Everybody Lies - good to know -

di Swindle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Something is happening ***
Capitolo 2: *** The beginning of the show ***
Capitolo 3: *** Call me 'Bob' ***
Capitolo 4: *** Only a supposition ***
Capitolo 5: *** You must lie! ***
Capitolo 6: *** Raison d’être ***



Capitolo 1
*** Something is happening ***


PRESENTAZIONE:

Buondì, gentaglio!
Ebbene, dopo aver postato vecchie drabble, flash fic, one-shot e quant'altro, è giunto il momento di rimettere mano a questa vecchia fanfiction a capitoli, sperando che almeno questa possa suscitare qualche reazione (e qualche commento in più! =P )
Iniziai a scriverla oramai 3 anni fa, quando lo show di House era ancora al massimo del suo splendore, ed è ambientata durante la serie che davano all'epoca: la quinta.
Per la precisione in un punto imprecisato dopo la 5x11 - 5x12.
So che oramai i ricordi di quelle puntate sono sfumati e chiusi nei cassettini della memoria, per cui ho pensato di farvi un veloce "ripasso" dei personaggi e di cosa combinavano all'epoca.
House: ha baciato qualche puntata prima la Cuddy (5x06), ma non vuole avere una relazione con lei, o almeno così dice. Non ha ancora le allucinazioni.
Wilson: è ancora un pò scosso dalla morte di Amber (finale 4 stagione), ma ha capito di non poter stare lontano da House, l'unica persona in grado di farlo sorridere.
Cuddy: è riuscita ad adottare una bambina, Rachel (5x11), e ora cerca di destreggiarsi tra i suoi nuovi impegni di mamma e quelli vecchi di capo dell'ospedale. Nelle puntate precedenti, forse, ha pensato davvero potesse nascere una relazione con House, ma quest'ultimo le ha fatto cambiare idea...
Cameron e Chase: la prima a capo del pronto soccorso, l'altro in chirurgia, stanno finalmente (e seriamente insieme). Ogni tanto aiutano ancora House e i suoi nuovi "paperotti".
Foreman e Tredici: si frequentano, da poco. Tredici è entrata nel trial clinico, capitanato da Foreman.
Taub: ha confessato alla moglie di averla tradita, ma le cose sembrano andare bene (no, non si sono ancora separati e le figlie non sono ancora nate).
Kutner: si è da poco scoperto che al liceo era un bullo, e i suoi pensieri sul suicidio (no, non è ancora morto... >.< ).
Bene, fatta questa carrellata di personaggi, ho ancora da dirvi due cosucce:
- questa fanfiction è piuttosto particolare perchè è scritta a mo' di "canovaccio", perchè volevo rendere la recitazione. I capitoli saranno per cui divisi in "scene", con scritto solitamente il luogo e i personaggi in scena (es. Ufficio della Cuddy, House e Wilson). I dialoghi invece saranno scritti mettendo all'inizio il personaggio che parla (es. House: "Ciao, come va?"). Ci potrebbero essere flashback, nel qual caso ci saranno indicazioni nel titolo della scena. [Sembra tutto molto complicato, ma in realtà è più semplice della spiegazione!]
- la storia è divisa in parti, che sono poi i giorni in cui si svolge (es. Prima parte = Primo giorno). Ho già tutta la prima parte pronta, e mentre la posterò (credo di riuscire un capitolo a settimana), andrò avanti a scrivere.
Che dire? Scusate per questa pappardella, ma serviva per spiegarvi, giuro. xD
Spero che vi piaccia, e che riuscirà ad emozionarvi almeno un pò!

Rika (=







Everybody Lies

- Good to Know -

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Prima parte - Day 1







Chapter 1 – Something is happening


- Ospedale noto, due medici di nostra conoscenza-

Scarpe marroni, pantaloni grigi, camicia bianca, giacca beige e cravatta caki: pessimi abbinamenti.

L’uomo, seduto davanti ad una scrivania, leggeva delle cartelle, e ogni tanto scriveva qualcosa con una stilografica dalla bella fattura, in assoluto silenzio.

Non si sentiva nulla, tranne un fastidioso rumore regolare: tum-tum-tum.

Era una pallina rossa e grigia, che un secondo uomo, che indossava sneakers, blue jeans e una maglietta nera dei “The Who”, tirava con una mano contro il muro, per poi riprenderla con l’altra mano.

Wilson come al solito cercava di fare il proprio lavoro, mentre House, altrettanto ordinariamente, era svaccato a far nulla sul divanetto dell’ufficio di Wilson, il bastone abbandonato a terra.

Tum-tum-tum.

House: « Esattamente quanti disgraziati con il cancro, ma naturalmente miracolati dal tuo aiuto, sono stati seduti su questo divanetto? »

L’altro rispondendo continuò a scrivere. E non badò al tono ironico di House.

Wilson: « Ma non so… ti va di leggere le mie cartelle? »

House: « No, per carità! Non ci tengo a sapere quante malate di tumore ti sei portato a letto! »

Wilson sbuffò. Non aveva nessuna intenzione di rispondere.

Tum-tum-tum.

Wilson: « Ma non hai… ? »

House: « Se stai per chiedermi se non ho nulla da fare, risparmia il fiato, perché la risposta è ovvia. Certo, potrei andare all’ambulatorio… oh, ma aspetta! Credevo che il compito dei medici fosse curare le malattie! »

Wilson: « Per la verità sarebbe curare i malati, e… » replicò alzando appena lo sguardo verso di lui.

House: « Ah, tutte cavolate! Evitami la ramanzina! »

Wilson tornò a scrivere, scuotendo la testa sconsolato.

Tum-tum-tum.

Wilson smise di scrivere all’improvviso, corrugando la fronte.

Wilson: « Hai notato l’assenza della Cuddy, questa mattina? »

House: « Ah, ecco cos’è che mi mancava oggi! Mi chiedevo come mai non sentissi quella fastidiosissima vocina nell’orecchio, che cerca sempre di dirmi cosa fare e non ci riesce mai. »

Wilson: « Si sarà presa la mattina per Rachel. » affermò, ignorando l’amico.

House smise un attimo di tirare la pallina, alzò le spalle e sollevò un angolo della bocca in un sorrisetto, con la sua solita espressione beffarda.

House: « Giusto! Che dici?! Si sarà finalmente decisa ad affogare la piccola “Rachel-pappa-cacca-vomito-pianto-amore di mamma”?! »

Wilson scosse la testa.

Wilson: « Sei sempre il solito. » commentò borbottando.

Sospirò e ricominciò a scrivere.

Tum-tum-tum.

 

- Tre ore prima, davanti ad una graziosa villetta-

La donna uscì di fretta dalla casa, spingendo avanti la carrozzina e sbattendosi la porta dietro le spalle.

Vestiva scarpe nere a spillo, una gonna blu che gli arrivava alle ginocchia con uno spacco di qualche centimetro, una camicia azzurra i cui bottoni erano sbottonati fin quasi al seno, una giacchetta coordinata alla gonna e un foulard bianco al collo. Infine aveva i capelli sciolti, lasciati cadere sopra il tailleur.

Mosse qualche passo in avanti, ma all’improvviso si sentì tirata dal collo, e fu sbalzato all’indietro. Imprecando a bassa voce, strattonò il foulard per toglierlo dall’incastro nella porta, quando –crash!-.

Cuddy: « Perfetto. » disse arrabbiata mentre si rialzava da terra « ora ci si mette anche il foulard! »

Cuddy lasciò il foulard rotto in mezzo alla porta, e sbuffando e borbottando che era uno dei suoi preferiti, afferrò i manici della carrozzina e la spinse lungo il vialetto della villa.

Cuddy: « Proprio oggi doveva ammalarsi la baby-sitter! » guardò nervosamente l’orologio « Sono in ritardassimo! »

Arrivata davanti all’automobile si accorse di aver dimenticato le chiavi della sua macchina in casa. Alzò gli occhi al cielo, arrabbiata. Diede un’occhiata a Rachel per assicurarsi che fosse tutto a post, poi fece dietro-front e tornò a passo di marcia dentro alla villa.

Pochi secondi dopo, affannata e di umore già nero, era nuovamente vicino alla macchina.

Cuddy: « Ah, Rachel, Rachel. Stavolta la mamma è proprio in ritardo. » disse guardando la bambina nella carrozzina « Sono davvero nei guai. »

Improvvisamente si sentì immobilizzata in una presa ferrea, un braccio spuntato dietro di lei le stringeva le braccia alla vita, mentre una mano le chiudeva la bocca. Una voce profonda le sussurrò all’orecchio: « Sì, dottoressa Cuddy. Lei è davvero nei guai. »

L’ultima cosa che vide, mentre sprofondava nell’oblio, fu l’espressione della figlia che la guardava curiosa con i suoi grandi occhi grigi. Con gli occhi sbarrati dal terrore, alla Cuddy non servirono le proprie competenze mediche per capire che qualcuno la stava drogando con il fazzoletto premuto sulla sua bocca…

 

-Sei ore dopo, House’s home-

House era stravaccato sul suo divano, e stava facendo zapping alla tv. Era appena tornato, in anticipo come sempre, dal lavoro. Il suo telefono cellulare cominciò a squillare: si protese sul divano, arrivando appena con le dita ad afferrarlo. Guardò il nome apparso sul telefonino e sorrise.

House: « Cuddy! » rispose con la sua intonazione beffeggiatrice « Wilson ti ha cercato tutto il giorno! Dov’eri finita?! Anche se personalmente non ho sentito la tua mancanza, ma… Non ti avranno mica rapito? » ridacchiò stupidamente, non sapeva quanto vere potessero essere le sue parole derisorie, ma si fermò subito sentendo il tono di lei e la sua voce incrinata.

Cuddy: « House… »

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Capitolo 2
*** The beginning of the show ***


Oh, ma è già lunedì! =)

Ecco l'aggiornamento... enjoy it!







Chapter 2 – The beginning of the show





- Wilson’s office, ancora House e Wilson -

House aprì di scatto la porta dell’ufficio di Wilson, che, preso alla sprovvista, sobbalzò sulla sedia.

Wilson: « House? » guardò l’ora incredulo « Cosa ci fai qui alle… mmm… addirittura cinque del pomeriggio? »

House fece finta di non sentirlo, una mano stretta sul bastone e l’altra sulla maniglia, ma quello che stupì e zittì l’oncologo fu l’espressione estremamente seria che aveva sul viso. Non era da lui.

House: « Fra cinque minuti. Voglio te, il nuovo e il vecchio staff nel mio ufficio. »

Detto questo, sparì tanto velocemente quanto gli permetteva il bastone, lasciando confuso e a bocca aperta Wilson.



- Ufficio di House… affollato -

Pochi minuti dopo i medici con cui House aveva lavorato negli ultimi tempi, più Wilson, e che aveva chiamato, lo trovarono appoggiato di spalle alla sua scrivania, il bastone abbandonato lì vicino, e le mani strette attorno alla sua pallina rosso-grigia. Quando entrarono, diede loro una rapida occhiata, tornando poi a fissare il pavimento.

House: « Dove sono Taub e Chase? » chiese semplicemente.

Foreman: « Taub è giù al pronto soccorso, sua moglie è stata coinvolta in un incidente, è in rianimazione. » rispose subito.

Cameron: « E Chase sta… » iniziò a dire, ma fu immediatamente interrotta.

House: « Non mi interessa. L’ho chiesto solo per far notare la loro assenza. Chiamateli, vi aspetto fra poco nell’ufficio della Cuddy. »

Foreman: « Senti, House, già solo il fatto che tu sia qui a quest’ora, è indice che stai tramando qualcosa. Se è un gioco o un modo per metterci alla prova, facendoci girare l’ospedale, sappi che noi, al contrario di te, non abbiamo tempo da perdere. »

House non rispose subito, appoggiò la pallina sulla scrivania, riprese il bastone e cominciò a camminare. I medici, sbalorditi dal suo comportamento (quando mai House non rispondeva ad un offesa del genere?), lo fecero passare. Mentre uscita, dopo aver fulminato Foreman con lo sguardo, ripeté solo le parole di prima.

House: « Vi aspetto tutti nell’ufficio della Cuddy. »

E se ne andò.

