Reborn di Daewen (/viewuser.php?uid=4187)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova alunna ***
Capitolo 2: *** Voglio pregare per loro ***
Capitolo 3: *** Se parli di odore devi essere Wolverine ***
Capitolo 4: *** L’ennesimo segreto ***
Capitolo 5: *** Cosa vedono i tuoi occhi ***
Capitolo 6: *** A forma di stella ***
Capitolo 7: *** Sai giocare a scacchi? ***
Capitolo 8: *** Eppure ti conosco ***
Capitolo 9: *** La baia ghiacciata ***
Capitolo 1 *** Una nuova alunna ***
Torno a postare, dopo tanto tempo, un'altra ff.
Sono stata parecchio in dubbio: quale categoria scegliere: perché in fondo è
tratta quasi completamente dal film, eccetto un paio di personaggi presi dal
fumetto. Ma una categoria per la trilogia cinematografica non c'è, quindi...
Mi rincresce non potermi basare di più sul fumetto, ma ne ho a malapena una
mezza dozzina, e sono "un po'" una limitazione, considerando che gli X-Men sono
nati quarant'anni or sono.
Qui, se
masticate un po' d'inglese, ho trovato un utile elenco di tutti (almeno credo) i
mutanti apparsi, il che mi ha fatto retrocedere nella creazione della trama.
In sostanza, mi è preso un colpo, ho capito che difficilmente potrò rimediare
alle mie lacune sul fumetto e mi baserò quasi esclusivamente sui film. Chiedo
umilmente perdono a fan più informati!!!
La trama inizia dopo la fine del terzo film. Ovviamente, gli X-Men non sono una
mia invenzione ^^
Più avanti posterò anche qualche disegno.
Parte Prima
Capitolo Primo Una nuova alunna
L’inverno era ormai alle porte. Era trascorso un anno
abbondante dal disastroso attentato ad Alcatraz ad opera di Magneto e della sua
Confraternita. Finalmente le cose sembravano aver ripreso il loro giusto corso
per la comunità dei mutanti, ma soprattutto per la scuola Xavier per giovani
dotati.
Hank McCoy, detto la Bestia, era in TV, intento a tenere un
discorso di circostanza, e Logan, Ororo, Kitty, Peter, Bobby, Marie (che aveva ricevuto
il permesso di restare alla scuola pur non possedendo più alcun potere mutante),
Warren, e perfino Jimmy si erano riuniti nel salottino per poterlo seguire in
diretta.
Un sonoro schiocco, accompagnato da una forte puzza di
zolfo li fece voltare rapidamente: alle loro spalle era appena comparsa una loro
vecchia conoscenza. Kurt Wagner si stava spazzolando il cappotto sudicio, come
se quel gesto potesse renderlo più presentabile. Povero Kurt, ci teneva così
tanto a far buona impressione con i suoi amici… Al suo fianco, che esitava a
slacciarsi da lui, c’era una bambina sugli undici anni, ben pettinata – i
capelli, rosso scuro, le scendevano morbidamente sulle spalle un po’ ricurve- e
vestita di tutto punto con pantaloni e scarpe scuri, un soffice maglioncino
color panna e un cappottino di pelle scamosciata con i polsini di finta
pelliccia. Che misera apparizione era il suo adorato Kurt, in confronto, con la
sua pelle blu ricoperta da vecchi tatuaggi, e stracci laceri a malapena decenti.
Lui le prese delicatamente la mano, come per ricevere da lei il coraggio che
credeva di non avere, e fece qualche passo avanti. Si era preparato quel
discorso da una settimana, ed ecco ora che le parole venivano comunque a
mancargli. Non che importasse: Ororo gli si era precipitata incontro e lo stava
abbracciando. Finalmente si staccò da lui, pur mantenendo una salda stretta
sulle sue spalle. «Stai bene? È tutto a posto, Kurt?»
«Io…?Sto bene, sto bene sì.» farfugliò «Ma quello che è
successo…» e tutti, investiti dalla stesso malinconico pensiero, abbassarono il
capo. La sottile membrana di pelle tornava a staccarsi per mettere a nudo quella
dolorosissima ferita, troppo profonda per essere dimenticata. «Ma quello che è
successo… Mi dispiace, avrei dovuto esserci. Forse avrei potuto…»
«Morire« lo interruppe bruscamente Logan. La bambina alzò
impercettibilmente il capo. Ororo lo aveva fermato con un’occhiataccia
«L’importante è che almeno tu stia bene!» Quell’almeno le era sfuggito, non si
era accorta di ciò che stava per dire. Solo allora la bambina fece sentire la
sua voce «Accompagnami da loro, Kurt, per favore» aveva un tono lamentoso ma
fermo, di chi ha sofferto molto, sta soffrendo, ma sta anche combattendo contro
il dolore. Tese la mano verso di lui, che Kurt afferrò prontamente – un po’
troppo a dire il vero- e domandò, con voce a malapena udibile dove fossero le
loro tombe. Nel frattempo Jimmy, cui sembrava di aver già visto la bambina, e
quest’idea si andava rafforzando sempre più, le si era avvicinato per osservarla
meglio «Ma io ti conosco!!!» esclamò all’improvviso, proprio mentre, essendosi
avvicinato troppo, il suo potere aveva fatto svanire momentaneamente quello di
lei, che si ritrasse istintivamente verso Kurt in cerca di salvezza. Il
ragazzino la prese per il braccio e con l’altra mano la costrinse ad alzare la
testa «Tu eri ad Alcatraz!»
«Ti assicuro che mi è impossibile combattere» ribatté lei,
con quanta più freddezza era capace.
«Lo so! Non mi riferivo all’attacco di Magneto, eri lì come
cavia! Aspetta, so anche il tuo nome… Ah, sì Renee. Sei francese?» Non era
chiaro neanche a lui come il ricordasse quei tempi trascorsi in una prigione
tanto bianca da far male agli occhi potesse trasmettergli quel senso di
allegria.
Renee, perché ovviamente Jimmy non si era sbagliato, era se
possibile ancor più terrorizzata per essere stata riconosciuta, e si avvinghiò a
Kurt, ripetendo senza sosta «Portami da loro, portami da loro, portami da loro…»
ed in realtà chiedeva di essere condotta via da lui. Logan, da lupo qual era,
fiutò il suo terrore, e si affrettò a spiegare l’ubicazione del loro piccolo
cimitero, e Kurt, riconoscente, si affrettò a trascinarla via. Quando furono
abbastanza lontani, le chiese cosa le fosse accaduto. «Quel ragazzino… la sua
mutazione gli permette di annullare quelle degli altri, se si trova abbastanza
vicino. L’hanno utilizzato per trovare la Cura… Accidenti, per un attimo ho
avuto davvero paura!»Non parlarono più fino a che non ebbero raggiunto le tre
tombe, le due più piccole su cui erano stati incisi i nomi della dottoressa Grey
e quello di Scott Summers, su quella più grande Charles Xavier. Lui la condusse
a un passo dalla prima tomba, e attese che lei ne sfiorasse la scritta, quasi
non si fidasse… Poi la salutò e tornò all’interno dell’edificio.
Renee, rimasta sola, indietreggiò di qualche passo nella
neve soffice. Ripescò da una tasca un berretto fatto a maglia, con tanto di
pompon, e se lo calcò in testa «Marvel Girl, Ciclope, Professor X: mi dispiace,
mi dispiace moltissimo» lasciò che le lacrime sfuggitele le si congelassero
sulle guance. Mentre la sua mente lavorava a tutta velocità, le ore scivolarono
via, finché fu notte fonda e Ororo, forse mossa a pietà, andò a chiamarla. La
bambina, assorta nelle sue preghiere, non si era accorta del suo arrivo, e
sussultò nel sentire la sua voce. «Mi spiace, non volevo spaventarti, piccola.
Li conoscevi?»
