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s- La mattina dopo mi
svegliai con un mal di testa indecente e il fianco che bruciava in modo
insopportabile. E il fatto che ultimamente accadesse spesso, che mi svegliassi
in condizioni simili, non rendeva la cosa più sopportabile. Mi misi a sedere
sul letto, guardandomi attorno ancora intontito dal sonno. Ero in una camera
che decisamente non era la mia, né quella di Mike, e anche questo mi succedeva
spesso, solo che di solito non ero da solo e dolorante. Era una camera piena di
libri e dischi e fogli sparsi in giro in un disordine sconvolgente. Libri.
Io non conoscevo persone che leggessero. Non ero neanche poi tanto sicuro che
la maggior parte dei miei amici sapesse leggere.
Feci mente locale, nonostante
la cosa richiedesse uno sforzo notevole, e ripercorsi la giornata precedente.
Alla fine ricordai tutto.
« Ah, cazzo.. »
imprecai. « Union. Coltello. Pioggia, tanta pioggia.
Adam Thomas. » conclusi, scivolando fuori dal letto in un
movimento molto poco fluido che mi procurò tante dolorose fitte al fianco.
Uscii nel corridoio, indeciso
su cosa fare, dal momento che quella casa era davvero fottutamente grande e io
non c’ero mai stato prima. Mi sarei perso, senza dubbio. Pensavo questo, quando
una melodia leggera raggiunse le mie orecchie. Era piuttosto attutita da
-probabilmente- diverse pareti, ma era senza dubbio il suono di un pianoforte.
Seguii il suono fino ad una porta bianca. La aprii e mi ritrovai sulla soglia
di un piccolo salottino poco arredato, occupato solo da qualche scaffale pieno
di libri, un divanetto, un tavolino ed un pianoforte a coda, nero lucente, a
cui era seduto Adam.
Non si era ancora accorto
della mia presenza, quindi mi presi il tempo per osservarlo. Solitamente non
sembrava altro che un ragazzino impacciato e un po’ imbranato, ma mentre
suonava tutta la sua figura esile esprimeva un che di elegante, nobile. Ed era
anche piuttosto bravo.
« Non sapevo che suonassi il pianoforte. »
Adam si fermò, sentendo la
mia voce, e la musica si interruppe. Si voltò a guardarmi.
« Mi pare ovvio. Tu non sai nulla di me, a parte che
sono gay e che quando mi picchi sanguino come ogni altro comune essere umano. » rispose, con una nota fredda nella voce.
Le mie labbra si piegarono in
un sorrisetto involontario e soddisfatto. Mi piaceva questa cosa, che
non fosse troppo remissivo. Rendeva tutto molto più divertente.
« Già, non so niente.. Però sei piuttosto bravo, è una
tua composizione? »
Lui scrollò le spalle. « Si, ma non è niente di che, e non è ancora finita.. »
« Beh, continua pure, non voglio essere d‘intralcio. » dissi, andando a sedermi sul divanetto.
Lui scosse la testa. « Non ti preoccupare, ormai avevo più o meno finito..
Son qui da due ore.. »
Calò un silenzio leggermente
imbarazzante. Ovviamente nessuno dei due aveva qualcosa da dire. E come avremmo
potuto? Non eravamo esattamente due amici che chiacchierano amabilmente.
Mi guardai intorno, e lo sguardo
mi cadde su un libro appoggiato poco più in là sul divanetto. Lo presi,
guardandolo con un sopracciglio inarcato.
« Stai leggendo Lords
of Chaos? »
Lui mi guardò incuriosito. « Si, perché? »
Lo guardai divertito, con un
sopracciglio inarcato. « È un libro
che parla di Black metallari satanisti, assassinii ed incendi di chiese, no? »
Lui scrollò le spalle. « Tecnicamente, se ti riferisci a Varg
Vikernes, lui non era esattamente satanista. Più che
altro era fissato con il culto di Odino ed il nazismo.. »
« Si, beh, cambia qualcosa? Era comunque uno
psicopatico assassino. Non credevo ti piacessero quel genere di cose.. »
Un sorrisetto timido si
dipinse sulle sue labbra. « Non è che mi
piacciano… le trovo interessanti. Mi piacerebbe capire come sono andate
veramente le cose.. Se è andata veramente come dice lui oppure no... E tutti
quei roghi.. »
« Sei inquietante. »
Lui arrossì leggermente. « Ma mi interessano solo da un punto di vista puramente
psicologico! Che cosa ha spinto questi uomini a compiere certe azioni? E la
musica ha avuto una qualche influenza in tutta questa faccenda? Certi.. » si interruppe e mi guardò, come indeciso se
continuare a parlare oppure no. « Mi affascina,
che esistano uomini che.. Che si lasciano andare ai propri istinti, ai propri impulsi
al punto di diventare come degli animali.. »
« Colui che fa di sé una bestia si libera della pena
di essere un uomo.. » mormorai,
sovrappensiero.
