Torno a postare, dopo tanto tempo, un'altra ff.
Sono stata parecchio in dubbio: quale categoria scegliere: perché in fondo è
tratta quasi completamente dal film, eccetto un paio di personaggi presi dal
fumetto. Ma una categoria per la trilogia cinematografica non c'è, quindi...
Mi rincresce non potermi basare di più sul fumetto, ma ne ho a malapena una
mezza dozzina, e sono "un po'" una limitazione, considerando che gli X-Men sono
nati quarant'anni or sono.
Qui, se
masticate un po' d'inglese, ho trovato un utile elenco di tutti (almeno credo) i
mutanti apparsi, il che mi ha fatto retrocedere nella creazione della trama.
In sostanza, mi è preso un colpo, ho capito che difficilmente potrò rimediare
alle mie lacune sul fumetto e mi baserò quasi esclusivamente sui film. Chiedo
umilmente perdono a fan più informati!!!
La trama inizia dopo la fine del terzo film. Ovviamente, gli X-Men non sono una
mia invenzione ^^
Più avanti posterò anche qualche disegno.
Parte Prima
Capitolo Primo
Una nuova alunna
L’inverno era ormai alle porte. Era trascorso un anno
abbondante dal disastroso attentato ad Alcatraz ad opera di Magneto e della sua
Confraternita. Finalmente le cose sembravano aver ripreso il loro giusto corso
per la comunità dei mutanti, ma soprattutto per la scuola Xavier per giovani
dotati.
Hank McCoy, detto la Bestia, era in TV, intento a tenere un
discorso di circostanza, e Logan, Ororo, Kitty, Peter, Bobby, Marie (che aveva ricevuto
il permesso di restare alla scuola pur non possedendo più alcun potere mutante),
Warren, e perfino Jimmy si erano riuniti nel salottino per poterlo seguire in
diretta.
Un sonoro schiocco, accompagnato da una forte puzza di
zolfo li fece voltare rapidamente: alle loro spalle era appena comparsa una loro
vecchia conoscenza. Kurt Wagner si stava spazzolando il cappotto sudicio, come
se quel gesto potesse renderlo più presentabile. Povero Kurt, ci teneva così
tanto a far buona impressione con i suoi amici… Al suo fianco, che esitava a
slacciarsi da lui, c’era una bambina sugli undici anni, ben pettinata – i
capelli, rosso scuro, le scendevano morbidamente sulle spalle un po’ ricurve- e
vestita di tutto punto con pantaloni e scarpe scuri, un soffice maglioncino
color panna e un cappottino di pelle scamosciata con i polsini di finta
pelliccia. Che misera apparizione era il suo adorato Kurt, in confronto, con la
sua pelle blu ricoperta da vecchi tatuaggi, e stracci laceri a malapena decenti.
Lui le prese delicatamente la mano, come per ricevere da lei il coraggio che
credeva di non avere, e fece qualche passo avanti. Si era preparato quel
discorso da una settimana, ed ecco ora che le parole venivano comunque a
mancargli. Non che importasse: Ororo gli si era precipitata incontro e lo stava
abbracciando. Finalmente si staccò da lui, pur mantenendo una salda stretta
sulle sue spalle. «Stai bene? È tutto a posto, Kurt?»
«Io…?Sto bene, sto bene sì.» farfugliò «Ma quello che è
successo…» e tutti, investiti dalla stesso malinconico pensiero, abbassarono il
capo. La sottile membrana di pelle tornava a staccarsi per mettere a nudo quella
dolorosissima ferita, troppo profonda per essere dimenticata. «Ma quello che è
successo… Mi dispiace, avrei dovuto esserci. Forse avrei potuto…»
«Morire« lo interruppe bruscamente Logan. La bambina alzò
impercettibilmente il capo. Ororo lo aveva fermato con un’occhiataccia
«L’importante è che almeno tu stia bene!» Quell’almeno le era sfuggito, non si
era accorta di ciò che stava per dire. Solo allora la bambina fece sentire la
sua voce «Accompagnami da loro, Kurt, per favore» aveva un tono lamentoso ma
fermo, di chi ha sofferto molto, sta soffrendo, ma sta anche combattendo contro
il dolore. Tese la mano verso di lui, che Kurt afferrò prontamente – un po’
troppo a dire il vero- e domandò, con voce a malapena udibile dove fossero le
loro tombe. Nel frattempo Jimmy, cui sembrava di aver già visto la bambina, e
quest’idea si andava rafforzando sempre più, le si era avvicinato per osservarla
meglio «Ma io ti conosco!!!» esclamò all’improvviso, proprio mentre, essendosi
avvicinato troppo, il suo potere aveva fatto svanire momentaneamente quello di
lei, che si ritrasse istintivamente verso Kurt in cerca di salvezza. Il
ragazzino la prese per il braccio e con l’altra mano la costrinse ad alzare la
testa «Tu eri ad Alcatraz!»
«Ti assicuro che mi è impossibile combattere» ribatté lei,
con quanta più freddezza era capace.
