Reborn

di Daewen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova alunna ***
Capitolo 2: *** Voglio pregare per loro ***
Capitolo 3: *** Se parli di odore devi essere Wolverine ***
Capitolo 4: *** L’ennesimo segreto ***
Capitolo 5: *** Cosa vedono i tuoi occhi ***
Capitolo 6: *** A forma di stella ***
Capitolo 7: *** Sai giocare a scacchi? ***
Capitolo 8: *** Eppure ti conosco ***
Capitolo 9: *** La baia ghiacciata ***



Capitolo 1
*** Una nuova alunna ***


Torno a postare, dopo tanto tempo, un'altra ff. Sono stata parecchio in dubbio: quale categoria scegliere: perché in fondo è tratta quasi completamente dal film, eccetto un paio di personaggi presi dal fumetto. Ma una categoria per la trilogia cinematografica non c'è, quindi...
Mi rincresce non potermi basare di più sul fumetto, ma ne ho a malapena una mezza dozzina, e sono "un po'" una limitazione, considerando che gli X-Men sono nati quarant'anni or sono. Qui, se masticate un po' d'inglese, ho trovato un utile elenco di tutti (almeno credo) i mutanti apparsi, il che mi ha fatto retrocedere nella creazione della trama. In sostanza, mi è preso un colpo, ho capito che difficilmente potrò rimediare alle mie lacune sul fumetto e mi baserò quasi esclusivamente sui film. Chiedo umilmente perdono a fan più informati!!!

La trama inizia dopo la fine del terzo film. Ovviamente, gli X-Men non sono una mia invenzione ^^

Più avanti posterò anche qualche disegno.

Parte Prima

Capitolo Primo
Una nuova alunna

L’inverno era ormai alle porte. Era trascorso un anno abbondante dal disastroso attentato ad Alcatraz ad opera di Magneto e della sua Confraternita. Finalmente le cose sembravano aver ripreso il loro giusto corso per la comunità dei mutanti, ma soprattutto per la scuola Xavier per giovani dotati.
Hank McCoy, detto la Bestia, era in TV, intento a tenere un discorso di circostanza, e Logan, Ororo, Kitty, Peter, Bobby, Marie (che aveva ricevuto il permesso di restare alla scuola pur non possedendo più alcun potere mutante), Warren, e perfino Jimmy si erano riuniti nel salottino per poterlo seguire in diretta.
Un sonoro schiocco, accompagnato da una forte puzza di zolfo li fece voltare rapidamente: alle loro spalle era appena comparsa una loro vecchia conoscenza. Kurt Wagner si stava spazzolando il cappotto sudicio, come se quel gesto potesse renderlo più presentabile. Povero Kurt, ci teneva così tanto a far buona impressione con i suoi amici… Al suo fianco, che esitava a slacciarsi da lui, c’era una bambina sugli undici anni, ben pettinata – i capelli, rosso scuro, le scendevano morbidamente sulle spalle un po’ ricurve- e vestita di tutto punto con pantaloni e scarpe scuri, un soffice maglioncino color panna e un cappottino di pelle scamosciata con i polsini di finta pelliccia. Che misera apparizione era il suo adorato Kurt, in confronto, con la sua pelle blu ricoperta da vecchi tatuaggi, e stracci laceri a malapena decenti. Lui le prese delicatamente la mano, come per ricevere da lei il coraggio che credeva di non avere, e fece qualche passo avanti. Si era preparato quel discorso da una settimana, ed ecco ora che le parole venivano comunque a mancargli. Non che importasse: Ororo gli si era precipitata incontro e lo stava abbracciando. Finalmente si staccò da lui, pur mantenendo una salda stretta sulle sue spalle. «Stai bene? È tutto a posto, Kurt?»
«Io…?Sto bene, sto bene sì.» farfugliò «Ma quello che è successo…» e tutti, investiti dalla stesso malinconico pensiero, abbassarono il capo. La sottile membrana di pelle tornava a staccarsi per mettere a nudo quella dolorosissima ferita, troppo profonda per essere dimenticata. «Ma quello che è successo… Mi dispiace, avrei dovuto esserci. Forse avrei potuto…»
«Morire« lo interruppe bruscamente Logan. La bambina alzò impercettibilmente il capo. Ororo lo aveva fermato con un’occhiataccia «L’importante è che almeno tu stia bene!» Quell’almeno le era sfuggito, non si era accorta di ciò che stava per dire. Solo allora la bambina fece sentire la sua voce «Accompagnami da loro, Kurt, per favore» aveva un tono lamentoso ma fermo, di chi ha sofferto molto, sta soffrendo, ma sta anche combattendo contro il dolore. Tese la mano verso di lui, che Kurt afferrò prontamente – un po’ troppo a dire il vero- e domandò, con voce a malapena udibile dove fossero le loro tombe. Nel frattempo Jimmy, cui sembrava di aver già visto la bambina, e quest’idea si andava rafforzando sempre più, le si era avvicinato per osservarla meglio «Ma io ti conosco!!!» esclamò all’improvviso, proprio mentre, essendosi avvicinato troppo, il suo potere aveva fatto svanire momentaneamente quello di lei, che si ritrasse istintivamente verso Kurt in cerca di salvezza. Il ragazzino la prese per il braccio e con l’altra mano la costrinse ad alzare la testa «Tu eri ad Alcatraz!»
«Ti assicuro che mi è impossibile combattere» ribatté lei, con quanta più freddezza era capace.
«Lo so! Non mi riferivo all’attacco di Magneto, eri lì come cavia! Aspetta, so anche il tuo nome… Ah, sì Renee. Sei francese?» Non era chiaro neanche a lui come il ricordasse quei tempi trascorsi in una prigione tanto bianca da far male agli occhi potesse trasmettergli quel senso di allegria.
Renee, perché ovviamente Jimmy non si era sbagliato, era se possibile ancor più terrorizzata per essere stata riconosciuta, e si avvinghiò a Kurt, ripetendo senza sosta «Portami da loro, portami da loro, portami da loro…» ed in realtà chiedeva di essere condotta via da lui. Logan, da lupo qual era, fiutò il suo terrore, e si affrettò a spiegare l’ubicazione del loro piccolo cimitero, e Kurt, riconoscente, si affrettò a trascinarla via. Quando furono abbastanza lontani, le chiese cosa le fosse accaduto. «Quel ragazzino… la sua mutazione gli permette di annullare quelle degli altri, se si trova abbastanza vicino. L’hanno utilizzato per trovare la Cura… Accidenti, per un attimo ho avuto davvero paura!»Non parlarono più fino a che non ebbero raggiunto le tre tombe, le due più piccole su cui erano stati incisi i nomi della dottoressa Grey e quello di Scott Summers, su quella più grande Charles Xavier. Lui la condusse a un passo dalla prima tomba, e attese che lei ne sfiorasse la scritta, quasi non si fidasse… Poi la salutò e tornò all’interno dell’edificio.

Renee, rimasta sola, indietreggiò di qualche passo nella neve soffice. Ripescò da una tasca un berretto fatto a maglia, con tanto di pompon, e se lo calcò in testa «Marvel Girl, Ciclope, Professor X: mi dispiace, mi dispiace moltissimo» lasciò che le lacrime sfuggitele le si congelassero sulle guance. Mentre la sua mente lavorava a tutta velocità, le ore scivolarono via, finché fu notte fonda e Ororo, forse mossa a pietà, andò a chiamarla. La bambina, assorta nelle sue preghiere, non si era accorta del suo arrivo, e sussultò nel sentire la sua voce. «Mi spiace, non volevo spaventarti, piccola. Li conoscevi?»
Renee si limitò ad accennare col capo la risposta positiva che le si era bloccata in gola. «È triste perdere chi ci è caro» mormorò alla fine. Restarono immobili per un po’, finché il silenzio fu tale che sembrava loro di udire i fiocchi di neve che avevano ricominciato a cadere. «Andiamo, che ne dici? Fa freddo, qui fuori…»
«Credevo che tu potessi comandare il tempo!» ribatté la piccola con una punta di malizia. Quando non ricevette risposta, si agitò, temendo di aver fatto una gaffe «Oh, mi dispiace, credevo fossi…»
«Sono Tempesta, sì, ma come facevi a saperlo?»
Il visetto contratto di Renee si distese timido sorriso, ed ella indicò le lapidi «Andiamo?» stavolta la sua voce era un po’ più ferma. «Aspetta!» aggiunse poi con urgenza.
«Non mi sono mossa!» e Renee, che aveva mantenuto per tutto il tempo , il viso rivolto alle lapidi, si girò verso la donna «Perdonami, ma non posso vederti. È per questo che ti ho chiesto di aspettarmi, ho bisogno che tu mi prenda per mano, o almeno che continui a parlare» Ororo allora, che non sapeva cosa dire, le si avvicinò e le prese delicatamente la mano, quasi si trattasse di una bambolina di ceramica che aveva paura di rompere. Renee ricambiò la stretta con decisione e, senza bisogno di telepatia, la donna poté leggervi l’innata fiducia che la bambina riponeva in lei. Si incamminarono in silenzio, rotto soltanto quando Renee si sentì in obbligo di spiegare che «di solito non ho bisogno di chiedere aiuto, ma tutta questa neve attutisce i tuoi passi.»

Ororo la condusse fino a quella che, se lei avesse voluto restare, sarebbe diventata la sua stanza: Kurt aveva raccontato di come anche lei fosse una mutante. Sotto richiesta di Renee, la condusse presso ogni mobile, affinché ella non li urtasse, o non faticasse a trovare ciò che le serviva. E augurò la buona notte, e stava per congedarsi quando si ricordò di un particolare. «Nel salottino in cui vi siete teletrasportati tu e Kurt, c’erano anche altri mutanti, e più o meno tutti erano X-Men.»
«So chi siete»
«Bene, se dovessi avere bisogno di qualcosa, nella stanza a destra c’è una di noi, ha chiesto lei che le vostre stanze fossero vicine» la bambina sembrò piacevolmente sorpresa «Si chiama Kitty, non esitare a chiamarla!» e la lasciò sola.
Renee gironzolò per un po’ nella stanza, per memorizzare le varie posizioni, cosa noiosa, ma per lei assolutamente necessaria, in quanto detestava dover chiedere aiuto per il suo handicap. Si lasciò cadere sul letto, ed esausta per i molti avvenimenti si addormentò istantaneamente, con berretto e cappottino ancora indosso.

