Ciao cara, ed eccomi qui a recensire il tuo capitolo. Prima di farlo, però, ti lascio il capitolo con tutte le correzioni (spero che per te non sia un problema )
"Tutto era buio: ero sola in una stanza sconosciuta, o almeno così credevo.
Iniziai a guardarmi intorno: il buio regnava. Dopo poco, un rumore proveniente dalla mia destra attirò interamente la mia attenzione; sembrava quasi un pianto strozzato.
Mi fiondai contro la parete scrutandola attentamente con le mani, in cerca dell'interruttore che trovai poco dopo. Accesi la luce e rimasi sconvolta dalla scena che si pose ai miei occhi: una donna alta, non troppo magra, con dei lunghi capelli biondo cenere, si poneva in piedi dinanzi a me. Le sue mani erano legate al soffitto con del filo spinato; non riuscivo a distinguere il suo volto a causa dei lunghi capelli sul viso. Il suo corpo era ricoperto di tagli profondie qualche goccia di sangue colava dal suo ventre. Mi avvicinai con passo cauto ma deciso alla donna e le scostai una ciocca di capelli dal viso. Dei piccoli brividi iniziarono a percorrere il mio corpo, indietreggiai velocemente fino a trovarmi con le spalle contro il muro.
-Mamma. Chi ti ha fatto questo? Chi?!.- urlai.
-Sei stata tu, tesoro.- riuscì a sussurrare.
Mi sedetti a terra, portando le mani al viso e iniziai ad urlare. Era impossibile, non potevo aver fatto del male a mia madre, non avrei potuto. Era colei che mi aveva messo al mondo e per quanto io potessi essere spietata verso ogni forma umana, non le avrei mai fatto nulla del genere.
Mi svegliai sul mio solito letto: le lenzuola erano bagnate a causa delle mie lacrime e del mio sudore.
-Era solo un maledetto sogno.- dissi a me stessa.
Mi alzai dal letto e mi fiondai sotto la doccia. Amavo sentire l'acqua calda scorrere lentamente sul mio corpo. Dopo circa un'ora mi decisi a uscire dalla doccia e iniziai a vestirmi. Una volta finito feci colazione e mi sdraiai qualche minuto sul divano.
Iniziai a pensare: avevo bisogno di uscire da quella casa anche solo per qualche minuto, la solitudine mi stava uccidendo giorno dopo giorno, avevo bisogno di vedere mia madre.
Uscii da quell'inferno di casa e mi avviai verso la mia vecchia casa.In pochi istanti, mi trovai davanti la mia dimora. Mi avvicinai cautamente alla finestra spiando l'interno della casa; non vidi nessuno così mi fiondai sul retro ed entrai in casa.
Salii in camera mia e mi sedetti sul letto;
Quelle quattro mura mi facevano sentire protetta, solo in quella casa mi sentivo bene.
Mi gettai sul letto, lasciando la mia mente libera da ogni sorta di strano pensiero.
Riuscii a rilassarmi per qualche minuto prima di sentire la porta aprirsi e il rumore di piccoli passi. Doveva essere mia madre.
Saltai dal letto e aprii la porta sbattendola contro il muro, scesi le scale correndo e mi fiondai tra le braccia di mia madre. Lei rimase impassibile, non ricambiò il mio abbraccio, anzi sembrava disgustata di avermi fra le sue braccia. Mi allontanai da lei guardandola con gli occhi pieni di lacrime.
-Mamma, perché mi fai questo?.- dissi scoppiando in lacrime.
-Mi dispiace, tu non sei mia figlia, sei un mostro.- si lanciò verso il salotto e compose il numero della polizia e li avvisò del mio rientro in casa. Io rimasi lì, ferma sulle scale con il viso ricoperto dalle lacrime e il cuore spezzato, come poteva farmi questo? Mi ha chiamata mostro, eppure tutto quello che ho fatto a papà, l'ho fatto solo per proteggere lei. Era questo il suo modo di ringraziarmi?.
Dopo pochi minuti risalì le scale e si pose avanti a me guardandomi, sempre con quell'aria disgustata e sconvolta, non disse una parola e io feci altrettanto.
Non provai a scappare, sapevo che presto sarebbe arrivata la polizia ma non volevo fuggire, al momento la mia delusione era talmente grande da impedirmi ogni tipo di azione. Mia madre mi aveva rinnegato come figlia, il mio cuore era a pezzi.
