To the Victors Go the Spoils

di HIGH and MIGHTY COLOR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** From Harvest Ox to Castle Fox ***
Capitolo 2: *** Of Sewer Rats and Boiler Brats ***
Capitolo 3: *** Palace Cats and Basement Bats ***
Capitolo 4: *** Growing Suspicions and Boiling Prisons ***
Capitolo 5: *** Training Grounds and Battle Hounds ***
Capitolo 6: *** Family Ties and Lullabies ***
Capitolo 7: *** Pleasant Surprise and Haunting Eyes ***



Capitolo 1
*** From Harvest Ox to Castle Fox ***


Questa fanfic è una traduzione. Potete trovare l'originale qui: To the Victors Go the Spoils.
Pagina personale dell'autrice: HIGH and MIGHTY COLOR.
Traduzione in italiano a cura di Francesca Akira89.

Summary: Trunks e Goten sono stati ridotti in schiavitù sul Pianeta Vegeta, costretti a lavorare per le stesse persone che hanno conquistato il loro pianeta. Eppure alcuni estranei hanno un aspetto familiare. Principi e guerrieri di infimo livello. Di chi si tratta? AU Fic.


Che il tempo fosse qualcosa di relativo, non si poteva assolutamente disputare. Non importava quanto a lungo o quanto duramente lavorasse, o quanto spesso si dicesse di non guardare il cielo, il sole non si spostava mai. Certo, quello non era un buon metodo per misurare il tempo, considerato che il passare del giorno già di per sé era un lento processo e fissare il sole era come fissare un orologio, semplicemente più dannoso per gli occhi.

Comunque, riteneva di avere trovato un sistema. Avrebbe fissato il rosso suolo polveroso e si sarebbe concentrato solo sul suo lavoro, canticchiando tra sé e sé, facendo del suo meglio per perdersi nei suoi pensieri.
A intervalli regolari, si diceva che per quanto odiasse colpire il duro suolo di fronte a lui con un lungo aratro dalla punta metallica, almeno questo lo rendeva più forte e, se non altro, questo lavoro gli permetteva di usare i suoi muscoli. Tuttavia, non aveva importanza quanto a lungo fissasse il terreno, non importava quanti progressi facesse, la giornata non diveniva mai più luminosa, o più buia. E ogni giornata era dannatamente uguale. A un certo punto aveva pensato che il pianeta avesse forse quindici soli, e che questi si spostassero nel cielo librandosi nella stessa identica posizione, dandosi il cambio quando nessuno guardava.

Ma no, ce n'era soltanto uno, e dava l' impressione di essere sospeso a sessanta centimetri di distanza dalla sua testa. Trunks sospirò e si alzò, appoggiandosi al suo attrezzo, e si asciugò il sudore che impregnava i suoi capelli color lavanda. Si voltò a guardare il campo rosso e arido su cui stava lavorando e fece un mezzo sorriso, di fronte alla vastità del lavoro che aveva svolto. Non che fosse fiero di fare un lavoro del genere, ma l' essere umano in lui provava un certo senso di superiorità nel vedere quanto il lavoro fosse più facile per lui. E in compenso, questo lo rendeva meno duro per i suoi colleghi, visto che poteva finire anche il loro.

Trunks infilò un dito sotto il collare di metallo intorno al suo collo e lo fece scorrere verso il basso, per permettere alla pelle di respirare un po'. Si piegò e fece lo stesso con i ceppi stretti intorno alle sue caviglie, tenuti insieme da una catena. Sospirò e si raddrizzò, prima di riprendere la sua stretta sull' aratro, sollevandolo sopra la testa e colpendo la terra scarlatta con la sua forva sovrumana.

Erano passati circa due anni da quando era stato portato qui. Era stato portato via dalla sua casa sulla Terra, gli avevano schiaffato questo collare intorno al collo ed era stato venduto come schiavo. Poteva ancora figurarsi l'intera scena nella mente, anche se spesso sceglieva di non farlo. Strinse i denti e colpì il suolo sotto i suoi piedi particolarmente forte, causando il formarsi di una serie di crepe che poi rastrellò via.

Per quanto odiasse ogni minuto della vita che stava vivendo, non rimpiangeva la sua decisione. Se fare questo significava proteggere la sua famiglia, allora l'avrebbe fatto per il resto della vita, se doveva. Nonostante ciò, sentiva la mancanza di quel piccolo pianeta azzurro che chiamava casa. I suoi pensieri iniziarono di nuovo a divagare e Trunks riprese a fendere metodicamente il suolo. Inghiottì pesantemente, tentando di inumidirsi la gola, ma inutilmente.

Continuò con il suo lavoro, finché non avvertì un formicolio lungo la schiena. Un grande Ki si stava avvicinando; naturalmente, su questo pianeta, "grande" aveva un significato relativo per lui. Era ben più forte di qualunque essere vivente su questo pianeta, salvo uno. Ovvero il suo miglior amico, Goten, che era stato portato là insieme a lui. Erano stati separati e venduti a padroni diversi, ma entrambi si erano assicurati di mantenere i contatti. Il collare che avevano intorno al collo gli impediva di usare il Ki, ma non poteva limitarne l'immensa quantità serbata dentro di loro. Però, per quanto ne sapeva, loro due erano i soli in grado di leggere e percepire il Ki, quindi non aveva davvero importanza quanto ne avevano se non potevano usarlo.

D'altra parte questo Ki che stava muovendo verso di lui era potente, e non aveva limitazioni di sorta. Trunks si asciugò la fronte e si guardò intorno, cercando di individuarne la provenienza. Il suo sguardo si posò sulla fattoria ad un paio di miglia di distanza, e aggrottò la fronte, assottigliando gli occhi. All'orizzonte c'era una grossa carrozza dorata seguita da diverse altre più piccole, di colore nero. Si voltò verso uno degli altri schiavi, piuttosto distante da lui, e gli andò incontro, tenendo gli occhi ben aperti nel caso qualcuno lo stesse controllando. L'altro ragazzo aveva più o meno la sua età, pelle squamosa blu e un cranio allungato.

"Hey." Trunks si appoggiò al suo aratro. Il ragazzo alzò lo sguardo e Trunks fece un cenno con la testa verso la fattoria. "Doveva succedere qualcosa di particolare oggi?"

Il ragazzo si alzò e si guardò alle spalle, seguendo lo sguardo di Trunks. "Non credo. Però sembra roba importante."

A quel punto risuonò un fischio, ed entrambi si voltarono a guardare. "Apparentemente, qualcosa sta succedendo." Sospirò, caricandosi l'aratro sulla spalla. "Andiamo." I due iniziarono a camminare ognuno lungo il loro sentiero di terra spaccata.

"Forse qualcuno di noi sta per essere venduto." Disse l'alieno, lanciando delle occhiate.

"Beh, speriamo che un paio di noi trovino un posto migliore di questo, allora."

"O noi stessi. Non sarebbe male."

"Per favore," Disse Trunks, sbuffando. "Non venderà me."

"Oh certo, Mr. Machine." L'alieno sorrise. "Andrebbe in perdita se desse via te. Come diavolo hai fatto ad arrivare fino a quel punto in così poco tempo?"

"Non dirlo a nessuno." Fece Trunks, facendo sì che l'altro si piegasse un po' verso di lui. "Ma sono il figlio del diavolo."

Questo gli guadagnò una botta con la parte lignea dell'aratro e una risata. Era una battuta, ma per quanto Trunks ne sapeva poteva anche non essere poi così lontana dalla verità. Sua madre, Bulma Brief, non parlava mai di suo padre. Sapeva di essere per metà Saiyan, come Goten, ma Goten conosceva suo padre. Da bambino, Goku era stato inviato sulla terra dai Saiyan, e ne aveva fatto la sua casa. Anche il padre di Trunks era un Saiyan, ma diversamente da Goku se n'era andato prima di venire a conoscenza dell'esistenza di suo figlio. Il cipiglio di Trunks si accentuò al pensiero, e sospirò. I due avevano finalmente raggiunto la fattoria, anche se non rapidamente. Le catene intorno alle caviglie permettevano loro di camminare e lavorare, ma non di correre. Ogni schiavo era in piedi vicino alla propria rispettiva striscia nel suolo, appoggiato al proprio aratro o tenendolo stretto lungo il fianco.

Il loro padrone era un Saiyan basso e paffuto, dai capelli untuosi e un atteggiamento altrettanto viscido. Indossava vestiti costosi e stringeva un bastone in una mano e un sigaro nell'altra. Un essere ripugnante in tutto e per tutto.
Trunks diresse la sua attenzione alla carrozza dorata. Era la più grande, più lussuosa dannata cosa che avesse mai visto.

La porta si aprì e ne uscì un uomo piuttosto basso, eppure la persona più imponente che Trunks avesse mai incontrato. Lo riconobbe all'istante come il possessore del vasto e potente Ki che aveva percepito prima, e il respiro gli si mozzò in gola. Una delle guardie che lo accompagnavano si fece avanti.

"Salute al Principe!"

Trunks sbatté le palpebre stupito quando il ragazzo alieno s'inclinò con discrezione verso di lui. "Ehi, guarda. E' tuo padre. Il Diavolo."



Il Principe Vegeta sedeva sul retro della sua carrozza con le braccia incrociate. Ovviamente c'erano un milione e mezzo di posti in cui avrebbe preferito essere in quel momento, ma gli ultimi otto schiavi scelti dai suoi uomini per lui non erano durati che pochi giorni. E così, questa volta, avrebbe dovuto pensarci lui stesso. Al diavolo le raccomandazioni. Sospirò e guardò il rosso paesaggio che scorreva fuori dal finestrino. Scosse la testa e chiuse gli occhi. Era una situazione sgradevole, ma aveva poca scelta a quel punto. Se voleva qualcuno di robusto, qualcuno che gli durasse più di una settimana, doveva andare nei campi e selezionarlo personalmente. Il cocchio si fermò e Vegeta aprì la porta con un calcio. Una guardia saltò giù da una delle carrozze nere, e lo stesso fece una familiare testa pelata.

"Nappa?" Disse, rivolgendosi alla sua guardia personale. La prima guardia si voltò verso il gruppo di persone in piedi di fronte al campo mezzo arato. "E' questo il posto?"

"Sì, Principe Vegeta."

"Salute al Principe!" urlò la guardia più vicina a lui, e Vegeta agitò la mano per zittirla. Fissò il grasso Saiyan che si tamponava il viso con un fazzoletto.

"Principe Vegeta." Disse, con una vocetta acuta e piagnucolosa. "Che onore avervi qui!"

"Sì, sì, certo." Vegeta aggrottò le sopracciglia. "Sbrighiamocela in fretta."

"Naturalmente!" Disse l'uomo, inalando un paio di volte dal suo sigaro. "Siete qui per uno schiavo, vero? Bene, prego, esaminateli pure." Disse, accennando ai molti ragazzi in fila di fronte alle loro spaccature nel suolo.

Vegeta si accigliò e iniziò a camminare lungo la fila di ragazzi. Li squadrò tutti e la sua espressione mutò in un cipiglio. "E' tutto qui quello che hai?" Chiese. "Sono gracili." Disse, afferrando il mento di un ragazzo particolarmente magro, dalla pelle blu e con un'antenna sulla testa.

"Potrebbero non sembrare un granché, ma lavorano sodo e sono forti."

Nappa raggiunse Vegeta. "Possiamo andare in un'altra fattoria, Principe Vegeta." Disse, calciando un pezzo di terra.

Vegeta scosse la testa e proseguì lungo la fila. Si fermò e improvvisamente aggrottò la fronte, fissando il ragazzo dai capelli lavanda di fronte cui era arrivato. Lo guardò dalla testa ai piedi e il suo sguardo infine si posò sugli occhi del ragazzo. Il respiro gli si mozzò in gola, mentre una sensazione di deja vu gli si rovesciava addosso. Quegli occhi! Quelli erano gli stessi occhi di... lei. Il ragazzo era classificato come Terrestre dal suo collare, e stava fissando Vegeta negli occhi senza traccia di timore. Il suo scouter caricò per qualche secondo prima che un numero vi comparisse sopra. Lo guardò e i suoi occhi si spalancarono per un momento. Un terrestre con un tale potere combattivo? Strinse gli occhi e schioccò le dita per richiamare l'attenzione dell'uomo vicino a lui. "Questo, quanto costa?"

"Quello, vostra altezza?" L'uomo tentò di nascondere lo shock, senza riuscirci. "Quello è un umano." Disse, con fervore. "Sono deboli e testardi. Non vi durerà tre giorni!"

Vegeta si diede un' occhiata intorno e fissò il pezzo di terreno arato. "Sembra piuttosto avanti rispetto agli altri." Disse. "Quanto tempo ti ci è voluto per farlo, ragazzo?"

Il ragazzo aggrottò la fronte. "Ho iniziato stamattina, signore."

Vegeta si voltò di nuovo verso l'uomo. "Andrà bene. Quanto?"

"Vostra altezza, non posso vendervelo, lui è..."

"Ti darò nove milioni."

Il cuore del grasso proprietario della fattoria quasi si fermò. Vacillò, reggendosi al manico del suo bastone. "Nove... nove-!"

"Siamo d'accordo, o no?"

"Sì! Sì vostra maestà naturalmente!" L'uomo si voltò verso un paio di lavoratori pagati, e schioccò le dita. "Voi lì! Date una ripulita a questo ragazzo, e preparatelo per sua altezza, il Principe Vegeta!" I braccianti si fecero avanti, ma prima che lo raggiungessero Vegeta si voltò verso il ragazzo, assottigliando nuovamente gli occhi.

"Qual è il tuo nome, ragazzo?"

"Trunks." Disse lui, con calma.

"Bene, Trunks," Vegeta gli mandò un sorriso malevolo e astuto. "Spero tu riesca a durarmi più a lungo degli altri."

 



Trunks rantolò quando l'ennesimo secchio d'acqua ghiacciata gli fu scaricato sulla testa. Sarebbe finito in ipotermia prima di essere pulito. Uno dei lavoratori salariati lo afferrò per il braccio nudo, e vi strofinò sopra una spugna ruvida mentre un altro riservava lo stesso trattamento alla sua schiena e gamba. Un altro ancora gli stava sforbiciando i capelli, ripulendoli per dargli un aspetto presentabile. Trunks li aveva tenuti corti, ma tagliarli con un coltello tendeva a lasciarli crespi e frastagliati. Ringhiò un po' alla sensazione che gli stessero sfregando via la pelle di dosso. Improvvisamente, l'uomo calvo di prima oltrepassò la tenda. Trunks girò la testa a guardarlo e il suo viso arrossì per quel trattamento. Anche se non era la prima volta che un proprietario, o un collega del proprietario, entrava e lo vedeva senza vestiti, la cosa lo faceva ancora infuriare. 

"Il Principe Vegeta non aspetterà tutto il giorno. Non è ancora pronto?" Chiese, l'espressione arcigna.

"Sì, signore." Disse uno dei lavoranti, lasciando andare il braccio di Trunks e uscendo dalla stanza con un inchino. Gli altri fecero lo stesso, lasciando Trunks, molto nudo, molto infreddolito e molto solo con l'alto uomo dalla testa pelata. L' uomo in questione sogghignò.

"Un umano." Disse, iniziando a girargli intorno. "Perché Vegeta abbia scelto te, dopo essersi lamentato di dover cambiare gli schiavi troppo in fretta, sfugge alla mia comprensione." Si fermò, di fronte a Trunks. "Io ti darei al massimo tre ore."

Trunks rimase zitto e lo guardò in cagnesco. L' uomo gli gettò un fagotto, e Trunks lo prese prima che potesse colpirlo in faccia. Lo guardò, e notò che si trattava di un paio di pantaloni e una camicia, più un paio di stivali bianchi. "Avanti, indossali, non abbiamo tutto il giorno."

Trunks armeggiò maldestramente con gli abiti, infilando quelli e gli stivali il più velocemente possibile. Diede uno strattone al collo della camicia e lo tirò giù attorno al collare metallico. Si guardò. Era passato parecchio dall'ultima volta che aveva indossato qualcosa che fosse davvero della sua misura, ed era un cambiamento gradevole.

"Nappa!" La voce imperiosa del principe risuonò nella stanza, e Trunks occhieggiò la porta, da cui proveniva. "Andiamo, in fretta!"

L'uomo pelato, o Nappa, borbottò qualcosa e afferrò Trunks per il retro del colletto, lo trascinò al di là della tenda e lo spinse di fronte al Principe. Afferrato un pieno pugno dei capelli bagnati di Trunks, lo spinse a faccia in giù fino a fargli piegare la schiena, costringendolo a inchinarsi. Una volta lasciato libero, Trunks rimase per un momento nella stessa posizione, prima di sentire Vegeta schioccare le dita. Alzò prima la testa e poi si raddrizzò. C'era qualcosa di stranamente familiare nell'uomo di fronte a lui, ma Trunks non riusciva davvero a capire che cosa. Vegeta lo fissò per qualche secondo; Trunks non poteva saperlo ma nella mente del principe stava passando un pensiero molto simile al suo. Vegeta si voltò e si allontanò. "Viaggerà insieme a te."

Nappa lo afferrò di nuovo per il collo della camicia e Trunks fece un verso strozzato mentre veniva trascinato verso la carrozza nera. Gettò un' occhiata agli altri schiavi e notò l' alieno di poco prima. Il ragazzo lo guardò con aria compassionevole e gli fece un cenno di saluto e di auguri, e Trunks non avrebbe potuto apprezzare di più il gesto. Un altro ragazzo lo salutò agitando la mano. "Ciao, nove milioni."