Renee si limitò ad accennare col capo la risposta positiva
che le si era bloccata in gola. «È triste perdere chi ci è caro» mormorò alla
fine. Restarono immobili per un po’, finché il silenzio fu tale che sembrava
loro di udire i fiocchi di neve che avevano ricominciato a cadere. «Andiamo, che
ne dici? Fa freddo, qui fuori…»
«Credevo che tu potessi comandare il tempo!» ribatté la
piccola con una punta di malizia. Quando non ricevette risposta, si agitò,
temendo di aver fatto una gaffe «Oh, mi dispiace, credevo fossi…»
«Sono Tempesta, sì, ma come facevi a saperlo?»
Il visetto contratto di Renee si distese timido sorriso, ed
ella indicò le lapidi «Andiamo?» stavolta la sua voce era un po’ più ferma.
«Aspetta!» aggiunse poi con urgenza.
«Non mi sono mossa!» e Renee, che aveva mantenuto per tutto il tempo ,
il viso rivolto alle lapidi, si girò verso la donna «Perdonami, ma non posso
vederti. È per questo che ti ho chiesto di aspettarmi, ho bisogno che tu mi
prenda per mano, o almeno che continui a parlare» Ororo allora, che non sapeva
cosa dire, le si avvicinò e le prese delicatamente la mano, quasi si trattasse
di una bambolina di ceramica che aveva paura di rompere. Renee ricambiò la
stretta con decisione e, senza bisogno di telepatia, la donna poté leggervi
l’innata fiducia che la bambina riponeva in lei. Si incamminarono in silenzio,
rotto soltanto quando Renee si sentì in obbligo di spiegare che «di solito non
ho bisogno di chiedere aiuto, ma tutta questa neve attutisce i tuoi passi.»
Ororo la condusse fino a quella che, se lei avesse voluto
restare, sarebbe diventata la sua stanza: Kurt aveva raccontato di come anche
lei fosse una mutante. Sotto richiesta di Renee, la condusse presso ogni mobile,
affinché ella non li urtasse, o non faticasse a trovare ciò che le serviva. E
augurò la buona notte, e stava per congedarsi quando si ricordò di un
particolare. «Nel salottino in cui vi siete teletrasportati tu e Kurt, c’erano
anche altri mutanti, e più o meno tutti erano X-Men.» «So chi siete»
«Bene, se dovessi avere bisogno di qualcosa, nella stanza a
destra c’è una di noi, ha chiesto lei che le vostre stanze fossero vicine» la
bambina sembrò piacevolmente sorpresa «Si chiama Kitty, non esitare a
chiamarla!» e la lasciò sola.
Renee gironzolò per un po’ nella stanza, per memorizzare le
varie posizioni, cosa noiosa, ma per lei assolutamente necessaria, in quanto
detestava dover chiedere aiuto per il suo handicap. Si lasciò cadere sul letto,
ed esausta per i molti avvenimenti si addormentò istantaneamente, con berretto e
cappottino ancora indosso. |
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Capitolo 2 *** Voglio pregare per loro ***
Ecco il secondo capitolo, caldo
caldo. Grazie a wolvie91 per la sua recensione. Alla faccia dello spoiler ^^;
comunque, ho visto la fine. Il titolo si riferisce a Renee, il cui nome
significa appunto rinata, e anche perché quello che lei tenterà di fare per
tutta la ff è ricostruirsi una vita migliore.
Mi diverte molto il modo di fare di Renee, con quei suoi commenti sconclusionati
(solo all'apparenza: lei pensa velocemente, e spesso salta da un discorso
all'altro senza avvertire l'interlocutore) e a volte privi di tatto.
Capitolo secondo
Voglio pregare per loro
Renee si alzò presto, quella
mattina. Era da tanto che non riposava così tranquilla. Scoprì presto che Kurt,
come sempre così pieno di premure, le aveva lasciato in camera la sua borsa da
viaggio, in cui lei aveva riposto i suoi –pochi- ricambi. Si lavò e cambiò, poi
uscì dalla sua stanza. Dovette sostare un attimo in corridoio per ricordare la
strada percorsa la notte precedente, decise che doveva andare a destra e così
fece. Avanzava sfiorando con la mano i mobili o il muro. Incontrò quasi
immediatamente una porta, doveva essere la stanza di Kitty. Esitò diversi
minuti, indecisa se bussare o meno. Ma non c’era nessuna emergenza, e lei non
aveva la più pallida idea di che ore fossero. Il non sentire nessun rumore la
persuase che probabilmente non era il caso di disturbare, così riprese a
camminare, lentamente.
Jimmy, al contrario, aveva dormito male, aveva sognato Alcatraz, ed era
anch’egli già sveglio. Sentì dei passi in corridoio, chi diavolo va in giro il
lunedì mattina alle sei? Così si affacciò. Era la ragazzina con il nome
francese. Credeva se ne fosse andata a notte fonda, ed invece eccola lì a
gironzolare tutta sola nei corridoi. Ricordava bene quale fosse il suo potere,
per colpa del quale era stata rinchiusa ad Alcatraz –anche se non vi era rimasta
che pochi mesi- ma ricordava anche quanto potesse essere scaltra quella bambina,
che aveva quasi cancellato il problema della cecità sfruttano al massimo gli
altri sensi.
Renee si fermò: era abbastanza vicina a Jimmy da poter sentire gli effetti della
sua mutazione svanire di nuovo. «Cosa c’è?»
«Chi ti dice che ci sia qualcosa?»
«E allora perché mi aspetti in corridoio?»
Era successo di nuovo, quella ragazzina era stupefacente. Sospirò «Ti ricordi di
me? Io ti ricordo molto bene.»
«Già, quella mocciosetta piagnucolona che piangeva e cercava la mamma… certo che
mi ricordo di te. Un mutante dal DNA come il tuo è cosa rara, sai?»
«Ah…»
«Scherzavo. Sei carino»
«Cosa?»
«Dicevo che sei gentile, è raro… Lascia stare»
«Dove vai?»
«Al cimitero»
«Di nuovo?»
«Ho degli amici lì. Beh, non proprio lì, per quanto riguardo Ciclope e il
Professore… Volevo loro molto bene. Voglio pregare per loro»
«Uh? Non ti facevo credente…»
Renee sorrise dolcemente «Kurt mi ha insegnato tante cose»
La conversazione languiva, e Renee stava già per andarsene, quando Jimmy la
bloccò «Posso venire con te?»
«Tu non vuoi pregare e non li hai mai conosciuti. Per quanto ne so. Perché vuoi
venire? Oh, fa come vuoi»
Lui rientrò per prendere il cappotto, e quand’ebbe chiuso la porta della sua
stanza si affrettò a prenderle la mano. Lei stava già per schernirsi, ma poi
sorrise e si lasciò trascinare via per l’intrico di corridoi.
Kitty era indecisa se chiamare o meno Renee. Non sapeva neanche se voleva
frequentare le lezioni… Alla fine bussò alla porta della sua stanza, ma non
ricevette risposta. Sbuffò, e riprovò di nuovo. Alla fine la curiosità ebbe la
meglio e sbirciò dentro la stanza. Il letto era vuoto. Delusa, scese a far
colazione.
Arrivata nella piccola cucina, chiese ad Ororo e a Logan se per caso l’avessero
vista. Si intromise Jimmy, che spiegò come l’avesse accompagnata prima a far
colazione e poi al cimitero. Come ogni volta che lo si nominava, un’ombra
attraversò gli sguardi degli X-Men. Kitty afferrò distrattamente un paio di
biscotti dal barattolo dimenticato sul tavolo e uscì per cercarla. Non si era
aspettata di uscire, così aveva dimenticato di prendere una giacca, e faceva
piuttosto freddo. Eppure Renee era inginocchiata nella neve. «Ehi, così ti bagni
tutta! Vuoi ammalarti?» colta da un pensiero improvviso, aggiunse «O hai un
fattore rigenerante anche tu?»
«Non ho nessun fattore rigenerante, al momento. Ma tu chi sei?»
