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Autore: Anto1    26/04/2012    5 recensioni
Serventi è di nuovo in circolazione. La sua smania di sconfiggere Gabriel lo porta a fare un patto con un demone. Prima di combatterlo, però, il Gesuita dovrà fare i conti con qualcosa di altrettanto oscuro: il suo stesso potere.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Gli aveva detto di sì, e ora lo stava aspettando eccitata come un  paio di settimane fa, manco fosse una ragazzina. Oltre all’eccitazione, però, c’era un’altra sensazione che si agitava nel suo petto: l’inquietudine, forse nata dal fatto che, proprio due settimane fa, le sue speranze erano state tradite da un tentato stupro. Certo, Gabriel si era ricordato di quello che era successo e le aveva chiesto scusa, ma era meglio non farsi illusioni: non solo per il comportamento che avrebbe tenuto ora l’uomo, ma anche per quell’amore che lui le aveva dichiarato con così tanta passione. E allora, perché al ricordo della sensazione che aveva provato abbracciata al suo petto, il cuore non le smetteva di battere all’impazzata? Perché al ricordo della sensazione di quelle labbra che sfioravano delicatamente le sue, le gambe le tremavano di desiderio? Prese un libro dallo scaffale del salotto, un romanzo leggero per deviare la sua mente da quei pensieri sconvenienti, e che potesse calmare il suo animo turbato dall’attesa. Un libro aveva il magico potere di calmarla qualsiasi fosse la causa della sua ansia. Non in quella situazione: le sue labbra si muovevano, ma il suo cervello non recepiva neanche una di quelle parole scritte, che ora più che mai assomigliavano più ad un ammasso sgraziato d’inchiostro che ad un favoloso mondo creato dal fluido movimento di una penna. Erano già dieci minuti che tentava inutilmente di dare un senso a quello che leggeva, quando sentì il campanello suonare. Ad un suo sussulto, le mani le tremarono a tal punto da far cadere il libro che reggevano; le si mozzò il respiro in gola, e dovette deglutire per mantenere la calma. Veloce, si alzò, sistemandosi i capelli in un gesto involontario, e si precipitò ad aprire. Se prima aveva sentito un sussulto, accompagnato dalla sensazione di assenza di respiro, ora il suo cuore saltò addirittura un battito alla vista di quegli occhi azzurri puntati su di lei; occhi così caldi e pieni d’amore da bruciarle l’anima, velati però da una punta di tristezza.

“Oh, com’è bella!” fu l’unica cosa a cui riuscì a pensare Gabriel, non appena lei ebbe aperto la porta, mostrandosi in tutta la sua semplice bellezza, resa ancora più intensa dal fatto che non era messa in risalto da nessun abito speciale, nessun monile e nessun tipo di trucco; era solo Claudia, con dei pantaloncini neri e una maglietta bianca a maniche corte, i capelli ondulati che incorniciavano mirabilmente il suo delizioso viso ovale. Mai il suo corpo gli si era mostrato più attraente e disinibito come allora, tranne che nei suoi sogni, quand’era completamente nudo; ma ora quelle gambe lisce e affusolate non erano un sogno, anzi erano più belle di quanto lui avesse mai potuto immaginare. Claudia si era accorta che lui la stava guardando, e d’istinto mise una gamba davanti all’altra come per coprirsi, mentre con una mano si toccava la base della gola in un gesto d’imbarazzo e pudore, un gesto che tuttavia per Gabriel era più sensuale di ogni altro. A fatica, staccò gli occhi da quelle forme per guardarla negli occhi color nocciola.
“Posso entrare?”
Claudia gli rispose con un cenno del capo “sì.”
Era come alcuni mesi fa, quando era andato da lei per fare l’amore, e ora era di nuovo lì, solo con lei, in quella casa. Sentiva un brivido di consapevolezza corrergli lungo la schiena; era consapevole che, fossero state altre circostanze, non avrebbe resistito a baciarla, fino a sentire il suo corpo avvicinarsi pieno di desiderio al suo. Ma ora non poteva perdersi in pensieri erotici; doveva parlarle.
