Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: GuessWhat    29/04/2012    1 recensioni
Dal capitolo 9:
«Vi attendevo» sentenziò Arais Aignée «Accomodatevi.» ed i due eseguirono. Anche Grell non osava fare parola, vuoi per la vista di un vecchio, vuoi per il senso di fermo rispetto che egli incuteva.
Fu William a rompere il ghiaccio.
«Siamo stati mandati qui per..»
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«Ora che il tuo padroncino dorme, ti andrebbe una partita a dadi?»
La Regina Vittoria manda il suo fidato Cane da Guardia lontano da Londra, in una sperduta colonia inglese situata su un'isola africana al largo della Costa d'Oro: misteriose sparizioni ed omicidi dai risvolti disgustosi stanno sconvolgendo l'isola.
Tra zanzare, serpenti velenosi, leopardi, tarantole, erbette magiche, pappagalli parlanti e nuovi personaggi che daranno filo da torcere al Conte e al suo seguito, è chiaro fin da subito ai nostri eroi di sempre che un alone di mistero circonda l'isola, non meno oscura, ingannatrice e sanguinosa della capitale inglese.
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Addio, massa! -



Kon Ron British Trading Company significava solo una cosa, anzi due. In totale aveva quattro gambe e quattro braccia, due teste e una pipa onnipresente.
« Conte! »
Ciel si batté il palmo della mano sulla fronte.
Il cinese, con la sorella inespressiva al braccio, salì le scalette che portavano alla nave e lo salutò con un profondo inchino, più che altro simile ad una riverenza.
« Salve, Lau. »
« Ma salve Conte! Che bel clima e che bella giornata, non trovi? »
« Risparmiati i discorsi. Che ci fai qui? »
Lau si guardò intorno e con tutta la naturalezza del mondo si accomodò con Ran Mao sulle ginocchia sopra ad una cassa. Lasciò che la sorella si aggiustasse, incurante del Conte che spazientiva per avere la risposta.
« Meh, Conte, lo sai. Io vado ovunque tu vai. » gli disse laconico, piegando il capo di lato.
« Dovevi proprio seguirmi fino in Africa? »
Lau fece spallucce. « Perché no? Se lo ritengo necessario… »
« Resta il fatto che la tua presenza qui era l’ultima che mi aspettassi » rispose secco Ciel, stirandosi sulle gambe infastidito. Tipico dei bambini.
Il cinese si lasciò andare un risolino che aveva qualcosa di vagamente languido. « E perché mai, Conte? »
A quella domanda, Ciel si trovò impreparato. Semplicemente “perché no”, eppure si rendeva conto che era una risposta estremamente infantile da dare a Lau, il quale lo avrebbe semplicemente canzonato. Odiava l’umorismo cinese, era così sfacciatamente beffardo..
Fu Sebastian a venire in suo soccorso, intromettendosi con garbo nel discorso, con un leggerissimo colpo di tosse coperto dalla mano guantata. « Avendo ricevuto una lettera da sua Maestà e non avendovi avvertito della nostra dipartita, la sorpresa del signorino è giustificata. »
Lau sorrise al maggiordomo. « Ma via! Mi offendete. » agitò la mano che faceva capolino dalla lunga manica del vestito estivo, « Anche se, questa volta, non ci siamo serviti dei nostri soliti mezzi… » abbassò il tono di voce, a malapena udibile tra i flutti e chinò il capo verso la sorella che fissava il vuoto. « Non è così, Ran Mao? » ella annuì.
Ciel alzò un sopracciglio, tirando la bocca in un’espressione di fastidio. Di che accidenti andava fanfarando? « A quali mezzi ti riferisci, Lau? » domandò deciso a sapere la risposta dalle sue labbra e senza tanti giri di parole, che a quanto pareva al cinese piacevano tanto.
