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Autore: Trigger    24/05/2012    9 recensioni
Agnese era una persona equilibrata, più o meno come i piatti di una stessa bilancia aventi come pesi un elefante a destra e un canarino a sinistra, paziente come la sua prima babysitter durante quel periodo del mese – perchè la nonna le diceva sempre anche quello: non dire mai la parola ‘mestruazioni’ quando sei in compagnia, Nenè! Non è educato, Nenè. - , simpatica tanto quanto il cane di sua zia che le faceva pipì sulle scarpe ogni volta che la vedeva e dolce come una tazzina di caffé senza zucchero.
Non si può dire però, che non fosse una ragazza da sposare, a detta di sua madre, che non vedeva l’ora di levarsela dai piedi e propinarla ad un uomo più giovane in grado di accoglierla nella sua casa e sopportarla per il resto della sua vita.
Questa è la storia che narra le gesta di una bambina e del suo dinosauro; di un’adolescente e del suo fidanzato quattr’occhi; di una giovane donna, di sua madre e di sua nonna.
Questa, questa è la storia di Nenè.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
- A differenza delle persone normali-

 

 

A differenza delle persone normali, ad Agnese piaceva andare a scuola. Proprio così: Agnese amava andare a scuola… fino al terzo ed ultimo anno d’asilo, quando la maestra le faceva colorare disegni già stampati o, se proprio era in vena di torture, le faceva scrivere il suo nome a caratteri cubitali – avendo paura che lo dimenticasse, probabilmente -, per poi lasciarla giocare con le costruzioni Lego che amava tanto. Ricordava con nostalgia quel periodo della sua vita e ricordava persino la storia di Alì - L’elefantino senza sì, che la maestra Palma le raccontava quando, attaccata alle gambe della mamma, si rifiutava di entrare in classe. Era forse una vaga allusione al suo essere leggermente elefantesca anche alla tenera età di cinque anni?
 

I bei tempi però, erano presto finiti: non aveva fatto in tempo nemmeno ad abituarsi alla nuova maestra Katia, che subito si era trovata in prima elementare. Era stato allora che Agnese aveva dovuto fare i conti con, non una, bensì quattro maestre e materie diverse. A sei anni, dunque, Nenè aveva avuto il suo primo incontro ravvicinato con la matematica, la storia e la geografia –che aveva imparato essere un duo inseparabile-, l’inglese e l’italiano.
 
 
- A come Ape. – Iniziava la maestra Carmela.
- B come Bambino. – Continuavano poi a turno i suoi compagni.
- C come Cane. – diceva Federica, la bambina con la benda sull’occhio.
- D come Dado. - aveva affermato Antonio con le dita nel naso.
- E come Elefante.- Elefante a chi?
Era quasi arrivato il suo turno e Agnese era entrata nel panico.
- F come Fiore. -
Ecco, dopo la F cosa c’era? La S, forse?
- Ehm…-
La maestra la guardava paziente.
- Agnese, non avere paura, avanti. G come…? -
Oh, era la G! Sarebbe stato un gioco da ragazzi.
- G come Gigolò. – aveva proclamato con soddisfazione.
La maestra, imbarazzata, aveva cercato di fare un sorriso.
- Agnese, chi ti ha insegnato questa parola? -
- La nonna! – diceva con voce orgogliosa.
- E sai cosa significa? –
- Non è un nuovo accessorio per le Barbie? Nonna dice che ogni donna dovrebbe trovarsene uno. -
La sua compagna di banco, Ilaria dai capelli color pipì, l’aveva guardata ammirata.
- Wow, dove si compra? – le aveva sussurrato all’orecchio.
- Agnese, non è un gioco: è un uomo che, diciamo, fa d’accompagnatore ad una donna. –
- Oh, quindi Michele è il mio gigolò? –
 
 
Aveva imparato a contare grazie alle dita delle mani, come continuava a fare anche a ventidue anni, aveva imparato che l’Italia non era una città e che quando diceva bitch, non stava di certo parlando di una spiaggia.
 

Poi era arrivato il tempo delle mele – no, non quello di Michele -, più comunemente conosciuto come il tempo delle medie; l’istituto Luigi Pirandello era famoso per la serietà dei professori e la diligenza degli alunni, per lo meno fino a quando non era arrivata l’iscrizione della nostra giovane protagonista, che andava in giro affermando che lei studiasse in un ex manicomio abbandonato, con professori pazzi e camicie di forza per chi si comportava male.
 
Alla Pirandello lavorava Lucia, un’anziana signora ben piazzata, che non si spostava mai, neanche solo di un millimetro – forse perché troppo grassa –, dal bancone della segreteria. Agnese non aveva mai capito esattamente quale fosse il suo compito lì, a parte quello di spaventare i nuovi arrivati con la sua voce affannata e gracchiante.
 

