stava venendo interamente sottratto dal fastidioso moccioso. Dove si supponeva che trovasse il tempo di progettare la loro uscita per compere, senza parlare di quello per valutare i saggi dei suoi studenti?
Molly e Arthur riemersero a quel punto. Entrambi apparivano molto felici e piuttosto divertiti, per grande sorpresa di Harry e fastidio di Severus. Harry fece fuori tre porzioni di dolce al cioccolato e declinò l'offerta di una quarta solo quando Severus gli assestò un'occhiataccia sommata ad una botta pungente sulla caviglia.
“Allora, Harry, a te a Severus piacerebbe ritornare per cena questo sabato? Avremo tutti i ragazzi a casa, a quel punto, e potremo discutere del farvi diventare entrambi membri onorari della famiglia,” annunciò Arthur.
Harry si raddrizzò, felice, ma Piton si strozzò sull'ultimo morso di dolce. “Io!” riuscì finalmente ad ansare il professore di Pozioni. “Un onor-onor-”
“Be', certamente, stiamo parlando di entrambi,” disse Molly, uno scintillio malvagio negli occhi. “Siete un pacchetto unico, vero?”
“Sì,” assentì Harry in fretta.” Giusto, professore?”
Piton soffocò in uno sputacchiare incoerente che il resto della tavolata prese, ottimisticamente, come un assenso.
“Non dire nulla ai ragazzi, Harry,” lo istruì Molly. “Li porteremo a casa domani notte per spiegare il tutto, poi voi due potrete venire sabato, e magari ti piacerebbe restare la notte con Ron e gli altri?”
“Come una festa in pigiama?” chiese Harry, speranzoso. Non era mai stato ad una di esse, ma aveva sentito i ragazzi a scuola parlarne.
“Sì, amore,” assentì Molly. “Esattamente come una festa in pigiama.”
Harry gettò un'occhiata al punto in cui Severus sembrava intento a strangolare il proprio tovagliolo e decise che ora poteva non essere il miglior momento per chiedere il permesso. “Mi piacerebbe,” disse, onestamente. “Grazie.”
“Saremo felici di averti qui, Harry,” disse Molly gentilmente. “Prima di andare via, vuoi fare un giro della casa?”
Harry lanciò un'occhiata a Severus e, avendo ricevuto un gesto d'assenso, guizzò via.
“Sospetto che Fred e George potrebbero scoprire di aver trovato una degna sfida in Harry e Ron,” disse Arthur, sperando di cambiare il soggetto verso qualcosa che avrebbe meno probabilmente fatto infuriare il loro ospite. “Mi sembra di aver capito da Harry che ha reso chiaro che non dev'essere tormentato o preso di mira.”
Piton annuì, sembrando cupo. “Il suo cugino Babbano era abituato a portare avanti qualcosa chiamato “caccia ad Harry”, ed i suoi genitori impedivano qualunque rivalsa. Ho messo in chiaro che non è più legato a quelle regole.”
Arthur apparve per un attimo stanco. “Considerando che ci sono maghi, là fuori, che stanno veramente “cacciando Harry”, questa è una lezione che deve imparare bene e in fretta.”
Molly guardò i due uomini. “Pensate che stia ricominciando di nuovo? Abbiamo avuto dieci anni di silenzio quasi totale...”
Piton inarcò un sopracciglio. “Il silenzio non necessariamente significa che non vi sia nulla lì fuori.”
“Lo so. Ma è un bambino così piccolo... Insegnagli bene, Severus.”
“Intendo farlo,” replicò lui brevemente, ma senza il suo ringhio usuale. “Come potete vedere, comunque, c'è molto lavoro da fare. I suoi parenti erano disgustosi. Non si è sentito fisicamente sicuro per gran parte della sua infanzia.”
“Direi che sta cominciando a sentirsi così ora,” Arthus sorrise. “Mi ha raccontato che gli hai detto che nessun altro adulto ha il diritto di toccarlo. Suonava molto impressionato.”
Piton combatté il desiderio di pavoneggiarsi. “Precisamente. E questo vale anche per il suo tempo qui. Se si comporta male, deve essere riportato da me per essere punito.”
Molly alzò le sopracciglia. “Se si comporta male in qualunque modo? Ti ricordi che è un ragazzo di undici anni, vero?”
Piton aggrottò la fronte. “Nel corso degli ultimi dieci anni è stato picchiato, affamato, rinchiuso e usato come uno schiavo da lavoro. E' importante che nessuna delle punizioni, ora, gli ricordi della vita con i suoi orribili parenti.”
