10 things I hate about you
#10
{ you make me melt }
È diventato
triste vivere qui. Da quando Mary Margaret si è ritrovata incastrata da
quella strega di Regina, l’appartamento è freddo e vuoto, persino
gli uccelli fuori dalle finestre al mattino sembrano non cantare più.
Non è rimasta che la solitudine dell’ennesimo posto che Emma non
riesce più a chiamare casa.
Che senso ha, trovarne
una per poi perderla così? Si è affezionata a quella ragazza, l’ha lasciata entrare nel suo
piccolo mondo chiuso e arrabbiato, ed ecco che cosa si è trovata in
mano. I cocci. Un pentolino sbattuto sul fornello e altre macchie di latte e
cioccolata sulle piastrelle immacolate.
La consapevolezza che
questa volta Gold non verrebbe a dirle di trattare
meglio la cucina della signorina Blanchard,
perché, tanto, la signorina Blanchard non c’è...
Due colpi alla porta.
Emma alza gli occhi. Non sa perché, ma ha come un presentimento.
Previdente, spegne il
gas e s’incammina a piedi nudi. Come a confermare il fatto che
c’è gente che sembra materializzarsi direttamente dai tuoi
pensieri, il signor Gold è lì a
sorriderle nel suo soprabito più elegante.
« Buongiorno,
signorina Swan. Spero di non averla svegliata...
»
I suoi occhi scuri
indugiano per un attimo sulla leggera maglietta che ha indossato per la notte;
forse, in un altro momento, Emma avrebbe pudore a mostrarsi così e
correrebbe perlomeno ad arraffare una camicia con cui coprirsi, per poi
ingegnarsi a mascherare le ombre che ha sotto gli occhi, indici di
un’altra notte agitata e insonne. Forse, in un altro momento, con un altro uomo. Dopotutto Gold l’ha già vista fin nella sua più
remota fragilità.
« Non si preoccupi
» borbotta, appoggiandosi alla porta col peso di una spalla. « Che
posso fare per lei? »
Gold le sorride come se la
risposta fosse ovvia, ovvia e innocente. « Come lei sono diretto in
centrale, per conferire con la mia assistita, e... Be’, speravo di
poterla accompagnare. »
Emma socchiude gli
occhi. Per un po’ si limita a fissarlo.
Persino
l’impeccabile, il contegnosissimo signor Gold non può resistere a lungo a un esame
così assorto e silenzioso.
« Ho detto
qualcosa di sbagliato, sceriffo? »
« Non è
questo. » Scuote la testa, come per scacciare un pensiero, l’intima
coscienza di avere sulla punta della lingua una risposta del tutto opposta. « Mi scusi, ma in tutta onestà non
riesco a capire perché si comporti così con me. Prima, sulla
fiducia, mi confessa che abbiamo un nemico comune. Poi arriva a darmi il suo
aiuto incondizionato e al di là di ogni misura. Fa e dice di tutto per dimostrarmi che è
dalla mia parte. E anche adesso... »
S’interrompe.
Vorrebbe mordersi le labbra, ma non è disposta a lasciargli vedere anche
questo. Si è già arresa, no? Deve bastargli.
Gold rimane in educata
attesa. Così sulla porta, le mani sul pomo del bastone, il sorriso
appena accennato sulle labbra, potrebbe arrivare a evocare l’immagine di
un gentiluomo d’altri tempi – non fosse che il suo scopo non può essere il semplice
proporle un invito a cena. O non solo quello, almeno.
Si sente arrossire.
L’ultimo pensiero è stato veramente stupido; la mancanza di sonno comincia a dare i suoi frutti.
Le parole sono rimaste
in sospeso, ma Gold non la incalza. E lei può
– grazie al cielo – trattenersi dal verbalizzare che anche adesso, quando è arrivata a
sentirsi più sola e abbandonata e delusa che mai, lui è venuto a
bussare alla porta cercando di dimostrarle il contrario.
« Sa, Emma »
le viene incontro alla fine, con voce dolce e morbida, « potrei avere le
mie ragioni per fare quello che faccio. »
È una stilettata.
Strano che non scorra il sangue.
