Recensioni per
La rosa dei venti I: Nostoi
di SherryVernet

Questa storia ha ottenuto 9 recensioni.
Positive : 9
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master

Non è vero, non è logico, non è possibile, era il mantra di Virgo;
Posso assicurarti che è anche il mio, in questo momento, occhiali inforcati, canovaccio sulle gambe e caffè che sta raggiungendo piano piano temperature accettabili.
Perché io e Shaka siamo distanti, distantissimi; la solfa del Levante e del Ponente, insomma. Ma si dimentica che, essendo noi su una palla - in poca sostanza e tanti saluti alle mie velleità da astrofisica - alla fine Levante e Ponente si toccano e diventano una cosa sola. Fa un po' impressione pensare che per un giapponese di Tokyo San Francisco è a Oriente, no?
Eppure... eppure... eppure.
E io sono così, un crogiuolo di eppure che parlano tra di loro in un botta e risposta che non mi riguarda, se non come spettatrice. Perché a me, Shaka, non piace. Con tutta la simpatia del mondo - ché alla fine, me lo sono pure sposato un Vergine purosangue! -, ma Barbie Motociclista (così come lo abbiamo simpaticamente ribattezzato a casa), è un grosso, grossissimo problema. Perché già il Cialtronissimo lo ha pompato senza ogni decenza (ma lui è il padre, e indi per cui poscia, può), ma, soprattutto, chi lo maneggia spesso non si accorge di avere tra le mani una bomba H, col risultato che si assiste a qualcosa che... vabbé, lasciamo perdere.
Tu, invece - Maledettah!!! - mi prendi per mano e me lo rendi quasi simpatico. Quasi. Lo rendi reale, colmi qualsiasi distanza e ricordi al lettore - la Sottoscritta, in questo caso - che Shaka è stato un bambino. Che è nato da un fiore - così gli hanno detto, per quanto lui stesso lo trovasse illogico - Spock, Spock, dove sei? - e che tutti si aspettavano da lui chissà cosa, tranne considerarlo per quello che era, in realtà: un marmocchio. Che sì, avrà anche chiacchierato con Buddha dandogli del tu, ma sempre un bambino rimaneva, con le proprie fragilità.
Poi tu mi ci metti Aiolia a fargli da contraltare, e io non posso che squagliarmi in un brodo di giuggiole, ché Aiolia l'ho sempre immaginato come lo descrivi tu: sincero e diretto. Pane e peperoni, come diceva mia nonna. Uno che ti dice le cose chiamandole col proprio nome, senza trincerarsi dietro a chissà quale retorica. Uno che ci prova, ad assestare stilettate che bruciano - perdonalo, Milo; servono anni di allenamento per essere incisivi come te - ma che si ritrova ad assaggiare la propria medicina nell'istante successivo.
E qui lo dico e qui lo nego, quanto m'è piaciuto il tuo Shaka.
Io mi sarei rigirata come una iena, ringhiando, sbuffando, soffiando a rtigliando - non necessariamente in quest'ordine -; lui, invece, si limita a ricordare ad Aiolia la questione della trave e dell'occhio con un solo, unico nome: Shura.
Insomma, funzionano bene questi due, ché Shaka sarà pure illuminato, ma certe cose - come il fatto di essersene bellamente infischiato di spiegare ai propri compagni che diamine gli frullasse in quella testa bionda prima di prendersi a sberle con i tre dell'Avemaria - non riesce a vederle. Ha bisogno che gliele spieghi Aiolia. Con garbo, grazia ma senza sconti.
Un proverbio giapponese recita che chi è troppo vicino al faro è quello che vede peggio di tutti. Non saprei trovare una metafora più calzante di questa.
Su Mu sospendo il giudizio. Concedimi quartiere.

Poi mi dai i Nostoi, mi citi Adriano e quellaAnima vagula, blandula, eccetera eccetera, e io ci sto. Mi metto a prua - ché a poppa si balla un po' troppo, per i miei gusti - e mi godo il panorama, gli spruzzi d'acqua di mare e lo stridio dei gabbiani.

Fa sempre piacere vedere come altri autori - autrici, in questo caso - abbiano risolto alcuni nuclei. Tipo, il lutto privatissimo e le cerimonie religiose - le vere e proprie pompe funebri, nel significato più squisitamente etimologico possibile - ma anche i sentimenti di chi resta. O i cadaveri che non si capisce se e come siano ancora su questa terra.
Che Dite sia bellissimo e algidamente perfetto anche da morto, non ho da ridire. Che Milo deponga Camus come una bambola sul letto di morte, idem - e che dolore la descrizione di Camus dal punto di vista di Mu, quel suo eterno trattenersi per conservare quella maschera di distacco e freddezza -; la piacevole sorpresa è vedere che chez toi le spoglie di Deathmask siano qui, assieme a quelle dei suoi compagni - e ovviamente c'è pietà anche per lui. La morte è davvero una potentissima livella, altroché! - così come quelle di Shura, ancora più magro e in un certo qual modo romantico, nella morte.
Io ho sempre pensato che il primo fosse finito nella Bocca dell'Ade con le proprie carni, visto che millantava - a questo punto - di andare e venire in corpore tra il regno dei vivi e quello dei trapassati; l'altro, che te lo dico a fare? Un petardo che è bruciato come fanno le stelle, e quindi che corpo hai?
Invece è stata una bella scelta, la tua. Un memento, ché se non hai il corpo da vedere - per sincerarti che sì, è vero, sì, è schiattato - non processi correttamente l'informazione.
Sarà pure morto, ma ne hai contezza solo quando vedi le spoglie. O storni lo sguardo da esse, ché fa troppo male, e per tutta una serie di ragioni.

E poi questo:

una manciata di ore prima lo aveva mandato lui, il suo assassino al suo Camus. Avrebbe dovuto saperlo che Camus aveva il cuore troppo caldo e troppo in pezzi per congelare quel bambino ancora una volta; avrebbe dovuto saperlo che si sarebbe lasciato morire per insegnare la sua stupida lezione – perché Camus amava troppo, aveva sempre amato troppo, e la sua morte ed il dolore di Milo, che lo riamava e che lui si lasciava dietro, era la sua stupida, insensata lezione.


Sì, sì, sì, sì! sant'Iddio, sì!

Recensore Veterano

Io questo lo ricommento brevemente, perché rileggerlo è sempre un piacere ed il tuo Shaka è magnifico. Seguiamo il filo dei suoi pensieri per la maggior parte del capitolo; anche nella sezione al passato è lui il punto focale ed il punto d'arrivo. Shaka è uno dei personaggi di Saint Seiya più difficili da inquadrare e forse da scrivere. È uno di quelli che crescono di più nella serie, che si evolvono in modo sostanziale dalle Dodici Case ad Hades. Shaka piano piano si umanizza o scopre di essere stato umano. Come reagirebbe se tornasse in vita? Dovrebbe fare i conti con quella consapevolezza, sarebbe spiazzato. E si metterebbe a riconsiderare tutte le debolezze (o supposte tali) e le cadute nell'umanità del suo passato, perché è Vergine e non si scappa. Resta Shaka, il tuo Shaka, in modo credibile, complesso e delicato.
Muoio dalla voglia di sapere di più della grande casa o del monastero dove si è svolta la sua prima infanzia. E del fiore!