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Saito si svegliò di soprassalto, i capelli
imperlati di sudore, l’espressione sconvolta e il respiro mozzato, mettendosi a
sedere sul letto.
Di colpo, mentre era immerso nel sonno,
aveva sentito qualcosa, come un presentimento, che lo aveva fatto trasalire, ma
che soprattutto lo aveva spaventato a morte.
Si passò una mano sulla fronte,
volgendosi poi a guardare la verso la finestra. La luna era ancora alta nel
cielo, e dovevano essere le due o le tre al massimo. Il tempo era stupendo, e
faceva anche un po’ caldo, infatti si era coricato seminudo.
Al suo fianco, Louise, ancora
immersa in un sonno pacifico. Come posò gli occhi sul suo volto, così dolce e
disteso, il giovane si calmò un poco, sorridendo leggermente per poi sfiorarle
una guancia, facendola un momento trasalire senza però svegliarla.
Se ci ripensava, gli sembrava
incredibile.
Due anni.
Già due anni erano trascorsi, da
quando si erano sposati.
Molte cose erano cambiate, nel
frattempo.
Louise aveva terminato gli studi
alla scuola di magia, e lui, dopo il titolo, le terre e la nomina a feudatario,
aveva ottenuto anche un seggio nella Camera dei Cavalieri, alla quale
presenziava regolarmente.
Anche la servitù che provvedeva alla
cura della casa si era notevolmente accresciuta, ma a differenza del passato
questa volta erano stati fissati i dovuti paletti.
Oltre a Siesta e a Marteu, anche altri inservienti che un tempo servivano alla
scuola ora lavoravano a De Ornielle; un segno di
ringraziamento da parte del vecchio Osmund per i
molti servigi offerti dai suoi due ragazzi preferiti all’accademia.
La servitù occupava l’ala
occidentale della villa, oltre la torre di guardia, mentre la parte centrale ed
orientale era riservata ad uso esclusivo dei padroni, e dei loro eventuali
ospiti.
Anche i sudditi erano soddisfatti.
Grazie alla pazienza di Saito e Louise, ma soprattutto grazie agli investimenti
della famiglia Valliere, Ornielle
stava gradualmente ritornando alla vita; i villaggi della regione, semideserti
fino a due anni prima, si stavano ripopolando, le prospettive di lavoro non
mancavano, ma soprattutto c’era tanta voglia da parte della gente comune di
mettersi al servizio di due padroni così benevoli e degni di rispetto e stima.
Ogni tanto, quando ci pensava, gli
sembrava ancora tutto così fantastico.
Se quel giorno ormai lontano la sua
vita non avesse avuto quella incredibile svolta, quell’esistenza che ora stava
vivendo se la sarebbe solo sognata; probabilmente avrebbe finito le scuole,
forse frequentato l’università, per poi farsi assumere in qualche ufficio dove
avrebbe speso il resto dei suoi giorni aspettando di morire.
Ora invece era un nobile, feudatario
di un dominio abbastanza vasto, sposato con una ragazza bellissima che amava
più della sua vita, in un mondo di draghi e stregoni.
Qualche volta però la sua vecchia
vita gli mancava, ma quando succedeva interveniva Louise, che in un attimo
apriva un portale per il suo mondo natale; Saito era
contento di questa opportunità, ma cercava di servirsene il meno possibile,
perché ora la sua vita era lì, in quel mondo.
Ricordava ancora la faccia che i
suoi genitori, che lo avevano addirittura creduto morto, visto che era
scomparso nel nulla da un momento all’altro, avevano fatto quando si era
presentato per la prima volta a casa, raccontando tutto quello che gli era
successo e presentando la ragazza che era assieme a lui come la sua neosposa.
Aveva provato a convincerli un paio di volte a venire con lui, ma dopo aver
provato per un po’ la vita di Tristein avevano deciso
di ritornare a quella vecchia, alla quale bene o male erano ancora affezionati,
nonostante la lontananza dal loro unico figlio.
Rinfrancato e sollevato dalla vista
di Louise, Saito si sentì svuotare di quella
sensazione che lo aveva svegliato e si rimise a dormire.
Il mattino dopo,
quando Louise, ancora mezza addormentata, scese in salone, Saito
era già sveglio, e stava finendo di fare colazione.
«Perché non mi hai svegliata?»
domandò stropicciandosi gli occhi
«Dormivi così bene, non ho voluto
svegliarti».
Lei si sedette, e dopo poco Siesta
venne a servire la colazione anche a lei, con la cortesia ed il rispetto
proprie di una vera domestica.