Non poteva, ovviamente, vedere l’espressione delusa di Kitty, ma il suo silenzio
era abbastanza eloquente, per lei che aveva ricevuto così tante ferite come
quella… «Perdonami, è solo che…» esitò: era appena arrivata, e già due persone
alla scuola sapevano ch’era una non vedente, non ci teneva a farlo sapere ad
altri «è solo che sono cieca e quindi finché non imparo a riconoscere le voci…»
aveva iniziato la frase addossando le parole l’une alle altre, ma la voce le si
era spezzata a metà.
«Oddio, scusami, non lo sapevo» mormorò Kitty, imbarazzatissima.
«Ci credo, preferisco che non si sappia troppo in giro, nei limiti del
possibile»
«E allora ti ringrazio per avermelo detto» ribatté tentando di dare una
sfumatura allegra alla strana affermazione.
Renee ridacchiò «Sei buffa!» scosse la testa per far cadere dei fiocchi di neve,
visto che stava ricominciando a nevicare «Temevo di averti ferito. Rientriamo,
che nevica?» le si avvicinò, e quando fu sicura di esserle vicino, allungò la
mano. Trovò il polso, e la prese sotto braccio. «Esci senza giacca, e litighi a
me?»
«Non ti stavo litigando!»
«Ho esagerato un po’»
«Sarei io quella strana?»
Nel frattempo Renee aveva cominciato a camminare, e lei si ritrovò a seguire
incerta i suoi passi, senza sapere che andatura tenere. «Ti ci abituerai»
«A far cosa?»
«A trattare con un cieco. Ti passerà l’imbarazzo»
Quando Renee e Kitty entrarono nell’aula tutti i ragazzi erano già ai loro
posti, e Ororo si stava preparando ad iniziare la lezione. Presero posto in due
sedie davanti a tutti, e Renee si ritrovò seduta accanto a Jimmy.
«Ma bene, sei venuta! Ragazzi, abbiamo una nuova mutante alla scuola. Ti va di
parlarci un po’ di te?»
Renee abbassò leggermente il capo «Ma cosa siamo, in un centro di alcolisti
anonimi? Ma tant’è, se ci tenete… La mia vita non è stata un granché. Ho vissuto
in un orfanotrofio per i primi cinque anni della mia vita, poi sono stata
giudicata inadatta ad una vita simile e mi hanno spostata in una casa famiglia.
Sono restata lì finché un membro del governo non è venuto a prelevarmi per
portarmi ad Alcatraz, sapete, per quel progetto che ha dato vita alla Cura.
Dovevo avere circa otto anni. Sono restata lì per circa un anno -forse meno,
avevo perso la concezione del tempo- e cioè fino al momento in cui Nightcrawler
non è venuto a portarmi via. Ho vissuto come una fuggitiva fino a, diciamo,
l’altro ieri. Non volevo tornare in quel posto, tutto qui» Aveva esposto i fatti
come se parlasse del tempo, con una voce impersonale che dava i brividi.
Ororo –come tutti gli altri, ovviamente- la fissava sbigottita. Aveva così tante
domande che non sapeva da dove cominciare. Scelse quella che le sembrava più
facile «Cosa voleva il governo da te?»
«Il mio potere»
Prima che qualcuno potesse chiedere quale fosse, Jimmy raddrizzò la schiena –era
seduto in posizione abbastanza scomposta- e decise di intervenire nella
conversazione. Voleva dimostrare di conoscerla un po’ meglio di tutti gli altri
«Sapete, lei è capace di analizzare e modificare il codice genetico di qualsiasi
creatura vivente!»
«Me compresa» completò lei, leggermente stupita dell'intervento.
«Ma se non puoi…» vedere, intendeva dire Ororo, ma Kitty fu più veloce «Quindi
se volessi potresti, ad esempio, farmi diventare bionda?»
Renee le sorrise riconoscente «Se non fossi seduta vicino a Jimmy lo farei
immediatamente» ridacchiò in risposta.
Tempesta non era affatto sciocca, e capì che la piccola voleva evitare
accuratamente il discorso. Così passò ad un’altra domanda che le premeva «Dici
che a otto anni avevi già sviluppato un potere mutante?»
«Ci sono nata con questo potere»
Se ad alcuni di voi sembrerà senza speranza la sua intenzione di nascondere la
sua cecità, sappiate che conosco una persona -non vedente, appunto- e non mi ero
affatto accorta che lo fosse. E non solo io. È stata lei a dircelo.
Quanto alla mocciosetta, Renee si riferisce a se stessa, ma il disegno dovrebbe
comunque averlo chiarito.
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Capitolo 3 *** Se parli di odore devi essere Wolverine ***
Vai col terzo capitolo!!!
x Wolvie91: in effetti se ho visto la scena finale è perché ho
ricevuto una soffiata da un mio amico. Già, povero Jimmy! Forse Leech è meglio ^^
x Mlle Nihal: ecco qua il capitolo seguente =)
Grazie per aver recensito, che così mi infuoco ancora di più (come se non fossi
abbastanza fissata con gli X-Men) e scrivo più veloce! E grazie anche a chi legge e basta!
In ogni caso in questi giorni mi sono fatta un mazzo così per delineare meglio i
personaggi che ho inventato e ho steso un abbozzo di trama, così dovrei andare
più veloce. Diciamo che ho sfruttato questo periodo di limbo (in cui non ho
niente da fare perché a quanto pare mia madre è l'unica che non permette alla
figlia di andare a lavorare d'estate, perlomeno nella cerchia dei miei
conoscenti) per portarmi avanti il lavoro.
Capitolo Terzo
Se parli di odore devi essere Wolverine
Una settimana più tardi
«Ti capisco, sai? Quella bambina innervosisce anche me» annuì Warren,
contorcendosi per trovare una posizione più comoda per le sue povere ali. Alla
fine rinunciò, si alzò e si avvicinò alla finestra che mostrava un paesaggio
candido come le sue piume.
«Non mi innervosisce, mi preoccupa, è diverso. Il suo atteggiamento è troppo
spensierato!» si preoccupò di precisare Ororo.
«Cos’è, una bambina felice della sua vita è troppo anormale?» borbottò Bobby.
«Ha diviso la sua vita tra orfanotrofio, casa famiglia e perfino Alcatraz, come
cavia. E ha trascorso gli ultimi due anni a girare l’Europa come una nomade.
Anzi, una fuggitiva, come si definisce lei. Ti pare normale che sia felice?»
«Forse è felice del cambiamento» azzardò Warren, senza troppo interesse.
«Mmh.. Non ha nemmeno un potere con cui confrontarsi facilmente. Un conto è
ritrovarsi, poniamo, con una forza sovrumana, un fattore rigenerante o perché
no, anche con la capacità di controllare il tempo, e un conto è poter
intervenire sul DNA di altre creature. Una bambina sui tre anni o giù di lì
prenderebbe i nostri poteri come una specie di magia, suppongo, ma la
comprensione, diciamo anche incompleta, del codice genetico è fuori dalla
portata del, diciamo, 90% circa degli adulti, laureati o no. Potrebbe anche aver
fatto del male a persone cui voleva bene, per quel che ne sappiamo» Stavolta
anche Hank era stato espressamente invitato alla riunione: uno scienziato
avrebbe potuto aiutarla maggiormente di tutti loro messi insieme.
«Le prime volte ho usato la mia facoltà soltanto per “leggere” il mio DNA, o
quello di alcuni animali. Era divertente, sembrava una specie del gioco di
costruzioni che avevamo all’orfanotrofio. In fondo, mi è capitato molto di rado
di modificarlo. È una faccenda lenta e faticosa, e anche il più piccolo errore
può essere mortale, lo so bene. Non ho mai ucciso né storpiato nessuno, insomma,
se è questo a preoccuparvi»
«Ehi, ciao Renee!» saltò su Kitty, improvvisamente animata. Non le piaceva che
gli altri X-Men volessero analizzare tanto a fondo la situazione della sua nuova
amica, cui si era rapidamente affezionata, e cercava di non starli troppo a
sentire. Così però si annoiava a morte.
