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Autore: Claa    06/05/2013    2 recensioni
“Le giornate si sono allungate” dice. “L’estate è finalmente arrivata.”
Fermo dinanzi le ampie vetrate del proprio ufficio, le mani giunte dietro la schiena, Roy Mustang, nuovo Comandante Supremo in carica, fissa il cielo al tramonto e assapora la quiete della sera.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.       Due
 
 
 
“Come ti è sembrata Glacier?”
Camminano adagio. Non hanno impegni, li hanno cancellati tutti. È una bella mattina estiva, luminosa e vivace nel bianco delle margherite e nel giallo delle spighe. Gli uccellini si rincorrono nel vento e beati cinguettano.
“Sta bene. È una donna straordinariamente forte.”
“Sì.”
“Ed Elicia! Com’è cresciuta” dice Riza, e batte le lunghe ciglia dorate; che splendida bimba, pensa, e le iridi le si colmano di luce, vibrano al risorgere di un amore materno, ancestrale.
Roy la guarda e non può che sorridere.
“Oh” dice lei d’un tratto, lo sguardo fisso su qualcosa di distante. “Siamo fortunati.”
Roy percorre quello sguardo. Sorride ancora, questa volta baldanzoso e triste a un tempo. “Fortunati…”
 
“Colonnello!” esclama Edward.
“Comandante, prego” appunta Mustang, continuando ad avvicinarsi.
Anche Winry si volta – il piacere di vederli le si disegna su guance e labbra. “Comandante! Signorina Riza!”
“Pure voi qui” dice Roy, stringendo la mano della ragazza. Poi volge gli occhi verso il basso, all’austera lapide di pietra, che inciso reca il nome di Maes e ai cui piedi, a donare un po’ di colore, v’è un grazioso vasetto di fiori.
Riza e Winry si salutano e affabilmente si abbracciano, scambiano qualche parola, si adulano a vicenda; cose da donne, grugnisce Roy a Edward. È contento di averlo incontrato. Ora sa con certezza che non ha dimenticato.
“È duro il lavoro del Comandante Supremo?”
“Durissimo.”
“Che l’ho chiesto a fare…”
“E a te come va? Deve mancarti, l’alchimia.”
Il ragazzo, i ciuffi biondi liberi e selvaggi, si osserva i palmi delle mani. “A volte.” Ricorda, il brivido dell’alchimia, sorride. Riemerge in superficie. “Ma adoro la mia vita per quella che è, non la baratterei con niente al mondo. E a Winry e ai bambini piace vedermi occupato con gli attrezzi, mentre riparo il lavandino o le tegole del tetto.”
“Bambini?”
“Due maschietti.” Ride goffo e si gratta la testa. “Sono marito e padre, adesso.”
“Complimenti. Ti sei perfino alzato.”
“Lei invece è invecchiato.” Ride a gran voce.
“Tieni a mente che io, a dispetto di te, l’alchimia posso usarla ancora.”
“Sono stato più veloce di lei, Colonnello” (“Comandante!”) “Quando ha intenzione di convolare a nozze? Son sicuro che il Generale di Brigata Hughes, lassù, si stia ponendo la stessa domanda.”
“Invece tu quando comincerai a essere meno impudente?”
Edward sogghigna. “Credo sia tardi per quello, Signore.”
 
Si accommiatano con la promessa di ritrovarsi presto. Vanno per il viale mano nella mano, loro, coniugi per gioco nell’infanzia, coniugi di fatto nell’età adulta. Quella visione rasserena Roy, lo pervade di calma e di fede nel domani. Quindi si accuccia davanti la tomba dell’amico, e nel linguaggio interiore, universale, dei sentimenti, prende a parlare.

Scorrono minuti, Riza non sa dire quanti; contempla le terre all’orizzonte. Rinviene nel sentirlo tirarsi in piedi e sospirare, rassettandosi le pieghe dei pantaloni. Gradualmente, per lei, si ricompone e si rifà presenza.
“Quante persone abbiamo incontrato sul nostro cammino” dice poco dopo. “Diverse e comunque simili a noi: determinate a lottare per uno scopo, un principio, un affetto.” Fa una pausa, medita. Sente di avere tanto da dire, all’improvviso. “Non siamo mai stati soli” prosegue, “neppure quando abbiamo patito la solitudine. Perché un soffio più in là della nostra sofferenza c’era qualcuno disposto a offrirci aiuto e gentilezza. Ad attenderci c’era un futuro che ci voleva forti, e che forti ci ha resi unendoci. Abbiamo dovuto arrenderci a verità che avremmo voluto non fossero tali, abbiamo smarrito la speranza e detto addio a chi ci era caro, ma siamo andati avanti.”
Lei assente lievemente. “È vero” sottoscrive. “Questo è ciò che siamo, è la nostra storia, e vive in noi come tutti coloro che ci sono stati affianco.” Incrocia il suo sguardo, sorride. “Niente potrà cambiarla.”
“Sono felice che tu e io siamo andati avanti insieme.”
“Lo stesso vale per me.”
Si scrutano, senza ansietà, senza vergogna. Negli occhi dell’altro vedono, bagliore, abisso, il nulla e il tutto, ma non si perdono. Il vento soffia.
“Senti, Riza… vorresti… ti andrebbe di…”
“Sì.”
 
