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Autore: lady dreamer    22/05/2012    1 recensioni
"Frammenti di morte/ Perché tutto quello/Che ieri era/Domani potrebbe/Non essere più."
Lorenzo è da sempre innamorato di Giulia nonostante siano stati separati per tanti, troppi anni. Il caso la fa tornare nella sua vita.
Alessandra fugge da qualcosa, forse da qualcuno e trova la morte.
A Lorenzo l'ingrato compito di scoprire da chi proprio quando scopre che nella sua stessa vita ci sono misteri irrisolti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: lo so che bisognerebbe metterle alla fine ma per questa volta faccio un'eccezione XD dato che ho saltato un sacco di aggiornamenti preferisco questa volta farne due... così che il prossimo sarà l'ultimo!

Il giorno seguente venne contattato da Stefano che  gli disse di andare a cercarlo al conservatorio verso le 12.30 quando la sua lezione finiva e aveva inizio la pausa pranzo. Lorenzo, dopo aver riflettuto a lungo, giunse alla rassicurante conclusione che quanto era accaduto la sera prima non era stato abilmente architettato dal destino, da Dio o da chi per loro, ma si trattava semplicemente di un’imbarazzante coincidenza.
Quando uscì di casa alle 12.00 con l’intenzione di percorrere a piedi la distanza tra casa sua e il “Note stonate” non cercava chiarimenti come il giorno precedente, voleva solo trovare se stesso. La sua persona era passata troppe volte in secondo piano: a scombussolare la sua scala delle priorità dapprima Alessandra e la sua morte ancora senza spiegazione e contemporaneamente Giulia e la riscoperta di quei sentimenti che aveva cercato invano di soffocare. Due donne, che pur non incontrandosi mai, orchestravano la sua vita indirizzando le sue azioni quotidiane. Riflettendoci, Lorenzo convenne che sia di Alessandra sia di Giulia sapeva molte cose ma gli mancavano le chiavi di accesso ai loro mondi, alle verità che rappresentavano. Cosa volevano da lui? E lui cosa voleva da loro? Sicuramente pretendeva troppo, incosciamente si aspettava che il mistero sull’omicidio della professoressa di pianoforte si risolvesse autonomamente e, in fondo, sperava che, per il semplice motivo che lui l’amava, Giulia avrebbe dovuto ricambiarlo.
“Le cose non vanno mai come ci si aspetta che vadano” una vocina si fece largo nella massa informe dei suoi pensieri non ancora sviluppati che giacevano ammucchiati con le conoscenze senza fonte. “Perché se il mondo fa come vuole io non posso fare lo stesso ed essere felice?” ma non si rispose perché sapeva che tutta quella questione era fondata su un presupposto sbagliato: si può avere tutto dalla vita.
Soffocò quei pensieri quando giunse davanti al conservatorio. Entrò. L’aveva immaginato tante volte ed in tanti modi diversi ma quando potè osservarne l’interno in prima persona restò interdetto. L’ingresso era molto semplice: vi trovavano posto due armadietti, l’ufficio del portinaio, una bacheca che occupava gran parte della parete e poche altre cose.
“Buongiorno, sto cercando uno dei vostri docenti: Stefano Franchi. Dove posso trovarlo?”
“Provi al primo piano…”
Lorenzo si accorse solo in quel momento dell’ampia e imponente scalinata che conduceva al piano superiore. Arrivatoci, non gli fu difficile individuare un corridoio di classi con le porte chiuse. “Quale sarà quella giusta?” gli venne incontro una figura dal fondo del corridoio. Si trattava di una ragazza che aveva in mano la custodia di un violino. Venne seguita poco dopo da quello che doveva essere il resto della scolaresca. L’ultimo a uscire fu Stefano. “Grazie al Cielo se uscito allo scoperto…Non avevo idea di dove venirti a cercare…”
“Sono qui, ora puoi tranquillizzarti. Come vedi sono sopravvissuto a quella banda di ragazzini!” Non riuscì a trattenere una risata.
“Non mi preoccupavo della tua incolumità, piuttosto della mia sanità mentale…ma lasciamo perdere…Non hai idea di cosa ho scoperto…”
“Non è questo il posto più tranquillo per parlare, seguimi in aula docenti.”
“Non ci potrebbe essere qualcuno?”
“No, oggi l’ultima lezione era la mia e gli addetti alle pulizie vengono dopo le 14.00.”
“Non ho niente da dire: hai organizzato tutto nei minimi dettagli. Meglio che se me ne fossi occupato io…”
“L’umiltà è sempre stata il tuo forte, vero?”
“Passiamo alle cose serie. Ieri sono andato al cinema…”
“E ovviamente dopo aver fatto questa scoperta la mia vita cambierà in modo radicale…meno male che la proposta della serietà l’hai fatta tu!”
“Fai poco lo spiritoso…Hai presente il film Fiori di serra?”
