Capitolo XVII
Scherzare col fuoco
Lady
Sarah sapeva che il tempo scarseggiava. Il
suo sesto senso le diceva che l’assassino avrebbe presto colpito, ed
ora che
aveva apertamente parlato dei suoi sospetti su Von Webb era giunto il
momento
di passare all’azione. Non poteva e non doveva attendere oltre,
n’andava della
vita della sua protetta; perciò aveva elaborato un piano che prevedeva
quello
che aveva temuto sin dall’inizio. Ma faceva parte del suo lavoro.
Tornò
nel salotto dove si teneva il tè
dell’Imperatrice, sperando che gli invitati, in particolar modo un
invitato,
non se ne fossero andati.
Fu
fortunata.
Il
piccolo ricevimento era ancora in pieno
svolgimento, anzi Sua Maestà si era seduta al piano e stava suonando
melodie
tratte dal suo personale repertorio, mentre gli invitati erano
impegnati chi
nell’ascolto, chi in conversazioni mondane.
Lady
Sarah fece il suo ingresso in maniera
discreta, ma non abbastanza da impedire al Conte Von Webb di notarla ed
esserle
immediatamente accanto.
“Milady”
la salutò.
“Conte,
come vedete sono tornata” rispose lei
sorridendogli seducente.
“Auspicavo
un vostro ritorno. Da quando avete
lasciato questo piccolo consesso è come se il sole avesse abbandonato
il
salotto.”
La
dama si nascose dietro al ventaglio piumato:
“Conte voi mi confondete”. Ma i suoi occhi lasciavano intendere
tutt’altro.
Lui
la condusse in un angolo appartato del
salottino, quel tanto che bastava per essere al riparo da occhi ed
orecchie
indiscreti.
“Perché
il Conte D’Harmòn vi ha sottratta alla
mia compagnia?” domandò inquisitore.
“Voleva
solo raccontarmi le ultime…” Lasciò in
sospeso lei. Poi soggiunse: “Caro, caro Klaus, ma perché dobbiamo
parlare di
D’Harmòn? Ora sono qui, con voi, e non intendo abbandonare la vostra
compagnia
per nulla al mondo.”
“Milady,
mia dolce Milady” le sussurrò il Conte
bavarese prendendo le sue mani fra le proprie. “Voi mi avete rubato il
cuore.”
“Ora o
mai più. Batti il ferro finché è caldo” si disse Lady Sarah.
“Anche
voi Conte, sin dal nostro primo
incontro. Dacché vi vidi non ho fatto altro che pensare a voi” disse
con un
filo di voce e dando al proprio tono un’inflessione passionale ma al
tempo
stesso timida, come di chi abbia paura a svelare completamente i
sentimenti che
esplodono in petto.
“Non
dite una parola di più Milady” la tacitò
l’uomo.
“Non
avrei dovuto dirvi quelle cose Conte”
disse affranta Lady Sarah. “Voi siete un uomo sposato e io ho scambiato
le
vostre parole d’amicizia per altro… perdonatemi” e finse di scappare
via, ma
lui la trattenne.
“Voglio
vedervi da sola” affermò deciso il
nobiluomo.
Lei
sgranò gli occhi stupita, come di chi è
incredulo davanti ad un repentino mutamento della sorte: “Dove mio
caro? Dove?”
chiese con apprensione, quasi non avesse fatto altro che sognare quel
momento
per tutto il tempo.
“Fra
tre giorni vi convocherò nel mio studio”
le disse il Conte.
“Tre
giorni” sospirò la dama, “mi sembreranno
un’eternità” e si allontanò da lui.
***
Erano quasi
alla metà del diario, o almeno così supponeva
l’Ammiraglio, eppure non vedeva segni di mutamento nei rapporti fra il
Comandante e il Colonnello. Il dubbio s’insinuò in lui: che
effettivamente
quello che li univa fosse solo una semplice amicizia come avevano
sempre detto
loro?
