Try
me.
Secondo
non so quale legge si dice che quando si cerca qualcosa non la si
troverà mai,
e, al contrario, ciò che non si vorrebbe trovare accade di
averlo tra le mani
nei momenti meno opportuni.
Questo
ti sta succedendo proprio ora, mentre tu cerchi qualcosa muovendo
quelle tue
dita agili, lunghe, bianche, affusolate, mentre io non posso fare a
meno di
fissarle, senza poter guardare altrove, totalmente ammaliata.
Mi
chiedo vagamente cosa stessi tentando di trovare prima che ti capitasse
sotto
gli occhi quel contenitore, piccolo, leggero, dai colori scuri. So bene
però
che ora non hai più alcun interesse per
quell’oggetto: ti sei come
immobilizzato, le mani rigide, tanto da sembrarmi orribilmente morte.
Non
sei più qui, con me, in questa stanza, me ne accorgo dal tuo
sguardo, da come è
fisso, vuoto. Ciò che vedi è lontano, nello
spazio e forse anche nel tempo.
Ti
sento deglutire lievemente. Che dolori ti riporta alla mente una cosa
così
piccola?
Probabilmente
sono ricordi più importante di me, so che ti sto di nuovo
perdendo, perché tu
non puoi fare a meno di aprirlo.
Riprendi
a muoverti lentamente, come risvegliandoti da un sonno profondo, che ti
aveva
lasciato senza la consapevolezza di essere ancora vivo.
Fai
scorrere le dita sulle due parti del contenitore, facendole spalancare
con uno
scatto che rimbomba nel silenzio. Come tremano le tue mani. Riesco a
sentire la
tua inquietudine. Non ti ho mai visto così insicuro, e
questo mi spaventa.
Al
nostro
sguardo si presenta una cravatta, una leggera cravatta dagli accesi
colori
rosso-oro. La sollevi delicatamente, con due dita, come se fosse il
più
prezioso dei tesori, e te la porti vicino alla bocca.
Chiudi
gli occhi, oramai io sono completamente svanita.
La
cravatta è sgualcita, stropicciata; macchie di sangue ne
sporcano la purezza,
ne insozzano il profumo; infine, una scritta nera la percorre da parte
a parte.
Abbandonati
nel contenitore, le fanno da letto piccoli brandelli di stoffa
verde-argento:
Grifondoro e Serpeverde, mai sono andati d’accordo e mai ci
andranno.
Riapri
gli occhi, e l’espressione che vi vedo riflessa mi fa muovere
qualcosa in fondo
al cuore. Basta, non ti lascerò annegare oltre, qualunque
sia l’oceano in cui
stai lentamente affondando.
Mi
metto velocemente la vestaglia di lana addosso e scendo dal letto in
cui mi hai
lasciata.
Non
sono bella, non sono attraente. Non pretendo di piacerti.
Il
nostro
è solo sesso, lo so, un qualcosa di cui due persone
più vicine ai vent’anni che
hai trenta, senza più speranza nel futuro, hanno ancora
bisogno.
Il
mio
problema è che tu hai il potere di far rinascere nel mio
cuore fiducia nel
mondo, il tuo problema è che io non posso fare lo stesso con
te. Tu non me lo
permetti.
Ma
non
puoi obbligarmi a non fare tutto ciò che posso per
te… anche se non sarà mai
amore, anche se sarà solo per l’ombra di un tuo
sorriso.
Mi
avvicino a te e nemmeno te ne accorgi, ti arrivo alle spalle, ti
abbraccio.
«
Hai
intenzione di tornare a letto? » chiedo sorridendo.
Non
rispondi, non ti smuovi, non mi dai neanche l’impressione di
avermi sentito.
Dove
sei, Severus?
«
Guarda
che, se preferisci, posso chiedere a qualcun altro di scaldarmi il
letto. »
continuo, cercando di scuoterti « Dopotutto, non credo di
aver problemi a
cercare qualcuno disposto la notte di San Valentino. »
«
Non
è San Valentino. » risponde meccanicamente
« È un giorno come un altro. »
Ah,
già. Odi questa festa, anche se non so perché.
Non hai risposto alla mia
minaccia, ma almeno hai parlato. Ti stringo un po’
più a me.
«
E
comunque non oseresti farlo. » dici ancora, a sorpresa.
Sorrido
lievemente.