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Capitolo 2
*** Voglio pregare per loro ***


Ecco il secondo capitolo, caldo caldo. Grazie a wolvie91 per la sua recensione. Alla faccia dello spoiler ^^; comunque, ho visto la fine. Il titolo si riferisce a Renee, il cui nome significa appunto rinata, e anche perché quello che lei tenterà di fare per tutta la ff è ricostruirsi una vita migliore.
Mi diverte molto il modo di fare di Renee, con quei suoi commenti sconclusionati (solo all'apparenza: lei pensa velocemente, e spesso salta da un discorso all'altro senza avvertire l'interlocutore) e a volte privi di tatto.

Capitolo secondo
Voglio pregare per loro

Renee si alzò presto, quella mattina. Era da tanto che non riposava così tranquilla. Scoprì presto che Kurt, come sempre così pieno di premure, le aveva lasciato in camera la sua borsa da viaggio, in cui lei aveva riposto i suoi –pochi- ricambi. Si lavò e cambiò, poi uscì dalla sua stanza. Dovette sostare un attimo in corridoio per ricordare la strada percorsa la notte precedente, decise che doveva andare a destra e così fece. Avanzava sfiorando con la mano i mobili o il muro. Incontrò quasi immediatamente una porta, doveva essere la stanza di Kitty. Esitò diversi minuti, indecisa se bussare o meno. Ma non c’era nessuna emergenza, e lei non aveva la più pallida idea di che ore fossero. Il non sentire nessun rumore la persuase che probabilmente non era il caso di disturbare, così riprese a camminare, lentamente.
Jimmy, al contrario, aveva dormito male, aveva sognato Alcatraz, ed era anch’egli già sveglio. Sentì dei passi in corridoio, chi diavolo va in giro il lunedì mattina alle sei? Così si affacciò. Era la ragazzina con il nome francese. Credeva se ne fosse andata a notte fonda, ed invece eccola lì a gironzolare tutta sola nei corridoi. Ricordava bene quale fosse il suo potere, per colpa del quale era stata rinchiusa ad Alcatraz –anche se non vi era rimasta che pochi mesi- ma ricordava anche quanto potesse essere scaltra quella bambina, che aveva quasi cancellato il problema della cecità sfruttano al massimo gli altri sensi.
Renee si fermò: era abbastanza vicina a Jimmy da poter sentire gli effetti della sua mutazione svanire di nuovo. «Cosa c’è?»
«Chi ti dice che ci sia qualcosa?»
«E allora perché mi aspetti in corridoio?»
Era successo di nuovo, quella ragazzina era stupefacente. Sospirò «Ti ricordi di me? Io ti ricordo molto bene.»
«Già, quella mocciosetta piagnucolona che piangeva e cercava la mamma… certo che mi ricordo di te. Un mutante dal DNA come il tuo è cosa rara, sai?»
«Ah…»
«Scherzavo. Sei carino»
«Cosa?»
«Dicevo che sei gentile, è raro… Lascia stare» Free Image Hosting at www.ImageShack.us
«Dove vai?»
«Al cimitero»
«Di nuovo?»
«Ho degli amici lì. Beh, non proprio lì, per quanto riguardo Ciclope e il Professore… Volevo loro molto bene. Voglio pregare per loro»
«Uh? Non ti facevo credente…»
Renee sorrise dolcemente «Kurt mi ha insegnato tante cose»
La conversazione languiva, e Renee stava già per andarsene, quando Jimmy la bloccò «Posso venire con te?»
«Tu non vuoi pregare e non li hai mai conosciuti. Per quanto ne so. Perché vuoi venire? Oh, fa come vuoi»
Lui rientrò per prendere il cappotto, e quand’ebbe chiuso la porta della sua stanza si affrettò a prenderle la mano. Lei stava già per schernirsi, ma poi sorrise e si lasciò trascinare via per l’intrico di corridoi.

Kitty era indecisa se chiamare o meno Renee. Non sapeva neanche se voleva frequentare le lezioni… Alla fine bussò alla porta della sua stanza, ma non ricevette risposta. Sbuffò, e riprovò di nuovo. Alla fine la curiosità ebbe la meglio e sbirciò dentro la stanza. Il letto era vuoto. Delusa, scese a far colazione.

Arrivata nella piccola cucina, chiese ad Ororo e a Logan se per caso l’avessero vista. Si intromise Jimmy, che spiegò come l’avesse accompagnata prima a far colazione e poi al cimitero. Come ogni volta che lo si nominava, un’ombra attraversò gli sguardi degli X-Men. Kitty afferrò distrattamente un paio di biscotti dal barattolo dimenticato sul tavolo e uscì per cercarla. Non si era aspettata di uscire, così aveva dimenticato di prendere una giacca, e faceva piuttosto freddo. Eppure Renee era inginocchiata nella neve. «Ehi, così ti bagni tutta! Vuoi ammalarti?» colta da un pensiero improvviso, aggiunse «O hai un fattore rigenerante anche tu?»
«Non ho nessun fattore rigenerante, al momento. Ma tu chi sei?»
Non poteva, ovviamente, vedere l’espressione delusa di Kitty, ma il suo silenzio era abbastanza eloquente, per lei che aveva ricevuto così tante ferite come quella… «Perdonami, è solo che…» esitò: era appena arrivata, e già due persone alla scuola sapevano ch’era una non vedente, non ci teneva a farlo sapere ad altri «è solo che sono cieca e quindi finché non imparo a riconoscere le voci…» aveva iniziato la frase addossando le parole l’une alle altre, ma la voce le si era spezzata a metà.
«Oddio, scusami, non lo sapevo» mormorò Kitty, imbarazzatissima.
«Ci credo, preferisco che non si sappia troppo in giro, nei limiti del possibile»
«E allora ti ringrazio per avermelo detto» ribatté tentando di dare una sfumatura allegra alla strana affermazione.
Renee ridacchiò «Sei buffa!» scosse la testa per far cadere dei fiocchi di neve, visto che stava ricominciando a nevicare «Temevo di averti ferito. Rientriamo, che nevica?» le si avvicinò, e quando fu sicura di esserle vicino, allungò la mano. Trovò il polso, e la prese sotto braccio. «Esci senza giacca, e litighi a me?»
«Non ti stavo litigando!»
«Ho esagerato un po’»
«Sarei io quella strana?»
Nel frattempo Renee aveva cominciato a camminare, e lei si ritrovò a seguire incerta i suoi passi, senza sapere che andatura tenere. «Ti ci abituerai»
«A far cosa?»
«A trattare con un cieco. Ti passerà l’imbarazzo»

Quando Renee e Kitty entrarono nell’aula tutti i ragazzi erano già ai loro posti, e Ororo si stava preparando ad iniziare la lezione. Presero posto in due sedie davanti a tutti, e Renee si ritrovò seduta accanto a Jimmy.
«Ma bene, sei venuta! Ragazzi, abbiamo una nuova mutante alla scuola. Ti va di parlarci un po’ di te?»
Renee abbassò leggermente il capo «Ma cosa siamo, in un centro di alcolisti anonimi? Ma tant’è, se ci tenete… La mia vita non è stata un granché. Ho vissuto in un orfanotrofio per i primi cinque anni della mia vita, poi sono stata giudicata inadatta ad una vita simile e mi hanno spostata in una casa famiglia. Sono restata lì finché un membro del governo non è venuto a prelevarmi per portarmi ad Alcatraz, sapete, per quel progetto che ha dato vita alla Cura. Dovevo avere circa otto anni. Sono restata lì per circa un anno -forse meno, avevo perso la concezione del tempo- e cioè fino al momento in cui Nightcrawler non è venuto a portarmi via. Ho vissuto come una fuggitiva fino a, diciamo, l’altro ieri. Non volevo tornare in quel posto, tutto qui» Aveva esposto i fatti come se parlasse del tempo, con una voce impersonale che dava i brividi.
Ororo –come tutti gli altri, ovviamente- la fissava sbigottita. Aveva così tante domande che non sapeva da dove cominciare. Scelse quella che le sembrava più facile «Cosa voleva il governo da te?»
«Il mio potere»
Prima che qualcuno potesse chiedere quale fosse, Jimmy raddrizzò la schiena –era seduto in posizione abbastanza scomposta- e decise di intervenire nella conversazione. Voleva dimostrare di conoscerla un po’ meglio di tutti gli altri «Sapete, lei è capace di analizzare e modificare il codice genetico di qualsiasi creatura vivente!»
«Me compresa» completò lei, leggermente stupita dell'intervento.
«Ma se non puoi…» vedere, intendeva dire Ororo, ma Kitty fu più veloce «Quindi se volessi potresti, ad esempio, farmi diventare bionda?»
Renee le sorrise riconoscente «Se non fossi seduta vicino a Jimmy lo farei immediatamente» ridacchiò in risposta.
Tempesta non era affatto sciocca, e capì che la piccola voleva evitare accuratamente il discorso. Così passò ad un’altra domanda che le premeva «Dici che a otto anni avevi già sviluppato un potere mutante?»
«Ci sono nata con questo potere»



Se ad alcuni di voi sembrerà senza speranza la sua intenzione di nascondere la sua cecità, sappiate che conosco una persona -non vedente, appunto- e non mi ero affatto accorta che lo fosse. E non solo io. È stata lei a dircelo.
Quanto alla mocciosetta, Renee si riferisce a se stessa, ma il disegno dovrebbe comunque averlo chiarito.

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Capitolo 3
*** Se parli di odore devi essere Wolverine ***


Vai col terzo capitolo!!!
x Wolvie91: in effetti se ho visto la scena finale è perché ho ricevuto una soffiata da un mio amico. Già, povero Jimmy! Forse Leech è meglio ^^
x Mlle Nihal: ecco qua il capitolo seguente =)
Grazie per aver recensito, che così mi infuoco ancora di più (come se non fossi abbastanza fissata con gli X-Men) e scrivo più veloce! E grazie anche a chi legge e basta!
In ogni caso in questi giorni mi sono fatta un mazzo così per delineare meglio i personaggi che ho inventato e ho steso un abbozzo di trama, così dovrei andare più veloce. Diciamo che ho sfruttato questo periodo di limbo (in cui non ho niente da fare perché a quanto pare mia madre è l'unica che non permette alla figlia di andare a lavorare d'estate, perlomeno nella cerchia dei miei conoscenti) per portarmi avanti il lavoro.