“Cosa ne pensi di questo?” suggerì Arthur. “Sicuramente non lo colpiremo, né gli faremo stare pasti: ma se Harry si caccia in piccoli guai insieme ai nostri ragazzi, allora verrà punito insieme al nostro gruppo. Se lui e Ron verranno mandati a letto presto, per esempio, o dovranno liberare il giardino dagli gnomi, questo riporterà indietro brutte memorie per lui? Se venisse punito insieme a Ron, non sarebbe questo un modo, per lui, di vedere che è parte della famiglia?”
Piton dichiarò, con riluttanza, che questo poteva essere accettabile. Molly ed Arthur si scambiarono un sorriso non troppo ben nascosto.
“Dovremo -” La domanda di Moly fu interrotta da un tremendo fracasso proveniente dalle scale.
Gli adulti si alzarono tutti insieme e accorsero, per trovare un Harry dall'espressione colpevole che combatteva per rimettersi in piedi. “Mi dispiace,” disse non appena li vide.
“Cos'è successo, Harry?” chiese Molly, affrettandosi a controllarlo in cerca di ferite.
Lui si ritrasse. “Sono inciampato mentre scendevo le scale. Mi dispiace molto. Penso che potrei aver rotto la ringhiera.” Indicò, esitando, uno dei pomelli ammaccati che correvano lungo le scale, ma tenne lo sguardo cauto fisso su entrambi i Weasley e cercò di sgattaiolare furtivamente più vicino a Severus.
“E' tutto a posto, Harry. Eravamo solo preoccupati che potessi esserti rotto tu,” disse Arthur. “Ti sei fatto male?”
“No, signore,” disse Harry in fretta. “Sto bene.”
“Harry, la tua gamba!” Molly indicò uno strappo nei suoi calzoni.
“Mi dispiace,” disse lui nervosamente, guardando Severus. “Posso ripararlo, davvero!”
“Harry, stai sanguinando,” insisté Molly.
“E' a posto,” protestò Harry, ma Severus aveva già estratto la bacchetta e stava lanciando un incantesimo diagnostico.
“Potter,” sbottò l'attimo dopo. Harry sussultò davanti al tono. “Credo di aver già espresso la mia intolleranza verso le menzogne?”
Harry inghiottì a vuoto e annuì. “Ma non era una vera bugia, signore. Ho solo -”
“Potter,” Piton si sporse per guardarlo negli occhi, “è una delle regole dei Dursley? Non ammettere quando sei ferito?”
Harry tremò mentre fissava lo sguardo negli occhi arrabbiati del professore; ma non era in grado di guardare altrove. “S-sì, signore,” ammise alla fine.
“E cosa ti ho detto riguardo alle loro regole?”
“Di dimenticarle.” La voce di Harry era molto piccola e dispiaciuta. Il professore sbuffò.
“Se sei ferito o dolorante per qualunque ragione, mi aspetto che tu me lo dica,” disse Piton severamente. “Considererò una mancanza in tal senso non solo come una bugia, ma anche come un modo di metterti in pericolo. Capisci?” chiese, intenzionalmente.
Harry si coprì inconsciamente il sedere con le mani. “Sì, signore.”
“Allora, forse, non ti spiacerebbe rispondere ancora alla domanda del signor Weasley?”
Harry annuì in fretta. “Sì, signore. Uhm, mi fanno male il polso e la gamba, signore.”
“Il tuo polso è slogato. Ti darò una pozione quando torneremo ad Hogwarts. Per quanto riguarda il taglio sulla tua gamba -”
“Lascia che ci pensi io,” propose Molly. Prese Harry per mano e gli sorrise, incoraggiante. “Dopo sette bambini predisposti agli incidenti, sono praticamente una Guaritrice certificata.”
Condusse Harry verso il divano nel soggiorno. “Non sono elastica o magra come ero una volta,” spiegò ad Harry “perciò, invece che farmi piegare per guardare il tuo ginocchio, perché non ci sediamo entrambi sul divano?” Lei si sedette, fece sedere Harry accanto a sé, poi lo aiutò a ruotare così che la sua schiena fosse contro il bracciolo e da avere il suo ginocchio piegato poggiato di traverso al grembo. Sollevò gentilmente la gamba dei calzoni ed emise un basso verso di disapprovazione davanti al piccolo taglio.