Kutner: « Ma che sta succedendo? »

Cameron: « Wilson tu sai qualcosa? »

Wilson: « Ne so esattamente quanto voi… » disse scuotendo la testa.



- Chissà dove, chissà chi, con Cuddy -

Cuddy aveva i piedi legati a una sedia. Aveva da poco finito di parlare con House, descrivendogli a grandi linee la situazione ed usando le esatte parole che il suo rapitore le aveva suggerito.

Ora l’uomo stava trafficando con altre corde, per legarle anche i polsi.

Cuddy: « Ahi! » esclamò quando i cavi la ferirono.

« Mi scusi, madame. » disse l’uomo in tono sbeffeggiatore.

Cuddy si guardò intorno.

La stanza era semi-buia, se non fosse stato per una piccola lampada in un angolo.

Non vedeva nulla che la potesse aiutare, non aveva idea di dove si trovasse.

L’uomo l’aveva drogata, e al suo risveglio si era trovata lì, sola con lui, spaventata e in trappola, con un’arma puntata addosso che l’aveva obbligata a chiamare House.

Chissà perché poi proprio lui… Cuddy fissò l’uomo, di cui, dietro il passamontagna, s’intravedevano a malapena gli occhi.

Cuddy: « Dov’è mia figlia? » chiese in tono autoritario, squadrandolo.

L’uomo si fermò un attimo, restituendole lo sguardo. Ridacchiò.

« Wow. » disse « Come siamo combattivi. »

Cuddy sostenne il suo sguardo con fierezza.

« Non ti preoccupare. » continuò lui « È di là che dorme con un angioletto. Ma se fossi in te farei la brava… non vorrai mica che le succeda qualcosa, no? »

A quelle parole, Cuddy cominciò a sudare freddo dalla paura. Deglutì.

Cuddy: « Perché mi hai fatto telefonare a House? »

« Oh, quante storie per una telefonata. Stai tranquilla, d’ora in poi non dovrai più farlo. »

Mentre parlava, l’uomo le aveva immobilizzato anche le braccia.

Cuddy: « Cos’è che vuoi? » gli chiese.

L’uomo scoppiò a ridere.

« Cosa ti fa credere che te lo dirò? » disse mentre cominciava a imbavagliarla.

Cuddy morsicò il bavaglio e spostò la testa, impedendogli di chiuderle la bocca.

Cuddy: « Cosa vuoi da me? » chiese arrabbiata.

L’uomo la guardò, sorridendo oltre il passamontagna.

« Da te? Da te nulla! »

Poi riprese in mano il bavaglio che lei aveva spostato e le tenne ferma la testa.

« E ora sta zitta! » le ordinò « Che ho una telefonata importante da fare. »

E le serrò la bocca.



- Nell’ufficio della Cuddy, House & Co. -

House era comodamente seduto sulla sedia della Cuddy, le gambe appoggiate sulla scrivania, giocava con il bastone, roteandolo nella mano, quando arrivarono tutti, a metà fra il preoccupato, il curioso e l’arrabbiato.

House: « Oh, bene. » esclamò con un mezzo sorriso « Ora che so che basta questo per ottenere la vostra immediata attenzione, credo che farò in questo modo altre volte! »

Foreman: « Lo sapevo. » disse sbuffando « Non c’è alcuna emergenza. »

Chase: « Io me ne vado. Ho da fare. » s’incamminò verso la porta.

Taub: « Anch’io me ne vado. Mia moglie sta male, e non ho assolutamente intenzione… »

House: « Io non me ne andrei se fosse in voi… E quando dico “non me ne andrei”, in realtà voglio dire “non vi do il permesso di andarvene!” »

Chase: « Senti, House. Io sto lavorando. L-A-V-O-R-A-N-D-O. So che è un concetto che non ti è famigliare, ma… »

Foreman: « Chase ha ragione. Io devo andare in laboratorio. »

13: « E io ho le sedute per l’Huntington tra poco. »

All’improvviso, cominciarono tutti insieme a protestare arrabbiati. Wilson era l’unico che se ne stava zitto, insofferente.

House sbuffò, guardando l’orologio.

House: « Silenzio! » urlò.

Nessuno l’aveva mai sentito alzare la voce in quel modo, perciò si zittirono tutti immediatamente.

House: « Bene. Così va meglio. » sospirò « Taub, come sta tua moglie? »

Se prima il silenzio era assoluto, ora era diventato irreale.

House: « Cosa c’è? Cos’ho detto? » disse stupito.

Cameron: « Tu non hai mai chiesto una cosa del genere. » affermò a mo’ di spiegazione.

House: « Non credete alla mia buona fede? » chiese indignato.

Taub: « Veramente no. Comunque farò finta che t’interessi sul serio: no, non sta bene. È appena entrata in coma. »

House sospirò e annuì, non commentando, ma limitandosi a guardare nuovamente l’orologio.

House: « Mh. Mettetevi comodi. Non siete finiti in uno di quei programmi di prese in giro. Questo non è uno scherzo. Purtroppo, non ho più tempo per spiegarvi, ma credo che vi basterà l’intelligenza di cui, almeno spero, disponete per capire. »

Wilson: « House, dì le cose chiare e tonde. Cosa ci facciamo noi qua? »

House: « Siete tutti qui, perché io ho bisogno di voi. » disse guardandoli frettolosamente, ma uno ad uno.

Wilson: « No, no, un attimo. Non credo di aver capito bene. » disse quasi scandalizzato, gesticolando « Tu stai ammettendo di aver bisogno del nostro aiuto? »

House: « Non sai che sono la persona più umile del mondo?! Non sono mai stato così serio. »

Wilson: « Lo vedo. » disse alzando gli occhi al cielo.

Cameron: « Allora… ci puoi spiegare perché? »

House: « Come ho detto prima… » rispose guardando ancora l’orologio, impaziente « Oramai non c’è più tempo. Quindi » continuò togliendo le gambe dalla scrivania « Ora voi starete qui, perché sì, ho bisogno di voi. Voglio che apriate bene le orecchie, e anzi, Tredici e Cameron scrivete tutto quello che sentite. »

Anche se nessuno gli credeva molto, erano tutti curiosi e catturati da quel che aveva detto, ma soprattutto da come lo aveva detto. Era semplicemente strano.

House: « Bene. Ah, e legatevi la lingua, non voglio sentire volare una mosca. Parlo solo io. » diede un’ultima occhiata all’ora, guardandoli velocemente « 3… 2… 1… 0! Inizia lo show! »

Il telefono cominciò a squillare.














Spazio Autore

Eccomi!
Allora, questo capitolo non mi convince molto... cioè, all'epoca di quando l'ho scritto (anni fa! xD) probabilmente mi piaceva, va bè, che dire. Di sicuro è un capitolo un pò di passaggio, spero lo stesso che vi sia piaciuto e vi assicuro che dal prossimo capitolo le cose si faranno più interessanti. Promesso. =)
Ringrazio la mia ormai affezionata recensitrice, Elisa, e anche la cara BeaCarterLisabian! Grazie!
E voi altri che leggete...
se voleste lasciarmi due paroline, ve ne sarei estremamente grata! ;)
Rika

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Capitolo 3
*** Call me 'Bob' ***


Chapter 3 – Call me “Bob”









- Cuddy, ma più che altro qualcun altro, in qualche dove -

« House? » chiese la voce dell’uomo al telefonino.

House: « In carne ed ossa! » rispose la voce all’altro capo « Chi mi vuole? »

L’uomo si fece una risata. Pensava realmente che gli avrebbe rivelato la propria identità con questa facilità?

« Non crederà davvero di fregarmi così?! » disse, poi coprì con una mano l’apparecchio « Davvero divertente! » sussurrò alla donna, facendole l’occhiolino.

House: « Ebbene, cosa vuole? » chiese serio.

L’uomo accennò un sorrisetto furbo: « Vuole arrivare subito al dunque, quindi? Ma che strano, questo non è da lei… »

House: « Oh, giusto, ha ragione: non è da me. Mmm… o forse no? Oh mio Dio! Non so più cosa sia da me e cosa no! » affermò canzonatorio.

L’uomo rise di gusto: « Ah ha! Ora sì che la riconosco. Ma sa, scherzare non le servirà a molto. »

House: « Allora, mi faccia capire: se sono serio non va bene, se scherzo ugualmente non va bene. » disse con veemenza, fece una pausa prima di riprendere in tono più deciso « Cosa vuole da me? »

« Che faccia esattamente quello che voglio. » rispose prontamente. Si stava davvero divertendo.

House esitò, prima di rispondere pacato: « Allora lei non mi conosce per nulla. »

« Ah, lei crede? » rispose prendendolo in giro « Perché lei è quello che sa sempre tutto, che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno… ma sa, anche le bestie più feroci possono essere domate. Basta avere il frustino giusto. E lei non ha idea di con chi stia parlando. »

House sbuffò al telefono: « No, in effetti no, non lo so. E mi pare fosse proprio questo il punto della discussione. Così io parto svantaggiato: non so nulla di lei, neanche il nome, mentre lei dice di sapere tutto di me. Anche se dubito… non sono un uomo così facile da capire. »

L’uomo sorrise inclinando la testa, e si rivolse alla donna legata e imbavagliata davanti a lui: « È furbo, non c’è che dire. Esattamente ciò che mi aspettavo. Cerca di farmi parlare, solo per avere più informazioni, capire chi io sia… magari anche elaborare una sorta di piano. Faccia molta attenzione, dottoressa Cuddy, perché questa sarà la volta in cui in geniale dott. House… » sfiorò il viso della dottoressa con le punte delle dita, e ghignò mentre questa lo guardava spaurita, «… perderà. »



- Nell’ufficio della Cuddy, ancora loro -

House aveva cominciato a camminare avanti e indietro nell’ufficio, era piuttosto irrequieto. Wilson e i due staff erano in giro per l’ufficio, immobili e ascoltavano increduli tutta la conversazione.

Non volava una mosca, si sentiva solo il rumore ritmico del bastone di House che batteva a terra, e neanche più le due penne di Cameron e Tredici perché, troppo prese dal discorso, avevano smesso ben presto di prendere appunti. Probabilmente dopo House non ne sarebbe stato contento, ma per quel momento alle due dottoresse interessava solo non perdersi neanche una parola, come alle altre persone presenti nella stanza d’altronde.

House gettò uno sguardo al telefono, dove brillava la lucina del vivavoce. Aveva sempre ringraziato per quell’invenzione: stare fermo con la cornetta attaccata all’orecchio non gli era mai piaciuto. E poi non lo aiutava a pensare. E Dio solo sapeva quanto avesse bisogno di riflettere in quel frangente.

Era passato qualche minuto, e il rapitore non si era più fatto sentire. House era curioso e preoccupato allo stesso tempo, avrebbe voluto richiamare la sua attenzione, ma non poteva rischiare di mettergli fretta.

Per il momento, almeno, doveva fare il suo gioco, che per’altro, nonostante la situazione critica, gli stava alquanto piacendo. Dopotutto, era noto quanto il geniale diagnosta adorasse le sfide.

Finalmente l’uomo ricominciò a parlare.

« Oh, scusi, dott. House, l’ho ignorata per qualche minuto. C’è ancora? »

House: « Sono sempre qui. » rispose acidamente. Come se lui non lo sapesse.

« Ah, ma su, non si offenda in questo modo. Non c’è alcun motivo per essere così scontrosi. Come possiamo distendere la tensione, Greg? Le spiace se la chiamo Greg? »

House stirò le labbra e digrignò i denti. Lo stava palesemente prendendo in giro. Lo ignorava, faceva quello che voleva, ironizzava… voleva fargli capire che era lui a comandare. E va bene, House gli avrebbe dato corda.

House: « No, certo che no. » affermò cercando di assumere un tono affabile « Ma allora come posso ricambiare il favore e darle del “tu”? »

« Mi chiami Bob. » disse con una marcata tonalità di sfida nella voce.

House: « Come vuoi, Bob. » rispose, se cercava la sfida, lui non si sarebbe di certo tirato indietro « Allora, Bob, dimmi, cosa vuoi che io faccia per te, Bob? »

Bob: « Con calma, con calma Greg. Cos’è che stavamo dicendo? Ah, già… io ti stavo dimostrando di sapere tutto di te. Ma tu non ci credi, mi sembra di capire. »

House: « … » chiuse gli occhi e si fermò un attimo, la mano stretta sul bastone.

