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Autore: La Kurapikina    15/04/2012    1 recensioni
Un primo incontro fra Achille e Patroclo... che cambierà il loro destino
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ero solo, in piedi in un prato di erba fresca e fissavo imbambolato come un cretino un mare di un blu talmente profondo da sembrare quasi nero. Ovviamente, sapevo di cosa si trattava: da quando sono un bambino mio madre, in quanto ninfa del mare, ogni volta che mi doveva dire qualcosa mi appariva in sogno sempre in quello stesso luogo.

Quando le notizie erano buone, il mare era di un azzurro limpido quasi più dei miei occhi ( si beh, un po’ di vanità non fa mai male), mentre quando le cose non andavano poi così tanto bene diventava quasi nero, come in quel momento.

“Madre?” chiamavo, avanzando di  qualche passo verso le riva ed ignorando la spiacevole sensazione che mi avvolgeva e lei, splendida, luminosa e nobile come sempre, si innalzava dalle acque scure per fermarsi proprio davanti a me, facendo ondeggiare i lunghi capelli biondi mentre il sottile abito di seta bianca volteggiava per un’improvvisa brezza.

“Ben trovato, figlio.” sussurrava con un sorriso dolce: “Ciò che ti dirò ora non ti piacerà, ne sono sicuro.”

Ecco. Diretta come sempre, ma questa volta il suo sguardo era estremamente comprensivo e preoccupato, come se temesse che le brutte notizie di questa volta sarebbero state persino più brutte del solito per me.

“Non fermarti, madre. Parla con sincerità e tranquillità.” sentivo quelle parole scivolare dalle mie labbra con la solennità e la pacatezza che doveva dimostrare un guerriero del mio rango anche se in realtà la mia mente e il mio cuore, la mia anima, stava urlando a squarcia gola di scappare il prima possibile o di fare qualunque altra cosa pur di non continuare quel discorso. C’era qualcosa che non andava. Sentivo che quello sarebbe stato un duro colpo. Oh dei…

Il viso di mia madre si irrigidiva di colpo e la sua voce, prima dolce, diventava improvvisamente fredda e tagliente mentre sillabava quasi con cattiveria una sola parola,

un nome: “Patroclo.”

Il mio piccolo cuoricino da diciannovenne confuso perse un battito e giuro che sarei anche morire lì, così, se solo lei non avesse riprese con tono talmente antiapatico ed odioso da spingermi a stare attento: non era da mai madre, la dolce Teti, comportarsi così.

“Allontana da te quel ragazzo, subito, appena ti svegli. Dallo a tuo zio o lascia che il  re di Smirne lo porti via, non mi importa, ma non tenerlo con te. E’ pericoloso, molto più di quello che i suoi occhioni grigi lasciano vedere, e ti distruggerà. Per questo è qui, non c’è altra spiegazione. E’ SUO figlio, Achille, quindi le sue parole non sono altro che menzogne. Può fingere quanto vuole o negare o dire che lui è diverso… ma il male è troppo radicato nella sua anima per poterlo ignorare: ti sfrutterà, fingendo di amarti fino a quando gli farai comodo, poi ti tradirà spezzando il tuo cuore, infangando la tua gloria e portandosi via le ricchezze di Ftia, questo fanno quelli come lui. Ti ha già mentito, Achille, dicendo che non conosce i suoi genitori: lo sa fin troppo bene di chi è figlio, proprio come conosce il destino che aleggia sulla sua testa, tragica fine in cui sta egoisticamente coinvolgendo anche te rimanendoti vicino. Chiedilo a lui, se non mi credi!”

Prima ancora di trovare il tempo di rispondere, sempre se avessi ritrovato la capacità di parlare, il paesaggio intorno a me sfumò rapidamente e l’ultima cosa che vedevo in un nero troppo profondo fu il viso severo di mia madre che mi spronava ancora ad ubbidire alla sue parole. Poi, il nulla.

 

***

Mi sveglia di colpo, sudato e tremate come se avessi appena affrontato la battaglia più terribile della mia vita e solo dopo qualche istante di completo stordimento mi resi conto di due cose importanti: primo, stavo piangendo; secondo, ero solo.

Scattai subito in piedi scoprendo così di essere vestito e solo in quel momento le cose cominciarono a raggiungere il loro posto nella mia mente: dopo essere tornati dal mercato dove avevamo incontrato quel buon uomo del re di Smirne io e Patroclo ci eravamo addormentati e io avevo fatto quel brutto sogno. Era buio fuori, quindi doveva essere notte anche perché non sentivo nessuna voce. Dove diavolo era finito quel ragazzino irresponsabile? Dovevo assolutamente parlargli, almeno per farmi dire la verità e chiarire le parole di mia madre. Poi, cosa avrei fatto? Lo avrei cacciato? Ne avrei veramente avuto la forza? E soprattutto, quel dolce angioletto dagli occhi grigi se lo meritava? O forse mia madre aveva esagerato? Non potevo credere che lui mi avesse mentito… ma infondo, lo conoscevo solo da un giorno e non avevo esitato a cadere ai suo piedi…

Scuotendo la testa per allontanare tutte quelle domande mi affrettai verso la porta senza neanche sapere dove lo avrei cercato, quando lo sguardo mi cadde su un foglietto lasciato sul mio comodino e lo afferrai subito senza riflettere tornando alla finestra per poter leggere alle luce della luna: “ Achille, nemmeno immagini quanto mi costi questo gesto, ma non c’è altro che io possa fare per il bene di entrambi: io porto solo problemi e non voglio coinvolgerti in una storia che da troppo tempo cerca di opprimermi. Dove andrò, ciò che farò ancora mi è sconosciuto, ma non temere per me, sono uno che se la cava… Così questo è un addio. Non odiarmi per averti mentito, l’ho fatto per… non so perché l’ho fatto, ma d’ora in poi non sarò più un tuo problema. Sono stati i due giorni migliori della mia vita, non li scorderò mai, così come terrò sempre te nel mio cuore; grazie per tutto ciò che hai fatto. Grazie per esserci stato. Con amore,

Patroclo.”