“No, ma visto che tu ci sei già andato con Giulia e io non saprei chi portarci, non dare a me il biglietto omaggio che ti è stato regalato dal direttore del cinema per quei titoli tipo milionesimo cliente.” Sorrise.
“Non ci sono andato con Giulia.” Lorenzo non poteva essere più serio.
“E con chi allora?”
“Da solo.” L’amico, non sapendo cosa rispondere, rimase in silenzio.
“Comunque, ho fatto una scoperta involontaria ma non so se è utile. La colonna sonora è stata scritta dalla donna che è stata uccisa.”
“Da Alessandra?! No, non può essere!” poi abbassando la voce chiese a se stesso “Perché non me l’ha detto?”
“Da quando fai sedute spiritiche?”
“Io?! Ma ti è andato di volta il cervello?”
“Hai appena affermato che una donna defunta avrebbe dovuto comunicarti via fax che la sua composizione aveva avuto fortuna, poi sono io il pazzo!”
“Diciamo che c’è qualcosa che non ti ho detto…”
“Confessa: fai il negromante per hobby.” Intercettò lo sguardo dell’amico e si scusò.
“Ti ricordi quella volta che iniziai a raccontarti la storia travagliata dei miei studi musicali?” Lorenzo annuì. “Tu mi chiedesti chi fosse la ragazza che mi incoraggiò a tornare al conservatorio. Ebbene, è arrivato il momento di parlarti di lei. L’avevo conosciuta qui al Note stonate, si stava preparando per potervi insegnare ma il suo sogno era quello di comporre per il cinema.” Lorenzo strabuzzò gli occhi, aveva avuto un’intuizione che trascinava con sé un terribile sospetto. “Era bellissima, aveva i capelli rossi che teneva spesso raccolti in una treccia e due magnifici occhi verdi. Mi innamorai di lei. Ma partiamo dall’inizio: quando fui costretto ad abbandonare il conservatorio la prima volta, a volte il mio corpo mi riconduceva involontariamente qui. Fu una volta di queste che la conobbi…era imbronciata perchè il suo professore di pianoforte era assente e aspettava impotente che arrivasse l’ora della lezione di solfeggio. Era seduta all’ingresso, sull’ultimo gradino della scalinata. Quel giorno decisi di entrare per salutare il mio maestro e visto che in portineria non c’era nessuno mi rivolsi a lei. Mi rispose che era assente e poi si presentò…”
“Era Alessandra, vero?”
“Sì.” Dopo la confessione Stefano si alzò dalla poltrona su cui era seduto e iniziò a camminare per la stanza con un misto di nervosismo e liberazione.
“Se l’hai uccisa tu non me lo dire, mi basta quello che ho ascoltato per immaginare un movente plausibile.”
La reazione di Stefano fu fulminea: si voltò di scatto e, avvicinatosi all’amico occupò il suo posto di prima quasi scivolando per la foga e lo fissò dritto negli occhi.
“Davvero credi che io, il tuo amico Stefano Franchi, sia capace di fare una cosa del genere?!”
“Da quello che mi hai raccontato e soprattutto dal momento in cui lo hai fatto sembrerebbe che tu sia stato capace di fare molte cose che non avresti dovuto fare…”
“Lorenzo, guardami negli occhi, ti sembro un assassino?”
L’amico osò a malapena alzare lo sguardo per guardare in faccia il suo interlocutore. Stefano sembrava più un angelo del Botticelli che un efferato omicida.
“Da come hai impostato il racconto sembra una tragedia greca dove appena ti distrai salta fuori il dramma…”
“Ti assicuro che non sono stato io.” Lorenzo gli prese la mano e la strinse.
“Ti credo. Mi scuso tantissimo per aver osato dubitare di te, ma questo mistero è tanto fitto che se scoprissi di essere stato io mentre facevo il sonnambulo, la notizia sarebbe ugualmente confortante. Comunque, perché non me lo hai detto prima?”
“Perché mi sembrava impossibile, ci eravamo sentiti solo qualche giorno prima ed avevamo per giunta litigato. E poi, non volevo che sospettassi di me. Rifletti, come avresti reagito?”
“Male e avrei cominciato a fare domande indiscrete…”La sua affermazione sottendeva una richiesta.
“Ti do il permesso di chiedermi ciò che vuoi e cercherò di rispondere. Comunque smentisco ciò che leggo nei tuoi occhi: tra noi due nacque un’amicizia sincera che smise di esserlo solo perché io mi innamorai di lei…ma lei non…come te e Giulia insomma…”
“Eh, come me e Giulia.” Lorenzo ripeté quasi per inerzia fissando il tavolo.
“È successo qualcosa?”
“In un certo senso…”voleva mantenersi sul vago ma le parole furono più veloci delle barriere che la mente voleva issare. “Ieri ci siamo visti e io mi sono dichiarato. L’ho baciata e…”
“E?!”
“Mi ha respinto dicendomi che non mi merito una come lei…non so più che pensare…”
“E poi?!”
“E poi niente, con la morte nel cuore, aggirandomi come un fantasma per la città, sono giunto davanti al cinema e sono entrato.” Stefano gli diede una pacca sulla spalla.
 
