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Autore: misslittlesun95    31/03/2012    1 recensioni
Una lettera fa cadere le certezze di Elena sul fratello Marco.
Un incontro le farà scoprire quanto l'ossessione possa diventare amore.
E, infine, per uscire da un nuovo lutto sarà necessario l'aiuto di chi, in un modo o nell'altro, è sempre riuscito a salvarti.
[Personaggi: Elena Argenti, Valerio Flaviano, Alessandro Berti]
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II
 


Valerio Flaviano era uscito dal carcere circa un mese e mezzo prima.
Fosse stato per Elena ci sarebbe dovuto rimanere vita natural durante, ma a quanto pareva tutti gli omicidi che aveva commesso non bastano per dargli l'ergastolo. Si era trovato un buon avvocato, fin troppo buono forse.
Elena sapeva, perché lo teneva per quanto possibile sotto controllo per risbatterlo dentro il prima possibile, che si era comprato un appartamento in centro e aveva aperto un negozio di articolo sportivi.
Dalla lettura della lettera erano passate quasi due settimane. Senza sapere neanche perché Elena si sentiva in dovere di andare a trovarlo e chiedergli conferma di ciò che aveva letto.

Ma non era una cosa semplice quella che voleva fare, e lo sapeva bene.
Flaviano non era un tipo con cui si potevano fare facili parole, era una mente progettata ad hoc per fare cose come quella fatta sette anni prima, una mente che non rientrava né nella categoria dei sani né in quella dei malati.
Elena sapeva benissimo di stare per fare una follia, e ancora più folle era incontrare quell'uomo senza avvisare nessuno.

Non che fosse vietato, chiaro, ma di certo confidarsi con Anna prima di fare un'azione del genere sarebbe stato più saggio. Ma era anche vero che si trattava di fare i conti con ricordi, e nuove scoperte, tanto dolorose quanto personali.
Elena stessa, che quando voleva sapeva benissimo indossare i panni della vecchia saggia, ci aveva pensato a lungo su prima di decidere di fare tutto in maniera solitaria. Alla fine però i sentimenti avevano avuto la meglio sulla ragione.
Andarlo a trovare al negozio non era una buona idea, molto meglio cercarlo a casa.
Prima di pianificare per bene l'incontro si era informata di che tipo fosse dopo tutto quel tempo.

I vicini di casa lo definivano un brav'uomo, uno che dopo tutto il male che aveva fatto aveva anche compreso di aver sbagliato e cambiato in meglio la sua vita.
Una vecchietta mezza sorda che viveva sotto di lui ne parlava quasi come di un santo “se si andasse a confessare in chiesa per ciò che ha fatto in passato” le aveva addirittura detto. “di certo andrebbe in paradiso”.
Elena dubitava che con lei potesse avere lo stesso comportamento, e la sola paura che aveva era che potesse ucciderla, completando il lavoro iniziato anni prima.
Non aveva paura di morire, aveva paura di lasciare Marta sola.
Era certa che Anna e Luca se ne sarebbero presi cura, ma si trattava sempre di far rimanere orfana una bambina di soli cinque anni.

Eppure non poteva esimersi, Elena, dal fare ciò che aveva in mente.

L'occasione arrivò una sera che Marta poteva rimanere a dormire dalla sua amica del cuore.
Elena cenò presto e poi si mise in cammino.

Casa di Valerio non era scomoda da arrivarci ma, rispetto a dove viveva lei, abbastanza lontana.
Quando arrivò sotto aspettò a lungo prima di suonare.
“Minimo minimo mi ammazza” pensò.
Ma, infondo, la vita prima o poi termina con la morte.

Suonò.
Senza che nessuno rispondesse il portone si aprì. Sul campanello c'era scritto primo piano, la scala nel palazzo era una sola.
Salì e trovò l'appartamento aperto.
Prima di entrare, come aveva immaginato di fare, tirò fuori la pistola.
Piano piano cominciò ad avanzare nel buio del corridoio. L'unica luce che vedeva proveniva, quasi sicuramente, dal salone.
Elena continuò a camminare lentamente e con la pistola bassa fino a quella stanza, poi l'alzò.