Trunks mandò a tutti loro un sorriso, prima di venire spinto nel carro da Nappa che salì subito dopo. Sospirò guardando le guardie che già occupavano i posti, e vide Nappa prendersi l'ultimo rimasto. Si voltò, prima di ricevere una rapida botta sullo stinco dal piede di Nappa. "Siediti sul pavimento, terrestre. Ti romperai la testa se resti in piedi a quel modo."

Con riluttanza, Trunks si abbassò sul pavimento, posizionandosi sotto il finestrino di fronte alla porta. Rimboccò le mani sulle ginocchia e provò a farsi più piccolo possibile. Poggiò la testa sulle ginocchia e fece una smorfia. Il principe. Era appena stato venduto al principe della razza che aveva invaso il suo pianeta e l'aveva portato via dalla sua casa. Si morse il labbro con rabbia e tentò di ricomporsi. Non poteva perdere il sangue freddo adesso, anche se era intrappolato in quella situazione. Aveva la sensazione di sapere di cosa parlassero tutti quando dicevano che Vegeta cambiava schiavi molto in fretta. Non sarebbe stato il primo a morire al suo servizio, quindi doveva procedere con i piedi di piombo. Trunks sospirò e seppellì il viso nella mano.

"Allora, terrestre. Quando sei arrivato qui?" Nappa sogghignò, un sorriso compiaciuto sul volto "Prima o dopo che quel debole pianeta venisse soggiogato?"

"...Durante." Rispose Trunks, con voce sommessa.

"La tua razza non ha fatto grande resistenza."

Il viso di Trunks si deformò in una smorfia di rabbia. Non che gli umani avessero grandi possibilità, non essendo una razza guerriera affatto.

"E tu?" La derisione era evidente nella voce di Nappa. "Tu l'hai fatto?"

"Fatto cosa?"

"Fatto resistenza?"

"All' inizio." Trunks strinse i pugni intorno alla stoffa dei pantaloni, e ricordò quel giorno. Fintanto che restava uno schiavo, fintanto che si dimostrava leale ai Saiyans, sua madre, la sua famiglia, sarebbe stata lasciata in pace. Era la sola cosa su cui i Saiyans erano davvero onesti e attendibili, anche se si trattava comunque di una bassezza. Offrendo un componente della famiglia come schiavo, il resto della famiglia era sotto protezione. Goten e Trunks si erano offerti prontamente. Gohan all'epoca si trovava nell' aldilà ad allenarsi, mentre Goku stava troppo male per potergli chiedere una cosa del genere.

"Beh, voi umani non siete mai stati troppo intelligenti, o forti." Rise Nappa. "Credo che la resistenza abbia avuto vita breve." Si inclinò all'indietro, mettendo il braccio dietro il sedile. "Sai, Vegeta è stato su quel pianeta qualche anno fa."

Trunks alzò lo sguardo. Sollevò un sopracciglio. "Davvero?"

"Già. Dopo una disputa con Freeza fece un atterraggio d'emergenza lì. A quanto pare vi rimase bloccato per qualche mese. Sono sorpreso che gli ci sia voluto così tanto a ordinare l'invasione. Non che sia stato lui a ordinarla."

"Chi è stato allora?"

"Perché? Pianifichi vendetta?"

"No." Trunks abbassò lo sguardo. "Sono leale, fintanto che i Saiyans tengono fede alla loro parte di patto."

"Ah, ti sei venduto per tenere al sicuro la tua famiglia, huh?"

"E' ciò che ha fatto la maggior parte degli schiavi." Trunks alzò gli occhi. Vide Nappa scrollare le spalle, e tornare ad appoggiarsi contro il sedile.

"Beh, si fa qualsiasi cosa per incoraggiare la cooperazione." Mandò un ghigno a Trunks, e si inclinò verso di lui. "Quindi, perché pensi che il Principe Vegeta ti abbia scelto?"

"Non lo so." Sussurrò Trunks.

"Neanch'io." Nappa s'abbassò e lo prese per i capelli, sollevandolo di qualche centimetro. "Quindi, mi chiedo, se non ci stia solo provocando. Si lamentava del fatto che gli schiavi non fossero abbastanza forti, e ora ha preso un umano."

"Abbastanza forti?" disse, deglutendo e cercando di non trasalire.

"Lo scoprirai presto." Nappa lasciò la presa sui suoi capelli e si appoggiò alla mano. "Non vedo l' ora di vederti crollare."

Trunks si rilassò nuovamente sul pavimento quando sulla carrozza calò il silenzio. Gli andava bene, il silenzio. Il viaggio durò parecchio, e lui e Nappa non scambiarono più una parola, né lo fece nessun altro dei passeggeri. Trunks infilò un dito sotto il collare metallico e lo fece scorrere in una nervosa abitudine. Sospirò e appoggiò la fronte sulle ginocchia. Dopo un paio di minuti di orrido silenzio, il cocchio si fermò, facendo urtare tra loro le persone che vi erano dentro. Trunks alzò il capo quando la porta si aprì e Nappa scivolò fuori per primo, seguito rapidamente e silenziosamente dal resto delle guardie. Trunks si rimise in piedi ritrovandosi da solo nella carrozza. Nappa comparve sulla porta e gli mandò uno sguardo d'attesa.

"Beh? Fuori di qui, ragazzino." Ringhiò.

Trunks non ebbe bisogno di sentirselo dire due volte, fece un passo avanti, si chinò per oltrepassare la porta e saltò a terra. La vista di fronte a lui era impressionante, riusciva a malapena a crederci. Il castello era enorme, e l'opera d'arte più riccamente ornata dell'intero pianeta. Non era rotondo e bianco come le fattorie e gli altri edifici in cui Trunks aveva vissuto, ma era composto da alti pinnacoli, svettanti su tutto il resto, come se volessero dimostrarsi il meglio del meglio per il meglio del meglio. Il respiro gli si mozzò in gola mentre ne fissava il punto più alto. Quasi si strozzò quando Nappa gli diede una sonora pacca sulla schiena, sorridendo compiaciuto.

"Benvenuto a casa."

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Capitolo 2
*** Of Sewer Rats and Boiler Brats ***


Questa fanfic è una traduzione. Potete trovare l'originale qui: To the Victors Go the Spoils
Pagina personale dell'autrice: HIGH and MIGHTY COLOR.
Traduzione in italiano a cura di Francesca Akira89

Summary: Trunks e Goten sono stati ridotti in schiavitù sul Pianeta Vegeta, costretti a lavorare per le stesse persone che hanno conquistato il loro pianeta. Eppure alcuni estranei hanno un aspetto familiare. Principi e guerrieri di infimo livello. Di chi si tratta? AU Fic.



La luce soffusa entrava da una delle piccole finestre inchiodate allineate lungo il soffitto. Ogni crepa nelle tavole di legno, che sprangavano la finestra come sbarre di una cella, lasciava penetrare fasci di luce che illuminavano l'aria sporca, polverosa e colma di smog. I tubi sibilano e strillavano, rilasciando vapore a temperature che potevano causare ustioni di terzo grado. Tuttavia, era sempre meglio che lavorare fuori, si ricordò Goten. Sospirò e seppellì il viso nell' incavo dell' avambraccio, lungo disteso contro un baglio del soffitto a circa quindici metri di distanza dal suolo. La stanza in cui si trovava aveva la forma di una cupola, larga, con pareti bianche scrostrate e finestre sbarrate. L' aspetto essenziale di qualunque buona centrale idrica.

Goten si sedette sul suo baglio e allungò le braccia sopra la testa, sbadigliando. Non importava quanto ci provava, in quella stanza era impossibile schiacciare un pisolino. Il che era tutto dire, perché di Goten si potevano dire molte cose ma non che non sapesse come dormire. Se avesse potuto, si sarebbe preso un intero mese libero e l' avrebbe dedicato solo al sonno. Ma quella stanza era impossibile, tanto per cominciare c'erano i tubi urlanti che sbuffavano dai bordi, per non parlare poi del caldo a livelli quasi intollerabili. Goten sollevò le braccia sopra la testa e toccò il soffitto sopra di lui nell' atto di stiracchiarsi. Sorrise soddisfatto nel sentire le spalle scrocchiare e schioccare in risposta alla tensione cui le sottoponeva. Improvvisamente, un suono stridulo lo riscosse dal suo appagamento e Goten guardò giù dal suo trespolo, per sorvegliare l'area di lavoro.

I suoi occhi si posarono sull' autore del grido, e si inclinò in avanti per guardare meglio. Era un ragazzo alieno color rosa pallido, che teneva stretta una grossa trave di metallo, la quale gli stava progressivamente scivolando dalle mani. Era in piedi sulla cima di un' enorme caldaia color bronzo, posizionata al centro della loro area di lavoro. Un altro alieno rosa pallido era in piedi vicino a lui, impegnato a tentare di raggiungere e afferrare la trave per tirarla di nuovo su, ma il peso di quell' affare era troppo per loro. Goten si alzò e iniziò a dare un'occhiata alle travi sopra di lui. Non potendo volare, avrebbe dovuto limitarsi a saltare. Vide una trave più bassa, e si preparò, saltando in avanti e afferrandola con tutte le sue forze. Riuscì ad afferrarla, e usò il movimento per spingersi verso i due alieni in difficoltà. Atterrò a qualche metro di distanza e corse verso di loro più velocemente che poté, agitando un braccio.

"Eccomi!" Chiamò. "Lasciate che vi aiuti!" Disse. I due lo guardarono confusi, e la trave scivolò di qualche altro centimetro. Goten li raggiunse, si inginocchiò accanto ad uno dei ragazzi e afferrò la trave con una mano. Dopodiché si alzò e la issò sopra la testa, come fosse fatta di legno. Era ancora un po' pesante per lui, con tutto il suo Ki imbottigliato, ma Goten era comunque più forte di chiunque altro qui. I due alieni lo fissarono, e poi uno di loro sorrise.

"Grazie!" Disse, con un forte accento.

"Aw, certo. No problem." Goten sorrise a sua volta. "Dove dovrebbe andare questa?" Chiese, ridacchiando un po'. "Mi piacerebbe metterla giù adesso."

"Certo." Disse uno dei due, indicando un punto dietro di lui. "Laggiù, insieme alle altre."

Goten annuì e camminò via, mettendo giù la trave. Si voltò e sorrise. "Se avete bisogno d'aiuto per alzare qualcosa di pesante, chiamatemi. Mi chiamo Goten."

I ragazzi annuirono e sorrisero, gli occhi colmi di gratitudine. "Grazie. E molto gentile da parte tua dirlo."

"Beh, hey." Disse Goten, massaggiandosi la nuca. "Noi marmocchi di caldaia dobbiamo aiutarci a vicenda." Disse, voltandosi. Camminò fino al bordo della caldaia, e si sedette, spenzolando le gambe, e scivolò giù fino ad atterrare su uno dei tubi più spessi, e quindi più freschi. Vi si sedette un momento preparandosi a saltare di nuovo giù sul pavimento, quando la porta sul lato opposto della sala si aprì. Si alzò più velocemente di quanto si sarebbe creduto capace e afferrò uno dei bulloni sul fianco della tubatura fingendo di stare stringendolo. Guardò in basso mentre alcuni Saiyan di infimo livello si allineavano all'interno; roteò gli occhi e ritornò al suo lavoro. Solo un altro paio di guerrieri venuti a prestar servizio nei ghetti o nelle fogne per tenere d'occhio gli schiavi. Era un lavoro facile e la maggior parte delle volte venivano mandati qui come addestramento, o come lavoro quando erano feriti, qualche volta anche per punizione. Goten scivolò giù dal tubo e si sedette su una curvatura, li guardò schierarsi tutti e ridacchiò. Erano praticamente schiavi a loro volta, che si spacciavano per membri dell' esercito. Gettò la testa all' indietro, guardandoli, finché una voce aspra non lo riscosse dal suo fantasticare.

"Radditz! Sbrigati!"

Abbassò lo sguardo e si chinò, per vedere chi aveva urlato l'ordine e i suoi occhi si spalancarono per lo shock. "Papà?" Le parole vennero fuori a voce più alta di quanto intendesse, e quasi cadde giù dal tubo su cui era seduto. L' uomo, vestito con un' armatura verde da Saiyan e polsini rossi, era in piedi a fissare la porta, aspettando qualcuno. L'uomo che seguì aveva capelli lunghi fino alla vita, cespugliosi e irti, che lo facevano somigliare ad un riccio. Goten ansimò e saltò giù sul pavimento umido e ammuffito, e corse verso l'uomo nella sala. Suo padre. Son Goku.

"Papà!" Strillò, protendendosi in avanti. Il cuore gli batteva fortissimo. Suo padre era finalmente arrivato, finalmente era venuto a salvarlo, finalmente sarebbe tornato a casa! La sua felicità venne bruscamente interrotta quando un altro Saiyan di terza classe gli sbarrò la strada, sbattendolo a terra.

"Che diavolo pensi di fare, schiavo?"

Goten sbatté le palpebre stupito e si sedette, fissando l'uomo che lo guardava. La vista lo fece sentire come se il cuore gli fosse stato strappato via. L'uomo in piedi di fronte a lui non era suo padre. Non era qui per salvarlo, e Goten non sarebbe tornato a casa. Lo sguardo negli occhi di quest' uomo era freddo e spietato, e la cicatrice sulla guancia e lo scouter verde sull' occhio diedero a Goten tutto ciò di cui aveva bisogno per sapere che quest'uomo non era suo padre. Sentì le lacrime pungergli gli occhi mentre si strofinava il mento con il dorso della mano e si alzava. "N... niente."

"Sei corso fin qui per niente?" Lo sbeffeggiò il Saiyan di terza classe. "A te sembrava niente, Bardock?"

L'uomo che assomigliava a suo padre lo scrutò attentamente. "No, non direi." Avanzò di qualche passo verso di lui. "Vuoi qualcosa da me, ragazzo?"

Gli occhi di Goten si socchiusero, e strinse i pugni. Se aveva bisogno di prove che quest'uomo non fosse suo padre, adesso le aveva. Suo padre non gli avrebbe mai parlato in quel modo. "Nossignore." Guardò alle sue spalle e indicò. "Io... devo solo mettere a posto quella valvola dietro di voi." Mentì.

Il sosia di suo padre, Bardock, voltò la testa e allora guardò di nuovo Goten, prima di fargli cenno di passare. Goten fece qualche passo verso la valvola, la afferrò e le diede un'avvitata. Pregò Dio che non fosse importante e non facesse esplodere l'intero posto con lui dentro, e le diede una seconda avvitata prima di voltarsi e guardare i due uomini che lo fissavano. Notò che anche l' altro uomo, quello con i capelli da selvaggio, lo stava esaminando. Bardock gli gettò uno sguardo un po' torvo.

"Cosa stai aspettando, una medaglia?" Chiese. Mosse di scatto la testa verso la caldaia. "Torna al lavoro."

Goten si voltò verso la caldaia e vi corse incontro, le lacrime che gli bruciavano gli occhi. Non era certo di chi fosse quest'uomo, né perché somigliasse tanto a suo padre, ma per Dio, era determinato a scoprirlo. E aveva la sensazione di sapere dove doveva andare per ottenere delle risposte. I topi di fogna.

I topi di fogna erano la rete d' informazione clandestina degli schiavi. I topi di fogna correvano sotto tutto il pianeta, e ciò rendeva loro facile spiare e orecchiare le cose che accadevano al piano di sopra, ovunque sull' intero pianeta. Ovviamente, non erano davvero topi, non tutti almeno, ma il soprannome era adatto. Ogni categoria aveva un suo soprannome tra gli schiavi, lavorare in un acquedotto rendeva Goten un marmocchio di caldaia.

Goten si fermò davanti ad una piccola grata nel pavimento e si guardò intorno prima di accovacciarvisi vicino. Si leccò le labbra e fischiò due volte, bussando sulla grata metallica. "C'è nessuno là sotto?" Sussurrò, inclinandosi in avanti.

Passò qualche secondo prima che un viso sporco comparisse sotto di lui. Goten fece un mezzo sorriso e appoggiò le mani sulle ginocchia. La schiava sotto di lui si strofinò la faccia, e lo guardò con aria d'attesa. "'Mbè, che vuoi?" Chiese.

"Ho bisogno di sapere qualcosa su un guerriero di terza classe." Disse Goten. "Si chiama Bardock. Ha i capelli fatti così." Afferrò i propri capelli, che con l'età erano divenuti meno indomabili, simili a quelli di suo fratello, e se li rizzò sulla testa. "Sai qualcosa?"

"Così su due piedi, no. Ma chiederò in giro, farò un po' di spionaggio." Scrollò le spalle. "Dipende. Che mi dai?"

Goten fece un ampio sorriso e si mise una mano in tasca, estraendone un sacchetto marrone. "Razioni. Ti dureranno una settimana. Più a lungo, a seconda di quanti amici hai."

Gli occhi della ragazza si illuminarono e annuì. "Siamo d'accordo. Torna qui tra un paio di giorni e ti riferirò."

Goten annuì e infilò il sacchetto tra le sbarre nelle sue mani impazienti. "Grazie." Disse, sorridendo da un orecchio all'altro.

"A presto."

Con quelle parole la schiava sparì, e Goten si alzò e si allontanò frettolosamente dalla grata per evitare occhiate sospettose. Corrugò la fronte. Non poteva essere una semplice coincidenza che quest'uomo fosse identico a suo padre. Coincidenze simili semplicemente non esistevano. Di solito. La sua espressione accigliata s'intensificò mentre iniziava ad arrampicarsi sulla grande struttura metallica vicino al muro. Si chiese se suo padre fosse riuscito a sconfiggere la malattia cardiaca che l'aveva colpito pochi giorni prima dell'invasione. Bulma aveva detto di poterla curare, ma ci sarebbe voluto tempo e c'era il rischio non funzionasse. E con Gohan ad allenarsi insieme a Piccolo in paradiso, non poteva fare a meno di chiedersi se qualcuno sarebbe mai venuto a salvare lui o Trunks.