Arrivò la polizia e come già detto io rimasi lì, sulle scale. Entrarono in casa e si avvicinarono a me mettendomi un paio di manette. Io non opposi nessuna resistenza, gli lasciai fare il loro dovere, forse, in fondo, era la cosa più giusta da fare.
-Dove la porterete?.- pronunciò con aria disdegnata mia madre.
-In un manicomio qui vicino signora, non si preoccupi, è al sicuro.- rispose un poliziotto.
-Manicomio?! No agente! Lei non conosce questa bambina! Lei è il diavolo, un manicomio non la terrà lontana dai suoi impulsi!-
-Signora le ho detto di non preoccuparsi, purtroppo è una minorenne, le procedure sono queste.-
-Vi pentirete della vostra scelta! non sapete cosa è capace di fare!-
-Sono tua figlia cazzo! Nel bene o nel male dovresti proteggermi, io ti ho sempre protetto! E' così che mi ripaghi?! Puttana!.- Urlai disperata contro mia madre.
-Stai tranquilla, andiamo.- mi disse un agente trascinandomi fuori dalla porta.
Davanti casa mia c'era una folla indescrivibile: tutti lì ad aspettare che mi portassero via. Magari avrebbero anche festeggiato dopo. L'agente mi invitò ad entrare in auto e così feci. Ci avviammo per quelle losche strade, in cerca di una meta ancora sconosciuta. Arrivammo davanti a un manicomio, uno di quei posti per psicopatici. Io non sono come loro, io non sono psicopatica, io sono lucida, sono consapevole di ciò che ho fatto, io sono semplicemente una vittima di satana, è lui che impone il suo volere e io sono portata a svolgerlo.
Entrammo in quell'edificio: le pareti erano luride, i pavimenti scivolosi, le stanze poco illuminate. Sembrava una casa dell'orrore.
Appena entrati, un'infermiera mi prese per un braccio e mi tirò verso se inoltrandosi in un lungo corridoio pieno di stanze.
-Dove diavolo mi porti?.- dissi strattonando il braccio.
-In isolamento. Cosa ti aspetti? Il parco giochi?!.- rispose ridendo.
Si fermò nell'ultima stanza alla fine del corridoio, aprì la porta e mi spinse dentro chiudendo la porta alle mie spalle. La camera era vuota, non c'era assolutamente via di fuga: sul pavimento sostava un materasso sporco sulla quale avrei dovuto passare le mie notti: le pareti erano luride, macchiate di un grigio strano, e una piccola finestrella dotata di sbarre, sostava beata sulla mia sinistra. Sembrava di essere in una stanza delle torture.
I giorni passavano e la rabbia cresceva giorno dopo giorno dentro me. Volevo vendetta: sarei uscita da quell'incubo e mi sarei vendicata della donna che pur avendomi messo al mondo, aveva spezzato il mio cuore senza alcun rimpianto.
Una delle infermiere mi teneva compagnia la notte, si sedeva dietro la porta della mia cella e parlava con me; era gentile con colei che, in quell'istituto veniva chiamata "mostro" da tutti.
Una notte durante una delle nostre incomprese chiacchierate, sentii la chiave entrare nella serratura, segno che stava aprendo la cella. Io rimasi immobile seduta sul materasso: la porta si aprì e l'infermiera mi lanciò un diario e una penna, e richiuse in fretta la porta.
-Tieni piccola Claire. In questo diario potrai scrivere ciò che provi quando ti senti sola, quando io non sarò qui a parlare con te.- disse lei con voce triste.
-Perché dici così? Tu sarai qui ogni sera. Vero?.- chiesi.
-Piccola, hanno saputo delle nostre chiacchierate notturne, temono che potrei farti fuggire, per cui mi trasferiranno domani.-
-Mi stanno togliendo la mia unica amica?.-
-Mi dispiace tesoro, devo andare adesso, ciao.-
-Ciao.- risposi con le lacrime che rigarono il mio viso.
Non è giusto. Era l'unica persona che parlava con me, l'unica a non tremare di fronte ad una bambina.
Passarono due giorni e la notte mi sentivo più sola che mai, così decisi di scrivere il diario.
10 marzo 2003.