- Abbassa l'arma, Argenti, non voglio ucciderti ora.- La voce di Valerio Flaviano non era cambiata. C'era sempre quel tono di mezza presa in giro nelle sue parole, quel tono che a Elena dava non poco fastidio.
- Come fai a...?- Chiese la donna. Flaviano era seduto su una poltrona che la guardava. Indossava una tuta, non c'erano armi attorno a lui. Elena si guardò intorno alla ricerca di un qualunque oggetti con cui potesse essere ammazzata, lui lo capì subito.
- Ho detto che non voglio ucciderti, non cercare in vano qualcosa con cui potrei eliminarti. Accomodati, quella poltrona è libera. Ti aspettavo, anche se dopo sette anni a dire il vero stavo cominciando a pensare che non saresti mai arrivata.- Elena decise di credere alle parole dell'uomo e si sedette sulla poltrona.
- Mi aspettavi? Proprio sta sera?- Chiese curiosa. E se l'avesse spiata per tutto quel tempo? No, non era possibile, aveva ben altro da fare di certo.
- No. Mi sono per caso affacciato mentre eri sotto, indecisa su cosa fare. Diciamo che lo faccio spesso. Sapevo che saresti venuta prima o poi, che la lettera sarebbe saltata fuori.- Valerio aveva cambiato tono. Pareva un vecchio saggio intento a fare una lezione ad un gruppo di ragazzi molto attenti.
- Perché gli hai detto di sì?- Fu l'unico commento di Elena. Non voleva sapere altro che non quello, perché Valerio aveva detto di sì alla richiesta di Marco di essere ammazzato.
- Lo faceva per te, per non farti soffrire. Voleva essere un gesto d'amore.- La voce era cambiata di tono. Ora era leggera, quasi un sussurro, come se a parlare fosse qualcuno che non stava bene.
- Sei arrivata appena in tempo, qualche mese ancora e non ci saremmo potuti incontrare.- Disse Valerio quasi a confera dei tristi presentimenti di Elena. - Perché dici questo?- Chiese un poco spaventata, come se della vita di quell'essere cominciasse a fregargliene qualcosa.
- Sono ammalato. Non ho molto da vivere né nessuno con cui passare questo tempo. È strano...-
- Mi spiace, queste cose non sono belle.- Disse Elena senza neanche capire da dove potesse esserle uscita una frase così compassionevole verso l'uomo che, fino a poco tempo prima, credeva averle rovinato la vita.
- Succede. Succede e basta. Ma è strano...- Ripeté, come per obbligare la poliziotta a concentrarsi su quelle ultime tre parole.
Elena non mancò di prendere al volo il suggerimento. - Che cosa è strano?- Chiese allora.
- La prima volta che mi sono ammalato, quando sono guarito, ho deciso che cosa fare della mia vita... ovvero ciò che tu bene conosci. Ora che invece sono nuovamente ammalato, ma questa volta cure non ce ne sono, voglio dare il meglio di me. La morte spaventa tutti, anche me che già ci sono passato.- Un brivido percorse la schiena di Elena, si ricordava bene di quando l'uomo era “risorto”.
- Non spaventa la morte, ma ciò che viene dopo.- Sentenziò l'Argenti con fare filosofico.
- Forse dovrei fare il cattolico davvero come dice la signora del secondo piano, magari sarei meno spaventato.-
- La Fede è una cosa seria.- Azzardò Elena come a dirgli che sarebbe stata una cazzata.
- Sì.- Rispose lui. - E poi non siamo qua a parlare di me, no?-
- E allora di cosa?- Chiese a quel punto la donna che credeva invece che l'argomento fosse proprio lui.
- Di te. Di quello che pensi ora, di perché sei venuta e ti sei seduta e non mi hai semplicemente detto che avevi letto la lettera.- Elena lo guardò. Ma che cazzo era successo? Dov'era finito il Flaviano che ricordava? Era possibile che il carcere e tutto il resto potessero cambiare così tanto un uomo il cui unico scopo, anni prima, era uccidere il maggior numero di persone possibile quasi come se la vita fosse un videogioco di guerra?
- Io volevo solo la conferma di quello che avevo letto, nient'altro.-
- No, tu volevi me.- Disse l'uomo alzandosi e avventandosi su di lei.
- Eddai dillo, dillo proprio come tre anni fa dovevi dirlo a Berti. Dillo che mi hai cercato perché volevi questo.- Continuò l'uomo afferrando la donna per i polsi. - Lasciami andare, stronzo!- Urlò Elena. - Che c'è? Tutto quello che hai fatto non ti è bastato eh? Ora devi finire il lavoro per morire contento?- Flaviano pareva proprio tornato ad essere lui, l'uomo che si era trovata davanti fuori dalla doccia una mattina di aprile di sette anni prima. - Sette anni fa ancora non sapevo cosa volessi davvero.- Replicò l'uomo lasciandole le braccia e buttandola in malo modo sulla poltrona dove fino a poco prima era tranquillamente seduta. -Qualcosa mi mancava, qualcosa che neanche sapevo cosa fosse. Avevo bisogno di qualcuno da amare realmente, ma in quel periodo non era cosa. Ora ho compreso e voglio te.- Nuovamente le andò addosso, e questa volta si spinse fino in fondo. Tentò di baciarla una prima volta, ma come risposta Elena gli sputò addosso. Convinto che stesse cercando di scappare, l'uomo decise di passare alle maniere forti e le tirò uno schiaffo sul volto.
Appena Elena si fu ripresa Flaviano ritentò. Questa volta, con sua enorme sorpresa, il bacio trovò collaborazione e non opposizione.
- Che c'è? Credi che così facendo diminuirai la mia voglia? Mi stai pigliando per il culo credendo di farla franca?- Chiese staccandosi da quel bacio quasi imprevisto.
Non aveva fatto i conti con l'idea che lei potesse essere così furba da appoggiare realmente le sue intenzioni.
Valerio aveva capito di essere innamorato di lei quasi un anno prima. Non capiva come né perché, ma c'era qualcosa in quella donna che lo attirava.
Se la ricordava bene, era testarda e intelligente, solo una donna del genere sarebbe sopravvissuta ad un piano architettato bene come il suo.
Berti, l'uomo che poi l'aveva arrestato, non c'entrava nulla. La sua era solo e sempre stata sete di vendetta per la morte della fidanzata, ma senza Elena non sarebbe mai riuscito a fare ciò che voleva.
Quando poi Valerio aveva scoperto di non avere molto da vivere si era sentito obbligato a cercare di farla sua in qualche modo.