I suoi pensieri andarono al suo migliore amico e protese il suo Ki per sentirlo. Il Ki di Trunks non era troppo lontano, adesso. Il che era un cambiamento rispetto a solo ieri. Si chiese se fosse stato venduto, e se stesse bene. Il suo Ki non era in difficoltà, quindi supponeva stesse bene, ma non si poteva mai essere sicuri. Rilasciò un sospiro e si issò di nuovo sul suo baglio, e vi si distese contro. Guardò il battaglione di soldati di terza classe e i suoi occhi si posarono di nuovo su Bardock e sull'altro uomo vicino a lui. Non poteva essere una coincidenza... no?



Bardock fissò suo figlio con aria sprezzante. Radditz stava ascoltando attentamente le parole del loro istruttore, o almeno così sembrava. Bardock non era mai troppo sicuro. Suo figlio era a dir poco potente, ma aveva sempre un atteggiamento incorreggibile. Era stato quello che li aveva fatti finire qui entrambi, in primo luogo. Inutile dirlo, Bardock non era affatto felice della situazione. Incrociò le braccia e diede un'occhiata alla centrale idrica. Scrutò l'area alla ricerca dello schiavo che era corso verso di lui poco prima. Aveva detto di essere lì solo per la valvola, ma Bardock non era tanto ingenuo. Non correvi da qualcuno urlando "papà" e con una tale speranza e gioia negli occhi per poi sostenere di essere solo venuto a occuparti di una valvola difettosa. Bardock s'accigliò. Il marmocchio l'aveva chiamato papà. Non sapeva perché, e francamente, a parte di lui non interessava. E tuttavia non riusciva a togliersi di mente lo sguardo ferito con cui l'aveva fissato il ragazzo dopo essere stato sbattuto a terra.

L' istruttore finì di parlare e Bardock incrociò le braccia. "Non provare a fare scenate questa volta, Radditz. Specialmente se vuoi tornare nella guardia reale."

"Non lo farò, padre." Radditz quasi sputò le parole.

Gli occhi di Bardock finalmente trovarono il ragazzo che stava cercando. Era seduto su una delle travi del soffitto adesso, a trafficare con una cosa o un'altra. Socchiuse gli occhi. "Radditz."

"Sì, padre?"

"Lo schiavo di poco fa. L'hai mai visto da qualche parte prima?"

Radditz sbuffò. "No, padre, mai." Disse, mettendosi le mani sui fianchi. "Anche se mi piacerebbe dargli una lezione-"

"Mi ha chiamato padre." Disse Bardock, interrompendo suo figlio a metà frase.

"Cosa?"

"Quando è corso qui. Mi ha chiamato padre."

"Io non l'ho sentito."

"Io sì." Gettò un'occhiataccia a Radditz, con rabbia.

Radditz si limitò a scrollare le spalle e si guardò attorno con disinvoltura. "E allora? Il ragazzino dev'essere delirante per via di tutto questo vapore. Gli si è infiltrato nel cervello." Disse, tamburellandosi un lato della tempia. "Che t' importa?"

Bardock si voltò e gli lanciò uno sguardo truce. "Non m' importa."

"E allora qual è il problema?"

"Non c'è nessun problema." Si voltò e guardò dinanzi a sé. "Solo va' e fai il tuo lavoro." Sbottò.

Poteva praticamente sentire l'espressione arcigna sul viso di suo figlio. "Sì padre." E si diresse nella stanza della caldaia.

Bardock tornò a guardare il ragazzo sulle travi. Il suo viso si contorse in una smorfia indagatrice. Forse il ragazzo delirava. O forse c' era sotto qualcos'altro.

 

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Capitolo 3
*** Palace Cats and Basement Bats ***


Questa fanfic è una traduzione. Potete trovare l'originale qui: To the Victors Go the Spoils.
Pagina personale dell'autrice: HIGH and MIGHTY COLOR.
Traduzione in italiano a cura di Francesca Akira89.

Summary: Trunks e Goten sono stati ridotti in schiavitù sul Pianeta Vegeta, costretti a lavorare per le stesse persone che hanno conquistato il loro pianeta. Eppure alcuni estranei hanno un aspetto familiare. Principi e guerrieri di infimo livello. Di chi si tratta? AU Fic.


Il principe Vegeta stava camminando furiosamente su e giù per le sue stanze di fronte ad un enorme caminetto. Un essere umano, tra tutti quelli disponibili aveva scelto un essere umano. Un essere umano con un enorme potere combattivo e i suoi occhi. Erano stati gli occhi a convincerlo in realtà. Quegli ammalianti occhi azzurri, che non mostravano mai alcun tipo di timore. Anche se spaventata, mai una volta i suoi occhi avevano tradito quella paura. Quel ragazzo l' aveva fissato nello stesso modo. Forse era una caratteristica tipica degli esseri umani. Dopotutto, lei non poteva essere la sola donna umana dagli intrepidi occhi azzurri. I suoi pensieri si spostarono su quel piccolo pianeta azzurro, su cui aveva fatto un atterraggio di fortuna così tanti anni fa. Guardò il fuoco e si appoggiò al marmo del caminetto. Si chiese se quella donna fosse ancora viva. Una parte di lui, una parte di cui non avrebbe mai ammesso o proclamato verbalmente l'esistenza, sperava più di ogni altra cosa che lo fosse.

"Bah, ridicolo." Si voltò e riprese ad andare su e giù. Ribadì nuovamente che il ragazzo era forte, e che quello era tutto ciò che gli serviva. Il suo potere combattivo era più alto di quello di qualunque schiavo avesse avuto precedentemente, quindi questo qui gli sarebbe potuto durare più a lungo. Trunks. Un nome ridicolo, ma non aveva grande importanza.

Bussarono alla porta. Vegeta si voltò verso di essa, tenendo le mani dietro la schiena. "Avanti."

La porta si aprì e un altro schiavo entrò nella stanza docilmente. "Principe Vegeta." Lo schiavo fece un profondo inchino. "Vostro padre ha richiesto la vostra presenza."

"Per cosa?" Vegeta si voltò. "Altre ultime volontà imbecilli?"

"Principe Vegeta, vostra altezza, per favore. La sua salute sta venendo meno, e voi verrete molto presto incoronato re."

"E allora? Perché dovrei soddisfare i capricci di un uomo morente?" Vegeta sbuffò, incrociando le braccia. "E' già stato molto chiaro, cos'altro ha da dirmi?"

"Non lo so, signore."

Vegeta ringhiò un po' e si voltò verso lo schiavo. "Bene. Darò a quell'uomo ciò che vuole." Oltrepassò lo schiavo con un guizzo del suo mantello, e si avviò per il corridoio. Si perse nei suoi pensieri mentre raggiungeva le stanze di suo padre. Aprì la porta ed entrò. Mise le mani lungo i fianchi e s'inchinò profondamente. "Per favore perdonate la mia intrusione."

Suo padre era disteso sul letto, l'aspetto sempre più malato ogni secondo che passava. Si voltò verso suo figlio e gli fece cenno di venire. Vegeta obbedì e s'inginocchiò accanto al letto di suo padre. "Mi avete fatto chiamare, padre?" La sua voce era sottomessa e non vi era presente alcuna traccia del suo non voler essere lì.

Suo padre voltò la testa. "E' vera questa storia che ti sei allontanato dal palazzo, Principe Vegeta?"

Vegeta trattenne l' impulso di roteare gli occhi. Non era certo più un bambino, e non aveva bisogno di essere tenuto sotto controllo. "Sì padre, sono uscito solo fino alle fattorie." Mantenne la voce bassa.

"Il compito di un re è quello di essere sempre al comando del suo regno."

"Non sono ancora re, padre."

"Non nel nome." Il re si voltò a guardarlo. "Presto verrai incoronato."

Vegeta chinò il capo, e si mise una mano sul petto. "Naturalmente, padre."

Suo padre voltò nuovamente la testa a fissare il soffitto. "C'è qualche notizia riguardo Freeza?"

"No, padre, non ancora." Disse Vegeta, alzando lo sguardo e posando l'avambraccio sul ginocchio. "Comunque, non appena farà la sua mossa, saremo pronti." Strinse i pugni. "Dopotutto, le sue intenzioni verso il popolo Saiyan sono state rese molto chiare."

"Sì, ma devi stare attento, figlio mio."

"Non ho paura di quel mostro lucertoloso."

"Tieni a freno la lingua, Principe Vegeta." Disse suo padre, duramente. "In quanto re devi governare con saggezza, e logica. Non spinto dal desiderio di provare la tua superiorità."

Ci volle ogni osso e muscolo nel corpo di Vegeta per trattenersi dall' emettere un grugnito sprezzante. Avrebbe voluto far notare che quello era il modo in cui ogni re Saiyan aveva governato, incluso suo padre, ma mettere in evidenza l' ipocrisia di suo padre sul suo letto di morte non gli sembrava davvero consono al momento. "Sono sicuro che farò la scelta giusta." Disse, mordendosi la lingua.

"Sono sicuro che farai come vuoi. Desidero essere informato, quando scoprirai cosa sta pianificando."

"Naturalmente, padre." Vegeta si alzò. "E' tutto?"

"Sì, per ora."

Vegeta s'inchinò di nuovo, e girò i tacchi prima di lasciare la stanza. "Francamente, se tutto ciò che il vecchio vuole è un po' di compagnia dovrebbe chiamare uno schiavo." Brontolò, allontanandosi irritato. A questo proposito, sarebbe dovuto andare a vedere come se la stava cavando il suo nuovo acquisto introdotto alla vita di uno schiavo reale. Forse sarebbe stato interessante.


Trunks fissò la sua immagine nello specchio e aggrottò la fronte. Diede uno strattone alla camicia verde a collo alto che indossava e si guardò. Si sentiva strano. Era passato parecchio dall' ultima volta che aveva indossato vestiti tanto... resistenti. Gli abiti fornitigli dai suoi vecchi padroni nel migliore dei casi erano sottili, e pieni di buchi, per non dire sporchi. Quei vestiti erano puliti, della misura giusta, e di buona fattura. Quasi non si sentiva più uno schiavo. Diede un altro strattone al collo della camicia. Era l'unica cosa che non gli piaceva dell' uniforme. Era come se stessero cercando di tenere nascosto il suo collare metallico, che lo etichettava come schiavo. Per quanto bizzarro e strano suonasse nella sua testa, per quanto odiasse, detestasse, e disprezzasse quella dannata cosa, non se n'era mai davvero vergognato.

"Là, almeno adesso per quanto riguarda l'aspetto ci siamo."

Trunks si voltò e guardò Nappa. Diede al collo della camicia un altro strattone e scrollò le spalle, cercando di farsi passare l' indolenzimento. "Mi sembra un po' troppo." Borbottò.

Nappa rise ed entrò nella stanza. "Beh, vedremo quanto a lungo dura."

"Continui a ripeterlo." Disse Trunks, facendo una smorfia irritata. "Che significa? Mi ucciderà?"

"Non saresti il primo." Disse Nappa. "Anche se tu potresti essere quello che ci mette meno tempo a ritrovarsi con l' impiego... troncato." Nappa si fece passare orizzontalmente due dita lungo la gola, velocemente.

"Potrei sorprenderti." Ribatté Trunks.

"No, non penso proprio." Disse Nappa, appoggiandosi al muro. "Anche se tu riuscissi in qualche modo a rimanere nelle grazie di Vegeta, è impossibile che tu sia abbastanza forte da resistere al suo addestramento."

Addestramento. Trunks aguzzò le orecchie a quella parola. Vegeta aveva intenzione di addestrarlo? O usarlo per un addestramento? Ad ogni modo non era cosa che lo preoccupasse particolarmente. Era forte abbastanza da resistere all' allenamento di Goku e Piccolo, anche se, d'altra parte, loro si preoccupavano del suo benessere. Era ciò che Nappa aveva detto prima a preoccuparlo. Restare nelle grazie di Vegeta. Sembrava il tipo di persona che perdeva le staffe facilmente, capace di decapitare Trunks se aveva una brutta giornata. Il pensiero lo rendeva un po' nervoso. Si passò una mano sul collare e pregò Dio di riuscire a sopravvivere.

"Non sarà facile..." Mormorò. Non sarebbe stato affatto facile. Quello era sicuro.

"Forse neanche possibile." Disse Nappa, sorridente. "Dopotutto, da quell' inconveniente con Freeza, il Principe Vegeta è stato... tutto meno che felice."

"Freeza..." Trunks aggrottò la fronte. "Quell' imperatore galattico?"

"Cosa, non sai niente di Freeza?"

"Sono uno schiavo, ricordi?" Trunks alzò un sopracciglio. "I miei vecchi padroni non si preoccupavano granché di tenerci bene informati."

Nappa rise. "Beh, finché ti trovi qui, dovrai esserlo." Disse, avvicinandosi. "Non vuoi dire la cosa sbagliata, vero?"

Trunks fece una piccola smorfia. La sua fiducia in Nappa aveva la stessa estensione della distanza a cui poteva mandarlo con un calcio (*), che era... non proprio il paragone giusto, visto che probabilmente avrebbe potuto calciare Nappa parecchio lontano. Tuttavia, doveva pur sentirlo da qualcuno.

"Non aspettarti che ti insegni l'etichetta, però. Non sono un baby sitter. Lascio quel compito agli altri schiavi." Nappa guardò male Trunks, come sfidandolo a contraddirlo. Trunks si limitò ad annuire, non intenzionato a farsi punire tanto presto.

"Freeza, Cooler, Re Cold e Re Vegeta potranno anche governare l'intero universo, o almeno le parti che contano." Nappa sorrise, incrociando le braccia. "Conosci tutti quei nomi, Terrestre? O te li devo spiegare nel dettaglio?"

"Li conosco." Sbottò Trunks; non aveva mai apprezzato di essere trattato come un bambino.

"Circa due cicli - vent'anni per voi Terrestri - fa, Freeza tentò di... annettere il regno Saiyan." Nappa fece un gesto con la mano. "Da soli, noi Saiyan non siamo in grado di contrastare Freeza, ma insieme, formiamo una forza infinitamente peggiore con cui fare i conti. Capisci?"

"Freeza fu sconfitto."
 
"Ci puoi giurare." Nappa fece un largo sorriso, incrociando di nuovo le braccia. "Ma le flotte che inviammo a frenare il suo tentativo di invasione riportarono gravi danni. E la nave del Principe Vegeta fu abbattuta. Fu allora che atterrò su quel tuo patetico pianeta. Perché non l'abbia distrutto, o venduto, è una cosa che non sa nessuno, ma fece ritorno circa tre dei vostri anni più tardi. Disse che non voleva parlarne, e che non aveva neanche più voglia di pensare a quel pianeta, fino a che suo padre decise di... beh... annetterlo."

Trunks aggrottò le sopracciglia. "C'erano... altri Saiyans sulla terra in quel periodo?"

"Presta attenzione, marmocchio. Ho detto che la sua nave atterrò lì. Pensi che ci fosse solo lui sopra?"

Trunks abbassò la testa, riflettendo. Il periodo di tempo coincideva. Un gruppo di Saiyans facevano un atterraggio di fortuna sulla Terra tre anni prima della sua nascita? Suo padre doveva essere uno degli uomini di Vegeta. Ma conoscendo Vegeta, se avesse scoperto che uno dei suoi uomini era stato con una donna terrestre, l' uomo in questione sarebbe stato probabilmente ucciso. Il che ben si accordava con tutte le volte che Trunks aveva chiesto informazioni su suo padre, e sua madre aveva risposto dicendo: "Chi lo sa, probabilmente adesso è morto."

Sua madre aveva amato davvero suo padre, e spesso sentiva la sua mancanza, eppure aveva sempre affermato che suo padre fosse probabilmente morto. Come se stesse cercando di rassicurare se stessa, piuttosto che Trunks.

"Quindi dov'è Freeza adesso?"

"A governare il suo regno." Disse Nappa, scrocchiandosi il collo. "Le cose con lui sono state sul filo del rasoio da circa due cicli ormai, per ovvie ragioni. E Vegeta sta cercando una... soluzione diplomatica." Disse, sorridendo.

"Per diplomatica intendi sanguinaria?"

"Molto."

"Ma hai detto che nessuno è in grado di contrastarlo da solo."

"E' vero. Ma nel frattempo sono passati due cicli." Nappa voltò la testa e fece un sorrisetto. "Giusto, Principe Vegeta?"

Trunks era stato così concentrato sulla conversazione da non aver neanche notato il Ki del suo nuovo padrone sulla soglia della porta. Il principe Vegeta era là in piedi, appoggiato allo stipite. "Freeza è un codardo. Non ha la minima possibilità contro di noi."

Trunks riuscì solo a restare lì a fissarlo per qualche secondo prima che Nappa gli afferrasse di nuovo i capelli e lo spingesse in un altro inchino.

"Mi perdoni, Principe Vegeta. Non è ancora stato educato."

Trunks aggrottò la fronte. In sua difesa, era arrivato lì da solo due ore. Rimase in quella posizione sussultando alla stretta sui suoi capelli, quando Nappa lo lasciò andare. Sentì Vegeta avvicinarsi e alzò un po' la testa per guardarlo. Vegeta lo stava studiando.

"Alzati."

Trunks si sollevò e si risistemò un po' la camicia, mentre Vegeta gli girava attorno. Si sentiva come una foca ferita accerchiata da uno squalo. Si morse un po' il labbro, e tenne lo sguardo fisso davanti a sé. Nappa lo stava guardando con un largo sorriso, e Trunks scoprì che desiderava intensamente tirargli un pugno proprio in mezzo agli occhi.

"Quindi, ragazzo," Disse lentamente Vegeta. "Dimmi, hai ricevuto un qualunque tipo di addestramento per la battaglia?"