04:31.
Ciao, so che non puoi rispondermi ma al momento sei l'unico disposto ad ascoltare una piccola pazza, o almeno così mi descrivono tutti.
Sai, penso che non sia male parlare con te, in fin dei conti tu non puoi giudicarmi, puoi solo limitarti a lasciarmi scrivere ogni mio strano pensiero.
Sto soffrendo molto, mi sento prigioniera anzi no, lo sono. Vorrei uscire da qui, mi sento sola, neanche le mie fantasie mi permettono di stare meglio. Mi sento rifiutata, sono stata ripudiata da mia madre, da colei che mi ha messo al mondo, non esiste sensazione più brutta di essa.
Sto mettendo in atto un piano di fuga: penso che se continuassi a comportarmi bene mi faranno uscire da questa squallida stanza permettendomi così di stare in una cella più confortevole, permettendomi di fuggire e compiere la mia vendetta.
Non credo manchi molto, sono già due settimane che sono chiusa in questa stanza, senza parlare, senza vedere la luce del sole. Mi sono comportata bene per cui dovrebbero premiarmi.
Ormai mi sento morta, il mio corpo è vuoto, vivo solo per la mia vendetta.
Ucciderò mia madre, la farò pentire dei suoi peccati.
Il mio compito ormai è finito, sono libera da satana. Non devo più compiere il suo volere, adesso devo compiere il mio volere: la mia vendetta."
Ora parliamo del capitolo. Sei migliorata nello scrivere, a parte qualche problema di punteggiatura e qualche altra piccola cosuccia che, come vedi, ti ho segnalato, la lettura risulta molto più scorrevole di quanto non fosse nei primi capitoli.
Anche questa volta ti lascerò una recensione positiva, sei migliorata, non ci sono dubbi al riguardo, anche se devi aggiustare qualche cosuccia ^^
Detto questo passiamo a parlare del capitolo: il sogno è stato descritto davvero molto bene, complimenti.
Poi per quanto riguarda la scena della madre, sei stata brava nel descrivere la freddezza della madre, anche se non sono concorde con il suo comportamento, in fondo è sempre sua figlia, no?
Comunque, continuando, molto bene la scena del manicomio e i sentimenti di Claire, soprattutto quelli dopo il comportamento di sua madre.
Ottima anche la scena dell'infermiera, anche se mi dispiace che la manderanno via, dato che era l'unica ad occuparsi di Claire.
Questa parte è stata la più bella di tutto il capitolo: "Ciao, so che non puoi rispondermi ma al momento sei l'unico disposto ad ascoltare una piccola pazza, o almeno così mi descrivono tutti.
Sai, penso che non sia male parlare con te, in fin dei conti tu non puoi giudicarmi, puoi solo limitarti a lasciarmi scrivere ogni mio strano pensiero.
Sto soffrendo molto, mi sento prigioniera anzi no, lo sono. Vorrei uscire da qui, mi sento sola, neanche le mie fantasie mi permettono di stare meglio. Mi sento rifiutata, sono stata ripudiata da mia madre, da colei che mi ha messo al mondo, non esiste sensazione più brutta di essa.
Sto mettendo in atto un piano di fuga: penso che se continuassi a comportarmi bene mi faranno uscire da questa squallida stanza permettendomi così di stare in una cella più confortevole, permettendomi di fuggire e compiere la mia vendetta.
Non credo manchi molto, sono già due settimane che sono chiusa in questa stanza, senza parlare, senza vedere la luce del sole. Mi sono comportata bene per cui dovrebbero premiarmi.
Ormai mi sento morta, il mio corpo è vuoto, vivo solo per la mia vendetta.
Ucciderò mia madre, la farò pentire dei suoi peccati.
Il mio compito ormai è finito, sono libera da satana. Non devo più compiere il suo volere, adesso devo compiere il mio volere: la mia vendetta.""
E' stata una parte intensa e molto bella, complimenti!
La storia ha preso una bella piega e ti chiederei gentilmente di avvertirmi quando pubblicherai il prossimo capitolo ^^
Scusa se mi sono permessa di correggerti il capitolo, spero ti faccia piacere ^^
Detto questo ti saluto :D
Bacioni :************
Piratessa
P.S. al prossimo capitolo ^^
P.P.S. Bravissi,a ;) |