«Hai un odore familiare» Logan, ovviamente, che prima di allora non si era mai
trovato abbastanza vicino alla nuova arrivata, ma gli ricordava qualcuno, una
somiglianza abbastanza sfumata da rendergli impossibile qualcosa di più di una
sensazione.
«Ti ricorderò Kurt» ribatté allegramente «Se parli di odore… devi essere
Wolverine?»
«Mi conosci? Onorato, davvero.» ringhiò.
«Oh, è stato proprio Kurt a parlarmi di te!» bugia colossale, ma le riuscì di
farla passare per verità. Dopotutto era plausibile. «Comunque ero venuta per
chiedervi di farmi allenare nella stanza del pericolo»
«Sei impazzita? Come ti salta in mente?»
«Oh, avanti, Ororo, se non mi lasci allenare quando sarò pronta a combattere?»
«È proprio questo il punto! Tu non scenderai mai in campo!»
«E perché mai, di grazia?» si stava arrabbiando, e doveva evitarlo.
«Perché sei cieca, maledizione! Non ti sembra una ragione sufficiente?»
Nella stanza si spense ogni rumore, mentre Renee indietreggiava verso la porta
che aveva lasciato aperta. Kurt, appollaiato su un bracciolo del divano, se
n’era rimasto in silenzio fino ad allora «Ororo! Non voleva che si sapesse!
Sarebbe meglio lasciarla, sai... Aspetta, Renee!»
«Portami via, Kurt» rispose lei, e attese che Nightcrawler si teletrasportasse
accanto a lei, l’abbracciasse e la portasse via teletrasportandosi altrove, in
un posto noto solo a loro.
«Dici che quella ragazzina non vede proprio niente? Ora capisco cos’aveva di
strano» Logan aveva bisogno di pensare, e si accese uno di quei suoi
puzzolentissimi sigari. Kitty si spostò più vicina a Peter, per sfuggire
all’odoraccio. Gli sussurrò un paio di parole di scusa, e sventolò la mano
davanti al viso –per fortuna Logan non l’aveva notata- e Peter le sorrise in
risposta.
Il giorno dopo
Logan scivolava tra gli enormi alberi come un’ombra. Il lupo era a caccia, gli
artigli sfoderati come i suoi denti, in quel momento più simili a zanne, sporche
di sangue com’erano. Una guardia, di quelle di Stryker, spuntò da dietro il
tronco alla sua destra. In meno di un secondo era a terra, sanguinante, pronta
ad esalare l’ultimo respiro. La caccia lo faceva sentire bene. Era forse l’unica
cosa che lo faceva sentire bene, dopo la morte del Professore, ma soprattutto di
quella di Jean, avvenuta per sua stessa mano. Non c’era notte in cui risentiva
la sua voce, mentre lei gli chiedeva di salvarla. E risentiva i suoi artigli che
le affondavano nella carne morbida, così facile da penetrare con le sue lame in
adamantio! E risentiva lei esalare l’ultimo respiro, rivedeva il suo sorriso
colmo di pace, e l’acqua che lei aveva sollevato dall’oceano ricadere con un
enorme schianto. E le lacrime che aveva versato. Si era sbagliata: non era stato
il Professore a domarlo, ma lei.
Ma quando era a caccia, riusciva a nascondersi questi ricordi, e si sentiva
bene, credeva di sentirsi bene. Il sangue lo eccitava. Squartò un’altra guardia,
affondando gli artigli nel basso ventre e muovendo rapidamente la mano verso
l’alto, mentre portava l’altro braccio dietro di sé a sgozzarne una terza. Si
ritrovò in uno spiazzo erboso, e all’improvviso si ritrovò circondato da
soldati. Bene. Si faceva sul serio. Si lanciò in avanti con un basso ringhio, ad
artigli sguainati. Con un colpo netto recise la giugulare dell’uomo davanti a
lui, poi cominciò a correre in circolo, il braccio levato a sgozzare anche tutti
gli altri. Uno di essi, solo uno, riuscì a scamparla, roteando rapidamente su se
stesso. Si ritrovò di fronte una bambina e prontamente levò il fucile e fece
fuoco. I proiettili l’attraversarono, uno, due, tre, ma il quarto le graffiò il
braccio sinistro. Renee urlò e si accovacciò, evitando così altri due colpi, che
saettarono sopra di lei. Ora aveva paura. Non credeva che Wolverine fosse tanto
forte –o folle?- da regolare la Stanza del Pericolo ad un livello così alto, ma
ormai era in ballo «E allora balliamo!» portò le braccia in avanti, verso la
guardia –che fortunatamente non si era mossa- e la investì con una serie di
dardi di ghiaccio. Fece appena in tempo a riportare il suo DNA alla normalità
prima di svenire. Wolverine aveva appena ucciso, brutalmente, gli ultimi
guerrieri; si lanciò verso di lei. Le fece scudo, mentre ordinava alla Stanza
del Pericolo di terminare la sessione e contemporaneamente ritirava gli artigli.
La raccolse fra le braccia e corse verso l’infermeria, gridando aiuto. Il primo
ad arrivare fu Kurt, grazie alle sue abilità di Teleporter, seguito a breve da
Ororo e Hank, il quale si affrettò a collegare la bambina, ancora svenuta, ai
complicati macchinari. Il verdetto fu chiaro. Il dottore aveva alzato lo sguardo
con un sorriso sollevato: «La piccola sta benissimo. Anzi, dirò di più: credo
stia solo dormendo» e si chinò per esaminarle la ferita.
«Logan, cos’è successo?» Ororo sembrava furente.
«Ah, non ne ho idea. Ero nella Stanza del Pericolo, quando è praticamente
apparsa da nulla. Grazie alla fasatura ha evitato alcuni proiettili, ma forse
qualcosa è andato storto, perché uno l’ha colpita. Poi ha ucciso la guardia con
dei dardi di ghiaccio»
«Fasatura? Dardi di ghiaccio? Ma cosa…»
«È il suo potere» mormorò Kurt, prima di scomparire in una nuvola di zolfo, e
ricomparire subito dopo insieme a Kitty e Bobby.
«Renee!» urlò Kitty, correndo verso l’amica, terrorizzata.
«Tranquilla, il proiettile l’ha presa soltanto di striscio, è stata fortunata. È
sufficiente un cerotto» mormorò Hank, assorto in quello che stava facendo.
Qualcosa sembrò colpire la sa attenzione e alzò lo sguardo verso la ragazzina
«Non è per questo che ha perso i sensi…»
«È svenuta? Oddio…»
«Al momento sta dormendo. Ma a quanto pare ha usufruito dei poteri tuoi e di
Bobby. Che effetti collaterali vi hanno dato?»
Bobby scosse la testa, incerto. Sicuramente nessuno del genere. Ma Kitty si era
fatta più vicina «È difficile controllare la fasatura. Se stava già poco bene di
suo, potrebbe aver perso i sensi per questo, credo. Ci ha... copiato i poteri?»
ignorò la domanda «Come pensavo. Wolverine?»
«Mmh?»
«A che livello era la Stanza del Pericolo? Wolverine!» insistette, poiché
sembrava riluttante a rispondere.
Lui sbuffò «Tredicesimo, palla di pelo»
«Sei pazzo?» Sbottò Tempesta.
«Bene Ororo, credo sia più saggio permetterle di usufruire della Stanza del
Pericolo»
«È quasi morta! Cha diavolo vi prende, ad entrambi?»
«Proprio per questo. A quanto pare ha sia la testardaggine che le capacità di
infiltrarsi in una delle nostre sessioni. Calibrerò la stanza su di lei, anzi,
doterò anche i bersagli di un DNA, in modo che sviluppi il suo potere e non
quello degli altri»
Kurt sorrise. «Ve l’avevo detto che era meglio darle retta. Non si può certo
dire che la signorina abbia un carattere facile!»
