Autore:
YUKO
CHAN
Titolo: The
beginning: the breath of the dragons
Raiting: Verde
Genere: Fantasy, lieve introspezione.
Avvertimenti: Missing Moments, One Shot, Shonen ai
solo accennato alla fine.
Note dell’autore: Legata ad un’altra OS fantasy,
Chains, è
una sorta di prequel, ma anche una forma di leggenda, ovviamente
inventata di
sana pianta per una long che sto scrivendo e posterò in
seguito. Si può leggere
tranquillamente senza aver letto l’altra, almeno spero
risulti comprensibile.
http://animeartbooks.net/viewimage/4323/
Il link sopra è l’immagine alla quale mi sono
ispirata, ho
immaginato, ma non ho idea di cos’altro dire, ho inventato un
paesaggio, quello
che potrebbe vedere la ragazza da quello sperone di roccia.
Penso di aver terminato, io sono incapace con le note
dell’autore ç_ç.
The beginning:
the breath of the dragons
Il
cielo era cupo, una coltre grigia e fumosa si estendeva
a perdita d’occhio tanto che sembrava volesse impossessarsi
di ogni cosa,
tingere di quel colore l’intero paesaggio. Nubi minacciose si
muovevano pigre,
una accanto all’altra attendevano che il temporale infuriasse
per poter
riversare su quella distesa verde e silenziosa il loro carico di
pioggia.
In cielo sagome scure volavano
spensierate, si libravano leggere, incuranti della tempesta che da
lì a breve
sarebbe esplosa in quella dimensione.
Un fulmine squarciò il cielo
sopra la valle, per pochi secondi tinse di viola il paesaggio e
l’immensa
catena montuosa che si estendeva a perdita d’occhio,
ergendosi minacciosa come
unico custode a difendere quel luogo.
Nel mezzo della valle,
silenziosa, spiccava agli occhi una roccia, un prolungamento delle
montagne che
fungevano da confine di quella terra sacra. Si insinuava verso
l’interno della
valle, come se volesse spaccarla in due.
Il Picco del Drago o anche Grande
Drago, era così che veniva chiamato per via della sua forma:
la stessa di
quelle nobili bestie. Il corpo massiccio si legava alla grande catena
montuosa,
i fianchi ripidi ricadevano a picco nel vuoto, mentre quelle che
sembravano le
ali erano raccolte lungo in fianchi, in quello che, ad un primo
sguardo, poteva
sembrare solo la curva della montagna; ma quello che sorprendeva
di più, era il lungo collo, uno sperone roccioso che si staccava dalla
montagna,
come fosse una lunga passerella a picco sull’abisso; questa
prendeva la forma
del collo e della testa di un imponente e maestoso drago che, con il
suo
sguardo di pietra fissava la valle silenziosa.
Le leggende e i racconti
tramandati affermavano che, quella roccia, fosse il primo drago in
assoluto; il
padre di quelle splendide creature che ora volavano libere nei cieli di
quel
mondo. I racconti affermavano fosse rimasto lì come
guardiano, dopo ere in cui
aveva combattuto accanto agli dei, il suo compito proseguiva come
custode della
valle appartenente alla sua stirpe.
Le divinità che dividevano quel
mondo con i draghi sorridevano a quei racconti, considerandoli fiabe
per
bambini; per loro era tutto molto più semplice, pensavano
fosse solo
un’immagine scolpita nella roccia, un monito, un ricordo per
le generazioni
future. Un dono in onore di quei fedeli compagni che li avevano
accompagnati in
battaglia era dopo era, secolo dopo secolo per difendere il regno di
Jewel dai
demoni.
Ma ormai era passato talmente
tanto tempo, millenni, che nessuno ricordava veramente quale fosse la
verità.
Leggende, voci, si mischiavano fra loro per crearne delle altre.
L’unico racconto, le uniche
parole rimaste intatte con il passare delle ere, erano quelle che
preannunciavano una nuova guerra, una minaccia che avrebbe portato la
stirpe
dei draghi a donare una parte dei suoi poteri agli uomini, a coloro che
fino a
quel momento avevano protetto.
Un giorno qualcosa sarebbe
cambiato, le dimensione in cui vivevano, Jewel stessa non sarebbe stata
più
spaccata in due: quel limbo dove vivevano draghi e dei e il mondo umano
sarebbero divenuti un unico regno, un’unica terra dove
entrambe le razze
avrebbero coesistito.
Un unico regno dove, dei
prescelti, avrebbero portato sulla pelle i simboli dei draghi.