“Quella ragazza, Giada” cominciò, voltandosi verso di lei, soppesando le parole; Claudia non credeva al paranormale e non voleva mettere a dura prova la sua pazienza, ma, d’altronde, doveva dirle tutto “credo… credo che abbia dei poteri. Quando sono uscito dalla seduta, tre giorni fa, lei… mi ha messo una mano sulla fronte, e io ho provato i tuoi sentimenti per me, io ero te! Mi ha mostrato solo quello che tu provi per me, niente altro, ma è stato sufficiente per farmi passare una notte tormentata da strani sogni.”
A sua meraviglia, Claudia non l’aveva guardato scettica quando aveva detto che Giada aveva dei poteri paranormali; lo meravigliò ancora di più quello che rispose.
“Lo so, Giada è una specie di sonda umana: riesce a sentire le emozioni altrui e a rielaborarle, l’ha fatto anche con me. E’ stata lei a suggerirmi di mettere la sua seduta poco dopo la tua.”
Gabriel la guardò allibito “lei… lei lo sapeva? Tu lo sapevi?” chiese, riferendosi con la prima domanda al tentato stupro e con la seconda a se Claudia fosse già a conoscenza dei poteri della ragazza.
“Sì” asserì lei.
“Perché non mi hai detto nulla? Sarebbe stata un’informazione utile per la Congregazione!” disse, con tono di rimprovero.
“Perché non sapevo se potevo ancora fidarmi di te.”
Questa la risposta che lo fece ritornare alla realtà dei fatti. Cosa si aspettava? Che dopo la violenza subita, lei sarebbe corsa da lui al primo campanello d’allarme, al primo caso un po’ fuori dal normale che le si fosse presentato davanti? Sospirò, e si sedette sul divano “hai ragione.”
I piedi nudi di Claudia si muovevano leggeri sul pavimento del salotto; si sedette di fianco a lui, arrossendo sotto il suo sguardo penetrante, anche più indagatore degli stessi poteri di Giada.
“Parlami dei tuoi sogni” disse, con una voce calma che cercava di nascondere tutto il suo disagio; lui l’aveva ancora sognata? Sperava di sì, perché lei aveva sognato lui, quel mercoledì; aveva sognato di essere ancora abbracciata al suo petto; ieri notte, poi, avevano finalmente fatto l’amore dopo due settimane di incubi. Gabriel si abbassò per raccogliere il libro che era caduto, sistemandolo sul tavolino; deglutì, voltandosi di nuovo a fissare quegli occhi.
“Quella notte dopo la nostra ultima seduta, ho sognato di essere nel limbo bianco dove entro quando uso il mio potere per salvare le persone in fin di vita, e lì ho incontrato la fotocopia esatta di me stesso. Diceva di essere la mia parte cattiva, che ero stato proprio io a volerti stuprare e mi ha avvertito che avrebbe dominato la mia mente e che ti avrebbe avuta. Volevo ucciderlo per questo, ma qualcuno mi ha fermato: mio padre, Sebastiano Antinori! Lui ci ha riuniti e mi ha portato in una stanza grigia, una specie di Purgatorio. Inoltre mi ha detto che dovevo scegliere di nuovo fra te e la Chiesa e che mio zio ti ha incontrato un paio di volte per dirti di starmi lontano; è vero?”
Claudia guardò l’uomo sbigottita: come faceva un sogno a rivelare un fatto realmente accaduto?
“E’ vero, Claudia?”
Lo sguardo serio del sacerdote la costrinse ad abbassare il suo.
“Sì, è vero.”
Gabriel ricadde sul divano sbattendo violentemente la schiena e afferrandosi i capelli con rabbia. I suoi denti digrignavano; era scosso da un tremito.
Claudia gli prese le mani, guardandolo dolcemente negli occhi chiari per frenare quel moto di rabbia.
“In questo sogno la parte cattiva che tu hai visto, e poi tuo padre, è il tuo inconscio, che vuole parlare; si è materializzato nei tuoi sogni per dirti che non sei infallibile e che devi riflettere sulla tua vita, niente di più.”
“Come puoi dire questo quando mio padre mi ha rivelato quelle cose su mio zio e te? Claudia, lui mi ha parlato!”