Bob: « Dott. House. » cominciò a dire lui, evidentemente aveva preso il suo silenzio come un assenso « Nome di battesimo Gregory, nato l’11 giugno del ’59… »

House: « È questo ciò che sai di me? » sbuffò « Basta leggere un semplice cartellino, lo saprebbe fare anche un bambino delle elementari! Mi meraviglio di te, Bob… anche se, oh, forse tu sei un bambino delle elementari! »

Bob: « Ah-ha! Molto divertente! Ma hai ragione, quello di certo non basta. Allora mettiamola così: so che sei laureato in nefrologia, e che sei stato espulso dal college per aver copiato; so che anni fa hai avuto un ictus ad una gamba, ed è per questo che ora sei zoppo; so che odiavi tuo padre, e che è morto; so che hai convissuto per qualche tempo con un avvocato di nome Stacy; ma so anche che ora con la… »

House: « Ok, basta. » lo interruppe, tradendo un po’ d’imbarazzo « Ti credo, hai indagato su di me, Bob. Dovei sentirmene lusingato, Bob? »

Bob: « No. » disse lentamente « Dovresti capire che ti ho in pugno. »

House: « … Va bene, Bob. Abbiamo giocato finché hai voluto. Ora dimmi cosa vuoi da me. » disse fermandosi davanti al telefono, le spalle agli altri, ed entrambe le mani a stritolare il bastone.

Bob: « Dunque… ho rapito una persona, perciò, dimmi, secondo te cosa vuole un sequestratore? »

House: « Ah, non lo so, Bob. Dimmelo tu. »

Bob: « Per ora voglio solo essere sicuro che tu farai esattamente quello che ti dico. »

House esitò un attimo, guardò Wilson, che annuì. House sospirò, non aveva altra scelta.

House: « D’accordo. » disse infine.




- In un posto sperduto, Bob & la Cuddy -

L’uomo guardò con un sorriso obliquo la Cuddy: « L’avevo detto che ci sarebbe stato da divertirsi. » le sussurrò.

Bob: « Perfetto. »

House: « Però aspetta, Bob. Anche tu devi fare qualcosa per me, Bob. »

L’uomo rise: « Avanzi richieste, House? Vuoi sapere come sta Cuddy, non è così? »

House: « Ti sembra una richiesta così sconsiderata, Bob? »

Bob: « Non ti basta sapere che non gli sono ancora stati cavati gli occhi, che ha ancora le braccia attaccate al corpo e che le gambe sono intatte? » disse, sapendo di provocare almeno un brivido nell’altro.

House infatti esitò prima di rispondere.

House: « È una minaccia, Bob? »

Bob: « Non ancora. » disse con calma « Ma potrebbe diventarlo. »

House: « A maggior ragione… la mia richiesta ha senso. »

Bob ridacchiò per la capacità del diagnosta di rigirare le cose come voleva.

Bob: « D’accordo. Avrai quello che vuoi. »

House: « Ma ora possiamo passare alle cose serie, Bob? »

Bob: « Sì, giusto, passiamo a cose serie. Se chiamerai la polizia, ucciderò Cuddy. E dovrai essere solo tu a trattare con me. Mi sembra ovvio che altrimenti ucciderò la Cuddy. Tutto chiaro? » chiese ironicamente.

House: « Trasparente… » mormorò fra i denti.

Bob: « Bene. Allora siamo a posto. Torna nel tuo ufficio, accendi il computer e la televisione sul terzo canale. E tieniti vicino il cellulare, ci sentiamo fra poco. » sembrava aver finito la sua arringa, ma, quasi come se se ne fosse appena ricordato aggiunse: « Ah, e un saluto al dott. Wilson e a tutti i presenti! » rise « Bye bye! »

L’uomo rimise il cellulare nella tasca dei pantaloni. Poi si rivolse alla Cuddy.

Bob: « Be', per ora va proprio tutto secondo i piani. Credo che House abbia capito molto bene. » sospirò « Allora, forza, mettiamo a punto questa prova che tanto gli serve, che dici? »



- Sempre in ospedale, sempre House con gli altri -

Tu-tu-tuuu. House mise già la cornetta, e chiuse gli occhi. Nessuno riusciva a dire nulla.

Quell’uomo conosceva davvero delle cose su di lui… e sapeva cosa avrebbe fatto: aveva capito che non era da solo in quella stanza.

A quanto pare House aveva fatto un errore di calcolo. L’aveva sottovalutato.

House sbuffò: « Ho sempre odiato i Bob! »
















Spazio Autore:
Siamo a lunedì... ed ecco un altro capitolo!
Come dicevo da questo la faccenda inizia a farsi interessante (o almeno spero)!
Spero vi sia piaciuto!
E per favore, lasciatemi due paroline! x____x
Grazie!
Rika =)

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Capitolo 4
*** Only a supposition ***


Con un piccolo ritardo sulla tabella di marcia, ecco il prossimo capitolo.

Spero vi piaccia! =)









Chapter 4 – Only a supposition

 

- Tutti, per poco ancora, nell’ufficio di Cuddy -

House si diresse verso la porta, con gli sguardi di tutti puntati su di lui. Abbassò la maniglia e, prima di uscire dall’ufficio della Cuddy, disse un’unica frase.

House: « Be', Foreman, come vedi, dopotutto non sono io a voler giocare e farvi andare avanti e indietro. »

Dopodiché si allontanò, imboccando il corridoio per il suo ufficio, sapendo con sicurezza che di lì a poco tutti lo avrebbero seguito.

 

 - Nell’ufficio della Cuddy, Wilson e i due staff -

Videro House uscire, dopo aver sbottato una delle sue solite battutine in direzione di Foreman. Ma nessuno di loro riusciva ancora a muoversi. Stavano tutti assimilando quello a cui avevano appena assistito.

Alla fine qualcuno iniziò a parlare.

Kutner: « Come faceva a sapere che eravamo tutti qui? » chiese esitante.

Nessuno parlò, Foreman scosse la testa sospirando.

Ancora silenzio.

Cameron: « Credete davvero che questo tizio voglia fare del male alla Cuddy? Insomma, le sue minacce… non sembravano per nulla campate in aria… » sussurrò dopo un po’.

13: « No, non credo che voglia davvero farle del male. »

Taub: « Secondo me ora architetterà un modo per dimostrarci di non aver torto un capello a Cuddy. »

Chase: « Sì, sono d’accordo. »

Wilson: « Ma… dobbiamo tenere gli occhi aperti. »

Tutti annuirono decisi, un barlume di sicurezza aleggiò fra di loro.

Foreman: « Andiamo? »

Wilson: « E andremo! » disse facendo nascere qualche sorriso, seppur tirato.

 

- Per i corridoi e poi nel suo regno, House -

Con il bastone stretto in mano, spingeva un passo dopo l’altro, riflettendo.

Sorrise: dopotutto quella poteva essere una situazione interessante.

Un secondo dopo averlo pensato si diede dello stupido, e anche insensibile forse, ma quello lo sapeva già…

Arrivato nuovamente nel suo ufficio, il suo regno, si buttò sulla sua poltrona preferita, sospirando e chiudendo gli occhi.

All’improvviso lo colpì una fitta dolorosa alla gamba, con una mano corse a stringersi la coscia. Che idiota, si era completamente dimenticato di prendere il suo amato Vicodin nell’ultima ora. E questo non era da lui…

Scacciò via il pensiero, per non riflettere sul significato di questa nuova scoperta, e, facendo finta di nulla, mise una mano in tasca, aprì il barattolino arancione e si portò due pastiglie alla bocca.

Le ingoiò, e si sentì subito meglio.

Certo, non era possibile che la sostanza avesse già fatto effetto, ma…

Ecco un altro pensiero scomodo, che si prese la briga di allontanare con rinnovata velocità.

Riaprì gli occhi.

 

- Ufficio di diagnostica, House, Wilson & Co. -

House si ritrovò Wilson seduto su una sedia davanti a lui, con le mani congiunte. Gli altri erano tutti in piedi in giro per il suo ufficio: chi si mordicchiava le unghie, chi aveva le braccia conserte e lo sguardo perso nel vuoto, chi l’espressione corrugata e le mani lungo i fianchi. Tuttavia tutti erano concentrati, e pensavano.

House si schiarì la voce, portando l’attenzione dei presenti su di lui.

House: « Allora… cosa ne pensate? » chiese fissandoli « Questa è una diagnosi differenziale. Avanti. » li esortò.

Era davvero interessato a sapere la loro opinione. Come sempre, aveva bisogno di teorie sbagliate che lo portassero sulla strada giusta. Dopotutto quella era la sua genialità.

Foreman: « È furbo. » disse.

Taub: « È prudente. » ribadì.

Cameron: « Ti conosce, House. Ha fatto ricerche… se non di più. » affermò un po’ preoccupata.

Wilson: « Già. E fa sul serio. » aggiunse.

House annuì, abbassando gli occhi e pensando.

Kutner: « Cosa potrebbe volere da te, dalla Cuddy, dall’ospedale? »

House questa volta scosse la testa, sconsolato. 

Tredici: « Qualunque cosa sia… » cominciò a dire « Non dev’essere nulla di banale. »

Qualche secondo di silenzio seguì quella constatazione. Tutti pensavano nella stessa direzione, eppure sembrava che nessuno vedesse la fine di quel cammino, una soluzione a quella situazione.

Wilson: « Cosa vuoi fare, House? » chiese alla fine.

House sospirò, interrompendo il corso dei suoi pensieri.

House: « Non lo so. Devo riflettere, devo capire cosa vuole, devo sapere come sta la Cuddy. Devo cercare di entrare nella testa di questo… Bob. » disse pronunciando l’ultima parola con disappunto.

Non c’era neanche un’ombra della sua solita superbia in quella frase.

Cameron: « È chiaro che sia interessato soprattutto a te. Ma cosa possiamo fare? Senza Cuddy questo ospedale non va avanti, e al Consiglio, anche se Wilson coprisse la cosa, prima o poi verrebbe fuori. E la polizia… »

House: « No. Niente polizia. Per ora faremo il suo gioco. Ma hai ragione… dovrò pensare a qualcosa. »

Cadde di nuovo un silenzio tombale, mentre ognuno era perso nei propri pensieri.

House:  « Be'… » disse alla fine « Ora non ci resta che aspettare. Mettetevi comodi! Di sicuro non dovremo attendere molto! Vediamo cosa combina Bob! » e a pronunciarne il nome, di nuovo, fece una smorfia.

Si alzò, andandosi a sedere di fronte alla sua scrivania. Poi si sporse sulla sedia, e accese il computer, mentre Wilson accendeva la televisione sul terzo canale, abbassando al minimo il volume. Tutti si chiedevano cosa sarebbe successo.

 

- In un posto indefinito, Bob & Cuddy -

Cuddy: « Cosa sta facendo? » chiese, mentre l’uomo la faceva sedere per terra.

Le fece incrociare le gambe, con le piante dei piedi unite, e le legò i polsi con le caviglie.

Bob: « Nulla, non si preoccupi. Sto solo preparando la prova che House vuole, non le farò del male. Dopotutto… io sono un gentiluomo. » disse sorridendo.

Cuddy fece una smorfia, per nulla convinta.

Fino a quel momento era stata imbavagliata, e non aveva avuto modo di parlare… ma ora aveva intenzione di fare un bel po’ di conversazione, per cercare di scoprire qualcosa.

Cuddy: « Senta, io non so cosa lei voglia da House, ma se sono i soldi che cerca… »

Bob la interruppe con una grassa risata. Poco dopo, però, il suo riso si trasformò in qualcos’altro, e lui cominciò a tossire, sempre di più, sempre più forte.

L’uomo si girò velocemente, dandole le spalle, e afferrò qualcosa dalla sua tasca.

Anche se lui voleva nasconderglielo, lo vide prendere una pastiglia, e ficcarsela in bocca.

E a Cuddy quel gesto ricordò tanto quello di un altro uomo…

Un lampo di comprensione le passò negli occhi, dipingendole sul volto un’espressione stupita.

Cuddy: « Lei non sta bene… Lei è malato! Vuole che House la cur… »

Ma non riuscì a finire la frase, perché l’uomo si girò, facendo una giravolta su se stesso, le braccia aperte e lo sguardo allucinato.