Hank si raddrizzò, si sistemò gli occhiali sul naso e si raggiunse le porte
dell’infermeria «Portatela in camera, non c’è motivo per tenerla in questa
stanza, e quel lettino ha l’aria scomoda»
«Non sai quanto» ribatté Logan, e si affrettò a riprendere Renee fra le braccia,
anticipando Kurt «Ci penso io, elfo»
Mentre la riportava in camera, non poté far a meno di notare quanto gli fosse
familiare quell’odore. Ma chi gli ricordava?
Finalmente ho mostrato Renee all'opera.
Ovviamente il suo potere l'aveva già usato per memorizzare le mutazione di Kitty e Bobby, le
uniche a lei utili (perlomeno fra gli X-Men). Ho descritto il suo potere in modo
sommario, però, perché il vero funzionamento lo spiegherà lei stessa fra un
capitolo o due. Ma soprattutto, finalmente Logan inizia ad assumere un ruolo più importante... ^^
Restate in onda per il prossimo capitolo: "L'ennesimo
segreto"!!! |
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Capitolo 4 *** L’ennesimo segreto ***
Uff, finalmente ho finito 'sto
capitolo! Ci ho messo un sacco di tempo a scrivere la scena col prof...
x Wolverina: e beh, allora farò tutto il possibile per scrivere un buona
storia ^^ (Il forum di cui parla è
questo, ma prima bisogna iscriversi -o effettuare il login-
qui)
x Wolvie91: sono contenta che la stanza del pericolo renda l'idea, perché
faccio sempre casini con le scene d'azione (sigh...). Per quanto riguarda 'ste
cavolo di scene finali dopo i titoli di coda, sono dei cretini, almeno al cinema
dovrebbero avvertire >.> ad esempio quella della Maledizione della Prima Luna
l'ho scoperta per caso perché non avevo stoppato il DVD...
x Mlle Nihal: eh eh, grazie, certo che quella bambina ha un
caratterino... ^^
Per quanto riguarda il disegno, quando uscirà il DVD del terzo film farò anche
lo sfondo.
Capitolo Quarto
L’ennesimo segreto
Due giorni dopo
Renee si svegliò per colpa di un dolore atroce, perforante, assolutamente nuovo.
Quello non era un dolore fisico. Istintivamente cacciò un grido, e si portò le
mani alla fronte, colpendosi più volte il capo come per scacciare la fonte di
quella sofferenza. Si contorceva, attorcigliandosi sempre più fra le coperte.
Vedeva un uomo, che la stava chiamando, le diceva «Sono Charles Xavier. Vieni
subito» Ad un tratto sentì che qualcuno gridava a più riprese il suo nome.
Kitty, svegliata dall’urlo, era accorsa, senza curarsi di passare per il
corridoio, ma semplicemente attraversando il muro che divideva le due stanze.
Comparve anche Kurt, proprio mentre Renee si andava calmando e ritrovava la
lucidità. Tuttavia, in qualche modo la mente della bambina era stata ferita, e
per almeno una settimana avrebbe avuto atroci mal di testa. Si tirò su,
ansimante, aggrappandosi alla mano che Kitty le aveva appoggiato sulla spalla.
Quando il respiro si fece più regolare, chiese di Kurt.
«Sono qui, piccola. Cosa ti è successo?» vedendo che tendeva le mani verso di
lui, le si avvicinò, e Kitty si fece immediatamente da parte.
Renee gli sussurrò nell’orecchio, con voce a malapena udibile «Dobbiamo andare a
Muir Island. Subito.»
«Ma che…»
«Ti prego! E Kitty… Grazie per essere venuta, davvero»
Lei fece un sorrisetto amaro –si sentiva esclusa- e riattraversò di nuovo il
muro.
«Kurt, sei ancora in pigiama?»
«Beh, sai, sono le sei del mattino…»
«Allora vai a vestirti, poi torna qui» abituato alle sue mattane, ubbidì senza
tante storie. Quando rientrò nella stanza, Renee lo attendeva, vestita anche
lei, seduta sul letto ancora sfatto, con coperte e lenzuola rovesciate sul
pavimento.
«Perché dobbiamo andare a…»
«Muir Island»
«Quella»
«Charles Xavier mi ha contattato, mi ha chiesto di raggiungerlo, subito»
«Renee, è morto!»
«L’uomo
che mi ha parlato… Era potentissimo, Kurt. E se fosse una trappola potresti
teletrasportati immediatamente»
«Oh, d’accordo, hai vinto»
Fu probabilmente proprio il Professore a guidarli, perché si materializzarono a
un passo dal suo letto. Dopo un anno la dottoressa MacTaggert ancora esitava a
permettergli di andare in giro, eccetto per bisogni fisiologici e per la
fisioterapia cui doveva sottoporsi.
Kurt si affrettò a cercare una sedia ed ad aiutare Renee ad accomodarsi, poi si
pose con fare protettivo dietro di lei, le mani che sfioravano le sue spalle.
Nightcrawler aveva ricevuto un messaggio mentale decisamente univoco. Sì, quello
era davvero il Professor X.
«Lieto di vederti, Renee. Perdonami i modi bruschi, ma non sono ancora riuscito
ad adattare del tutto le mie potenzialità a questo mio… nuovo corpo»
«Nuovo corpo?»
«Un attimo prima che Jean –pardon, la Fenice- disintegrasse il mio corpo, sono
riuscito a trasferirmi in questo corpo…»
«Lo ha rubato?»
«Non direi. Quest’uomo è nato privo delle funzioni cerebrali di livello
superiore. Sai cosa significa, vero?»
La bambina annuì. Trasse un sospirone e azzardò «Comunque mi ha fatto molto
male. Le chiedo di evitare di riprovarci. Perché ha scelto proprio me? Non ci
siamo mai incontrati, nemmeno sa chi sono!»
«Su quest’ultimo punto mi trovi in disaccordo»
«Aveva detto di non voler dire a nessuno di me, non ancora. Poi, beh… non c’è
più»
«Poche cose possono essere nascoste ad un telepate. A me»
«Hai spiato i suoi pensieri? Che comportamento… abominevole!»
«Aveva bisogno di aiuto, e…»
Renee scattò in piedi «Ah si? Notizia flash: non puoi aiutare tutti!
Andiamocene, Kurt!»
«Aspetta, Renee. Ti chiedo almeno di non dire a nessuno che sono vivo. Finché
non sarò di nuovo in piena forma, ti chiedo di mantenere il segreto. L’ennesimo
segreto…»
«Cosa? E perché?»
«Perché mi fido di te. Perché so che, nonostante tutto, sei una ragazzina con
dei principi»
«Spero di non rivederla tanto presto, Professore. Però ha ragione, può contare
su di me»
Ororo continuava a camminare avanti e indietro, incapace di star ferma «È sotto
la mia tutela, Logan»
«Ancora con questa storia? Non è da sola, è andata con Kurt»
«E chi ce lo garantisce? E poi quel tipo non mi piace affatto…»
«Non ti ci mettere anche tu, gattina. Ororo, ti vuoi calmare, una buona volta?
Credete davvero che l’avrebbe spedita da sola chissà dove?»
«Per quel che ne sappiamo potrebbe anche essere a Manhattan a gustarsi un
gelato. La verità è che senza telepati siamo fottuti» borbottò Warren.
«Non far finta che te ne freghi qualcosa» intervenne Jimmy a gran voce.
«Non ti ci mettere pure tu, ragazzino. Perché non ve ne andate tutti a giocare
in giardino, o nella stanza del pericolo, o vaffanculo chissà dove? Mettetevi
l’anima in pace, se vuol tornare torna» Logan si alzò e uscì a grandi passi
dalla stanza.
Kitty gli lanciò un’occhiata serafica, o meglio la lanciò alla sua schiena
«Secondo me è più preoccupato di noi»
Ororo le rispose con una scrollata di spalle che voleva dire tutto e niente
«Però è vero che abbiamo bisogno di un telepate»
«E come pensi di trovarlo?»