Da dopo il matrimonio Siesta si era
messa l’animo in pace; i sentimenti per Saito c’erano
ancora, e negarlo sarebbe stato stupido, ma il rispetto per quelli che ormai
erano i suoi padroni e per i propri doveri erano un’altra cosa.
Ogni tanto Saito
lanciava qualche sguardo luccicante alle forme della sua domestica preferita,
che per la verità non si sforzava in alcun modo di nasconderle, ma a differenza
del passato questo a Louise non importava più di tanto. Sapeva bene che Saito amava solo lei, e questo era più che sufficiente.
Certo, bisognava che il suo sposo si tenesse entro i limiti tollerati dal buon
senso; perché in caso contrario, il frustino era sempre a portata di mano.
«Oggi hai degli impegni?» domandò
Louise
«Nessuno.» rispose Saito alzando gli occhi dal libro che stava leggendo «Stavo
pensando che potevamo andare a trovare i miei genitori.»
«I tuoi genitori sono davvero dei
tipi strambi, lo sai?»
«Mai quanto le tue sorelle».
Louise rise, poi abbassò un momento
gli occhi, quasi avesse paura di incrociare quelli di Saito.
«Qualcosa non va’?»
«No, niente.» rispose lei girando
ancora di più lo sguardo.
Saito si
alzò dalla sedia, si avvicinò a lei e le sollevò il mento; entrambi
arrossirono.
«C’è qualcosa che devi dirmi?»
«N… niente
affatto.» rispose lei, ma non era mai stata brava a mentire.
Il ragazzo decise di non forzarla,
anche perché in certi casi era buona di farlo saltare per aria, ma non riuscì a
resistere, quando Siesta li lasciò soli, al desiderio di scambiarsi con lei un
dolce e timido bacio.
«Ti amo.» disse Saito
«Lo sai, vero?»
«Anche io, Saito.
Con tutta me stessa».
Siesta assisteva dalla porta
socchiusa; da una parte era sollevata dal vederli così felici ed innamorati, ma
dall’altra non riusciva a non pensare al fatto che forse, se avesse giocato
meglio le sue carte, avrebbe potuto esserci lei al posto di Louise.
Forse era anche per questo che non
era ancora riuscita a trovare l’amore.
I pretendenti certo non le
mancavano. Quando scendeva al villaggio per fare compere i giovani si mettevano
in fila anche solo per augurarle il buongiorno, ma lei aveva servito a tutti un
due di picche; alcuni li aveva trovati anche attraenti, gentili, ma poi, al
momento fatidico, quel sentimento mai sopito per Saito
l’aveva sempre spinta a tirarsi indietro.
Un paio di volte aveva addirittura
pensato di chiedere le dimissioni, così da allontanarsi da quella specie di
dolorosa prigione, ma poi si era sempre detta che vedere Saito
ogni giorno era meglio che non vederlo più, anche se era costretta ad
osservarlo mentre baciava e amava una donna che non era lei.
Purtroppo, sentiva di essere giunta
al limite; o prendeva una decisione al più presto, o quella situazione
l’avrebbe fatta impazzire.
Qualche ora dopo,
Louise e Saito erano pronti a partire.
Durante i suoi viaggi nell’altro
mondo Louise aveva aggiornato il proprio guardaroba; si sentiva troppo a
disagio quando andava nel mondo di Saito e tutti la
guardavano tra il meravigliato e l’incuriosito. All’inizio non era riuscita a
capire perché, ma poi si era reso conto che era colpa dei suoi vestiti, così
era corsa ai ripari. Quegli abbigliamenti non le piacevano particolarmente, ma
meglio quello che essere considerata una cosplayer.
Anche Saito
si era adeguato; la sua solita palandrana aveva iniziato a diventargli piccola,
ma ci si era affezionato troppo per buttarla, e con qualche rimaneggiamento da
parte di un sarto era riuscito a farsela riadattare.
«Siamo pronti?» domandò Louise
quando Saito la raggiunge nel cortile dinnanzi
all’ingresso
«Prontissimi.» rispose Saito mostrando il solito cesto di regali destinati a sua
madre «Procedi pure».
Louise prese dunque in mano la
bacchetta e cominciò a salmodiare.
Il varco comparve davanti ai due,
aprendosi su una stradina laterale non lontano dalla casa di Saito, ma di colpo, proprio quando Louise smise di recitare
l’incantesimo, la porta di colpo si richiuse.
«Che è successo?» domandò Saito
«Non… non
lo so.» rispose Louise «Non era mai successo».
