Nickname
dell’autore |
EffieSamadhi (EFP) | Pocahontas@Effie (forum) |
Titolo |
“Almeno uno di noi deve essere felice, non
crede?” |
Personaggi/Pairing |
Oliver Baston, Oliver
Baston/Katie Bell, Viktor Krum, Viktor Krum/Hermione Granger |
Prompt
usato |
Quidditch |
Rating |
Verde |
Genere |
Introspettivo, Romantico, Sentimentale |
NDA |
La storia si svolge cinque anni dopo la
Battaglia di Hogwarts. Sia Krum che Baston sono giocatori professionisti di Quidditch,
e Capitani delle rispettive nazionali (non avendo trovato indicazioni
diverse, ho posto Oliver come Capitano della nazionale inglese). Le battute
di Krum sono volutamente
sgrammaticate, nel tentativo di riprodurre la sua parlata (anche se mi sembra
di averlo reso più russo che bulgaro). |
[A onor di cronaca, riporto il giudizio di
TheGhostOfYou]
Settimo classificato | Pocahontas@Effie
con Almeno uno dei due deve essere felice, non crede?
Ho ancora gli occhi a forma di cuore per il mio Viktor! Com’è dolce in
questa storia! È un personaggio che apprezzo tantissimo e ti ringrazio per
averlo reso così bene!
Grammatica, sintassi e lessico: 14,8/15 – Non ho notato nulla
di così eclatante; la grammatica è perfetta ed il lessico è davvero buono. Ho
riscontrato solo un paio di punti e di virgole che potevano essere evitati, ma
non è nulla di grave e con una buona rilettura potrai mettere tutto a posto.
Le frasi sgrammaticate sono assolutamente apposite e hai fatto un buon
lavoro.
Stile; 9,8/10 – Hai uno stile molto discorsivo che solitamente non
mi piace, però nella tua storia funziona bene e rende al meglio i due
personaggi descritti.
Titolo: 3/3 – Il titolo riprende
l’ultima frase, quella che mi ha fatto mormorare qualcosa tipo “Povero Viktor,
vieni pure da me!”; è così triste che alla fine solo uno dei due sia felice!
Originalità: 5/5 – Non avevo mai letto
una storia tra loro due che non fosse slash e mi hai
sorpreso positivamente! Cavoli, sei stata originalissima, specialmente per
questa chiacchierata tra i due, che solitamente non viene mai utilizzata in
nessuna storia.
Utilizzo prompt: 2/2 – Il Quidditch è
assolutamente presente in tutto il racconto ed è, oserei dire, l’elemento
scatenante della conversazione tra i due ed il punto d’arrivo: per il Quidditch
entrambi hanno sprecato troppe occasioni.
Caratterizzazione personaggi: 4,8/5 – Oliver è assolutamente IC;
il suo modo di essere così in difficoltà, di non riuscire a parlare… me lo
immagino proprio così. Anche Viktor mi è piaciuto molto, anche se devo
dire che non lo vedo così chiacchierone: però mi ha fatto tanta tenerezza.
Gradimento personale: 5/5 – Come ti
ho già detto, adoro come hai usato entrambi i personaggi e come tu abbia
evoluto il loro rapporto fino a farli confidare l’uno con l’altro la notte
prima di un giorno memorabile per entrambi. Complimenti
Per un totale di: 44,4/45
Almeno uno di noi deve essere
felice, non crede?
Campagne francesi,
Bordeaux, agosto 2003
Se ne stava sdraiato sull’erba umida, le braccia incrociate
dietro la testa, lo sguardo perso tra le stelle. Con un po’ di fortuna, la
mattina seguente si sarebbe alzato con un mal di schiena terribile, dolori alle
articolazioni – magari anche con un febbrone da cavallo – che gli avrebbero
impedito persino di camminare, figuriamoci giocare la finale della Coppa del
Mondo di Quidditch!
Smise di fantasticare.
Era nervoso, Oliver. Era alla sua prima finale, e per di più
era Capitano. Nulla di ciò che avrebbe potuto fare gli avrebbe impedito di
scendere in campo la mattina successiva, nonostante la crisi di nervi che lo
aveva colto quel mattino – e che lo aveva portato a lanciare via le scarpe, da
quel momento date per disperse. In più, si rassegnò a pensare mentre strizzava
gli occhi alla ricerca dell’Orsa Minore, non scendere in campo avrebbe
significato lasciare il testimone in mano a Katie Bell, la seconda giocatrice
con più anzianità presente in squadra. Si mise a sedere troppo rapidamente,
procurandosi un giramento di testa. Mentre si massaggiava le tempie, aspettando
che il fastidio scemasse, pensò che Katie non avrebbe preso troppo bene il suo
forfait. Nella migliore delle ipotesi, lo avrebbe preso a calci per tutto il
viaggio di ritorno, rimproverandogli di essere un codardo e di pensare soltanto
a se stesso.