"Un po', signore." Trunks fu svelto a rispondere. Un po' era una bugia. Lo avevano allenato da quando aveva quattro anni.

"Di che tipo?"

"Arti marziali, e mi è stato insegnato a usare il mio Ki."

"Sì, l'ho notato." Vegeta lo guardò con attenzione. "Dove può aver imparato a farlo un essere umano?"

Trunks pensò alla sua risposta. "Sono stato addestrato dal padre di un mio amico." Disse, piano.

"E lui dove l'ha imparato?" Vegeta continuò a girargli intorno.

"Non ne sono sicuro." Che era la pura verità. Ogni volta che chiedeva a Goku come riusciva a fare qualcosa Goku iniziava a ridere dicendo che neanche lui lo sapeva con esattezza.

"Davvero." Vegeta continuò a girargli intorno. "Sai volare?"

Trunks soppresse l'impulso di dire che non poteva farlo con quel dannato collare addosso. Annuì lentamente. "Sì, ma il collare-"

"So del collare ragazzo, non permetterti di dirmi l'ovvio."

"Sissignore." Trunks parlò con voce sommessa.

Vegeta rimase in silenzio. Allora con un movimento veloce come il lampo afferrò i capelli di Trunks e gli sferrò un pugno nella schiena. Il primo istinto di Trunks era stato scansarsi, ma aveva constatato che ai possessori di schiavi non piaceva quando evitavi i loro colpi e allora le cose tendevano a mettersi peggio. Sussultò al pugno. Era più o meno come essere colpiti da una macchina. Era altrettanto violento, forse più dei pugni di Goku o Piccolo. Fece una smorfia e si sforzò di non mostrare alcun segno di dolore.

"Non ti sei scansato." La fredda voce di Vegeta risuonò dietro di lui.

Trunks sbatté le palpebre sorpreso. Avrebbe dovuto scansare il colpo? Era una cosa fuori di testa, come faceva a saperlo? "Io... non pensavo di doverlo fare."

"Ma avresti potuto."

Merda. Era una trappola? Vegeta stava controllando il suo potere per capire se era o meno una minaccia? O troppo debole per servirlo? Non era sicuro di come rispondere, quindi rimase in silenzio. Vegeta lasciò la presa sui suoi capelli e gli girò intorno.

"Beh?"

Trunks esitò e scosse il capo. "Io... no davvero..."

"Allora prova di nuovo." Senza preavviso, Vegeta tirò indietro il pugno e lo scagliò in direzione del viso di Trunks. Trunks stavolta si lasciò muovere dall'istinto e spostò la testa di lato, piegandosi un po' all' indietro. Il pugno non colpì altro che qualche ciocca dei suoi capelli. Sbatté le palpebre e si maledisse mentalmente. Bene, e adesso? E se fosse stata la cosa sbagliata da fare? Gli sarebbe stato impossibile difendersi come si deve con il collare addosso. Si preparò al peggio.

Per sua sorpresa, Vegeta si limitò a ridere. "Ben fatto." Sorrise compiaciuto. "Forse mi sarai utile dopotutto."

Trunks rilasciò un sospiro di sollievo. Vegeta guardò Nappa. "Portalo di sotto a conoscere Fasha." Disse, roteando il collo. Si voltò. "Inizierò con lui domani." Con quelle parole lasciò la stanza e Trunks fu di nuovo solo con Nappa.

Non poté fare a meno di sentirsi estremamente soddisfatto dall'espressione scioccata sul viso di Nappa. Alzò lo sguardo a fissarlo e fece un ampio sorriso. Nascose il sorriso nell'enorme collo della camicia quando Nappa lo scrutò. Scacciò lo shock dal suo volto e lo guardò di nuovo in cagnesco. "Andiamo, Terrestre." Ringhiò prima di uscire dalla stanza. Trunks lo seguì, prestando attenzione a restargli vicino. Nappa lo condusse giù da qualche rampa di scale, prima di spingerlo verso una grossa porta di legno dall'aria decadente.

A Trunks non piacque l'aspetto della porta, ma seguì comunque Nappa al di là di essa. Scesero un' altra rampa di scale fino ad arrivare ad una grande stanza di pietra con diverse porte, rischiarata solo da delle torce. Trunks si guardò intorno, e notò che era piena di persone, alcuni umani, alcuni alieni, tutti vestiti come lui, eccetto una donna in fondo che indossava un body rosa senza maniche e un' armatura Saiyan bianca.

"Fasha!" Abbaiò Nappa.

La donna lo guardò e si avvicinò. Aveva corti capelli neri, e uno scouter verde. Il suo modo di avanzare gli ricordò sua madre. Tenace, pratico, e indomito. "Un altro, Nappa?"

"Già, l'ultimo acquisto di Vegeta."

"Stai scherzando." Disse, guardando Trunks. "E' un essere umano."

"Lo so, ma che ci vuoi fare?" Nappa mise una mano sulla spalla di Trunks e lo spinse in avanti. "Lo lascio a te."

"Pazienza, non l'avrò per molto se è di Vegeta." Disse Fasha, accigliandosi.

Nappa rise e uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle. Trunks guardò Fasha e inghiottì pesantemente; avrebbe dovuto procedere con attenzione qui. Fasha lo scrutò con attenzione. "Va bene, ascolta, novellino." Disse, mettendosi una mano su un fianco. "Sono io che comando qui in giro. Prima riferisci a me, poi a Vegeta. Quando sei qui sotto, appartieni a me. Non sono il tuo capo scout, non sono la tua zietta, e non sono la tua tutrice. Non voglio sentire piagnucolii, non voglio sentire lamenti, e non mi interessa quanto sei distrutto se lo sei. Sono la tua guardia, chiaro?"

Trunks annuì. "Sissignora." Disse, in fretta.

"Bene. La tua stanza è laggiù, ma non metterti troppo comodo." Disse, accennando alla porta con un movimento del capo. "Gli schiavi di Vegeta non durano mai a lungo."

"Così mi è stato detto." Trunks annuì.

"Non fare l'insolente con me, marmocchio." Disse lei, voltandosi. "Sei mai stato uno schiavo domestico, prima?"

"No, signora. Ero un bue da raccolto- ...Voglio dire, lavoravo nei campi." Si era così abituato al suo soprannome, che si era quasi dimenticato il termine corretto. Fasha gli gettò un'occhiata strana e sospirò.

"Bene, dirò ad uno degli altri schiavi di darti lezioni." Disse, accennando al gruppo. "Forza, va' a farti qualche amico." Disse, sbuffando.

Trunks si voltò, guardò e notò che tutti gli occhi erano posati su di lui. Arrossì e si avvicinò ad una panca dall'aria particolarmente scomoda. Sarebbe stato più difficile di quanto immaginava. Ma Trunks era a dir poco resistente. Si sarebbe assicurato di venirne fuori. Doveva sopravvivere, se un giorno voleva tornare a casa.




Note dell' autrice:

Per chi non lo sapesse, Fasha fa parte della truppa di Bardock nel film "Bardock il Padre di Goku" (Dragon ball: Le origini del mito - n.d.t.).



Note di traduzione:

(*) La frase originale è: He didn't trust Nappa as far as he could kick him, che suppongo sia un modo di dire inglese/americano/whatever, ma non ho trovato un equivalente in italiano che ci stesse bene... anche considerata la battuta seguente di Trunks.

I consigli sono bene accetti.

A questo proposito, ci tengo a precisare che se lasciate un commento a questa storia non è che la recensione vada "sprecata"... La tradurrò e la farò avere all' autrice (e comunque farebbe piacere anche alla traduttrice - cioé me - leggere altri pareri sulla fic.. e sulla traduzione). ;)

Lo dico perché a parte una recensione di Nihila al primo capitolo non se ne son viste altre. Non che voglia costringere nessuno a commentare, ma non vorrei che la scarsità di recensioni facesse pensare a HIGH and MIGHTY COLOR che sto "trattando male" la sua storia. :P


Fate uno sforzo e scrivete due righe (o più) di commento, suvvia.

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Capitolo 4
*** Growing Suspicions and Boiling Prisons ***


Questa fanfic è una traduzione. Potete trovare l'originale qui: To the Victors Go the Spoils.
Pagina personale dell'autrice: HIGH and MIGHTY COLOR.
Traduzione in italiano a cura di Francesca Akira89.

Summary: Trunks e Goten sono stati ridotti in schiavitù sul Pianeta Vegeta, costretti a lavorare per le stesse persone che hanno conquistato il loro pianeta. Eppure alcuni estranei hanno un aspetto familiare. Principi e guerrieri di infimo livello. Di chi si tratta? AU Fic.


Un fischio risuonò da qualche parte sopra di lui e Goten si rivoltò nella sua amaca, gemendo nel processo. Non importava da quanti giorni fosse così, non si sarebbe mai abituato a svegliarsi così dannatamente presto. Si premette il cuscino floscio sulla testa e si tirò le coperte logore sopra le spalle. Troppo presto. Troppo dannatamente presto. Se il sole non si era alzato, allora neanche lui. Silenziosamente, si rimpromise che una volta tornato a casa si sarebbe preso un anno e non l'avrebbe dedicato ad altro che al dormire. Dopodiché forse avrebbe dormito un altro po'. E poi si sarebbe preso un altro anno e l'avrebbe passato solo a mangiare. Il suo stomaco ruggì al pensiero del cibo e gemette. La sua fame era quasi più che abbastanza da tirarlo giù dal letto, ma non riusciva a trovare l'energia necessaria. La sua amaca dondolò un po' quando una mano la scosse.

"Andiamo, il capo dice di alzarsi."

"Il capo dice un sacco di cose." Biascicò Goten nel suo cuscino.

"Beh, dice anche che non avrai cibo se non ti alzi adesso." Disse lo schiavo sotto di lui, lasciandosi cadere sul pavimento.

Goten mandò un lamento e rotolò giù dalla sua amaca, precipitando a terra da circa tre metri. "Ow." Borbottò nel pavimento di legno massiccio. Si tirò su, massaggiandosi il naso. "Accidenti al mio stomaco." Mormorò, sorridendo un po'. Si massaggiò la nuca e seguì il resto degli schiavi. Scesero tutti nella mensa, piena di panche, e tavoli di legno. Notò che la folta schiera di Saiyan di terza classe era già seduta e stava mangiando. Mangiavano cibo molto migliore di quello che veniva dato a loro, e Goten sentì l'acquolina in bocca alla vista. Sospirò e guardò i loro tavoli, ognuno dei quali aveva su una grossa pentola di metallo con dentro della brodaglia beige che veniva data loro ogni mattina.

Goten fece una smorfia e sospirò, allungando le braccia al di sopra della testa. Fece roteare il collo e avvertì un leggero brivido lungo la colonna vertebrale. Si voltò verso il tavolo pieno di Saiyan, e si accorse che l' uomo del giorno prima, quello che assomigliava a suo padre, lo stava fissando. Goten si accigliò e voltò la testa dall'altra parte. Forse adesso pensava che Goten fosse un piantagrane. Dopotutto, le centrali idriche erano piene di buchi e passaggi segreti, un sacco di posti in cui nascondersi... ecco perché li facevano occupare dalle guardie ogni giorno. Goten gettò un'occhiataccia al tavolo e si sedette. Alzò lo sguardo e sorrise ai suoi compagni. Uno di loro ricambiò il sorriso.

"Prendete tutti ciò che volete adesso, perché questo qui mangerà tutto quello che resta." Scherzò, pungolando Goten con un cucchiaio.

Goten rise e si mise una mano dietro la testa. "Sì, potete servirvi tutti prima."

Una schiava immerse il mestolo nella brodaglia e ne scucchiaiò un po' in qualche ciotola. "Non ti capisco." Disse, occhieggiando Goten. "Come fa questa roba a non ammazzarti l' appetito?" Disse, lanciandogli un sorrisetto.

Goten sorrise e guardò la roba. "Il trucco è non assaggiarlo."

"O sentirlo, o annusarlo, o masticarlo." Disse un altro ragazzo.

"Esattamente." Goten sollevò un dito. "Dovete solo inghiottirlo più in fretta che potete!"

"Quello non spiega comunque il tuo vorace appetito."

"Sono nel pieno della crescita, lasciami stare." Disse Goten, aggrottando la fronte. Un mezzo Saiyan nel pieno della crescita. Sua madre era convinta che i Saiyan avessero tre stomachi, e un buco nero dentro di essi. Cosa a cui poteva anche credere; visto che riusciva quasi a mangiare più di suo padre. Quando lui, Goku, Gohan e Trunks si mettevano insieme potevano mangiare tanto cibo quanto ne bastava a sfamare un piccolo pianeta. Gli altri schiavi intorno a lui finirono le loro porzioni e a Goten rimase il resto di una pentola, o di tre. Battè la mani e chinò la testa prima di afferrare il cucchiaio e prendere mangiare velocemente e quanto più poteva. Sì, avrebbe dedicato un anno a mangiare buon cibo.

Goten si adagiò sul suo posto e sorrise soddisfatto dopo aver spazzolato tre pentole mezze piene di roba. Aveva ancora fame, ma aveva praticamente leccato via ogni residuo di cibo. Non ce n'era più. Un fischio risuonò appena in tempo, e Goten si alzò e si stiracchiò. Si voltò e si diresse verso l'area di lavoro, non prima di aver lanciato un' occhiata a Bardock. Aveva smesso di fissarlo e stava ora parlando con l'uomo dalla capigliatura selvaggia dell' altra volta. Goten fece del suo meglio per ignorarli, e li superò per dirigersi verso la sala caldaie. Entrò camminando in fila con gli altri, grattandosi il collare, e si guardò intorno. Gli schiavi si separarono in gruppi, e si diressero verso le rispettive postazioni, o dovunque ci fosse bisogno di loro. Goten si diresse verso un gruppo di tubi metallici dall'aria particolarmente pesante. Ne afferrò uno e se lo issò su una spalla, poi ne prese un secondo e se lo sistemò sull'altra. Gli altri schiavi si erano allineati per alzarne uno solo.

"Esibizionista." Rise uno, dandogli scherzosamente di gomito.

Goten rise di rimando e si fece rosso brillante. "Ehy, prima è meglio è, no?" Si diresse verso la piattaforma lignea e vi appoggiò sopra i tubi prima di affrettarsi a tornare per aiutare gli altri. Non appena furono tutti sulla piattaforma, Goten accennò con la testa alla cima della caldaia. "Voialtri andate sopra e preparatevi a prenderli, mentre due di voi restano qui e mi aiutano a issarli."

Gli altri annuirono e zampettarono immediatamente sopra la costruzione metallica. Goten afferrò la corda legata alla piattaforma di legno che era stata montata ad un sistema di carrucole. Anche gli altri la afferrarono, e iniziarono lentamente a tirare. Goten sogghignò tra sé e sé, pensando a quanto si sarebbe potuto vantare con Gohan del suo sollevamento pesi. Tirarono tutti insieme, per issarlo sulla cima. Goten teneva sul davanti, tirando più forte che poteva.

"Siamo abbastanza forti, eh?"

Goten quasi lasciò andare la corda ma riuscì a riprendere nuovamente la presa. Alzò lo sguardo insieme a tutti gli altri schiavi, e vide l'uomo del giorno prima, quello dalla capigliatura selvaggia, fissarlo dall' alto in basso con le braccia incrociate. Il viso di Goten s' imporporò un po' per rabbia un po' per imbarazzo e il ragazzo spostò di nuovo lo sguardo sul suo lavoro. Si voltò, cercando di ignorare l'uomo di fronte a lui. "Ci siamo quasi, continuate ad andare." Procedette a dare un altro strattone, ma l'uomo afferrò la fune e la tenne bloccata con una mano sola. Goten sbatté le palpebre scioccato e quasi lasciò di nuovo la presa.

"Voglio fare due chiacchiere con te."

Goten assottigliò un po' gli occhi. "Devo lavorare."

"Stai discutendo con me, schiavo?"

"Se me ne vado, quest'affare si schianterà e ci vorrà il doppio del tempo per riportarlo là sopra." Spiegò Goten, indicando.

L'uomo lo fissò e corrugò la fronte. Diede uno strattone alla corda, e quasi spedì la piattaforma lignea attraverso il soffitto. Gli altri schiavi la afferrarono, la tirarono sopra la caldaia e la misero giù. Tutti guardarono in alto impressionati, e Goten si limitò a fissare lo strano uomo. In un angolo remoto della sua mente si sentiva un po' arrabbiato. Se un Saiyan di terza classe poteva fare tutto quello così in fretta, che bisogno c'era di schiavi?

"Ecco." Annuì. "Ora, voglio scambiare due parole."

Goten si voltò verso i suoi compagni, che si limitarono a scrollare le spalle. Goten alzò lo sguardo verso di lui e annuì. Il bizzarro capellone si voltò e si allontanò dagli altri. Un altro schiavo gli mandò uno sguardo preoccupato, quindi Goten sollevò la mano tenendo il pollice alzato, e sorrise più che potè. L' altro fece un piccolo sorriso e tornò al suo lavoro, quindi Goten riportò la sua attenzione sull' uomo che lo condusse fino ad un muro all' estremità della caldaia.

L' uomo lo fissò dall'alto, e incrociò le braccia. "Qual è il tuo nome, moccioso?" Chiese, ghignando. Il ghigno gli fece pensare a Piccolo quando decideva di fare addestramenti improvvisati e potenzialmente letali. Goten rimase zitto, suscitando un altro malvagio sorriso da parte dell' uomo. "Non fare così." Disse, sciogliendo le braccia e toccandosi il petto. "Ecco, io sono Raditz. Visto? Diventiamo amici. Come ti chiami?" C'era qualcosa in quest'uomo che faceva venire a Goten voglia di dimenarsi.

"Goten." Disse, sommessamente.