Un marchio che avrebbe donato
loro gli stessi poteri di quelle antiche e nobili bestie.
Le divinità avevano riso a quella
predizione, solo loro potevano attingere ai quei poteri, ottenere
l’aiuto dei
potenti ed immortali draghi, nessun umano ne sarebbe stato degno o in
grado.
Ne avevano riso, era dopo era,
fino a quel giorno, fino a quando i segnali si erano fatti
inequivocabili.
Talwyn socchiuse gli occhi,
lasciò che il vento sfiorasse il suo volto, mentre i
pensieri tornavano a quei
ricordi, alle parole di Dragon, signore della nobile stirpe dei draghi.
Era
giunto il momento, quello di cui parlavano le leggende,
l’istante in cui gli
umani avrebbero ricevuto in dono gli stessi poteri dei draghi.
Scosse la testa, i suoi fratelli
non volevano darle retta, non credevano che presto anche loro sarebbero
svaniti, sconfitti da qualcosa di molto più potente. Non
volevano credere che,
quelle che loro consideravano solo storie, rappresentassero la
realtà. Qualcosa
sarebbe accaduto, forse non subito. Forse sarebbero potuti passare
anni,
secoli, millenni, ma sarebbe avvenuto, e loro avrebbero dovuto lasciare
qualcosa agli uomini, a quelle creature, ai loro figli, per difendersi,
per
proteggersi dal nemico.
Un brivido percorse il suo corpo,
la brezza tiepida si era trasformata improvvisamente in un vento
gelido. In
piedi sulla roccia che rappresentava la testa del Grande Drago,
osservava il
mondo dove era nata e cresciuta: quella dimensione così
simile a quella umana,
ma allo stesso tempo differente.
Il cielo era grigio, in
lontananza draghi sorvolavano gli alti picchi della catena montuosa, i
monti
Iceland, una barriera che divideva il regno degli dei da quello degli
uomini.
Lei, i piedi nudi posati sulla
fredda roccia, i lunghi capelli castani e la veste leggera ondeggiavano
ad ogni
nuova folata di vento, fissava davanti a sé, la
consapevolezza della decisione
appena presa disegnata sul volto. Di minuto in minuto si faceva sempre
più
chiaro quello che doveva fare; si delineava nella sua mente
l’orrenda visione
di un futuro non ancora deciso.
Respirò a lungo mentre nella sua
mente riecheggiavano le parole di Dragon, quando il vecchio e saggio
drago le
riportava alla mente quella leggenda, quanto sarebbe avvenuto:
«Devi
prendere una decisione
Talwyn.» la voce cupa di Dragon rimbombò intorno a
lei, nella sua mente,
all’interno della grotta dove il drago riposava.
«Il tempo è agli sgoccioli.
Sin da quando eri bambina, lo ripetevo sia a te che ai tuoi fratelli,
nelle
leggende c’è sempre un fondo di verità.
Lo stesso vale per le predizioni.» Un
respiro affaticato, Dragon stava invecchiando… la giovane
dea dell’armonia lo
ricordava forte e potente, solcare i cieli di Jewel; le scaglie dorate
che gli
ricoprivano il dorso e le ali, risplendere al sole, mentre le iridi,
grandi
pepite d’oro scrutavano il mondo con saggezza. I secoli erano
passati, e Dragon
si era fatto vecchio, Talwyn sapeva che un giorno sarebbe scomparso,
avrebbe
raggiunto i suoi antenati donando i suoi poteri per rendere
più forte la
barriera a dividere la dimensione divina da quella umana.
Un giorno anche la maggiore
guida della stirpe dei draghi li avrebbe abbandonati, ma prima che
questo
accadesse, voleva che almeno una delle divinità fosse
consapevole del pericolo
che incombeva su tutti loro.
Quante volte aveva raccontato
loro la predizione che un suo antenato aveva avuto? Ormai non lo
ricordava più,
ma il vecchio drago sapeva perfettamente cosa ne pensavano lei e i suoi fratelli, per lungo tempo
l’avevano
considerata solamente una
storia.
Il vecchio drago li osservava
serio, le iridi gialle sembravano voler leggere l’anima di
quelle piccole
divinità. Scrutava nei loro cuori, poi con uno sbuffo di
fumo che fuoriusciva
dalle narici e la voce potente iniziava a raccontare, come fosse
annoiato, ma
in cuor suo, Talwyn sapeva fosse felice di quei momenti. Felice e
ricolmo di
speranza nel tramandare il suo sapere, e forse la salvezza di Jewel.