Non poteva
crederci, per il semplice motivo che, in cuor
suo, era convinto che le cose stessero in ben altra maniera, a dispetto
delle
versioni fornite.
Volendo dare
loro ad intendere che s’interessasse ai
progressi della ricerca, fece in modo di capitare “per caso” in sala
riunioni.
Alla vista
del superiore, Harm e Mac scattarono
sull’attenti.
“Riposo,
Signori. Come procede il caso?” chiese scrutando
ogni singolo battito di ciglia dei due.
“Molto bene,
Signore” rispose Mac. “Abbiamo trovato alcuni
appunti personali dell’Ammiraglio Blackbird nonché alcune lettere alla
moglie,
Mrs. Valerie Sanford Blackbird, dalle quali traspare un qualcosa circa
la
rocambolesca fuga di cui ci ha parlato nell’assegnarci l’incarico.
Purtroppo
ancora non abbiamo trovato il diario di bordo della ‘Medea’.”
Chegwidden
annuì; poi, apparentemente saltando di palo in
frasca, si rivolse ad Harm: “L’ho cercata alcune sere fa, Comandante, a
casa
sua. Volevo parlarle del caso Cresswell, il Tenente Roberts mi ha
chiesto lumi
quando lei era già andato via dallo JAG”.
“Io e il
Colonnello ci siamo… aehm… riuniti per continuare
il lavoro.”
“Spero che la
vostra ‘riunione’
abbia dato i frutti sperati.”
Harm e Mac si
scambiarono uno sguardo complice e anche
questo non sfuggì all’occhio lungo dell’Ammiraglio.
“Sì, Signore.
Abbiamo fatto dei passi in avanti” confermò
Mac.
“Enormi passi
in avanti” aggiunse con enfasi Harm.
“Ammiraglio,
il Comandante esagera come suo solito. Enormi
non è la parola più adatta. Direi piuttosto qualche progresso.”
“Smetterete
mai di essere sempre in disaccordo su ogni
cosa?” chiese Chegwidden leggermente divertito da quella schermaglia.
“Sì Signore.”
“No Signore”,
risposero in coro il Comandante e il
Colonnello.
AJ uscì dalla
sala riunioni augurando ai due ufficiali di
terminare in fretta il loro lavoro.
“Non posso
continuare ancora per molto senza il vostro
apporto, per cui sbrigatevi a mettere le cose a posto” osservò burbero
come al
solito.
Quando il
superiore se ne fu andato, Harm e Mac si
guardarono stupiti.
“Tu pensi che
sappia del diario?” chiese Mac.
“No” negò con
fermezza Harm. Ammettere il contrario
sarebbe equivalso ad ammettere che Chegwidden di proposito aveva deciso
di
metterli davanti ai loro sentimenti utilizzando il diario come
strumento. Non
era possibile che sapesse così tanto su di loro!
E invece AJ
sapeva, eccome se sapeva!
Ancora lo
scopo non era stato raggiunto, ma sospettava che
quell’innocuo quaderno rilegato in pelle avesse portato non poco
scompiglio nei
cuori del Colonnello e del Comandante. Le occhiate che si erano
scambiati e
l’insolita vicinanza fra loro parlavano da sé.
Non riteneva
che si fossero già parlati, anzi dal loro
generale atteggiamento era convinto che fossero ancora ben lontani
dall’aver
chiarito ogni cosa, ma riteneva che a poco a poco, il Destino, grazie
anche al
suo intervento, avrebbe ricondotto tutto sui giusti binari.
Dopo circa
un’ora il religioso silenzio dell’austera sala
riunioni fu rotto da un’esclamazione di gioia di Mac. Si alzò e corse
fuori in
direzione della kitchenette dove Harm si era recato cinque minuti prima
per
farsi un caffè con Sturgis.
Fortunatamente
lo trovò solo.
“Harm!”
esclamò giubilante. “Ho trovato qualcosa di molto
interessante” e gli sventolò sotto il naso una mappa ingiallita e
consunta dal
tempo.
