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Autore: nuvolenere_dna    10/05/2012    10 recensioni
[ Il principe del crimine di Gotham era abituato al senso del pericolo, all’adrenalina che stringe il cuore e la gola in una morsa crudele e dolorosa, ma non era ancora per niente avvezzo alla presenza di quella donna, così totalmente e follemente innamorata di lui da turbarlo, così perfetta e a lui così complementare da spingerlo ad allontanarla per una qualche ignota motivazione. ]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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nothing to me LADIES AND GENTLEMEN, benvenuti alla mia nuova fiction.
L’ho messa nella sezione Film perché il Joker che descrivo e di cui parlo è indubbiamente e indiscutibilmente (?) quello di Heath Ledger: oscuro, bellissimo, con quelle labbra da sogno, psicopatico, incomprensibile, passionale e meraviglioso (!).
Paro già eventuali critiche di OOC dicendo che a mio parere questo Joker è imprevedibile anche caratterialmente, instabile specialmente dal punto di vista emotivo e sentimentale. Harley Quinn è invece modellata su quello che conosco dei fumetti e della serie animata.

Avvertimenti:
1. Lei di solito lo chiama “puddin’”, che in italiano sarebbe “budino”, decisamente orrido, sostituito da me con “pasticcino”, mooolto più carino.
2. Lui a volte la chiama “cupcake”, termine abbastanza intraducibile, tradotto da me con “tortina”, che mi sembra avvicinarsi a sufficienza al significato originale.
3. La fiction tratta di un momento all’inizio della loro relazione (ovviamente dopo che Joker evade dall’Arkham Asylum con l’aiuto di Harley).
4. Il brano che introduce la fiction è una delle mie canzoni preferite (lo so che non vi interessa, xD)
5. la parte in corsivo è il sogno del Joker, mentre le frasi o parole qua e là in corsivo servono per evidenziare particolari momenti.
Buona lettura! Mi farebbe piacere avere il vostro parere! :D

ND
 
Nothing To Me
 
 [ A three-chord symphony crashes into space
The moon is hanging upside down
I don’t know why it is I’m still on the case
It’s a ravenous town
And you still refuse to be traced
Seems to me such a waste
And every victory has a taste that’s bittersweet
And it’s your face I’m looking for on every street ]
 
Dire Straits – On Every Street
 
 
- Rimani qui, se proprio ci tieni. Ma non darmi fastidio e lasciami dormire. – aveva sibilato perentorio il Joker, ancora dentro di lei, appagato e sconvolto dal piacere dell’orgasmo, gli occhi scuri ed enigmatici che scintillavano di emozioni per lui sconosciute e inspiegabili. Harley sentì il proprio cuore balzarle in gola: non le era mai stato permesso di rimanere durante la notte, indipendentemente dalle sue preghiere e dalle sue suppliche. Si era sempre limitato a ordinarle di andarsene e lasciarlo solo, completamente sordo alle sue richieste insistenti.
- Oh, Mr. J.. – sussurrò, sorpresa e raggiante, mentre con una mano raggiungeva una guancia dipinta per accarezzarla, e con l’altra lo stringeva a sé, godendo del calore del suo corpo e facendo aderire i propri seni morbidi al suo petto ampio e glabro. Il Joker scosse infastidito la testa e si liberò bruscamente dalla sua stretta, lasciando la sua intimità e stendendosi su di un fianco sul bordo del letto, dandole la schiena.
Il principe del crimine di Gotham era abituato al senso del pericolo, all’adrenalina che stringe il cuore e la gola in una morsa crudele e dolorosa, ma non era ancora per niente avvezzo alla presenza di quella donna, così totalmente e follemente innamorata di lui da turbarlo, così perfetta e a lui così complementare da spingerlo ad allontanarla per una qualche ignota motivazione. Una strana sensazione simile alla dolcezza a volte lo pervadeva, e si scopriva a non desiderare la sua morte, ma anzi a sperare di averla ancora a lungo accanto a sé: non lo avrebbe mai ammesso, ma gli piaceva stare con lei.
Ed era questo il problema. Mentre si girava, escludendola dalla propria vista, poteva giurare di sentire ancora lo sguardo di lei percorrere la sua schiena, il suo respiro caldo solleticargli i capelli mossi e disordinati, il suo amore avvolgerlo, facendolo sentire calmo e al sicuro. Si addormentò quasi immediatamente, cullato dal silenzio e dalla notte incipiente.
 