Louise ci riprovò una seconda volta,
ma questa volta non riuscì neanche ad aprire del tutto il varco, che scomparve
prima ancora di raggiungere le sue solite dimensioni.
«Ma che sta succedendo?» disse la
ragazza sempre più colpita «L’incantesimo non funziona più.»
«Forse è solo una giornata storta.»
commentò Saito «Non sarebbe la prima volta.»
«Mi hai preso forse per una
principiante?» replicò lei indispettita «Avrò usato questo incantesimo almeno
un migliaio di volte.»
«E con questo?» rispose Saito malizioso «Dopotutto, ti chiamavano pur sempre Louise
la Zero».
Quest’ultima affermazione costò al
giovane una pedata tra le gambe, ma mentre Saito era
a terra a contorcersi per il dolore Louise notò qualcosa che le fece sbarrare
gli occhi.
«Saito! La
tua mano!».
Il ragazzo, riavutosi, si guardò la
mano: le rune che solitamente vi erano impresse, ora erano sparite.
«Le rune di Gandalfr…
non ci sono più?!»
«Ma cosa succede? La mia magia che
non funziona, e ora le rune magiche che sono sparite un’altra volta».
E purtroppo, le brutte notizie non
erano ancora finite.
D’improvviso, mentre i due giovani
stavano ancora interrogandosi su quello che poteva stare succedendo, un
messaggero raggiunse la magione arrivando all’ingresso sul retro, dove era di
servizio il vecchio maggiordomo, al quale comunicò una notizia che minacciò di
provocare all’anziano un infarto letale.
Questi, a sua volte, corse a
riferirla ai padroni di casa.
«Padrone!» esclamò correndogli
incontro
«Che succede?».
Quello dovette riprendere fiato,
prima di trovare la forza per rispondere.
«La… la
regina Henrietta!».
Nel sentire pronunciare quel nome, Saito e Louise sbiancarono; a guardare l’espressione, e a
sentire il tono del vecchio, doveva essere successo qualcosa di molto grave.
Due Giorni Prima
Dopo quasi due anni di
conclave, i cardinali riuniti ad Aquileia erano
finalmente riusciti ad accordarsi per la successione dell’ormai compianto
Vittorio Seravere. La scelta era ricaduta su tale
Antoine Necker, un cardinale Galliano
di quasi sessant’anni, appartenente all’ala conservatrice.
Il motivo di un conclave così
insensatamente lungo era stata proprio l’opposizione tra i progressisti, che
avrebbero voluto lo stesso Julio come nuovo vicario, e i conservatori, che
invece attribuivano alla politica del vecchio papa la ragione delle disgrazie
capitate a Romalia, e alla fine questi ultimi avevano
prevalso.
La nomina di Necker
non piaceva a nessuno, ma d’altra parte non si poteva fare altro che accettare
il fatto compiuto.
Come primo atto della nomina del
nuovo pontefice, tutti i regnanti e dignitari di tutte le nazioni vicine
dovevano recarsi a rendere omaggio e a dichiarare la loro sottomissione al
vicario della chiesa universale, e tra questi vi era, ovviamente, anche la
regina Henrietta.
La partenza era avvenuta in sordina,
senza troppa pubblicità, per ragioni di sicurezza.
Con tutto quello che era successo
negli ultimi anni, dalla guerra con Albion e la
Gallia e la rivolta dei draghi, anche il casato reale di Tristein
non se la passava troppo bene in termini di consenso popolare, e persino tra i
nobili c’era chi soffiava sulla fiamma del malcontento manifestando palesemente
la propria mancanza di rispetto, rifiutando ordini o prorogandone l’esecuzione
fino all’inverosimile.
Forse quel viaggio era proprio ciò
che ci voleva alla regina.
Per un po’ sarebbe stata lontana,
dando magari ai suoi irrispettosi sudditi il tempo di calmarsi un po’.
Con lei, come sempre, la fedele
Agnes.
Dopo un paio d’ore dalla partenza l’Ostland aveva ormai superato i confini di Tristein, e stava sorvolando le fertili pianure del nord di
Gallia. La regina era sul ponte, affacciata ad osservare il verde che si
stagliava sotto i suoi piedi.
«Mia regina.» disse Agnes
avvicinandosi «Temo non sia prudente restare all’esterno.»
«Non preoccuparti, Agnes. Cosa
potrebbe mai succedermi quassù?»
«Lo so. Però la prudenza non è mai
troppa, e questi, mi duole dirlo, sono tempi difficili.»
«Ne sono consapevole.» rispose lei
tornando a guardare le colline «In tutta onestà, non riesco a biasimare coloro
che mi accusano di aver fatto del male a Tristein.»
