044. Hair
Capelli
“Her hair reminds me of a warm safe place / where as a child I’d hide / and pray for the thunder / and the rain / to quietly pass me by”, Sweet Child o’mine, Guns N’Roses
Riza, da quando aveva memoria, portava i capelli
corti. Erano più pratici, più facili da gestire; non bisognava perdere tanto
tempo a pettinarli e asciugarli. Anzi, le piaceva tanto, durante l’estate,
lasciare che fossero il sole e l’aria ad asciugare le ciocche bagnate, che
riversavano piccoli rigagnoli lungo la nuca, rinfrescandola, e che prendevano
quel tocco di selvaggio. L’unico tocco di selvaggio che Riza tollerava nella
sua vita, a dirla tutta.
Però, dopo essere stata a Resembool e aver fatto
la conoscenza di quella ragazzina dalla lunga coda bionda –Winry- aveva deciso
di farsi crescere la chioma. Tanto, con un colpo di forbici in pochi minuti
poteva tornare all’usuale taglio corto.
A voler essere sinceri fu tentata quando i capelli
avevano raggiunto una lunghezza media, poco sotto le spalle, di tagliare, ma
Roy un sera, mentre uscivano dall’ufficio, le aveva detto: «Sai, trovo che i
capelli lunghi ti donino», e così lei aveva deciso che non era ancora giunto il
momento di recidere la chioma.
A Roy piaceva Riza. Tanto. Sotto ogni aspetto e in
ogni maniera immaginabile. Riza gli piaceva come persona, come soldato, come
assistente, come collega, come amica, e soprattutto come donna.
Trovava che la sua femminilità non fosse
schiacciata e repressa sotto la divisa, come poteva capitare a molte donne
soldato. La femminilità di Riza era come la scia di un profumo buono, non
intenso e spudorato; infatti, solo se facevi attenzione eri in grado di
ghermirla. Era delicata e celata, come il bisbiglio di un amante, come il più
dolce dei segreti posato sull’orecchio e Roy non faceva nessuna fatica a
individuarla nel rumore e nel brusio della vita di tutti i giorni.
Quando Riza aveva deciso di farsi crescere i
capelli, la sua femminilità era sbocciata, come un tardivo fiore di magnolia.
Roy avrebbe pagato oro per esplorarla, per poter
infilare le dita nel mare dei capelli della sua assistente e naufragarci
dentro. Chissà se era fluido e tiepido. Pettinarlo con le dita, poi, sarebbe
stato come immergere la mano in un qualche metallo prezioso fuso.
Quei capelli erano il sipario di un grande teatro:
dopo averli scostati lo spettacolo più emozionante della sua vita avrebbe avuto
inizio.
Passò del tempo –inutile cercare di quantificarlo-
prima che Roy potesse godere di quel meraviglioso spettacolo. Ma alla fine era
davvero valsa la pena di aspettare.
Adorava il contatto sul suo petto imperlato di
sudore di quella chioma bionda, che lo solleticava e lo tergeva. Avrebbe passato
le ore a districare i nodi che le si formavano ogni volta che facevano l’amore.
La prima volta in assoluto che l’avevano fatto,
fuori infuriavano tuoni e fulmini; pioveva come non aveva fatto da almeno dieci
anni.
Riza sobbalzava al suo tocco, non al rimbombo dei
tuoni sempre più vicini. Il mondo di fuori poteva pure crollare, se voleva,
tanto loro non vi avrebbero prestato attenzione.
E finalmente Roy aveva potuto impossessarsi di
quella chioma: toccarla, accarezzarla, esplorarla. Così come ogni centimetro di
pelle.
Quel contatto così nuovo, atteso così a lungo
aveva anche un sapore usuale, consumato.
Era come ritrovarsi nel vecchio rifugio tra
l’armadio e il fondo del letto, quando fuori c’era il temporale e lui si
rintanava sotto una vecchia coperta di patchwork consunta, dai bordi sdruciti. Da
bambino Roy aveva paura dei rombi dei tuoni e allora, sotto la sua coperta, con
le mani sulle orecchie, canticchiava una filastrocca che aveva fatto in tempo a
imparare da sua madre. E la paura scivolava via, come le gocce di pioggia sul
vetro della finestra.
Fare l’amore con Riza gli dava la stessa
sensazione di calore e sicurezza, sublimata e perfezionata.
In seguito agli avvenimenti del Giorno della Promessa,
dopo che Riza aveva deciso di tagliarsi i capelli per tagliare anche il passato
e lasciar cadere sul pavimento i suoi dolori, le dita di Roy avevano sostituito
i rivoli di acqua fresca che le scendevano lungo la nuca scoperta dai capelli bagnati.
Il brivido che le sconquassava la schiena a quel contatto non era lo stesso. No, era almeno mille volte più
piacevole. Le dita di Roy conferivano quel
tocco di selvaggio, che lei non disdegnava per nulla.
NOTE FINALI:
Sto riprendendo il ritmo e l'ispirazione torna a sussurrarmi all'orecchio.
E dire che ero partita dall'idea di scrivere il motivo per cui Riza si taglia i capelli nell'epilogo di FMA. Vedi un po' a cosa sono arrivata, così, in maniera quasi del tutto inconsapevole. A dire la verità un po' di consapevolezza c'era e la colpa è tutta da imputare a Baudelaire e ai suoi "Poemetti in Prosa" e ai "Fiori del Male". Non sono come il grande maestro francese, ma spero di essere riuscita a trasmettere una sensazione di sensualità in alcuni passaggi. Ho voluto anche darmi alla metafora selvaggia, così un po' per sport, un po' perché ultimamente non faccio che leggere poesia, se non si fosse capito. Ultima noticina autocelebrativa: avete notato la Rinkcomposition? struttura ad anello, cioè finisce dove inizia e inzia dove finisce?
Vi lascio. Grazie a chi non mi abbandonato nonostante la lunga assenza.
P.s. Traduzione della citazione, giusto per amore di cronaca: "I suoi capelli mi ricordano un luogo caldo e sicuro dove da bambino mi nascondevo e pregavo perché il fulmine e la pioggia mi oltrepassassero in silenzio".
P.p.s. I Guns N'Roses non mi fanno impazzire (si ammazatemi pure, tanto risorgo!), ma la frase della canzone era a dir poco perfetta!