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Autore: rolly too    01/05/2012    0 recensioni
Pietro è convinto che sia Nader quello strano. E' lui che si sta allontanando, è lui che improvvisamente sembra faticare a stargli accanto.Pietro è consapevole dei propri errori e sa che rivelarli significherebbe dire addio a Nader. Ma tenerli nascosti non è semplice, e la scelta più facile potrebbe non essere la scelta migliore.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il punto non è uscire con Sebastiano. Non faccio un torto a Nader se ho un amico.
Il punto è, e ne sono consapevole, nonostante non stia facendo niente per evitarlo, che Sebastiano mi attira. È squallido, ed è sbagliato. Però è così e io non riesco a farci niente.
Nader è partito da solo due giorni e io sono già pronto a uscire con un altro. Che poi, nelle mie intenzioni c'è solo un'amicizia, ma non so cos'abbia in mente Sebastiano e, comunque non ho intenzione di chiederglielo. Una parte di me – e ignorarla è più difficile di quanto sia disposto ad ammettere – spera che Sebastiano si riveli un'alternativa a Nader, che ultimamente è troppo strano e mi da sui nervi. Ora che è lontano non è così immediato parlarne male, perché soprattutto mi manca, ma alla fine non posso far finta che le cose non stiano davvero così. Tra me e Nader sta finendo tutto, e non sono nemmeno certo che lui se ne renda conto.
«Finalmente eccoti qui!» esclama Sebastiano quando mi vede arrivare. Sono un po' in ritardo, in effetti, come mio solito. «Pensavo che ti fossi perso.»
«Traffico.» borbotto. Non mi piace che la gente mi faccia notare i miei ritardi, anche se effettivamente Sebastiano non ha tutti i torti. Dev'essere qui almeno da mezz'ora.
«Ho bisogno di un caffè.» mi dice Sebastiano all'improvviso. «Mi sono alzato da un'ora e ho sonno.»
«Come ti pare.»
Ci infiliamo nel primo bar che ci capita a tiro e lui ordina due caffè, senza nemmeno chiedermi se mi va di berne uno. Quando la cameriera ci porta le tazzine fumanti, lui mi guarda e mi sorride.
«Allora, com'è che eri così depresso quando ti ho chiamato?»
«Non ero depresso.»
Ha gli occhi scuri, caldi. Sono molto diversi da quelli di Nader. Hanno una luce un po' sinistra, come quelli dei cattivi dei fumetti. È molto più bello di Nader. Ha lineamenti più regolari, è più curato. I capelli sono ben pettinati, il pizzetto è regolato con molta cura. Gli guardo le mani. Sono grandi, con le unghie tenute corte e la pelle intorno mangiucchiata. Nader ha belle mani, invece.
«Be', d'accordo. Allora non eri depresso. Comunque, che fai stasera?»
Stasera? Niente, probabilmente. Non ho nessuno con cui uscire, e se anche ce l'avessi non saprei dove andare. E comunque non ho voglia di andare da nessuna parte, a pensarci. Forse rimarrò a casa a guardare un film. O forse inizierò veramente a studiare per cercare di recuperare qualche materia, o rischio davvero di non passare la maturità. In ogni caso, non intendo fare nulla di tutto ciò che di solito faccio con Nader.
«Non so.» rispondo, onesto. «Credo che rimarrò a casa.»
«Che noia!» esclama Sebastiano, e scoppia a ridere. «Questa sera c'è una festa in una villa, dalle mie parti. Ti ci porto.»
«Non ho voglia di uscire. E non mi imbuco alle feste di gente che non conosco.»
«Li conosco io. È una ragazza che veniva alle elementari con me. Non si accorgerà nemmeno di noi, fidati.»
«Non mi sembra comunque il caso.»
«Ti passo a prendere alle otto, fatti trovare pronto. Non suono il campanello, non so nemmeno come ti chiami. Mettiti in strada, in un punto dove posso vederti.»
«Ti ho detto che non ci vengo.» Mi sembro Nader mentre dico quelle parole. D'altra parte, sono quelle che mi ha detto lui prima della festa di Luca. E io ora mi sto comportando come lui.
Chissà se è già arrivato a casa di suo padre, se ha avuto modo di sistemarsi. Probabilmente sì. Forse questo mese per lui non sarà così terribile come crede Fazila. Magari troverà qualche modo per comunicare un po' con suo padre, o forse conoscerà qualcuno. Quel pensiero mi infastidisce e per un attimo sento la gelosia che mi invade. Ignoro Sebastiano che ancora mi fissa dall'altra parte del tavolino, e faccio finta di non rendermi conto che sono io quello che sta uscendo con un altro – ma è solo per amicizia, ho bisogno di un nuovo amico – mentre Nader probabilmente sta ancora cercando di capire come funzionano le cose là. Ma Nader non ha bisogno di tanto tempo per adattarsi, mi dico malignamente. Lui è uno che fa presto a capire.
Cerco di non pensare a quello che direbbe mia madre se sapesse ciò a cui sto pensando. Devo smetterla di farmi influenzare da quello che lei penserebbe di me.
«Ci vieni, perché vengo a prenderti. Non te l'ho chiesto.»
Sospiro e decido che faccio prima a non ribattere. Stasera, alle otto, non mi farò trovare, tutto qui. Si stancherà di aspettare in strada e andrà via.
«E se non ti trovo in strada suono tutti i campanelli finché non ti trovo.» chiarisce.
Ok, il mio geniale piano non funziona. Ma lui non può obbligarmi a fare qualcosa che non voglio.
«Non darmi ordini.»
«Hai bisogno di divertirti. Te ne offro l'occasione. E senza complicazioni!» continua. «Tanto lì non conoscerai nessuno e potrai fare quello che vuoi.»
Scuoto la testa e bevo il mio caffè ormai freddo.
Questo suo modo di fare mi irrita. Prende le decisioni al mio posto, e non ha nessun diritto di farlo. Da un altro punto di vista, però, mi piace. È sicuro di sé, non ha bisogno di qualcuno che gli dica di non piagnucolare, di smettere di lamentarsi di tutto. Non è come Nader, non ha bisogno di me. Se la cava anche da solo.
Faccio appena in tempo a concludere quel pensiero, e Nader non mi manca più.

