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Lo stomaco
inizia a tremargli come se avesse ginocchia che non lo reggono più, ginocchia
che non reggono una quantità eccessiva di birra. Non fa rumore mentre si dimena
nella pancia di Lui.
La mano
cerca un ultimo conforto, un’estrema unzione, una definitiva preghiera di
conversione;
la cerca
sul legno del tavolo, resistente e bagnato del suo sudore, la sua mano è
sudata.
Le gambe
si sono dimenticate di poggiare sul pavimento, non sentono più le piastrelle di
cotto rosso che pavimentano il locale. Come in preda ad un invisibile
formicolio hanno perso anche la più superficiale cognizione della superficie
che accarezzano i piedi.
Se gli
occhi fossero aperti, probabilmente si allarmerebbero nel vedere il cameriere
farsi sempre più vicino e rapire il boccale vuoto davanti a Lui.
Ma gli
occhi rimangono sepolti sotto palpebre edematose.
L’edema
proviene da qualche cosa, da qualcuno che giace sotto la scarpa di Lui.
L’edema
proviene dalla birra.
L’edema
proviene dall’insoddisfazione. Da quella patina gelatinosa che ricopre il non
ricordarsi che rumore faccia un amore che muore.
12
Questa
serata, in silenzio.
Si consuma
un dito di Lui sul tasto di un cellulare che squilla.
Lo
accarezza, lo tasta, lo sente, ne scandaglia la superficie con gli occhi del
tatto.
È ruvido,
fatto per una presa salda, per non sfuggire neppure dalle dita della persona
più frettolosa.
Sembra
impossibile resistervi, il tasto si fa schiacciare.
Ma Lui
deve. Lo impone a dita che non sente più sue. Le ha perse nell’ultimo boccale.
Quello che
il cameriere ha portato via pochi minuti fa.
Adesso il
boccale è insieme ad altri boccali, se gli occhi ubbidissero,
se
riuscissero a liberarsi del peso dell’emorragia,
se
vincessero l’insoddisfazione,
se
accettassero la visione di sorrisi misti di vetriolo e gessi che fischiano su
lavagne bianche.
Allora
vedrebbero un boccale insieme a tanti altri boccali in un lavabo. Pieni di
schiuma.
Ma quello
che solo il cuore potrebbe vedere,
è la
risposta alla domanda di una sera in un pub.
Nessuno
dei compagni del boccale di Lui
Era
bagnato di saliva.
Non quanto
lo era il suo.
13
Entra
finalmente la rabbia nel tasto del cellulare.
Ancora è
appoggiato sul tavolo, ma la conversazione è già attiva.
Si sente
una voce, un sogno di voce femminile che si perde nella confusione del pub.
Vola tra i
sorrisi e li tinge di apprensione.
Giunge
alle orecchie di Lui e lo provoca.
Tocca le
mura ed i tavoli e li avverte del suo imminente arrivo.
Entra la
rabbia nel tasto del cellulare, che resta sul tavolo.
Lui non
vuole portarselo all’orecchio.
Ma la voce
femminile riecheggia adesso più forte di qualsiasi sproloquio di un ubriaco.
Per
coprire il sangue che potrebbe uscire dall’orecchio destro,
Lui vi
porta il cellulare.
“Sì
No.
Sto bene.
Davvero.
No, non
importa.
Ma…
Va bene.”
Parole di
una discussione di ordinaria preoccupazione.
Meglio che
Lui si alzi.