Harry guardò, sorpreso e deliziato, mentre lei puliva gentilmente la ferita con un Tergeo, rimuovendo tutto il sangue, poi sigillava magicamente la lacerazione con un incantesimo mormorato, facendo scorrere la punta della bacchetta sulla ferita. “Come va così, amore?” chiese.
“Grande!” Lui si illuminò in viso. Questo sarebbe sicuramente risultato utile un sacco di volte, in passato.
Un altro incantesimo e i suoi pantaloni furono puliti e riparati, ed Harry era ancora più affezionato alla magia di quanto non lo fosse stato prima. “Questo è fantastico, signora Weasley! Grazie!”
Cominciò ad alzarsi, solo per essere gentilmente respinto a sedere. “Oh, no, Harry. Non abbiamo ancora finito.” Arthur sorrise e diede una piccola gomitata a Severus.
Davanti allo sguardo confuso di Harry, Molly spiegò, “In questa casa, se ti fai male, devi restare seduto per qualche minuto e lasciare che gli incantesimi di guarigione facciano effetto; e c'è una regola per la quale, se ti fai male, vieni coccolato. Va bene?”
Harry batté le palpebre. La mamma di Ron voleva coccolarlo? Ma non si supponeva che lo facesse solo con i propri figli? E lui non era troppo grande, comunque?
Molly doveva aver visto l'indecisione nei suoi occhi, perché si sporse e sussurrò, “Non dirgli che te l'ho raccontato, ma Ron si è storto la caviglia due giorni prima di andare ad Hogwarts, e non gli è dispiaciuto essere coccolato.”
Harry sentì il proprio cuore cominciare a battere più veloce. Stava per scoprire finalmente come ci si sentiva ad essere abbracciato da una mamma! Certo, era quella di qualcun altro, non la sua, ma era quasi altrettanto bello: specialmente perché lui era praticamente un Weasley onorario. “Be',” disse cautamente, “se è una regola...”
Molly sorrise e allungò le braccia. Un attimo dopo Harry era accoccolato contro di lei, che lo stava cullando, canticchiandogli nell'orecchio.
Piton pensò che avrebbe potuto vomitare per tutto quel sentimentalismo, ma uno strano sentimento d'invidia si stava facendo sentire a sua volta, in profondità nel suo petto. Avrebbe potuto essere lui a fare questo. Non che avrebbe voluto, ma avrebbe potuto.
Harry si sentiva avvolto in nuvole di amore. Non aveva idea che fosse tanto bello essere abbracciato così. Quando aveva abbracciato Piton si era sentito al sicuro e caldo, ma questo era diverso. Questo era... più morbido.
Diversi minuti più tardi sentì il professor Piton schiarirsi la voce e alzò doverosamente la testa. Per sua sorpresa, la faccia di Molly era bagnata di lacrime mentre gli sorrideva. “Sei proprio un bravo ragazzo, Harry,” disse, e lo baciò.
Harry decise che sarebbe dovuto cadere dalle scale della Tana con una frequenza pressoché regolare.
Quando Harry si alzò e si mosse per raggiungere un impaziente Piton, Molly si lasciò scappare un'esclamazione. “Oh! Quasi dimenticavo!” Si affrettò verso un piccolo armadietto e sollevò una scatola piatta. “Ho qualcosa per Harry.”
Harry non si avvicinò. “Non è il mio compleanno, signora Weasley,” disse, confuso.
Lei rise. “L'ho conservato per per per molto, molto tempo, Harry. Possiamo considerarlo come un regalo di compleanno che tu semplicemente non hai ricevuto, d'accordo?” Si risedette sul divano e batté sul proprio grembo. Obbediente, Harry la raggiunse.
Lei se lo tirò in grembo, così da avere la sua schiena contro il proprio petto, e fece girare la scatola per posargliela sulle gambe. “Chiudi gli occhi,” lo istruì.
Harry lanciò un'occhiata al professor Piton. Severus aggrottò la fronte e si mosse per avvicinarsi: non che non si fidasse di Molly Weasley, ma non aveva intenzione di correre rischi. Si fermò a meno di mezzo metro di distanza, la mano posata discretamente sulla bacchetta. “Procedi.” annuì una volta.
Harry chiuse strettamente gli occhi. Molly sussurrò un incantesimo e sollevò il coperchio della scatola, reggendola così che fosse appena al di sotto del naso di Harry. “Cosa senti, amore?” chiese dolcemente.