«Stasera esco.» annuncio ai miei quando rientro a casa.
«Dove vai?» domanda mio padre.
«Sono fatti suoi.» lo rimbecca mia madre. «Basta che sia prudente. E non provare a salire in macchina con uno sconosciuto, Pietro, perché la prossima volta te la faccio pagare.»
«No, non ti preoccupare. Vado con un amico, guida lui.»
«Digli di andare piano.»
«Sì, mamma, sì.»
Senza aggiungere altro vado in camera mia e mi chiedo se non sto sbagliando a comportarmi così. Mi guardo allo specchio in cerca di qualcosa che mi dia una risposta, ma non lo trovo e alla fine decido che devo piantarla di farmi queste paranoie. Basta, basta!
Nader è partito, e non tornerà prima di un mese. Quindi che cosa posso fare? Una soluzione potrebbe essere chiudermi in casa e rimanere solo fino al suo ritorno, oppure smetterla di farmi menate, perché lui non se le farà, negli Stati Uniti, e continuare a vivere la mia vita. Quando poi tornerà da me, allora parleremo, e forse capiremo che la nostra relazione non ha più futuro. Potrebbe essere la soluzione più intelligente.
Le otto arrivano in fretta e io, alla fine, mi ripeto che non sto facendo niente di sbagliato e scendo le scale con passo lento, contandole, e quando finalmente arrivo in strada vedo che Sebastiano è già lì che mi aspetta.
«Fammi indovinare» gli dico salendo in macchina «sono in ritardo?»
«No, sono appena arrivato.» Scoppia a ridere a il suo di quella risata mi irrita e mi attira allo stesso tempo. Vorrei sentirlo ridere ancora, almeno per capire se mi piaccia o se, invece, lo odi. «Cerca di non vomitare, questa volta, che abbiamo un sacco di strada da fare.»
«L'altra volta stavo male.» ribatto, piccato.
«Lo so. Ma cerca di non vomitare lo stesso.»
Non rispondo nemmeno e rimango ad ascoltare la musica che riempie l'abitacolo. La tiene a volume alto, però mi piace. Non parla mentre guida, e faccio finta di non vedere che supera i limiti di velocità.
Guardo fuori dal finestrino, con il cielo ancora chiaro delle sere d'estate e la strada che poco a poco mi diventa sconosciuta, finché iniziamo ad avvicinarci ai monti e a percorrere i primi tornanti. Lui rallenta, con una mano cambia canzone. Mi guarda e sorride, ma non dico niente e anche lui tace.