“Perché era tuo desiderio parlare con lui, Gabriel! Sei cresciuto senza di lui e vorresti che fosse stato diversamente. Purtroppo non è così.” Fece una pausa, per pensare a qualche parola incoraggiante da dirgli; non ne trovò. Come poteva trovarne, quando lei stessa era cresciuta senza genitori?
“C’è dell’altro” Gabriel deglutì, abbassando lo sguardo. Alla vista di quelle gambe scoperte crebbe in lui un desiderio folle di accarezzarle, di baciarle, di morderle. Distogliendo la mente da quei pensieri, rialzò gli occhi “questo pomeriggio stavo per celebrare la messa, ma, quando mi stavo cambiando, ho avuto come un flash, e ho visto te; eri… eri bellissima, eterea, avvolta da una luce bianca, e mi stavi baciando. Non era un pensiero, Claudia, io sentivo quel bacio, lo sentivo come se fosse stato vero… io… ah!”

Si mise le mani sulla fronte per attutire il dolore che come la punta di un trapano vi era penetrato. Sentiva ancora la voce di Claudia che chiamava il suo nome e le mani della donna sulle sue guance, ma tutto questo poco a poco svanì, inghiottito da due occhi rossi traboccanti d’odio avvolti da una nube di fumo nero. Rivisse allora il suo conflitto interiore fra desiderio di venire indemoniato di nuovo e quello di essere libero; vinse l’ultima opzione; contemporaneamente a questo, dall’aria nacque un angelo; Claudia si frappose fra lui e il demone, vincendo il mostro, che svanì nel nulla, poi, le ali avvolte attorno al copro di Gabriel, baciò intensamente l’uomo, accarezzandogli i capelli. Il Gesuita venne invaso da un calore benefico, che gli riempiva l’anima e la mente; chiuse gli occhi, per godersi appieno quella sensazione, ricambiando il bacio. Non era più un ricordo: era entrato a far parte della scena, da spettatore era diventato attore; e adesso voleva godersi Claudia, in tutta la sua umanità e dolcezza. Fu in quel momento che sentì un dolore acuto squarciargli il petto; vide se stesso sdoppiarsi e comparire la sua parte malvagia. Il suo alter ego sorrise biecamente, e lo scaraventò all’indietro spingendolo con una sola mano. Gabriel gemette di dolore quando la sua testa e la sua schiena andarono a sbattere sul pavimento incorporeo del limbo; si alzò a fatica, cercando di ignorare la fitta alla zona lombare. Quel che vide, quando fu completamente in piedi, non gli piacque: il suo demone era su Claudia, stesa a terra, le gambe denudate; la stava baciando furiosamente, e sembrava che lei ricambiasse, ma quando il suo nemico prese a baciarle il collo, Gabriel vide gli occhi di Claudia imploranti aiuto rivolti a lui, e allora capì subito cosa avrebbe dovuto fare. Furioso, si avvicinò con passo svelto alla sua nemesi e la sbalzò all’indietro con la forza del pensiero; si accovacciò accanto alla Claudia-angelo e le coprì le gambe con la lunga tunica che indossava, stringendola forte a sé per proteggerla, non staccando però gli occhi dal suo nemico, che si era alzato per passare al contrattacco. Di nuovo avevano cominciato a lottare a terra come belve feroci; di nuovo si afferravano e si colpivano per uccidersi, quando l’urlo di Claudia li fece desistere dal loro intento.
“Ti prego, smettila, Gabriel! Io ti amo!”
La donna si era frapposta fra loro, dividendoli, e guardando entrambi con occhi innamorati. Prese le loro mani e le congiunse, poi si voltò verso il Gabriel buono alla sua sinistra.
“Ti prego Gabriel accettalo, perché è una parte di te, e io amo tutto di te, non voglio cambiarti! Perdonami se per un momento ho pensato di poterlo fare, ma tu torna da me! Torna da me amore mio, svegliati! Io ti sto aspettando!”