Lui l’afferrò
e la lesse. Poi alzò gli occhi verso la
collega: “Ma questa è…”
“E’ la rotta
della ‘Medea’
da Marsiglia a Southampton e da Southampton a Boston, datata 1857”
completò lei
esultante.
“E se metti
insieme questa mappa con le lettere inviate
alla moglie…” aggiunse Mac.
“… abbiamo la
prova concreta che la storia del Conte e di
Milady è vera! Brava Mac!” si complimentò prendendola per la vita e
quasi
sollevandola da terra.
Istintivamente
lei gli cinse il collo con le braccia e si
ritrovarono così, con gli sguardi inchiodati e i volti pericolosamente
vicini.
Mac sentiva il cuore che batteva come un forsennato, udiva il rombo del
sangue
che urlava nelle vene, sentiva le tempie batterle, il tremito delle
gambe e
aveva una gran voglia di…
“fare l’amore con
lui”.
Il pensiero
si formò nella mente prima che avesse il tempo
di bloccarlo. Arrossì di colpo e si sciolse dall’abbraccio.
“Non ho
compiuto questo gran miracolo” disse, cercando di
darsi un contegno. “La mappa era nello scatolone numero 3. Avremmo
finito col
trovarla prima o poi. E inoltre non prova ancora nulla. Conferma solo
che
l’Ammiraglio Blackbird, tra la fine del 1856 e il 1857, si trovava in
Europa.”
Harm era
ancora un po’ trasecolato dalle emozioni provate
meno di due minuti prima. Mac gli faceva un effetto devastante, gli
bastava
sfiorarla per desiderarla da impazzire. L’avrebbe voluta in
quell’angusto
locale, fra bricchi di caffè, tè, fiocchi di cereali, biscotti,
zucchero e
cibarie di vario genere. Ma si rendeva conto che i tempi non erano
ancora
maturi, prima di tutto doveva prendersi una piccola rivincita e poi… “Poi ti sorprenderò Sarah Mackenzie” si
disse.
“E’ vero,
dobbiamo ancora collegare l’Ammiraglio al conte
e lady Sarah, ad ogni modo questa mappa è un grande passo avanti…”
ammise Harm;
poi si avvicinò e, sfiorandole il collo con un bacio invisibile, le
sussurrò:
“… e tu sei sempre il mio Marine preferito”. Quindi uscì, lasciandola
con la
sensazione che la terra le fosse d’improvviso mancata da sotto i piedi.
Mac si
appoggiò al bancone dove erano messe in bell’ordine
le tazze del caffè del personale dello JAG.
Le girava la
testa.
Avrebbe
voluto rincorrere Harm fuori dalla kitchenette,
abbracciarlo e baciarlo davanti all’intero staff, e dirgli tutto.
Tutto?
“Sì tutto”
mormorò alla confezione di tè verde di Harriett.
Tuttavia non
fece niente di tutto questo. Una volta di più
la paura di essere rifiutata, nonostante il suo comportamento nelle
sere
precedenti avesse lasciato intendere il contrario, prese il
sopravvento.
Pertanto si limitò ad ingollare d’un sorso un bicchiere d’acqua fresca,
a
desiderare ardentemente un calmante e a tornare in sala riunioni con la
mappa
dell’Ammiraglio in mano.
***
Durante
quei tre giorni Lady Sarah aveva fatto
di tutto per non pensare a cosa l’aspettava una volta alla mercé del
Conte. Si
era buttata con entusiasmo nei preparativi per il ballo di Natale
incaricandosi
delle decorazioni del salone e dei regali destinati agli invitati.
Avrebbe
voluto prendere l’iniziativa e scegliere personalmente un piccolo dono
da
offrire al Conte D’Harmòn, ma poi aveva deciso che era meglio lasciare
questo
incombente all’Imperatrice, pertanto si era limitata a fornire solo dei
suggerimenti sull’oggetto più adatto al nobiluomo francese.
