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Autore: Angye    22/04/2012    1 recensioni
La storia inizia nell'episodio 3x14 "Un istante per sempre". Cosa sarebbe accaduto se Brooke fosse tornata di notte da New York, ma le scuse di Lucas non fossero bastate a giustificare la presenza di Peyton nel suo letto? Una lite che sconvolgerà gli equilibri, portando Brooke lontana da Tree Hill per un intero anno. Quando tornerà sarà ancora innamorata di Lucas? E lui di lei?
Storia sospesa, ma non abbandonata; riprenderà non appena possibile
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brooke Davis, Lucas Scott, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dato che la fan fiction ha ricevuto alcune recensioni molto carine, mi sentivo in dovere di accontentare - per ringraziare - le persone che hanno speso il loro tempo a leggere e commentare la storia. Quindi ecco un nuovo capitolo. Vi ricordo inoltre di passare sulla pagina di Facebool- "Brooke e Lucas: Brucas forever". Un bacio a tutti.



Il sole inondava la cucina, filtrando dalla finestra spalancata, aperta appositamente da Brooke.
La ragazza se ne stava accanto ai fornelli, con un enorme librone di ricette davanti, indossando un grembiulino bianco che le copriva l’addome e parte delle gambe, mentre tentava di combinare qualcosa. Cucinare le era sempre piaciuto, sebbene non potesse dirsi una cuoca provetta.
I dolci le riuscivano meglio dei primi, come dimostrava la torta di fragole e panna messa a raffreddare in frigorifero un’ora prima. Con i secondi non se la cavava male, difatti il pollo con contorno di patate era quasi finito, mancava giusto un pizzico di aromi e poi via in forno.
Ma i primi, i primi erano la sua rovina. La pasta le risultava sempre o troppo cruda, o tanto cotta da sembrare gomma. O troppo salata. Odiava i primi. Brooke sbuffò, mentre la pentola con la salsa sul fornello sbottava, segnale che aveva dimenticato di girarla.
Sollevò il coperchio e una nebbiolina l’avvolse, mentre lei versava un po’ d’acqua all’interno per non farla addensare più del dovuto. Aveva seguito un corso di cucina, in Franca, dopo aver conosciuto Daniel, ma non aveva mai imparato a fare una lasagna decente.
David l’aveva più volte presa in giro per questo, ridacchiò, al pensiero di suo cognato – o quasi – la ragazza. Era molto che non vedeva quel don Giovanni da strapazzo e le mancava. In un certo qual modo, David aveva preso il posto di Lucas, proprio come Daniel: prima di essere il suo ragazzo, dopo essere tornato dal viaggio con Keith per l’infarto di Dan, Lucas era stato il suo migliore amico. Quel lato del suo carattere, spiritoso e affidabile, la ragazza lo aveva ritrovato nel minore dei fratelli Bennet, David. Lui era stato il suo confidente, il suo amico. Mentre Daniel…Daniel era stato il Lucas del suo ritorno dall’estate trascorsa coi suoi. Il Lucas delle 82 lettere, quello dei baci sotto la pioggia.
Ancora una volta il coperchio della pentola saltellò e Brooke, la fronte impregnata da perle di sudore, corse ad abbassare la fiamma, scuotendo il capo.
Non ce l’avrebbe fatta a preparare quel pranzo in tempo e avrebbe fatto una pessima figura con i suoi suoceri. Daphne e Albert sarebbero arrivati un paio d’ore dopo, alle due e mezza, se il volo da New York, la città dove risiedevano abitualmente, non avesse tardato.
- Coraggio, Brooke Davis, se hai affrontato la cucina francese, puoi fare anche questo.- disse fra se, afferrando un mestolo a caso.
 
Le lezioni erano state noiose e pesanti, colpa del caldo che rendeva gli studenti più inquieti del solito. Peyton sembrava distratta e Lucas era quasi certo che centrasse la partenza di suo padre di quella mattina. Così, quando la campanella suonò, la raggiunse in fondo al corridoio e  la strinse da dietro. – Ciao.- le disse, respirando nei suoi capelli.