Bob: « Oh, ma che donna geniale! » disse sarcasticamente « Sembra quasi che lei sia un medico! » sbottò.

Cuddy era confusa, arrabbiata e spaventata.

Cuddy: « E lei… lei mi ha rapito per… »

Bob: « Taci! » la zittì lui, afferrando un telecomando e accendendo, sul terzo canale, la televisione che aveva posizionato dietro la donna. Strinse il telecomando in mano, fino a farsi diventare bianche le nocche.

Bob: « Lei non ha idea… » sussurrò, lasciando cadere la frase.

Poi si girò di nuovo, fece qualche passo e sistemò il computer portatile con la web-cam rivolta verso la Cuddy e la televisione accesa dietro di lei.

Bob: « Ora basta chiacchierare. Non avrà l’audio, quindi eviti di parlare. Per quanto riguarda il labiale, deve ripetere “Sto bene” e nient’altro… » le sorrise malignamente « O sarà peggio per lei. »

Cuddy deglutì, mentre l’uomo ridendo con freddezza continuava.

Bob: « Ah, e mi raccomando. Faccia un sorriso! »

Detto questo, tirò fuori il cellulare, e compose un numero.

 

- Sempre in the House’s Office, sempre i soliti dottori -

House: « Pronto! » disse aprendo il telefonino « Chi mi cerca? » continuò ironicamente.

Bob: « Hai fatto quello che ti ho chiesto? » gli chiese, ignorandolo.

House: « Veloce e diretto. Mi piace! » affermò con un sorrisetto.

Bob: « Lo prenderò per un sì… ora ti spiego. »

Via via che l’uomo parlava al telefono con House, gli altri videro quest’ultimo farsi più attento e con lo sguardo più serio, mentre trafficava con il pc, accendendo la web-cam e aprendo pagine della rete.

House fissò lo schermo del computer per un tempo che sembrò infinito, osservando immobile qualcosa che agli altri non era dato vedere, visto che, quando qualcuno di loro ci provava, lui lo fermava con un cenno del capo, muovendo una mano o semplicemente con uno sguardo raggelante.

Così non sapevano cosa stesse succedendo, dato che questa volta House non aveva messo il vivavoce e non aveva detto nulla, limitandosi a far loro capire di non interromperlo e a guardare il pc, passando qualche volta lo sguardo sulla televisione.

Dopo qualche minuto lo videro mettersi in bocca una pastiglia di Vicodin, sospirare passandosi una mano sugli occhi, e finalmente parlare di nuovo al telefono.

House: « Va bene, e ora? »

Bob: « Ti sei convinto che non sono uno stupido, e che faccio sul serio? Hai avuto tutte le prove che volevi? » disse all’altro capo della cornetta.

House: « Sì. » affermò semplicemente « Ora dimmi: cosa vuoi da me? »

Bob: « Non crederai davvero che io abbia già finito di torturarti? »

House: « Cosa vuoi che faccia? » disse con calma.

Bob: « Menti. » gli sussurrò.

Ci fu qualche secondo di teso silenzio.

House: « Che cosa? » chiese alla fine, stupito e confuso.

Bob: « Voglio vedere che menti ai tuoi dottori. Fa’ vedere loro la Cuddy, e dì che è tutto ok, che sai cosa voglio, che hai tutto sotto controllo, che andrà tutto bene, che sai cosa fare… »

House avrebbe voluto dirgli quanto infame trovasse l’idea e quanto lui fosse bastardo… ma c’erano gli altri davanti a lui, e non poteva farlo. Diede loro una rapida occhiata, notando quanto fossero tesi, poi continuò a parlare.

House: « Perché? » chiese allora, cercando di non scomporsi, per non far capire nulla agli altri medici. La sua faccia da poker si stava rivelando alquanto utile.

Bob: « Perché voglio divertirmi con te. » disse, e House ebbe la netta e sgradevole sensazione che stesse sorridendo.

House esitò un attimo, prima di dire: « Va bene. »

Bob: « Perfetto! » esclamò trionfante « Allora ti lascerò la web-cam accesa, e qualche secondo per spiegare tutto… E poi… »

House: « Poi? »

Bob: « Poi ti dovrai organizzare, perché avrai bisogno di tutti… » disse enigmatico e sottolineando la parola “bisogno” « Perché io ti ho dato la prova che volevi… non crederai mica che non voglia qualcosa in cambio? »

House: « … »

Bob: « Bene. Vedo che ci siamo capiti. Ci sentiamo presto. E ricorda: ti osservo attentamente… »

House rimase un attimo ad ascoltare il “tu-tu-tuuuuu” del telefono, giusto il tempo per recepire il messaggio, capire ciò che stava per fare.

Quindi chiuse la chiamata, serrò gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia.

Tutto quel fingere e mentire prima o poi lo avrebbe ucciso.

Ma dopotutto, il suo motto era o non era "everybody lies"?

Sospirò.


















Spazio Autore:
Elisa mi ha giustamente fatto notare che questi capitoli sembrino quasi di passaggio. Il punto è che questa ff, soprattutto all'inizio, è molto discorsiva, molto giocata sulla psicologia, i personaggi, i dialoghi... più che sui fatti. I primi capitoli, in particolare, mi servono per gettare le basi per quello che verrà dopo. Non a caso sono capitolo comunque relativamente corti (più o meno 3 pagine word), mentre invece capitoli successivi arrivano anche a 12 pagine word. E lì ci sarà di sicuro più azione... o almeno spero! xD
In ogni caso spero che non sia noiosa come fic, e mi piacerebbe conoscere la vostra opinione, almeno per sapere se vale la pena continuare a postare questa storia! =P
Spero abbiate passato una serena Pasqua!
Alla prossima! Rika

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Capitolo 5
*** You must lie! ***


Oh, è di nuovo lunedì! =)



Chapter 5 - You must lie!





- Ufficio diagnostico, tutti in attesa-

Wilson: « Allora? » chiese impaziente rivolto all’amico.

House lo guardò intensamente, poi spostò lo sguardo brevemente su ognuno di loro.

Sorrise, uno di quei suoi sorrisetti spavaldi e arroganti.

Afferrò il suo bastone, si alzò e parlò.

House: « Be', Bob ci ha dato la sua dimostrazione. »

Poi girò lo schermo del pc verso i presenti. Tutti rimasero ammutoliti mentre vedevano la Cuddy, legata mani e piedi, con dietro un televisore acceso sul terzo canale, che ripeteva “sto bene”, anche se non si sentiva nulla, perché non c’era l’audio.

House girò la scrivania, fino a trovarsi di fianco allo schermo.

Alzò il bastone e indicò la Cuddy.

House: « Qui abbiamo la prova che Cuddy sta bene. » affermò.

Poi indicò lo schermo del televisore che si vedeva dietro di lei.

House: « Qui abbiamo la prova che le immagini sono in diretta. » disse accennando poi alla televisione dell’ufficio accesa sullo stesso canale di quella dietro la Cuddy. Entrambe mandavano la stessa trasmissione: un programma di cucina che andava in onda tutte le settimane, ma solo quel giorno e solo a quell’ora e che, essendo in diretta e perciò sempre diverso, non poteva essere registrato.

House: « C’è una strana ironia nella Cuddy legata e prigioniera con gli omini che maneggiano coltelli da cucina dietro di lei, non trovate? » disse con un sorriso di sbieco.  

Aveva appena finito di parlare, che l’immagine sul computer divenne nera.

House fece roteare il bastone, con la sua solita aria superiore.

House: « Ma qui… » disse indicando lo schermo nero « e qui » disse indicando poi il suo telefonino « abbiamo la prova che Bob non è altro che un povero sciocco. » finì soddisfatto.

La sua platea, che fino a quel momento pendeva dalle sue labbra, mostrò cenni di dubbio e incomprensione con vari arricciamenti di naso, mugugni stupiti o sopracciglia aggrottate, mentre ognuno di loro registrava le informazioni ottenute. Cosa voleva dire House?

Kutner: « Ma allora… allora il rapimento e tutto il resto sono veri? » fu il primo ad aprire bocca.

House girò gli occhi al cielo, infastidito, appoggiandosi al bastone prima di rispondere.

House: « Wow, abbiamo un genio fra noi! » disse sarcasticamente « Cos’è, credevi ancora nella favola che mamma e papà a volte fanno scherzi ai loro bambini?! »

Dopo quell’uscita, nessuno parlò. House sembrava ritornato il solito di sempre…

Foreman: « Cosa intendevi dicendo che è uno sciocco? » chiese cercando di far tornare il discorso sul punto principale.

House: « Ma, non lo so… » disse corrugando le sopracciglia e appoggiandosi un indice alle labbra « … stupido, idiota, cretino, rendono meglio l’idea? »

Tredici: « Intendeva dire… » cominciò mentre Foreman sbuffava, ma House la interruppe.

House: « Sì, lo so cosa intendeva dire. Ma, Foreman! Credevo avessi una ragazza, non una mammina protettiva! »

I due medici lo guardarono male.

Taub: « Ok, House. Basta giocare. Non perdiamo altro tempo. »

Kutner: « Allora, abbiamo capito che pensi di avere qualcosa in mano… potresti avere la gentilezza di spiegare anche a noi poveri mortali? »

House: « Solo perché me lo chiedi tu, mon amour! E grazie per avermelo domandato! » esclamò divertito con un mezzo sorrisetto « Mmm… come ho detto, Bob è uno stupido, perciò non vi preoccupate, perché… » fece una pausa enigmatica, assicurandosi che tutti lo stessero ascoltando « … ormai ho tutto sotto controllo, con la mia eccelsa mente ho capito cosa vuole, quindi ora è tutto ok: so cosa fare, andrà tutto bene! » finì, elencando tutto molto velocemente.

I dottori lo guardarono allibiti. Ma lui non aveva intenzione di dare altre spiegazioni, il suo dovere l’aveva fatto, ed era ciò che contava.

Avanzò zoppicando fino a Wilson, afferrandolo per un braccio.

House: « E ora tornate alle vostre faccende, gente! » affermò « Vi chiamerò io sui vostri cercapersone appena sarà necessario. Intanto i vostri fratelloni andranno a farsi un giro, per parlare di cose da grandi, quindi non seguiteci! » poi si rivolse a Wilson e sottovoce, guardandolo significativamente, disse: « Vieni! »




 

- In cerca di un bagno, House e Wilson -

House non si fermò fino a quando non fu arrivato ai bagni dell’ultimo piano dell’ospedale, preoccupandosi solo di gettarsi ogni tanto uno sguardo alle spalle, per accettarsi che Wilson gli fosse alle calcagna.

Entrati nel bagno, House buttò fuori con i suoi modi sgarbati un tizio che si stava lavando le mani, senza neanche dargli il tempo di aprir bocca, dopodiché chiuse la porta, appoggiandocisi con la schiena.

Wilson, scansandosi per far passare l’uomo che usciva borbottando dal bagno, aggrottò le sopracciglia, varcando lentamente la porta. Era piuttosto confuso e forse un po’ a disagio. Perché parlare proprio… nel bagno? Ma poi decise che in quel momento erano più importanti ben altre questioni.

Wilson: « Spiegami, perché sono confuso. » gli disse, decidendo di far subito la prima mossa « O quella era la brutta copia di te stesso, oppure ti stai davvero instupidendo. »

House non rispose, lo fissò un attimo, poi chiuse gli occhi e spinse la testa all’indietro, appoggiandola alla porta. Wilson lo interpretò come un segno di sconfitta, perciò continuò vittorioso.

Wilson: « Ti sei comportato bene fino ad un certo punto, ma poi hai rovinato tutto ripetendo più volte la stessa frase, cercando di convincerci che andava tutto bene e che avevi tutto sotto controllo. Ma il tono che hai usato… Volevi convincere anche te stesso. Vada per gli altri, ma credevi davvero che io non me ne sarei accorto? »

House: « Be', ci speravo ardentemente in realtà. » rispose sarcastico.

Wilson: « Non credo. Altrimenti non saremmo qui. » ribatté subito furbescamente.

House schioccò le labbra e riaprì gli occhi.

Si fissarono per qualche secondo, poi Wilson sorrise. Lui conosceva House, era tutto inutile con lui.