Resta per qualche
istante col fiato sospeso di fronte a una tale, inaspettata traccia di
sincerità. È la prima volta che quell’uomo le si mostra
così accomodante, quasi disposto ad ammettere
di avere qualcosa da nascondere – e il messaggio è chiaro: nessuno
l’ha mai costretta a fidarsi di
lui – eppure, la sua voce è sempre quella, e il sorriso è
ancora lì. Non sa a cosa credere. Non ha ancora capito se, con Gold, è più conveniente seguire la testa o il
cuore.
Ci risiamo: un altro
pensiero stupido.
Ma resta il fatto che
lei lo sa. Potrà non dirglielo, quasi sicuramente non lo farà; ma
lo sa, che non appena ha pensato a
lui, lui era già lì per lei.
Si ritrae dalla porta,
gli fa spazio per muoversi. « Stavo per fare colazione. Perché non
si unisce a me, invece di aspettarmi in corridoio? »
Lui sostiene il suo
sguardo e sarebbe difficile dire chi è più sorpreso e chi
è più intenzionato a fare finta di niente. Ma lei è
comunque sfiorata dal dubbio – forse, invece, lo sanno entrambi.
« Molto gentile da
parte sua. »
Lo lascia entrare.
Quando al tavolo di Mary
Margaret si fronteggiano due tazze di cioccolata, Emma guarda stupefatta Gold aggiungere a entrambe un cucchiaio di cannella.
Sorride appena e si
lascia cadere a sedere, sperando che non abbia notato quanto le tremano le gambe, ora che l’ha lasciato entrare.
È tardi, dovrebbe
già essere in ufficio. E deve anche vestirsi. Però ci saranno pure due minuti... magari tre... magari
cinque.
Spazio dell’autrice
(Timeline: episodio
1x17, prima della scena iniziale, quando Gold ed Emma
arrivano in centrale insieme.)
EPIC WIN ♥
Fin dall’inizio era mia intenzione concludere con un vero avvicinamento, quindi lascio alla
vostra più libera immaginazione ciò che è accaduto dopo
quelle due tazze di cioccolata. >w<
Questo episodio mi ha stregata da subito, e ho
letteralmente strillato al vedere Emma arrivare in ufficio con Gold. Soprassederò, sì,
soprassederò sui trip che mi sono fatta. Fatto sta che, senza
programmarlo, sono finita nel fluff più sconclusionato –
perché ho semplicemente immaginato Gold che si
presentava da lei con un “Perché non facciamo la strada insieme,
sceriffo?”, e la mia subitanea reazione è stata AWWWW. È da
lì che partono tutti i ragionamenti esposti in quest’ultimo
capitolo attraverso il punto di vista di Emma. Andiamo, canon
o meno che sia: Gold avrà pure i suoi piani,
ma è vero che tutto ciò
che fa, alla fine, si risolve in un aspetto positivo per Emma. Persino questo nuovo fantomatico accordo con Regina non
è servito ad altro che ad aprire un po’ di più gli occhi
dello sceriffo Swan su come vanno le cose a Storybrooke! Gold ha previsto
tutto, ne sono praticamente certa. L’ha fatto per lei. E poi, lui non le
ha mai chiesto di fidarsi. È stata Emma, è sempre stata Emma a volerlo fare. O no?
E mentre impostavo le idee, mi sono resa conto che mi sarebbe
piaciuto presentare questo capitolo in un contesto contrapposto ma analogo a
quello iniziale: ancora una colazione interrotta da una visita, come in un
cerchio che si chiude. Come per passare dalla prima volta che Emma ha sentito di odiare Gold
alla prima volta in cui si rende conto di ciò che c’è sotto quello che ha preso per odio. Non
si può odiare il signor Gold, si può
solo odiare il fatto di non poterlo amare *__* (Che. Cosa. Diavolo. Sto.
Dicendo? xD)
Beh, le note farneticanti sono finite, così come la
raccolta. Voglio ringraziare nel modo più sincero tutti i miei
lettori, nonché chi ha commentato e chi ha inserito di volta in
volta questo vaneggiamento nelle storie seguite/ricordate/preferite. Non credo
di meritare tanto affetto, proprio no. ♥
Alla prossima, se vorrete,
Aya Lawliet
~