- Ciao.- lo salutò lei, voltandosi per baciarlo.
- Va tutto bene?- le domandò.
- Più o meno.-
- Hai voglia di parlarne?-
Lei sospirò. – Andiamo fuori.- gli disse, prendendolo per mano.
Si sedettero sul muretto nel parcheggio, riparati dall’ombra di un’enorme cartellone pubblicitario.
- Mio padre è partito stamattina presto, prima che io mi alzassi per andare a scuola.- gli spiegò.
- Siete riusciti a parlare, ieri sera?-
- Si, certo, mi ha chiesto come me la cavo, se mi sentivo sola e cose del genere.-
- E tu cosa gli hai detto?-
- La verità: che ormai sono abituata a restare sola.-
Lucas alzò un sopracciglio: capiva il desiderio di Peyton di avere suo padre accanto, ma definire se stessa “sola” gli sembrava un po’ esagerato. Aveva lui, non contava niente?
Anche Brooke era cresciuta da sola, da sola per davvero, senza mai avere accanto la sua famiglia ma era riuscita lo stesso ad essere una famiglia per Peyton.
Lucas scosse il capo, cacciando quei pensieri dalla sua mente.
- Non è di questo che volevo parlarti, comunque.- lo richiamò Peyton, vedendolo distratto.
- Di cosa, allora?- domandò lui, osservandola: se ne stava sulla difensiva, era troppo tranquilla e questo stava a significare che stava per dirgli qualcosa di importante.
- Stamattina, quando sono uscita, nella casella postale c’era questa.- gli disse, scavando nella borsa scura per porgergli una busta bianca.
Lucas lesse il mittente: Scuola di Belle Arti, Savannah.
- Leggila.- gli disse lei.
Il ragazzo prese il foglio all’interno e lesse. – “Gentile signorina Sawyer abbiamo ricevuto i suoi schizzi e li abbiamo trovati davvero interessanti. Saremo interessati a valutare qualche suo altro lavoro e, se è possibile, ad avere un colloquio personale con lei. La preghiamo di contattarci al più presto, data la lunga lista di richieste di iscrizioni che ci arriva ogni anno, non vorremo essere costretti a dare il suo posto ad un altro. Le alleghiamo il numero di telefono della segreteria, con la quale può prendere appuntamento, la scuola le pagherà il viaggio e l’alloggio per il tempo che si tratterà a Savannah per il colloquio. Distinti Saluti, Josephine Wright, rettore dell’Università.”-
La ragazza annuì, sorridendo.
- Peyton, è una cosa bellissima, congratulazioni.- le disse Lucas, abbracciandola.
- Grazie.- gli disse alzando le spalle. – Non è niente di eccezionale, non voglio esaltarmi per il momento.- smontò il suo entusiasmo lei.
Peyton era fatta così: stentava a credere che le cose belle potessero accadere nella vita, tanto meno a lei.
- Non sapevo che avessi mandato loro degli schizzi, comunque.- notò Lucas.
- Non ci speravo in una risposta, quindi non volevo dire niente, finché non avessi ricevuto risposta.- spiegò lei. Quella era un’altra delle tante cose diverse che avevano lei e Brooke: la prima non riusciva a sopportare l’idea di essere umiliata o di fare qualcosa che potesse ridicolizzarla, fosse anche credere in un sogno, come era capitato con quella striscia che doveva fare per il giornale: aveva voluto che rimanesse anonima. La seconda non aveva problemi a provare, riprovare, sbagliare e rendersi ridicola, se c’era anche una flebile possibilità che questo potesse portarla a raggiungere ciò che desiderava.
Peyton schioccò le dita davanti al suo viso. – Mi sembri assente, Lucas.- gli disse.
- No, pensavo solo a Savannah. Pensi di telefonare?- mentì.