House rispose con un sorrisetto.

Wilson: « Allora, almeno a me hai intenzione di dire cosa sta realmente succedendo? »

House fece un cenno in sua direzione.

House: « Tu cosa ne pensi? »

Wilson: « Penso… » iniziò con cautela « che tutto ciò che hai fatto finora abbia avuto un fine preciso. Dopotutto non è da te agire senza uno scopo. »

House non rispose, Wilson si sentì più sicuro e continuò.

Wilson: « Ad esempio: la prima volta che ti ha chiamato, ci hai fatto venire tutti nel tuo ufficio, dicendo che avevi bisogno di noi. Ma non era vero, hai mentito, tu non avevi affatto bisogno di noi. No, tu l’hai fatto per un altro motivo, House. Qual era? »

House: « Le tue speculazioni sono tue speculazioni. Non farmi entrare nelle dinamiche del tuo cervello, si rischia di perdercisi. » disse sogghignando.

Wilson: « È inutile che continui a fingere per coprirti. Se non vuoi dirmelo tu, allora te lo dico io. Volevi osservarci, volevi studiare le reazioni di ognuno di noi, per capire se sapessimo qualcosa, se fossimo invischiati nel rapimento della Cuddy. Tu sospettavi di noi… non ti fidavi! Non è forse così? »

House esitò un attimo prima di rispondere, mettendo in ansia Wilson. Se il suo ragionamento era sbagliato, ora il diagnosta cosa avrebbe fatto?

Ma le labbra di House si tirarono in un lieve sorriso.

House: « Bingo! » esclamò.

Wilson rimase interdetto un secondo. Non sapeva se avrebbe dovuto essere felice di aver indovinato e quindi del fatto che ancora sapeva leggere l’amico, o arrabbiato per quello che le sue deduzioni significavano.

Alla fine si lasciò trascinare dal momento, optando per la seconda.

Wilson: « Come hai potuto?! » esclamò, incredulo. « Come potevi credere che qualche tuo collega potesse aver rapito la Cuddy?! »

House girò gli occhi al cielo.

House: « Già. Infatti, come ben sai, sono famoso proprio per la fiducia che ripongo nel prossimo! » affermò sarcastico.

I due medici si guardarono in cagnesco per qualche secondo. Alla fine Wilson si arrese, sospirando.

Wilson: « Allora, cosa hai dedotto dalla tua ricerca? »

House: « Pensavo fosse possibile che qualcuno di voi si fosse messo d’accordo con Cuddy, per colpirmi, farmi uno scherzo, dimostrarmi qualcosa, umiliarmi, o qualcuno delle altre cose che ogni tanto vi inventate per insegnarmi chissà quale vostro stupido principio… »

Wilson sbuffò, ma capì che ribattere non sarebbe servito.

Wilson: « Ma… ? » lo incalzò.

House: « Ma ho capito che non era così. Nessuno di voi era sospetto. »

Wilson: « Oh, grazie. » disse ironicamente « E Cuddy? Immagino che tu abbia pensato anche a lei. Dopotutto, ragionando come fai tu, poteva aver organizzato lei la cosa, no? »

House: « Sì, ma non mi sembrava già da subito probabile che avesse fatto tutto da sola, e dopo il video… sono convinto che è tutto reale. Nessuna finzione. »

Wilson: « Oh, perfetto. Tutto a posto, allora. Questa informazione dovrebbe forse rallegrarmi? » chiese ancora irritato.

House: « Ehi, sei stato tu a voler sapere, ora non prendertela con me! » disse alzando le mani in segno d’innocenza, ma ridendo sotto i baffi.

Wilson sbuffò di nuovo.

Wilson: « Bah… lasciamo stare! Piuttosto dimmi, siamo qui in questo bagno, perché… ? » chiese curioso.

House: « Ma tu ogni tanto lo usi quel cervello da oncologo che ti ritrovi, o fai solo finta?! »

Wilson: « E tu non sei capace di formulare una frase senza dover insultare qualcuno, eh? Illuminami, dai! Non aspetto altro! »

House ridacchiò. Con Wilson era sempre uno spasso.

House: « Fin dalla prima telefonata ho capito che si teneva in qualche modo in contatto con l’ospedale, per lo meno sapeva i nostri spostamenti. » cominciò con le spiegazioni « E poi, ti ricordi? Sapeva che vi avevo chiamati tutti e che eravate presenti nell’ufficio. »

Wilson: « Così all’inizio questo fatto non ha fatto altro che insospettirti di più sulla nostra colpevolezza? »

House: « Ovviamente. Ma dopo avervi escluso da questa faccenda come indiziati, il problema è rimasto. Soprattutto per questo, e poi anche per altri piccoli dettagli, è chiaro che Bob ci sta osservando: o ci vede o ci sente… o entrambe. »

Wilson rimase a pensare qualche secondo, per trarre le conclusioni che House voleva.

Wilson: « Quindi secondo te questo tizio, chiunque sia, ha addirittura installato delle telecamere? Oppure si serve di quelle di sorveglianza dell’ospedale? » provò a ipotizzare.

House negò col capo.

House: « No, non credo. In tutti e due i casi sarebbe stato rischioso: delle telecamere danno troppo nell’occhio, per quanto piccole possano essere, e lui sarebbe stato notato nel momento in cui fosse venuto ad installarle, mentre infiltrarsi nella sorveglianza di un ospedale non è una mossa molto intelligente, troppo rintracciabile. No. Il nostro Bob è un tipo furbo. Se ho capito almeno un po’ della sua psicologia, dev’essere un uomo colto, probabilmente con molti anni di studio alle spalle, perciò ha messo a punto un piano preciso e semplice allo stesso tempo. Una combinazione perfetta, insomma. »

Wilson assorbì le informazioni, fino a quando non arrivò alla risposta.

Wilson: « Quindi… » provò a dire « Bob dev’essere vicino al PPTH, a portata di binocolo, e potrebbe aver installato delle cimici nelle stanze principali! »

House: « Esattamente. »

Wilson: « E questo è il motivo per cui mi hai trascinato a parlare qui. »

House fece un cenno di assenso. Rimasero in silenzio per qualche minuto, ognuno perso nelle sue riflessioni. Wilson camminava nervosamente per la stanza. House era ancora immobile, appoggiato alla porta.

Wilson: « È stato lui a dirti di comportarti così. » disse lentamente sull’onda dei suoi pensieri « Non hai affatto capito cosa vuole e cosa devi fare! Lui ti ha ordinato di dire così, e tu hai dovuto farlo! In realtà brancoli nel buio! » esclamò stupito dalle sue stesse parole « Per questo volevi parlare con me! »

House non rispose. Si allontanò dalla porta del bagno, zoppicando lentamente, fino a un lavandino, poi ci si appoggiò con entrambe le mani, sostenendosi in piedi sulle braccia. Lasciò cadere la testa all’ingiù, verso il lavandino e sospirò. Wilson s’incupì per come l’amico sembrava scoraggiato in quel momento. Si avvicinò a lui, non osando però parlare o anche solo toccarlo.

Alla fine House alzò la testa, incontrando lo sguardo di Wilson riflesso nello specchio sopra il lavandino.

House: « Lui sta giocando. » affermò sconfitto « Sta giocando con me e con tutti voi. E la posta in gioco… è la Cuddy. » finì lentamente.

I due rimasero in silenzio per qualche minuto. Pensare alla Cuddy non faceva star bene nessuno dei due. Forse avrebbero dovuto parlarne... ma allora non sarebbero stati House e Wilson.

Wilson: « Lui sa tutto di te. » continuò il ragionamento con aria affranta, mentre House riabbassava lo sguardo sul lavandino.

House: « Probabilmente sì. » mormorò « Mentre io non so nulla di lui, a parte ciò a cui posso arrivare col ragionamento, ma non sono dati sicuri. »

Wilson: « E tu hai bisogno di sapere qualcosa di lui, hai bisogno di conoscere il tuo nemico prima di poterlo sconfiggere. »

House: « Non posso vederlo, non lo conosco, non ho nulla su di lui. La sua voce, anche se probabilmente è contraffatta, e il suo modo di parlare non mi dicono niente. Nulla. »

Wilson: « Siamo alla sua completa mercé. »

House: « Già. Io di sicuro, almeno. » sospirò « Siamo in una pessima situazione. »

Si guardarono con occhi cupi attraverso lo specchio per qualche secondo sperando che all’altro venisse in mente qualcosa a cui l’uno non aveva pensato, ma così non fu.

Allora House si girò, appoggiandosi di spalle al lavandino, mentre Wilson riprendeva a camminare, pensando.

Wilson: « Credi che il suo obiettivo sia un riscatto dall’ospedale? » chiese continuando a camminare.

House: « No. » disse con calma seguendo l’oncologo con gli occhi « Questa è l’unica cosa di cui sono sicuro. Chiamalo sesto senso se vuoi, ma non è il denaro quello che cerca. »

Wilson scosse la testa piano.

Wilson: « Non è un criminale qualunque. È intelligente, se fosse una questione di soldi, avrebbe agito diversamente, li avrebbe già chiesti, non avrebbe tirato la cosa così a lungo… »  si passò una mano fra i capelli « Allora cos’è che cerca? » chiese più a se stesso che a House, continuando a girovagare per il bagno con passi lunghi e decisi.

Dopo un po’, Wilson smise di camminare di botto e fissò l’amico con gli occhi che si spalancavano per un’idea che non gli era venuta in mente prima, nonostante fosse alquanto ovvia.

Wilson: « Una vendetta? » chiese con voce spezzata.

House: « Credo sia l’opzione più probabile. » affermò annuendo.

Wilson sbuffò girando gli occhi al cielo. Aveva fatto centro.

Wilson: « Perfetto! I tuoi nemici, o le persone che potrebbero desiderare di vendicarsi di te, si contano proprio sulle dita di una mano! »

House sorrise ironico.

Wilson: « Qualche giudice o investigatore che ce l’ha troppo con te? »

House: « Avrebbe agito per altre vie. » disse scuotendo la testa.

Wilson: « Qualche medico a cui hai calpestato i piedi? »

House: « Non c’è nessun altro dottore con le palle per fare una cosa del genere… quelli che avrebbero potuto farlo li ho già esclusi! »

Wilson fece una smorfia e continuò a parlare, ignorando il commento.

Wilson: « Un ex-paziente scontento, o un parente di qualche tuo paziente che non sei riuscito a salvare o hai trattato troppo male? »

House: « Ehi! Per fare i miei miracoli non ho bisogno di essere mister gentilezza! »

Wilson lo guardò con aria rassegnata, ma anche interrogativa: aspettava una risposta.

House: « Ok, ok. Niente battute. Mmm… in effetti è possibile. Sì, direi che potremmo pensarla così. » affermò alla fine « Oppure… » aggiunse pensieroso, aggrottando le sopracciglia e abbassando lo sguardo.

Wilson: « Oppure cosa? » chiese incuriosito.

House rialzò gli occhi verso l’amico.

House: « No, nulla, non preoccuparti. »

Wilson, per l’ennesima volta in quella conversazione, decise di lasciar perdere, con House insistere non sarebbe servito. Gli venne però in mente qualcosa.

Wilson: « C’è però una cosa che non capisco… »

House: « Solo una? » disse ironico.

Wilson gli fece una smorfia in risposta.

Wilson: « Be', è che non mi quadra. Cuddy è stata rapita stamattina e sono già… » guardò l’orologio « quasi le sette di sera. »

House: « E allora? »

Wilson: « Ecco, pensavo… a quest’ora la baby-sitter di Rachel non avrebbe già dovuto farsi sentire? Insomma, non sentendo più la Cuddy, e non trovandola al cellulare, avrebbe dovuto chiamare qui all’ospedale, no? »

House abbassò lo sguardo.

House: « Questa è la parte più brutta. » disse sospirando e girandosi nuovamente, dando le spalle a Wilson « Anche Rachel è stata rapita. »

Wilson rise nervosamente.

Wilson: « E questo lo deduci dal fatto che la baby-sitter non si sia fatta sentire? »

House: « No… lo deduco dal fatto che oggi non c’è stata nessuna baby-sitter. » affermò.

