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Autore: loryl84    26/04/2012    8 recensioni
Salve! Presa dall’ispirazione, ho deciso di pubblicare questa piccola ff, sperando che sia di vostro gradimento. La storia parte da un punto imprecisato prima del ritorno di Fersen, e si conclude con l’episodio della camicia strappata (da me ampiamente rivisitato).
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I miei sensi sono all’erta.

Ti sei introdotto da quasi dieci minuti all’interno di Palazzo Lambert, e, considerando la tua particolare bravura dimostrata in questo ultimo periodo, a breve ne uscirai con le braccia cariche di gioielli.

Osservo attentamente la fitta radura che mi nasconde alla vista di terzi, controllando con precisione tutti i punti da cui potrebbe accedere il Cavaliere Nero.

Ho uno strano presentimento, penso che questa sia la serata giusta.

Fremo d’impazienza nel mettere le mani addosso a quello spregevole ladro, che sta seminando il panico tra l’aristocrazia parigina. E ribollo d’ira se penso alle parole di sufficienza che mi ha rivolto il Generale Bouillè, insinuando la mia incapacità nel compiere il mio dovere. Ho dovuto ingoiare la mia bile, per non rispondergli come avrebbe meritato, e assicurare sul mio onore, che presto questa faccenda sarebbe stata risolta.

Scorgo la tua agile figura, mentre celermente ti cali dal muro di cinta, per poi correre verso il punto in cui mi trovo io.

Sono sul punto di chiamarti, quando percepisco un fruscio, che mi allerta all’istante.

Mi avvicino lentamente verso il punto in cui ho udito il rumore, e lo vedo.

Il Cavaliere Nero.

È saltato da un albero e adesso ti fronteggia.

Sento aumentare l’adrenalina, il sangue corre veloce e il cuore batte all’impazzata.

Lentamente, sfilo la pistola dalla cintola con la mano destra, impugnandola saldamente, mentre con la sinistra tengo le redini di Cèsar.

Un rivolo di sudore scivola lungo la schiena, ma mi impongo di mantenere la calma e la concentrazione. Non posso rischiare di farmelo sfuggire di nuovo da sotto il naso, non dopo tutta la fatica e lo sforzo che abbiamo fatto per giungere fino a questo punto.

Sento le tue parole giungere ironiche al mio orecchio e vedo il Cavaliere sussultare, quando si rende conto della mia presenza.

“Non fare sciocchezze, sei sotto tiro ormai”

La mia voce risuona potente e vibrante in questa radura.

Per lunghi, interminabili istanti, il silenzio raccoglie l’eco delle mie parole.

Il vento, che questa notte ci accompagna come unico spettatore, trascina con sé alcune foglie, che vorticano sinuosamente dando vita ad un balletto improvvisato, prima di cedere d’intensità, e fermare la sua corsa, a terra.

Il Cavaliere Nero non si lascia intimorire, e, balzando in aria, ti si para di fronte, costringendoti ad estrarre la spada.

Ha inizio uno scontro, e fin da subito, capisco che non avrai vita facile. Il Cavaliere è un abile spadaccino, schiva agilmente i tuoi affondi, e, grazie ai suoi movimenti fluidi, si porta dietro di te, cogliendoti di sorpresa.

Avverto l’affanno nei vostri respiri, e non posso fare niente per aiutarti. Tengo sotto mira il ladro, ma, la rapidità con cui si muove, e la sua straordinaria somiglianza con te, mi fanno esitare. Ho paura a premere il grilletto, poiché rischio di colpirti, e questa è l’ultima cosa che vorrei.

Intimo al Cavaliere Nero di arrendersi, ma quello non dà cenno di volermi dare retta, e questo aumenta ancora di più la rabbia e la mia frustrazione.

Sono io che dovrei combattere con lui, non tu.

Sono io che dovrei essere in difficoltà, non il mio amico di sempre.

È una situazione che mi lascia impotente, e, forse per la prima volta dacché sono a capo delle Guardie Reali, non ho una strategia da attuare.

Che fallimento, un militare senza alcuna tattica, senza una contromossa da eseguire.

E poi, succede una cosa che mi fa fermare il cuore.

Non capisco l’esatto istante in cui avviene l’inevitabile. Mi scuoto giusto in tempo per vederti cadere in ginocchio, disarmato, totalmente ed irrimediabilmente alla sua mercè. Il panico m’investe come un’onda d’urto, impossessandosi del mio cuore.

Sono in balia degli eventi, non posso fare nulla per aiutarti. Grido e strepito al Cavaliere Nero di fermarsi, ma non ho il coraggio di colpirlo, poiché potrebbe trafiggerti senza difficoltà, prima ancora che io abbia il tempo di sparare.

“Cosa fai? Non mi uccidi?”

Le tue parole per poco non mi fanno cadere.

Cosa fai Andrè? Perché lo provochi? Vuoi forse morire?

Tuttavia, non è la morte che cerca questa sera il Cavaliere Nero, e te lo bisbiglia all’orecchio.

Punta la sua spada contro di te, poi con una lentezza estenuante, traccia una scia lungo la tua schiena prima di fermarsi alla nuca, e recidere, con un unico movimento, i tuoi bellissimi capelli, che cadono a terra insieme al nastro nero che li teneva legati.

Alzi la testa con uno scatto fiero, ma il Cavaliere Nero punta la sua spada contro di te.

Vedo un lampo di collera attraversare i tuoi occhi, e mi decido a caricare il colpo, nonostante l’evidente sudore m’imbratti i palmi della mano, rendendo i miei movimenti insicuri e maldestri. E poi, all’improvviso, mi attraversa alla mente il ricordo di questo pomeriggio, quando il corvo è entrato nella mia stanza, facendomi cadere la tazzina. La stessa ansia e lo stesso panico di quel momento si impadroniscono di me, quando mi rendo conto dell’assurdo presagio che quel fatto simboleggia.