- Signorina, fila in classe! -
- Mi servirebbe un po’ di ges…-
- Ti sembra un cartolaio questo? –
- Ma signora, io…-
- Se avessi voluto essere come Tonio Cartonio, avrei fatto la Melevisione non la Collaboratrice scolastica! – oh, si chiamava sul serio così quel lavoro?
- Lei vede sul serio la Melevisione, signora Lucia? -
- Ora chiamo il preside! –
- Chiamatelo! Forse lui potrà darmi un po’ di gesso! – aveva urlato esasperata Agnese, che all’epoca aveva solo tredici anni, ma la pazienza di una marmotta – “Perché proprio una marmotta, Nenè?” “Perché le marmotte non hanno pazienza, Michi.” “Perché, tu hai mai parlato con una marm…” “Michele Attilio Umberto Mele! Smettila di stressarmi con tutte queste domande, sei peggio dell’Inquisizione spagnola!” –.
Lucia si era sentita ferita nell’animo, nascosto sotto chili e chili di ciccia, e aveva cominciato a piagnucolare, affannandosi per scappare in bagno o forse no; Agnese non lo avrebbe mai saputo perché quando lei se n’era andata, Lucia stava ancora cercando di disincastrarsi dai braccioli della sedia con le rotelle.
 
 
 
In terza media Agnese aveva raggiunto il record di ammonizioni nella storia dell’istituto. Ricordava ancora una delle sue note preferite, che come una dolce melodia, recitava così:
 
Nonostante i continui richiami della sottoscritta, l’alunna Copetti molesta verbalmente il compagno Mele, durante la lezione di educazione all’affettività e sessualità; per tale motivo, viene ammonita severamente.

Siglanonbenidentificata”

 
 
- Allora ragazzi, come prima cosa: chi di voi viene a disegnare l’apparato riproduttore maschile alla lavagna? -
Nessun segno di vita.
- Allora? Su, non siate timidi! -
Timida? Nessuno osava dare della timida alla curiosa e sfacciata Nenè!
- Vengo io! Michi, abbassati i pantaloni, così posso disegnarlo. -
Michele quel giorno aveva sperimentato tutte le possibili tonalità di rosso esistenti.
- Signorina, credo che sia più opportuno lasciarlo disegnare ad un ragazzo. -
- Cos’è questa discriminazione, professoressa? Michele, dille che io posso sia vederlo che disegnarlo il tuo apparato riproduttore! –
Il biondino pian piano era scivolato sotto il banco, imbarazzato oltre i limiti dell’immaginario, con l’unico desiderio di infilare la testa sotto il pavimento e sparire per i seguenti dieci anni. Non rispondeva neanche, magari la fortuna era dalla sua parte e la professoressa non avrebbe capito che il destinatario era proprio lui.
- Perché ti nascondi, biscottino? Vuoi che ti aiuti anche a slacciarli? -
E pensare che quell’anno non l’aveva nemmeno ancora baciato.
 

Ma tralasciando questi insignificanti episodi, dettati dalla tipica fase ribelle che ogni ragazzina deve superare, Agnese era una studentessa modello: brava in scienze, inglese e spagnolo, con un po’ di difficoltà nella geografia e nei temi d’italiano. Aveva un solo problema, che la caratterizzava da quand’era una bambina con l’unico compito di imparare la poesia per la mamma: la memoria, per l’appunto.
Tutti nella sua famiglia credevano che fosse affetta da Alzheimer, ma nessuno le diceva niente per non offenderla, a parte sua nonna che ogni mattina, a colazione, le metteva una pillola rosa accanto alla tazza di caffé, perché: “Sei vecchia dentro Nenè, prendi questa e ricorderai anche il colore delle mutandine che indossavi un mese fa! Però non dire a tua madre che te l’ho data io”; a scuola questo si ripercuoteva nello studio di materie come la storia. Ad Agnese proprio non piaceva: tutte quelle date da ricordare, tutti quei re, tutte quelle battaglie. A stento ricordava la sua data di nascita!
 
 
- Copetti, quando fu scoperta l’America? -
- 1325? –
- Ritenta, Copetti. –
- C’era un 2 di mezzo? –
- Sì. – sospirava stancamente il suo professore di storia e geografia.
- 1952? –
- Copetti, per tutti gli storici del mondo, secondo te è possibile che sia stata scoperta cinquant’anni fa? –
-  Professore, io cinquant’anni fa nemmeno esistevo, tutto è possibile! –
- Sai almeno da chi è stata scoperta? –
- Galileo Galilei? –
- Cristoforo Colombo, Agnese! –
- Non pensavo fosse così megalomane, tanto da non accontentarsi di moltiplicare i pani e i pesci! Mi scusi! –
- Quello è Cristo! –
- Non stavamo parlando di lui? -
 
Forse aveva qualche problema anche con la religione, Agnese, nonostante andasse in chiesa ogni Natale, credesse in Buddha e pregasse per avere un paio di stivali di pelle gialli ogni sera prima di andare a dormire.
 