Gli occhi chiari e marini di Harley accarezzavano quella schiena nuda dalla pelle nivea e delicata, la cui candida perfezione era spezzata da profonde ed estese cicatrici, frutto delle violenze perpetrate e subite nel corso della sua intera esistenza di criminale. Si ritrovò a immaginare di chiedergli come se le fosse procurate, per poi toccarle e baciarle con delicatezza, ma sapeva perfettamente che il Joker non glielo avrebbe mai e poi mai rivelato: lui non parlava mai del suo passato e ogni qualvolta che lei aveva tentato di spingerlo a confidarle qualcosa aveva solo ottenuto abbondante rabbia e un deciso rifiuto, contornato da parole decisamente poco piacevoli.
E lei non voleva certo rovinare un momento speciale come quello.
*
Nemmeno se lo avesse desiderato fortemente, Harley sarebbe riuscita ad abbandonarsi al sonno. Era talmente emozionata da quel gesto, inaspettato e inspiegabile, che non poteva fare a meno di chiedersi il perché del suo cambiamento. Non era successo niente di particolare, e ormai lei si era arresa all’evidenza dei fatti: era inutile continuare a chiedergli di dormire insieme, se lui continuava a rifiutarla senza nemmeno una motivazione.
E invece il Joker l’aveva stupita, l’aveva colpita, l’aveva sconvolta, come sempre.
Continuò almeno per altre due ore a osservare la linea dei suoi fianchi alzarsi e abbassarsi nel respiro ritmico e lento del sonno, quando il Joker cominciò ad agitarsi in preda ad un incubo notturno, che lo indusse a serrare i pugni e la mandibola, mentre il suo respiro diventava rapido e affannoso.
 
- Come ti senti adesso, schifoso clown da strapazzo? Che cosa credi, che a Gotham City le voci non circolino? Abbiamo saputo della tua puttanella, sai? – urlò con disprezzo il sequestratore, trionfante, scoperto il punto debole del nemico apparentemente invincibile.
- Sai almeno con chi stai parlando? Io sono il Joker, capito? Ti ritieni così forte da minacciare il Joker? – rise, sguaiato, mentre con uno strattone faceva scivolare fra le proprie dita il pugnale nascosto nella manica della camicia. Rialzò lo sguardo, e notò con orrore che il sequestratore aveva puntato una pistola alla testa di Harley, spaventata e in lacrime ai suoi piedi.
- Non t’importa di lei? Non t’importa che muoia? Allora non avrai problemi se io ora premo il grilletto e la uccido, vero? – rise divertito l’uomo, ormai convinto di averlo in pugno.
Joker non riusciva a capire: non trovava le sue armi, il suo usuale corredo di bombe a mano era scomparso, la sua proverbiale capacità di elaborare piani di fuga e strategie immediate pareva essersi spenta insieme al suo coraggio e al suo sprezzo del pericolo. Era paralizzato, immobile, incapace di reagire: l’unica cosa che vedeva era Harley e quella pistola contro le sue tempie.
Ma cosa stava succedendo? Perché avrebbe dovuto interessarsene? Se anche fosse morta, che cosa sarebbe cambiato? La morte di quella donna non lo riguardava affatto, non era niente per lui: sì, ci era andato a letto un paio di volte, ma nient’altro. Certamente non la amava o cose del genere: non aveva davvero alcuna importanza, continuava a ripetersi.
Nessuno può ricattare il Joker. Semplicemente perché non esiste nulla di cui gli importi.
  *
- Fai quello che ti pare. Non mi interessa di lei. – mormorò freddamente, senza guardarla, fingendo di non percepire il debole tremore nella propria voce.
Ma quando lo sparo gli rimbombò nelle orecchie e la vide accasciarsi a terra con un rivolo di sangue che macchiava le labbra, non poté evitare di vedere i suoi occhi marini spalancarsi e fissarlo, ancora pieni d’amore e di tenerezza per lui. Anche di fronte alla morte avvenuta per causa sua, Harley non aveva smesso di amarlo, ma anzi lo salutava con lo specchio della propria anima, lucido e desideroso di imprimere dentro di sé l’immagine dell’amato per sempre.
Una rabbia cieca e folle scoppiò dentro di lui come una delle tante bombe che era solito far esplodere per divertimento; impossibilitato a controllarsi, il Joker si lanciò contro il sequestratore, stringendo compulsivamente fra le dita ruvide il pugnale e urlando per la prima volta il suo nome, mentre i lineamenti del suo viso si concentravano in una smorfia terrificante, accentuata dalle ampie labbra scarlatte e dal pallore della sua pelle.
 