- Ci penserò,-
- Dovresti farlo Peyton: è il tuo sogno.-
- Già, un sogno.-
 
- Nathan, se continui a guardarmi non riuscirò mai a comporre nemmeno una canzoncina per bambini.- sbuffò Haley, ridendo. Se ne stava seduta alla tastiera che lui le aveva comprato, rotto e fatto riparare. Nathan, invece, era seduto senza maglietta – cosa che non aiutava la concentrazione di sua moglie – sul divano della loro casetta, intento a guardarla. Le lezioni erano finite e loro era tornati a casa, approfittando del fatto che gli allenamenti erano stati spostati in serata per il caldo.
-  Sei bellissima quando sei assorta a suonare.- le disse a sua discolpa.
- Ah, per favore! – rise lei.
- E’ la verità: sembra che ti perdi un mondo tutto tuo, dove è tutto migliore.-
- E’ la stessa espressione che hai tu quando giochi a basket.-
- Hai ragione, perché è così che mi sento, quando vado a canestro.- le rispose, alzandosi e abbracciandola da dietro. Le baciò il collo. – Sai una cosa, però?-
- Hmm?-
- La cosa migliore, dopo che ho fatto canestro, è vedere te, che sorridi perché sei fiera di me.-
Haley si voltò per abbracciarlo, ancora seduta. – Io sono sempre fiera di te. – gli disse, alzandosi e baciandolo.
- Ti amo, Haley, nemmeno immagini quanto.-
Lei poggi la testa nell’incavo del collo di suo marito. – E’ vero non lo immagino: lo so. Perché io ti amo alla stessa maniera.- rispose. – Ora, vattene, però!- lo spinse via, ridendo. – Le cose non vanno mai come dovrebbero quando te ne vai in giro mezzo nudo per casa. -  gli disse.
Nathan fece una faccia soddisfatta, di finta superbia. – Lo so, lo so: sono irresistibile.- le disse, filandosela prima che lei potesse tirargli qualcosa.
-Torna qui, carino, fammi vedere quanto sei irresistibile mentre lavi i piatti!- urlò lei, tornando a sedersi alla tastiera.
- Sai, se avessi saputo che sarei finito a fare lo sguattero non ti avrei mai sposato, donna!- sbuffò lui, aprendo la fontana.
- E’ per questo che ho voluto sposarti senza grandi festeggiamenti, tesoro: altrimenti avresti avuto il tempo di scrivere un contratto pre-matrimoniale.- fece lei, sorridendo con aria cospiratrice.
- Dannazione a me!- rise Nathan, beccandosi un cuscino proprio dietro il sedere.
 
- Pronto?-
- Brooke? Amore, sono Daniel, ti chiamo dall’aeroporto, il mio telefono è al corto di batteria.-
- Cosa c’è? I tuoi sono già arrivati?-
- No, hanno appena annunciato un ritardo di un’ora del loro volo. - le spiegò. – Arriveranno per le tre.-
Brooke esultò, silenziosa, saltellando per la cucina dove la salsa era schizzata ovunque sulle mattonelle chiare.
- Amore, ci sei?-
- Certo, tesoro, sono qui. Stai tranquillo, terrò in caldo le lasagne.- gli disse, ridacchiando.
- Sicura che è tutto apposto? Ti sento…affannata.-
Brooke imprecò mentalmente: dannato legame fisico e mentale, le giocava brutti scherzi.
- No, Daniel, tutto apposto, sul serio. Ora vada a farmi una doccia e apparecchio la tavola. –
- Va bene, allora ti chiamo col telefono di mio padre quando atterrano, d’accordo?-
- Si, amore, a dopo.-
- A più tardi.-
Riagganciarono. Brooke si diede un’occhiata in giro e ringraziò il cielo di quel ritardo: la pasta era pronta e si stava gelando, mentre la salsa era letteralmente esplosa. Aveva bisogno di aiuto.