Avverto un nodo stringermi la gola, quando realizzo realmente ciò che sta avvenendo. E il pensiero che ti possa succedere qualcosa che ti porti irrimediabilmente via da me, mi paralizza e mi getta in uno stato di sconforto catatonico.

L’osservo, mentre, con una certa indolenza, avvicina la punta della spada al tuo occhio sinistro, per poi lacerare lentamente la maschera che ti copre il viso, la quale cade a terra, orrendamente divisa.

Ha voluto infliggerti una punizione, ne sono convinta, ma in questo momento, solo un grande sollievo mi pervade l’animo, quando mi rendo conto che sei miracolosamente illeso.

Infine, lo vedo fare un piccolo inchino, recuperare il bottino e sparire tra la fitta vegetazione.

Scendo velocemente da Cèsar, rischiando di inciampare per la fretta di raggiungerti. Ma non m’importa, mi avvicino a te, ansiosa come non mai di vedere i tuoi occhi, di toccare la tua pelle.

Mi accorgo vagamente che le mie guance sono umide, e mi rendo conto che le lacrime sono sfuggite al mio controllo, senza che me ne rendessi realmente conto.

Timidamente mi avvicino a te, che ti sei alzato, e rimani immobile, con lo sguardo rivolto al punto in cui il tuo aguzzino si è allontanato.

Esito, ma non posso impedire alla mia mano di raggiungere la tua guancia, sfiorandola leggermente in una carezza lenta, che arriva all’occhio, sul cui lato è visibile una piccola cicatrice rosata.

“Andrè…” mormoro, la voce resa roca dall’emozione.

Il mio tocco si fa più ardito, e sfiora i tuoi capelli corti, che appaiono più indomiti e selvaggi.

Mi rendo vagamente conto del subbuglio interno che sto vivendo, delle emozioni mai provate prima che mi assalgono, ma, fra tutte, la certezza che tu sei vivo, qui, vicino a me, mi colma di una gioia immensa.

“Andrè”

Ti chiamo dolcemente, e questa volta ti riscuoti dal tuo torpore, poiché il tuo sguardo si posa su di me.

Avverto i tuoi occhi avvolgermi in una carezza rassicurante, e, come un balsamo lenitore, il panico che mi aveva pervaso, scema via.

Mi accorgo con una punta di ritardo che la mia mano sinistra trattiene ancora la tua guancia, mentre la destra è poggiata fermamente sul tuo braccio, e, conscia del gesto poco attinente alla mia posizione, sono sul punto di spostarla, quando, inspiegabilmente, il mio cuore si ribella. Non comprendo la natura di questo nuovo sentimento che sento sbocciare dentro di me, ma, il fatto stesso di togliere la mia mano che mantiene il contatto con la tua pelle, mi risulta del tutto intollerabile.

Chino il capo, consapevole del battito accelerato del mio cuore, e della confusione che intimamente sto provando. Mai, in vita mia, ho provato nulla di simile. Non so se provare vergogna o piacere, e questo subbuglio di emozioni appare in superficie, tingendomi inevitabilmente di rosso le guance.

Percepisco il tuo stupore al prolungato contatto dei nostri corpi, che non si sono mai trovati così vicini, dacché entrambi siamo diventati adolescenti.

E poi, come il battito d’ali di una farfalla, avverto la tua mano risalire lungo il mio viso, il tuo pollice seguire il contorno del mio ovale, percorrere il mio mento, e alzarlo con una leggera pressione.

I nostri occhi si incontrano, il mio respiro diventa affannato, quando mi perdo nel verde intenso dei tuoi occhi.

Mio Dio Andrè, cosa mi stai facendo?

Cosa sono tutte queste emozioni che mi riempiono la testa e il petto?

Perché non riesco a sottrarmi al tuo sguardo, che è come una calamita per me?

Ritraggo la mia mano con un gesto repentino, ma tu sei più veloce di me, e l’afferri, trattenendola con una presa forte e dolce al contempo.

Inconsciamente, le mie palpebre si abbassano, focalizzandosi sulle tue labbra. Il rosso delle mie guance raggiunge tonalità purpuree mentre immagino come sarebbe poggiarvi sopra le mie.

D’improvviso, un barlume di lucidità si fa strada nella mia mente annebbiata.

Mi scosto da te, sconvolta e preda di una terribile confusione.

Può la paura di perderti aver fatto affiorare dentro di me sentimenti mai provati prima?

Non lo so, e in questo momento non sono in grado di trovare una spiegazione, l’unica cosa che voglio è allontanarmi da te, la cui presenza mi sconvolge e al contempo mi accende i sensi.

Cerco di ricompormi più che posso, schiarendomi la voce e parlando nel tono più freddo che conosco.

“Andrè, tutto bene?”

Mi faccio forza per guardarti negli occhi, consapevole che se solo volessi, saresti in grado di leggere l’agitazione che provo.

Scorgo un luccichio malizioso nel tuo sguardo, tuttavia è con la solita calma e imperturbabilità che mi rispondi.

“Si, Oscar, tutto bene. Peccato però che anche questa volta ci sia scappato”

Annuisco, tuttavia le parole escono da sole dalla mia bocca.

“Non importa Andrè, l’importante è che tu stia bene”

Lo sguardo stupito che mi rivolgi, tradisce l’apprensione che ha attanagliato il mio cuore.

Mi fai un leggere cenno del capo, poi entrambi montiamo a cavallo e ci defiliamo nel buio della notte.

  
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