"Goten." Disse l'uomo, rivoltandosi la parola in bocca. "Bene, Goten. Ho alcune domande per te." Sorrise, tentando di sembrare amichevole, ma riuscì solo ad apparire più malvagio. "Pensi di potervi rispondere?"

Goten eseguì un lento e sospettoso cenno d'assenso con il capo. Raditz avanzò di un passo intrappolando Goten tra se stesso e il muro. "Bene." Disse Raditz, sorridendo. "Beh, prima di tutto, Goten..." Il movimento fu lento rispetto alla velocità di Goten, ma con il collare addosso i suoi movimenti erano limitati, e comunque, Raditz afferrò una massa dei capelli di Goten e gli abbassò la testa facendola collidere con il suo ginocchio. Goten rantolò di dolore e si afferrò il setto nasale, sentendo caldo sangue sgocciolargli sulle mani. "Devi mostrare un po' più di rispetto."

Raditz ghignò e si diede una pacca sulla fronte. "Oh, che stupido! Quella non era una domanda!" Si abbassò e mise una mano sulla spalla di Goten. "Ecco, permettimi di riformulare." Tirò di nuovo Goten verso di sé e lo colpì allo stomaco con un bel po' di forza. "Puoi mostrare un po' più di rispetto?"

Goten tossì e ansimò e si portò le mani attorno alla vita. Raditz lo guardò dall' alto, e ghignò. Afferrò di nuovo i capelli di Goten e lo tirò nuovamente su. "Beh? Sì o no, Goten?"

Goten tossì e annuì con la testa. Maledisse il collare intorno al suo collo e si preparò per un nuovo colpo. Raditz si sollevò e scrocchiò il collo. "Bene. Prossima domanda." Raditz afferrò la maglia di Goten, macchiata dal sangue del naso, e scagliò un rapido pugno alla sua mascella.

Goten tossì e sputò un po' di sangue sul pavimento. Voltò di nuovo la testa verso Raditz, rifiutandosi di mostrare dolore, e si preparò per il prossimo colpo che era certo sarebbe arrivato.

"Perché sei corso verso mio padre, ieri?" Raditz gli sorrise.

Gli occhi di Goten si spalancarono e scosse la testa. "Quella valvola-"

Un altro pugno atterrò sulla sua mascella e Raditz lo tirò di nuovo su. "Riproviamo. Perché sei corso verso mio padre ieri?" Chiese, uno strato di falsa gentilezza sulla voce. "Ultima domanda, non preoccuparti, Goten. Basta che mi rispondi sinceramente."

Goten lo guardò in cagnesco e tentò di spingersi verso l'alto con i piedi che toccavano a malapena il pavimento. Raditz lo teneva sospeso a diversi centimetri dal suolo. Afferrò il polso di Raditz tentando di tirarsi su. "Pensavo si trattasse di qualcun altro." Ammise.

"Pensavi fosse tuo padre?"

Goten impallidì leggermente. "Sì."

Raditz si tirò indietro e gli scagliò un altro pugno. "Piccolo bugiardo! Ti aspetti che creda che hai scambiato un Saiyan per un gracile Terrestre?"

Ci volle ogni fibra del suo essere per non urlare che suo padre era un Saiyan. Non era certo di cos'altro dirgli, non era mai stato bravo a mentire e Raditz non credeva alla verità. Sputò un altro po' di sangue sul pavimento e tossì, desiderando intensamente di ottenere un risarcimento di qualche tipo. Raditz lo sollevò di nuovo.

"Tenta di nuovo, moccioso! Dimmi perché-"

"Raditz."

Raditz si girò tirandosi dietro Goten, e Goten inclinò la testa all' indietro per vedere Bardock lì in piedi con le braccia incrociate. Bardock piegò un po' il capo, e i suoi occhi si strinsero facendolo sembrare ancora più arrabbiato del solito.

"C'è una ragione per cui stai molestando quello schiavo piuttosto che fare il tuo lavoro?"

Raditz emise un basso suono ringhiante dal retro della gola. "Stavo solo cercando di-"

Bardock sollevò una mano. "Risparmiami le scuse, Raditz. Vai." Inclinò la testa verso gli altri Saiyans. Raditz lasciò cadere Goten sul pavimento e oltrepassò suo padre, infuriato. Goten si tirò su a sedere, strofinandosi via il sangue dalla faccia con il dorso della manica. Stava per rimettersi in piedi quando Bardock si accovacciò di fronte a lui; Goten si preparò all'istante ad un altro attacco. Bardock sollevò una mano e l'avvicinò al viso di Goten, e l'istinto di Goten prese velocemente il sopravvento. Sulla difensiva, afferrò la mano di Bardock e la tenne a distanza. Bardock sembrò un po' scioccato dalla cosa, ma la sua sorpresa si sciolse in un sorriso divertito.

"Calma." Ridacchiò. "Non ti farò del male." Tirò giù la mano di Goten dal suo braccio e allungò la propria per andare ad afferrargli il mento. Si tirò indietro ed estrasse un panno marrone dalla tasca posteriore. Iniziò a ripulire la faccia di Goten, sfregando brutalmente il sangue asciutto via dal naso di Goten, che si era quasi spaccato. Dopodiché asciugò il resto del sangue sul suo mento e lo osservò. "Guarisci velocemente per un Terrestre." Notò.

Goten sussultò al contatto brusco, e si controllò il naso. Il taglio si era già richiuso da solo, ma poteva percepire l'ecchimosi che si formava. Si massaggiò un po' il mento, e guardò Bardock. "Grazie." Mormorò. Si chiedeva perché quest'uomo lo avesse aiutato. Beh... Aiutato nel senso molto libero del termine. Aveva fatto male quasi quanto il pugno.

Bardock si alzò, e rimise Goten in piedi sollevandolo per l'avambraccio. Fece un cenno con la testa verso la caldaia. "Vai, adesso." Disse, con uno scatto del pollice verso la macchina. "Torna al lavoro."

Goten lo guardò e poi iniziò lentamente a muoversi verso la macchina prima di spiccare una corsa. Balzò sull' impalcatura e la scalò facilmente raggiungendo la cima. Lo schiavo dell' altro giorno era là sopra, issando qualcosa con una corda. Goten ne afferrò l'estremità per aiutarlo. Il ragazzo gli lanciò uno sguardo preoccupato.

"Stai bene?" Chiese.

"Chi io?" Goten gli sorrise. "Sto bene! Sano come un pesce! Er... quella è una frase terrestre, huh? Beh, sto alla grande, mi ha a malapena toccato." Goten flettè il braccio per dimostrarlo. Mise su il suo miglior sorriso e si diede una pacca sul braccio. "Non c'è bisogno di preoccuparsi per me." Promise.

Tornò al suo lavoro e continuò a issare l'oggetto verso l'alto. Si accigliò e si fissò i piedi, tirando distrattamente. Guardò in basso e i suoi occhi si posarono su Bardock che si stava nuovamente dirigendo verso gli altri Saiyan. Perché era venuto in suo soccorso? Sapeva qualcosa d'ignoto a Goten? Avrebbe dovuto controllare per vedere se i topi di fogna avevano qualche nuova informazione su di lui. Sarebbe stato utile, a dir poco. Seppellì di nuovo la mente nel suo lavoro, e fece un respiro profondo. Sarebbe stata una lunga giornata. 


Bardock fece ritorno verso il gruppo di Saiyan incrociando le braccia mentre lo faceva. Non era molto certo di cosa gli fosse preso. Che importanza aveva quello schiavo? Perché l'aveva davvero aiutato? E perché diavolo non riusciva a togliersi di mente quello sguardo. Quello sguardo così ferito, così pieno di dolore, con cui il ragazzo l'aveva fissato, si era come impresso a fuoco nella sua memoria, e non aveva idea del perché. Non gli era mai importato assolutamente niente di cosa accadeva agli schiavi, prima. Dopotutto, erano solo schiavi. Bardock notò suo figlio in piedi a qualche metro di distanza con l'aria alquanto offesa. Anche Raditz si accorse di lui e gli si avvicinò rabbiosamente, lo sguardo torvo.

"Perché mi hai fermato, padre?" Chiese.

"Raditz, lo sai cosa succede quando rompi i giocattoli altrui." Disse Bardock, mandando a suo figlio un'occhiata in tralice. "E' proprio quello che ti ha fatto finire qui, no?"

"Ma-"

"Non mi interessano le tue scuse, Raditz." Sbottò Bardock. Raditz chiuse la bocca e guardò male suo padre. Bardock voltò lo sguardo dinanzi a sé e si accigliò un po' di più. "Cosa ha detto, ad ogni modo?"

"Lo schiavo? Un sacco di stronzate."

"Quella non è la risposta che cercavo, Raditz."

Raditz scrollò le spalle. "Ha detto di essere venuto di corsa perché pensava che tu fossi suo padre." Disse. "Ma il moccioso è un terrestre. Un essere umano. E si aspettava credessi che pensava che anche tu fossi umano?"

Raditz continuò a parlare, ma Bardock aveva smesso di ascoltarlo. Gli ingranaggi nella sua testa stavano girando freneticamente. Un ragazzo dalla Terra forte in modo anomalo. Corrugò la fronte e ci pensò. Il ragazzo credeva che lui fosse suo padre. Era vero che la struttura genetica di Bardock era comune, così come i capelli, ma c'era qualcosa in tutto questo che non quadrava. Come poteva? C'era un ragazzo, dalla forza inumana, che sosteneva che Bardock assomigliava a suo padre abbastanza da corrergli incontro con tutta quella speranza e gioia negli occhi.

"No... non potrebbe essere... o sì?" Rimuginò silenziosamente tra sé e sé.

Quel ragazzo là sopra, quello schiavo proveniente dalla terra... poteva forse essere un Saiyan? Bardock raddrizzò le spalle e alzò lo sguardo verso Goten, strizzando gli occhi, incrociando con più forza le braccia sul petto. Qualcosa scattò leggermente nella sua mente. Terra. Il pianeta che avevano conquistato due anni prima... Sembrava più familiare che solo quello. Perché improvvisamente gli sembrava di conoscere quel pianeta da molto più tempo? Non era mai stato lì, di questo era sicuro. Niente di questo quadrava a Bardock, affatto.

"Padre?" Disse Raditz, fissandolo, accigliato.

"C'è una cosa che devo fare." Bardock voltò le spalle al figlio e si inoltrò nel gruppo di Saiyan. Doveva trovare qualcuno che aveva delle conoscenze, qualcuno che gli desse delle risposte su quel pianeta azzurro, e qualcuno che lo aiutasse a capire chi fosse quello schiavo.

Avrebbe rimesso insieme la banda.

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Capitolo 5
*** Training Grounds and Battle Hounds ***


Questa fanfic è una traduzione. Potete trovare l'originale qui: To the Victors Go the Spoils.
Pagina personale dell'autrice: HIGH and MIGHTY COLOR.
Traduzione in italiano a cura di Francesca Akira89.

Summary: Trunks e Goten sono stati ridotti in schiavitù sul Pianeta Vegeta, costretti a lavorare per le stesse persone che hanno conquistato il loro pianeta. Eppure alcuni estranei hanno un aspetto familiare. Principi e guerrieri di infimo livello. Di chi si tratta? AU Fic.


Trunks rotolò sul fianco nella sua branda e fece scorrere lo sguardo per la stanza buia e vuota. Sarebbe stata una valida segreta medievale, completa di porta in legno con sbarre alla finestra. Mancavano solo un paio di catene fissate alla parete, e uno strumento di tortura in un angolo, e sarebbe stata a posto. Si rivoltò sulla schiena e alzò lo sguardo al soffitto. Ciononostante, era la prima volta da quando era diventato uno schiavo che aveva una stanza tutta sua. Si sedette e si stiracchiò, spenzolando le gambe giù da un lato della branda e alzandosi in piedi. Afferrò i suoi vestiti poggiati su una sedia di legno, e se li infilò prima di dirigersi verso la porta e oltrepassarla. Fece roteare il braccio, e si inoltrò nel corridoio di pietra per finire nella sala comune in cui era stato l'altro giorno. La donna del giorno prima, Fasha, era lì in piedi, intenta a fissare uno schermo luminoso con sopra un display digitale. Al suo arrivo sollevò lo sguardo.

"Ti sei alzato presto."

"Davvero?" Sbatté le palpebre, confuso. A dire il vero gli sembrava di aver dormito troppo, lavorando nei campi si era abituato a svegliarsi molto prima. Era più facile cominciare se il sole non era ancora alto. Si massaggiò la nuca, ma sapeva che anche tornando a letto non sarebbe riuscito a ri-addormentarsi.

"Vegeta non si sveglierà prima di almeno un' altra ora." Fasha gettò un'occhiata a Trunks, picchiettando lo schermo. "Puoi tornare a letto."

"Non ci riuscirei." Disse, guardandosi intorno. Ci doveva pur essere qualcosa che poteva fare per un po'. Fu allora che notò il tavolo pieno di cibo nell'angolo della stanza. Lo fissò, sentendosi venire l'acquolina in bocca. Era da ieri che non mangiava niente, da quando un altro schiavo aveva portato loro le razioni al campo. Tuttavia, dubitava che il cibo sul tavolo fosse per gli schiavi. Sembrava troppo buono. Troppo fresco. Non poteva fare a meno di fissarlo, suo malgrado.

"Che c'è, stai cercando di assorbire le sostanze nutritive con la mente?"

Trunks si voltò a guardare Fasha e scosse la testa. "Non pensavo fosse-"

"Cosa, per te?" Fasha sollevò un sopracciglio. "Non sei davvero mai stato uno schiavo domestico prima." Fece un cenno con il capo verso il tavolo. "Prendi quello che vuoi."

Quella non era una buona idea. Trunks avrebbe potuto divorare l'intera tavolata in tutta facilità. Ci diede un'occhiata e si avvicinò, prima di prendere un po' di cibo e mangiarlo. Nel giro di pochi minuti, però, stava già spazzolando qualsiasi cosa riuscisse ad entrargli in bocca. Era passato parecchio dall' ultima volta che aveva mangiato del cibo così buono. Si era dimenticato che sapore avesse. Si costrinse a fermarsi prima di mangiare tutto quello che aveva sotto agli occhi e provò a ricordarsi che c'erano altre persone là a parte lui. Notò che Fasha lo stava fissando.

"Mangi molto per un essere umano."

"Non è la prima volta che me lo dicono."

La donna scrollò le spalle e si voltò, picchiettando sul suo archivio dati. Trunks finì il pane che stava rosicchiando e si sedette sulla panchina, accigliandosi e tirandosi giù il collo dell'uniforme per passarsi un dito sotto il collare metallico, facendolo scorrere lungo di esso.

"Quanti schiavi ha avuto Vegeta?" Chiese, a voce bassa.

"Diciannove." Rispose lei in fretta, come se si aspettasse la domanda.

"E sono tutti... morti?"

"Sì." Diede un altro paio di colpetti allo schermo.

Trunks guardò torvo il pavimento e strinse i pugni; non aveva alcuna intenzione di morire lì. Specialmente non per mano di quell'uomo, sentì un po' di odio gonfiarglisi nel cuore al pensiero, e lasciò sprofondare la testa nel collo della maglia. Non sapeva come si potesse essere così malvagi, così crudeli. Era sicuro che gli schiavi venuti prima di lui fossero stati più che indifesi, e probabilmente non meritavano di morire. Lui non avrebbe fatto quella fine. Non si sarebbe lasciato uccidere facilmente. Voleva andare a casa, rivedere sua madre, e non aveva intenzione di aspettare l'aldilà per farlo.

Altri schiavi iniziarono a fare il loro ingresso, e Trunks si era a malapena reso conto di quanto tempo fosse passato. Si alzò e li guardò affollarsi intorno al tavolo, sperando di non aver preso troppo. Si sedettero tutti e mangiarono per un po', finché una luce non lampeggiò sopra la porta da cui Trunks era entrato l'altra notte, al seguito di Nappa. La fissò, mentre gli altri schiavi si dirigevano verso la porta e iniziavano a salire le scale. Fasha gli si avvicinò, sorridendo.

"Bene, quello è il tuo segnale di inizio giornata." Disse, mettendosi le mani sui fianchi. "Direi 'ci vediamo più tardi' ma il fatto è che... probabilmente non accadrà."

Trunks la fissò. "Grazie." Disse, sarcasticamente. Seguì gli altri schiavi, e arrivò nei corridoi del palazzo. Si stava chiedendo da che parte dirigersi, dato che non aveva idea di dove si trovasse qualsiasi cosa, quando notò Nappa appoggiato al muro di fronte la porta. Si morse l'interno guancia e fece una smorfia. "Oh bene." Borbottò e gli si avvicinò.

Nappa lo studiò e si staccò dal muro. Fece un mezzo sorriso appena accennato e indicò alle sue spalle con un brusco movimento del pollice. "Seguimi, Terrestre." Disse, voltandosi, e s'incamminò per il corridoio. "Spero tu ti sia goduto il tuo ultimo pasto."

Trunks gettò un' occhiataccia alla nuca di Nappa. "Ho tutte le intenzioni di godermene ancora molti altri dopo quello." Disse, facendo sbuffare beffardamente Nappa. "Tra l'altro, i condannati a morte non dovrebbero avere il privilegio di scegliere il proprio ultimo pasto?"

"Forse sulla Terra. Qui, sono fortunati se gli viene dato da mangiare affatto."

Trunks voleva commentare che avrebbe dovuto aspettarselo, visto che la concessione di un ultimo pasto avrebbe implicato il possedere una qualche decenza, ma poi decise di restare zitto. Seguì Nappa fino a due grandi porte, cui la guardia bussò. Trunks rimase in piedi dietro di lui finché non udì l'inconfondibile voce di Vegeta da dietro le porte.

"Avanti."