Sospirò, piegando le ginocchia contro il petto. In quel
momento sarebbe dovuto essere nel proprio letto a dormire, a riposare per il
giorno dopo – così come aveva consigliato ai propri compagni di squadra,
minacciandoli di terribili ritorsioni se li avesse sorpresi in giro a fare
altro. Bell’esempio che sei, Oliver –
si disse, togliendosi una scarpa per eliminare un fastidioso prurito al piede.
Mentre si grattava in maniera quasi furibonda, fece correre lo sguardo lungo
gli spalti dello stadio costruito in mezzo alla campagna, celato ai Babbani da
potentissimi Incantesimi di Disillusione e Imperturbabilità.
Negli anni gli era successo di giocare in condizioni quasi
impossibili – pioggia, neve, vento, febbre, costole incrinate, caviglie slogate
–, ma mai aveva provato tanta paura. E dire che giocava a Quidditch da ormai
sedici anni, volendo contare anche il primo anno a Hogwarts, quando era stato
nominato riserva e aveva giocato sì e no una ventina di minuti durante gli
allenamenti. Provò ad immaginare come sarebbe apparsa l’arena alla luce del
giorno, con gli spalti gremiti di spettatori e le due squadre schierate sul
campo, nelle loro divise lucenti, aspettando che l’arbitro – un mago giapponese
che in inglese sapeva pronunciare soltanto i termini tecnici di base dello sport
– desse il via alla competizione più importante della sua vita. Gli si strinse
lo stomaco in una morsa fastidiosa, come se due mani invisibili lo stessero
annodando in due o più punti. Deglutì, tornando a guardarsi i piedi.
“Ah, nemmeno Capitano di grande nazionale inglesa dorme, no?”
“Capitano di grande nazionale inglese è molto, molto
nervoso” rispose Baston in tono sarcastico, grattandosi di nuovo la pianta del
piede che lo infastidiva.
Krum mormorò qualcosa, e l’erba umida schiacciata sotto il
sedere di Oliver si asciugò all’improvviso. “Non vuole che tu domani sente
dolore a schiena” si giustificò, sedendosi lì accanto. “Sei grande giocatore,
Cacciatori di mia squadra sono fieri di giocare domani contro Portiere migliore
di mondo.”
“Cos’è, una tattica psicologica per mettermi addosso un po’
di pressione?”
“È verità” rispose l’altro, alzando le spalle. “Forse non
migliore di mondo, ma molto, molto di talento.”
“Grazie. Lo stesso vale per te. Insomma, anche tu hai una
gran bella squadra.”
“Può migliorare. Dopo fine campionato di mondo, arrivano
nuovi giocatori. Anche donne. Prime donne in squadre di Bulgaria.”
“Non avete mai avuto giocatrici donne? In nessuna squadra?”
Krum scosse la testa. “Non è stata abitudine, mai. Io ha
chiesto donne in squadra. Io ha visto donne meravigliose giocare in vostre
squadre, dobbiamo provare anche noi.”
“Questo è vero” sospirò Oliver, rimettendosi la scarpa, “in
Inghilterra abbiamo ottime giocatrici.”
“Per esempio, in tua squadra io ammira molto Spinnet e Bell.
Ottima intesa. Giocano insieme da tanto, sì?”
“Sì, sì, da un sacco di tempo. Hanno iniziato entrambe a
Hogwarts. Squadra di Grifondoro. Adesso sono nelle Holyhead Harpies. Giocano
insieme da una vita.”
“Molto brave, entrambe. Squadra di Grifondora, stessa tua, sì?”
“Eh? Sì, sì. Grifondoro era anche la mia squadra.”
“Allora anche tu gioca con loro da una vita.”
“Beh, sì, ho giocato con loro per molto tempo.”
“Grifondora…
ottima squadra. Squadra di Charlie Weasley, mio Cercatore preferito.”
Oliver non rispose. Con la testa era rimasto a qualche frase
prima, quando Krum aveva detto di ammirare il gioco di Alicia e Katie. Non
poteva far altro che dargli ragione: Alicia e Katie giocavano insieme ormai da
più di dodici anni, avevano condiviso dormitorio, spogliatoio e schemi di gioco
– era inevitabile che la loro intesa si fosse elevata. Eppure, tra le due – e
Oliver se ne rendeva pienamente conto – era sempre e solo una ad attirare la
sua attenzione – e la maggior parte dei suoi rimproveri.
