Ciao!
Mi ero ripromessa di passare a commentare questa storia, ma ogni volta che ci ho provato mi sono ritrovata a cercare le parole adatte. Questo perché la tua è una storia complessa; non per struttura o per intreccio, né in senso negativo, ma per densità di concetti e caratterizzazione dei personaggi che definirei convoluta, perché non esternano quasi nulla e ogni processo avviene internamente, lontano da occhi e parole.
Raramente ho letto pezzi così belli su Roy e Riza. E loro sono la mia primissima OTP, quindi tendo ad essere davvero molto esigente su di loro, oltre che fastidiosamente ipercritica, ma qui non ho trovato nulla, davvero nulla fuori posto dal punto di vista della loro resa.
Dialoghi, interazioni, espressioni, gestualità e atmosfere sono straripati direttamente dal manga, dando corpo ai personaggi e rendendoli vivi e ben riconoscibili. La cura per i dettagli è encomiabile, e non mi riferisco solo a quelli ambientali, che sono pochi, ben collocati e funzionali a delineare ogni scena, ma soprattutto a quelli legati alla psiche dei personaggi. Per esempio, il come una ruga passeggera sul volto di Riza allarmi all'istante Roy, e come questa sia sintomo di ricordi lontani, ma non così tanto da essere nebulosi; il come una conversazione in altri contesti leggera come quella avviata da Havoc assuma tinte più cupe, se riferite a persone che sentono di non meritarsi la felicità, come appunto Roy e Riza. Perché nella loro mente, poter vivere felici è un privilegio inspiegabile, una fortuna conferita da un fato probabilmente cieco ai loro crimini, e tutta l'incredulità che ne consegue è terribilmente realistica. Giochi sul senso di colpa e sulla sindrome del sopravvissuto, sulla consapevolezza che anche le brutte azioni a volte hanno un fine o un risvolto positivo e che ognuno di noi deve comunque conviverci, soprattutto se si hanno responsabilità così grandi come il futuro di un Paese.
La forza di questi due personaggi è proprio nel non aver dimenticato e nel serbare con cura ricordi dolorosi o dolceamari. Il passaggio che descrivi sulla tomba di Hughes ne è la prova: Maes stesso è il legame col passato, con una promessa che Roy ha fatto sul campo di battaglia, che ha ribadito per la somma di 520 cenz e che ha portato fino in fondo nonostante le perdite. E anche Edward, segnato da altrettanti vuoti, ricorda: ricorda i tempi dell'alchimia, gli manca usarla, ma le parole che pronuncia sono prive di rimorsi o rimpianti, tinte solo dalla nostalgia; e forse sono proprio quelle a scuotere Roy, a fargli capire che si può ricordare qualcosa senza che esso diventi un fardello, o una barriera. Che magari quel peso, se condiviso, può diventare una porta da aprire, e mi si è scaldato il cuore nel leggere di come lui e Riza alla fine decidano di farlo, insieme, come sempre.
Il siparietto finale mi ha lasciata col sorriso sulle labbra, ed è la perfetta conclusione alla storia e al percorso dei nostri eroi.
Mi trovo d'accordo nel constatare che la storia è, in un certo senso, spigolosa nel suo dipanarsi, e soprattutto nel primo capitolo ho colto appieno quel senso di vuoto un po' onirico a cui accenni, ma ciò non ha affatto ostacolato la lettura: l'ho trovato anzi un valore aggiunto. Forse su alcune frasi si inciampa un po': qua e là ho trovato costruzioni che mi sono sembrate un po' troppo auliche nel contesto in cui si inseriscono, ma come dicevo sono davvero delle sbavature marginali (oltre che legate al gusto personale) che nulla tolgono alla lettura e, anzi, la rendono particolare. Complimenti soprattutto per le descrizioni brevi ma estremamente icastiche, che inserite nella cornice un po'eterea della storia spiccano ancora di più.
Mi attengo alle direttive che mi hai dato tempo fa e non mi addentro in altri tuoi scritti RoyAi o su FMA, ma vedendo come hai gestito qui i miei beniamini, dubito che avrei qualcosa di negativo da dire :)
Ancora complimenti e spero alla prossima!
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