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Dal
telefono è uscita una voce, la stessa che si stava diffondendo nell’aria.
La voce
che è uscita dal telefono si stava diffondendo nell’aria poco prima, accarezzando
urli e schianti, mitigando la festa di un locale fiorentino e ferendo a morte
le orecchie di Lui che tentavano di farsi rapire dalla confusione.
La voce ha
parlato, apparteneva ad una ragazza conosciuta, una ragazza che sembrava
promettere a Lui di far sparire quella pesantezza che lo teneva inchiodato al
tavolo, gli occhi edematosi.
Ha detto
molte cose, molte più di quante ne avrebbe potute dire nell’arco di tempo che
la telefonata ha occupato;
ha parlato
di malessere, di qualche problema che Lui non comprendeva;
ha parlato
di un locale, ma suonava più come una domanda;
ha
espresso idee confuse riguardo a cause di probabili ebbrezze;
ha fatto
menzione di una macchina e di un’altra ragazza;
ha
continuato a lungo con parole che sembravano volersi insinuare nelle orecchie
di Lui fino a farle esplodere in una detonazione sanguinolenta.
A Lui non
è sembrata utile, quella voce.
A lui è
sembrata una costrizione, ascoltare quella voce.
Una frase
però
Una sola
l’ha colpito.
“Arriviamo”
15
Arriviamo,
stai sicuro che arriviamo.
Anche se
non vuoi arriviamo.
Perché
quando volevi che arrivassimo,
ce l’hai
chiesto.
Ci hai
chiesto di arrivare anche se non avresti voluto.
Arriviamo.
Preparati.
Alzati che
arriviamo.
16
Una voce
di ragazza l’ha invitato ad alzarsi.
Cade il
mondo.
Si ribalta
e lo sbalza fuori dal suo asse, la pesantezza l’ha tradito.
Il piano
di rotazione è stravolto, urla impazzito mentre il pavimento si fa vicino.
Solo il
freddo di mattonelle di cotto rosso.
Lo sente
sulla guancia che inizia a far male.
La caduta
libera si è conclusa sul pavimento rosso di un locale di Firenze.
Per
rialzarsi e guardare con nuovi occhi una notte che sta iniziando,
bisogna
essere caduti su un pavimento di cotto rosso.