Wilson: « E questo tu come fai a saperl… » spalancò gli occhi, illuminato da un lampo di comprensione « Cosa… cosa hai fatto House? »

Visto che l’altro non rispondeva, Wilson lo afferrò per una spalla, girandolo verso di lui bruscamente. Non era il momento giusto per continuare a fare gli stupidi. Si fissarono negli occhi, uno deciso e l’altro con un’espressione beffarda, prima che House si decidesse a parlare.

House: « Vuoi i dettagli? » chiese con un sorrisetto tirato « Ti basti sapere che la baby-sitter oggi non è andata, e Cuddy l’ha saputo troppo in ritardo per cercarne un’altra… per cui la stava portando con sé qui al lavoro. »

Wilson era sbigottito. Si passò una mano sul viso, mentre House zoppicava nuovamente fin davanti alla porta.

Wilson: « Cioè, fammi capire. Provo a immaginare cosa sia passato per la tua mente contorta: hai rintracciato la baby-sitter fingendoti la Cuddy e dicendole di non venire per chissà quale motivo, poi hai chiamato all’ultimo momento Cuddy, spacciandoti per la baby-sitter, e dicendole che non sarebbe potuta venire. È andata così? »

House si strinse nelle spalle, evitando lo sguardo accusatore di Wilson.

House: « A grandi linee… »

Wilson: « Il che vuol dire che è stata rapita insieme a Cuddy per colpa tua?! Complimenti! »

House abbassò gli occhi, in segno di colpevolezza.

House: « Mi dispiace. »

Wilson rimase interdetto nel sentire le sue scuse, ma si riprese in fretta.

Wilson: « Sei sempre il solito. » disse rassegnato, facendogli segno di spostarsi dalla porta del bagno, per uscire.

House non si mosse e lo guardò negli occhi.

House: « È stato uno scherzo finito male. » affermò semplicemente « Non è stato il primo, né sarà l’ultimo, per cui mettiti l’animo in pace, Wilson. Piuttosto, non sarebbe meglio parlare della questione più importante? »

Wilson aggrottò le sopracciglia. Cosa c’era ancora?

Wilson: « Ovvero? »

House: « Ovvero che Bob è ignorante. »

Wilson girò gli occhi al cielo.

Wilson: « Insultarlo non ti servirà a nulla. » disse sbuffando.

House: « Oh, ma tu pensi sempre male! » esclamò, fingendo di essere scandalizzato « Intendevo “ignorante” nel vero senso della parola, cioè “che ignora”! »

Wilson: « E cosa ignorerebbe, sentiamo?! »

House: « Be', Bob potrà anche sapere tutto su di me… ma di certo non credo sappia che Rachel non è la figlia biologica della Cuddy. »

Wilson: « E allora? »

House: « Ma hai studiato medicina sì o no? Perché davvero, mi fai venire i dubbi! E pensare che è una cosa tanto ovvia, che lo sa anche l’ultimo degli inservienti dell’ospedale! » sbuffò « Ti do’ un aiutino: cosa succede ad una donna incinta? »

Wilson gli rivolse uno sguardo interrogativo, non capiva proprio di cosa stesse parlando.

House: « Non ci arrivi? » lo sbeffeggiò di nuovo « Sarà una gran bella grana, te lo dico io. » disse più serio « Non appena lo sgorbietto avrà fame. »

Sul viso di Wilson apparve un’espressione terrorizzata per la comprensione.

Wilson: « Cuddy non può allattare Rachel. » realizzò mormorando.

House: « Esatto. » annuì « E non credo che sia solita portare in borsa biberon per più di un giorno, quindi… »

Ma non riuscì a finire la frase, che il suo telefonino suonò, interrompendolo.

House: « Chi mi cerca? » disse ironico rispondendo al telefono.

Bob: « Sei sparito dal palco! Non è bene che un attore manchi troppo dal suo show. Torna in pista, si ricomincia a ballare! » disse con una risatina.

House: « Ah, Bob. Adoro le tue metafore artistiche! » affermò sbeffeggiandolo, prima di chiudere la chiamata.
























Spazio Autore:
Tanto Hilson (*.*) e un pò di rivelazioni in questo capitolo! La storia, anche se lentamente, sta andando avanti. Come dicevo ci sono tante informazioni importanti da dare, prima di passare ai veri "fatti"! xD Anche se comunque in questo capitolo un bel pò ce n'è.
Bè, spero che a qualcuno piaccia, perchè mi sto seriamente chiedendo se abbia senso continuare...
Rika

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Capitolo 6
*** Raison d’être ***


Oggi non è lunedì, ma siccome domani sarò stra-impegnata... ecco il capitolo! Enjoy! =)







Chapter 6 – Raison d’être


- Corridoi e ascensore: tornando dal bagno, House e Wilson -

Se qualcuno li avesse visti ora, non avrebbe sospettato assolutamente nulla. I due medici, appena usciti dal bagno dell’ultimo piano, camminavano discutendo a bassa voce. Wilson, come sempre, salutava medici e infermiere che incontrava per i corridoi, mentre House… be', cosa ci si poteva aspettare da lui?

Camminata spavalda e lunga, per quanto glielo concedesse il bastone, e sguardo alto e fiero.

L’unica cosa strana era l’orario: capitava poche volte di vedere il diagnosta ancora in ospedale passate le cinque del pomeriggio, ma probabilmente aveva un caso interessante. Niente di nuovo, insomma.

Lui era così: dove c’era un caso strano, lì si trovava anche lui.

La gente li incrociava per i corridoi, salutava Wilson con un sorriso cordiale e scuoteva la testa o sospirava all’indirizzo di House.

No, nessuno avrebbe potuto sospettare nulla.

Nessuno avrebbe mai pensato che i due famosi dottori non stessero affatto avendo un consulto per chissà quale malattia rara: un caso lo avevano, naturalmente, ma non certo medico.

Wilson stava sbuffando, esasperato dal mutismo dell’altro: dopo che erano usciti dal bagno non era più riuscito a cavargli una parola di bocca.

Wilson: « Almeno ce l’hai un’idea per la prossima mossa?! » sbottò alla fine, esasperato.

Doveva aver detto la parola magica, perché House lo fisso girandosi brevemente e ghignò. Wilson s’illuminò.

Wilson: « Oh, bene. Una buona notizia, almeno! Allora, cosa intendi fare? » chiese.

House: « C’è un modo molto semplice per capire come ci stia osservando Bob. » disse con fare enigmatico.

Entrarono nell’ascensore. Erano da soli, perciò Wilson si arrischiò ad alzare un po’ la voce per incalzare di più l’altro.

Wilson: « E hai intenzione di… » House gli scoccò un’occhiata divertita « … no, ovviamente non hai intenzione di rendermene partecipe. » concluse Wilson.

Wilson aggrottò le sopracciglia e si portò una mano al mento. Qual era la scala di valutazione di House per “semplicità”? Wilson non era molto sicuro che quello che per l’amico fosse semplice per lui fosse lo stesso.

Ma diamine! Wilson s’insultò mentalmente. Perché mai doveva considerarsi così inferiore a lui?

House iniziò a fischiettare e a battere il bastone a terra a ritmo.

Wilson: « E piantala! » esclamò spazientito. Così lo deconcentrava, e lui aveva bisogno di pensare.

House: « Avvisiamo la gentile clientela che la corsa è quasi finita! » esclamò a mo’ di altoparlante, poi si girò verso Wilson « Credi che ci arriverai prima di mettere piede nel mio ufficio? » chiese, ridacchiando.

Wilson lo ignorò. House continuò a fischiettare un motivetto, estremamente fastidioso secondo Wilson.

House guardò l’oncologo: digrignava i denti e si tormentava le mani, mentre rifletteva.

Quale modo semplice poteva esserci per capire come li osservava Bob? Si chiedeva Wilson. Doveva essere una cosa che in una sola volta escludeva completamente le telecamere e provava il binocolo, o viceversa. Oppure che le escludeva entrambe. Come si può capire se qualcuno ci osserva da ipotetiche telecamere senza poterle vedere? E come si può capire invece se lo fa da un binocolo?

House: « Se continui a pensare con questa intensità… ti andrà in fumo il cervello. » ridacchiò, interrompendo il flusso di pensieri di Wilson.

Wilson: « Ah-ha, come sei spiritoso! » sbuffò, riprendendo poi la sua riflessione.

Dopo qualche secondo le porte dell’ascensore si aprirono. House mosse qualche passo verso il suo ufficio, continuando a fischiettare. Di botto si fermò: c’erano solo i suoi passi che rimbombavano nel corridoio.

Si voltò. Wilson era ancora fermo nell’ascensore, un’espressione sorpresa dipinta sul volto illuminato.

House sorrise, segretamente soddisfatto: a quanto pare l’oncologo ci era arrivato.

House: « Be'? » gli chiese « Hai intenzione di stare lì ancora per molto? »

A quelle parole Wilson si riscosse dal suo stato di estasi intorpidita e lo raggiunse velocemente.

Gli si piazzò davanti e aprì la bocca, entusiasta di esporre a House le sue considerazioni.

Ma il diagnosta lo bloccò, parandogli davanti una mano.

House: « Ah ah! » disse con un’espressione che non ammetteva regole « Finalmente hai capito, va bene. Ma ora non mi dirai proprio un bel niente! » poi si guardò intorno con fare teatrale « Non vorrai mica che qualcuno… ci osservi? »

Detto questo House prese a ridere sguaiatamente, incamminandosi di nuovo verso l’ufficio, lasciando Wilson confuso con i suoi pensieri.

E se per caso non fosse giunto alla conclusione che House si aspettava? Cosa sarebbe successo se qualcosa fosse andato… storto?

Ma Wilson non ebbe più modo di pensarci, perché un secondo dopo House era già entrato nella stanza. Non gli restò altro da fare che seguirlo, scuotendo sconsolato la testa.




 

- Ufficio di diagnostica, affollato da parecchi medici -

House entrò, senza guardarsi intorno, nel suo ufficio, camminò fino alla sua scrivania, l’aggirò e sprofondò nella sua poltrona, appoggiando poi sgarbatamente le gambe e il bastone sul tavolo.

Solo allora alzò lo sguardo. Tutti i medici dei suoi staff erano lì, tutti a braccia conserte, tutti che lo fissavano, tutti con l’espressione di chi ha appena finito di parlare della persona che ora si ritrova davanti.

House: « Che c’è, ragazzi? » chiese sorridendo divertito « Non vi sono mancato? »

In quel momento la porta dell’ufficio si aprì di nuovo. Wilson si ritrovò gli sguardi di tutti puntati su di lui.

L’oncologo passò lo sguardo da un medico all’altro, cercando di capire cosa volessero, finché non individuò l’atteggiamento di sfida che avevano tutti e la tensione che c’era nell’aria, e capì il problema che House aveva volutamente ignorato: si aspettavano una spiegazione.

Wilson sbuffò e alzò le mani in segno di difesa.

Wilson: « Non chiedete a me. Non chiedete a me. » disse scuotendo la testa.

I medici allora passarono lo sguardo da lui a House, di nuovo, ma nessuno di loro parlò.

All’improvviso il telefono cominciò ancora una volta a squillare, e House prese la palla al balzo.

House: « Mi spiace, ragazzi. » disse canzonatorio « Giocherò con voi un’altra volta. »




 

- Bob, con Cuddy, a portata di binocolo… o di telecamera! -

Bob: « Non penserete davvero di fregarmi? » chiese appena sentì l’altro rispondere alla telefonata.

House: « Chi, noi? Ma noi non pensiamo affatto! » rispose angelico.

Bob: « Bene. Allora togli il vivavoce. » comandò.

House: « Ai suoi ordini! » disse, poi Bob lo sentì dire, probabilmente agli altri, ridacchiando « Mi spiace ragazzi, è una questione privata! »

Bob aspettò in linea finché non sentì il segnale acustico che gli provò che House aveva tolto il vivavoce.

Ora il suo piano poteva continuare.

Bob: « Spero che tu sia un bravo attore. »

House: « Ottimo, vorrai dire. Perché? »

Bob: « Be'… non saprei cosa potrebbe succedere se scoprissi che qualcuno dei tuoi amichetti dottori non ha bevuto la performance che ti ho ordinato di recitare prima. » disse malignamente.

All’uomo sembrò di sentire House deglutire a disagio dall’altra parte della cornetta, fu solo per un attimo, ma la cosa non fece altro che metterlo più di buon umore.