Capitolo Terzo
Se parli di odore devi essere Wolverine

Una settimana più tardi
«Ti capisco, sai? Quella bambina innervosisce anche me» annuì Warren, contorcendosi per trovare una posizione più comoda per le sue povere ali. Alla fine rinunciò, si alzò e si avvicinò alla finestra che mostrava un paesaggio candido come le sue piume.
«Non mi innervosisce, mi preoccupa, è diverso. Il suo atteggiamento è troppo spensierato!» si preoccupò di precisare Ororo.
«Cos’è, una bambina felice della sua vita è troppo anormale?» borbottò Bobby.
«Ha diviso la sua vita tra orfanotrofio, casa famiglia e perfino Alcatraz, come cavia. E ha trascorso gli ultimi due anni a girare l’Europa come una nomade. Anzi, una fuggitiva, come si definisce lei. Ti pare normale che sia felice?»
«Forse è felice del cambiamento» azzardò Warren, senza troppo interesse.
«Mmh.. Non ha nemmeno un potere con cui confrontarsi facilmente. Un conto è ritrovarsi, poniamo, con una forza sovrumana, un fattore rigenerante o perché no, anche con la capacità di controllare il tempo, e un conto è poter intervenire sul DNA di altre creature. Una bambina sui tre anni o giù di lì prenderebbe i nostri poteri come una specie di magia, suppongo, ma la comprensione, diciamo anche incompleta, del codice genetico è fuori dalla portata del, diciamo, 90% circa degli adulti, laureati o no. Potrebbe anche aver fatto del male a persone cui voleva bene, per quel che ne sappiamo» Stavolta anche Hank era stato espressamente invitato alla riunione: uno scienziato avrebbe potuto aiutarla maggiormente di tutti loro messi insieme.
«Le prime volte ho usato la mia facoltà soltanto per “leggere” il mio DNA, o quello di alcuni animali. Era divertente, sembrava una specie del gioco di costruzioni che avevamo all’orfanotrofio. In fondo, mi è capitato molto di rado di modificarlo. È una faccenda lenta e faticosa, e anche il più piccolo errore può essere mortale, lo so bene. Non ho mai ucciso né storpiato nessuno, insomma, se è questo a preoccuparvi»
«Ehi, ciao Renee!» saltò su Kitty, improvvisamente animata. Non le piaceva che gli altri X-Men volessero analizzare tanto a fondo la situazione della sua nuova amica, cui si era rapidamente affezionata, e cercava di non starli troppo a sentire. Così però si annoiava a morte.
«Hai un odore familiare» Logan, ovviamente, che prima di allora non si era mai trovato abbastanza vicino alla nuova arrivata, ma gli ricordava qualcuno, una somiglianza abbastanza sfumata da rendergli impossibile qualcosa di più di una sensazione.
«Ti ricorderò Kurt» ribatté allegramente «Se parli di odore… devi essere Wolverine?»
«Mi conosci? Onorato, davvero.» ringhiò.
«Oh, è stato proprio Kurt a parlarmi di te!» bugia colossale, ma le riuscì di farla passare per verità. Dopotutto era plausibile. «Comunque ero venuta per chiedervi di farmi allenare nella stanza del pericolo»
«Sei impazzita? Come ti salta in mente?»
«Oh, avanti, Ororo, se non mi lasci allenare quando sarò pronta a combattere?»
«È proprio questo il punto! Tu non scenderai mai in campo!»
«E perché mai, di grazia?» si stava arrabbiando, e doveva evitarlo.
«Perché sei cieca, maledizione! Non ti sembra una ragione sufficiente?»
Nella stanza si spense ogni rumore, mentre Renee indietreggiava verso la porta che aveva lasciato aperta. Kurt, appollaiato su un bracciolo del divano, se n’era rimasto in silenzio fino ad allora «Ororo! Non voleva che si sapesse! Sarebbe meglio lasciarla, sai... Aspetta, Renee!»
«Portami via, Kurt» rispose lei, e attese che Nightcrawler si teletrasportasse accanto a lei, l’abbracciasse e la portasse via teletrasportandosi altrove, in un posto noto solo a loro.
«Dici che quella ragazzina non vede proprio niente? Ora capisco cos’aveva di strano» Logan aveva bisogno di pensare, e si accese uno di quei suoi puzzolentissimi sigari. Kitty si spostò più vicina a Peter, per sfuggire all’odoraccio. Gli sussurrò un paio di parole di scusa, e sventolò la mano davanti al viso –per fortuna Logan non l’aveva notata- e Peter le sorrise in risposta.

Il giorno dopo
Logan scivolava tra gli enormi alberi come un’ombra. Il lupo era a caccia, gli artigli sfoderati come i suoi denti, in quel momento più simili a zanne, sporche di sangue com’erano. Una guardia, di quelle di Stryker, spuntò da dietro il tronco alla sua destra. In meno di un secondo era a terra, sanguinante, pronta ad esalare l’ultimo respiro. La caccia lo faceva sentire bene. Era forse l’unica cosa che lo faceva sentire bene, dopo la morte del Professore, ma soprattutto di quella di Jean, avvenuta per sua stessa mano. Non c’era notte in cui risentiva la sua voce, mentre lei gli chiedeva di salvarla. E risentiva i suoi artigli che le affondavano nella carne morbida, così facile da penetrare con le sue lame in adamantio! E risentiva lei esalare l’ultimo respiro, rivedeva il suo sorriso colmo di pace, e l’acqua che lei aveva sollevato dall’oceano ricadere con un enorme schianto. E le lacrime che aveva versato. Si era sbagliata: non era stato il Professore a domarlo, ma lei.
Ma quando era a caccia, riusciva a nascondersi questi ricordi, e si sentiva bene, credeva di sentirsi bene. Il sangue lo eccitava. Squartò un’altra guardia, affondando gli artigli nel basso ventre e muovendo rapidamente la mano verso l’alto, mentre portava l’altro braccio dietro di sé a sgozzarne una terza. Si ritrovò in uno spiazzo erboso, e all’improvviso si ritrovò circondato da soldati. Bene. Si faceva sul serio. Si lanciò in avanti con un basso ringhio, ad artigli sguainati. Con un colpo netto recise la giugulare dell’uomo davanti a lui, poi cominciò a correre in circolo, il braccio levato a sgozzare anche tutti gli altri. Uno di essi, solo uno, riuscì a scamparla, roteando rapidamente su se stesso. Si ritrovò di fronte una bambina e prontamente levò il fucile e fece fuoco. I proiettili l’attraversarono, uno, due, tre, ma il quarto le graffiò il braccio sinistro. Renee urlò e si accovacciò, evitando così altri due colpi, che saettarono sopra di lei. Ora aveva paura. Non credeva che Wolverine fosse tanto forte –o folle?- da regolare la Stanza del Pericolo ad un livello così alto, ma ormai era in ballo «E allora balliamo!» portò le braccia in avanti, verso la guardia –che fortunatamente non si era mossa- e la investì con una serie di dardi di ghiaccio. Fece appena in tempo a riportare il suo DNA alla normalità prima di svenire. Wolverine aveva appena ucciso, brutalmente, gli ultimi guerrieri; si lanciò verso di lei. Le fece scudo, mentre ordinava alla Stanza del Pericolo di terminare la sessione e contemporaneamente ritirava gli artigli. La raccolse fra le braccia e corse verso l’infermeria, gridando aiuto. Il primo ad arrivare fu Kurt, grazie alle sue abilità di Teleporter, seguito a breve da Ororo e Hank, il quale si affrettò a collegare la bambina, ancora svenuta, ai complicati macchinari. Il verdetto fu chiaro. Il dottore aveva alzato lo sguardo con un sorriso sollevato: «La piccola sta benissimo. Anzi, dirò di più: credo stia solo dormendo» e si chinò per esaminarle la ferita.
«Logan, cos’è successo?» Ororo sembrava furente.
«Ah, non ne ho idea. Ero nella Stanza del Pericolo, quando è praticamente apparsa da nulla. Grazie alla fasatura ha evitato alcuni proiettili, ma forse qualcosa è andato storto, perché uno l’ha colpita. Poi ha ucciso la guardia con dei dardi di ghiaccio»
«Fasatura? Dardi di ghiaccio? Ma cosa…»
«È il suo potere» mormorò Kurt, prima di scomparire in una nuvola di zolfo, e ricomparire subito dopo insieme a Kitty e Bobby.
«Renee!» urlò Kitty, correndo verso l’amica, terrorizzata.
«Tranquilla, il proiettile l’ha presa soltanto di striscio, è stata fortunata. È sufficiente un cerotto» mormorò Hank, assorto in quello che stava facendo. Qualcosa sembrò colpire la sa attenzione e alzò lo sguardo verso la ragazzina «Non è per questo che ha perso i sensi…»
«È svenuta? Oddio…»
«Al momento sta dormendo. Ma a quanto pare ha usufruito dei poteri tuoi e di Bobby. Che effetti collaterali vi hanno dato?»
Bobby scosse la testa, incerto. Sicuramente nessuno del genere. Ma Kitty si era fatta più vicina «È difficile controllare la fasatura. Se stava già poco bene di suo, potrebbe aver perso i sensi per questo, credo. Ci ha... copiato i poteri?»
ignorò la domanda «Come pensavo. Wolverine?»
«Mmh?»
«A che livello era la Stanza del Pericolo? Wolverine!» insistette, poiché sembrava riluttante a rispondere.
Lui sbuffò «Tredicesimo, palla di pelo»
«Sei pazzo?» Sbottò Tempesta.
«Bene Ororo, credo sia più saggio permetterle di usufruire della Stanza del Pericolo»
«È quasi morta! Cha diavolo vi prende, ad entrambi?»
«Proprio per questo. A quanto pare ha sia la testardaggine che le capacità di infiltrarsi in una delle nostre sessioni. Calibrerò la stanza su di lei, anzi, doterò anche i bersagli di un DNA, in modo che sviluppi il suo potere e non quello degli altri»
Kurt sorrise. «Ve l’avevo detto che era meglio darle retta. Non si può certo dire che la signorina abbia un carattere facile!»
Hank si raddrizzò, si sistemò gli occhiali sul naso e si raggiunse le porte dell’infermeria «Portatela in camera, non c’è motivo per tenerla in questa stanza, e quel lettino ha l’aria scomoda»
«Non sai quanto» ribatté Logan, e si affrettò a riprendere Renee fra le braccia, anticipando Kurt «Ci penso io, elfo»
Mentre la riportava in camera, non poté far a meno di notare quanto gli fosse familiare quell’odore. Ma chi gli ricordava?