Il Gesuita lesse in quegli occhi castani l’amore e la sincerità di una sposa verso il suo uomo; turbato e incoraggiato da quello sguardo, accettò di riunirsi con la sua parte malvagia. Spinto verso quel corpo da una forza invisibile, presto si ritrovò completo, completo e sveglio sul divano del salotto; davanti a sé, gli occhi di Claudia preoccupati, le sue morbide mani ancora sulle sue guance.

“Gabriel, hai ricordato qualcosa?”
Per tutta risposta, l’uomo le prese le mani, baciandole con foga, stringendole per evitare che sfuggissero improvvisamente alla sua bocca; ma Claudia non accennava a farlo.
“Cos’hai visto?” gli chiese, con dolcezza.
Gabriel smise di baciare quelle mani, ma non smise di tenerle strette nelle sue. Lo sguardo di Claudia era uguale a quello dell’angelo del suo ricordo.
“Tu mi hai salvato! Quando stavo per usarti violenza, è stata una tua lacrima a fermarmi, è stato il tuo amore ad evitarmi di commettere un crimine, e mi ha salvato pure lì, nel limbo: avevi due grandi ali, come un angelo, e hai sconfitto il demone che aveva impossessato me e Giada. Ma questa volta oltre a ricordarmi di questo, ho fatto qualcos’altro: mi sono sdoppiato in due esseri: la mia parte malvagia si è staccata da me e voleva averti, ma io l’ho fermata. Stavamo per ucciderci, quando tu ci hai detto di riunirci e di accettarci. Ti sei voltata verso di me e mi hai confessato di amarmi, pregandomi di ritornare da te!”
“Gabriel” non riuscì a trovare le parole. Lui era rinsavito, ed era lì, era lì per lei! Appoggiò la testa sulla sua spalla, permettendogli di accarezzarle i capelli. Si sentiva felice come non mai, più felice di tre giorni fa, quando lui le aveva fatto sentire il battito del suo cuore; lo sentiva ancora, ritmico e impazzito, sotto le sue orecchie. Le mani di Gabriel, intanto, scorrevano fra i capelli di Claudia, mentre ascoltava il respiro della donna. Portava una sublime sensazione di beatitudine, stare abbracciato a lei in quel modo. Eppure non poteva fermarsi a indugiare ancora a lungo. Doveva comunicarle la sua decisione.
“Claudia” iniziò, ma le parole gli morirono in gola già prima di uscire.
“Cosa?” chiese lei, alzando la testa per guardarlo.
Quegli occhi avevano il potere di paralizzarlo, ma in quel momento non poteva lasciarglielo fare, doveva combattere l’incantesimo che lei gli stava facendo.
“Io… non posso più essere coinvolto con te. Quel demone potrebbe tornare, potrebbe intaccare il mio cervello e tu saresti in pericolo. Potrei farti seriamente del male, non saresti al sicuro con me.”
“Gabriel…” non era possibile, stava accadendo di nuovo, lui la stava lasciando di nuovo!
“Ascoltami: quando le sedute finiranno, noi due non ci vedremo più, e tu potrai iniziare una nuova vita. Conoscerai qualcuno che ti amerà come io non ho mai fatto, vi sposerete e avrete un bellissimo bambino. Vivrai una vita felice con lui e un amore sereno, più sereno di quello che avrai vissuto con me; e quando sarai vecchia, riderai dell’amore che hai provato un tempo per un prete. Io intanto avrò vissuto lontano da te, ricordandoti ogni giorno, sapendoti con un altro, ma al sicuro. Voglio solo chiederti… mi penserai, almeno una volta? Sarò nei tuoi pensieri almeno la metà di quanto tu sarai nei miei?”
Lo sguardo di Claudia era assente. La donna guardava il volto di Gabriel come impietrita.
“Vattene! Vai via! Se devi farmi ancora soffrire, vai via!”
“Claudia…” fece per sfiorarle una mano, ma lei gli sfuggì, staccandosi bruscamente dal suo abbraccio.
“Vai via!!!” gridò, gli occhi che lanciavano fiamme.