Compose un numero ma il telefono squillò a vuoto. – Dannazione a te, Mouth! Dove cavolo sei?!- attaccò e fece il numero di Haley e Nathan. La ragazza rispose dopo tre squilli. – Pronto?-
- Haley! Grazie al cielo sei in casa!-
-  Brooke, che succede?-
- Ho bisogno del tuo aiuto: devo preparare le lasagne entro…-guardò l’orologio appeso al muro. – due ore. Ti prego, aiutami! – disse tutto d’un fiato.
- Lasagne? Brooke, non potevi scegliere una cosa più semplice?!-
- Albert adora le lasagne!-
- Ma non si chiamava Daniel?!-
- Albert è suo padre.-
- Cavolo Brooke, padre e figlio, non ti sembra di esagerare?-
- Non scherzare Haley! Non ho tempo!- sbuffò lei, lamentosa.
- Va bene, va bene. Ascolta: chiama Karen. Lei ha una ricetta molto semplice, può esserti utile.-
- Grazie mille, sei un’amica!- le disse, attaccando.
Prese il cellulare e cercò il numero del Caffè. – Pronto?-
- Lucas?-
- Brooke?-
- Si, Lucas, ho bisogno di tua madre, ti prego dimmi che è lì. -
- Mi spiace, Brooke, ma mamma non sopportava il caldo e Deb si è offerta di sostituirla per farla risposare.- spiegò il ragazzo. – Che succede?- le chiese.
- Oh, Lucas sono nei pasticci! Ho detto a Daniel che avrei cucinato la lasagna per l’arrivo dei suo che, per inciso, è fissato tra due ore, e la salsa mi è esplosa in faccia!-  gli disse lei.
Lucas rise di gusto.
- Eh, che fai, ti prendi gioco di me?- sorrise lei. – Invece ci tirarmi su di morale, bell’amico. – fece l’offesa.
- No, Brooke, non mi prenderei mai gioco di te, lo sai. – aveva intenzione di dirlo in modo divertente, ma gli uscì più serio di quanto avrebbe voluto. Lei non parve notarlo, comunque.
- Bene, allora, per favore, dimmi se nei paragi hai una ricetta per la lasagna che si prepari in mezz’ora.- gli chiese lei.
- Meglio, Brooke, ho una lasagna già pronta proprio qui. Vuoi che te la porti?-
Lei parve perplessa. – Ma così mentirei, non credi? Non l’ho davvero preparata io. – disse.
- Andiamo, Brooke: non stiamo parlando di chissà che bugia, è solo una lasagna!- rise lui.
- E va bene, mi hai convinta. Puoi mandarmi qualcuno, per favore? Però, ovviamente, pagherò la consegna e la lasagna, altrimenti non se ne fa niente.- fece lei, categorica.
- Ti mando me stesso, posso andare?-.
- Oh, se ti metti anche la divisa da fattorino, certo.-
- Ci vediamo tra poco, Brooke.-
- Ciao Lucas, grazie.-
Riagganciarono e Lucas girò veloce il bancone, stranamente euforico. Deb lo vide.
- Lucas, che c’è?-
- Abbiamo una consegna a domicilio per una lasagna.- le disse.
- Oh, bene, la incarto subito, puoi trovare il fattorino, per favore?-
- Non serve, è di un amica gliela porto io. –
La donna sembrò stupita. – Deve essere un’amica speciale se ti prendi tanto disturbo.- disse, aprendo la vetrina e prendendo il vassoio.
 - Già.-
Quando Deb ebbe incartato tutto, glielo porse. – Tieni e salutami Peyton.- gli disse, sorridendo condiscendente.
Anche Lucas sorrise, ma solo per il fatto che Deb non ci aveva preso nemmeno lontanamente.
Salì in auto e mise in moto, dopo aver sistemato il cartoccio sul sedile del passeggero.
Guidò come un automa fino alla casa dalla porta rossa, davanti alla quale era passato per giorni e giorni, nei mesi precedenti senza quasi vederla. Forse perché era vuota, forse perché a rendere la presenza di quella casa era la giovane donna che vi abitava.
Ed eccola lì, la casa dalla porta rossa, luminosa e splendente, davanti ai suoi occhi.