Finalmente ho mostrato Renee all'opera. Ovviamente il suo potere l'aveva già usato per memorizzare le mutazione di Kitty e Bobby, le uniche a lei utili (perlomeno fra gli X-Men). Ho descritto il suo potere in modo sommario, però, perché il vero funzionamento lo spiegherà lei stessa fra un capitolo o due. Ma soprattutto, finalmente Logan inizia ad assumere un ruolo più importante... ^^
Restate in onda per il prossimo capitolo: "L'ennesimo segreto"!!!

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Capitolo 4
*** L’ennesimo segreto ***


Uff, finalmente ho finito 'sto capitolo! Ci ho messo un sacco di tempo a scrivere la scena col prof...
x Wolverina: e beh, allora farò tutto il possibile per scrivere un buona storia ^^ (Il forum di cui parla è questo, ma prima bisogna iscriversi -o effettuare il login- qui)
x Wolvie91: sono contenta che la stanza del pericolo renda l'idea, perché faccio sempre casini con le scene d'azione (sigh...). Per quanto riguarda 'ste cavolo di scene finali dopo i titoli di coda, sono dei cretini, almeno al cinema dovrebbero avvertire >.> ad esempio quella della Maledizione della Prima Luna l'ho scoperta per caso perché non avevo stoppato il DVD...
x Mlle Nihal: eh eh, grazie, certo che quella bambina ha un caratterino... ^^
Per quanto riguarda il disegno, quando uscirà il DVD del terzo film farò anche lo sfondo.

Capitolo Quarto
L’ennesimo segreto

Due giorni dopo
Renee si svegliò per colpa di un dolore atroce, perforante, assolutamente nuovo. Quello non era un dolore fisico. Istintivamente cacciò un grido, e si portò le mani alla fronte, colpendosi più volte il capo come per scacciare la fonte di quella sofferenza. Si contorceva, attorcigliandosi sempre più fra le coperte. Vedeva un uomo, che la stava chiamando, le diceva «Sono Charles Xavier. Vieni subito» Ad un tratto sentì che qualcuno gridava a più riprese il suo nome. Kitty, svegliata dall’urlo, era accorsa, senza curarsi di passare per il corridoio, ma semplicemente attraversando il muro che divideva le due stanze. Comparve anche Kurt, proprio mentre Renee si andava calmando e ritrovava la lucidità. Tuttavia, in qualche modo la mente della bambina era stata ferita, e per almeno una settimana avrebbe avuto atroci mal di testa. Si tirò su, ansimante, aggrappandosi alla mano che Kitty le aveva appoggiato sulla spalla. Quando il respiro si fece più regolare, chiese di Kurt.
«Sono qui, piccola. Cosa ti è successo?» vedendo che tendeva le mani verso di lui, le si avvicinò, e Kitty si fece immediatamente da parte.
Renee gli sussurrò nell’orecchio, con voce a malapena udibile «Dobbiamo andare a Muir Island. Subito.»
«Ma che…»
«Ti prego! E Kitty… Grazie per essere venuta, davvero»
Lei fece un sorrisetto amaro –si sentiva esclusa- e riattraversò di nuovo il muro.
«Kurt, sei ancora in pigiama?»
«Beh, sai, sono le sei del mattino…»
«Allora vai a vestirti, poi torna qui» abituato alle sue mattane, ubbidì senza tante storie. Quando rientrò nella stanza, Renee lo attendeva, vestita anche lei, seduta sul letto ancora sfatto, con coperte e lenzuola rovesciate sul pavimento.
«Perché dobbiamo andare a…»
«Muir Island»
«Quella»
«Charles Xavier mi ha contattato, mi ha chiesto di raggiungerlo, subito»
«Renee, è morto!»
Image Hosted by ImageShack.us«L’uomo che mi ha parlato… Era potentissimo, Kurt. E se fosse una trappola potresti teletrasportati immediatamente»
«Oh, d’accordo, hai vinto»

Fu probabilmente proprio il Professore a guidarli, perché si materializzarono a un passo dal suo letto. Dopo un anno la dottoressa MacTaggert ancora esitava a permettergli di andare in giro, eccetto per bisogni fisiologici e per la fisioterapia cui doveva sottoporsi.
Kurt si affrettò a cercare una sedia ed ad aiutare Renee ad accomodarsi, poi si pose con fare protettivo dietro di lei, le mani che sfioravano le sue spalle. Nightcrawler aveva ricevuto un messaggio mentale decisamente univoco. Sì, quello era davvero il Professor X.
«Lieto di vederti, Renee. Perdonami i modi bruschi, ma non sono ancora riuscito ad adattare del tutto le mie potenzialità a questo mio… nuovo corpo»
«Nuovo corpo?»
«Un attimo prima che Jean –pardon, la Fenice- disintegrasse il mio corpo, sono riuscito a trasferirmi in questo corpo…»
«Lo ha rubato?»
«Non direi. Quest’uomo è nato privo delle funzioni cerebrali di livello superiore. Sai cosa significa, vero?»
La bambina annuì. Trasse un sospirone e azzardò «Comunque mi ha fatto molto male. Le chiedo di evitare di riprovarci. Perché ha scelto proprio me? Non ci siamo mai incontrati, nemmeno sa chi sono!»
«Su quest’ultimo punto mi trovi in disaccordo»
«Aveva detto di non voler dire a nessuno di me, non ancora. Poi, beh… non c’è più»
«Poche cose possono essere nascoste ad un telepate. A me»
«Hai spiato i suoi pensieri? Che comportamento… abominevole!»
«Aveva bisogno di aiuto, e…»
Renee scattò in piedi «Ah si? Notizia flash: non puoi aiutare tutti! Andiamocene, Kurt!»
«Aspetta, Renee. Ti chiedo almeno di non dire a nessuno che sono vivo. Finché non sarò di nuovo in piena forma, ti chiedo di mantenere il segreto. L’ennesimo segreto…»
«Cosa? E perché?»
«Perché mi fido di te. Perché so che, nonostante tutto, sei una ragazzina con dei principi»
«Spero di non rivederla tanto presto, Professore. Però ha ragione, può contare su di me»

Ororo continuava a camminare avanti e indietro, incapace di star ferma «È sotto la mia tutela, Logan»
«Ancora con questa storia? Non è da sola, è andata con Kurt»
«E chi ce lo garantisce? E poi quel tipo non mi piace affatto…»
«Non ti ci mettere anche tu, gattina. Ororo, ti vuoi calmare, una buona volta? Credete davvero che l’avrebbe spedita da sola chissà dove?»
«Per quel che ne sappiamo potrebbe anche essere a Manhattan a gustarsi un gelato. La verità è che senza telepati siamo fottuti» borbottò Warren.
«Non far finta che te ne freghi qualcosa» intervenne Jimmy a gran voce.
«Non ti ci mettere pure tu, ragazzino. Perché non ve ne andate tutti a giocare in giardino, o nella stanza del pericolo, o vaffanculo chissà dove? Mettetevi l’anima in pace, se vuol tornare torna» Logan si alzò e uscì a grandi passi dalla stanza.
Kitty gli lanciò un’occhiata serafica, o meglio la lanciò alla sua schiena «Secondo me è più preoccupato di noi»
Ororo le rispose con una scrollata di spalle che voleva dire tutto e niente «Però è vero che abbiamo bisogno di un telepate»
«E come pensi di trovarlo?»
«Che so, magari tuo padre ne conosce qualcuno, Warren?»
«Lascialo fuori» ribatté seccamente, e si dileguò dietro a Logan.
«Carattere freddino?»
«E finiscila con queste cavolo di battute, Bobby! Non fanno più ridere nessuno!»
«Scusami tanto, signorina gnè-gnè»
Kitty aveva osservato un po’ confusa il litigio fra Rogue e Bobby. Jimmy le si sedette accanto e le allungò una gomitata, in segno d’intesa «Non ti preoccupare, che fra qualche minuto saranno a pomiciare da qualche parte»
«Di un po’, hai l’abitudine di spiare le coppiette? Cosa sei, un vecchietto pervertito?» bisbigliò lei in risposta.
Come per dar ragione a Jimmy, Bobby stava già tentando di baciare Rogue. Lei però gli aveva appena appoggiato la mano sulla guancia, per respingerlo scherzosamente, quando sentì fluire dentro di sé l’energia vitale di Bobby. Staccò immediatamente la mano e si allontanò a lui, lo sguardo fisso sulla sua mano. Il ragazzo aveva quasi perso i sensi, e Rogue urlava, un urlo scoordinato, lacerante. Il suo incubo era tornato.
Proprio in quel momento, a un passo dal divano dov’erano seduti Jimmy e Kitty, apparve Kurt, che crollò a terra, esausto dai due lunghi viaggi appena compiuti. Trascinò con sé una terrorizzatissima Renee «Oddio, Kurt, svegliati, Kurt, apri gli occhi, Kurt! Kurt!» Si era aggrappata con tutte le sue forze al capotto sgualcito e lo strattonava, gli occhi colmi di lacrime «Kurt! Dio ti prego, non portarlo via, ti prego»
Anche Ororo aveva voglia di mettersi a piangere, sconfortata da quel gran casino; si riscosse, e mentre fuori delle nubi si addensavano minacciose, si precipitò su Bobby e appoggiò due dita sotto al suo naso «Respira, Hank, portalo in infermeria. Peter, porta giù Kurt. Renee, ti prego, lascialo, è solo stanco, non vedi? Renee…» ma la bambina era in preda ad una crisi isterica, tanto che lei dovette stringerla a sé, bloccandole le braccia con le sue, mentre Kitty le carezzava dolcemente i capelli.
Rogue era scappata dalla stanza.

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Capitolo 5
*** Cosa vedono i tuoi occhi ***


Stavolta niente illustrazione, anche se l'ho iniziata, perché se aspettavo di finirla non pubblicavo più 'sto capitolo... Credo che la metterò nel prossimo.
Chiedo umilmente perdono a chi se ne intende di genetica, perché sicuramente ci saranno degli erroracci. Ho cercato di rispolverare il poco che avevo studiato all'inizio delle superiori, che non è certo il massimo…
x skiblue: che dire, grazie!
x Wolverina: ma dai, arrossisco ;) Diventare scrittrice? Magari =P
x Wolvie91: ebbene, credo che questo capitolo (per non parlare di quello successivo) ti farà sorgere ancora più dubbi ^^

Capitolo Quinto
Cosa vedono i tuoi occhi

Renee raggiunse Hank. Era seduto davanti al pannello di controllo che gestiva la Stanza del Pericolo.
«Hai finito di allestirla per me?» aveva un tono vivace e scanzonato, adottato più o meno dopo essersi resa conto che Kurt non ci avrebbe lasciato la pelle, anzi, sembrava che il suo potere fosse aumentato e si sentiva più in forma che mai.
«Sicuro, signorina. Ora i soggetti dispongono di un DNA virtuale creato di volta in volta, cosicché non ti annoierai neanche. Dovrai testarlo, però, per verificare se il DNA è… plausibile. Un’ultima cosa»
«Spara»
«Hai un nome da mutante? Sai, per crearti un profilo»
«‘Hero’»
«Cosa?»
«‘Hero’!»
«Allora avevo capito bene. È… è da maschio. Perché?»
«Oh, ah, non ci ho mai pensato, a questo… Comunque è ‘Hero’»
«Come vuoi tu»
La bambina sorrise.