“André”
sospirò guardandosi allo specchio. Attendeva da un momento all’altro la
chiamata da parte di Von Webb e aveva sfruttato quel lasso di tempo per
rendersi più bella e desiderabile che mai.
Indossava
un abito davvero poco consono sia
all’ora (era metà mattina) sia al decoro, acquistato in una boutique di
Parigi
all’inizio dell’anno. Una boutique alquanto particolare quella di
Madame
Gèròme… lisciò le pieghe dell’abito di velluto color blu notte dai
riflessi
quasi violacei e sistemò la scollatura a baldacchino che a malapena
conteneva
il seno abbondante.
Di
solito non indossava gioielli, ma per
l’occasione aveva fatto un’eccezione e si era cinta il collo con un
collarino
di velluto dello stesso colore del vestito dal quale pendeva un solo
diamante a
goccia. I capelli erano raccolti in un morbidissimo chignon e al Conte
Von Webb
sarebbe stato sufficiente sfilare il prezioso fermaglio di diamanti e
zaffiri
per godere delle chiome di Milady.
Quel
pensiero le riportò alla mente la
cavalcata con André di qualche giorno prima. Anche lui aveva affondato
le mani
nella sua folta capigliatura ma le sensazioni che aveva provato allora
erano
state molto diverse dai sentimenti di adesso…
Scacciò
dalla mente il volto del francese, le
causava troppa sofferenza e si aggiustò la biancheria intima di pizzi e
di
peccaminose sete francesi acquistati nella medesima boutique di Parigi
da dove
proveniva l’abito.
“André”
sussurrò come un bacio il nome del Conte, “spero
mi possiate perdonare.”
Un
discreto bussare alla porta l’avvisò che la
convocazione era giunta. Raccolse lo scialle di pizzo di Burano ed uscì
dalle
proprie stanze.
“Lavoro,
lavoro, nient’altro che lavoro” continuava a ripetersi mentre
seguiva il
servitore dell’aiutante di campo dell’Imperatore. Ma mai come questa
volta
l’adempimento del proprio dovere le era pesato tanto.
Von
Webb attendeva con impazienza l’arrivo di
Lady Sarah nel suo studio privato, in un’ala del castello molto lontana
dalla
stanza che occupava di norma. Voleva essere ben certo che l’Imperatore
non lo
chiamasse nel bel mezzo di… Sorrise con aria da squalo mentre un
fremito
d’eccitazione lo pervadeva.
La
porta si scostò di pochi centimetri e Lady
Sarah, silenziosa come una pantera, fece il suo ingresso.
“Milady,
siete una visione” si complimentò il
Conte andandole incontro e abbracciandola in maniera che sarebbe stata
giudicata sconveniente.
“André
perdonatemi” pensò un’ultima volta lei mentre sorrideva
seducente al
bavarese.
“Ho
contato le ore e i minuti che ancora mi
separavano da voi, Klaus” disse poi in un sussurro sfiorando con un
bacio le
labbra di lui.
Il
Conte perse del tutto la testa e il
controllo delle proprie azioni.
Strinse
Lady Sarah in un abbraccio da togliere
il fiato e la baciò con prepotenza conducendo entrambi verso una chaiselongue appositamente sistemata per
l’occasione.
La
prese subito, non la spogliò nemmeno
tant’era la bramosia di possederla.
Lady
Sarah lo lasciò fare. Sentiva le mani del
Conte su di sé, dappertutto. Sentì che le slacciava con prepotenza i
bottoni
che chiudevano la scollatura dell’abito, quasi strappandoli dalle asole
per
l’impazienza di posare le labbra sui suoi seni. Sentì la sua mano
trovare il
profondo spacco celato dalle spesse pieghe della gonna e risalire fino
alla
pelle delle cosce non coperta dagli austeri mutandoni in uso presso le
dame
perbene. E poi lo sentì dentro di sé.
Era
disgustata, schifata da quell’animale che
le stava sopra e che faceva l’amore con lei senza il minimo rispetto
per la sua
persona, per i suoi sentimenti, per la sua intelligenza di donna,
nondimeno
finse di assecondarlo.