Lucas parcheggiò e salì le scale, rendendosi conto di sentirsi nervoso, senza capirne il motivo.
Suonò e la voce di Brooke gli urlò che era aperto. Entrò richiudendosi la porta alle spalle, quasi timoroso di essere un intruso in quel mondo, il mondo di lei, da cui era stato escluso da molto tempo. Avanzò e ancora una volta udì la voce di lei. – Vieni pure, sono in cucina!- gridò.
E, come in un flash- back, se la ritrovò davanti: era inginocchiata a terra, con un grembiule bianco che copriva il vestitino chiaro che indossava sotto, un secchio accanto, intenta a strofinare per terra.
Quando lo vide, si spostò un’onda di capelli dal viso accaldato e si alzò in piedi.
Era ricoperta di salsa, il grembiule sembrava a pois rossi. E lei non era da meno, con schizzi di salsa sul viso e sulle mani.
- Non scherzavi quando parlavi di pentole esplose allora!- riuscì a dire Lucas.
- Affatto!- rise lei. – Grazie di cuore, Lucas, mi hai salvata!- rispose, prendendogli dalle mani il cartoccio e sfuggendo alle sua braccia quando tentò di abbracciarla per salutarla.
.- Sono un disastro, - gli disse – non voglio sporcarti.-
Lui annuì, sebbene si sentisse come se fosse stato privato improvvisamente di qualcosa.
- Non dovevi disturbarti tanto, sul serio.- stava dicendo Brooke, mentre toglieva il vassoio dalla busta. – Ho finito di pulire la cucina un attimo fa, ma adesso dovrò fare una doccia, prima che Daphne e Albert arrivino.- disse ancora.
Lucas la osservava, incantato dai suoi movimenti: era così diversa dalla Brooke che conosceva, eppure, dietro i suoi modi eleganti, riusciva a riconoscere la Brooke di sempre, euforica, impulsiva, generosa. La Brooke con il cuore più grande di chiunque altro.
- Lucas? – si accorse che lei lo guardava curiosa, con la testa piegata di lato.
- Si?-
- Ti ho chiesto come sta tua madre.- disse lei.
- Oh, sta benissimo, era solo accaldata e Deb le ha imposto di andarsene a casa. - spiegò lui.
- Ha fatto bene, non dovrebbe stancarsi.-
- Già.-
- Lucas, dimmi quanto ti devo.-
- Lascia stare, Brooke, sul serio, sono felice di aiutarti.-
- Non esiste, Lucas, sono stata chiara al telefono, o mi lasci pagare o…-
- O, cosa? Mi tiri dietro le lasagne?- scherzò lui.
- No, ma non ti rivolgerò più la parola, mio caro.- fece lei, ridendo.
- Andiamo, Brooke!-
- Niente da fare, c’è il duro lavoro di tua madre, dietro questa lasagna.-
- Va bene, va bene, però la consegna la offre la casa. –
Lei parve capire che non avrebbe ottenuto altro. – Andata!- gli porse la mano.
Lui la strinse, accarezzandole la pelle liscia e chiara.
- Ora, scusami, devo proprio fare una doccia.- gli disse lei, infilando la lasagna in forno.
- Se vuoi posso controllarla finché non sei pronta. Non vorrei che le dessi fuoco.- si offrì.
Non voleva salutarla, non sapeva perché.
Brooke parve pensierosa. Poi scosse il capo. – Oh, va bene, se non ti disturba…io farò più in fretta possibile.- rispose, sfilandosi il grembiule e correndo verso le scale.
Poi ci ripensò e corse di nuovo verso di lui. Lo abbracciò, poggiandogli una guancia sulla sua.
- Grazie mille, Lucas, sei stato gentilissimo, davvero. Sono in debito.- gli disse, correndo di nuovo di sopra.
Lucas si portò una mano alla guancia, che sentiva appiccicosa e se la ritrovò sporca di salsa. Sorrise.
 
 
  
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