Pochi minuti dopo era al centro di un corridoio, immerso in una penombra estiva. Il pavimento era rivestito da un parquet logoro e scricchiolante, e la carta da parati restava incollata ai muri grazie a qualcosa di molto simile ad un miracolo. Era sudicia e scolorita dal tempo, in alcuni punti perfino scarabocchiata da mani infantili. L’unico suono che riempiva l’aria immobile era il frinire di una manciata di chiassose cicale nascoste tra le fronde di alberi invisibili. Renee restò perfettamente immobile, per cogliere anche la più piccola sfumatura dei suoni circostanti. Quando arrivarono i primi bersagli creati dalla Stanza del Pericolo lei era pronta. Aveva quasi anticipato Hank, addirittura, nonostante egli avesse ancora davanti agli occhi i vari schermi che gli permettevano di tenere sotto controllo le attività che si svolgevano nella stanza. I primi ad arrivare avevano le sembianze di ricercatori, con tanto di camice e cartellino bianco, muniti poco realisticamente di complessi armamentari. Renee chiuse gli occhi e sembrò sul punto di svenire, la testa che le ciondolava mollemente, le braccia inerti lungo i fianchi. Cominciò a lavorare.
Hank si concentrò su di lei, profondamente interessato. «Ehi Kurt, il suo comportamento è normale?»
«È talmente concentrata sul DNA che sta analizzando che quasi perde coscienza di sé»
«‘Perde coscienza di sé?’ Ma come parli?»
«È stata lei a descrivere così ciò che le succede, Kitty»
«Oh, beh, lei parla in modo davvero strano a volte…»
Renee intanto non faceva altro che restare immobile, intangibile ai vari attacchi. Si limitava a farli crollare a terra uno dopo l’altro, chi incapace di respirare, chi semplicemente di restare in piedi perché privato delle capacità motorie, ed un paio presero addirittura fuoco.
«Wow, sembra ‘Parasite Eve’. Fa quasi paura. Però ha di nuovo copiato il mio potere…»

Due settimane prima
Renee era seduta a pochi centimetri da Kurt, ancora svenuto, e Jimmy era abbastanza vicino da riuscire a poggiarle una mano sulla spalla. Kitty si muoveva da loro a Bobby, incessantemente, sotto lo sguardo teso di Peter. Hank stava scrutando i tracciati vitali dell’Uomo Ghiaccio.
«Starà bene. Rogue è stata veloce ad interrompere il contatto» valutò ad alta voce, a beneficio dei presenti.

Ororo, intanto, assai preoccupata anche per Rogue, era in giro per cercarla. Trovò invece Wolverine «Logan!»
«Che diavolo…»
«Rogue… le è tornato il suo potere, ha toccato Bobby… era sconvolta… Oddio, non la trovo…»
«La cerco io!» la interruppe bruscamente e corse via nel corridoio.
Alcuni minuti dopo, mentre stava scendendo nel seminterrato, si imbatté in Warren, e lo trascinò con sé, senza degnarlo di spiegazioni, salvo gli stralci di frase che aveva già rifilato a Logan. Le porte non si erano ancora aperte completamente davanti a loro, che già la giovane kenyota si era affrettata a domandare «Come stanno?»
«Mmh»
«Hank!»
«Cosa?»
«Come stanno?»
«Bobby potrebbe star meglio, ma tutto sommato se l’è cavata discretamente. Kurt è esausto, come se avesse compiuto un lungo viaggio. La piccola non vuole dirci dove sono stati»
«Ma lui è coraggioso!» sbottò allora Renee «Ce la farà, lui è l’uomo più coraggioso che…»
Warren sbuffò, il viso contratto in un’espressione sprezzante che gli dispiaceva di non poter mostrare alla bambina.
«Eh?»
«E lo chiami un uomo coraggioso?»
Renee si stava agitando. Si era raggomitolata su se stessa, le braccia esili stringevano forte le gambe contro il suo torace. «Morirebbe per difendermi, te lo assicuro! E ha fatto…»
«Non nutro dubbi sul suo coraggio, no. Ma se quello lo vuoi chiamare uomo…»
«Bastardo!» si alzò di scattò in piedi, ma urtò il lettino e dovette fermarsi.
«Se nemmeno l’hai mai visto, tu…»
«Non mi importa se ha la pelle blu o la coda da diavolo o Dio sa cos’altro! Sciocco!» scoppiò improvvisamente a piangere «Perché ti comporti così? Cosa mai ti abbiamo fatto?»
«Mi ‘comporto così’ come? Ti dispiace così tanto che io ti sbatta in faccia la realtà? Ti atteggi da adulta, ma cresci!»
«Sono davvero io quella che devo crescere? Ho solo undici anni…» mormorò lei, mentre Warren, per la seconda volta in un giorno, si dava alla fuga per non mostrare quella rabbia impotente che covava.

Logan trovò Rogue solo due giorni dopo. La ragazza lo aspettava alla stazione. Aspettava di vedere se contava ancora per qualcuno.

Presente
Si erano riuniti nel salottino. La prima sessione –ufficiale, almeno- di Renee era andata alla grande… e Hank era ansioso di esporre la sua relazione, ma anche di capire meglio come funzionava quel suo potere.
«Ve l’ho detto, mi ricorda molto i mattoncini Lego, salvo per i colori. È… come spiegarvi… come guardare l’aurora boreale, solo una versione più brillante, luminosa»
«Scusa, zuccherino, ma come puoi descrivere l’aurora boreale?»
«Eh? Ah, perché non ci vedo? Ho perso la vista a quattro anni. Prima vedevo benone»
Gli altri la fissarono, sorpresi, ma Logan si limitò a borbottare «Sarà…»
Renee si strinse nelle spalle e riprese «Mi basta pensare ‘E se quel gene andasse lì?’ per muoverlo. Allo stesso modo -anche se questa è una tecnica che ho acquisito con anni di… allenamento, si può dire - mi basta fissare un po’ più a lungo una di quelle particelle per capire in che modo influenzano la creatura in questione»
«Però» obbiettò Hank «una modifica effettuata in questo modo agirebbe solo da quel momento in poi»
«Cosa significa?»
«Vedi, Rogue, non si può influenzare a livello genetico qualcosa di già creato: se ad esempio modifichi la pigmentazione cutanea, solo le nuove cellule assumeranno quel colore»
«Posso accelerare quel processo, se voglio. È questo particolare che ha spinto il signor Worthington ad utilizzarmi per i suoi esperimenti. Li sentii discutere una volta, su come la cura dovesse agire a livello genetico. Non potevano aspettare mesi o anni che facesse effetto»
Wolverine si alzò di scatto, senza emettere nient’altro che un lieve fruscio, e si fermò davanti a Renee. Attese un minuto buono, perfettamente immobile, poi alzò fulmineamente il braccio, la mano chiusa a pugno e gli artigli sguainati. Si bloccò a un centimetro dal viso di Renee.
Che aveva chiuso gli occhi.
Logan l’afferrò per il colletto della camicia e la sollevò dal divano sul quale era seduta. La bambina continuava a tenere gli occhi chiusi, evidentemente terrorizzata. Jimmy, seduto accanto a lei, si era immobilizzato.
«Logan, che ti prende?!» urlò Ororo.
L‘uomo si voltò appena per guardarla «Ci ha mentito. Mi stava guardando, poco fa. Renee ci vede benissimo!»

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Capitolo 6
*** A forma di stella ***


x Wolverina: avevo in mente di lasciarvi in sospeso solo per questo chap, tranquilla!
x Wolvie91: più che altro spero di non aver scritto cavolate ^^;
x Skiblue: se non capisci la sua storia è normale, non voglio dire più di tanto per ora. Rogue ha riacquistato i suoi poteri perché l'effetto della cura è finito... riprenderò questo fatto nel prossimo capitolo

Capitolo Sesto
A forma di stella

Kurt si accovacciò a terra per ottenere una spinta maggiore, e si gettò di peso addosso a Wolverine. L’uomo, che non se l’aspettava, lasciò andare Renee e fu trascinato al suolo. Con un calcio si scrollò di dosso Nightcrawler e si scagliò nuovamente verso Renee con gli artigli sguainati. La bambina intanto aveva cercato di raggiungere Kurt, ma a pochi passi da lui era inciampata nel tappeto e sarebbe caduta bocconi se l’elfo non si fosse precipitato ad afferrarla «Tranquilla, tranquilla»
Renee si asciugò alla meno peggio il volto arrossato dal gran piangere. Per pochi, interminabili secondi accarezzò l’idea di spiegare come avesse sentito -non visto- Logan estrarre gli artigli «È Jimmy!» sbottò invece, alla fine.
Il ragazzino sussultò nel sentirsi chiamato in causa «Che… che c’entro io?»
Image Hosted by ImageShack.us «Sei tu che mi permetti di vedere!» ansimò. Logan ritrasse gli artigli; il rumore fece sobbalzare Renee «È stato il mio potere a rendermi cieca. Credo… l’averlo sfruttato così tanto ha abituato i miei occhi a vedere solo il Dna. Jimmy, privandomi del mio potere, mi ridà temporaneamente la vista»
«Cosa?» il ragazzino la fissava. In un certo senso si era aspettato qualcosa del genere, però…
«Se sapevi che ti avrebbe rovinato la vista, perché hai continuato ad usarlo?» obbiettò Rogue. Ultimamente prendeva di rado la parola. Il fatto che sembrava appassionarsi alla storia di Renee rincuorò un poco Ororo.
«È questo il punto: non lo sapevo. Questa è soltanto un’ipotesi di Marvel Girl. Le avevo raccontato di come i dottori non avessero trovato il motivo della mia improvvisa cecità. Mi sono resa conto di quanto avesse ragione solo quando ho incontrato Jimmy, ad Alcatraz» all’improvviso realizzò che in un punto imprecisato della sua affannosa spiegazione era scoppiata di nuovo a piangere.
Ororo le prese la mano, come quel primo giorno alla scuola, che ora appariva lontano e sfumato, sebbene non fosse passato nemmeno un mese. La aiutò a rialzarsi e la condusse in camera sua.