Harley continuava a guardarlo con aria preoccupata: il Joker sembrava accaldato e sconvolto, non smetteva di agitarsi e di sussurrare qualcosa di incomprensibile alle orecchie della donna, ormai china su di lui.
Ad un certo punto, non riuscì più a trattenersi.
Harley lo avvolse in un abbraccio profondo e affettuoso, cercando di placare il tremore delle sue membra turbate, baciandogli teneramente i capelli mossi e disordinati e beandosi del profumo della sua pelle scarna e chiara. La donna sospirò profondamente e continuò ad accarezzarlo, emozionata.
A causa di quel tocco, per quanto tenue e impercettibile, il Joker si svegliò improvvisamente. Guardò nel buio della stanza e non riuscì a scorgere nulla di definito accanto a sé: solo la notte si rifletteva in quelle iridi cupe e rossastre. Era confuso, non ricordava né dove si trovava né perché: nei suoi pensieri c’era solo Harley, gli occhi azzurri di Harley, lo sparo. Possibile che fosse stato veramente solo un sogno?
Non appena smise di far vorticare i pensieri e le riflessioni per concentrarsi sul presente si accorse con orrore che qualcosa lo teneva fermo: un senso di soffocamento e di claustrofobia lo invase.
Voleva solo che quel luogo si riempisse di luce, di aria e di spazio. Non poteva muoversi liberamente: chi o cosa lo stava trattenendo?
 
Il Joker aveva sempre avuto l’abitudine di infilarsi un pugnale nei boxer prima di andare a dormire, e non appena se ne ricordò riuscì a percepire qualcosa di freddo e metallico appoggiato contro il proprio bassoventre; con una lentezza e un’attenzione maniacale lo raggiunse con le dita e lo strinse nel pugno con determinazione. Chiunque lo stava imprigionando doveva pagare con la propria vita.
Con uno scatto improvviso si girò e con la mano libera colpì il suo aggressore, nel tentativo di carpirne l’identità. Capelli, fini e morbidi, gli si riversarono nei palmi ampi e ruvidi. Il Joker si mosse rapidamente nel buio, salendo sopra l’entità sconosciuta e sovrastandola con il proprio peso, puntandole contro il coltello.
- Pasticcino.. – sussurrò Harley con un filo di voce, le lacrime agli occhi, terrorizzata, allungando una mano verso l’unico abat-jour nella stanza e accendendo la luce. Il suo amante sedeva a cavalcioni su di lei, con un’espressione allucinata sul volto bianco, le labbra vermiglie e lucide strette in un ghigno folle, il pugnale stretto nella mano destra a poca distanza dal suo cuore pulsante.
Il Joker la riconobbe e immediatamente scoppiò in una risata liberatoria, lasciando cadere l’arma dietro di sé e accasciandosi su di lei in preda a degli spasmi incontrollati: ora ricordava tutto, il misterioso assalitore notturno non era altro che Harley, alla quale aveva permesso di dormire con sé per la prima volta. Si sentì ridicolo per l’essersi fatto suggestionare da uno stupido e irrilevante incubo.
 
Rise, rise, e ancora rise in quel suo modo isterico e caricaturale, trascinando con sé anche lei, che nel frattempo aveva intrecciato le proprie dita alle sue per tranquillizzarsi.
 
E’ solo colpa tua se io sono debole.
 
Ritornò serio in un istante, gli occhi improvvisamente colmi di oscurità, i lineamenti stretti in una maschera di serietà e tensione che non lasciava trasparire emozioni.
- Harley. Ti avevo detto di lasciarmi dormire. – disse con un tono all’apparenza calmo, ma in realtà venato di rabbia e ostilità. – Te lo avevo detto o no? –
- Sì.. ma.. Eri agitato e volevo solo aiutarti a dormire meglio.. – si difese la donna, tenendogli stretti i polsi e portandoseli alle labbra per baciarli, sperando di placarlo.
 