«Che so, magari tuo padre ne conosce qualcuno, Warren?»
«Lascialo fuori» ribatté seccamente, e si dileguò dietro a Logan.
«Carattere freddino?»
«E finiscila con queste cavolo di battute, Bobby! Non fanno più ridere nessuno!»
«Scusami tanto, signorina gnè-gnè»
Kitty aveva osservato un po’ confusa il litigio fra Rogue e Bobby. Jimmy le si
sedette accanto e le allungò una gomitata, in segno d’intesa «Non ti
preoccupare, che fra qualche minuto saranno a pomiciare da qualche parte»
«Di un po’, hai l’abitudine di spiare le coppiette? Cosa sei, un vecchietto
pervertito?» bisbigliò lei in risposta.
Come per dar ragione a Jimmy, Bobby stava già tentando di baciare Rogue. Lei
però gli aveva appena appoggiato la mano sulla guancia, per respingerlo
scherzosamente, quando sentì fluire dentro di sé l’energia vitale di Bobby.
Staccò immediatamente la mano e si allontanò a lui, lo sguardo fisso sulla sua
mano. Il ragazzo aveva quasi perso i sensi, e Rogue urlava, un urlo scoordinato,
lacerante. Il suo incubo era tornato.
Proprio in quel momento, a un passo dal divano dov’erano seduti Jimmy e Kitty,
apparve Kurt, che crollò a terra, esausto dai due lunghi viaggi appena compiuti.
Trascinò con sé una terrorizzatissima Renee «Oddio, Kurt, svegliati, Kurt, apri
gli occhi, Kurt! Kurt!» Si era aggrappata con tutte le sue forze al capotto
sgualcito e lo strattonava, gli occhi colmi di lacrime «Kurt! Dio ti prego, non
portarlo via, ti prego»
Anche Ororo aveva voglia di mettersi a piangere, sconfortata da quel gran casino;
si riscosse, e mentre fuori delle nubi si addensavano minacciose, si precipitò
su Bobby e appoggiò due dita sotto al suo naso «Respira, Hank, portalo in
infermeria. Peter, porta giù Kurt. Renee, ti prego, lascialo, è solo stanco, non
vedi? Renee…» ma la bambina era in preda ad una crisi isterica, tanto che lei
dovette stringerla a sé, bloccandole le braccia con le sue, mentre Kitty le
carezzava dolcemente i capelli.
Rogue era scappata dalla stanza. |
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Capitolo 5 *** Cosa vedono i tuoi occhi ***
Stavolta niente illustrazione,
anche se l'ho iniziata, perché se aspettavo di finirla non pubblicavo più 'sto
capitolo... Credo che la metterò nel prossimo.
Chiedo umilmente perdono a chi se ne intende di genetica, perché sicuramente ci
saranno degli erroracci. Ho cercato di rispolverare il poco che avevo studiato
all'inizio delle superiori, che non è certo il massimo…
x skiblue: che dire, grazie!
x Wolverina: ma dai, arrossisco ;) Diventare scrittrice? Magari =P
x Wolvie91: ebbene, credo che questo capitolo (per non parlare di quello
successivo) ti farà sorgere ancora più dubbi ^^
Capitolo Quinto
Cosa vedono i tuoi occhi
Renee raggiunse Hank. Era
seduto davanti al pannello di controllo che gestiva la Stanza del Pericolo.
«Hai finito di allestirla per me?» aveva un tono vivace e scanzonato, adottato
più o meno dopo essersi resa conto che Kurt non ci avrebbe lasciato la pelle,
anzi, sembrava che il suo potere fosse aumentato e si sentiva più in forma che
mai.
«Sicuro, signorina. Ora i soggetti dispongono di un DNA virtuale creato di volta
in volta, cosicché non ti annoierai neanche. Dovrai testarlo, però, per
verificare se il DNA è… plausibile. Un’ultima cosa»
«Spara»
«Hai un nome da mutante? Sai, per crearti un profilo»
«‘Hero’»
«Cosa?»
«‘Hero’!»
«Allora avevo capito bene. È… è da maschio. Perché?»
«Oh, ah, non ci ho mai pensato, a questo… Comunque è ‘Hero’»
«Come vuoi tu»
La bambina sorrise.
Pochi minuti dopo era al centro di un corridoio, immerso in una penombra estiva.
Il pavimento era rivestito da un parquet logoro e scricchiolante, e la carta da
parati restava incollata ai muri grazie a qualcosa di molto simile ad un
miracolo. Era sudicia e scolorita dal tempo, in alcuni punti perfino
scarabocchiata da mani infantili. L’unico suono che riempiva l’aria immobile era
il frinire di una manciata di chiassose cicale nascoste tra le fronde di alberi
invisibili. Renee restò perfettamente immobile, per cogliere anche la più
piccola sfumatura dei suoni circostanti. Quando arrivarono i primi bersagli
creati dalla Stanza del Pericolo lei era pronta. Aveva quasi anticipato Hank,
addirittura, nonostante egli avesse ancora davanti agli occhi i vari schermi che
gli permettevano di tenere sotto controllo le attività che si svolgevano nella
stanza. I primi ad arrivare avevano le sembianze di ricercatori, con tanto di
camice e cartellino bianco, muniti poco realisticamente di complessi
armamentari. Renee chiuse gli occhi e sembrò sul punto di svenire, la testa che
le ciondolava mollemente, le braccia inerti lungo i fianchi. Cominciò a
lavorare.
Hank si concentrò su di lei, profondamente interessato. «Ehi Kurt, il suo
comportamento è normale?»
«È talmente concentrata sul DNA che sta analizzando che quasi perde coscienza di
sé»
«‘Perde coscienza di sé?’ Ma come parli?»
«È stata lei a descrivere così ciò che le succede, Kitty»
«Oh, beh, lei parla in modo davvero strano a volte…»
Renee intanto non faceva altro che restare immobile, intangibile ai vari
attacchi. Si limitava a farli crollare a terra uno dopo l’altro, chi incapace di
respirare, chi semplicemente di restare in piedi perché privato delle capacità
motorie, ed un paio presero addirittura fuoco.
«Wow, sembra ‘Parasite Eve’. Fa quasi paura. Però ha di nuovo copiato il mio
potere…»
Due settimane prima
Renee era seduta a pochi centimetri da Kurt, ancora svenuto, e Jimmy era
abbastanza vicino da riuscire a poggiarle una mano sulla spalla. Kitty si
muoveva da loro a Bobby, incessantemente, sotto lo sguardo teso di Peter. Hank
stava scrutando i tracciati vitali dell’Uomo Ghiaccio.
«Starà bene. Rogue è stata veloce ad interrompere il contatto» valutò ad alta
voce, a beneficio dei presenti.
Ororo, intanto, assai preoccupata anche per Rogue, era in giro per cercarla.
Trovò invece Wolverine «Logan!»
«Che diavolo…»
«Rogue… le è tornato il suo potere, ha toccato Bobby… era sconvolta… Oddio, non
la trovo…»
«La cerco io!» la interruppe bruscamente e corse via nel corridoio.
Alcuni minuti dopo, mentre stava scendendo nel seminterrato, si imbatté in
Warren, e lo trascinò con sé, senza degnarlo di spiegazioni, salvo gli stralci
di frase che aveva già rifilato a Logan. Le porte non si erano ancora aperte
completamente davanti a loro, che già la giovane kenyota si era affrettata a
domandare «Come stanno?»
«Mmh»
«Hank!»
«Cosa?»
«Come stanno?»
«Bobby potrebbe star meglio, ma tutto sommato se l’è cavata discretamente. Kurt
è esausto, come se avesse compiuto un lungo viaggio. La piccola non vuole dirci
dove sono stati»
«Ma lui è coraggioso!» sbottò allora Renee «Ce la farà, lui è l’uomo più
coraggioso che…»
Warren sbuffò, il viso contratto in un’espressione sprezzante che gli dispiaceva
di non poter mostrare alla bambina.