Gli X-Men rimasti nel salotto si scambiarono brevi occhiate. Sul viso di Hank si intravedevano malinconia e frustrazione «Se non ci dice tutto, come possiamo aiutarla?»
«Chi ti dice che voglia essere aiutata?» ringhiò Logan.
«Dalla vita ha ricevuto molte delusioni. È come se avesse paura di essere aiutata. Niente di personale, è fatta così.» intervenne Kurt a bassa voce.

Nonostante fosse solo pomeriggio, una volta al sicuro nella sua stanza Renee si infilò sotto le coperte, e riaddormentò spossata dalle troppe lacrime versate.

Il giorno dopo
Era sabato mattina, ma abituata com’era a svegliarsi tutti i giorni alla stessa ora, Renee aprì gli occhi alle sette in punto. Scese in cucina, convinta di non trovarvi nessuno. Appena vi mise piede, tuttavia, sentì un gran fracasso, e fattasi più vicina, poté vedere che Jimmy, sorpreso dal suo arrivo, aveva lasciato cadere a terra un coltello da cucina.
«Oh, ciao Renee»
«Ciao»
«Perché non mi hai detto che vicino a me potevi vedere?»
Non rispose, perché qualcosa aveva attirato la sua attenzione «Jimmy, che stavi facendo con quello?» indicò il coltello su cui, l’aveva notato solo ora, vi era una striscia di sangue.
«Non è come pensi! È che… il Dna è nel sangue, no?»
«Anche» annuì lei.
«Ieri, dopo che Ororo ti ha portato via, ho convinto Bobby ad accompagnarmi al centro commerciale e a prestarmi i soldi per questo» le porse un ciondolo d’argento, a forma di stella, con tanto di catenina dalle maglie sottili.
«Jimmy…»
«Glieli ridarò, in qualche modo. Farò dei lavoretti. Comunque, vedi, qui in mezzo» indicò un’area ruvida nel centro della stella «ci andrebbe una goccia di profumo. Ho pensato che se ci metto una goccia di sangue… potrai vedere sempre…»
«Mi avevi chiesto perché non ti avevo detto niente» replicò lei con voce assorta «Per quello che hai fatto, tanto per cominciare»
Il volto del ragazzino perse tutta l’aria trionfale «Se non vuoi… Non preoccuparti, lo…»
«Mi fa molto piacere che ti preoccupi così per me, ma ti rendi conto che il DNA contenuto nel tuo sangue a lungo andare si deteriora?»
«In quanto tempo?»
«Non so, per chi mi hai preso?»
«Mi prendi in giro?!»
«Scusa» ridacchiò lei «Quel poco che so sul Dna l’ho imparato dai libri. Me li leggevano Tyler –un mio amico- e… mia madre.» chiuse gli occhi, solo a nominarla aveva voglia di piangere.
«Tua madre…?»
«Ah, non chiedermi nulla!» sospirò e scosse il capo, come per scacciare quei brutti pensieri «Comunque, intendevo dire che non devi affettarti le braccia ogni volta che ho bisogno di un… “ricambio”!»
«Non ci avevo pensato» ammise Jimmy «Però Hank ci fa spesso dei prelievi di sangue, per farci le analisi o chissà cosa!»
«Grande! Hai ragione! Dopotutto ne basta una goccia!» notò che il ragazzino non aveva compreso quanto le stesse a cuore quel suo gesto, e istintivamente gli gettò le braccia al collo «Grazie, Jimmy, grazie»

Tre mesi dopo
«Dov’è Renee?» Kitty aveva già indossato l’uniforme per l’addestramento collettivo nella Stanza del Pericolo, ma non si era ancora decisa ad entrare.
Ororo si strinse nelle spalle «Non lo so, ma che importa, oggi non tocca a lei» Renee non era ammessa alle sessioni con altri mutanti, perché restava comunque una bambina non vedente; la sua vulnerabilità avrebbe messo in pericolo gli altri.
«Uh-uh. Però mi aveva chiesto di avvertirla quando iniziavamo. Hank non c’è e voleva occuparsi dei dati tecnici. Dopotutto il funzionamento della stanza è parecchio intuitivo…»
«Prova nel giardino. Ultimamente ha la fissa di studiare vicino alle tombe» intervenne Rogue. Avrebbe partecipato anche lei, quel pomeriggio… Renee si era espressamente rifiutata di cancellarle la mutazione, e finalmente Bobby aveva convinto la sua ragazza a riprendere a lavorare.
«Grazie! Torno subito» garantì Kitty, prima di fasare nel muro alla sua sinistra.
La trovò dove Rogue le aveva suggerito di cercarla. Renee era assorta su un problema di matematica. Nel giro di tre mesi era riuscita a recuperare le carenze scolastiche legate al suo handicap. Aveva mantenuto una grafia piuttosto infantile, e più di una volta Kitty si era chiesta se ciò fosse dovuto alla mancanza di esercizio o al carattere di Renee: su internet aveva letto che chi conservava una grafia infantile era molto dipendente dagli altri, e ciò le dava da riflettere: temeva che le stesse nascondendo qualcosa di grosso. Si era affezionata a Renee come ad una sorellina, e avrebbe voluto che lei ricambiasse l’affetto con un po’ di fiducia in più. Comunque sia, Renee aveva sviluppato un certo interesse per grafici e libri, e un paio di volte Peter le aveva perfino impartito delle lezioni di disegno.
«Ciao Kit!»
«Salve! Stiamo per entrare nella Stanza del Pericolo. Vieni?» le tese la mano, che la bambina rifiutò. «Ricordati che indosso il ciondolo di Jimmy. Anche se non è abbastanza forte da annullare del tutto il tuo potere, io resterei comunque qui fuori. Vi raggiungo per una strada più normale» concluse con un sorriso. «Ah, Kit!»
«Cosa?» riemerse dal muro in cui era appena scomparsa.
«Oggi inizia anche Jubilee, vero?»
Kitty annuì.

Finalmente anche Jubilation aveva la sua occasione. Più volte, nel corso degli anni passati alla scuola, aveva chiesto al professore il permesso di allenarsi nella Stanza del Pericolo. Permesso rifiutato ogni singola volta, accidenti. Poi il Prof era morto. Aveva atteso alcuni mesi, senza comprendere realmente il perché –forse per rispetto verso la sua autorità?- poi aveva cominciato ad ossessionare la signorina Munroe. Stavolta aveva raggiunto il suo scopo. Finalmente Pryde era tornata, e potevano iniziare. Diamine se era eccitata!
La Stanza del Pericolo creò per loro un mondo apocalittico, quella che sembrava essere stata una metropoli fiorente. Ora era poco più che un mucchio di macerie ornate di sangue e scheletri che si sbriciolavano nella brezza leggera.
«Dove diavolo siamo, Renee?» gridò Logan, in apparenza rivolto al nulla. Non gli era sfuggito il senso del macabro che la ragazzina sfoggiava da un mese a quella parte, e quel panorama devastato ricordava le “fiabe” che lei si divertiva a snocciolare. Era sicuro che fosse stata lei a creare l’ambiente.
«Bella domanda, zietto. È un sogno che ho fatto la scorsa notte. Vi piace?» la voce della bambina echeggiò nel cielo fittizio per mezzo di un altoparlante.
«Un amore» ringhiò Wolverine in risposta «E piantala di chiamarmi zietto» soltanto lui si era accorto di quanto la voce di Renee fosse tremula.
Kitty si arrampicò sui resti di un grattacielo crollato da cui spuntava un cartello, poco più che un ammasso di lamiere accartocciate coperte di ruggine. «Ah, maledizione, non si legge niente» provò a smuovere qualche lastra di cemento. Indietreggiò all’improvviso, con urlo disperato. Peter l’agguantò al volo prima che potesse cadere a terra. «Cosa hai visto?»
«Una… una bambina, morta, in decomposizione… oddio» singhiozzò lei.
«Francesina, credo proprio che dovresti farti vedere da uno bravo!» intervenne Jubilee, tentando di ignorare l’odore pestilenziale di decomposizione che Kitty aveva liberato spostando i detriti.
«Non sono francese!»
«Ma il tuo nome…»
«Non sono fatti tuoi» la interruppe seccamente Renee «Ehi Kit, descrivimi la bambina, è importante…» ma la ragazza taceva, ancora pallida in volto.
«Puoi evitare? Credo che Shadowcat si stia sentendo male» s’intromise Peter, evidentemente preoccupato. Non l’aveva ancora rimessa a terra.
«O cambi scenario o la sessione finisce qui» rincarò Angelo. Dopo pochi attimi il macabro paesaggio si dissolse per lasciare il posto a quello più tranquillizzante di Londra. Si trovavano ad un passo dal Tamigi. Stavolta Renee aveva lasciato fare al computer. La lezione proseguì senza ulteriori intoppi.
Salvo che Kitty, quella notte, non avrebbe fatto altro che sognare bambini morti col volto coperto di lacrime, bambini che stringevano tutti un ciuffo di capelli rossi, proprio come la mano infantile che aveva notato appena, con la coda dell’occhio. Del resto, era stata troppo occupata nell’osservare il visetto, contratto dall’odio, che le ricordava straordinariamente Renee.

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Capitolo 7
*** Sai giocare a scacchi? ***


Ah, finalmente qualche personaggio in più… come se non avessi già abbastanza beghe a tenere in scena i soliti senza oscurarne alcuni… >.>
x Skiblue: avevo seri dubbi sulla natura della sua cecità, sai? Per il fatto che fosse così facile aggirarla, tanto che basta una catenina... Alla fine però ho deciso di inserirlo lo stesso, perché quando può vedere non può "accedere" ai suoi poteri, cosa che le da parecchio fastidio...
x Wolverina: non è colpa di Renee, povera! XD Lei se la sta facendo sotto dalla paura, in effetti, pensa che effetto farebbe sognare 'sta roba... ha cercato aiuto in un modo un po' ambiguo, però, tant'è che se n'è accorto solo Logan... Non inserirò descrizioni troppo dettagliate, anche perché per un po' la faccenda resterà in sospeso.
x Wolvie91: bentornata, in tempo per il nuovo chapter ^^

Capitolo Settimo
Sai giocare a scacchi?