«
Mettimi
alla pr… »
Ti
giri di scatto, una strana luce negli occhi e mi metti un dito sulle
labbra,
impedendomi di finire la frase.
«
Non
dirlo. » sussurri, fissandomi.
Ma
i
tuoi occhi non mi vedono veramente. Ora so con sicurezza che non sei
qui con
me, ma perso nella tua mente, forse nei tuoi ricordi.
Dio,
Severus, cosa darei per sapere cosa stai pensando, per essere
lì con te…
***
Camminavo
lentamente per i corridoi di Hogwarts. Solo Mulciber mi faceva
compagnia,
sempre che la sua silenziosa presenza potesse essere definita tale, ma
non mi
dispiaceva: con lui avevo la rara possibilità di conversare
con me stesso.
«
Snivellus! »
sentii chiamare, riconoscendo immediatamente la voce.
Mi
fermai di botto, voltandomi, mentre Mulciber arretrava, scivolando
nell’ombra.
«
Che
vuoi, Potter? » sibilai, arricciando le labbra
e lanciando un’occhiataccia al suo degno compare Black, che
gli ghignava a
fianco.
«
Hai
dato un’occhiata qui a fianco, Snape?! » mi chiese
per tutta risposta,
indicando con un cenno beffardo le clessidre delle Case proprio sulla
parete
affianco a noi.
«
No.
Perché Potter, cosa c’è di strano?
» risposi, senza riuscire a trattenere un
sorrisetto. « Oh, ma guarda » avevo poi continuato
con sarcasmo « I Grifondoro
hanno perso ben cinquanta punti da ieri. Cosa vi è successo?
»
Black
avanzò di un passo, digrignando i denti e guardandomi con
aria minacciosa. Ma
in quel momento arrivarono Minus e Lupin, l’ultimo dei quali
aveva fermato
Black mettendogli una mano sulla spalla.
«
Sai
benissimo cos’è successo, vigliacco di un
Serpeverde. »
aveva allora sbottato il cane, lanciando uno sguardo torvo dietro le
spalle, a
Lupin, per poi rivolgersi nuovamente a me « Sei stato tu a
far la spia, non è
così? »
Era
vero.
Li
avevo visti mentre organizzavano uno stupido scherzo, e avevo pensato
bene di
riferirlo ai Capocasa. Si erano anche presi una bella punizione.
Stavo
per ribattere a tono, quando dietro di me sentii un’altra
voce famigliare.
«
Che
sta succedendo qui? » aveva chiesto Lily, fermandosi
vicino a me.
Mi
ero
subito incantato a guardarla, frastornato come al solito dalla sua
presenza.
Perché mi faceva sempre quell’effetto?
Lily
si era subito scurita in volto, notando l’aria tesa.
«
Ancora? » aveva chiesto esasperata « La
finite di dargli fastidio voi quattro? Sev non vi ha fatto nulla!
»
Aveva
preso le mie difese, inutile dire che ero al settimo cielo. Peccato che
gli
altri non la pensassero allo stesso modo.
«
Ti
fai difendere da una donna, Snivellus? » aveva chiesto con
tono
canzonatorio Black.
«
Sì
sì! Da una Grifondoro! » aveva replicato
squittendo
quel vile di Minus.
«
Da
una Sanguesporco?! » era riemerso dalle sue tenebre
Mulciber, con voce strascicata e disgustata.
Era
stato troppo.
Con
un
gesto fluido, avevo tirato fuori un coltello dalla tracolla,
materializzandolo
nella mano.
Tempo
prima, Lucius mi aveva regalato quell’antico pugnale, non
particolarmente
bello, ma istoriato, appartenente ad una nobile famiglia.
Mi
aveva detto di usarlo nei momenti di bisogno e io lo stavo per fare,
senza
pensarci. Le battaglie con loro, infatti, erano sempre perse. Ero
più veloce e
più sciolto nei movimenti con la bacchetta, ma loro erano
sempre come minimo in
due, e se uno di loro riusciva ad avvicinarsi troppo, il mio corpo
magro e
debole soccombeva sotto la loro forza fisica.
Tuttavia
quelle parole, pronunciate da nemici e amici ma, soprattutto, davanti a
Lily, mi
avevano punto nell’orgoglio. Avrei messo la parola fine a
tutta quella storia.
Per
un
attimo tutti gli sguardi si fissarono frastornati sul coltello. Poi il
momento
passò.