Sconcertato, non avendo mai visto Claudia così furiosa, Gabriel si alzò dal divano e con passo pesante si diresse verso la porta, richiudendola alle sue spalle. Stava per accingersi a scendere le scale del pianerottolo, quando un suono orribile lo paralizzò: Claudia stava piangendo, sentiva i suoi singhiozzi e le sue urla soffocate da un cuscino. Lentamente, sentendo come un coltello dentro il petto, tornò sui suoi passi, fermandosi davanti alla porta per ascoltare.
“Gabriel… Gabriel…” solo un nome, detto con un filo di voce. Un nome che riassumeva un sentimento puro e profondo, pronunciato con un affetto e un dolore insopportabili.
“Basta, devo andarmene! Non posso stare qui!” pensò Gabriel.
Ma allora perché aveva suonato il campanello? Perché il suo cervello gli diceva di andare via, mentre la sua bocca diceva sottovoce “Apri, apri!”?
Al suono del campanello, il pianto di Claudia si era acquietato, era diventato più leggero, e il coltello affondato fino al manico nel petto di Gabriel allentò un po’ la presa. Bussò di nuovo, appoggiando la fronte sul legno freddo della porta, sperando. Le sue preghiere furono esaudite: la porta venne cautamente aperta. Una Claudia dagli occhi rossi lo stava guardando confusa e smarrita. Com’era bella, anche nel pianto! Come aveva anche solo potuto pensare di lasciare ad un altro un fiore così meraviglioso?
“Non me ne vado!” disse, alzando una mano per asciugarle le lacrime.
“Non me ne vado!” ripeté, avvicinandosi a lei, baciandole delicatamente la fronte. Claudia sospirò, non osando abbandonarsi fra le sue braccia; si allontanò dal suo tocco, guardandolo seria, gli occhi ancora umidi.
“Gabriel, devi sapere che quando mi hai lasciata, ero emotivamente distrutta. Avevo bisogno di affetto, e l’ho trovato fra le braccia di altri uomini.”
“Che mi stai dicendo?” chiese Gabriel, con voce strozzata.
“Non guardarmi così” replicò dura Claudia “avevo bisogno di te, ma non potendoti avere, dovevo sostituirti. Così, sono andata a letto con altri uomini. Riuscivo a farlo, a patto che pensassi a te. Facevo sesso con loro con il mio corpo, ma facevo l’amore con te con la mente e con il cuore, tanto che molto spesso ho invocato il tuo nome per sbaglio, e quando questo succedeva, iniziavo a piangere. No Gabriel, non mi sposerò con nessuno se tu mi lascerai. Come potrò fare finta di amare lui come amo te? Quel matrimonio sarebbe una farsa. Guarderò il mio bambino e immaginerò come sarebbe stato se fosse stato tuo, e un giorno, quando saremo nell’intimità mio marito mi sentirà gridare il tuo nome, e allora capirà che il mio cuore non gli è mai appartenuto, e che ha sempre battuto per te.”
Mentre pronunciava quelle parole, Gabriel lentamente le si era avvicinato, tanto che i loro volti quasi si sfioravano.
“E se io dovessi farti del male?”
Claudia scosse la testa “no, e anche se questo dovesse accadere, ti aiuterò a guarire! Ti amo!”
Lui le accarezzò una ciocca di capelli “Siamo troppo vicini adesso, non ti prometto di non baciarti!”
Lei avvicinò il suo corpo al suo “Non fare promesse che non puoi mantenere!” rispose, languida.
Dopo pochi secondi, le labbra del giovane prete sulle sue le strapparono un gemito. Era un bacio che sprigionava tutta la passione che entrambi avevano soffocato fino a quel momento. Quelle mani gentili e curiose sul suo corpo le fecero tremare le gambe; Claudia si avvinghiò a lui, desiderosa. Ormai l’aveva perdonato, ed era tempo di dimostrarglielo. Lo abbracciò forte, intensificando il bacio: Gabriel capì, sorrise sulle sue labbra, e la sollevò fra le sue braccia, portandola verso la camera da letto, la testa di lei appoggiata sul suo torace. La depose dolcemente sulle coperte, senza smettere neanche per un attimo di guardare i suoi occhi; non appena quei capelli ramati ebbero toccato il cuscino, la baciò di nuovo, con passione.
“Gabriel, aspetta!” lei si scostò un po’ dalle sue labbra.