Iniziava sempre allo stesso
modo, Dragon: «Un mio antenato, un signore della stirpe aveva
il dono della
preveggenza. Non sempre, non a comando, ma a volte, le nebbie del tempo
si
dischiudevano davanti ai suoi occhi e gli era concesso di poter vedere
eventi
di epoche che ancora sarebbero dovuti avvenire.» In quei
momenti il drago s’interrompeva,
fissava i suoi giovani ascoltatori per essere certo che fossero
attenti;
concentrati sulle sue
parole, infine
riprendeva il suo racconto. «La guerra, ecco cosa vide il mio
nobile antenato.
La guerra e la distruzione.» «Terribili esseri
arrivavano dalle tenebre,
dall’inferno, portando morte e distruzione. Con loro avevano
poteri sconosciuti
ai draghi e alle divinità. Troppo potenti, superiori per
numero in pochi giorni
avrebbero portato l’intera Jewel alla distruzione.»
Nuovamente Dragon s’interrompeva,
riprendeva fiato, fissava davanti a sé, come se vedesse
realmente quanto stava
raccontando, il loro futuro, la devastazione e la morte. «Era
la fine della
stirpe, delle divinità, gli uomini che proteggevano
sarebbero rimasti in balia
dei nemici e presto sarebbero caduti, ma in quella visione una voce
avvertiva
il nostro antenato, sarebbe arrivato un giorno in cui i grandi draghi
della
stirpe, i più potenti avrebbero condiviso i loro poteri con
gli uomini;
Avrebbero scelto dei prescelti, marchiandoli con i simboli della stirpe
e dei
clan più potenti. Questi avrebbero avuto la protezione e i
poteri dei draghi, e
avrebbero protetto Jewel dai nemici; ma il vecchio antenato aveva visto
anche
altro, giovani dalla magia arcana, creature differenti dagli dei e
dagli
uomini, che avrebbero amplificato i poteri dei draghi e dei cavalieri
prescelti, creando un legame indissolubile e duraturo. Un legame che
mai
nessuno avrebbe potuto infrangere.»
La
storia terminava a quel modo, e nella mente di Talwyn
si formavano immagini di guerre, di morti, della sua gente che cadeva
sotto i
colpi di esseri senza volto.
Per anni l’avevano perseguitata,
ma le risa e le parole dei suoi fratelli per molte ere
l’avevano
tranquillizzata: “sono solo leggende”
affermavano convinti; e nel caso
qualcuno li avesse attaccati, ci sarebbero stati loro a proteggerla.
Eppure in
cuor suo quella parole non riuscivano a confortarla: per lungo tempo
avevano
calmato i suoi dubbi, i suoi timori; ma con il passare degli anni e il
sopraggiungere di incubi e visioni, qualcosa in lei si era rotto.
Sempre più
spesso ritornava alle parole di Dragon, alle sue storie, fino a quando
non
aveva preso quella decisione.
Sapeva di andare contro la sua
gente, contro i suoi fratelli; ma era perfettamente cosciente di quanto
stava
facendo. Era pronta a donare agli uomini un potere che li avrebbe resi
più
forti, che avrebbe permesso loro di proteggersi quando gli dei
sarebbero
svaniti da Jewel.
Respirò a lungo, le folate di
vento erano tornate tranquille, ora si rincorrevano
tutt’intorno a lei,
scompigliandole gentilmente i lunghi capelli castani. Sembrava
creassero
sfumature nel cielo, strade di vento dove gli dei avrebbero potuto
passeggiare.
Talwyn rimase per alcuni secondi
incantata ad osservare il paesaggio di quel mondo, della sua splendida
terra.
L’unico luogo totalmente incontaminato dell’intera
Jewel.
Si perse ad osservare le
montagne, le nubi in cielo, e il grigio misto ad una tinta rosa creata
dai
raggi del sole, di quella giornata uggiosa d’inizio autunno.
La terra e la
natura stavano per addormentarsi, lentamente tutto andava tingendosi di
rosso e
oro, arancio e giallo. La brezza fredda del nord portava con
sé le foglie che,
leggiadre, cadevano e presto avrebbero ricoperto ogni cosa. Danzando
nell’aria
sarebbero giunte sino alle alte vette dove ora si trovava lei.
Folate più potenti la riportarono
alla realtà. Le creature che, sino a quel momento, avevano
volteggiato in
lontananza, si stavano avvicinando: fendevano l’aria eleganti.