House: « Non hai di che preoccuparti. » affermò lentamente.

Bob: « Bene. » assentì, lasciando poi passare qualche secondo di silenzio.

La tensione aumentava.

Bob: « Ti ho permesso di avere una piccola, come dire, ricreazione. » riprese, sottolineando l’ultima parola « Ma ora si ricomincia. Sei pronto? » chiese infine malignamente.

House: « Sono nato pronto. »  disse con una voce che a Bob sembrò terribilmente seria.

L’uomo, dietro alla sua maschera, sorrise.




- Ancora ufficio di House, davvero pieno -

Wilson vide House fare un cenno in sua direzione, mentre ancora parlava al telefono con il rapitore, e seppe che era giunto il momento di mettere in pratica il piano.

Sperava solo di averlo capito.

Bob: « Non voglio niente interruzioni, niente trucchetti, niente scherzetti. Solo io e te, eh House? Manda via gli altri. »

House annuì. Il momento era arrivato.

Un secondo dopo si ricordò che Bob era al telefono e che non poteva vederlo – oppure sì? Comunque era il caso di non fargli capire quello che pensava, quindi si affrettò a confermare oralmente.

House: « Ok. » disse quindi « Lo faccio subito. »

House coprì la cornetta del telefono con una mano e guardò per un lungo momento Wilson, prima di parlare agli altri.

House: « Andate ad aspettare di là, in sala conferenze. Ci vorrà un attimo. » poi sorrise vedendo le espressioni perplesse davanti a sé e disse « Non vi preoccupate, dai! È tutto ok. »

Con lentezza, tutti i medici s’incamminarono verso la stanza adiacente. Wilson era l’ultimo.

Se aveva capito bene le intenzioni di House, lui non doveva andarsene, doveva stare lì, senza dire nulla a nessuno, senza parlare. Lui sarebbe stato la chiave per risolvere il primo piccolo enigma.

A cosa sarebbe servito?

Come aveva detto House, era davvero semplice: dipendeva tutto da se Bob si fosse accorto o no che Wilson era rimasto nella stanza.

House: « Ah, Cameron! » la richiamò House scherzosamente « Prima di uscire chiudimi tutte le tende della stanza! Sia delle pareti a vetro, sia della finestra, naturalmente. Ho bisogno di privacy! » esclamò in falso tono implorante.

Ecco, con le tende tirate il piano sarebbe stato pronto. Wilson e House si scambiarono un’occhiata d’intesa. Sì, per fortuna Wilson aveva davvero capito le intenzioni dell’amico, si sentì decisamente sollevato.

Cameron si fermò e scrutò per un attimo il diagnosta. Poi sospirò, e, prima di andarsene, senza dire una parola fece quello che gli aveva chiesto.

Wilson rimase fermo al suo posto. Il momento della verità era arrivato: se Bob avesse mostrato di non sapere che Wilson era rimasto, voleva dire che le cose erano cambiate tirando le tende, quindi l’uomo doveva osservarli attraverso un binocolo, in caso contrario, voleva davvero dire che aveva installato delle telecamere o che si era infiltrato in quelle di sorveglianza. L’ultima possibilità era che non li stesse affatto osservando, ma sembrava poco probabile.

House si riportò la cornetta all’orecchio.

House: « Fatto. » disse « Ora siamo solo io e te, Bob. » continuò annuendo verso Wilson, che deglutì.

Bob: « Mmm… ma davvero? » iniziò a dire lentamente « Eppure io ho come la netta sensazione che ci sia ancora qualcuno lì con te… che ne pensa Wilson? »

Sul volto di House apparve un’espressione sbalordita e agghiacciata. Aveva tratto le conclusioni sbagliate? Bob li stava davvero sorvegliando con delle telecamere? Com’era possibile?

Si guardò furiosamente in giro, in alto, in tutti gli interstizi dove avrebbero potuto essere nascoste, incontrando più volte lo sguardo di Wilson, dapprima confuso e poi sbalordito ed anch’esso spaventato.

House gli fece cenno di tacere così l’oncologo cominciò a guardarsi intorno cercando anche lui le invisibili telecamere.

Bob: « E ora immagino che ti starai guardano intorno, cercando le telecamere che pensi io abbia installato… che dici? Saranno sopra un armadio? Sotto la scrivania? Dentro un vaso? O forse è la web-cam del tuo pc? » chiese divertito.

A ogni suggerimento, House cercava nei posti che gli indicava, per quanto lo permettesse la gamba, visto che non aveva tempo di recuperare il bastone buttato chissà dove nella stanza, sotto lo sguardo impotente di Wilson.

All’improvviso House si bloccò, quando il suo cervello si soffermò su un dettaglio delle sue parole, realizzandolo.

House: « Immagini? » chiese confuso.

Bob: « Sì, immagino. Perché le cose che ho detto fino ad ora non sono altro che mie speculazioni. Sapevo che avevi in mente qualcosa… e a giudicare dalle tue reazioni direi che ho fatto centro! »

E House capì. Bob era stato più furbo di lui, l’aveva ingannato, l’aveva rigirato ben bene portandolo a fare quello che voleva! E lui c’era cascato come un pivellino.

L’unica cosa buona era che ora poteva essere sicuro che li stava davvero osservando con un binocolo, anche se il fatto che, dopo tutta l’intelligenza dimostrata, glielo lasciava capire così facilmente non gli diceva nulla di buono…

Imprecando sottovoce, camminò velocemente fino alla finestra, spalancando di nuovo le tende.

House: « Non ti preoccupa che io ora sappia che ci stai osservando da là fuori? » disse astutamente guardando i palazzi davanti al PPTH.

Bob: « No, affatto… perché tu, pur con questa tua messinscena, non ne puoi essere sicuro. Potrei invece effettivamente aver installato delle telecamere e aver detto così per confonderti le idee… non credi? » lo provocò.

House sapeva che aveva ragione, e questo non fece altro che fargli montare di più la rabbia.

House: « Dove sei, bastardo?! » urlò frustrato, battendo un pugno sul vetro.

Bob: « Dietro di te… » gli sussurrò al telefono.

Non era possibile! House si girò di scatto, agitato e spaventato. Dove sei, dove sei? Si chiedeva, guardandosi attorno freneticamente.

Ma c’era solo Wilson. E per un terribile momento, in cui la sua mente tormentata e messa alle strette cercava una soluzione semplice, credette che Wilson fosse Bob.

Ma si pentì immediatamente, quando un secondo dopo una risata maligna gli esplose nell’orecchio.

Bob: « Siamo un po’ scossi, eh? » disse « Dovrei punirti, facendola pagare a Cuddy… ma questo spettacolino che mi hai offerto mi ripaga di tutto! Non ti puoi fidare neanche più di te stesso, House! » lo tormentò « E ora voglio Wilson fuori dai piedi. Io e te dobbiamo parlare. » disse più seriamente.

House fece cenno a Wilson di andarsene, che gli obbedì abbattuto, senza proferire parola.

L’ultima cosa che vide Wilson, prima di riunirsi agli altri, fu un House decisamente sconfitto, con i pugni serrati, gli occhi chiusi e il capo abbassato.




 

-Stanza delle conferenze, Wilson e gli staff -

Wilson trovò gli altri appollaiati qua e là. Al suo ingresso lo guardarono tutti per un secondo, avidi di notizie, ma il secondo dopo avevano rivolto lo sguardo altrove.

Wilson fece finta di nulla e prese posto su una sedia, accasciandosi lentamente.

A causa delle tende ancora tirate sulle pareti a vetro, i medici non potevano vedere cosa succedeva nell’ufficio di House, né potevano sentire cosa il loro capo (o amico) dicesse.

Nessuno di loro parlava, nessuno di loro aveva voglia di farlo. Non avevano nulla da dirsi.

Nonostante tutto, potevano intravedere House come un’ombra che camminava avanti e indietro appoggiato al bastone, e, ogni tanto, quando alzava la voce, potevano distinguere qualche parola.

Si guardavano intorno, ognuno facendo finta di non interessarsi a cosa succedeva dietro a quel vetro che li separava da House, eppure tutti, tra un’occhiata e l’altra verso il diagnosta, lanciavano sguardi furtivi ai vicini, per vederli a loro volta fare lo stesso con altri. E quando due s’incontravano con gli occhi, subito li abbassavano, imbarazzati.

Come se tutto quello fosse vietato.

Di certo non tirava un’aria tranquilla.

Eppure quelle rare occhiate attraverso quel vetro oscurato e piuttosto insonorizzato, bastavano per capire che qualunque cosa si dicessero House e Bob al telefono, non era nulla di promettente.

Dopo quella che sembrò loro un’infinità di tempo, la porta si aprì e House entrò.

Tutti gli sguardi si focalizzarono su di lui. Chi era seduto si alzò, chi era composto s’irrigidì, senza più quel timore senza senso di mostrare la loro preoccupazione.

Tutto si aspettavano da House, meno quello che egli effettivamente disse.

House: « Voglio che usciate dall’ospedale, e aspettiate tutti insieme davanti all’entrata. Fate quello che volete, ma non muovetevi da lì. Vi voglio fuori di qui entro due minuti. » disse, e la sua voce non s’incrinò neanche un momento, mentre guardava un punto imprecisato davanti a sé.

Ci fu un attimo di silenzio, mentre tutti assorbivano la richiesta.

Taub fece un passo avanti, sbalordito e arrabbiato.

Foreman lo fermò appoggiandogli una mano sulla spalla. Taub si girò verso di lui, che scuoteva piano la testa.

Chase: « È tutto inutile. Andiamo, senza tanto domande. » disse a bassa voce.

Tutti si volsero, uscendo dall’ufficio e incamminandosi per il corridoio. Taub abbassò lo sguardo, scuotendo la testa sconfitto.

Poi anche lui e Foreman, che lo aveva aspettato, uscirono.

Wilson fu l’unico a rimanere, ancora una volta, immobile, nel punto in cui era.

Wilson: « Allora? » chiese lentamente.

House abbassò la testa, le mani a stringere entrambe l’impugnatura del bastone, ma non parlò.

Wilson: « Cosa sta succedendo ora, House? » provò di nuovo a chiedere.

Nulla. Wilson strinse i pugni.

Wilson: « Non puoi fare così! Un secondo fa mi hai detto che brancoli nel buio e hai ammesso che siamo alla completa mercé di Bob. E poi è successo tutto quel casino! È ovvio che non puoi fare da solo, hai bisogno di tutto l’aiuto possibile, del nostro aiuto, del mio! E ora improvvisamente ci dici che non ci vuoi intorno, che vuoi star da solo e ci mandi via… » Wilson si portò una mano alla testa, esasperato « Questo non ha senso! »

Wilson aveva facilmente immaginato che quella strana richiesta di House fosse derivata da un ordine di Bob, ma questa volta c’era qualcosa di diverso: House voleva davvero stare da solo.

Solo con quel pazzo, ad affrontare quello che aveva preparato per lui. E aveva la netta sensazione che non fosse nulla di bello, né facile.

Come poteva Wilson lasciarlo da solo?

Wilson: « Perché? » gli chiese semplicemente dopo un po’, a bassa voce.

Il diagnosta non rispose, continuò immobile a guardare in quel punto imprecisato, con lo sguardo vuoto.

Wilson scosse la testa, passandosi una mano sul viso. Poi sospirò, arrendendosi.

Lentamente si girò per andarsene: se House non voleva parlare, era inutile cercare di fargli cambiare idea.

Proprio quando Wilson aveva appoggiato la mano sulla maniglia, pronto ad andarsene, House gli rivolse lo sguardo, risvegliandosi dallo stato di catalessi in cui sembrava essere caduto.

House: « Ti fidi di me? » chiese sottovoce.

Wilson si girò lentamente, incredulo. I due uomini si fissarono negli occhi.

Wilson: « Sì. » rispose alla fine, semplicemente.

House: « Allora promettimi che qualunque cosa accada non interferirai, promettimi che in nessun caso permetterai agli altri di entrare nell’ospedale, o di andarsene. »

Wilson capì dalle sue parole che era finito il tempo di farsi domande.

Fece l’unica cosa possibile: annuì serio, fissandolo negli occhi.

Wilson: « Te lo prometto. »

Sì, si sarebbe fidato.