“Io ha detto qualcosa di male? Spero non offeso te – conosco
poco inglesa, ancora.”
“No, non hai detto niente di sbagliato. Ero solo… un po’ perso nei miei pensieri.”
“Vuole parlare?”
Oliver fece spallucce. “Non c’è molto da dire.”
“È donna?”
“Come?”
“Tu pensa a una donna?”
“In verità… in verità, sì.”
“Fidanzata?”
“No, non è la mia… non è la mia fidanzata.” Sospirò. “Siamo
solo amici.”
“Ma tu vorrebbe essere più di amico, sì?”
“Beh, sicuramente. Insomma, lei… lei è… è…” Baston si rimise
in piedi, come se avvicinare la testa al cielo potesse aiutarlo a pensare
meglio. “Lei è speciale, è così… è bella, è intelligente, e ha un carattere
così… è unica, e io vorrei… cioè, speravo… però non…”
“Io credo tu è un po’ confuso.”
“Sì, forse.”
“Perché non prova a iniziare da principio, così io riesce a
capire, sì? Per esempio, chi è donna di mistero?” Oliver si cacciò le mani in
tasca, riflettendo sulla potenziale pericolosità di quanto Krum gli aveva
chiesto. Chi gli assicurava che si trovasse lì per caso e volesse essere solo
un confidente? Per quanto ne sapeva, poteva essere una tattica: probabilmente
era in cerca di informazioni da usare contro di lui il mattino seguente. Sta cercando il mio punto debole –
pensò, scrutandolo torvo. All’improvviso, il bulgaro proruppe in una risata.
“Oh, io sa cosa tu sta pensando. Tu crede che io venuto fin qui per cercare
informazioni per vincere più facilmente partita di domani!” Un nuovo accesso di
ilarità gli impedì di continuare.
“Non… non è così, dico bene?”
“No, no, per carità! Io non farebbe mai malvagità così
grande per vincere partita. Io conta solo su preparazione mia e di miei
giocatori. Se non vuole parlare, non parlare, ma non pensare che io vuole
soltanto sapere segreti per usare contro te.”
“Scusa, è che… sono sospettoso di natura. È anche per questo
che non sono mai riuscito a tenermi una ragazza, credo.” Si sfilò entrambe le
scarpe, abbandonandole sul prato, e mosse i piedi scalzi sulla porzione di erba
non ancora asciutta. “È Katie. Katie Bell. La ragazza di cui parlavo prima.”
“Bella ragazza, molto.”
“Sì, è bella. Eppure – sembrerà strano, ma è così – non è
della sua bellezza che mi sono innamorato.”
“Tu è innamorato?”
“Da morire”
confessò Oliver, ringraziando che fosse notte. Arrossire per una ragazza era
una di quelle cose che avrebbero potuto screditare la sua immagine di solido
professionista – beh, certo, sarebbe stato meglio se non avesse sospirato come
una mammoletta. “Mi ricordo ancora la prima volta che mi sono accorto della sua
esistenza. Si presentò ai provini per la squadra, ed era così… Merlino, era
praticamente una nanetta” concluse con un sorriso. “Eppure non ho mai visto
nessuno volare meglio di lei – escluso Harry, naturalmente. Ma non solo era
brava, era anche… socievole, espansiva. Fece subito amicizia con tutti, e… era
l’unica che riuscisse a tirarmi su di morale quando mi deprimevo troppo per una
sconfitta. Una volta” aggiunse, cercando di trattenere una risata, “una volta
minacciò di sfondare la porta del bagno per tirarmi fuori dalla doccia. Una
lunga storia” concluse, notando lo sguardo perplesso dell’altro ragazzo. “Il
fatto è che Katie è… è l’unica che riesca a capire il mio amore per il
Quidditch. Il Quidditch è… è parte di me, non riesco a farne a meno. Non posso
smettere di amare il Quidditch, non posso spegnere la mia passione con un… interrompente… intertagliatore… intersecante…
come diavolo si chiama quell’affare Babbano?” Baston stava andando in crisi.
Eppure ce l’aveva messa tutta per imparare quella parola…
“Tu voleva dire interruttore,
sì?”
“Sì, esatto. Interruttore.
Ecco, non posso spegnere la mia passione per il Quidditch con un interruttore.
Io sono fatto così, io amo il Quidditch. Io sono
un giocatore di Quidditch, non cambierei per nessuno. Non posso cambiare.”
“Lei ha chiesto a te di cambiare?”
“No. No, non l’ha fatto.”
“E allora dove è problema? Io non vede problema.”
“Il… il problema è che io ho paura che lei me lo chieda. Che
mi chieda di cambiare.”
“Tu non può pensare cosa lei farà. Io crede che tu pensa
troppo, Oliver.”