Mi
ero
aspettato che qualcuno arretrasse, che i miei aguzzini si facessero
prendere da
una sorta di panico, o perlomeno speravo di vedere qualche sguardo
impaurito.
Di
sicuro non mi aspettavo che si mettessero a ridere.
Il
primo a scoppiare fu Black,
la sua voce bassa, le risa simili ad un latrato, a sfigurargli il volto
perfetto. Potter
iniziò un secondo dopo, con
quella sua risata cristallina, pura, che faceva impazzire qualsiasi
ragazza. Infine
li seguì Minus, con quel rumore sommesso e acuto, quasi
fosse uno squittio.
L’unico
che rimase zitto fu
Lupin, impassibile, un lampo negli occhi come solo segno di
preoccupazione.
Alzò un braccio in mia direzione.
«
Abbassa quell’arma, Severus, so che non vuoi fare del male a
nessuno. » disse
lentamente.
Davvero
non volevo?
Io
facevo sul serio, con un coltello in mano e loro si prendevano gioco di
me.
Sì
che
volevo fargli del male. In quel momento avrei potuto ucciderli tutti.
«
Non
chiamarmi Severus. » risposi confuso.
«
Sì, Snivellus, abbassa quella robaccia »
riuscì a dire Potter tra le risa «
Tanto sappiamo tutti che non avresti il coraggio di usarlo! »
Ecco,
ora sì che avevo del tutto perso le staffe.
Presi
a mulinare il coltello nell’aria davanti a me, lacerando il
nulla.
«
Mettimi alla prova! » urlai rabbiosamente.
Black
era
stato il più svelto e il più impulsivo nel
reagire.
Mi
venne
addosso, afferrandomi la mano in cui tenevo il pugnale, senza darmi il
tempo di
reagire. Ma io non avrei mollato la presa.
Spinsi
verso di lui con tutta la mia forza, cercando di prenderlo alla
sprovvista e di
farlo sbilanciare. Black però aveva dalla sua anni di
scazzottate e non si fece
sorprendere.
Cominciammo
una specie di testa a testa per decretare il più forte e,
nonostante fossi più
testardo e avessi molto più da perdere rispetto al mio
avversario, presto avrei
dovuto arrendermi, se non fosse intervenuto Lupin, per
l’ennesima volta.
«
Basta così. » aveva detto il ragazzo, con voce
calma ma perentoria, ponendo una
mano sulla spalla dell’amico.
Black
aveva digrignato i denti, ma aveva allentato la presa, facendo appena
un passo
indietro.
Poi
però aveva socchiuso gli occhi, guardandomi carico
d’odio e con un ghigno
stampato sul viso ferino.
«
Ti
lascio andare solo perché è San Valentino.
» sussurrò in modo che solo io potessi sentirlo
«
E non voglio farti fare una brutta figura davanti alla tua ragazza.
»
Ansante,
arrabbiato e offeso, non so che lampo di genio mi colpì
quando mi rivolsi
direttamente a Potter:
«
Oh,
quindi è questo che ti dà veramente fastidio?
» lo provocai con un sorriso
strafottente « Il fatto che io sia fidanzato con la ragazza
che ami… »
La
menzogna
andò subito a segno, in un secondo mi ritrovai scaraventato
a terra, il peso di
Potter sul petto che mi bloccava la respirazione.
«
Non
provarci nemmeno. » sibilò.
La
sua
mano corse immediatamente alla mia, cercando di strapparmi il pugnale
di mano.
Lo ostacolai con tutte le mie forze, cercando contemporaneamente di
svincolarmi
dalla sua presa.
Bastò
uno strattone più forte a strapparmi definitivamente il
coltello che, per il
contraccolpo, finì per colpirmi di striscio un braccio.
Il
bruciore mi colpì di sorpresa, rubandomi un gemito e
facendomi chiudere gli
occhi.
Quando
li riaprii, Potter torreggiava ancora su di me, il viso aperto in
un’espressione di beffarda vittoria, incurante del sangue che
scorreva dalla
mia ferita.
Intorno
a noi sentivo Lily fremere, Black ridere trattenendola e Lupin cercare
di
risolvere la situazione, ma non mi importava realmente di loro, ero
concentrato
solo su James Potter.
Lo
guardai pieno d’odio, senza poter fare nulla, cercando di
mandare giù le
lacrime: non avrei permesso che mi vedesse anche piangere.