Il mattino dopo Renee bussò timidamente alla porta dell’amica. Kitty era già sveglia da un pezzo; la bambina la trovò seduta a gambe incrociate sul suo letto, con il portatile appoggiato sulle gambe. Le sue dita scivolavano velocemente sulla tastiera, e non distolse lo sguardo dallo schermo finché Renee non si azzardò a prendere la parola «Mi dispiace, Kit, ieri mi sono comportata in modo orribile. Mi dispiace…»
«Ho fatto un sogno stanotte. Ho rivisto quella bambina» si voltò, aveva il volto pallido, sconvolto «Renee, ti assomigliava! Mi fa paura, questo!»
Renee abbassò il capo. Andò a sedersi davanti a Kitty; lei spense il portatile. «Fa paura anche a me, credimi. Ho sognato quella bambina ogni notte, da un mese a questa parte. A volte ride, o gioca. A volte è seduta sulle mie gambe, e io le sto leggendo una fiaba. E a volte è rannicchiata tra un mucchio di macerie, in lacrime, e urla, urla, fino a che non ha più voce. Oppure… è morta.»
«Allora non sei tu?»
«No!»
«Chi è?»
«Non lo so. Davvero!»
«Ti credo, ti credo.»
Renee scrollò le spalle con aria desolata «Provo una nostalgia fortissima, quando faccio quei sogni, ma non so spiegarmene il motivo…»
Kitty annuì, soprappensiero «Secondo te esiste? Voglio dire, il tuo sogno rispecchia in qualche modo la realtà?»
«Non lo so. Forse» restò in silenzio per qualche minuto «Scusami per come mi sono comportata, mi dispiace moltissimo.»
«Non sono arrabbiata, se è quello che mi stai chiedendo»
«Grazie. Sono felice di essere tua amica. Sono ancora tua amica?»
«Certo!» poggiò a terra il portatile, al sicuro «Però...
» assunse un’espressione dubbiosa, che rattristò subito Renee, tant’è che quando Kitty sghignazzò «…solletico!», un secondo prima di tuffarsi su di lei, la bambina era troppo sorpresa per potersi sottrarre alle grinfie dell’amica.

Tre giorni dopo

Renee scese dal tram, e percorse lentamente la distanza che la separava da Central Park. Era passato molto tempo, dall’ultima volta che vi aveva messo piede. Anni. Assaporò la nostalgia delicata che ogni singolo profumo e suono le trasmetteva. Aveva voglia di un ghiacciolo, ma le rimanevano solo pochi spiccioli, forse nemmeno sufficienti per tornare a casa. Tanto un ghiacciolo non sarebbe bastato a ricreare quei momenti. Controllò se aveva infilato lo spago da cucina nel suo zaino, e soddisfatta raggiunse un vecchio intento a giocare a scacchi contro se stesso. Gli si sedette di fronte. Lui non la guardò nemmeno, si limitò a chiederle «Sai giocare a scacchi?»
«Finiscila, sai benissimo che sono cieca»
Finalmente Erik Lehnsherr si degnò di osservarla «Se davvero fossi ancora incapace di vedere saresti venuta qui accompagnata da quel tuo amico, Kurt.»
«Il bambino che volevi uccidere, quello della Cura… mi ha offerto un modo per aggirare il problema»
«Senza sottoporti alla Cura, giusto? Non rinunceresti mai del tutto all’unica cosa che ti lega a tua madre.»
Renee fece una smorfia «Tanto è temporanea. Lo sai benissimo, tu sei stato uno dei primi a guar… a riacquistare i tuoi poteri.»
«Non correggerti: per una squallida ironia, la Cura è un virus, per noi mutanti. Allora, perché sei venuta a trovare un povero vecchio come me?»
«Sai che anche Rogue ha riacquistato i suoi poteri? Ancora pochi mesi e gli effetti della Cura saranno scomparsi del tutto. Hai idea perché succeda in tempi così diversi?»
«Forse dipende dalla potenza di ognuno di noi. O da quanto abbiamo accettato la mutazione» ribatté Erik, affabilmente. «Ma non mi hai risposto. Cosa vuoi?»
«Aiuto. Me lo devi.»
«Te lo devo?!»
«Tu hai ucciso mia madre!»
«Tecnicamente…»
«Non mi frega ‘tecnicamente’!»
«D’accordo, hai ragione. Che aiuto ti serve?» cedette, alla fine, un po’ perché alcuni passanti curiosi li stavano osservando, un po’ perché si sentiva in colpa, seppur nei confronti di Charles, non dei suoi.
«Faccio dei sogni, ultimamente. Incubi. Tutti hanno qualcosa in comune.»
«Vai da uno psicologo.»
«Però stanotte ho fatto un sogno diverso. Diceva di stare cercandomi, e che avrei smesso di avere quegli incubi.»
«Chi?»
«Cosa, semmai. Non lo so. Per questo sono andata da Destiny, la veggente. Ma lei si è rifiutata di dirmi altro che un nome, Quetzalcoatl. Ho insistito, e lei mi ha suggerito di venire da te.»
L’uomo aveva sbarrato gli occhi, per un unico, breve, attimo. Poi aveva recuperato la sua compostezza. Magneto era spaventato? «Stanne fuori, piccola, è fuori dalla tua portata, a meno che tu non voglia morire in fretta. E sta pure sicura che non ti aiuterò» si bloccò quando un bimbetto biondo si precipitò a recuperare la palla che gli era rotolata via, verso di loro. La raccolse, ma non accennava ad allontanarsi.
Renee sorrise, e con un gesto preciso del braccio fece cadere tutte le pedine nell’erba. Si sfilò la catenina argentata dal collo e l’appoggiò al centro della scacchiera altrimenti vuota, abbastanza lontano da lei. Per abitudine chiuse gli occhi, e sorridendo si concentrò sul Dna del vecchio e del bambino. In pochi minuti li aveva trasformati in due beagle, un maschio malridotto per l’età e una femmina di pochi mesi. Recuperò la catenina e osservò soddisfatta la sua opera. Sfilò lo spago dallo zaino, formò un cappio all’estremità e fece per legarlo al collo di quello che era stato Magneto, ma lui sgusciò via. «Ok, avete due possibilità, o venite con me così un giorno vi ridarò il vostro aspetto originale, oppure restate cani randagi finché qualche vecchietto caritatevole non vi porta a casa, e passerete ogni giorno sperando che questo non tiri le cuoia.» sibilò con inaspettato cinismo «O magari vi troverà un bambino, uno di quelli che adora maltrattare gli animali… E tu non provare a trasformarti, credevi davvero che ti avrei lasciato il tuo potere?» terminò rivolgendosi alla cucciola.
Stavolta riuscì a legare Magneto, poi afferrò Mistica per la collottola e la infilò nello zainetto. Aveva vinto solo a metà. Ora doveva convincere Magneto ad aiutarla. Non era nelle sue intenzioni "rapire" anche Mistica, si era accorta della vera natura del bambino solo quando aveva sbirciato il suo dna. S’incamminò sbuffando verso la scuola.

Renee arrivò alle spalle dell'amica e le sfiorò una spalla «Ehi, Kit, ma che stai scrivendo?» Kitty si voltò a guardarla, sfilandosi le cuffie e appoggiandole sul copriletto. Era nuovamente intenta a scrivere qualcosa sul suo portatile.
«Un racconto. Ma non si bussa?»
«Ho bussato, ma non rispondevi… Da che pulpito viene la predica, poi…»
«Renee, quelli dove diavolo l’hai presi?» esclamò all’improvviso –fingendo di non averla sentita- indicando i due beagle che tallonavano l’amica.
«Li ho trovati al Central Park. Sono senza medaglietta, mi hanno fatto pena. Soprattutto questo» indicò Magneto, che rispose con un breve ringhio.
«Sono un amore!» afferrò Mistica e cominciò ad accarezzarla «hai intenzione di tenerli?»
«Senz’altro!»

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Capitolo 8
*** Eppure ti conosco ***


Torno tra i vivi >.> No comment, se non per dire che comunque quest'anno ho dato gli esami di maturità, e sono stata precchio impegnata. Ok, fra un mesetto iniziano i corsi all'Uni, ma paradossalmente dovrei avere più tempo libero.
Questo capitolo non solo è cortino, ma non mi piace nemmeno tanto. L'ho riscritto decine di volte (ho perfino cercato di infilarci Bruiser dei Runaways, prima di rinsavire) e questo è ciò che è venuto fuori. Non so perché, ma questo pezzo è piuttosto ostico T.T In compenso, riaggiornerò in settimana perché il prossimo capitolo è già parzialmente scritto.
x skiblue: spero di non rivelare troppo quando è troppo presto... Non sono brava con i misteri...
x wolvie91: Magneto è condannato a soffrire ancora un po' ^^

Capitolo Ottavo
Eppure ti conosco

Nessuno aveva ancora scoperto i due beagle: nessuno, a parte Kitty e Kurt, entrava nella stanza di Renee senza chiedere il permesso, ed entrambi erano stati messi a parte del segreto. Dopo qualche esitazione, Renee aveva rivelato ai due anche la vera, bizzarra natura dei due cani, rendendo assai felice Kitty per la fiducia dimostratale. Spesso si recavano tutti e tre nel giardino, per portare a spasso le due bestiole. Nessuno si recava mai a visitare le tombe, perché nessuno desiderava continuare a tormentarsi, così si erano creati una piccola oasi di pace. Cosa ancora più importante per Renee, era che finalmente Kitty non sembrava più tanto intimidita da Kurt, anzi vi scherzava con allegro cameratismo. Era quasi estate ormai, se ne sentiva il profumo dolce nell’aria. Sebbene la bambina seguisse le lezioni con entusiasmo quasi maniacale, era estasiata da quella nuova prospettiva. Da anni non viveva l’Estate, perfino quando Kurt l’aveva liberata dai laboratori Worthington ed erano stati costretti a vagare per l’Europa: Russia, Polonia, Olanda, Germania, e per finire in Francia –ma solo per un breve periodo. L’estate precedente l’aveva trascorsa proprio in Russia.