“Sì, questa non è una novità.”
Oliver rimase in piedi al campo dove avrebbe giocato di lì a
otto ore, scalzo, mordicchiandosi l’interno della guancia per frenare le mille
parole che aveva in testa. C’erano così tante cose che avrebbe voluto dire, di
Katie… ma non era il luogo e non era il momento. E pensava che nemmeno la
compagnia fosse quella giusta.
O almeno, lo pensò fino a quando Viktor non interruppe il
silenzio nel quale entrambi si erano chiusi. “Io sa cosa tu prova. Io ho amato
una ragazza come tu ami Katie. Io sa cosa tu prova.”
Oliver tornò a sedersi, incrociando le gambe, in attesa di
sentire il resto del racconto. Krum, però, non sembrava intenzionato a
continuare. “Eh no, signor Capitano della nazionale bulgara, io ho vuotato il
sacco. Adesso tocca a te. Chi è lei?”
“Io credo tu conosce lei meglio di me. Lei era a Grifondora, come te.”
Baston passò rapidamente in rassegna i propri ricordi.
“Hermione Granger, dico bene?”
“Da chi tu ha saputo?”
“Non ricordo. Forse me lo raccontarono Alicia e Katie, forse
Fred e George. Hermione è una ragazza in gamba.”
“Sì, lei è. Io… vorrebbe aver preso occasione quando il
momento era giusta. Io… io l’ha
lasciata andare, e l’ha persa.”
Oliver strappò qualche filo d’erba. “Che è successo?”
Krum sospirò, stendendosi sulla schiena, lo sguardo rivolto
al cielo. “Lei era ancora bambina, doveva finire scuola. Io era più grande,
doveva tornare in Bulgaria. Diversi impegni, diverse… come si chiamano? Re…
resp…”
“Responsabilità?”
“Sì, responsabilità. Io pensava che momento non era buona, che era momento sbagliata.”
“E in realtà era il momento giusto.”
“Io crede di sì. Ma tu sa, era giorni difficili: guerra,
Voldemort, lei era ancora studentessa… io pensava di avere tutto il tempo di
mondo.” Oliver capì il disagio di Krum: poche settimane prima, Ron Weasley e
Hermione Granger gli avevano spedito una partecipazione per il loro matrimonio.
Era per l’autunno. “E ora lei sposa un altro.”
“Ron Weasley è un bravo ragazzo” buttò lì Oliver. Non lo
aveva mai frequentato molto, ma si sentiva in dovere di spendere una buona
parola per lui. In fondo, era il migliore amico di Harry Potter: non poteva
essere un mascalzone.
“No, io sa che è ragazzo bravissimo. Io sa tutte le cose che
ha fatto con suo amico Harry Potter, ma… io continua a pensare che ha stato… primo ragazzo di Hermione. Io mi chiede…
mi chiede come poteva andare se…” Si
rimise a sedere, ancor più rabbuiato del solito. “Io crede di essere simile a
te, Oliver Baston. Io vive per Quidditch, io respira Quidditch, io conosce solo
Quidditch. Io non sa come vivere come persona normale, e crede che nessuna persona è fatta per vivere con Viktor
Krum, con ritmi di Viktor Krum, con regole di Viktor Krum.” Si alzò,
spolverandosi i pantaloni con le mani. “Io crede però di essere anche diverso
da te, Oliver Baston. Io amava ragazza che non conosceva Quidditch. Tu è
innamorato di ragazza che ama Quidditch con tutto suo cuore.”
“Sì, questo è vero. Katie ama il Quidditch.”
“E allora perché non potrebbe amare anche te?” Oliver
abbassò la testa. Non aveva risposte a quella domanda. “Io dico che tu dovresti
dire a lei quello che tu prova. Domani, quando partita sarà finita. Tu parla
con lei, parla con lei come ha parlato con me questa sera.”
“E se mi dice che… e se mi rifiuta?”
“Tu non ha paura di giocare finale di Coppa di Mondo, Oliver
Baston. Tu ha paura di essere respinto?”
Baston sorrise. Era evidente che Krum non conosceva così
bene Katie, altrimenti avrebbe saputo delle sue potenzialità distruttive. “Hai
ragione. Le parlerò.”
“Dopo finale, mi raccomando. Non prima.”
“Dopo la nostra sconfitta, volevi dire.”
“Non darebbe per scontato. Vostro Cercatore non è così male.
Buonanotte, Oliver.”
“Buonanotte, Viktor.” Lo lasciò allontanare di qualche
passo. “Grazie. Per tutto.”
Krum si strinse nelle spalle, spingendo le mani in fondo alle tasche. “Almeno uno di noi deve essere felice, non crede?”