Senza
smettere di sorridere selvaggiamente, Potter mi afferrò per
il bavero,
tirandomi all’altezza dei suoi occhi.
«
Spero
che questo ti serva da lezione. » disse lentamente.
Poi
prese in mano il mio cravattino: con il pugnale, sporco del mio stesso
sangue,
cominciò a tagliare in piccoli pezzi il tessuto
verde-argento e, con esso,
distrusse anche il mio orgoglio.
Quando
finì si rialzò, lasciandomi a terra, umiliato e
incapace di dire alcunché,
buttandomi addosso i resti della mia cravatta e il pugnale insanguinato
accanto, allontanandosi poi dalla mia vista, con i suoi amici, e
degnandomi
solo di uno sguardo disgustato.
Qualche
minuto dopo, Lily era a fianco a me.
Nonostante
fossi ancora infuriato e abbattuto la sua sola presenza mi consolava,
non c’era
bisogno di parole.
Si
inginocchiò, mentre io mi sedevo e, con un sospiro, si
sciolse il nodo della
cravatta.
Avevo
paura che si fosse arrabbiata per la bugia che avevo raccontato su di
noi, ma
non sembrava esserlo.
Avvolse
il cravattino intorno alla mia ferita, e mi fissò con
sguardo cupo.
«
Non
sarò sempre con te in queste situazioni. Soprattutto se
continuerai a
comportarti così. Vorrei tanto che tu ti allontanassi da
amicizie come quel
Mulciber, e ci provo ogni giorno. » si guardò
attorno, ma il mio compagno di
Casa se n’era andato da tempo, « Ma potrei anche
arrendermi, prima o poi. »
Io
non
sapevo cosa dire. Mi aveva fatto quel discorso già parecchie
volte, eppure
continuavo a non crederle. Lily era la mia migliore amica. Non mi
avrebbe mai
abbandonato.
«
Non
lo faresti mai. » dissi con sicurezza.
Lily
mi guardò con un occhi tristi, una luce che mai avevo visto
albergare nei suoi
splendidi occhi di quel verde sempre vivo, raggiante.
Per
tutta risposta, estrasse un pennarello nero dalla sua tracolla, e
vergò delle
parole sul suo cravattino, stretto al mio braccio.
Mi
lasciò lì su quel pavimento, e, andandosene,
mormorò: « Buon San Valentino,
Sev. »
***
Non
pensavo che guardarti dormire sarebbe stato così bello.
Sei
così tranquillo, il tuo viso è così
disteso, calmo, privo di quella sofferenza
che ti porti dietro.
Mi
mordo un labbro. La curiosità mi sta uccidendo, ma non
è solo quello.
Decido
che devo sapere… e se ti sveglierai, bene, mi
prenderò le mie responsabilità.
Ti
schiocco un bacio sulle labbra, scostandoti dal volto una ciocca di
capelli
nerissimi che sembrano darti fastidio. Sì, mi piaci quando
dormi: l’unico
rimpianto è che così non posso perdermi nei tuoi
splendidi occhi d’onice.
Scendo
dal letto, incurante di essere nuda, e mi avvicino a passi leggeri al
tavolino
sul quale hai abbandonato la scatolina.
Afferro
la cravatta rosso-oro, e finalmente riesco a leggerne la scritta.
Riconosco la
calligrafia: d’altronde anch’io ero ad Hogwarts
quando Lily Evans era la prima
della scuola.
Ti
guardo ancora, incapace di allontanare i miei occhi da te.
Lily…
come posso combattere con il ricordo dell’unica donna che tu
abbia mai amato,
per il quale avresti fatto e continuerai a fare di tutto?
Semplicemente
non posso. Nessuno può.
Stringo
più forte la sua cravatta in mano. Tu, probabilmente, riesci
a sentire ancora
il suo profumo.
“Try me”, ha scritto,
chissà quando, su questa
cravatta: mettimi alla prova.
E,
se
ancora la conservi, sono convinta che in qualunque cosa tu abbia dovuto
metterla alla prova, abbia vinto lei.
Perché
lei, anche dopo tutto questo tempo, anche se sei con altre persone,
anche se
sei con me, in
ogni istante della tua vita, ha vinto la tua mente, ha vinto il tuo
cuore, ha
vinto tutto te stesso.
Forse
ora capisco perché odi tanto la festa degli innamorati.