 
 
Alle prese con montagne di fogli, molti dei quali ormai da buttare, Riza tentava ostinatamente di tenere a freno impazienza e curiosità. Da quando il Generale Mustang era stato convocato dal Gran Consiglio, circa due ore prima, di lui non aveva più avuto notizie. «Chissà in che guaio si sarà cacciato…» rimuginava.
All’improvviso, però, dei passi pesanti, caratteristici di chi corre e si affanna, si avvicendarono all’ufficio. Lei si girò che la porta era già aperta e il Generale pendeva dalla maniglia nello sforzo di riprender fiato.
Allarmata gli andò incontro. “Signore, cos’è successo?”
Ma lui fiaccamente rise, rantolante, e la guardò come mai aveva fatto. “Mi hanno promosso, Tenente.”
Il viso di lei si distese in un’espressione di autentico stupore, le labbra si schiusero involontarie.
“Mi hanno promosso! Ce l’ho fatta!” esultò Roy a pieni polmoni. “Ce l’abbiamo fatta!” Azzerò la distanza che lo sperava da Riza e l’abbracciò. La strinse fra le braccia, l’avvolse e rise, rise, straripante di gioia. Lei era di legno, un tronco d’albero, ma lui non ci fece caso. Suo malgrado, nello sciogliere quell’abbraccio, non poté non far caso alle lacrime che vide scenderle dalle guance, mentre chino le stringeva le spalle.
“Ma che fai?” disse mesto. “Sei diventata proprio una piagnucolona, eh, Tenente?”
 
Il resto della truppa si riversò nella stanza accompagnata da un bailamme crescente.
“Messieurs, mesdames, il più giovane Comandante Supremo della storia!” declamò Breda con un ghigno, levando verso Mustang una bottiglia di raffinato champagne. Havoc fischiò. Congratulandosi, il team al completo si radunò intorno a lui, letteralmente lo circondò, e lo ricoprì di pacche e schiaffetti fraterni. Fury fu il primo a ritirarsi e a scivolare vicino al Tenente, che necessitava evidentemente di un fazzoletto.
In quanto ospite d’onore, il Maggiore Armstrong, al corrente della promozione, entrò in scena nella sua maniera maestosa e teatrale, petto nudo compreso. Roy provò a scappare ma fu tutto inutile: le tenaglie del Maggiore lo afferrarono e lo stritolarono amichevolmente. “Roy Mustang, il suo impegno è stato ricompensato” si commosse Louis, che concluso lo stritolamento accettò di scattare una foto al festeggiato e ai suoi fidati subalterni.
Questi si misero in posa, tra spinte e marachelle. Fury, all’estrema sinistra, sorrideva apprensivo; poi Riza, che sfregava la carta bagnata del fazzoletto; all’estrema destra Falman, ritto e composto; poi Breda, con lo champagne, e Havoc in sedia a rotelle e una sigaretta spenta in bocca; al centro, Roy, il più raggiante.
“Ready?” chiese il Maggiore. “Three…”
“Tenente, basta. Fingiti contenta.”
“Ma lo è, Generale, ops!, Comandante.”
“Zitto tu, Sergente Maggiore Fury.”
“Two...”
“Certo che sei ingombrante, con ‘sta carrozzella.”
“Non chiamarla carrozzella! Sedia a rotelle, sedia, a, rotelle.”
“E’ questo il momento di litigare?”
“Sei contenta, allora?”
“Certamente. Congratulazioni, Signore.”
“One… Smile!”
All’obiettivo, al traguardo, a loro, sorrisero.
Click.
 
 
 


Note dell'autrice:
Circa un mese fa la passione per FullMetal Alchemist e questa coppia in particolare è tornata a sfavillare, e così ho ripreso in mano fumetti e penna. Dovevo assolutamente mettermi a scrivere. Questo è quel che ne è venuto fuori. Il mio parere personale è alquanto duro, al riguardo. Non era come l'avevo ideata, ho dovuto tagliare, aggiustare ripetute volte. Il risultato è che tutta la storia è velata da uno strato di vacuità e asprezza che è difficile da ignorare. Tuttavia, dopo essermi spremuta a sufficienza le meningi, sono infine giunta a una conclusione: penso sia proprio questa sua sgraziatezza, questo suo difetto, a darle qualcosa, a renderla a suo modo adeguata.
Ma ora lascio il commento a voi, io ho parlato fin troppo. Buona lettura!
(E per chi volesse saperlo, la canzone all'inizio è "Your bones" degli Of Monsters and Men.)




  
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