Lui sorrise leggermente. « Già, come dicono gli Avenged..
»
Lo guardai, e in quel momento
non potei fare a meno di pensare che quel ragazzino- quel ragazzo fosse
decisamente bello. Non era quel genere di bellezza da giornale, da passerella,
né quella che fa voltare la gente al suo passaggio. Era più una bellezza
particolare, non vistosa, ma dolce. Proprio il genere di bellezza che ti vien
voglia di maltrattare.
Mi alzai e lo raggiunsi,
intrappolandolo tra il mio corpo ed il pianoforte. Lui mi guardò perplesso,
arrossendo leggermente.
« Dimmi, se io fossi un animale, che cosa sarei,
secondo te? Un cane forse? » dissi, con un ghigno
leggero.
Lui scosse la testa. « No, tu saresti qualcosa di più… complesso di un
cane.. » mi osservò per un secondo con aria pensierosa. « Una pantera. Forse.. Un giaguaro, qualcosa del
genere. »
Inarcai un sopracciglio. « Una pantera, eh? E tu? Cosa saresti, un gattino? »
Lui scosse di nuovo la testa,
sorridendo divertito. « No, i gatti
sono animali troppo misteriosi ed eleganti. Potrei essere io un cane. »
Lo fissai per un secondo,
irritato: iniziava ad essere troppo carino, per i miei gusti. Me lo dovevo
portare a letto, non certo farmelo piacere. Mi tornò la voglia di fargli
qualcosa di cattivo, di farlo sentire a disagio.
Gli afferrai il viso per la
mascella, stringendo più del dovuto.
« Gli istinti… »
mormorai. « Non sono qualcosa che si può studiare sui
libri… » avvicinai il mio viso al suo, e lo vidi
spalancare gli occhi. « Credo che tu non
sappia niente di cosa voglia dire cedere ai propri istinti. » conclusi, passandogli lentamente la lingua
su una guancia.
Lui arrossì di botto,
tremando leggermente, ed io lo lasciai andare, allontanandomi di nuovo da lui.
« Quando tornano i tuoi? »
Lui mi guardò perplesso ed
ancora leggermente sconvolto. « Do- domani
sera, credo… »
Sorrisi, e fui sicuro che il
mio sorriso avesse un che di terribilmente preoccupante in quel momento. « …Quindi stanotte sei ancora a casa da solo.. »
Lui mi guardò inquietatissimo ed annuì.
« Bene, allora stasera ti porto fuori a fare un po‘ di
pratica.. »
« Prati.. Cosa? Pratica di cosa?? »
Sorrisi di nuovo. « Di lasciarsi andare agli istinti. La teoria non è
tutto, no? » mi infilai le mani nelle tasche con nonchalance. « È.. Diciamo, un ringraziamento. »
« Okay.. » disse Adam. Poi
spalancò gli occhi, di nuovo, come se la parola gli fosse sfuggita dalle labbra
senza il suo consenso.
« Bene, passeremo a prenderti verso le 11/11 e mezza.
Vedi di essere pronto, perché non avremo voglia di aspettare. » detto questo mi avviai nuovamente verso la
porta.
« Aspetta.. Ma- dove andiamo? Cosa mi devo mettere? Che
cavolo? »
Alzai gli occhi al cielo,
senza neanche voltarmi, e lo liquidai scuotendo la mano seccato. « Metti quello che ti pare. » Continuai a camminare, scuotendo la testa. « Checca..
»
Visto che siamo in vena di aggiornamenti lampo…
Grazie a tutte coloro che leggono/recensiscono questa storia! :D
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo <3
Tanto ammore <3