«Lo so! Non mi riferivo all’attacco di Magneto, eri lì come
cavia! Aspetta, so anche il tuo nome… Ah, sì Renee. Sei francese?» Non era
chiaro neanche a lui come il ricordasse quei tempi trascorsi in una prigione
tanto bianca da far male agli occhi potesse trasmettergli quel senso di
allegria.
Renee, perché ovviamente Jimmy non si era sbagliato, era se
possibile ancor più terrorizzata per essere stata riconosciuta, e si avvinghiò a
Kurt, ripetendo senza sosta «Portami da loro, portami da loro, portami da loro…»
ed in realtà chiedeva di essere condotta via da lui. Logan, da lupo qual era,
fiutò il suo terrore, e si affrettò a spiegare l’ubicazione del loro piccolo
cimitero, e Kurt, riconoscente, si affrettò a trascinarla via. Quando furono
abbastanza lontani, le chiese cosa le fosse accaduto. «Quel ragazzino… la sua
mutazione gli permette di annullare quelle degli altri, se si trova abbastanza
vicino. L’hanno utilizzato per trovare la Cura… Accidenti, per un attimo ho
avuto davvero paura!»Non parlarono più fino a che non ebbero raggiunto le tre
tombe, le due più piccole su cui erano stati incisi i nomi della dottoressa Grey
e quello di Scott Summers, su quella più grande Charles Xavier. Lui la condusse
a un passo dalla prima tomba, e attese che lei ne sfiorasse la scritta, quasi
non si fidasse… Poi la salutò e tornò all’interno dell’edificio.
Renee, rimasta sola, indietreggiò di qualche passo nella
neve soffice. Ripescò da una tasca un berretto fatto a maglia, con tanto di
pompon, e se lo calcò in testa «Marvel Girl, Ciclope, Professor X: mi dispiace,
mi dispiace moltissimo» lasciò che le lacrime sfuggitele le si congelassero
sulle guance. Mentre la sua mente lavorava a tutta velocità, le ore scivolarono
via, finché fu notte fonda e Ororo, forse mossa a pietà, andò a chiamarla. La
bambina, assorta nelle sue preghiere, non si era accorta del suo arrivo, e
sussultò nel sentire la sua voce. «Mi spiace, non volevo spaventarti, piccola.
Li conoscevi?»
Renee si limitò ad accennare col capo la risposta positiva
che le si era bloccata in gola. «È triste perdere chi ci è caro» mormorò alla
fine. Restarono immobili per un po’, finché il silenzio fu tale che sembrava
loro di udire i fiocchi di neve che avevano ricominciato a cadere. «Andiamo, che
ne dici? Fa freddo, qui fuori…»
«Credevo che tu potessi comandare il tempo!» ribatté la
piccola con una punta di malizia. Quando non ricevette risposta, si agitò,
temendo di aver fatto una gaffe «Oh, mi dispiace, credevo fossi…»
«Sono Tempesta, sì, ma come facevi a saperlo?»
Il visetto contratto di Renee si distese timido sorriso, ed
ella indicò le lapidi «Andiamo?» stavolta la sua voce era un po’ più ferma.
«Aspetta!» aggiunse poi con urgenza.
«Non mi sono mossa!» e Renee, che aveva mantenuto per tutto il tempo ,
il viso rivolto alle lapidi, si girò verso la donna «Perdonami, ma non posso
vederti. È per questo che ti ho chiesto di aspettarmi, ho bisogno che tu mi
prenda per mano, o almeno che continui a parlare» Ororo allora, che non sapeva
cosa dire, le si avvicinò e le prese delicatamente la mano, quasi si trattasse
di una bambolina di ceramica che aveva paura di rompere. Renee ricambiò la
stretta con decisione e, senza bisogno di telepatia, la donna poté leggervi
l’innata fiducia che la bambina riponeva in lei. Si incamminarono in silenzio,
rotto soltanto quando Renee si sentì in obbligo di spiegare che «di solito non
ho bisogno di chiedere aiuto, ma tutta questa neve attutisce i tuoi passi.»
Ororo la condusse fino a quella che, se lei avesse voluto
restare, sarebbe diventata la sua stanza: Kurt aveva raccontato di come anche
lei fosse una mutante. Sotto richiesta di Renee, la condusse presso ogni mobile,
affinché ella non li urtasse, o non faticasse a trovare ciò che le serviva. E
augurò la buona notte, e stava per congedarsi quando si ricordò di un
particolare. «Nel salottino in cui vi siete teletrasportati tu e Kurt, c’erano
anche altri mutanti, e più o meno tutti erano X-Men.»
«So chi siete»
«Bene, se dovessi avere bisogno di qualcosa, nella stanza a
destra c’è una di noi, ha chiesto lei che le vostre stanze fossero vicine» la
bambina sembrò piacevolmente sorpresa «Si chiama Kitty, non esitare a
chiamarla!» e la lasciò sola.
Renee gironzolò per un po’ nella stanza, per memorizzare le
varie posizioni, cosa noiosa, ma per lei assolutamente necessaria, in quanto
detestava dover chiedere aiuto per il suo handicap. Si lasciò cadere sul letto,
ed esausta per i molti avvenimenti si addormentò istantaneamente, con berretto e
cappottino ancora indosso.