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Autore: Mattimeus    28/04/2012    1 recensioni
Mentre la nave entrava nel porto, venimmo accolti da un caloroso benvenuto di profumo di pane. Quello non era certo l'unico odore che aleggiava intorno alla nave, anzi, a me pareva che la puzza di acciughe e di sartie bagnate soverchiasse tutto il resto. Eppure i marinai sono ormai abituati a tutto questo e apprezzano particolarmente una città come Portovivo, dove il forno del panettiere è spesso sopravento ai moli. Ma io non ero un marinaio, ero un mozzo, e al tanfo delle casse di merluzzo marcio non ci ero ancora abituato.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia di mare – capitolo 11

Mi vergognavo, per questo quella era quasi una fuga. Non volevo più sentirgli dire quelle cose, ma più di tutto non volevo urlare più. Addentrandomi in quel giardino mi pareva possibile trovare un minimo di pace. Non feci che pochi passi che arrivai ad una fontana immersa nel verde. Volevo addentrarmi di più, quasi per perdermi e non dover tornare dell'irlandese, in quella città assurda. Mi fermai un momento ad ascoltare il rumore dell'acqua, poi ripresi a percorrere il vialetto. Ma venni fermato dalla voce di un vecchio:

-Ragazzo, non dovresti urlare in questo giardino. C'è chi cerca il silenzio, qui.-

Lo guardai. Era lo stesso vecchio che avevo incontrato sulla collina a Portovivo. Aveva sentito tutto quello che avevo urlato poco prima, cosa che mi impacciò nell'imbarazzo.

-Hem, sì, chiedo scusa...-

Mi resi conto del fatto che non aveva alcun senso che quel vecchietto fosse lì.

-Ci siamo già incontrati a Portovivo, vero?-

-È vero, ragazzo. E tu non sei migliorato per niente in questi giorni.-

-Ma... ma lei era solo pochi giorni fa a Portovivo. Come ha fatto ad arrivare qui in così poco tempo?-

-Oh, per me non è affatto difficile trovare una carrozza. Ragazzo, in questo luogo dovresti darmi del voi.-

-Non capisco...-

-Dunque, che te ne pare delle mie figlie?-

-Voi... voi siete il re?-



Mi invitò a fare una passeggiata. Il re aveva sentito praticamente tutta discussione tra me e l'irlandese, ma non ne sembrava affatto turbato.

-Conosco il tuo amico irlandese. Ma di te non so nulla. Cosa ti porta in questa città?-

-Veramente ora me lo chiedo anch'io...-

-Come immaginavo. Ragazzo, non ho molto elementi per affermarlo, ma posso dire che sei un idiota.-

-Perché?-

-E me lo chiedi anche! Forza, non mi hai ancora detto cosa ne pensi di Mandorla e Vaniglia.-

-Hem... sono molto... cortesi.-

-No, ragazzo, non essere imbarazzato. Non ti sto chiedendo quello. Ti sto chiedendo che pensi del loro atteggiamento.-

-Cosa intendete?-

-Oh, te ne sarai accorto anche tu, nonostante la tua aria da idiota. Con l'avvicinarsi della festa, si fanno disinibite e civettuole. Darebbero qualunque cosa per un'avventura fuori dal casello. Credi che se ne avessero l'opportunità, non scapperebbero con il primo che passa? Conoscendole, sposerebbero a prima vista il violinista irlandese, perfino te, magari.-

-Non so... non credo.-

-Te lo sto dicendo io, ragazzo! In che mondo credi che vivano? Sognano l'amore, sognano il principe azzurro, ma non sanno nulla della vita. E tu ti ostini a vivere nel loro stesso mondo!-

-Io non...-

-Non dovresti contraddirmi per principio, dato che sono il re, men che meno adesso che ho ragione. E tu sai che ho ragione, che anche il tuo amico violinista ha ragione, ragione da vendere! O non te ne saresti andato con la coda tra le gambe. Vieni, da questa parte.

Eravamo arrivati al muro del giardino, in un angolo della cinta dal quale sorgeva una torre. Il re tirò fuori un mazzo di chiavi arrugginite, aprì la porta e prese a salire.

-Muoviti a seguirmi!- mi disse già sulle scale.

Arrivammo in cima.

-Guarda, cosa vedi?-

Mi voltai. Nella foschia si vedeva la campagna collinosa, la strada maestra che avevamo percorso, le case, le stazioni di posta.

-Vedo il regno.-

-Più in là!-

Guardai più in là. Quelle potevano essere le colline dietro Portovivo, ma non ne ero sicuro. Dietro di esse, una linea azzurra.

-Il mare.-

-Il mare! Ragazzo: il mare! Mi vuoi spiegare cosa accidenti ci fai qui, lontano dal mare, in un posto che non ti si addice, per un motivo che non conosci? Per una ragazza? Ma fammi il piacere! L'amore non è una ragazza. L'amore non è quella ragazza. Finisci di fare l'imbecille e dai retta al tuo amico, che la sa lunga. E se non ti ho ancora convinto, pensa alle mie figlie. Sono frivole e superficiali, ma non sono stupide. Loro lo sognano in continuazione il mare, anelano la vita con ogni fibra della loro anima. La vita vera, non farsa che conducono qui a corte. E non l'avranno mai, saranno sempre incagliate in una città come questa a sognare l'amore, e neanche quello l'avranno mai. E tu? Tu cosa vuoi? Vuoi consacrare la tua vita al nulla?-

-No, non...-

-Dammi una risposta decisa, una volta tanto!-

-No. Non lo voglio.-

-E cosa vuoi?-

-Voglio il mare. Voglio sentire di nuovo la realtà delle sue onde, il salato dei suoi sbuffi. Non questo vento secco che non ha odori. Voglio poter amare di nuovo, veramente.-

-E allora torna al mare, ragazzo.-

-Lo farò.-









   
 
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