Anime & Manga > Zero no Tsukaima
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Autore: Carlos Olivera    30/03/2012    5 recensioni
Sono passati due anni dalla distruzione del Drago Antico.
Saito e Louise, ora sposati, vivono felicemente nel loro feudo di De Ornielle, facendo continuamente avanti e indietro da Tokyo per stare con i genitori di Saito. Per Saito, inoltre, è in arrivo una notizia inattesa e bellissima. D'improvviso, una serie di inquietanti e terribili imprevisti giungono a distruggere una pace così difficilmente conquistata. Da un momento all'altro, per qualche misterioso motivo, Saito perde nuovamente i suoi poteri di Gandalfr, e Louise la possibilità di evocare i portali dimensionali. Contemporeamente, la morte improvvisa della regina Henrietta genera lotte sanguinose per la successione al trono tra i nobili; da un momento all'altro, Tristein conosce la sua epoca Sengoku, sprofondando nella guerra civile. Mentre Saito e Louise devono scegliere che ruolo avere in questi eventi, la misteriosa comparsa di un giovane senza memoria, ma che per qualche strano motivo sembra aver "rubato" a Saito le rune di Gandalfr, sarà destinata a cambiare per sempre le loro vite.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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1

 

 

Saito si svegliò di soprassalto, i capelli imperlati di sudore, l’espressione sconvolta e il respiro mozzato, mettendosi a sedere sul letto.

            Di colpo, mentre era immerso nel sonno, aveva sentito qualcosa, come un presentimento, che lo aveva fatto trasalire, ma che soprattutto lo aveva spaventato a morte.

            Si passò una mano sulla fronte, volgendosi poi a guardare la verso la finestra. La luna era ancora alta nel cielo, e dovevano essere le due o le tre al massimo. Il tempo era stupendo, e faceva anche un po’ caldo, infatti si era coricato seminudo.

            Al suo fianco, Louise, ancora immersa in un sonno pacifico. Come posò gli occhi sul suo volto, così dolce e disteso, il giovane si calmò un poco, sorridendo leggermente per poi sfiorarle una guancia, facendola un momento trasalire senza però svegliarla.

            Se ci ripensava, gli sembrava incredibile.

            Due anni.

            Già due anni erano trascorsi, da quando si erano sposati.

            Molte cose erano cambiate, nel frattempo.

            Louise aveva terminato gli studi alla scuola di magia, e lui, dopo il titolo, le terre e la nomina a feudatario, aveva ottenuto anche un seggio nella Camera dei Cavalieri, alla quale presenziava regolarmente.

            Anche la servitù che provvedeva alla cura della casa si era notevolmente accresciuta, ma a differenza del passato questa volta erano stati fissati i dovuti paletti.

            Oltre a Siesta e a Marteu, anche altri inservienti che un tempo servivano alla scuola ora lavoravano a De Ornielle; un segno di ringraziamento da parte del vecchio Osmund per i molti servigi offerti dai suoi due ragazzi preferiti all’accademia.

            La servitù occupava l’ala occidentale della villa, oltre la torre di guardia, mentre la parte centrale ed orientale era riservata ad uso esclusivo dei padroni, e dei loro eventuali ospiti.

            Anche i sudditi erano soddisfatti.

            Grazie alla pazienza di Saito e Louise, ma soprattutto grazie agli investimenti della famiglia Valliere, Ornielle stava gradualmente ritornando alla vita; i villaggi della regione, semideserti fino a due anni prima, si stavano ripopolando, le prospettive di lavoro non mancavano, ma soprattutto c’era tanta voglia da parte della gente comune di mettersi al servizio di due padroni così benevoli e degni di rispetto e stima.

            Ogni tanto, quando ci pensava, gli sembrava ancora tutto così fantastico.

            Se quel giorno ormai lontano la sua vita non avesse avuto quella incredibile svolta, quell’esistenza che ora stava vivendo se la sarebbe solo sognata; probabilmente avrebbe finito le scuole, forse frequentato l’università, per poi farsi assumere in qualche ufficio dove avrebbe speso il resto dei suoi giorni aspettando di morire.

            Ora invece era un nobile, feudatario di un dominio abbastanza vasto, sposato con una ragazza bellissima che amava più della sua vita, in un mondo di draghi e stregoni.

            Qualche volta però la sua vecchia vita gli mancava, ma quando succedeva interveniva Louise, che in un attimo apriva un portale per il suo mondo natale; Saito era contento di questa opportunità, ma cercava di servirsene il meno possibile, perché ora la sua vita era lì, in quel mondo.