Quel giorno Tempesta aveva riunito nel salottino tutti i membri attivi degli X-Men, per una riunione d’ordine generale. Renee era stata esclusa, ma l’udito ipersviluppato di Logan gli permise di accorgersi che la bambina stava origliando fuori dalla porta. Le rivolse un secco rimprovero, e lei entrò correndo verso Rogue -seduta accanto ad Ororo-, e finì con il saltarle in braccio, ignorando le proteste della giovane donna. Dopotutto, precisò Renee, Marie non poteva farle del male perché lei aveva il ciondolo al collo.
«Renee, ti prego, non è il caso» esordì stancamente Ororo.
«E perché mai? Non sono sufficientemente intelligente? Non sono più una bambina e quindi cos’è? Ho vissuto cose abbastanza brutte da poterne sopportare altre…»
«È questo il punto, Renee, tu sei una bambina!»
«Fino a QUANDO? Non posso esserlo in eterno!» scoppiò a piangere, ed irritata per la sua stessa reazione scappò via, dai suoi due cuccioli, in giardino.

Logan, insoddisfatto dall’odore appena percepito, si fece un po’ più vicino a Rogue.«Che hai? Sei strano. Più del solito»
«Puzzi di cane vecchio» replicò aspramente l’uomo.
«Non vedo un cane da qualche secolo, credo.»
«Appunto.» abbandonò seduta stante la riunione, lasciandosi dietro di sé una Marie interdetta, ma neanche tanto. Si era abituata ai suoi modi bruschi, che tuttavia di solito mostravano una solida motivazione. Logan ci mise assai poco a rintracciare Renee. «Lo sapevo che eri stata tu a lasciare quell'odore addosso a Rogue!»
Renee si limitò a mostrare un sorrisino furbetto, e a stringersi nelle spalle. Ma l’uomo-lupo era riuscito a cogliere perfettamente il lampo negli occhi della ragazzina. Fece uno strano verso –assai poco umano- per esprimere il fastidio che provava. C’erano dei momenti, come quello di pochi istanti prima, in cui comprendeva chiaramente a chi assomigliava, di chi era quell’odore familiare. La sensazione era però troppo sfuggente perché potesse raggiungere la parte cosciente del suo cervello, ed il risultato era la fastidiosissima sensazione che si prova quando non si riesce a ricordarsi un nome. In un paio di passi si avvicinò a Renee e sfoderò nuovamente gli artigli vicino al suo viso. «Dimmi chi mi ricordi!»
«Come posso saperlo?» strillò lei di rimando «E lasciami in pace, non mi fai paura!»
«Ah, piccola, tu nemmeno sai cos'è la paura vera! Sei cresciuta nella bambagia!»
«COSA?! Bambagia un corno! Leggi il mio fascicolo e poi ne riparliamo!»
Le tre lame affilate si fecero più vicine «Tu, piccola, sei cresciuta nella bambagia» replicò a voce bassa Logan. «Riporta quei cani dove li hai presi, non è un canile questo.» aggiunse con un tono definitivo, prima di ritrarre gli artigli e dirigersi di nuovo verso la scuola.
Renee, rimasta pressoché sola, riprese a piangere, attenta a non farsi vedere da Magneto e Mistica.

«Hai visto Renee?»
«No»

«Hai visto Renee?»
«No.»

«Hai visto...»
«Santo Cielo, Jimmy! È la terza volta in due ore che me lo chiedi!»
«Scusa, Kitty, è che non la trovo da nessuna parte...»
«Tanto è con Kurt, quindi sta tranquillo.»
«Ma ultimamente non c'è mai, è sempre in giro con Kurt...»

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Capitolo 9
*** La baia ghiacciata ***


Adoro l'ambientazione di questo capitolo (e del prossimo)! Non ho idea del perché, probabilmente perché ho una mente malata....
Visto che è passato un bel po' di tempo da quando l'ho detto, Hero è il nick da battaglia di Renee.

Capitolo Nono
La baia ghiacciata

Era notte. O almeno, avrebbe dovuto esserlo, secondo gli orologi. Tutti gli abitanti della scuola Xavier per giovani dotati erano andati a dormire – tutti eccetto quel ragazzino che Renee, fra sé, aveva cominciato a chiamare “Lo psicotico”, che sembrava assolutamente incapace di dormire. Perfino gli adulti dormivano! Quindi doveva essere un bel po' tardi, accidenti.
E allora perché la luce che intravedeva attraverso le palpebre chiuse era quella di un pomeriggio – molto - nuvoloso? Un momento: si era tolta il ciondolo, prima di andare a dormire, come faceva sempre: come faceva a vedere? Cautamente, Renee aprì gli occhi.
Era in piedi. Se avesse fatto un solo passo si sarebbe trovata a mollo nella Wallabout Bay. Inspirò, impaurita: come c'era arrivata... ma no, aspetta: doveva essere uno dei suoi sogni. Si, era senz'altro così, come aveva fatto a non capirlo subito? Che sciocca era stata. Certo, nessuno dei suoi sogni era ambientato a New York, ma doveva essere senz'altro... Trasalì di nuovo. Jimmy era appena comparso al suo fianco. Era in pigiama: in effetti, anche Renee indossava la sua camicia da notte, ed era strano... nei suoi sogni era sempre un'adolescente con jeans a vita bassa e tutto il resto... anche Jimmy sembrava spaventato. La bambina roteò su se stessa, e vide che lì c'era tutta la scuola. Professori e studenti, in pigiama o camicia da notte, tutti con un'espressione impaurita o preoccupata sul volto. Logan, sbucato da chissà dove, la afferrò per la spallina e le ringhiò nell'orecchio: «Che diavolo significa?»
«Non... non è un mio sogno?»
«Se vuoi facciamo la prova» replicò il mutante, sguainando gli artigli. Era la terza volta in pochi mesi che la minacciava così. La bambina scosse il capo, turbata. Poi li vide.
Erano dei soldati. Tantissimi soldati, dalle uniformi iper-tecnologiche, da film. O da agenzie speciali. Erano armati, e sembravano intenzionati ad accerchiare i mutanti. «Logan, guarda» sibilò la bambina.
«Li ho sentiti da un pezzo» replicò lui.
«Sono pericolosi!!!»
«E tu come lo sai?»
«Andiamo, guardali!»
«Ci vedi? Ma non hai il ciondolo» sibilò lui, ancora una volta sospettoso. Poi vide che la bambina era paonazza, tanto era agitata.
Jimmy intanto si era spostato lungo l'immenso corso d'acqua: qualcosa di indefinito, di sbagliato, aveva attirato la sua attenzione... Ecco: un'isoletta minuscola, che ospitava un solo, strambo edificio, era apparso dal nulla nel bel mezzo della Wallabout Bay. «Tempesta, guarda...»
«No!» la dea Ororo era sconvolta, eppure non aveva sentito Jimmy, e probabilmente non aveva ancora visto l'isoletta... ma lei guardava i soldati.
Armati della Cura.
«Dobbiamo andarcene da qui!» esclamò, rivolta agli X-Men.
Fu allora che Bobby avanzò tanto da arrivare a toccare l'acqua con la punta delle dita.
Tutti i mutanti si voltarono a guardarlo: davanti ai loro occhi, in un soffio, un battito di ciglia, l'Uomo Ghiaccio congelò l'intera baia, andando ben oltre i ponti che la delimitavano, il Manhattan Bridge ed il Williamsburg Bridge. «Cacchio Bobby!» esclamò un'entusiasta Jubilee «Che è successo ai tuoi poteri?»
«Io... non lo so...»
«Andiamo! Pensiamo dopo ai tuoi poteri!» urlò Tempesta, che aveva già cominciato a spingere i più piccoli verso il rifugio offerto da quell'edificio, restando però indietro per fermare i soldati.
Oltre cento trecento mutanti di tutte le età si riversarono sul fiume, congelato fino al suo letto, disperatamente diretti verso quello strambo edificio.
I primi ad arrivare – tramite teletrasporto - furono Nightcrawler e Hero, nonostante le proteste di lei che voleva combattere.
A vederlo da fuori, l'edificio era una chiesa tardogotica e leggermente diroccata. Il teleporter si affrettò ad aprire le porte, e si spostò di lato per lasciare entrare i primi studenti. Vide in lontananza il muro di fulmini creato da Ororo che impediva ai mercenari di farsi più vicini. Nel giro di dieci minuti erano tutti al sicuro all'interno della “chiesa” e Wolverine, Bestia, Angelo e l'Uomo Ghiaccio si stavano dando da fare per bloccare le entrate.
Renee distolse la sua attenzione da loro e cominciò a camminare nella navata centrale, divisa dalle due laterali da una serie di colonne corinzie. Era seguita passo passo da Magneto e Mistica, ancora rigorosamente due beagle. Giunta nei pressi del transetto la bambina guardò in alto: sulle volte a crociera erano raffigurati una serie di mutanti. Tutti chiaramente morti. La ragazzina rabbrividì istintivamente. Non conosceva la maggior parte di loro, ma li riconosceva. Senza contare che nel migliore dei casi quei mutanti erano stati impiccati o affogati... Quegli affreschi erano incredibilmente realistici. Cautamente superò il transetto e avanzò fino all'altare nudo. Non c'erano i calici, o il leggio, come aveva visto nelle chiese che aveva visitato con Kurt, ma non si era aspettata nulla di diverso, dopo aver visto gli affreschi. Non avendo trovato nulla di interessante, tornò indietro passando nella navata di destra. Sussultò, sorpresa: anche lì era tutto strano: invece delle nicchie che avrebbero dovuto racchiudere pregiati dipinti o statue, vi erano delle stanze, degli sgabuzzini, per la precisione. Una serie infinita di sgabuzzini colmi di vecchie cianfrusaglie. Avanzò ancora, infilando di tanto in tanto la testa in quelle stanzette. Incappò in un bagno, con tanto di targhetta che indicava che quello era il bagno maschile. Dal bagno, comunque, si accedeva ad un altro sgabuzzino. Scosse la testa, divertita, ed andò a raccontare a Tempesta ciò che aveva visto.

Kurt Wagner detto Nightcrawler si era teletrasportato direttamente sopra il rosone della chiesa. Si accovacciò, diventando simile ai numerosi Gargoyles che ornavano l'imponente facciata. Si sentiva a casa, e per di più, ora che la notte scendeva
(tornava a scendere)
lo spettacolo davanti a lui era stupendo. Inspirò a fondo l'aria notturna e guardò giù. I soldati si erano accampati davanti all'entrata, per quella notte non potevano uscire. Lui sarebbe svenuto molto prima di poter teletrasportare fuori tutti, senza parlare di Jimmy, con lui semplicemente non avrebbe funzionato. Avrebbero passato la notte lì, era l'unica soluzione.

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