BOOGEYMAN
CAPITOLO QUATTRO - MESSAGGI
Un urlo.
Un lungo, straziante urlo di disperazione.
Un urlo.
D’improvviso, uno squarcio all’altezza del mio cuore si formò, trascinando in quel pozzo senza fine ogni ricordo bello e felice, ogni speranza.
La paura che quell’urlo poteva essere di Kate, o Mary, o le altre, si impossessò di me, senza nessun traguardo, continuando ad accerchiarmi sempre più.
Aprii gli occhi, cercando di individuare Kate, ma il buio circondava ogni cosa.
La torcia si era spenta poco prima, come in una classica scena di un film horror.
Cliché.
Cercando di fare il meno rumore possibile, azzardai ad allungare la mano sul pavimento, non sapendo dove la stessi conducendo.
Dopo qualche tentativo di trovare qualcosa, le mie dita percepirono calore.
Calore umano.
Pelle liscia, calda, una mano.
La mano di Kate.
La strinsi nella mia e cercai di chiamarla, continuando a stringerla.
Ricambiò, stringendomi la mano, forte.
In quella stretta vi lessi un chiaro messaggio di aiuto, come se la mia mano fosse la sua ancora di salvezza.
Lentamente, strisciai verso di lei, non lasciando mai la sua mano.
La raggiunsi e, dentro di me, un piccolo raggio di gratificazione si fece spazio.
Almeno, sapevo che l’urlo non l’aveva lanciato lei.
Sussurrai il più piano possibile.
“Kate..stai bene?”
Un attimo di silenzio, poi anche lei mi sussurrò all’orecchio.
“Credo di si..cos’è successo?” il suo sussurro fu mozzato da alcuni singhiozzi silenziosi.
“Calma Kate, io non lo so cos’è successo..-feci una pausa per cercare di non crollare emotivamente- vedrai che verranno a cercarci le altre” e sorrisi a me stessa, per auto convincermi in qualcosa che, sapevo benissimo, non sarebbe mai accaduto.
Se non ce l’avevo fatta io, non ce l’avrebbe fatta nessuno.
“Alex, ho paura. Non voglio rimanere intrappolata qui dentro” si affrettò a dirmi Kate, sopraffatta dal terrore di quest’incubo senza fine.
La rassicurai prendendole la testa e iniziando a coccolarla come a rassicurare una bambina che ha paura dell’uomo nero che sta sotto al letto.
Iniziai a canticchiare una canzoncina che si era infilata furtivamente nella mia testa, non lasciandola più in pace.
E di nuovo, una lampadina si accese sopra la mia testa.
Con la mano libera frugai tra le tasche della mia felpa e dei pantaloni, trovando finalmente ciò che cercavo.
‘Ma come ho fatto a non pensarci prima? Che stupida che sono!’ pensai immediatamente.
“Kate ho trovato il mio cellulare! Oh Dio grazie, grazie grazie grazie!” soffocai a malapena un grido di gioia.
Sentii Kate che si liberò della mia mano che stava ancora sulla sua testa.
“Non ci credo..è impossibile!” era rimasta stupefatta anche lei.
“Possiamo chiamare la polizia, ci verranno a prendere!” dissi mentre lo accendevo.
“No Alex, è veramente impossibile. L’avevi messo nello zaino, e gli zaini sono al piano inferiore” disse con la voce spezzata nuovamente.
“E questo che ho in mano che cos’è allora?” dissi mentre il cellulare nel frattempo si era acceso ed emetteva una luce fioca, abbastanza almeno per vederci in faccia.
Vidi il viso di Kate che si contorceva in una smorfia e mi indicò lo schermo.
Lo guardai e vidi che un numero sconosciuto mi stava chiamando.
Con mano tremante, cliccai il tastino verde per rispondere e aspettai che qualcuno aldilà del cellulare parlasse.
“Alexandra Williams, alzati.”
Una voce spaventosa, paranormale.
Non era una voce umana.
Misi subito una mano sulla mia bocca per non emettere alcun rumore.
D’istinto, mi guardai attorno e feci luce col cellulare.
Nessuno, non c’era nessuno a parte me e Kate.
Riavvicinai il cellulare al mio orecchio e mi feci coraggio.
“Chi..chi sei tu?” chiesi con voce tremante.
“Sono l’uomo nero, e sono venuto a prenderti.”
Sbarrai gli occhi e tutta la paura che fino a qualche attimo prima avevo cercato di trattenere, finalmente esplose tutta in una volta.
“Chi cazzo sei? Che cosa vuoi da me?!” urlai, cercando di nascondere il mio terrore.
“Voglio la tua vita.” sempre quel tono agghiacciante, che ogni volta mi infliggeva una lama d’acciaio nel cuore.
“Non l’avrai mai brutto stronzo!” e riattaccai.
Avevo il cuore che batteva a mille, il respiro corto.
Sentii Kate che si era ripresa la mia mano, e che la stringeva nuovamente.
“Chi era Alex?” mi chiese trattenendo le lacrime.
Feci un po di luce col cellulare, per vederci l’un l’altra e parlai.
“Ha detto di essere..l’uomo nero. Vuole uccidermi” dissi afflosciandomi sulla sua spalla e iniziando a piangere lacrime silenziose.
NOTA DELL'AUTRICE
Allora lettori e lettrici di efp, eccoci al quarto capitolo!
Che dite? Vi piace?
Mi voglio scusare con voi per la troppa attesa :S
Beh, non c'è molto da dire su questo capitolo...se avete qualcosa da chiedere fatelo pure :D
Al prossimo capitolo!
Baci, Felix_