            Ricordava ancora la faccia che i suoi genitori, che lo avevano addirittura creduto morto, visto che era scomparso nel nulla da un momento all’altro, avevano fatto quando si era presentato per la prima volta a casa, raccontando tutto quello che gli era successo e presentando la ragazza che era assieme a lui come la sua neosposa. Aveva provato a convincerli un paio di volte a venire con lui, ma dopo aver provato per un po’ la vita di Tristein avevano deciso di ritornare a quella vecchia, alla quale bene o male erano ancora affezionati, nonostante la lontananza dal loro unico figlio.

            Rinfrancato e sollevato dalla vista di Louise, Saito si sentì svuotare di quella sensazione che lo aveva svegliato e si rimise a dormire.

 

Il mattino dopo, quando Louise, ancora mezza addormentata, scese in salone, Saito era già sveglio, e stava finendo di fare colazione.

            «Perché non mi hai svegliata?» domandò stropicciandosi gli occhi

            «Dormivi così bene, non ho voluto svegliarti».

            Lei si sedette, e dopo poco Siesta venne a servire la colazione anche a lei, con la cortesia ed il rispetto proprie di una vera domestica.

            Da dopo il matrimonio Siesta si era messa l’animo in pace; i sentimenti per Saito c’erano ancora, e negarlo sarebbe stato stupido, ma il rispetto per quelli che ormai erano i suoi padroni e per i propri doveri erano un’altra cosa.

            Ogni tanto Saito lanciava qualche sguardo luccicante alle forme della sua domestica preferita, che per la verità non si sforzava in alcun modo di nasconderle, ma a differenza del passato questo a Louise non importava più di tanto. Sapeva bene che Saito amava solo lei, e questo era più che sufficiente. Certo, bisognava che il suo sposo si tenesse entro i limiti tollerati dal buon senso; perché in caso contrario, il frustino era sempre a portata di mano.

            «Oggi hai degli impegni?» domandò Louise

            «Nessuno.» rispose Saito alzando gli occhi dal libro che stava leggendo «Stavo pensando che potevamo andare a trovare i miei genitori.»

            «I tuoi genitori sono davvero dei tipi strambi, lo sai?»

            «Mai quanto le tue sorelle».

            Louise rise, poi abbassò un momento gli occhi, quasi avesse paura di incrociare quelli di Saito.

            «Qualcosa non va’?»

            «No, niente.» rispose lei girando ancora di più lo sguardo.

            Saito si alzò dalla sedia, si avvicinò a lei e le sollevò il mento; entrambi arrossirono.

            «C’è qualcosa che devi dirmi?»

            «N… niente affatto.» rispose lei, ma non era mai stata brava a mentire.

            Il ragazzo decise di non forzarla, anche perché in certi casi era buona di farlo saltare per aria, ma non riuscì a resistere, quando Siesta li lasciò soli, al desiderio di scambiarsi con lei un dolce e timido bacio.

            «Ti amo.» disse Saito «Lo sai, vero?»

            «Anche io, Saito. Con tutta me stessa».

            Siesta assisteva dalla porta socchiusa; da una parte era sollevata dal vederli così felici ed innamorati, ma dall’altra non riusciva a non pensare al fatto che forse, se avesse giocato meglio le sue carte, avrebbe potuto esserci lei al posto di Louise.

            Forse era anche per questo che non era ancora riuscita a trovare l’amore.

            I pretendenti certo non le mancavano. Quando scendeva al villaggio per fare compere i giovani si mettevano in fila anche solo per augurarle il buongiorno, ma lei aveva servito a tutti un due di picche; alcuni li aveva trovati anche attraenti, gentili, ma poi, al momento fatidico, quel sentimento mai sopito per Saito l’aveva sempre spinta a tirarsi indietro.

            Un paio di volte aveva addirittura pensato di chiedere le dimissioni, così da allontanarsi da quella specie di dolorosa prigione, ma poi si era sempre detta che vedere Saito ogni giorno era meglio che non vederlo più, anche se era costretta ad osservarlo mentre baciava e amava una donna che non era lei.

            Purtroppo, sentiva di essere giunta al limite; o prendeva una decisione al più presto, o quella situazione l’avrebbe fatta impazzire.

 

Qualche ora dopo, Louise e Saito erano pronti a partire.

            Durante i suoi viaggi nell’altro mondo Louise aveva aggiornato il proprio guardaroba; si sentiva troppo a disagio quando andava nel mondo di Saito e tutti la guardavano tra il meravigliato e l’incuriosito. All’inizio non era riuscita a capire perché, ma poi si era reso conto che era colpa dei suoi vestiti, così era corsa ai ripari. Quegli abbigliamenti non le piacevano particolarmente, ma meglio quello che essere considerata una cosplayer.

            Anche Saito si era adeguato; la sua solita palandrana aveva iniziato a diventargli piccola, ma ci si era affezionato troppo per buttarla, e con qualche rimaneggiamento da parte di un sarto era riuscito a farsela riadattare.