Poi interruppe il contatto visivo con lui e se ne andò, con una stretta al cuore, lasciandolo solo.




 

-Un po’ dopo, ufficio di House… House. –

House: « Allora? Sono oramai le otto. È buio. È questo che aspettavi, no? »

Bob ridacchiò.

Bob: « E così l’avevi capito! È per questo che fino ad ora hai fatto quello che volevo. »

House sorrise.

House: « È così. Mi sembrava strano che un uomo intelligente come tu appari nascondesse così a lungo le sue vere intenzioni. Doveva esserci qualcosa sotto. Un qualcosa che è anche causa del tuo assecondarmi nei miei… giochetti. » affermò furbescamente.

Bob: « Ti ringrazio per il complimento. Allora, visto che mi hai così gentilmente assecondato fino a questo momento, e anzi, visto che lo abbiamo fatto vicendevolmente… perché smettere proprio ora? »

House schioccò le labbra, si guardò intorno, nell’ufficio buio e vuoto, con una mezza idea riguardo alle intenzioni dell’uomo.

House: « Hai ragione. In effetti non avrebbe senso. Dunque, cosa devo fare? » chiese arrendendosi.




-Bob & Cuddy… in un posto vicino e lontano –

Cuddy vide l’uomo alzarsi dalla sedia dove era seduto fino a poco prima, era ancora legata e imbavagliata. Era sfinita e spaventata, ai limiti della sopportazione ed era anche molto preoccupata per la sua Rachel. Stanca di quella situazione, non vedeva l’ora che House desse a quello squilibrato ciò che voleva. Lo osservò mentre si avvicinava alle grandi tende scure che coprivano un’intera parete.

I suoi occhi si spalancarono, troppo stupita e confusa per pensare razionalmente, quando lui aprì le tende, rivelando un’enorme vetrata con una perfetta panoramica sul PPTH.

Sul volto dell’uomo apparve un sorrisetto malvagio.

Bob: « Guarda dietro alla lampada sulla tua scrivania. C’è un regalo per te, House. » disse al medico all’altro capo del telefonino.




 

-House, ufficio-

Un sorpreso House aveva appena trovato un piccolo pacchettino, incartato di rosso e con un fiocco oro, nascosto dietro alla lampada della sua scrivania. Come diamine c’era arrivato lì?

Un secondo dopo si domandò perché ancora si chiedeva la ragione di cose in cui Bob aveva messo lo zampino. Non aveva senso farlo, tanto non c’era una risposta.

Lo aprì con un’alzata di spalle, la sua curiosità inevitabilmente risvegliata.

Guardò confuso per un attimo l’oggetto che si trovava davanti, un paio di…

Bob: « Inizia a metterti gli auricolari. » ordinò al medico interrompendo il filo dei suoi pensieri.

House: « Perché? » chiese aggrottando le sopracciglia.

Bob: « Non vorrai mica offendermi non provando il mio regalino?! E poi… perché no? » rispose sogghignando.

House: « Immagino che lo scoprirò presto. » affermò sospirando.

Bob: « Penso che tu possa immaginarlo. Ora esci sul balcone. »

House si ficcò un auricolare nell’orecchio, mettendo il cellulare in tasca. Aprì stancamente la porta-finestra, uscendo sul terrazzo che il suo ufficio aveva in comune con quello di Wilson.

Senza farsi notare troppo, e facendo finta che fosse una cosa naturale, House scrutò i palazzi davanti a sé. Nonostante Bob lo avesse portato a dubitarne, pensava ancora che fosse rintanato lì vicino e che li spiasse con un binocolo. Doveva trovare il palazzo. Le finestre erano quasi tutte illuminate, visto che oramai era buio, ma House da quella distanza poteva scorgere solo delle ombre dietro ai vetri e alle tende, figurarsi un uomo con un binocolo. Però una cosa la poteva fare: individuare i palazzi da cui si aveva la migliore visuale sull’ospedale.

Bob e Cuddy dovevano essere lì.

House: « E ora? » chiese curioso, dopo che si fu preso il tempo necessario a simulare la sua silenziosa ricerca.

Ci fu un attimo di silenzio, prima che l’uomo riprendesse a parlare.

Bob: « Ora fai l’appello! »




 

-Bob & Cuddy, forse non così lontano –

Bob aveva appena finito di spostare la Cuddy, in modo che non si potesse vedere dal finestrone aperto.

House: « Cosa devo fare? » chiese sbigottito dall’altro capo del telefono.

Bob: « Nulla di complicato. » sogghignò « Sporgiti dal balcone e controlla che ci siano tutti i tuoi fidati collaboratori. Ad alta voce. » disse sottolineando le ultime parole.

House: « E a cosa ti servirebbe tutto ciò? »

Bob: « Tu fallo e basta. » ordinò.

House: « Vuoi anche una presentazione? » chiese sarcastico.

Bob: « Ma sì, perché no! » disse facendo finta di prenderlo sul serio, si fece una grossa risata « Cercare di sdrammatizzare non ti servirà. »




 

-House, terrazza! –

House: « Be', uno ci prova! » disse stringendosi nelle spalle.

House si spostò vicino alla ringhiera di mattoni e guardò verso il basso. Come aveva chiesto loro, su ordine di Bob, erano tutti fuori dall’ospedale, illuminati dai lampioni stradali, lasciandolo lì, solo ad affrontare il rapitore. Sbuffò.

House: « Allora, quella giovane e carina che sgambetta avanti e indietro è Cameron, la solita emotiva. Ah, ultimamente si è fatta bionda… e si è fatta anche Chase, se t’interessa. Sì, Chase è quel canguro che le saltella dietro, probabilmente sta cercando di parlarle. » House scosse la testa « È sempre stato uno stupido. »

House fece una pausa, mentre Bob ridacchiava. Spostò lo sguardo.

House: « Coppia numero due: Forteen! Lei è quella seduta sul muretto… ma in realtà non ho ancora capito se è davvero una “lei”… mmm. Comunque ora sta usando quel suo 50% di “lei” per stare con lui, che è il nero appoggiato al lampione che la guarda. Lui è Foreman, lei Tredici. »

Bob: « Un numero? »

House: « Un numero. Be', il Tredici porta fortuna, diciamo che è la mascotte. Non ti piace? » chiese ironico.

Bob: « No, no, va benissimo. Vai avanti. » affermò divertito.

House: « Poi abbiamo ancora l’ex-chirurgo plastico, l’ebreo che ha messo le corna alla moglie… è lo stempiato in piedi davanti all’entrata dell’ospedale con le mani in tasca. Si chiama Taub. Che dire altro… l’ho già detto che faceva il chirurgo plastico? Per caso ti serve una plastica? »

Bob: « No, grazie. Ne farò a meno. » disse con uno strano tono.

House: « Ok, ok, come vuoi. Spero di non aver toccato un tasto dolente. Comunque. C’è poi l’altro nero, meno nero di Foreman: è Kutner, un tipo davvero socievole, è specializzato in medicina sportiva, e per quel che ne so non ha una ragazza. Ma lui mi piace, sai? È un ragazzo in gamba, con il giusto concentrato di pazzia e intraprendenza. »

House si fermò a pensare un attimo.

House: « Ho finito. » disse infine.




 

-Bob & Cuddy, più vicino di quanto non sembri –

Bob: « E Wilson? » chiese sorpreso, aggrottando le sopracciglia.

House: « Wilson cosa? Non c’è nulla da dire. Lui è Wilson e basta. »

Bob era stupito. Possibile che House non avesse nulla da dire sul suo migliore amico?

Cosa poteva nascondere?

Bob: « Non hai davvero nulla da dirmi su di lui? » chiese ancora.

House: « Gli ho ucciso la ragazza. » affermò con semplicità.

Bob: « … »

Non disse nulla, pensando a quelle parole, stringendo nei pugni il telefonino e il binocolo e chiudendo gli occhi. Una strana rabbia gli era salita addosso, e doveva calmarsi. Respirò profondamente più volte.

Come faceva House a liquidare una cosa del genere in quel modo?

Rimasero in silenzio per un po’, mentre entrambi guardavano in giù, osservando Wilson, che muoveva qualche passo in giro torturandosi le mani in gesti nervosi, con una strana espressione. Lui era l’unico a sapere almeno un po’ cosa stava succedendo.

Bob ricominciò a parlare solo quando il respiro gli si fu regolarizzato, passandosi la mano nei capelli neri.

Bob: « Dimmi House, cosa faresti per un paziente? »

Bob allontanò il telefonino da sé, per nascondere l’attacco di tosse che gli stava per venire, aspettando la risposta del medico, che però non arrivava.

Bob: « Non mi sembra sia una domanda così difficile. »

House schioccò le labbra: « Non c’è una risposta. »

Bob: « E invece sì. » sorrise lentamente.

House: « Allora sarebbe alquanto stupido da parte tua fare una domanda di cui conosci già la risposta! »

Bob: « Non riesci proprio ad evitare di fare dell’ironia, eh? » disse divertito.

House: « È un dono di natura. » commentò « Ma andiamo! Sto aspettando di essere illuminato dalla tua infinita saggezza. Non vorrai mica farmi stare sulle spine? »

Bob: « No, hai ragione. » disse mentre un’espressione enigmatica gli appariva sul volto « Vuoi sapere qual è la verità? La verità è che tu non faresti nulla per un paziente. »

House: « Strano per un medico, non credi? »  chiese ironicamente.

Bob: « Non cercare di prendermi in giro. Come ti ho già detto… Io ti conosco. Tu non faresti nulla per un paziente, e lo sai. L’unico motivo per il quale sei medico è risolvere enigmi. È la tua unica ragione di vita, l’unica cosa che ti fa andare avanti. Non t’importa nulla dei malati, quello che a te interessa è la malattia. »

House: « Mmm. Magnifico, hai capito tutto di me. » disse sarcastico « Ora cosa vuoi fare? Provare a redimermi, cambiarmi? Hai fatto tutto questo per una ragione simile? Be', hai preso un abbaglio. Ti svelo un segreto, le persone… »

Bob: « … non cambiano. » lo interruppe « Le persone non cambiano. È questo che stavi dicendo? »

House rimase in silenzio, interdetto.

Bob sorrise enigmaticamente.

Bob: « Vedi, la domanda realmente interessante non è cosa faresti per un paziente, ma… »




 

-House, sempre solo in terrazza –

Bob fece una pausa densa di sottointesi. House deglutì, suo malgrado. Quell’uomo lo stava mettendo alle strette, aveva la capacità di ammutolirlo, ma, cosa ancora più grave, quella di sorprenderlo.

Quanto odiava tutto ciò! Eppure ci andava matto, perché alla fine era una gara di cervelli.

Bob: « La domanda giusta è… » riprese sussurrando « Cosa faresti per Lisa Cuddy? »

“Cosa faresti per Lisa Cuddy? Cosa faresti per Lisa Cuddy? Cosa faresti per Lisa Cuddy?”

Quelle poche parole echeggiarono nella mente di House con un’inclinazione inquietante.

Fino a quel momento avevano solo giocato, ma ora la faccenda stava diventando seria.

Quella era una vera e propria minaccia, per nulla velata.

La bocca di House si seccò all’improvviso, digrignò i denti, stringendo spasmodicamente il bastone. Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo.

House: « Cosa vuoi che faccia? » chiese alla fine, pensando alle innumerevoli volte che oramai aveva detto quella frase a quell’uomo misterioso.

Bob: « Voglio… voglio vedere se ho “toccato il tasto giusto”, e voglio farti comprendere che è così. »




 

-Bob & Cuddy, dietro un qualche finestrone –

Bob sapeva di starlo innervosendo, e la cosa non faceva che riempirlo di gioia.

House: « Cosa vuoi che faccia? » ripeté lentamente, azzerando di nuovo il suo orgoglio.

Bob sorrise spietatamente.

Bob: « Sali sul cornicione… » disse scandendo piano ogni sillaba « … e buttati di sotto. »























Spazio Autore:
Se sono riuscita nel mio intento, a quest'ora, finito il capitolo, mi starete maledicendo... ehehe! xD
Comunque, come dicevo, i capitoli si allungano. Questo è 8 pagine word.
Spero davvero di ricevere qualche vostro commento, o lettori silenziosi...
Alla prossima.
Rika =)

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