Neanche a dirlo, calde lacrime ricominciarono subito a rigarmi le guancie, che in quel momento dovevano essere di un pallore spettrale; sfiorai con delicatezza le SUE parole e il messaggio sfumò: l’inchiostro era fresca, ma proprio MOLTO fresco… non poteva essere lontano, anzi, tenendo conto che era notte molto probabilmente non aveva ancora lasciato Ftia.

Mi fiondai fuori dalla mia stanza correndo come se da quello dipendesse la mia vita, cosa che da un lato era anche vera, e in meno di un secondo raggiunsi le scuderie: lui non c’era.

Ma certo che non c’era! Non aveva un cavallo da prendere e non era un ladro. Oddio, non era un ladro vero?

“Dove vorresti andare tutto solo ragazzino?” Quella voce mi bloccò di colpo: era il vecchio mercante di pomodori che aveva avvicinato Patroclo e a cui lui aveva risposto in modo non troppo gentile.

“Spostati.” Eccolo. Le loro voci erano subito fuori le scuderie, vicino alle mura di Ftia. Che fare? Agire, ovviamente.

Prima che il minimo di buon senso che mi era rimasto potesse suggerirmi di fermarmi almeno due secondi a riflettere, mi fiondai alle mura e trovai il mercante che bloccava il passaggio a Patroclo, che aveva di nuovo indossato i suoi “vestiti”. Se non ci avesse pensato l’uomo, sarebbe sicuramente morto di freddo.

“Sparisci.” il tono della mia voce sorprese me per primo per quanto fosse duro e pericoloso.

Il mercante sbiancò sussurrando il mio nome, ma non appena incrociò il mio sguardo furioso svanì manco fosse stato invisibile.

“Domani” pensai: “Domani lo caccio definitivamente da qui.”

Quindi mi volsi verso Patroclo che mi stava fissando con gli occhi spalancati e le labbra tremanti.

“Volevi andartene così?” Non volevo fare l’antipatico con lui ma ero proprio arrabbiato, soprattutto per la strizza che mi aveva messo il sogno con messaggio finale.

“Io…” tentò lui, ma abbassò subito dopo lo sguardo non sapendo cosa dire.

A quel punto, per un motivo a me ancora sconosciuto, mi incazzai proprio per davvero e scattai, raggiungendolo con due soli passi, quindi lo afferrai violentemente per un braccio, lo trascinai fino alle scuderie e lo sbattei violentemente contro la parete nascosta dagli alberi; nessuno lì ci avrebbe visto.

“Nemmeno riesci a giustificarti!?” sibilai minaccioso stringendo maggiormente il suo braccio e torcendoglielo: “Mostra almeno di sapere ciò che fai.”

Strinsi ancora, pentendomi subito dopo: lei sue ossa scricchiolarono in modo sinistro e terribile, mentre il bel ragazzo moro che avevo di fronte soffocò a stento un grido, piegandosi in avanti per il dolore; lo lasciai andare subito e lui cadde in ginocchio piangendo.

Cosa cazzo stavo facendo? Dopo tutto ciò che gli aveva detto sul fatto che lui era importante, che nessuno doveva permettersi di fargli del male, ero io il primo a picchiarlo?

Quel pensiero mi colpì e rimasi senza fiato, come quando ero bambino e mio zio mi prendeva a schiaffi: perché? Perché lo avevo trattato così?

Perché avevo avuto una paura terribile di perderlo.

Mi inginocchiai davanti a lui ignorando il fatto che stavo piangendo ANCORA e lo abbracciai a lungo lasciando che piangesse in silenzio.

“Ti prego, lasciami andare.” sussurrò dopo un’eternità Patroclo, allontanandosi quel che bastava per guardarmi in faccia: “Lo faccio anche per il tuo bene…”

“No.” risposi deciso e senza più alcuna rabbia, solo comprensione: “No piccolo: dimmi la verità. Qualunque sia. E’ l’unica cosa che ti chiedo.”

“Non voglio coinvolgerti…”

“Sono coinvolto dal momento in cui le guardi di hanno portato davanti a mio zio.”

“La verità può far male…”

“Non la temo.”

Con un sospiro e quattro semplici parole iniziò il discorso che mi avrebbe cambiato la vita. Che l’avrebbe fatto esplodere.

“Sono figlio di Ade.”

Ah, cavolo!

 

 

 

 

 

 

Un grazie a tutti quelli che seguono questa ff e soprattutto a Sick/ Lylia Osaki che con le sue recensioni riesce sempre a farmi sorridere. A presto!!!

  
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