            «Siamo pronti?» domandò Louise quando Saito la raggiunge nel cortile dinnanzi all’ingresso

            «Prontissimi.» rispose Saito mostrando il solito cesto di regali destinati a sua madre «Procedi pure».

            Louise prese dunque in mano la bacchetta e cominciò a salmodiare.

            Il varco comparve davanti ai due, aprendosi su una stradina laterale non lontano dalla casa di Saito, ma di colpo, proprio quando Louise smise di recitare l’incantesimo, la porta di colpo si richiuse.

            «Che è successo?» domandò Saito

            «Non… non lo so.» rispose Louise «Non era mai successo».

            Louise ci riprovò una seconda volta, ma questa volta non riuscì neanche ad aprire del tutto il varco, che scomparve prima ancora di raggiungere le sue solite dimensioni.

            «Ma che sta succedendo?» disse la ragazza sempre più colpita «L’incantesimo non funziona più.»

            «Forse è solo una giornata storta.» commentò Saito «Non sarebbe la prima volta.»

            «Mi hai preso forse per una principiante?» replicò lei indispettita «Avrò usato questo incantesimo almeno un migliaio di volte.»

            «E con questo?» rispose Saito malizioso «Dopotutto, ti chiamavano pur sempre Louise la Zero».

            Quest’ultima affermazione costò al giovane una pedata tra le gambe, ma mentre Saito era a terra a contorcersi per il dolore Louise notò qualcosa che le fece sbarrare gli occhi.

            «Saito! La tua mano!».

            Il ragazzo, riavutosi, si guardò la mano: le rune che solitamente vi erano impresse, ora erano sparite.

            «Le rune di Gandalfr… non ci sono più?!»

            «Ma cosa succede? La mia magia che non funziona, e ora le rune magiche che sono sparite un’altra volta».

            E purtroppo, le brutte notizie non erano ancora finite.

            D’improvviso, mentre i due giovani stavano ancora interrogandosi su quello che poteva stare succedendo, un messaggero raggiunse la magione arrivando all’ingresso sul retro, dove era di servizio il vecchio maggiordomo, al quale comunicò una notizia che minacciò di provocare all’anziano un infarto letale.

            Questi, a sua volte, corse a riferirla ai padroni di casa.

            «Padrone!» esclamò correndogli incontro

            «Che succede?».

            Quello dovette riprendere fiato, prima di trovare la forza per rispondere.

            «La… la regina Henrietta!».

            Nel sentire pronunciare quel nome, Saito e Louise sbiancarono; a guardare l’espressione, e a sentire il tono del vecchio, doveva essere successo qualcosa di molto grave.

Due Giorni Prima

 

Dopo quasi due anni di conclave, i cardinali riuniti ad Aquileia erano finalmente riusciti ad accordarsi per la successione dell’ormai compianto Vittorio Seravere. La scelta era ricaduta su tale Antoine Necker, un cardinale Galliano di quasi sessant’anni, appartenente all’ala conservatrice.

            Il motivo di un conclave così insensatamente lungo era stata proprio l’opposizione tra i progressisti, che avrebbero voluto lo stesso Julio come nuovo vicario, e i conservatori, che invece attribuivano alla politica del vecchio papa la ragione delle disgrazie capitate a Romalia, e alla fine questi ultimi avevano prevalso.

            La nomina di Necker non piaceva a nessuno, ma d’altra parte non si poteva fare altro che accettare il fatto compiuto.

            Come primo atto della nomina del nuovo pontefice, tutti i regnanti e dignitari di tutte le nazioni vicine dovevano recarsi a rendere omaggio e a dichiarare la loro sottomissione al vicario della chiesa universale, e tra questi vi era, ovviamente, anche la regina Henrietta.

            La partenza era avvenuta in sordina, senza troppa pubblicità, per ragioni di sicurezza.

            Con tutto quello che era successo negli ultimi anni, dalla guerra con Albion e la Gallia e la rivolta dei draghi, anche il casato reale di Tristein non se la passava troppo bene in termini di consenso popolare, e persino tra i nobili c’era chi soffiava sulla fiamma del malcontento manifestando palesemente la propria mancanza di rispetto, rifiutando ordini o prorogandone l’esecuzione fino all’inverosimile.

            Forse quel viaggio era proprio ciò che ci voleva alla regina.

            Per un po’ sarebbe stata lontana, dando magari ai suoi irrispettosi sudditi il tempo di calmarsi un po’.

            Con lei, come sempre, la fedele Agnes.

            Dopo un paio d’ore dalla partenza l’Ostland aveva ormai superato i confini di Tristein, e stava sorvolando le fertili pianure del nord di Gallia. La regina era sul ponte, affacciata ad osservare il verde che si stagliava sotto i suoi piedi.

            «Mia regina.» disse Agnes avvicinandosi «Temo non sia prudente restare all’esterno.»