Nappa aprì la porta, e afferrato Trunks per il retro della maglia lo spinse dentro. Dopodiché chiuse la porta e lasciò Trunks da solo nella stanza con il suo nuovo padrone. Velocemente, Trunks ricordò le regole che un paio di altri schiavi gli avevano insegnato, e si inchinò.

Vegeta si stava infilando i guanti, e lanciò a Trunks un'occhiata in tralice. "Quindi adesso hai imparato un po' di buone maniere, eh?"

Trunks fissò furioso il pavimento e si morse il labbro. "Sì, signore."

"Bene. Almeno non dovrò ucciderti per insolenza. Vero?"

"Spero di no, signore." Disse Trunks, tenendo la voce umile.

"Lo spero anch'io, sarebbe un maledetto spreco." Disse, avvicinandosi a Trunks che era ancora piegato in un inchino. "Dopotutto, mi sei costato nove milioni di zeni." Schioccò le dita. "Alzati."

Trunks fece come gli era stato detto e raddrizzò la schiena, tenendo le mani lungo i fianchi. Vegeta gli girò intorno una volta prima di dirigersi verso un grosso armadio. Lo aprì e tirò fuori un' uniforme Saiyan nera e una corazza. Se li infilò sotto il braccio, e Trunks non poté fare a meno di chiedersi per chi fossero. Vegeta stava già indossando l'armatura reale, quindi a che poteva servirgli un altro paio. Vegeta andò verso la porta e Trunks si voltò, seguendolo.

Vegeta s'incamminò per i corridoi del palazzo, gettando a Trunks un'occhiata da sopra la spalla. Trunks abbassò lo sguardo al pavimento, che non era una regola, ma gli altri schiavi l'avevano fortemente consigliato. Vegeta lo guardò, e poi tornò a fissare dinanzi a sé. "La preda fissa il pavimento."

"Signore?" Trunks alzò lo sguardo, confuso.

"La preda fissa il pavimento. I predatori tengono la testa alta."

Trunks aggrottò la fronte, in preda alla confusione. "Sono uno schiavo, signore."

"E quindi?"

"I predatori tengono la testa alta perché possono uccidere, senza rendere conto a nessuno. La preda tiene la testa bassa perché può essere uccisa senza che se ne senta la mancanza."

Vegeta si fermò, si voltò verso Trunks e lo fissò per qualche minuto prima di gettare la testa all'indietro e ridere. "Capisco." Disse avvicinandosi. "Beh, non hai tutti i torti, ragazzino." Si inclinò in avanti. "Ma vedi, sei il mio schiavo adesso. E se qualcuno ti uccide, e quel qualcuno non sono io, non vivranno neanche per rimpiangerlo."

Per qualche motivo, quello non fece affatto sentire meglio Trunks. Malgrado questo, annuì. "Capisco, signore." Disse, la voce bassa.

"Bene." Vegeta si voltò e riprese a camminare. Trunks lo seguì, stavolta fissando dritto dinanzi a sé. I suoi pensieri vagarono indietro a quando era bambino, e si allenava con Goku e Piccolo. Stava piangendo, tenendosi il viso, seduto per terra. Goku gli si era avvicinato, e si era piegato di fronte a lui, afferrandogli le spalle e rimettendolo in piedi.

"Basta piangere, Trunks." Aveva detto, con fermezza. "Sta' in piedi, dritto, e guardami negli occhi." Aveva messo una mano sulla spalla di Trunks e aveva sorriso. "Tieni la testa alta, e sii coraggioso. Gli uomini sono stati creati tali per fissarsi l'un l'altro. Come fratelli. Quindi asciugati le lacrime adesso. Sii forte, e tieni la testa alta. Sei un potente guerriero, no? Mostrami la tua potenza adesso!"

Trunks sorrise leggermente al ricordo. Sperava con tutte le sue forze che Goku fosse sopravvissuto alla malattia che l'aveva colpito. Sua madre aveva detto di poterla curare, ma c'erano comunque alte possibilità che fosse letale. Strinse i pugni e pregò silenziosamente. 'Non essere morto.' Goku era sempre stata la cosa più vicina ad un padre che avesse mai avuto. Lui e Piccolo. Goten e Gohan i suoi fratelli, e con sua madre lì... erano stati una famiglia. E sentiva la loro mancanza più di quanto credesse possibile. Era trascorso del tempo e a malapena si era accorto del cambiamento di paesaggio, e si guardò intorno mentre Vegeta lo conduceva fuori. Quasi gli cadde la mascella per lo stupore. Non aveva mai visto un'area d'addestramento tanto grande. C'erano decine di Saiyans che si allenavano diligentemente, con dei manichini o l'uno contro l'altro.

"Ehy! Non ti aspetto, ragazzo." Vegeta si era fermato a guardarlo, e Trunks si affrettò a seguirlo, borbottando una scusa a mezza voce. Vegeta lo condusse ad un' ampia area coperta di sabbia, con delle guardie disposte ordinatamente intorno al suo perimetro. Trunks si posizionò al centro di essa, seguendo Vegeta che si girò verso di lui, sul volto un sorriso che fece accapponare la pelle a Trunks.

"Quindi dimmi, ragazzino. Che tipo di addestramento hai ricevuto?"

Trunks sbatté le palpebre. Avrebbe potuto giurare che la stessa domanda gli fosse stata posta ieri. "Arti marziali e-"

"Il tuo Ki, sì." Vegeta alzò gli occhi al cielo. "Sono alla ricerca di una risposta un po' più specifica."

Trunks si raddrizzò, e alzò la testa. "Ho studiato le tecniche di combattimento con i miei mentori, poi sparring e qualche vera battaglia."

Vegeta alzò un sopracciglio. "Battaglia?"

Trunks annuì, e i suoi occhi si oscurarono un po' ai ricordi. "I Saiyans non sono stati la prima minaccia a comparire sulla Terra."

Vegeta sollevò le sopracciglia, ma poi fece un sorrisetto. "Suppongo di no. E hai sconfitto quelle altre minacce?"

"Non soltanto io." Disse Trunks, con un leggero sorriso. "Un amico mi ha aiutato."

"...Capisco. Nient'altro?"

Trunks scosse il capo. "Solamente tornei e simili." Disse. Ripensò con affetto ai suoi incontri contro Goten durante i tornei, e alla promessa che si erano fatti di sconfiggere Piccolo, Goku e C-18 un giorno. Un' altra cosa a cui si costringeva a pensare con impazienza. Tanto per ricordarsi che non sarebbe stato uno schiavo per sempre.

Vegeta fece un grugnito. "Non è certo un curriculum impressionante," Gli lanciò l'armatura e Trunks la afferrò, la confusione manifesta negli occhi. "Ma dovrò farmelo bastare." Sospirò, e incrociò le braccia. "Indossala."

La fronte di Trunks si corrugò all'ordine ma lentamente fece come gli era stato detto. Si tolse la maglia e indossò l'uniforme nera, prima di infilare la testa nell' armatura. Se la tirò giù sul petto e vi fece scivolare dentro le braccia. Si fermò un attimo e guardò Vegeta. "...Posso farvi una domanda, signore?"

Vegeta lo fissò, e alzò un sopracciglio. "Cosa?"

"Perché non allenarsi con una delle guardie?" Chiese, gettando un'occhiata ai Saiyans che si scontravano a pochi metri di distanza. "Probabilmente sarebbero degli avversari migliori di quanto possa essere io."

Vegeta gli rivolse un ghigno, e si voltò verso di lui. "La risposta è semplice. Tu sei sacrificabile. Loro no."

A Trunks sembrò che il suo cuore si fosse tramutato in pietra e gli fosse affondato nello stomaco. Avrebbe dovuto capire che si trattava di una cosa del genere. Se gli schiavi tendevano a morire, allora anche alcuni soldati correvano lo stesso rischio. E mentre gli schiavi erano facilmente rimpiazzabili, i soldati costavano di più, ed avevano un valore più alto. Tuttavia, Trunks non aveva intenzione di lasciarsi scoraggiare. Non avrebbe permesso a Vegeta di ammazzarlo lì. Non in un modo del genere, comunque. Fece un respiro profondo per calmarsi e ripiegò i vestiti sul braccio, prima di appoggiarli nella sabbia.

Vegeta si mise a braccia conserte. "Attaccami." Ordinò. Trunks vacillò un po', mentre la mascella gli cadeva verso il basso. Aprì la bocca per dire qualcosa ma Vegeta lo interruppe. "Attaccami con tutte le tue forze."

Trunks non era sicuro di cosa fare. 'Tutte le sue forze' erano sigillate dal collare, e non voleva metter su il tipo di scenata che poteva farlo giustiziare. Ma Vegeta sembrava il genere di padrone che ti giustizia per esserti trattenuto. L'avrebbe presa sul personale. Trunks sospirò e si mise in posizione da combattimento. Avrebbe dovuto buttarsi.

Vegeta gli rivolse un sorrisetto, incrociò le braccia con arroganza e sollevò il mento. "Qual è il problema? Paura di-" Vegeta fu sbattuto all'indietro da un rapido e potente pugno alla mascella che lo fece finire lungo disteso a terra. Trunks rimase in piedi sopra di lui, a occhi sgranati. L'aveva colpito. Per essere corretti, Vegeta si era lasciato del tutto scoperto subito dopo aver detto 'attaccami' per cui non è che fosse colpa di Trunks, d'altra parte dubitava che quello avrebbe avuto importanza agli occhi di chiunque altro. Vegeta lo stava fissando dal basso, lo shock sul suo volto chiaro come il sole. Trunks non poté fare a meno di sentirsi immensamente soddisfatto di sé. Se quello avesse finito con l'essere l'ultimo atto della sua vita, almeno sarebbe stato buono.

Vegeta si rimise in piedi e si strofinò la mascella con il dorso della mano. Con grande sorpresa di Trunks, fece un ghigno. "Ben fatto, davvero." Disse, raddrizzandosi. "Hai visto un' apertura e te ne sei approfittato. Hai ricevuto un addestramento per la battaglia."

Trunks rimase in piedi in silenzio, incerto su cosa dire. Vegeta alzò le mani in posizione da battaglia, e ghignò come un folle.

"Attaccami. Guarda se riesci di nuovo a portare a segno un colpo come quello."

Colpirlo di nuovo? Oh con piacere.

Trunks non dovette neppure pensarci, si lanciò contro Vegeta scagliando abilmente un pugno nel modo in cui gli era stato insegnato per tutta la vita. Vegeta lo afferrò con una mano, e lo spinse indietro, scartando di lato e facendo un passo indietro per usare lo stesso slancio di Trunks contro di lui. Comunque, Trunks non era un novellino, ed era preparato ad un contrattacco di quel genere. Chinò la testa per schivare il colpo e scalciò con le gambe, per far perdere l'equilibrio a Vegeta. Vegeta saltò e riatterrò, afferrando l'avambraccio di Trunks e tirandolo verso di sé e verso l' alto. Trunks quasi perse l'equilibrio ma riuscì a recuperare la sua posizione. Si voltò; notando che Vegeta gli stava mostrando la schiena, anche se solo per un breve secondo. Il movimento fu inconscio quanto un sorriso. Contorse il busto, tenendo il gomito sollevato e lo fece schiantare con forza tra le scapole di Vegeta.

Vegeta fu sbattuto in avanti ma riprese l'equilibro quasi all'istante. Trunks si scagliò di nuovo contro Vegeta, mirando ai punti di pressione del principe, ma prima di riuscire a colpire, vide Vegeta muoversi ad una velocità incredibile, e sentì la sua mano guantata avvolgersi intorno alla sua mascella. Prima di riuscire a rendersi di conto di quanto accadeva, si ritrovò sbattuto al suolo, Vegeta sopra di lui con un braccio sollevato nell'atto di scagliare un pugno e la mano ancora sulla bocca di Trunks.

Gli occhi di Trunks si spalancarono e lo fissò dal basso. Vegeta fece un mezzo sorriso e alzò la testa. "Sono impressionato." Disse. Si sollevò, lasciando andare Trunks. "Alzati. Lo rifacciamo." Si voltò e si allontanò verso il centro del campo d'addestramento. Trunks si rimise in piedi con una spinta, e fece roteare le spalle. Era ancora vivo. Il che era un vantaggio. Tese le braccia da un lato all'altro del petto, e si riscosse. Adesso era più sicuro che mai di potercela fare. Ne sarebbe venuto fuori. Sarebbe sopravvissuto. E avrebbe fatto ritorno a casa.


Bardock entrò nell' affollato e chiassoso edificio, lasciando richiudere la porta dietro di sé con uno scatto. Incrociò le braccia sul petto e si diede un'occhiata intorno. La puzza lì era abbastanza da far svenire una persona di debole costituzione. Puzza di ghiaia e alcolici in fermentazione, misto a sudore e sangue. L'aria era annebbiata dal fumo, e il pavimento era cosparso di vetri rotti e sporco. Era un tipico bar Saiyan. Iniziò a farsi largo tra gli ubriachi, e ignorò le alte e roche grida di vittoria che festeggiavano l' assoggettamento di qualche pianeta. Finalmente sul retro del bar, in un angolo buio, vide chi stava cercando. Un gruppo di familiari Saiyans, che bevevano seduti in silenzio, sussurrando l'uno con l'altro.

Uno di loro lo notò e gli fece cenno di venire. Bardok li raggiunge, e afferrata una sedia di legno, ci scivolò sopra. Uno dei Saiyans, un uomo alto, con una fascia bianca sul braccio gli fece un largo sorriso. "Bardock, quanto tempo che non ci vediamo!"

Bardock gli fece un cenno con il capo. "Tora, come procedono quelle missioni senza di me?"

Tora fece un mezzo sorriso e prese un sorso del suo bicchiere. "Non bene quanto ci piacerebbe, ma ce la stiamo cavando."

Un altro Saiyan più grosso s'inclinò in avanti. "Quindi come va il tuo babysitting?"

"Oh già!" L'altro, un uomo dalla pelle scura, incrociò le braccia sul tavolo. "Non ti hanno mandato a quella centrale idrica, per tenere d'occhio tuo figlio?" Ridacchiò. "Cos'ha combinato Raditz questa volta?"

"Chi lo sa?" Bardock si appoggiò alla sedia, incrociando le braccia dietro la schiena. "Tutto ciò che so è che me ne è stata appioppata la responsabilità. Stupido teppistello." Si sedette di nuovo composto e guardò i suoi compagni. Borgos, Shugesh e Tora erano tutti là, ma c'era un componente della squadra che mancava. "Dov'è Fasha?" Chiese, sciogliendo le braccia.

"Ha avuto quel lavoro a palazzo ricordi? Si occupa di quegli schiavi di castello." Disse Tora. "Arriverà abbastanza presto."

Bardock afferrò una delle bevande appoggiate sul tavolo e cominciò a bere. Tornò ad appoggiarsi alla sedia e tutti loro rimasero seduti in collettivo silenzio, cogliendo l'atmosfera. Durò un po' prima che una voce risuonasse alle sue spalle.

"Sono davvero l'anima della festa, o siamo sempre tanto sobri?"

Bardock guardò dietro di sé e sorrise. "Ehy Fasha."

Fasha afferrò il dorso di un' altra sedia e ci si lasciò cadere sopra, incrociando le braccia. "Sono stata ad annaspare nelle scartoffie fino ad ora." Brontolò. "Sono una guerriera! Non una passacarte." Disse, sbattendo un pugno sul tavolo. "Quando ti sarai liberato di quell'affare dell'acquedotto andremo a fare un lavoro a lungo termine tutti insieme. Sto per diventare pazza."

Bardock annuì. "Quello che vuoi, Fasha."

"Giornata lunga?"

"Non è nemmeno mezzogiorno." Fasha afferrò un bicchiere pieno. Ne inghiottì il contenuto e lo rimise a posto. "Oh, il Principe ne ha uno nuovo."

"Davvero? Quanto pensi che durerà?" Chiese Tora.

"Mi sorprenderebbe se tornasse stanotte." Borbottò lei. "E' un essere umano."

Borgos rise di cuore e si inclinò all'indietro. "Cosa è saltato in testa al Principe Vegeta?"

"Chissà?" Disse Fasha, tracannando altro liquido.

"Adesso basta." Shugesh s'inclinò in avanti, come se stessero parlando di tradimento invece che di insignificanti pettegolezzi. "Bardock, per quale ragione ci hai fatto venire qui?"

Bardock si appoggiò al tavolo con una mano e lo indicò con l'altra. "Ho bisogno che indaghiate su qualcuno per me." Disse, a voce bassa.

"Abbastanza facile." Disse Tora, accigliandosi.

"Non così tanto. E' uno schiavo."

"Uno schiavo?" Chiese Fasha. "A che ti serve indagare su uno schiavo."

Bardock fissò il tavolo a lungo. "Penso si tratti di un Saiyan." Sussurrò. Tutti i suoi colleghi lo fissarono per un lungo momento. Fasha rise un po', nervosamente.

"Stai scherzando, giusto?"

"No. Rientra nel profilo alla perfezione, ed è corso verso di me l'altro giorno chiamandomi 'padre'." Disse, massaggiandosi il mento. "Il ragazzino proviene dalla Terra. Vi sembro simile a qualunque terrestre abbiate mai visto? Quindi se il ragazzino non mi ha mai visto prima, perché dovrebbe pensare che assomigli a suo papà. Il mio codice genetico è piuttosto elementare, quindi è possibile che suo padre sia un Saiyan di infimo livello- perché mi state fissando tutti in quel modo?" Sbottò.

Tutti e quattro i Saiyans si scambiarono un'occhiata e poi tornarono a fissare Bardock. Shugesh brontolò un po'. "Non riesci davvero a ricordarti un cavolo della tua vita privata."

"Di che diavolo stai parlando?"