Gabriel la guardò preoccupato “che c’è? Hai paura di me?”
Lei scosse la testa, facendo un lieve sorriso “no, ma voglio chiederti… ti prego, dimmi che questo non è un sogno!” chiese, con voce incrinata dalla tristezza.
Gabriel le pose una mano sul viso. Alla vista di quello sguardo così intenso e seducente, così simile a quello del suo sogno, Claudia sentì un fremito.
“Non è un sogno. Io sono reale, e sono qui per esaudire ogni tuo desiderio. Non è un sogno, e te lo dimostrerò!”
Detto questo, le loro labbra s’intrecciarono, le loro lingue s’incontrarono in un turbinio di emozioni, complici e sensuali.
I loro corpi erano pervasi da un calore insostenibile, un desiderio incalzante e palpitante tale da accelerare i loro battiti e il respiro, che era diventato uno. Gabriel, con mano tremante, le sfilò impacciato la maglietta; i suoi occhi indugiarono come inebetiti su quella pelle nuda, rischiarata dalla debole luce dei lampioni che filtrava dalla finestra. Quel reggiseno bianco, orlato di pizzo, spiccava candido su quel colorito roseo, a coprire quel seno ansimante, dentro cui batteva un cuore pieno di desiderio. Quella pelle attirava come una calamita le sue labbra, richiamando a sé quei baci focosi con i quali Gabriel la stava ricoprendo; stava percorrendo quel corpo lentamente, andando ad esplorare quei fianchi e quella pancia piatta fino a che non arrivò a quei pantaloncini, che sfilò in fretta, quasi brusco: le gambe di Claudia gli apparvero in tutta la loro nuda bellezza. Sfiorandole dalle caviglie, arrivò piano fino alle cosce, che afferrò delicatamente: a quel gesto, Claudia diede un languido e tremante sospiro, poi lentamente si alzò per togliergli l’odiata placchetta bianca, spogliandolo della sua carica, spogliandolo da quella camicia nera che nascondeva muscoli perfetti e scolpiti, attorcigliando quelle gambe bianche intorno alla sua vita. Impaziente, Gabriel finì di spogliarla, cacciando un grido di sorpresa e felicità a vedere finalmente quel corpo che aveva tanto sognato e desiderato: era cento volte più bello nella realtà che nei suoi sogni! Non poteva più guardarlo, doveva finalmente possederlo, amarlo! Non sapeva però da dove cominciare, non aveva mai fatto l’amore con una donna. Claudia parve cogliere lo smarrimento in quegli occhi azzurri, che sembravano quasi neri nella penombra, così gli prese la testa fra le mani e lo baciò all’improvviso, strusciandolo. In quel momento, qualcosa nel cervello di Gabriel si accese, tanto che nell’impeto del bacio, ricaddero all’indietro sulle lenzuola. L’aria, prima impregnata dei loro respiri affannosi, si riempì ora, lentamente, dei loro gemiti di piacere. Faceva molto freddo, ma le lenzuola sembravano bruciare di un fuoco vivo, sotto il calore di quei due corpi. I raggi tenui della luna coloravano di una luce argentea il viso di Claudia; le sue labbra socchiuse e sospiranti; le sue mani fra i capelli rossi di Gabriel, che si era soffermato ad accarezzarle con le labbra il collo, ormai guarito. Claudia sorrise a quel brivido caldo che le donava il corpo dell’uomo che amava dentro il suo. Finalmente, il suo sogno si era avverato; finalmente, l’incubo e la paura erano stati annientati dall’amore.




 E finalmente ecco a voi l’11 capitolo, l’ho postato dopo una lunghissima presentazione del mio romanzo in una scuola; dopo mi è venuta l’ispirazione! Scusate se vi ho fatto attendere, ma ho dovuto studiare molto. Volevo mettere la scena d’amore nel 12 capitolo, ma vi confesso che anche io ero impaziente di vedere Claudia e Gabriel finalmente insieme. Non vi preoccupate però, ce ne sarà un’altra nel prossimo! Ringrazio tutte le persone che mi stanno ancora seguendo e tutte quelle che recensiscono i capitoli! Anto.
  
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