            «Non preoccuparti, Agnes. Cosa potrebbe mai succedermi quassù?»

            «Lo so. Però la prudenza non è mai troppa, e questi, mi duole dirlo, sono tempi difficili.»

            «Ne sono consapevole.» rispose lei tornando a guardare le colline «In tutta onestà, non riesco a biasimare coloro che mi accusano di aver fatto del male a Tristein

            «Mia signora, non dovete dire così. Voi avete sempre servito la nazione come una vera sovrana.»

            «Ma la guerra con Albion, quella sfiorata con Gallia, e anche la venuta del Drago Antico. Tutte le calamità che hanno colpito Tristein negli ultimi anni, in parte sono dovute anche a causa mia.»

            «E avrebbero spazzato via il nostro regno, se voi non aveste fatto sfoggio del vostro coraggio e della vostra determinazione».

            Henrietta si volse verso la sua fedele guardia, sorridendole.

            «Ti ringrazio, Agnes. Sono felice di poterti avere al mio fianco.»

            «Se posso permettermi di darvi un consiglio, mia regina. Provate a godervi questo momento di pausa. Stare lontana dal palazzo vi farà bene, e vi aiuterà a radunare le energie. Senza dubbio, quelli che verranno da ora in poi saranno mesi molto impegnativi.»

            «Hai ragione.» rispose Henrietta rincuorata «Dopotutto, è in momenti come questo che dovrei prendere esempio da Louise, ed essere un po’ più sicura di me.»

            «Diciamo di sì.» rispose Agnes accennando un sorriso «E non preoccupatevi. Io sarò sempre al vostro fianco, qualsiasi cosa accada».

            Purtroppo, le due giovani donne non potevano sapere che i semi della congiura erano arrivati fin lì, fin nel luogo che, dopo il palazzo reale, era ritenuto il più inviolabile di Tristein.

            Tra i bagagli, le vettovaglie e il materiale caricato prima della partenza qualcuno, in gran segreto, era riuscito a caricare anche quattro grossi barili; sui registri di carico c’era scritto vino, ma in realtà contenevano qualcosa di molto peggiore.

            La guardia addetta alla sorveglianza dei magazzini era annoiata a tal punto da stare per addormentarsi, quando un suo compagno venne a portargli del caffè.

            «Dura fare la guardia, eh?» commentò il nuovo arrivato, un tipo sulla quarantina un po’ bruttino, con un mento piuttosto pronunciato

            «Puoi ben dirlo.»

            «Svegliati con questo.»

            «Grazie. Mi hai salvato la vita».

            Tutto il contrario.

            Come la guardia allungò la mano per prendere la tazza, l’altro soldato, fulmineo, gli piantò un coltello nella gola, e quel poveretto morì prima ancora di rendersi conto di quello che era successo. A quel punto il soldato sfilò le chiavi alla guardia morta ed entrò nella stiva portandosi dietro il cadavere.

            All’interno era quasi buio, ma con abbastanza luce da potersi orientare, permettendo al soldato di raggiungere i barili che gli erano stati indicati prima della partenza; ad uno di questi tolse il tappo di sughero, e dal buco uscì una strana sabbia nera, che il soldato prese a far scivolare lungo la stanza fino a produrre una linea scura che dalla porta d’ingresso arrivava fino ai barili.

            «Così dovrebbe bastare.» disse, quindi raccolse la torcia che ardeva accanto allo stipite.

            Passarono cinque, forse sei minuti, poi un pastore che stava pascolando il suo gregge non lontano da casa udì una tremenda esplosione. Alzato lo sguardo, vide una enorme nave avvolta dalle fiamme, che dopo aver continuato a navigare per un centinaio di metri venne infine sventrata da una seconda, devastante esplosione, per poi precipitare in tanti pezzi sulle pendici della vicina montagna.

 

 

Nota dell’Autore

Eccomi qua!^_^

Ve l’avevo detto che avrei aggiornato presto!

In verità, credo che questo sia stato il mio aggiornamento più rapido in tutta la mia carriera di scrittore. Il fatto è che questa storia ce l’ho già tutta nella mia testa, essendo, come detto, la rielaborazione del romanzo che sto scrivendo, quindi buttarla giù è molto facile?

Visto che roba!?

Al primo capitolo è già successo tutto questo. E state tranquilli che da qui in poi la situazione diventerà anche più “incandescente”.

Una precisazione. Il titolo originale di questa storia era Zero no Tsukaima – Il Simbolo Segreto, ma dopo un breve ripensamento ho deciso di cambiarlo in Zero no Tsukaima - Toki no Owari Made, ovvero “Zero No Tsukaima – Fino alla Fine del Tempo”. Il motivo di questa scelta, così come il significato del titolo, lo scoprirete solo molto più avanti!^_^

Ringrazio Seldolce per la sua recensione.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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