"Non ricordi, Bardock?" Chiese Fasha, mettendo giù il suo bicchiere.

"Che devo ricordare?" Bardock spostò lo sguardo tra i suoi compagni. "Di che diavolo state parlando voialtri?"

Tora lo fissò, e si accigliò profondamente, sembrando insolitamente serio. "Bardock," Parlò con voce bassa. "La Terra era il pianeta su cui fu mandato tuo figlio. E' il pianeta che Kakaroth avrebbe dovuto invadere."

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Capitolo 6
*** Family Ties and Lullabies ***


Questa fanfic è una traduzione. Potete trovare l'originale qui: To the Victors Go the Spoils.
Pagina personale dell'autrice: HIGH and MIGHTY COLOR.
Traduzione in italiano a cura di Francesca Akira89.

Summary: Trunks e Goten sono stati ridotti in schiavitù sul Pianeta Vegeta, costretti a lavorare per le stesse persone che hanno conquistato il loro pianeta. Eppure alcuni estranei hanno un aspetto familiare. Principi e guerrieri di infimo livello. Di chi si tratta? AU Fic.


Raditz era seduto con le braccia incrociate sul petto, guardando suo padre camminare avanti e indietro per il pavimento di legno massiccio. Seguì l'uomo più anziano con gli occhi, e Bardock continuò a andare avanti e indietro. Raditz iniziò a tamburellare con un dito sul proprio bicipite, e si schiarì lievemente la gola. Suo padre non diede alcun cenno di aver sentito così se la schiarì di nuovo, questa volta più rumorosamente. Ancora una volta Bardock non gli prestò alcuna attenzione, e continuò a camminare. Raditz alzò gli occhi al cielo e voltò la testa.

"Dovrei chiamare qualcuno perché venga a sostituire il pavimento, oppure il tuo piano è consumarlo fino a scavare un buco che arrivi al centro del pianeta?"

Bardock si voltò rapidamente a fissare suo figlio, e aprì la bocca, come se stesse per gridargli contro o fargli una tipica tirata sul badare ai fatti propri, ma con grande shock di Raditz suo padre chiuse la bocca e si voltò, camminò fino al letto e ci si sedette. Intrecciò le mani sopra la bocca e iniziò a battere leggermente per terra con il piede, fissando con aria truce un punto sul muro.

"Padre, che sta succedendo?" Disse Raditz inarcando un sopracciglio. "Non ti vedevo tanto sconvolto dalla nascita di Kakarot."

Gli occhi di Bardock salirono di scatto su di lui, un' espressione furiosa sul viso. "Chi ha parlato di Kakarot?" Sbottò sulla difensiva.

Raditz sollevò un sopracciglio. "Io. Proprio in questo momento." Disse, scacciando la confusione dal suo viso con un battito di palpebre.

"Cos'hai da dire al riguardo?" Bardock stava squadrando suo figlio con un certo grado di sospetto.

Raditz aggrottò la fronte. "Niente." Disse, cercando di capire di che stesse parlando suo padre. "Ho detto che sembravi sconvolto come il giorno in cui è nato."

"Quel guerriero di infimo livello probabilmente è morto, perché dovrei essere sconvolto?" Disse Bardock, congiungendo le mani sopra la propria bocca. "Il pianeta su cui è stato inviato perché lo invadesse era ancora intatto quando l'abbiamo trovato, quindi chiaramente ha fallito ed è morto."

Raditz si limitò a fissare suo padre. "Cosa c'entra quello?" Poi ebbe un' illuminazione. "E' davvero per quello che sei tanto preoccupato? Kakarot? Padre sono passati quattro cicli! Perché stai pensando a lui solo adesso?"

"NON ci sto pensando!" Sbottò Bardock.

Raditz lo guardò in cagnesco a sua volta, e incrociò le braccia. "Beh se non è quella la ragione per cui sei tanto agitato, allora qual è?"

"Non sono affaracci tuoi." Bardock si alzò in piedi e si diresse verso la porta, e la aprì violentemente. "Sto uscendo. Tornerò più tardi." Se ne andò, sbattendosi dietro la porta. Raditz fece roteare gli occhi e si sfilò l'armatura, preparandosi per andare a letto. Aveva preso l'abitudine di non interessarsi davvero a ciò che faceva suo padre, dato che a suo padre non era mai davvero interessato ciò che faceva lui. Era il tipico metodo educativo dei genitori Saiyan.(*) Crescendo, Raditz aveva sempre silenziosamente invidiato il suo fratellino, nonostante fosse probabilmente morto. Scrollò le spalle e si lasciò cadere sul suo letto. Suo padre poteva fare quello che gli pareva.




Bardock percorse i corridoi sbattendo furiosamente i piedi. Fumò lievemente di rabbia prima di giungere in fondo al corridoio e spalancare la porta. Sbatté le palpebre e si fermò quando uno dei cardini si allentò e cigolò lievemente, staccandosi dal telaio. Sospirò e si massaggiò gli occhi, prima di appoggiarsi al muro. Non importava con quanto impegno o quanto a lungo ci pensasse, era una coincidenza troppo grossa. Suo figlio, che condivideva il suo codice genetico, e i suoi capelli -come l'aveva visto da bambino- era stato inviato sulla terra, e adesso più di qualche ciclo più tardi, un giovane dai lineamenti Saiyan, proveniente dalla Terra, gli correva incontro, scambiandolo per il proprio padre. Era una coincidenza eccessiva, e non importava con quanta forza provava a trovarle una spiegazione, continuava a giungere alla stessa conclusione. Il ragazzo era il figlio di Kakarot.

"No. Non è possibile." Disse, appoggiandosi al muro. "Non è possibile, non può essere!"

Tirò giù la mano dalla faccia e fece una smorfia. Doveva trovare un modo di accertarsene. Sia Tora che Fasha gli avevano suggerito di trascinare il ragazzo da Malaka e fargli fare dei test per vedere se si trattasse veramente di un Saiyan.
Ma così facendo gli sarebbe toccato spiegare perché avesse trascinato uno schiavo fuori dalla sala caldaia, e ne avesse fatto esaminare il sangue. E se il ragazzo si rivelava non essere un Saiyan, si trattava di un bel po' di spiegazioni da dare. Poteva semplicemente andare dal ragazzo e chiedergli se conoscesse Kakarot, ma anche così ci sarebbe stato parecchio da spiegare. Qualcosa doveva fare, però. Camminò per i corridoi e aprì la porta che dava sulla caldaia. Entrò e si appoggiò contro la porta. Incrociò le braccia sul petto, e chiuse gli occhi, seppellendosi in una profonda concentrazione. Ci doveva essere un modo di risolvere la situazione, e di farlo in fretta. Anche se non era proprio certo di cosa avrebbe fatto se avesse scoperto che il ragazzo era suo nipote. Comprarlo dall' acquedotto e portarlo a casa? Quello non era mai stato lo stile di Bardock; non era un gran genitore, quello era certo. Tuttavia, tenere un Saiyan come schiavo era inaudito. Non era sicuro di come avrebbe reagito il resto della comunità. Probabilmente avrebbero ucciso il ragazzo, colpevole di essere un disonore per il sangue Saiyan, cosa che avrebbe spiegato perché il ragazzino non ne parlasse.

Tuttavia, non poteva semplicemente lasciare le cose così. Avrebbe dovuto trovare un modo di entrare in possesso segretamente del DNA del ragazzino e farlo esaminare. A quel punto poteva decidere che direzione prendere. Ma dove diavolo poteva andare a prendere il DNA del ragazzino? Non era come se potesse semplicemente avvicinarsi al ragazzino e dire: "Dammi il tuo sangue."

La testa di Bardock si sollevò di scatto, e i suoi occhi si spalancarono. "Aspetta un secondo." Borbottò. "Sangue." Infilò una mano nella tasca e tirò fuori il panno marrone che portava con sé. Lo dispiegò, e fece un largo sorriso. Era ancora macchiato di sangue. Il sangue del ragazzino. Sorrise, si rificcò il panno nella tasca e girò i tacchi, diretto all'uscita dell'impianto. Si diede mentalmente una pacca sulla schiena per aver aiutato il ragazzino la volta prima. La fortuna stava finalmente girando dalla sua parte.




Goten si lasciò cadere sulla sua amaca e ci si stese con il braccio sinistro che pendeva da un lato. Seppellì il viso nel cuscino e fece una smorfia mentre gli altri schiavi iniziavano a fare lo stesso. Sembrava che questa giornata fosse durata anni, e per qualche motivo aveva lasciato addosso a Goten una sensazione di profonda ansia. Come se stesse per succedere qualcosa di brutto. Sussultò al dolore alle articolazioni lasciatogli dal lavorare, e al dolore al viso lasciatogli dal pestaggio subito prima. Nel complesso si sentiva malissimo. Si voltò sulla schiena e fissò il soffitto, che si trovava a soli pochi passi di distanza dalla sua testa. Allungò la gamba fino a toccarlo e scalciò, lasciando che la sua amaca dondolasse avanti e indietro, dolcemente. Chiuse gli occhi e ascoltò i sibili e gli stridii della caldaia, e i singhiozzi sommessi degli altri schiavi. Alcuni di loro erano più nuovi rispetto agli altri, e non erano ancora abituati alle piaghe e alle bruciature rimaste sui loro corpi. La ninna nanna del marmocchio di caldaia.

Goten si voltò su un fianco mentre la sua amaca tornava gradualmente immobile, e canticchiò lievemente tra sé e sé, a labbra strette. Afferrò i bordi della sua coperta e se la tirò addosso, nascondendo il viso. Da qualche parte sotto di lui sentiva gli altri schiavi parlare, il tono rassicurante, cercando di aiutare coloro che stavano male.

"Shh, va bene." Sussurrò uno. "Vedi? Il dolore va via. Lo fa sempre."

Goten sollevò la mano e si toccò il segno nero e blu rimastogli sul naso e sotto gli occhi. Il dolore si era già attenuato, ed era quasi certo di essersi distrutto tutti i nervi delle mani. Le bruciature e le bolle non gli davano più neanche fastidio. Si passò di nuovo un dito ruvido sul naso e si voltò con il viso rivolto verso il soffitto. Perché? Perché quel Bardock l'aveva aiutato? Non aveva senso.

Era quasi più crudele per Goten. Il giorno prima aveva visto Bardock e l'aveva scambiato per suo padre. Ma era riuscito a liberarsi di quell'attaccamento con facilità, quando aveva visto la fredda occhiataccia spietata che Bardock gli aveva rivolto. Poi, oggi... gli aveva ripulito il viso, e gli aveva parlato come se fosse una persona. Faceva emergere tutto il dolore e la rabbia che Goten provava quando doveva ricordarsi che quest'uomo non era suo padre. Era così difficile tenere i volti separati. Se assomigliava a suo padre, ma non si comportava come suo padre, allora non c'era confusione. Ma quando assomigliava a suo padre ed esprimeva una qualche forma di preoccupazione... era come se una morsa ghiacciata serrasse il cuore di Goten.

"Jeez, che problema ha...?" Mormorò. I Saiyans erano crudeli, sì, ma pochi di loro potevano essere definiti dei geni psicologici. Nessuno che avesse incontrato comunque. I Saiyans di terza classe da cui era circondato non erano precisamente i soggetti più sagaci e capaci. (**) Aveva sentito dire che l' elite avesse una fama per cose simili, ma non la terza classe. Goten scosse la testa e incrociò le braccia dietro la nuca. "Beh... oh beh." Sorrise. Non aveva intenzione di lamentarsi quando qualcuno lo aiutava. Dopotutto, se non fosse arrivato Bardock, Raditz avrebbe potuto anche ucciderlo.

Goten rotolò sullo stomaco e guardò gli schiavi sotto di lui, notò alcuni altri schiavi più grandi andare in giro a medicare le ferite. Aggrottò le sopracciglia e incrociò le braccia, appoggiandovisi. Desiderava intensamente aiutare, ma l'ultima volta che ci aveva provato era stato più d' intralcio che d'aiuto. Era bravo a infliggere ferite, non tanto bravo a curarle. S'inclinò in avanti e sussurrò: "Serve aiuto?"

Un' altra schiava alzò lo sguardo verso di lui, e sorrise. "Penso che siamo a posto." Rispose. "Tra l'altro, vuoi che qualcuno ti dia un'occhiata alla faccia?"

"Hm?" Si toccò di nuovo i lividi. "Cosa, questo? No, no, va bene." Le rivolse un ampio sorriso, incrociando le braccia. "Guarirà da sé." Si dondolò un po' nell'amaca, prima di accigliarsi. "Tra l'altro, i Topi di Fogna non hanno chiesto di me affatto?"

"Non che io sappia. Perché?"

"Ho chiesto delle informazioni." Rispose Goten. "Niente di grosso."

Un altro schiavo si tirò su, e si sporse dalla sua amaca per alzare lo sguardo su Goten. "Che cosa hai chiesto?" Disse, la curiosità splendente negli occhi.

"Informazioni su quel Saiyan." Disse, appoggiando il mento sulle braccia.

"Quello che ti ha picchiato?"

"No, quello che mi ha aiutato."

"Oh già." Un altro schiavo lo fissò. "L'ho visto, è stato strano. Cos'era?"

"Non so. E' un tipo strano." Rispose Goten rivoltandosi sulla sua amaca, incrociando le braccia dietro la testa.

"E' quel Bardock, giusto?" Disse una ragazza, asciugandosi le mani con uno straccio.

"Lo conosci?" Chiese Goten, voltandosi all'istante e quasi gettandosi giù dall'amaca.

"Ne ho sentito parlare." Rispose lei, sedendosi. "Appartiene alla terza classe, ovviamente, ma a quanto pare, è forte quasi quanto il Principe." Disse, gettandosi lo straccio sulla spalla. "Dicono torni da ogni missione quasi morto, e quando guarisce rinviene potente almeno tre volte tanto. Lui e la squadra prendono lavori che nemmeno i guerrieri d' elite toccherebbero."

Goten alzò un sopracciglio. "E' così forte?" Non aveva neanche sentito il Ki di Bardock, ma non aveva mai pensato di doverlo fare. "Perché fa ancora parte della terza classe se è tanto potente?"

"Non so, forse gli piace."

"Giusto, perché essere al gradino più basso della scala gerarchica è talmente divertente." Disse un altro ragazzo. "Voglio dire, guarda noi. Siamo semplicemente euforici!"

Tutti risero, e Goten sorrise, tornando a voltarsi sulla schiena. Se non altro, poteva almeno trarre conforto dal fatto che sarebbe potuta andare peggio.




Bardock stava ritto di fronte al medico, con impazienza, le braccia incrociate. Il suo piede scalpicciava su e giù, e sul volto aveva un'aria corrucciata. Ci stava volendo più tempo di quanto si aspettasse, e non gli piaceva. A quanto pareva semplicemente imbrattare di sangue un panno e poi gettarlo ad un medico dicendogli di identificarlo non era una buona idea, perché a quanto sembrava rendeva il lavoro del medico molto più difficile. Se ne stava là in piedi da un'ora ormai, e stava diventando sempre più impaziente ogni secondo che passava. Malaka lo guardò di rimando e sospirò attraverso le narici in cima al suo becco.

"Sai, Bardock, fissarmi non mi farà andare più veloce."

Bardock sbuffò e voltò i tacchi. "Lasciami solo sapere quando hai finito."

Malaka continuò il suo lavoro, e fissò Bardock con sospetto. "Cosa speri di trovarci, Bardock?"

"Non sono affari tuoi, solo fa' ciò che ti dico."

"Se sapessi cosa stai cercando potrei trovarlo più facilmente."

"Voglio sapere a che tipo di persona appartiene il sangue!" Sbottò. "Quindi limitati a capirlo, e dimmelo. Faresti più in fretta se la smettessi di voltarti a parlarmi ogni cinque secondi!"

I due piombarono in un silenzio sgradevole, e Bardock aggrottò la fronte. Non era ancora sicuro di cosa avrebbe fatto se il sangue avesse avuto un riscontro positivo. Una parte di lui era nel panico e pregava dio che non lo fosse. Il silenzio continuò per lungo tempo prima che Malaka afferrasse un foglio di carta appena stampato da una macchina.

"Ecco, finito. Soddisfatto?"

"Lo sarò una volta che mi dirai i risultati." Bardock sbatté il piede su e giù, rabbiosamente. "Quindi?"

Malaka esaminò il foglio, e scrollò le spalle. "E' normale." Disse semplicemente. "Gruppo sanguigno normale, leggeri sintomi di malnutrizione, e leggermente anemico, ma nel complesso niente di serio-"

"Non m'interessa quello!" Sbottò Bardock facendo un passo avanti. "E' Saiyan?" Sibilò.

"E'... che cosa?" Malaka alzò lo sguardo su di lui, la confusione incisa nei suoi lineamenti.

"E' sangue Saiyan?"

"...Sì, certo che lo è." Affermò Malaka, sembrando scioccato. "Che hai fatto, hai solo raccolto un panno insanguinato a caso e me l'hai portato? Non sai neanche a chi appartiene questo sangue?"

Bardock aveva smesso di ascoltare. Fece un passo indietro e sbatté con la schiena contro il muro. "Lo sapevo..." Sussurrò. Si strinse la testa tra le mani. Combaciava; il ragazzo era un Saiyan. Quello poteva significare una cosa sola. Bardock era nonno. Scosse la testa e fece un passo indietro. "E' un Saiyan."

"Beh, quasi." Disse Malaka, guardando il foglio.

"Quasi?" Bardock lo fissò.

"Sì, è solo per metà Saiyan."

Bardock riportò lo sguardo di fronte a sé, e sospirò. Aveva senso. "Mi sai dire se è corrispondente... al mio?" Chiese sommessamente.

"Non è il tuo sangue, Bardock."

"Lo so! Puoi dirmi se è... imparentato con me?"