Harry annusò. Un profumo sorse incontro a lui, e il suo cuore sobbalzò. In qualche modo, ad un livello troppo profondo per il pensiero consapevole, riconobbe il dolce profumo di agrumi. Il suo intero corpo si tese, e lui trasse un altro, più profondo respiro. La gola gli si serrò. “Mamma,” bisbigliò, le lacrime che cominciavano a sgorgare al di sotto delle palpebre abbassate.
Piton gelò. Non poteva essere.
Gli occhi pieni di lacrime di Molly incontrarono i suoi, e lei abbassò la scatola abbastanza perché lui potesse vedere. Un maglione, accuratamente piegato, giaceva nella scatola. “Apri gli occhi, Harry, amore,” sussurrò lei. “Questo apparteneva alla tua mamma. L'ho conservato per te.”
Harry allungò un singolo dito e, con una delicatezza che sconfinava nella reverenza, sfiorò leggermente la lana blu. “Come – come l'ha avuto?” chiese, la voce serrata dalle lacrime.
“I tuoi genitori erano nell'Ordine con noi,” cominciò lei.
“Cos'è l'Ordine?” la interruppe Harry, sollevando lo sguardo dal punto in cui era rimasto a fissare il maglione come fosse un'icona sacra.
Molly vide che Severus scuoteva la testa. “Era... un gruppo nel quale eravamo tutti, Harry. I tuoi genitori, Severus, Arthur ed io – eravamo tutti membri. E la tua mamma ed io eravamo amici. Eravamo entrambe incinte nello stesso periodo – malgrado io fossi qualche mese più avanti rispetto a lei – e prima che i tuoi parenti si -” Si interruppe bruscamente. “Prima che i tuoi parenti andassero via, lei veniva spesso alla Tana. In una delle sue ultime visite, ha lasciato il suo maglione. Pensavo di restituirglielo, ma non ne ho mai avuto la possibilità. Quando ho saputo che era morta, ma che tu eri sopravvissuto, ho messo via il maglione con un incantesimo di stati, così che tu lo potessi avere quando fossi stato più grande.”
Harry ricacciò indietro un singhiozzo. In qualche modo, poter odorare sua madre – un profumo che aveva completamente dimenticato ad un livello consapevole – improvvisamente gliela fece mancare mille volte di più. Era come se si fosse appena allontanata e potesse tornare indietro da un momento all'altro, ma lui sapeva che non l'avrebbe mai fatto. Lo rendeva infinitamente peggio e incommensurabilmente meglio, tutto in una volta. Era come se lei fosse lì, in qualche modo, ma non nel modo in cui lui voleva: ma la rendeva reale, in una maniera in cui non era stata, per lui, non da quando era un neonato. Per la prima volta da molto, molto tempo, Harry Potter voleva disperatamente sua madre. “Mamma!” singhiozzò, e poi si girò e affondò la testa nel petto di Molly, lasciando che le lacrime scendessero.
Molly spinse immediatamente la scatola verso Severus ed avvolse Harry tra le sue braccia, cullandolo e mormorandogli qualcosa mentre piangeva. Arthur condusse Piton, che ora reggeva la preziosa scatola come una reliquia religiosa, in cucina. Gettò un'occhiata al viso di Severus e se ne andò, ritornando un attimo dopo con un bicchiere di Whisky Incendiario. Mise il bicchiere a portata di mano per Severus e lo lasciò da solo.
Piton strofinò delicatamente la lana fine pressapoco allo stesso modo in cui l'aveva fatto Harry. Abbassando il viso appena al di sopra della scatola, inspirò profondamente e lasciò che il profumo di Lily gli riempisse la mente. I ricordi lo sommersero. La bambina Nata Babbana che era stata la sua prima amica, la Lily adolescente dei loro giorni ad Hogwarts, la giovane donna che aveva intravisto di sfuggita ad un incontro dell'Ordine... Lei era qui – e insieme non lo era. I suoi occhi vivevano, e la sua compassione, la sua illimitata capacità di amare – tutto ciò viveva in Harry. Il suo bambino. Suo figlio che, lui lo seppe improvvisamente, ora era la cosa più importante della sua vita.
La presenza di Lily scese su di lui, e improvvisamente, benché non fosse affatto un uomo spirituale, Piton fu persuaso che lei fosse lì con lui. Guardando. Aspettando.