Quando
tutto ebbe termine si rassettò l’abito e
si mise a sedere, il viso arrossato e i capelli sciolti.
“Non
vi credevo così appassionata e
scandalosamente seducente Milady” osservò lui rimettendosi a posto la
camicia e
infilandosi la giacca della divisa.
“Forse
perché non ho trovato mai l’uomo giusto
con cui esserlo” ribatté civettuola e falsamente soddisfatta
dell’amplesso.
Von
Webb si sedette accanto e le offrì una
coppa di champagne: “Brindiamo alla nostra nuova amicizia” disse
lanciando un
lungo sguardo provocatorio alla dama. “E’ francese, della mia riserva
migliore,
spero lo gradirà” concluse beffardamente.
“Non
amo troppo le bevande francesi e giudico i
francesi in generale un po’ troppo intriganti per i miei gusti” lo
assecondò
lei, bevendo dalla coppa dopo averla intrecciata con quella di lui.
In
realtà il cuore di Lady Sarah sanguinava. Si
sentiva come se avesse tradito qualcuno a lei molto caro. Ma chi?
“Hai
tradito te stessa e i tuoi sentimenti sull’altare del cinismo, Sarah
Jane
Montagu” le suggerì la voce della coscienza.
La
ignorò e si dedicò al Conte.
Bevvero
un secondo bicchiere e il nobiluomo si
sciolse ancor di più, pur sapendo quale fosse la missione che aveva
condotto
Milady a Corte. Lei intuì questo suo stato d’animo e se n’approfittò.
Apparendo
non ancora paga di quanto era
accaduto fra di loro poco tempo addietro, si strusciò contro Von Webb:
“Conte
avete vinto la partita. Non credete che anche io abbia diritto al mio
premio?”
fece le fusa come una gatta in calore.
“Mia
cara, l’avete avuto eccome il premio”
ribatté lascivo.
“Intendevo
un altro genere di premio” continuò
Lady Sarah sporgendosi e mostrando ancora di più il décolleté.
Von
Webb bevve ancora dello champagne. “Perché no?”
si disse. Dopotutto lei
aveva ragione, aveva vinto soffiandola da sotto il naso a quel
bellimbusto
cascamorto di un francese.
“Ebbene
io so chi ha messo quel libro infamante
sullo scrittoio di Sua Maestà” rivelò.
“E
chi è stato?” domandò Lady Sarah
accompagnando la richiesta con un movimento che scoprì una porzione di
gamba
dallo spacco della gonna.
Il
Conte allungò la mano ma lei lo fermò
decisa: “Adesso è il mio turno, Klaus” disse con un sorriso provocante
che
lasciava intendere altre delizie se lui si fosse confidato con lei.
“E’
stata
“Come
fate a saperlo?”
“L’ho
vista che sottraeva quel libro dalla
biblioteca, l’ho seguita e…”
“E?”
lo incoraggiò lei scoprendo ancora di più
la gamba.
“Ho
notato che entrava furtiva nello studio
privato dell’Imperatrice e posava il libro sullo scrittoio.”
“Perché
pensate che l’abbia fatto?”
“L’Imperatore
ha fatto fucilare il Duca
Battyàny dopo i moti ungheresi del 1848 e
“Perché
non l’avete detto a Sua Maestà?”
“L’Imperatrice
espresse il desiderio che non
giungesse alcuna voce alle orecchie dell’augusto consorte.”
“Come
potete essere a conoscenza di questo?”
chiese stupita Lady Sarah. “Quella mattina l’Imperatrice si confidò con
me
sola.”.
“Mia
adorata” le rispose Von Webb
avvicinandosi, “sono molto potente a Corte, ho occhi e orecchie
dappertutto,
anche nei luoghi più segreti di questo Palazzo.”
“Ora
li avete su di me, Klaus” rispose invitante
Lady Sarah allungandosi nuovamente sulla chaiselongue.