E’ solo colpa tua se io sono debole.
 
- Ti avevo detto di lasciarmi dormire! – urlò, isterico, abbassandosi su di lei. Si liberò e avvolse le mani intorno al suo collo, nel tentativo di soffocarla – Tu non sei niente per me! Hai capito, Harley? Hai capito? Non lo sarai mai! Per me non significhi niente! Io ti odio! Potresti  anche morire e a me non importerebbe, hai capito?
- Ma.. ma.. io ti amo, pasticcino.. – sussurrò lei fra le lacrime, faticando a respirare a causa del pianto sempre più forte e del suo tentativo di mozzarle il fiato – Io ti amo e voglio solo stare con te..
- Non è vero! Non mi importa niente di te, lasciami in pace, ti odio, vattene! – urlò il Joker, mollando la presa e alzandosi di scatto, afferrando una sigaretta da un pacchetto sul davanzale del balcone e accendendosela in tutta calma, gustandosi il suo sgomento.
- Ma perché devo andarmene? Che cosa ho fatto? Volevo solo starti vicino.. – singhiozzò lei, ancora fra le coperte, guardando la sua figura alta stagliarsi contro la finestra, sempre più lontana, sempre più freddo e assente.
- Vattene, Harley. – ripeté in tono piatto espirando nuvole di fumo bianco, dandole la schiena e cercando di non lasciar trasparire alcuna emozione.
*
Harley si alzò, pallida e confusa, vestendosi davanti agli occhi gelidi e distanti di lui, seduto sul davanzale.
Varcata la porta della camera, non riuscì ad andarsene come avrebbe dovuto: il pensiero di separarsi da lui la distruggeva, se proprio il Joker non la voleva più, se proprio non aveva più alcun interesse per lei, allora doveva buttarla fuori lui con la violenza, assumendosene la responsabilità.
Si chiuse allora in bagno, girando una chiave dall’aria malsicura e fragile, sentendosi sciocca: il Joker ci avrebbe messo dieci secondi a scassinarla o a farla saltare in aria.
Ma non successe.
Il silenzio impregnava quelle pareti scure e indefinite, rotto soltanto dai singhiozzi profondi e costanti di lei, che nel buio di quello stanzino piangeva il suo amore perduto, che non voleva a nessun costo lasciar andare. Lo amava probabilmente molto più di quanto amava se stessa, si sarebbe fatta uccidere pur di non vivere senza di lui, senza il Joker, che in quel momento sembrava essere indifferente alla situazione e ai suoi sentimenti. Eppure non riusciva a trovare un senso a quello che era successo: fino a poche ore prima il Joker sussurrava il suo nome fra i gemiti, stringendola a sé con una forza e una passione a lei estranea, mentre sembrava non volerla più nemmeno vedere.
 
Il Joker ascoltava il suo pianto, riverso sul letto, esangue e tremante, stringendo nei pugni lenzuola e coperte con una tale intensità da provare dolore. Perché, perché non riusciva a esserne indifferente? Perché non lo faceva ridere la sofferenza di quella donna? Aveva sempre riso di fronte alle lacrime e alle suppliche altrui, mostrando il proprio naturale e inquietante sorriso e non avendo pietà: più le vittime si disperavano, più il divertimento aumentava, scatenando il suo sadismo e riempiendogli il cuore di gioia.
Perché questa volta doveva essere diverso? Cos’era quella morsa che sentiva all’altezza del petto, che gli faceva vibrare lo stomaco? Lui non poteva certamente essere affezionato a lei, il principe del crimine di Gotham non aveva sentimenti per nessuno, o perlomeno non sentimenti positivi: provava in gran parte odio, verso Batman e i suoi alleati, totale indifferenza verso il resto del mondo.
Ma cosa provava davvero per lei, per Harley?
 
Niente. Proprio niente.
 