Man mano che si avvicinavano alla
roccia dove Talwyn scrutava il paesaggio, la giovane dea poteva
scrutare i
riflessi delle squame dei maestosi animali.
A condurli, gigantesco ed
elegante, le squame risplendevano sotto agli ultimi raggi di sole di
quel
pomeriggio autunnale, Dragon volava maestoso. Sempre magnifico, anche
dopo
tutti quei secoli. Accanto a lui giovani draghi, belli, dai colori
brillanti,
un trionfo di rosso fuoco e blu oltremare, verde smeraldo e viola
cangiante. Le
loro squame erano un brillare sotto i raggi del sole, ombre e riflessi
donavano
una nuova sfumatura ad ogni battere d’ali, ad ogni metro in
cui si facevano più
vicini. Un velo di malinconia adombrò i suoi occhi scuri al
pensiero che dopo
quanto stavano per fare quelle creature sarebbero cadute in un sonno
profondo,
protette da incantesimi antichi, pronte a recuperare quella magia che
stavano
per donare.
Lo spostamento d’aria intorno a
lei cambiò, il vento e le folate prodotte dai draghi
l’avvolsero, una brezza
leggera, stupenda e protettiva, era un potere che le donava sicurezza.
Talwyn avvertiva tutta la loro
magia in quel momento, la stessa che presto avrebbero condiviso con gli
uomini.
Dragon le aveva spiegato cosa aveva in mente, i dodici draghi
più potenti
avrebbero liberato una parte dei loro poteri. Nel momento in cui lei
avrebbe
aperto la barriera che separava il mondo delle divinità, la
loro valle dal
regno umano, i draghi avrebbero introdotto fra gli uomini i loro
respiri.
I loro poteri avrebbero vagato
nel mondo umano giorno dopo giorno, sino a quando non fosse comparso
qualcuno a
cui donarli, pronto per custodirli. In quel momento un patto sarebbe
stato
sigillato, i draghi avrebbero combattuto accanto agli uomini, i dodici
magnifici esemplari che stavano donando la loro magia, nel caso del
bisogno e
al richiamo degli uomini, avrebbero abbandonato la valle, oltrepassato
il Picco
del Drago e sarebbero andati in loro soccorso.
Cavalieri con le loro cavalcature
avrebbero solcato i cieli combattendo contro le ombre. I poteri dei
draghi
sarebbero fluiti possenti in loro, unendo le loro menti, fondendoli in
un unico
essere.
La
barriera si squarciò, Talwyn
ebbe un fremito, avvertì la vita oltre quella valle, il
battere del cuore di
migliaia di persone, uomini, animali e piante; avvertì un
mondo differente,
vivo, qualcosa che mai aveva sentito prima di allora. Così
differente dalla
solitaria valle dove era nata e cresciuta, pieno di sentimenti, di
allegria, di
dolore.
Gli uomini pensò, avevano mille
sfaccettature, caratteri differenti, sapevano amare e odiare, ma erano
anche in
grado di perdonare.
Meritavano di essere protetti.
Concentrata si
soffermò su quel turbinio di emozioni e
sentimenti, seguì i poteri dei draghi, il loro respiro
addentratosi nel mondo
umano. Sorvolavano i cieli limpidi alla ricerca di coloro che li
avrebbero
custoditi. Talwyn si chiese quanto tempo ci sarebbe voluto, settimane,
mesi?
Forse interi anni. O forse alcuni avrebbero trovato l’umano
compatibile subito?
Non poteva saperlo, ma sperava
che tutto avvenisse il più in fretta possibile,
affinché fossero preparati.
Lasciò che la sua mente seguisse
quel concentrato di poteri, volò con loro nel mondo umano,
oltre la grande
catena montuosa che divideva quella valle dal resto del mondo. Volava
sopra le
foreste, nei piccoli villaggi e nelle grandi città;
all’improvviso i respiri si
separarono, ognuno seguiva la propria strada e il proprio istinto.
Ognuno era andato alla ricerca
del proprio cavaliere.
Sorrise, Talwyn, era andata
contro ogni volere dei suoi fratelli, delle divinità,
seguendo le parole di un
vecchio drago e di antiche leggende, ma dentro di sé, sapeva
di aver fatto la
cosa giusta, di aver salvato Jewel, gli uomini e i ricordi che questi
avrebbero
preservato con le leggende delle divinità e dei grandi
draghi. Il suo compito era
terminato, ora doveva solo attendere che le profezie si avverassero e
che i
dodici draghi caduti in un sonno profondo si svegliassero per volare
dai loro
cavalieri.