«Eh?»
«E lo chiami un uomo coraggioso?»
Renee si stava agitando. Si era raggomitolata su se stessa, le braccia esili
stringevano forte le gambe contro il suo torace. «Morirebbe per difendermi, te
lo assicuro! E ha fatto…»
«Non nutro dubbi sul suo coraggio, no. Ma se quello lo vuoi chiamare uomo…»
«Bastardo!» si alzò di scattò in piedi, ma urtò il lettino e dovette fermarsi.
«Se nemmeno l’hai mai visto, tu…»
«Non mi importa se ha la pelle blu o la coda da diavolo o Dio sa cos’altro!
Sciocco!» scoppiò improvvisamente a piangere «Perché ti comporti così? Cosa mai
ti abbiamo fatto?»
«Mi ‘comporto così’ come? Ti dispiace così tanto che io ti sbatta in faccia la
realtà? Ti atteggi da adulta, ma cresci!»
«Sono davvero io quella che devo crescere? Ho solo undici anni…» mormorò lei,
mentre Warren, per la seconda volta in un giorno, si dava alla fuga per non
mostrare quella rabbia impotente che covava.
Logan trovò Rogue solo due giorni dopo. La ragazza lo aspettava alla stazione.
Aspettava di vedere se contava ancora per qualcuno.
Presente
Si erano riuniti nel salottino. La prima sessione –ufficiale, almeno- di Renee
era andata alla grande… e Hank era ansioso di esporre la sua relazione, ma anche
di capire meglio come funzionava quel suo potere.
«Ve l’ho detto, mi ricorda molto i mattoncini Lego, salvo per i colori. È… come
spiegarvi… come guardare l’aurora boreale, solo una versione più brillante,
luminosa»
«Scusa, zuccherino, ma come puoi descrivere l’aurora boreale?»
«Eh? Ah, perché non ci vedo? Ho perso la vista a quattro anni. Prima vedevo
benone»
Gli altri la fissarono, sorpresi, ma Logan si limitò a borbottare «Sarà…»
Renee si strinse nelle spalle e riprese «Mi basta pensare ‘E se quel gene
andasse lì?’ per muoverlo. Allo stesso modo -anche se questa è una tecnica che
ho acquisito con anni di… allenamento, si può dire - mi basta fissare un po’ più
a lungo una di quelle particelle per capire in che modo influenzano la creatura
in questione»
«Però» obbiettò Hank «una modifica effettuata in questo modo agirebbe solo da
quel momento in poi»
«Cosa significa?»
«Vedi, Rogue, non si può influenzare a livello genetico qualcosa di già creato:
se ad esempio modifichi la pigmentazione cutanea, solo le nuove cellule
assumeranno quel colore»
«Posso accelerare quel processo, se voglio. È questo particolare che ha spinto
il signor Worthington ad utilizzarmi per i suoi esperimenti. Li sentii discutere
una volta, su come la cura dovesse agire a livello genetico. Non potevano
aspettare mesi o anni che facesse effetto»
Wolverine si alzò di scatto, senza emettere nient’altro che un lieve fruscio, e
si fermò davanti a Renee. Attese un minuto buono, perfettamente immobile, poi
alzò fulmineamente il braccio, la mano chiusa a pugno e gli artigli sguainati.
Si bloccò a un centimetro dal viso di Renee.
Che aveva chiuso gli occhi.
Logan l’afferrò per il colletto della camicia e la sollevò dal divano sul quale
era seduta. La bambina continuava a tenere gli occhi chiusi, evidentemente
terrorizzata. Jimmy, seduto accanto a lei, si era immobilizzato.
«Logan, che ti prende?!» urlò Ororo.
L‘uomo si voltò appena per guardarla «Ci ha mentito. Mi stava guardando,
poco fa. Renee ci vede benissimo!» |
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Capitolo 6 *** A forma di stella ***
x Wolverina: avevo in mente di lasciarvi in sospeso solo per questo chap, tranquilla!
x Wolvie91: più che altro spero di non aver scritto cavolate ^^;
x Skiblue: se non capisci la sua storia è normale, non voglio dire più di tanto per ora. Rogue ha riacquistato i suoi poteri perché l'effetto della cura è finito... riprenderò questo fatto nel prossimo capitolo
Capitolo Sesto
A forma di stella
Kurt si accovacciò a terra per ottenere una spinta maggiore, e si gettò di peso addosso a Wolverine. L’uomo, che non se l’aspettava, lasciò andare Renee e fu trascinato al suolo. Con un calcio si scrollò di dosso Nightcrawler e si scagliò nuovamente verso Renee con gli artigli sguainati. La bambina intanto aveva cercato di raggiungere Kurt, ma a pochi passi da lui era inciampata nel tappeto e sarebbe caduta bocconi se l’elfo non si fosse precipitato ad afferrarla «Tranquilla, tranquilla»
Renee si asciugò alla meno peggio il volto arrossato dal gran piangere. Per pochi, interminabili secondi accarezzò l’idea di spiegare come avesse sentito -non visto- Logan estrarre gli artigli «È Jimmy!» sbottò invece, alla fine.
Il ragazzino sussultò nel sentirsi chiamato in causa «Che… che c’entro io?»
«Sei tu che mi permetti di vedere!» ansimò. Logan ritrasse gli artigli; il rumore fece sobbalzare Renee «È stato il mio potere a rendermi cieca. Credo… l’averlo sfruttato così tanto ha abituato i miei occhi a vedere solo il Dna. Jimmy, privandomi del mio potere, mi ridà temporaneamente la vista»
«Cosa?» il ragazzino la fissava. In un certo senso si era aspettato qualcosa del genere, però…
«Se sapevi che ti avrebbe rovinato la vista, perché hai continuato ad usarlo?» obbiettò Rogue. Ultimamente prendeva di rado la parola. Il fatto che sembrava appassionarsi alla storia di Renee rincuorò un poco Ororo.
«È questo il punto: non lo sapevo. Questa è soltanto un’ipotesi di Marvel Girl. Le avevo raccontato di come i dottori non avessero trovato il motivo della mia improvvisa cecità. Mi sono resa conto di quanto avesse ragione solo quando ho incontrato Jimmy, ad Alcatraz» all’improvviso realizzò che in un punto imprecisato della sua affannosa spiegazione era scoppiata di nuovo a piangere.
Ororo le prese la mano, come quel primo giorno alla scuola, che ora appariva lontano e sfumato, sebbene non fosse passato nemmeno un mese. La aiutò a rialzarsi e la condusse in camera sua.
Gli X-Men rimasti nel salotto si scambiarono brevi occhiate. Sul viso di Hank si intravedevano malinconia e frustrazione «Se non ci dice tutto, come possiamo aiutarla?»
«Chi ti dice che voglia essere aiutata?» ringhiò Logan.
«Dalla vita ha ricevuto molte delusioni. È come se avesse paura di essere aiutata. Niente di personale, è fatta così.» intervenne Kurt a bassa voce.
Nonostante fosse solo pomeriggio, una volta al sicuro nella sua stanza Renee si infilò sotto le coperte, e riaddormentò spossata dalle troppe lacrime versate.
Il giorno dopo
Era sabato mattina, ma abituata com’era a svegliarsi tutti i giorni alla stessa ora, Renee aprì gli occhi alle sette in punto. Scese in cucina, convinta di non trovarvi nessuno. Appena vi mise piede, tuttavia, sentì un gran fracasso, e fattasi più vicina, poté vedere che Jimmy, sorpreso dal suo arrivo, aveva lasciato cadere a terra un coltello da cucina.
«Oh, ciao Renee»
«Ciao»
«Perché non mi hai detto che vicino a me potevi vedere?»
Non rispose, perché qualcosa aveva attirato la sua attenzione «Jimmy, che stavi facendo con quello?» indicò il coltello su cui, l’aveva notato solo ora, vi era una striscia di sangue.