Lentamente il mafioso sollevò il capo in sua direzione. Alzò leggermente le palpebre, senza tuttavia mostrare né iride né pupilla. Il sorriso sul suo volto si aprì, assumendo un’aria vagamente volpina; calò tra di loro un silenzio che aveva un che di tombale.
« E me lo domandi… » le palpebre si alzarono del tutto. Gli occhi scuri di Lau brillarono alla carica luce del sole africano. « …Conte? » la sua voce, perso il suo tono dispettoso e forzatamente -seppur leggermente- nasale, aveva assunto più profondità, suonava quasi viscida.
Ma Ciel, nonostante il gesto inequivocabile, non batté ciglio. Fissò con insistenza il cinese negli occhi, privo di paura, senza un’ombra di indecisione. Voleva sapere e lo voleva subito. Strinse i piccoli pugni, smettendo quasi di respirare; il maggiordomo alle sue spalle, dal canto suo, osservava con calma la scena, appena incuriosito dai “misteriosi” metodi che aveva usato il signore.
« Dimmelo e basta. » un tono imperioso da parte del piccolo lord, che non ammetteva alcuna replica.
Il largo ghigno di Lau rimase lì dov’era, come stampato, ed egli annuì. « Ebbene… Soma e Agni sono venuti da me piangendo il giorno della tua partenza, meh! » chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un vago risolino, tornato ad essere quello di sempre. « Avreste dovuto vederli Conte! Per l’Imperatore, che pianti e che strilli! »
Ciel rimase semplicemente senza parole e ad occhi spalancati. Anche Sebastian si era irrigidito nelle spalle; troppo spesso davano per scontato il comportamento di Lau… Maledetto! pensò Ciel, maledetto tu e tutta la tua stirpe… Mi fai solo perdere tempo.
« Così io ho chiesto “Ma principe Soma, perché piangi tanto?” e quello, tirando la veste di Agni “Ahhhh, Ciel! Il mio amico Ciel! Partito per l’Africa!” » Lau faceva il verso a Soma alzando le braccia al cielo e strillando, imitando decisamente bene le sue urla e i suoi pianti eccessivamente disperati. « “E adesso con chi giocherò io?! Agniiiii! Buuuhhh!” » Lau ridacchiò leggermente e recuperò Ran Mao, che stava scivolando giù dalle sue gambe. « Che sant’uomo Agni, meh. »
Ciel lasciò perdere il discorso. In un certo senso… Agni era un sant’uomo davvero. Come facesse a sopportare Soma ed essere al contempo così gentile, paziente e dall’animo buono per il solo piacere di portare serenità, era un mistero. Forse più profondo di quello che li attendeva nell’isola.
« LAU TARE! »
La sagoma di Harper si stagliava imponente in controluce sul ponte superiore, le mani dietro la schiena e un duro cipiglio sul volto. Lau non diede segno di essere intimorito, levò il braccio coperto dalla lunga manica e lo salutò con calma. « Buonasera, comandante, meh! »
« Poche chiacchiere! » lo rimbeccò duramente Harper, visibilmente seccato « E controlla quelle merci! Il Conte Phantomhive deve sbarcare! »
Lau sbuffò come un bambino interrotto sul più bello e scese dalla cassa con Ran Mao a braccetto. Entrambi i cinesi s’inchinarono al Conte e al maggiordomo. « Pare che per ora sia giunto il momento di salutarci, caro Conte.. »
« Così pare, Lau. » gli rispose Ciel, in tono del tutto disinteressato e appoggiato alla transenna del ponte inferiore, vicino alla scaletta dello sbarco. In realtà si trovava perfettamente d’accordo con Harper: la terra era così vicina, diamine! Si sbrigasse a conteggiare le merci e sbrigare le sue faccende commerciali, pensò Ciel, irritato.
Lau scomparve sul ponte superiore seguito da Harper che ad alta voce elencava le merci. Sebastian abbassò il capo verso il suo signore. « Signorino, mi date il permesso di assentarmi un momento? » chiuse gli occhi e stirò le labbra.