Molti
secoli dopo…
L’esplosione
riecheggiò tutt’intorno a lei.
Fuoco, il fuoco stava divorando
ogni cosa.
Un vento rovente si abbatteva
sulla valle, creature demoniache, esseri senza volto devastavano ed
uccidevano.
Il cuore le batteva.
Aveva paura!
Un sentimento forte, vivido, un
terrore mai provato sino a quel momento si stava facendo strada in lei.
Un brivido percorse il suo corpo,
Talwyn non sapeva quanto tempo fosse passato da quando aveva rilasciato
i
poteri dei draghi nel mondo umano. Secoli, ere, non lo ricordava.
In alcuni istanti, mentre
attendeva quel momento, aveva creduto che quanto fatto fosse solo un
sogno.
Un sogno che in quel momento si
era trasformato in un terribile incubo.
Le parole di Dragon alla fine si
erano avverate.
Respirava a fatica, i suoi poteri
si stavano indebolendo, la barriera a proteggere quell’ultimo
avamposto sarebbe
caduta e lei e i suoi ultimi compagni sarebbero morti.
Una lacrima le rigò il volto
macchiato di sangue e fuliggine, la sua mente ripercorreva quelle ore,
l’arrivo
del nemico, i suoi fratelli, i suoi compagni che cadevano uno ad uno.
Lo stesso Dragon con i suoi
draghi erano morti per salvarle la vita, ma il loro era stato un
sacrificio
vano, lei non era abbastanza forte per proteggere gli ultimi superstiti.
Chiuse gli occhi mentre una fitta
di dolore l’attraversava, la barriera crollava e intorno a
lei tutto si faceva
scuro e buio.
Mentre la coscienza e la vita
l’abbandonavano ebbe un’ultima visione, rivide quei
poteri rilasciati tanto
tempo addietro. Li rivide solcare i cieli azzurri di Jewel, e poi i
volti e
nomi riecheggiarono nella sua mente.
Tanet era un bambino dai capelli
color del fuoco, le iridi brillanti e lo sguardo imbronciato, solcava i
cieli
dove risplendevano le sue ali scure, lo stemma dei draghi di fuoco
brillava
sulla sua carnagione chiara. Era potente, un giorno sarebbe divenuto un
abile
guerriero. In quella visione si sovrappose un volto a quello di Tanet,
occhi
azzurri e capelli color dell’oro, un amplificatore, un essere
dotato di quei
poteri sconosciuti di cui parlava Dragon secoli addietro nelle sue
storie.
Siegfried era potente, ancora un
bambino nel suo sogno, brandiva una spada demoniaca e mieteva vittime
fra i
demoni lungo le foresta al confine dei monti Iceland, era forte, nei
suoi occhi
vi si leggeva la saggezza e il coraggio, presto anche lui avrebbe
trovato qualcuno
per cui combattere, che avrebbe accentuato i suoi poteri; intravide gli
occhi
dalle sfumatura viola e
i lunghi
capelli scuri, un nome si fece strada nella sua mente, Tristan, quel
ragazzo si
chiamava Tristan.
E ancora un nuovo volto, un altro
ragazzo dai pensierosi occhi verdi, fissava il mondo con
curiosità, intorno a
lui decine di libri. Un altro cavaliere, un altro uomo che avrebbe
avuto
qualcuno da proteggere.
E ancora volti e nomi si facevano
strada in quella visione, fra le tenebre che la stavano portando via.
Talwyn sorrise mentre la morte
s’impadroniva di lei, mentre il buio calava sulla sua mente.
Un sorriso ad ornare il suo
volto. Era felice, il mondo, la sua adorata Jewel non sarebbero rimasti
abbandonati, quei ragazzi, i giovani della sua visione sarebbero
cresciuti
saggi e forti.
Quei ragazzi avrebbero protetto
il mondo che tanto amava, avrebbero risvegliato con i loro poteri i
draghi con
i quali sarebbero scesi in battaglia.
Un nuovo sorriso, mentre
scivolava in terra, mentre le tenebre e il fuoco la portavano via,
facendole
raggiungere i suoi fratelli, tutti coloro che erano morti durante
quella
battaglia.
Vuoto e tenebra, ma il suo cuore
era sereno.
Ferro e fuoco, ma il dolore
presto sarebbe svanito.
Ed infine solo il buio che
portava via il suo ultimo barlume di lucidità e di vita, gli
occhi si chiusero
e tutto svanì intorno a lei.