Quando arriviamo mi rendo conto che anche se nessuno mi conosce, a questa festa, nessuno se ne accorgerà. Non ho mai visto tante persone riunite in un sol posto con il solo pretesto di fare un po' di casino, e capisco anche che il trucco è essere disinvolto, così come lo è Sebastiano.
Non facciamo nemmeno in tempo a mettere piede nel cortile della villa che mi trovo un bicchiere di birra in mano e una ragazza che mi parla e mi dice qualcosa che non capisco. Tenta di prendermi sottobraccio e io la scanso, perché non mi piace farmi toccare da gente che non conosco, soprattutto se è ubriaca, e lei lo è di certo.
Bevo la birra e una volta che ho svuotato il bicchiere mi rendo conto che qualcuno l'ha riempito di nuovo. Ci sono ragazzi che girano con le bottiglie di alcool in mano e riempiono tutti i bicchieri vuoti che vedono, e il mio non ha fatto eccezione. Mando giù anche quello e vado a riempirlo da solo. Bevo qualcosa che non è birra, ma sembra più forte, e ne prendo ancora.
Un ragazzo mi si avvicina, inizia a parlarmi e io gli rispondo. Sento che parla una voce che non è mia, dico cose che non direi se avessi bevuto meno. Ma io faccio presto a perdere la testa, e non mi faccio problemi. Sto bene così. Non penso, sto bene. Non voglio fare altro.
Bevo un altro bicchiere e sento qualcuno che mi afferra per il polso. Mi volto e mi trovo davanti il volto sorridente di Sebastiano.
«Vieni con me.» mi dice sovrastando la musica e il chiasso di quelli che chiacchierano. Una parte di me non vuole seguirlo, ma gli vado dietro lo stesso.
Mi porta in un'altra stanza, in fondo a un corridoio, chiude la porta e fa girare la chiave. Solo quando sento il rumore del chiavistello che gira mi risveglio dal mio torpore e mi rendo conto che sono da solo con Sebastiano in una camera da letto di qualcuno che non conosco, con la porta chiusa a chiave e lui che mi è vicino, vicinissimo.
«Sei bello.» mi dice, e io non faccio né dico nulla, perché prima che possa anche solo pensare a una risposta lui mi ha già baciato.
«No!» esclamo spingendolo via, e quando si stacca da me mi sorride e mi poggia la mano sulla spalla.
«Sei sicuro che non vuoi?»
Non rispondo, l'alcool mi annebbia di nuovo la mente, non capisco quello che succede. Forse sono io che mi muovo verso di lui e lo bacio, forse no. In ogni caso, non mi sposto e non lo allontano, perché quel bacio mi piace e non voglio che finisca. Nella mia testa Nader è solo un nome senza significato. Non c'è un volto, dietro. Non c'è nulla. Solo un'accozzaglia di lettere senza significato.
Lascio che Sebastiano mi tocchi, che mi carezzi il petto e mi baci di nuovo. Rispondo ai suoi movimenti e lo lascio fare. Mi rivolge un sorriso malizioso, si inginocchia davanti a me e vorrei che non lo facesse, perché sono eccitato e non voglio che se ne accorga, ma non faccio nulla per impedirglielo.
Lascio che mi cali i pantaloni e i boxer, sento la sua bocca calda che mi accoglie, chiudo gli occhi e non capisco più niente.


Ok, è passato un anno da quando ho aggiornato l'ultima volta.
Chissà se c'è ancora qualcuno dei miei vecchi lettori. Probabilmente no, però va bene così.
Ho ripreso questa fiction e come si può notare il rating è passato da giallo ad arancione (ma non è colpa mia! Ha fatto tutto Sebastiano che nella mia testa è molto malizioso) e probabilmente entro il prossimo capitolo diventerà rosso, perché sì.

Baci,
rolly too
   
 
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