Ciel riconobbe l’espressione del sottile fastidio mascherato da un sorriso di Sebastian e annuì, sedendosi ad uno dei paletti della transenna. « Muoviti. »
Il demone annuì con lentezza e s’inchinò col capo, per poi girare sui tacchi e sparire alla vista nel vano delle cabine.

****


« AH-HA! »
« Noooo! Ho perso? »
« Eh sì! Avanti, sgancia le cartine! »
« Ma… »
« Ah su, hai perso, sganciale! »
« … E va bene…. »
« Vai vai Meyrin, tocca a te, su! »
Meyrin lanciò il dado e totalizzò sei punti. Mosse la sua pedina a forma di funghetto lungo il percorso quadrettato e non appena la fermò sulla casella assegnata dal punteggio, si incupì in viso. « Sono finita in pligione… » piagnucolò.
Bard si sporse in avanti ed acchiappò il dado, masticando uno stecchino. « Ahhhh, due turni per me! »
« Oh, oh, oh » fu il commento di Tanaka inginocchiato sulla sua cuccetta a bere il the.
Finnian si strinse i piedi con le mani, dondolandosi in avanti e indietro. Escluso dal gioco, non gli restava che osservare la partita… e comunque stava dalla parte di Meyrin.
Bard totalizzò tre punti e mosse la sua pedina a forma di bottiglia, che si posizionò sopra ad una casella di valore. Alzò il pugno ed esclamò glorioso: « Wooooo!! Parco della Vittoria è mio! »
Meyrin si spalmò disperata le mani sulla faccia e Finny mugulò dispiaciuto. « Oh, oh, oh » commentò Tanaka sorseggiando il suo the.
« Ahahahah, Meyrin! Su, sgancia quelle sterline! » Bard incrociò le braccia al petto con un sorriso vittorioso da un orecchio all’altro, sentendosi decisamente ganzo per il gioco che volgeva a suo favore.
Meyrin tristemente prese il suo mazzetto di banconote e gli pagò quanto gli doveva, poi improvvisamente udirono bussare.
« Ehhh, chi è! Stiamo giocando, siamo impegnati! » minacciò Bard puntando il pugno contro la porta, irrigidendosi. Proprio adesso che stava vincendo, venivano ad interromperli?!
La sagoma scura oltre l’oblò aprì con un tiratissimo sorriso la porta della cabina e infilò dentro la testa dai capelli neri. « Siamo arrivati in porto e tra breve sbarcheremo. »
A Bard cadde lo stecchino di bocca mentre Meyrin arrossì, non aspettandosi la visita di Sebastian. Le caddero le carte di mano mentre il giardiniere ed il cuoco si alzavano velocemente in piedi, uno annuendo con decisione e sottomissione, l’altro facendo uno svelto saluto militare. Anche la ragazza fece per alzarsi e salutare il capo della servitù, ma la suola della sua scarpa scivolò sulle cartine e lei inciampò travolgendo la superficie da gioco, Finnian, Bard e alcune valigie sul pavimento.
Ma Sebastian non fece altro che tirare di più il sorrisino. « Vi consiglio, se non l’avete già fatto, di chiudere i bagagli e prepararvi per la partenza. »
« Oh, oh, oh » rispose Tanaka, che aveva indosso dal mattino un completo da esploratore con tanto di cappelletto abbinato.
« S-sì, signol Sebastian! » farfugliò Meyrin, sopra a Bard e Finnian. Il povero Finnian annaspava sul pavimento schiacciato dal peso dei due colleghi. La giovane si mise in piedi rassettandosi il vestito e pulendosi gli occhiali, seguita da Bard e Finny.