“Parliamo di te ora…” disse Lorenzo “hai scoperto qualcosa?”
“Sì, ho trovato il violino di Alessandra nello stanzino dove si conservano gli strumenti della scuola.”
“Come fai a sapere che sia il suo?”
“Sulla custodia ci sono scritte le sue iniziali…Comunque, l’ho aperta e dentro ho trovato questo foglio.”
Stefano mostrò all’amico il pezzo di carta dove era stata scritta con elegante grafia la seguente poesia:
 
“Come in un museo
 
Una fresca fragranza
Mi inebria i sensi.
Forse è un sogno
Ma assomiglia tanto
Alla realtà.
Sono come in un museo,
una sala piena
di quadri.
Paesaggi: nuvole,
campi in fiore,
il mare.
C’è tutta la vita
Su quelle tele:
ogni attimo
vi è stato intrappolato
dall’abile mano
del pittore.
Vado avanti titubante
Ma il corridoio è lungo,
sembra non finire mai.
Vi sono dei ritratti,
il mio sguardo vi si posa
ma in realtà…
non li guardo davvero.
Cerco di evitare di soffermarvi
Su quegli occhi
Che se pur unicamente
Dipinti su una tela,
sembrano essere
ugualmente vigili:
pronti ad emettere
una sentenza.
Ho paura di quei volti,
sarà perché è gente
che non conosco.
Qualcosa mi spinge
A fermarmi:
sarà la stanchezza.
Davanti a questo quadro
C’è una poltroncina.
E dinanzi alla poltroncina
C’è una quadro.
Cerco invano di
Distoglier lo sguardo,
ma il dipinto
ne assume il monopolio.
Chi rappresenta?
Non mi sembra di saperlo…
Ma…
Può essere?
Scatto in piedi…
Non posso sbagliarmi.
Riconosco quel viso
E cado nuovamente,
mi lascio cadere
sulla poltrona.
Riconosco quei lineamenti.
Ma non può essere.
Forse la vista mi inganna.
Forse è la memoria
che mi tende
un ignobile tranello.
Forse è solo uno sbaglio,
una svista, un abbaglio.
È mai possibile?
Forse sì.
Ma è vero,
non posso dubitare
di ciò che percepisco
con i sensi.
È un ritratto
E il soggetto
Sono io:
ho le sembianze
di una dama
d’altri tempi
con un violino
in mano.
E sul violino…
Un’aquila
che spicca il volo.”
 
“Secondo me la chiave del mistero è l’aquila, è menzionata nella poesia e anche in quel biglietto che ti ha lasciato. Ho provato anche a fare una ricerca su Internet, è il simbolo di Zeus, la divinità principale del pantheon greco. A parer mio dobbiamo cercare qui al conservatorio qualcosa che abbia a che fare con il rapace.”
“Sì, ma dove?”
“Ho già cercato nello stanzino dove ho trovato il violino ma non c’era niente. A quel punto ho provato a capire quale fosse l’armadietto di Alessandra, ma ho scoperto che è stato già svuotato dalla polizia. Dunque, direi che abbiamo un’ultima alternativa.”
“E sarebbe?”
“La biblioteca.”
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo complice e uscirono dalla stanza per cercare l’unico posto che avrebbe potuto aiutarli nelle loro ricerche ormai disperate. Sulla loro strada si trovò il portinaio che fece loro varie domande, ma Stefano lo convinse del fatto che l’amico aveva bisogno di consultare l’archivio per delle ricerche legate a qualcosa di cui Lorenzo non sapeva neanche l’esistenza. La scuola sarebbe rimasta aperta perché c’erano tanti ragazzi che venivano da fuori e rimanevano al conservatorio per le lezioni del pomeriggio e all’uomo la scusa inventata sul momento sembrò plausibile. Finalmente soli, andarono in biblioteca. Non era situata in un ambiente molto grande ma era abbastanza fornita. I volumi erano troppi per essere esaminati uno per uno, bisognava quindi scegliere un criterio. Decisero ci cercare nella sezione storica tra i libri sull’antica Grecia dopo avere sprecato venti minuti alla ricerca di libri sugli animali dove cercare l’aquila. Si imbatterono in una raccolta dei più famosi miti legati alla civiltà che aveva abitato l’Ellade. Sfogliarono il volume con frenesia e ad una prima analisi non trovarono niente. In un primo momento, presi dallo sconforto, stavano per issare bandiera bianca, ma qualcosa li spinse a provare di nuovo a cercare qualcosa tra le pagine del libro che alla prima indagine gli era sfuggito. Trovarono uno spartito piegato in quattro. Non un titolo, non un’indicazione, solo una firma: Giulia Pignani.
“E questo che vuol dire? Non capisco.”
“Non c’è niente da capire. La tua amica ha voluto farmi perdere tempo. Andiamocene da qui.”
“E lo spartito?”
“Tienilo tu, io non so che farmene.” 

  
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