Era sicuro che Elena pensasse ancora a ciò che lui le aveva detto sulla lettera, ma non sapeva se l'aveva trovata, se l'avrebbe trovata in futuro o mai, né sapeva se sarebbe venuto a cercarlo una volta trovato lo scritto.
Allora aveva deciso che in un modo o nell'altro, se proprio lei non sarebbe venuta, l'avrebbe trovata e presa.
Ma a quanto pareva lei rimaneva comunque più furba.
- No. Provo quello che provi tu.- Rispose Elena. Valerio mollò la presa e per poco non ebbe un malore.
- Non mi fotti, troia!- Rispose.

- Non ho nessuna voglia di farlo. Sai, penso che alla fine sia normale anche a livello psicologico.
A furia di pensare ad una persona, anche se i pensieri sono maligni, questa diventa un'ossessione. A poco a poco può succedere che l'ossessione diventi amore e...-
- Basta così!- Urlò Valerio.
Le tornò vicino e cominciò a fare con una specie di dolcezza quello che pensava di dover fare con la forza. Elena collaborava realmente, se non l'amava era davvero una brava attrice.
Piano piano le urla di prima si fecero lontane, come i ricordi del loro passato e di tutto ciò che era accaduto anni prima.
Per entrambi erano successo proprio come Elena aveva ipotizzato. Mentre Alessandro Berti aveva avuto la sua vendetta arrestando l'uomo che gli aveva portato via il suo amore loro due erano rimasti proprio ossessionati l'uno dall'altra.
Valerio durante il periodo in carcere non aveva visto la donna se non al processo, ma se la ricordava bene. Come fosse possibile non se lo spiegava, sapeva solo che il desiderio di vedere morta l'ispettrice Argenti poco a poco si era tramutato nel desiderio dell'ispettrice Argenti e basta.
Elena invece aveva trovato un po' di pace durante la storia con Davide e la nascita di Marta, ma poi dopo essere rimasta vedova, un giorno mentre era andata al cimitero a trovare il fratello il ricordo di Valerio Flaviano si era fatto può forte, fino a diventare da ossessione ad amore.
Quella notte entrambi scoprirono quanto quell'amore e quel desiderio potessero essere reali.

   
 
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