 
Finito il tempo delle mele, Agnese aveva dovuto affrontare la scelta più importante della sua vita: iscriversi al liceo scientifico dei suo sogni, pieno di esemplari di maschio in via d’estinzione, oppure iscriversi al liceo classico Quinto Ennio pieno di esemplari di femmina che si sarebbero estinti a furia di calci nello stomaco e che si trovava precisamente in via delle Balene, la traversa parallela a via dei Trichechi, quella di casa sua.
 
Ovviamente aveva scelto la seconda opzione, solo per il piacere di potersi svegliare alle otto meno dieci, scendere di casa alle otto in punto senza dover per forza consumare il libretto delle giustificazioni a suon di ritardi – sì, era pure tremendamente ritardataria- e dimostrare che in via delle Balene c’erano anche meravigliose sirene.
 
 
 
- Vacca! -
Era un insulto che risuonava spesso nei corridoi del liceo, ma mai, mai nessun essere sano di mente avrebbe pensato di rivolgerlo a lei, la regina delle regine: Carlotta Polasi, alta un metro e ottanta, con gli occhi più azzurri del cielo d’estate, i capelli rossi come il maglione di Michele a Capodanno e la bocca di rosa che metteva l’amore sopra ogni cosa. Un giorno però aveva osato mettere amore proprio dove non avrebbe mai dovuto: su Alessandro.
 
Agnese non era mai stata un ragazza gelosa - solo una volta era capitato che facesse una scenata quando una bambina le aveva detto di volere Dino per il suo compleanno -, soprattutto di suo fratello, che cambiava ragazza e orientamento sessuale come il vento cambiava la sua direzione; quella volta però, in seconda Liceo, Agnese era uscita fuori di testa. Forse era in quel periodo del mese.
 
- Dici a me? -
- Vedi altre vacche in giro? –
Le aveva sbarrato l’entrata della sua aula, in attesa di prenderla e strapparle quei meravigliosi capelli uno ad uno, per poi magari farci una parrucca e indossarla.
- Ma come ti permetti? Chi sei? –
Carlotta non era famosa di certo per le sue litigate.
- La fidanzata del ragazzo che hai appena baciato. -
Nonna sarebbe stata fiera di lei.
-  Alex non ci starebbe mai con una come te, non ti credo. -
- Vuoi che ti dica anche quanto ce l’ha lungo o hai già verificato con mano? -
- Mi stai dando della poco di buono? –
- Oh ma allora sai anche leggere tra le righe! Allora vedi leggere il mio labiale perché te lo dirò una sola volta: toccalo ancora, con qualsiasi parte del tuo corpo da vacca, e ti mando a casa la bestia feroce che cresco da quando avevo sei anni che hai così tanta fame che ti staccherebbe le tette a morsi. Ci siamo intese? -
- Lotta nel fango! Lotta nel fango! –
Loris De Santis era invece famosissimo per le sue frasi d’incitamento.
- Io ti faccio denunciare da mio padre, pazza! -
Poi era stato tutto un Come diavolo mi hai chiamato?, Ahi, mi hai spezzato un’unghia!, Toglietevi le magliette! di qua e terriccio – terriccio nel corridoio della scuola? - di là, spuntato probabilmente dalle tasche di Loris che ne portava sempre un po’, per poi sputarci su e creare il fango dei suoi sogni per occasioni come quella.
Ovviamente Alessandro aveva poi firmato i documenti per disconoscerla come sua sorella legittima e non le aveva parlato per più di tre mesi perché:
- Potevi almeno aspettare che me la desse, Nenè, porca miseria!-
 


Alla fine del suo viaggio per le Indie – la maturità! La maturità! – era riuscita a strappare alla commissione d’esame un 75 pieno, poi aveva bruciato i suoi libri e graffiato la moto del suo professore di filosofia.
 
Dicevano fosse diventata una persona matura, ma i professori non sapevano che dopo aver visto i risultati degli esami Agnese aveva saltellato per la strada insieme al suo dinosauro di fiducia per poi farsi comprare un chupa-chups alla coca cola dal suo santo fidanzato.





- Trig's note -

In realtà non è poi così tardi, no? *Si nasconde per evitare di essere presa a calci nel sedere* Posso spiegare!
Un corvo mi ha rubato l'ispirazione, ecco. Poi quand'è tornato, me l'ha restituita un po' masticata quindi faceva un po' schifo e ho dovuto tirar fuori questo capitolo, che mi rendo conto non valga tutta l'attesa.
AH! Poi m'è preso il momento dell'angst è mi è uscita fuori e
questa
, quindi ho trascurato tutto ma giuro di non andarne fiera.
Ora vado a rispondere alle recensioni a cui non ho ancora risposto, ma per le quali vi ho amate immensamente e vi lascio pure il link del gruppo che condivido da poco con Giulia la scimmia. Venghino i signori, venghino! (?)

Vi abbraccio e vi lancio Gocciole con amore,
Triggernonpiùhappy.


 

   
 
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