«Mia signora, non dovete dire così.
Voi avete sempre servito la nazione come una vera sovrana.»
«Ma la guerra con Albion, quella sfiorata con Gallia, e anche la venuta del
Drago Antico. Tutte le calamità che hanno colpito Tristein
negli ultimi anni, in parte sono dovute anche a causa mia.»
«E avrebbero spazzato via il nostro
regno, se voi non aveste fatto sfoggio del vostro coraggio e della vostra
determinazione».
Henrietta
si volse verso la sua fedele guardia, sorridendole.
«Ti ringrazio, Agnes. Sono felice di
poterti avere al mio fianco.»
«Se posso permettermi di darvi un
consiglio, mia regina. Provate a godervi questo momento di pausa. Stare lontana
dal palazzo vi farà bene, e vi aiuterà a radunare le energie. Senza dubbio,
quelli che verranno da ora in poi saranno mesi molto impegnativi.»
«Hai ragione.» rispose Henrietta rincuorata «Dopotutto, è in momenti come questo
che dovrei prendere esempio da Louise, ed essere un po’ più sicura di me.»
«Diciamo di sì.» rispose Agnes
accennando un sorriso «E non preoccupatevi. Io sarò sempre al vostro fianco,
qualsiasi cosa accada».
Purtroppo, le due giovani donne non
potevano sapere che i semi della congiura erano arrivati fin lì, fin nel luogo
che, dopo il palazzo reale, era ritenuto il più inviolabile di Tristein.
Tra i bagagli, le vettovaglie e il
materiale caricato prima della partenza qualcuno, in gran segreto, era riuscito
a caricare anche quattro grossi barili; sui registri di carico c’era scritto vino,
ma in realtà contenevano qualcosa di molto peggiore.
La guardia addetta alla sorveglianza
dei magazzini era annoiata a tal punto da stare per addormentarsi, quando un
suo compagno venne a portargli del caffè.
«Dura fare la guardia, eh?» commentò
il nuovo arrivato, un tipo sulla quarantina un po’ bruttino, con un mento
piuttosto pronunciato
«Puoi ben dirlo.»
«Svegliati con questo.»
«Grazie. Mi hai salvato la vita».
Tutto il contrario.
Come la guardia allungò la mano per
prendere la tazza, l’altro soldato, fulmineo, gli piantò un coltello nella
gola, e quel poveretto morì prima ancora di rendersi conto di quello che era
successo. A quel punto il soldato sfilò le chiavi alla guardia morta ed entrò
nella stiva portandosi dietro il cadavere.
All’interno era quasi buio, ma con
abbastanza luce da potersi orientare, permettendo al soldato di raggiungere i
barili che gli erano stati indicati prima della partenza; ad uno di questi
tolse il tappo di sughero, e dal buco uscì una strana sabbia nera, che il soldato
prese a far scivolare lungo la stanza fino a produrre una linea scura che dalla
porta d’ingresso arrivava fino ai barili.
«Così dovrebbe bastare.» disse,
quindi raccolse la torcia che ardeva accanto allo stipite.
Passarono cinque, forse sei minuti,
poi un pastore che stava pascolando il suo gregge non lontano da casa udì una
tremenda esplosione. Alzato lo sguardo, vide una enorme nave avvolta dalle
fiamme, che dopo aver continuato a navigare per un centinaio di metri venne
infine sventrata da una seconda, devastante esplosione, per poi precipitare in
tanti pezzi sulle pendici della vicina montagna.
Nota dell’Autore
Eccomi qua!^_^
Ve l’avevo detto che avrei aggiornato
presto!
In verità, credo che questo sia stato
il mio aggiornamento più rapido in tutta la mia carriera di scrittore. Il fatto
è che questa storia ce l’ho già tutta nella mia testa, essendo, come detto, la
rielaborazione del romanzo che sto scrivendo, quindi buttarla giù è molto
facile?
Visto che roba!?
Al primo capitolo è già successo
tutto questo. E state tranquilli che da qui in poi la situazione diventerà
anche più “incandescente”.
Una precisazione. Il titolo originale
di questa storia era Zero no Tsukaima – Il Simbolo
Segreto, ma dopo un breve ripensamento ho deciso di cambiarlo in Zero no Tsukaima
- Toki no Owari Made, ovvero “Zero
No Tsukaima – Fino alla Fine del Tempo”. Il
motivo di questa scelta, così come il significato del titolo, lo scoprirete
solo molto più avanti!^_^
Ringrazio Seldolce per la sua recensione.
A presto!^_^
Carlos Olivera