«Non è come pensi! È che… il Dna è nel sangue, no?»
«Anche» annuì lei.
«Ieri, dopo che Ororo ti ha portato via, ho convinto Bobby ad accompagnarmi al centro commerciale e a prestarmi i soldi per questo» le porse un ciondolo d’argento, a forma di stella, con tanto di catenina dalle maglie sottili.
«Jimmy…»
«Glieli ridarò, in qualche modo. Farò dei lavoretti. Comunque, vedi, qui in mezzo» indicò un’area ruvida nel centro della stella «ci andrebbe una goccia di profumo. Ho pensato che se ci metto una goccia di sangue… potrai vedere sempre…»
«Mi avevi chiesto perché non ti avevo detto niente» replicò lei con voce assorta «Per quello che hai fatto, tanto per cominciare»
Il volto del ragazzino perse tutta l’aria trionfale «Se non vuoi… Non preoccuparti, lo…»
«Mi fa molto piacere che ti preoccupi così per me, ma ti rendi conto che il DNA contenuto nel tuo sangue a lungo andare si deteriora?»
«In quanto tempo?»
«Non so, per chi mi hai preso?»
«Mi prendi in giro?!»
«Scusa» ridacchiò lei «Quel poco che so sul Dna l’ho imparato dai libri. Me li leggevano Tyler –un mio amico- e… mia madre.» chiuse gli occhi, solo a nominarla aveva voglia di piangere.
«Tua madre…?»
«Ah, non chiedermi nulla!» sospirò e scosse il capo, come per scacciare quei brutti pensieri «Comunque, intendevo dire che non devi affettarti le braccia ogni volta che ho bisogno di un… “ricambio”!»
«Non ci avevo pensato» ammise Jimmy «Però Hank ci fa spesso dei prelievi di sangue, per farci le analisi o chissà cosa!»
«Grande! Hai ragione! Dopotutto ne basta una goccia!» notò che il ragazzino non aveva compreso quanto le stesse a cuore quel suo gesto, e istintivamente gli gettò le braccia al collo «Grazie, Jimmy, grazie»
Tre mesi dopo
«Dov’è Renee?» Kitty aveva già indossato l’uniforme per l’addestramento collettivo nella Stanza del Pericolo, ma non si era ancora decisa ad entrare.
Ororo si strinse nelle spalle «Non lo so, ma che importa, oggi non tocca a lei» Renee non era ammessa alle sessioni con altri mutanti, perché restava comunque una bambina non vedente; la sua vulnerabilità avrebbe messo in pericolo gli altri.
«Uh-uh. Però mi aveva chiesto di avvertirla quando iniziavamo. Hank non c’è e voleva occuparsi dei dati tecnici. Dopotutto il funzionamento della stanza è parecchio intuitivo…»
«Prova nel giardino. Ultimamente ha la fissa di studiare vicino alle tombe» intervenne Rogue. Avrebbe partecipato anche lei, quel pomeriggio… Renee si era espressamente rifiutata di cancellarle la mutazione, e finalmente Bobby aveva convinto la sua ragazza a riprendere a lavorare.
«Grazie! Torno subito» garantì Kitty, prima di fasare nel muro alla sua sinistra.
La trovò dove Rogue le aveva suggerito di cercarla. Renee era assorta su un problema di matematica. Nel giro di tre mesi era riuscita a recuperare le carenze scolastiche legate al suo handicap. Aveva mantenuto una grafia piuttosto infantile, e più di una volta Kitty si era chiesta se ciò fosse dovuto alla mancanza di esercizio o al carattere di Renee: su internet aveva letto che chi conservava una grafia infantile era molto dipendente dagli altri, e ciò le dava da riflettere: temeva che le stesse nascondendo qualcosa di grosso. Si era affezionata a Renee come ad una sorellina, e avrebbe voluto che lei ricambiasse l’affetto con un po’ di fiducia in più. Comunque sia, Renee aveva sviluppato un certo interesse per grafici e libri, e un paio di volte Peter le aveva perfino impartito delle lezioni di disegno.
«Ciao Kit!»
«Salve! Stiamo per entrare nella Stanza del Pericolo. Vieni?» le tese la mano, che la bambina rifiutò. «Ricordati che indosso il ciondolo di Jimmy. Anche se non è abbastanza forte da annullare del tutto il tuo potere, io resterei comunque qui fuori. Vi raggiungo per una strada più normale» concluse con un sorriso. «Ah, Kit!»
«Cosa?» riemerse dal muro in cui era appena scomparsa.
«Oggi inizia anche Jubilee, vero?»
Kitty annuì.
Finalmente anche Jubilation aveva la sua occasione. Più volte, nel corso degli anni passati alla scuola, aveva chiesto al professore il permesso di allenarsi nella Stanza del Pericolo. Permesso rifiutato ogni singola volta, accidenti. Poi il Prof era morto. Aveva atteso alcuni mesi, senza comprendere realmente il perché –forse per rispetto verso la sua autorità?- poi aveva cominciato ad ossessionare la signorina Munroe. Stavolta aveva raggiunto il suo scopo. Finalmente Pryde era tornata, e potevano iniziare. Diamine se era eccitata!
La Stanza del Pericolo creò per loro un mondo apocalittico, quella che sembrava essere stata una metropoli fiorente. Ora era poco più che un mucchio di macerie ornate di sangue e scheletri che si sbriciolavano nella brezza leggera.
«Dove diavolo siamo, Renee?» gridò Logan, in apparenza rivolto al nulla. Non gli era sfuggito il senso del macabro che la ragazzina sfoggiava da un mese a quella parte, e quel panorama devastato ricordava le “fiabe” che lei si divertiva a snocciolare. Era sicuro che fosse stata lei a creare l’ambiente.
«Bella domanda, zietto. È un sogno che ho fatto la scorsa notte. Vi piace?» la voce della bambina echeggiò nel cielo fittizio per mezzo di un altoparlante.
«Un amore» ringhiò Wolverine in risposta «E piantala di chiamarmi zietto» soltanto lui si era accorto di quanto la voce di Renee fosse tremula.
Kitty si arrampicò sui resti di un grattacielo crollato da cui spuntava un cartello, poco più che un ammasso di lamiere accartocciate coperte di ruggine. «Ah, maledizione, non si legge niente» provò a smuovere qualche lastra di cemento. Indietreggiò all’improvviso, con urlo disperato. Peter l’agguantò al volo prima che potesse cadere a terra. «Cosa hai visto?»
«Una… una bambina, morta, in decomposizione… oddio» singhiozzò lei.
«Francesina, credo proprio che dovresti farti vedere da uno bravo!» intervenne Jubilee, tentando di ignorare l’odore pestilenziale di decomposizione che Kitty aveva liberato spostando i detriti.
«Non sono francese!»
«Ma il tuo nome…»
«Non sono fatti tuoi» la interruppe seccamente Renee «Ehi Kit, descrivimi la bambina, è importante…» ma la ragazza taceva, ancora pallida in volto.
«Puoi evitare? Credo che Shadowcat si stia sentendo male» s’intromise Peter, evidentemente preoccupato. Non l’aveva ancora rimessa a terra.
«O cambi scenario o la sessione finisce qui» rincarò Angelo. Dopo pochi attimi il macabro paesaggio si dissolse per lasciare il posto a quello più tranquillizzante di Londra. Si trovavano ad un passo dal Tamigi. Stavolta Renee aveva lasciato fare al computer. La lezione proseguì senza ulteriori intoppi.
Salvo che Kitty, quella notte, non avrebbe fatto altro che sognare bambini morti col volto coperto di lacrime, bambini che stringevano tutti un ciuffo di capelli rossi, proprio come la mano infantile che aveva notato appena, con la coda dell’occhio. Del resto, era stata troppo occupata nell’osservare il visetto, contratto dall’odio, che le ricordava straordinariamente Renee.
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