« Ottimo. » Sebastian annuì e tirò ancora una volta le labbra. « Siete attesi tra… » sfilò l’orologio dal taschino e guardò l’ora. Creò appositamente una pausa di silenzio in cui si udiva solamente Tanaka sorseggiare placido il suo tè. « Dieci minuti. »
Dai tre servitori si levò un urletto agitato: solo dieci minuti?! Ma dovevano ancora fare tutto! Chiudere i bagagli, lavarsi, cambiarsi!
Sebastian li ignorò bellamente e prima di chiudersi la porta alle spalle, si lasciò sfuggire alcune ultime parole. « Tanto per giustizia; Bard ha barato e vi ha mentito nel dirvi le regole. »
Il demone chiuse la porta della cabina e allontanandosi si gustò la reazione dei due servitori che se la prendevano col cuoco baro e bugiardo.

****


Mezz’ora dopo erano finalmente tutti radunati sulla banchina in attesa dei bagagli.
Alla buon’ora! fu il pensiero del Conte, appoggiato al suo bastone. Sebastian scambiava quattro parole col comandante Harper, mentre Meyrin raccoglieva gli occhiali. Quella maldestra era riuscita a ruzzolare giù persino dalla scaletta della nave… Era un caso senza speranze.
Vi era un gran via vai di uomini e di merci tra la Great Tames e la nave della Kon Ron ma nessun segno della guida. Purtroppo la regina Vittoria nella sua lettera non aveva indicato l’aspetto di costui, non aveva allegato un ritratto o una foto. Quel che sapevano era che si chiamava solamente Nan Cee ed era un uomo africano fedele alla Union Jack.
Ciel puntellò il bastone sulla banchina. Che fosse l’ennesimo, dannato contrattempo? Non ne poteva più di aspettare, voleva una stramaledetta tazza di tè.
« Massa! »
James Testavuota scese le scale. Sulle spalle e nelle mani reggeva i bagagli di tutti loro; Ciel lo guardò con sufficienza. Tutta quella devozione, perché? Solo per avergli chiesto il suo nome?
« Salve, James. » lo salutò con un cenno del capo.
L’uomo dalla pelle scura poggiò le valigie sulla banchina, come pesassero niente.
« Molte grazie, signore » Sebastian gli rivolse un mezzo inchino educato col capo e James gli rispose regalandogli un sorriso larghissimo e irregolare, ma luminoso come il sole.
« Niente niente, non è niente! Mica facevo portare i bagagli a questo scricciolo lì! » ed indicò col ditone Finnian che parlottava con Bard seduto su un ormeggio.
« Vi assicuro che il nostro giardiniere sarebbe stato perfettamente in grado di assolvere il compito. »
« Ma non importa… era mio compito » James annuì come fosse una questione serissima, « E lo ho assolto! » batté le mani.
Ciel pregò che il signor Nan Cee si desse una mossa ad arrivare e prese parola prima di Sebastian. « Siete stato molto gentile, ora siete congedato. »
James imitò goffamente un inchino. « Sì, massa! È stato un piacere incontrarvi, massa! » s’inchinò anche a Sebastian. « Anche a te! Addio massa, addio signore! » diede loro le spalle e con ampie falcate risalì la scala della nave.
« E finalmente se n’è andato » sospirò il Conte, appoggiandosi al bastone. Il caldo si stava facendo nuovamente insopportabile ma fortunatamente il vento marino e la spuma delle onde gli davano un poco di sollievo. Sebastian non commentò; si limitò a dividere i bagagli ed assegnarli ad ognuno della servitù. Meyrin, Bard e Finnian presero ognuno le loro valigie, mentre il maggiordomo si fece carico del bagaglio personale, del suo signore e di Tanaka.
Poi finalmente arrivò.
Indossava una maglia di tessuto leggero di un arancione brillante. Ai piedi sandali malandati, segno di lunghe camminate e pantaloni bianchi che svolazzavano al vento. I folti capelli erano raccolti in treccine tenute ferme dietro la testa in una coda di cavallo danzante alla brezza, striata d’ocra vivo. In vita una sacca, alle mani scintillavano alcuni anelli dorati.