"No, non c'è abbastanza per quello."

Bardock annuì e si sedette. Non ne aveva bisogno; aveva tutte le prove che gli servivano. Incrociò le braccia e fissò il muro per un minuto prima di chiudere nuovamente gli occhi e corrugare la fronte. "Grazie, doc." Si voltò e abbandonò la stanza, massaggiandosi il mento. Il ragazzo doveva essere figlio di Kakarot. Non c'erano altre spiegazioni. Sì, il Principe Vegeta aveva fatto un atterraggio di fortuna là un po' di tempo prima, ma non c'erano stati Saiyans di terza classe a bordo di quella navicella. Tuttavia, adesso che lo sapeva, doveva capire cosa fare dell'informazione. Poteva semplicemente affrontare il ragazzo, dirgli che sapeva, ma non era ancora sicuro che fosse la scelta più furba. Bardock avrebbe dovuto tenersi l'informazione per sé, per il momento. Poteva chiedere a Tora e agli altri cosa pensavano che avrebbe dovuto fare, ma per ora avrebbe tenuto la bocca chiusa al riguardo. D'altro canto. Nonno. Non aveva mai pensato che sarebbe stato una cosa del genere, con Kakarot presunto morto e Raditz che era, beh... Raditz. Bardock si diresse di nuovo verso l'acquedotto, e alzò lo sguardo al cielo. Era veramente un bel casino.



Note dell'autrice:

Per qualche motivo sono parecchio insoddisfatta da questo capitolo. L'ho riscritto sette volte prima di arrivare al punto di ritenerlo pubblicabile. :/

Note di traduzione:

(*) "This was typical Saiyan parenting" - "Parenting" è un po' ambigua come parola. Non sono sicura che la traduzione sia la migliore. Ho pensato anche a: "Il tipico rapporto padre/figlio Saiyan."
(**) "the best and brightest" - Inizialmente l'avevo tradotto più letteralmente "i migliori e più brillanti elementi", però non mi piaceva molto perché veniva a mancare l'assonanza originale. Così ho chiesto consiglio qui, dove myellin91 ha suggerito questa nuova traduzione. :)

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Capitolo 7
*** Pleasant Surprise and Haunting Eyes ***


L'espressione sul volto di Fasha era impagabile; ogni ferita, ogni colpo che aveva preso ne valeva totalmente la pena. Trunks se ne stava là sorridendole, reggendo l'armatura con un braccio e la camicia sotto l'altro. Fasha lo fissò per quella che sembrò un'eternità, la bocca leggermente aperta e degli appunti che le pendevano mollemente dalle dita.

Trunks si agitò sul posto e sorrise leggermente. "Sono tornato."

Vegeta aveva dedicato l'intera giornata all'allenamento, o "rodaggio". Ne era uscito con altri tagli e lividi in luoghi che aveva dimenticato di avere, e si sentiva esausto. Comunque, Vegeta stesso non ne era uscito illeso, e il pensiero gonfiava Trunks di orgoglio. Era riuscito a piazzare più di un paio di buoni colpi, e non era stato minimamente rimproverato per questo. Anzi, Vegeta era sembrato più divertito le volte che Trunks era riuscito a colpirlo. Questo aveva solo confermato i sospetti di Trunks: Vegeta era fuori di testa.

Fasha aggiustò la stretta sugli appunti e annuì. "Lo vedo." Disse, venendogli incontro. "Sembra che Nappa mi debba cento Zeni."

Trunks sbatté le palpebre. "Tu e Nappa avete fatto delle scommesse sul mio ritorno?"

"Sì." disse Fasha, ghignando e tamburellando con le dita la cartella degli appunti.

"...E tu hai scommesso che sarei tornato?"

Fasha gli mandò un' occhiata brusca. Aggrottò la fronte e si voltò, con uno sbuffo. "Non fare il sentimentale, ragazzo. Lui ha scommesso che saresti morto entro la fine della giornata, e io ho accettato, tutto qui. E' una piacevole sorpresa." Lo guardò da sopra la spalla. "Ora, vieni." Disse, schioccando le dita. "Non ti aspetto."

Trunks aggrottò la fronte confuso, ma la seguì quando cominciò a camminare. Le andò dietro lentamente e finalmente osò chiedere. "Dove stiamo andando?"

"Alle vasche di rianimazione." Rispose semplicemente.

Trunks fu preso alla sprovvista. Le aveva viste prima, ovviamente, ma non c'era mai stato. Si guardò e non poté fare a meno di pensare che fosse un po' eccessivo. Le ferite non erano tanto gravi. Non aveva ossa rotte e neppure aveva perso molto sangue. Guardò Fasha e si schiarì la gola. "Non penso di averne bisogno..."

"Non m'interessa." disse Fasha. "Francamente, neppure io lo penso. Quelle sono ferite superficiali, cosa ancora più sorprendente del fatto che tu sia tornato vivo."

"E allora perché preoccuparsi di curarmi?"

"Perché sei un servitore reale. Non puoi comparire di fronte la famiglia reale tutto mal ridotto."

Trunks si fermò di botto. "...Mi state curando..." iniziò a dire, sollevando una mano. "Unicamente per farmi apparire carino?"

"Non montarti la testa. Sei uno schiavo. Devi solo apparire presentabile."

Trunks scosse il capo. "Non capirò mai la vita di palazzo." Disse, riprendendo a seguirla. La donna lo condusse ancora per bui corridoi finché non raggiunsero una stanza bianca, con una singola vasca di rianimazione sul retro. Trunks notò un anziano in camice bianco nello stesso luogo, intento a controllare delle carte.

"Planthorr!" sbottò Fasha, mettendosi una mano sul fianco. "Devi curare questo." disse, indicando bruscamente Trunks con il pollice. "Non è mal messo quindi non dovrebbe volerci troppo." Mise una mano sulla spalla di Trunks e lo spinse in avanti. Lui barcollò un po', e si raddrizzò di fronte al vecchio che si era voltato a guardarlo.

"Ah, salve." sorrise.

Trunks fece un lieve cenno con il capo, mentre Fasha abbandonava la stanza. Il vecchio sembrava abbastanza gentile, ma Trunks era stato uno schiavo abbastanza a lungo da non fidarsi delle apparenze. L'anziano gli venne incontro e gli porse la mano.

"Ecco, dalle a me." Disse, rimuovendo armatura e camicia dalla stretta di Trunks. Trunks gli permise di prenderle senza dire niente. L'uomo si limitò a sorridere. "Puoi rilassarti, figliolo. Nessuno ti farà del male qui; questa è un'infermeria dopotutto. Il dolore sarebbe controproducente." Si voltò e poggiò armatura e camicia sul tavolo. "Io sono Planthorr, e finché sei in questa stanza, sei al sicuro."

Trunks si rilassò visibilmente, e annuì lentamente. "Grazie."

Planthorr gli sorrise e si voltò verso la vasca di rianimazione. Armeggiò con un paio di cavi e pulsanti per un momento, con dita vecchie e nodose. Sospirò e Trunks stava per offrirgli il suo aiuto, quando Planthorr si girò verso una stanza attigua e chiamò: "Bambina, mi aiuteresti con questi?"

Trunks osservò mentre una ragazza entrava camminando all'indietro, una grossa scatola tra le braccia. La mise giù e si voltò, sorridendo. "Certo, non... Trunks?"

Trunks fece un passo indietro, lo shock evidente sul suo volto. "Videl!"

Videl era di fronte a lui, a fissarlo, una mano a coprirle la bocca, la confusione e lo shock palesi sul suo volto come lo erano su quello di Trunks. Planthorr li osservò entrambi e si schiarì la gola. "Voi due vi conoscete, dunque?"

"S... sì." disse Videl, guardandolo. "Proveniamo entrambi dallo stesso pianeta."

"Oh, che coincidenza." disse Planthorr, sorridendo.

Trunks lo sentì appena. Fece un passo in avanti. "Videl, cosa ci fai qui?"

Videl si tirò giù il collo alto dell'abito rivelando una fascia metallica che le cingeva il collo vero. "La stessa cosa che ci fai tu." disse, facendosi avanti. "Do una mano qui, nella infermeria e qualche volta di sopra nella sala allenamenti." avanzò di qualche passo. "Tu sei uno schiavo combattente?" chiese, squadrandolo con attenzione. Trunks capiva la sua confusione. Era stato addestrato per il lavoro pesante, non per quello domestico. Si massaggiò la nuca.

"Qualcosa del genere." sorrise. "Sono felice di vedere che stai bene... l'ultima volta che ho avuto tue notizie è stato quando tuo padre..." le parole gli morirono sulle labbra quando ricordò cosa fosse successo esattamente.  Vide il dolore negli occhi di lei, e aggrottò la fronte, distogliendo lo sguardo. "Mi spiace. Non volevo..."

"No, va bene." Videl scosse il capo. "Se non fosse stato tanto vanaglorioso, allora non sarebbe..."

Trunks scosse la testa. "Era fatto così. Non puoi biasimarlo per quello."

"Non puoi negare che, se non si fosse proclamato campione della terra, e non avesse detto che avrebbe sconfitto da solo tutti i Saiyan, adesso sarebbe ancora vivo." disse Videl, guardandolo.

"Non posso negarlo." ammise Trunks. "Ma, comunque, se si fosse comportato in un altro modo non sarebbe stato se stesso." sorrise leggermente e le si avvicinò. "Mi dispiace, non siamo riusciti a salvarlo."

Videl scosse la testa e si mise le mani sui fianchi. "Va bene." disse, alzando lo sguardo su di lui. "Non dovremmo parlare di cose così deprimenti. Avrò tempo per piangere mio padre dopo che avremo sistemato questa situazione." Trunks annuì. Quello era lo spirito. Planthorr era tornato a occuparsi della vasca, e Videl lo guardò, e incrociò le braccia. "Non si hanno notizie di Gohan, allora?"

Trunks scosse il capo. "Non che io sappia."  disse, accigliato. Videl si abbatté visibilmente e Trunks le posò una mano sulla spalla. "Verrà, Videl. Lui, e Piccolo, e Goku. Non ci lasceranno qui." parlò con più sicurezza di quanta ne provasse. Piccolo aveva portato Gohan e Goku in paradiso per allenarsi, o nel caso di Goku, perché guarisse dalla malattia. Ce li aveva portati non appena era iniziata l'invasione, sapendo bene che il loro potere non sarebbe stato sufficiente a sconfiggere i Saiyans. Aveva provato a prendere con sé anche Trunks e Goten, ma loro si erano rifiutati, sostenendo che qualcuno doveva restare sulla Terra a combattere e a dimostrare ai Saiyans che non sarebbe stato facile come pensavano. E l'avevano fatto. Trunks e Goten erano stati una forza potente contro cui scontrarsi, ma non potevano proteggere tutti, e alla fine i Saiyans avevano vinto.

"Certo che lo farà." disse Videl, sorridendo. "Tutti loro lo faranno." diede una forte pacca giocosa sulla spalla di Trunks e poi gli indicò la vasca. "Rimettiamoti in sesto allora." si voltò e andò da Planthorr e si occupò del lavoro che lui non riusciva a fare con le sue agili dita. "Sei mai stato dentro una di queste prima, Trunks?" chiese.

Trunks scosse il capo. "No, mai." disse, avvicinandosi.

Videl si voltò e spinse un bottone, il coperchio di vetro si sollevò aprendosi. Gli indicò una piccola piattaforma nel mezzo. "Puoi sederti là."

Trunks si infilò dentro e si sedette. Notò un tubo grigio sulla base della vasca con una mascherina attaccata. Videl gli fece cenno di indossarla e Trunks la raccolse. C'era un tubo più piccolo che sbucava dall'interno, si coprì bocca e naso con la maschera e vi strinse attorno i denti. Videl premette un pulsante e il coperchio di vetro si chiuse sopra di lui.

"Avrai un po' di freddo." disse, sorridendogli dall'altra parte del vetro.

La vasca iniziò a riempirsi di liquido blu-verde, e Trunks si irrigidì di riflesso. Prese dei profondi respiri attraverso la maschera, che gli pompava ossigeno nei polmoni, e si calmò dato che il tubo si riempiva piuttosto velocemente. Gli arrivò al petto, e istintivamente sollevò le testa mentre il liquido lo sommergeva. Fece altri respiri profondi, ricordandosi che poteva respirare, e sentì le ferite iniziare a pizzicare. Il dolore sembrava evaporare. Poteva sentire i muscoli distendersi e la pelle ricucirsi. Chiuse gli occhi e si godette la sensazione. Forse non sarebbe stato così male stare qui dopo tutto.
 



Vegeta ritornò nelle sue stanze e si chiuse la porta alle spalle. Si poggiò una mano sul collo e lo fece schioccare. Era passato del tempo dall'ultima volta che aveva devoluto un intero giorno all'addestramento. Essere il principe non ti lasciava molto tempo libero. D'altra parte, era il principe, e le persone sapevano che era meglio non interromperlo mentre si allenava. Era passato molto tempo anche dall'ultima volta che aveva avuto un avversario quasi al suo livello. Anche se Vegeta non aveva usato il Ki, il ragazzo era riuscito comunque a impressionarlo. Si tolse l'armatura e la buttò accanto al letto. Stese le braccia sopra la testa, stiracchiandosi e ascoltandole scricchiolare sotto la pressione. Si accigliò sentendo bussare e fece un verso di frustrazione. Era stanco di interruzioni.
"Avanti." sbottò. La porta si aprì e Nappa fece la sua entrata, sfoggiando un'espressione parecchio compiaciuta. Vegeta lo fissò accigliato. "Cosa?" domandò.

"Dobbiamo andare a comprare un nuovo schiavo allora, Vegeta?" chiese, sempre con la faccia di chi ha vinto una discussione ancora prima che fosse iniziata.

Vegeta fece un verso di derisione, mentre prendeva una camicia pulita. "No."

"No?"

"No." affermò Vegeta. "Il ragazzo è ancora vivo."

La mascella di Nappa crollò verso il basso. "Tu... non l'hai ucciso?" chiese, l'incredulità evidente nella voce. Vegeta gli mandò un'occhiataccia e Nappa incespicò nelle sue stesse parole. "Voglio dire, um... non è morto?"

Vegeta alzò gli occhi al cielo. "No, non l'ho ucciso, e no, non è morto. E' questo che significa 'è ancora vivo', Nappa."

"Ero certo che non fosse forte abbastanza da reggere a un simile addestramento." disse Nappa, guardando il principe muoversi per la stanza.

Vegeta ghignò, togliendosi i guanti. "Quindi dubitavi della mia scelta, Nappa? Non è molto incoraggiante."

"Non è questo che intendevo, altezza." Nappa s'inchinò. "E' solo... che è umano." disse, alzando il capo.

Vegeta si accigliò, togliendosi gli stivali con un calcio.  "Sì... lo so." la sua fronte si corrugò, mentre rifletteva. Durante il suo periodo passato sulla Terra non aveva mai incontrato un umano con un potere paragonabile a quello di questo ragazzo. Ovviamente escludendo Kakarot. Vegeta non aveva mai detto a nessuno del Saiyan rinnegato che viveva sulla Terra, e in cui si era imbattuto per caso. Vegeta l'aveva incontrato quando si era schiantato sul pianeta, e l'aveva riconosciuto in base alla sua identificazione. Ricordava i racconti di Raditz su un suo fratello mandato lì e aveva fatto facilmente due più due. Sospirò e si passò una mano tra i capelli. Ripensare a quel piccolo pianeta blu conduceva inevitabilmente i suoi pensieri su di lei.

"Bulma..." sussurrò.

"Principe Vegeta?"

"Cosa?" alzò lo sguardo su Nappa. "Sei ancora qui?" si accigliò. "Fuori, subito!"

Nappa si inchinò e se ne andò e Vegeta voltò le spalle alla porta mentre si chiudeva. Chiuse gli occhi e pensò a lei. Fece una smorfia e si strappò il mantello dalle spalle. Sentiva la sua mancanza? "No." sbottò a nessuno in particolare. "Sono il principe dei Saiyans. Non mi manca quella donna volgare."

Ma gli mancava. Gli mancava il modo in cui lei l'avrebbe sfidato. Gli mancava il suo modo di tempestargli il petto di pugni quando era arrabbiata, e il modo adorante in cui lo guardava quando non lo era. Gettò il mantello sulla sedia e si diresse furiosamente in bagno.

"Ridicolo." ringhiò. Aveva dovuto lasciarla. Per i Saiyans nulla contava a parte il brivido della battaglia. Doveva andarsene per non perdere il proprio orgoglio e onore di principe. Lei l'aveva reso debole. L'aveva reso molle. E ancora, in qualche modo, l'aveva reso così tanto migliore.

Gli occhi del giovane erano un doloroso ricordo. Ma Vegeta aveva scoperto da tempo, che era un dolore cui anelava, e un ricordo da cui una parte di lui temeva di stare separato.



Nota della traduttrice:

Mi scuso per il ritardo.
Avendo iniziato questa "impresa" in un momento di calo di creatività, quando la voglia di scrivere le mie ff mi è tornata, ho finito con l'allontanarmi da questa traduzione... anche per via dello scarso seguito che ha ricevuto... voglio dire, per il fandom in cui si inserisce non ha ricevuto molte recensioni... e alcuni dei recensori hanno (giustamente, per carità) deciso di leggere direttamente la storia in lingua originale... insomma, sentivo un certo senso di INUTILITA' nel lavoro che stavo facendo, e questo mi ha un po' bloccata...
Comunque, è mia ferma intenzione finire quello che ho iniziato... quindi, ehm, eccovi finalmente il settimo capitolo tradotto...? Se interessa ancora a qualcuno...
Ci 'vediamo' all'ottavo capitolo ("Helping Hands and New Laid Plans"). Saluti,
Francesca Akira89

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