Sentiva il proprio cuore, ridotto negli anni a essere solo un muscolo che pompa sangue scuro, annerito dalla violenza, dall’astio, dall’ira, dalle malefatte commesse, ricominciare a battere forte, emozionato da un qualcosa di sconosciuto, di inedito, di dolce.
Non è così, non provo niente per lei, si diceva. Io non posso provare niente. Lei è solo il mio giocattolo.
Ma nel ripensare a quel sogno in cui lei era morta a causa sua, si sentiva mancare il fiato e le forze, avrebbe solo voluto non averlo mai visto, non aver mai provato nemmeno per un secondo quel sentimento senza un nome che lo aveva sconvolto in profondità. Perché lo aveva così scosso? Era un qualcosa che dopotutto poteva succedere: erano criminali ricercati, ogni giorno rischiavano la vita e avevano le forze dell’ordine e Batman alle calcagna. Harley sarebbe anche potuta morire.
E se Harley fosse morta, sarebbe davvero rimasto indifferente?
*
I singhiozzi di Harley erano talmente disperati da portarla a giacere a terra, rannicchiata verso la finestra buia e chiusa; il suo corpo esile e stanco non faceva che contrarsi in spasmi violenti che le impedivano di rendersi conto di cosa stava succedendo intorno a lei. Non sentì il Joker scassinare lentamente la porta e neppure i suoi passi lenti e cadenzati avvicinarsi.
- Harley.. – mormorò impercettibilmente, con la voce rotta e oscillante, gli occhi lucidi e umidi, mentre si inginocchiava accanto a lei e accarezzava con dolcezza i capelli biondi sparsi sul pavimento. – Harley, tesoro mio.. Harley..
Il Joker la prese fra le braccia, accorgendosi ancora una volta di quanto fosse piccola ed esile, e cullandola lievemente la riportò sul letto, avvolgendola in un abbraccio pregnante, caldo e carico di affezione, sfiorandole la schiena con le dita ruvide e appoggiando il viso bistrato e dipinto nell’incavo del suo collo morbido, lasciando scorrere liberamente quelle poche e timide lacrime che imperlavano i suoi occhi scuri e malinconici.
- Pasticcino.. Pasticcino.. – pianse lei, ancora più commossa, ma questa volta erano la gioia e il sollievo a emozionarla, perché lui era di nuovo accanto a lei. Scostò il suo viso dal proprio collo per poterlo guardare, per vedere quel trucco di clown reso disarmonico e imperfetto da quelle lacrime inconsuete, che non avevano mai attraversato quelle guance  truccate e deturpate: l’emozione arricchiva i suoi lineamenti particolari e aggraziati di una peculiare bellezza e illuminava il suo sguardo di una dolcezza soave.
*
Harley gli prese il viso fra le mani e con delicatezza baciò le cicatrici agli angoli della sua bocca. Erano per lui un punto sensibile, ma lasciava che lei le sfiorasse e le stringesse fra le labbra perché sapeva che Harley amava incondizionatamente anche quelle, mentre buona parte delle persone che aveva incontrato nella sua esistenza di Joker e precedente le avevano guardate con disgusto e sospetto.
Abbandonò la testa all’indietro a quelle carezze piacevoli, poi finalmente la baciò.
Un bacio passionale, labbra che si sfiorano, che si imprigionano, che lottano, che si mordono, ma anche un bacio dolce, labbra che si assaporano, che si accarezzano, che mescolano i respiri.
*
Non voleva, non doveva, non riusciva a liberarsi di lei.
Non poteva più combattere contro se stesso.
 
Non voleva, non doveva, non riusciva a smettere di amarlo.
Non avrebbe mai potuto combattere contro se stessa.
*
Il Joker si staccò da lei, per sdraiarsi al suo fianco e avvolgerla ancora, prendendo il suo viso e portandoselo sul cuore, affinché lei si addormentasse sul suo petto, cullata dal battito calmo del suo cuore rosso e pulsante, vivo e carico di emozioni sconosciute.
- Ti amo, pasticcino.. – bisbigliò Harley, le labbra che sfioravano un capezzolo scuro e tenero, una mano affondata nella sua schiena martoriata, l’altra persa fra i suoi capelli mossi e olivastri, come a volerlo stringere per sempre, impedendogli di andarsene, di lasciarla sola e abbandonarla ancora una volta.
- Buonanotte, tortina. – sussurrò roco, finalmente calmo, cullato dal calore del suo corpo, mentre socchiudeva le labbra ampie e scarlatte in un tenero bacio sulla sua fronte.
 
Finalmente, tenendola fra le sue braccia, Il Joker smise di tremare.
 
*
  
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