“Prometto, Lily. Prometto che mi prenderò cura di lui come tu avresti fatto. Prometto.” Mentre stringeva il suo secondo Voto Infrangibile, poteva giurare che il profumo di lei s'intensificasse. Chiuse gli occhi, desiderando disperatamente di vederla un'ultima volta, anche se solo con gli occhi della mente. Sentì qualcosa sfiorargli una guancia, ma quando i suoi occhi si aprirono, era solo, il maglione di Lily accanto a lui nella scatola.
Passò qualche tempo prima che Piton lasciasse la cucina, gli occhi arrossati, il maglione tornato al sicuro nella sua scatola e nel suo incantesimo di stasi, e il Whisky Incendiario che ancora gli bruciava la gola. Trovò Arthur e Molly seduti quietamente nel soggiorno, Harry profondamente addormentato tra le braccia di Molly.
“Ha pianto fino ad addormentarsi,” spiegò Molly in un bisbiglio. “E' stato un giorno talmente pieno di emozioni per lui.”
“Invero,” disse Piton rigidamente. Porse la scatola a Molly, ma lei scosse la testa. “E' di Harry, Severus, e io so che nessuno la conserverà per lui meglio di te.”
Lui ricacciò indietro un insolito groppo in gola. “Questo è stato molto – premuroso – da parte tua.”
“Conoscere Lily era amarla, Severus, ma io penso che te, Harry e James sapeste questo meglio di chiunque.”
Lui reagì automaticamente nell'udire il proprio nome collegato in qualunque modo con quello di James Potter, ma non poté trovare l'energia necessaria a sostenere la propria rabbia. Annuì e ridusse la scatola per farsela entrare nella tasca. Si sporse e prese Harry tra le proprie braccia. Il ragazzo ciondolò mollemente e lui sistemò Harry cosicché la sua testa gli premesse contro il petto.
“Grazie per l'ospitalità,” disse Severus formalmente.
“E' stato un piacere per noi. Vi rivedremo di nuovo questo fine settimana,” disse Arthur. Molly agitò una mano mentre Arthur gettava la Metropolvere nel fuoco per lui.
Severus emerse nelle sue stanze e contemplò il ragazzino tra le sue braccia. Sapeva che la cosa appropriata, la cosa alla Piton, sarebbe stata scrollarlo per svegliarlo e spedirlo al suo dormitorio. Il ragazzo aveva undici anni, dopotutto, e, giornata lunga o meno, era grande abbastanza da mettersi da solo a letto. Perciò, perché diavolo Piton lo stava deponendo attentamente sul divano e rimboccandogli sopra una pesante coperta di lana?
Severus aggrottò la fronte mentre toglieva gli occhiali al ragazzo e li posava sul tavolo là accanto. Non stava rammollendosi. Era solo che era quasi il coprifuoco, e lui non aveva desiderio di ascoltare le lamentele della McGranitt riguardo al fatto che aveva trattenuto uno dei suoi studenti in giro oltre l'ora dovuta. Oltretutto, era il tutore del ragazzo, perciò non erano affari di nessuno se decideva di tenere qui il moccioso; meglio fare così che correre il rischio che i mocciosi Weasley gli chiedessero dov'era stato. Sì, ecco perché. Stava tenendo il ragazzo qui per evitare che dovesse affrontare pericolose domande da parte dei suoi compagni di Casa. Perfetto. Ecco perché. Non aveva nulla a che fare con un maglione blu ed un fiume di memorie. Proprio nulla.
Note alla traduzione: Di nuovo, temo che l'assenza dell'Amata Beta. si faccia sentire. In corso d'opera ho deciso di far passare Molly ed Arthur dal tu al lei, verso Severus, ad un certo punto; ed ho paura di aver lasciato qualche forma invariata strada facendo. Se le avete trovate, be', adesso sapete come sono comparse. x°D
Cercando di pubblicare il prima possibile, poi, non sto rileggendo i capitoli con la cura dovuta: perciò vi sarei grata se voleste segnalarmi gli errori che trovate per permettermi di correggerli.
Ho modificato le scelte della paragrafazione per questo capitolo: invece di dividere tra i pensieri di Harry e quelli di Severus - avendo anche quelli di Arthur e Molly da considerare - ho optato per una separazione in scene per eventi. Spero che sia gradevole e renda piacevole la lettura.
Questo capitolo è stato tradotto più liberamente degli altri, a causa della presenza ricorrente di un linguaggio estremamente colloquiale e di termini modificati tratti da Harry Potter: mi auguro, tuttavia, di aver reso il senso nel miglior modo possibile.
Grazie a tutti! |
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