« Conte Phantomhive? » domandò. Aveva una voce né giovanile né matura, ma dal forte timbro maschile ed usciva da due labbra carnose e molto definite, come disegnate con squadra e righello. Gli zigomi alti davano un’aria nobile ed elegante al viso dalla pelle scura, ma non troppo come quella di James: appariva più che altro tendente ad un piacevole colorito bronzeo. Non appena si fece più vicino, tutti capirono cosa li aveva attirati dell’aspetto dell’uomo: gli occhi allungati, quasi a mandorla, dalle folte ciglia scure e le iridi verdi come il folto della giungla che si perdeva là, nell’isola di Legun. Sorrise al Conte mostrando denti regolari ma leggermente ingialliti. « Piacere! Mi chiamo Nan Cee, e sono la vostra guida! » c’era un entusiasmo vitale nella sua voce. Nessuno riusciva a togliergli gli occhi di dosso, chi per un motivo, chi per un altro.
Porse a Ciel la mano anellata. Il Conte la guardò per un momento, prima di stringerla: aveva il palmo liscio ma la punta delle dita presentava cuticole e pellicine. Anelli dorati di varie forme e dimensioni, con pietre e disegni diversi, decoravano lunghe dita affusolate ma forti. Alzò la propria, diafana e piccolissima in confronto alla sua e con educazione la strinse.
« Mooolto piacere! » il signor Nan Cee strinse la mano di Ciel energicamente. L’orecchino dorato all’orecchio sinistro dondolò e lo stesso fece la collana di legno che indossava. « Vi stavo aspettando, certo che queste navi vanno più lente delle tartarughe di mia moglie! »
Ciel sciolse la presa. Ad una prima occhiata, non avrebbe saputo identificare Nan Cee: era un pazzo come tutti gli altri, o era solo entusiasta di vederlo? Troppo presto per dirlo.
« A dire il vero, eravamo noi ad aspettarvi, signor Nan Cee » disse Ciel, portandosi la mano con cui lo aveva salutato chiusa a pugno sul fianco.
« Eh, mi scuso! » il signor Nan Cee unì le mani come in preghiera e s’inchinò lievemente « Allora, vogliamo andare? Immagino che siate stanco e vogliate una tazza di tè! »
Ciel annuì. Effettivamente era la verità.
« Ottimo allora! Prego, vi accompagno nella migliore saletta da tè dell’isola! Ah! » si rivolse alla servitù « Pago io, e pago anche per voi! »
« Yuppiiii! » esclamarono Finnian e Meyrin (« Oh, oh, oh » disse Tanaka che cominciava a sentire la mancanza del suo tè) mentre Bard ci tenne a fare una precisazione. « Se non versano almeno del porto, io non vengo. »
Nan Cee rise, coprendosi la bocca con una mano. Quando rideva o sorrideva, il suo volto liscio e abbastanza giovanile sembrava ricoprirsi di tantissime rughe che lo facevano apparire più vecchio per un momento. « Certo che ce l’hanno il porto, signore! »
Bard incrociò le braccia al petto annuendo soddisfatto. Il signore si rivolse nuovamente al Conte, agitando le dita della mano destra, l’altra nella tasca dei pantaloni. Ciel, che si era accigliato considerando ridicolo il suo cuoco, recuperò un’espressione impassibile a quello che gli parve un gesto per ricatturare la sua attenzione da parte di Nan Cee. « Prego, seguitemi » fece un cenno col capo. Girò sui tacchi e s’incamminò lungo la banchina del porto.




La storia sta iniziando a prendere forma!
Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia nei Preferiti e nelle Seguite. Mi fa piacere il fatto che la leggiate, anche se non recensite (però se mettete una recensione, anche neutra o critica, io non vi mangio!).
Ringrazio BeaLovesOscarinobello per le sue recensioni che non mancano mai e sono sempre molto utili!
   
 
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