Capitolo XVIII
Dubbi
Era
appena uscita dagli appartamenti
dell’Imperatrice e si stava dirigendo nel proprio quando,
all’improvviso, si
sentì afferrare e due braccia forti l’attirarono in una delle piccole
sale in
cui erano solite trovarsi le dame di corte quando non erano ritirate
nelle
proprie stanze o non si trovavano assieme a Sua Maestà.
“Ma
chi…” prima di riuscire a terminare la
frase, una mano si posò sulla sua bocca, impedendole di parlare.
“Non
urlate, vi prego… sono io” sentì una voce
familiare sussurrarle all’orecchio. Il brivido che il suo corpo le
trasmise,
improvviso e violento, le fece comprendere, prima ancora d’averlo visto
o
averne riconosciuto la voce, che l’uomo che la stava stringendo era il
Conte
D’Harmòn.
Divincolandosi
si voltò verso di lui, con gli
occhi che mandavano lampi.
“Lasciatemi!”
disse secca, quasi infastidita
dalla sua presenza.
André
D’Harmòn immediatamente la lasciò andare,
sorpreso da quel tono brusco. Cinque giorni prima, dopo aver conversato
piacevolmente con lei davanti ad una tazza di tè, si erano lasciati con
la
promessa che si sarebbero rivisti presto per un “duello” d’allenamento
o una
cavalcata, eppure lei non si era più fatta viva.
Era
tutto il giorno che fremeva dalla voglia di
vederla, di parlarle, di sfiorarla… voleva metterla alle strette e
fissare con
lei un appuntamento per l’indomani mattina, ma per tutto il giorno gli
era
sfuggita di nuovo. Allora aveva atteso che si accomiatasse
dall’Imperatrice
prima di ritirarsi nelle sue stanze per la notte, per riuscire a
parlarle in
privato. Sapeva che probabilmente l’avrebbe spaventata sorprendendola a
quel
modo e a quell’ora tarda, ma non si aspettava quella reazione eccessiva.
“Volevo
parlarvi…” si accinse a dirle, quasi
scusandosi per averla fatta spaventare. Ma lei lo bloccò immediatamente.
“E
non potevate farlo come tutti di giorno?”
domandò arrabbiata.
Lui
la osservò meglio e intuì che in quei pochi
giorni, da quando si era intrattenuto con lei in privato per il tè del
pomeriggio, doveva essere cambiato qualcosa. Ma cosa?
“L’avrei
fatto, se voi me ne aveste dato la
possibilità…” rispose freddo.
“Bastava
che domandaste” continuò lei, piccata.
“Cosa
vi succede? Siete strana. Siete diversa
da qualche giorno fa…”, sussurrò dolcemente lui, cambiando tattica.
Tentò di prenderle
la mano, per portarsela alle labbra, ma lei si ritrasse, quasi non
riuscisse a
tollerare neppure l’idea di un contatto con lui.
André
provò una fitta al cuore.
Lady
Sarah si scostò dal Conte, turbata dalla
sua presenza più di quanto volesse ammettere a se stessa. Da due giorni
non
faceva altro che pensare a quello che si era vista costretta a fare per
ottenere informazioni preziose, tuttavia la parte peggiore era stata
fatta;
adesso non restava che indurre
Tuttavia,
nelle “confidenze” di Von Webb c’era
qualcosa che non quadrava. Milady conosceva abbastanza bene
Si
era recata diverse volte nello studio che il
Conte occupava accanto a quello dell’Imperatore e, nelle attese che
precedevano
le riunioni, si era spesso soffermata ad ammirare la biblioteca privata
del
nobiluomo, sfogliandone anche qualche volume. E aveva notato proprio
quel libro
in bella mostra su uno degli scaffali più bassi.
Non
avrebbe tentato la sorte per controllare
che fosse stato rimesso al suo posto, sapeva che l’astuto Von Webb
aveva già provveduto
a cancellare ogni possibile traccia che lo riconducesse a lui. L’unica
pista da
percorrere rimaneva
In
realtà Lady Sarah avrebbe preferito vedere
Si
è
trattato di lavoro, nient’altro che lavoro,
continuava a ripetersi da due giorni.
Eppure da due giorni a quella parte gli occhi di André D’Harmòn non
l’avevano
lasciata in pace per un solo istante. Ecco perché doveva fare il
possibile per levarselo
dal cuore.
Dopo
che aveva lasciato Von Webb aveva sentito
la necessità impellente di calarsi in una tinozza d’acqua bollente per
disinfettarsi. Il termine le era apparso più che appropriato, il
contatto
intimo con Von Webb l’aveva fatta sentire sporca, infetta. Non che
l’uomo fosse
di sgradevole aspetto, tutt’altro, ma era lei ad essere cambiata anche
se
ancora non se ne rendeva pienamente conto.
Aveva
trascorso quasi un’ora a mollo
spazzolando vigorosamente corpo e capelli ed era uscita dal bagno con
la
sensazione di essersi lasciata alle spalle la sporcizia, anche se il
senso di
fastidio non se ne era andato. Contava, tuttavia, sul fatto che, avuta
la
preda, il Conte Von Webb non le avrebbe fatto altre avances.
O così sperava.
Quando
si era sentita afferrare all’improvviso,
aveva temuto che fosse Klaus Von Webb e la sola idea che lui la
possedesse di
nuovo le aveva fatto contrarre la bocca dello stomaco in uno sgradevole
senso
di nausea. Però, quando s’era accorta che l’uomo che la stava
stringendo non
era Von Webb ma André D’Harmon, si era sentita peggio… Se aveva ancora
bisogno
di un segnale perché il suo cuore finalmente ammettesse che si era
innamorata
del bel Conte, lo aveva appena avuto. Non appena aveva riconosciuto la
sua
voce, o meglio il fremito che il contatto dei loro corpi le procurava
ogni
volta, il suo cuore si era come spezzato in due, lasciandola affranta.
Non
poteva più vederlo… non poteva più
parlargli… era troppo doloroso. Se lo doveva togliere dalla testa. Se
lo doveva
strappare dal cuore.
“Cosa
vi sta succedendo, Milady?” chiese di
nuovo lui dolcemente, turbato dal silenzio che ostentava e
dall’espressione che
leggeva nei suoi splendidi occhi.
“Nulla.
Non mi succede nulla, Conte. Mi avete
solo spaventata…” si risolse finalmente a rispondergli, cercando di
assumere un
tono più dolce, per evitare di insospettirlo.
“Vi
chiedo perdono, Lady Sarah” la interruppe
lui, “ma desideravo fissare con voi il nostro appuntamento… ricordate
le nostre
promesse dell’altro giorno? Il duello e la cavalcata?”
Stava
incominciando a sentirsi un imbecille ad
elemosinare così la sua attenzione, ma non poteva farne a meno…
desiderava
troppo trascorrere del tempo con lei. Scrutandola attentamente,
tuttavia, si
rendeva conto che lei era realmente cambiata, in quei pochi giorni. Era
accaduto davvero qualcosa. Qualcosa che gliela stava allontanando…
“Mi
spiace, Conte, ma non posso. Domattina
proprio non posso”, stava rispondendo Milady, quasi ad immediata
conferma dei
suoi dubbi.
“Non
potete? Come mai?”
“Devo
vedere
Errore
che lui notò subito.
“Ditemi
la verità: nutrite altri sospetti?
Avete in mente qualcosa?”
“Nulla,
Conte… semplicemente… semplicemente
devo vederla per definire gli ultimi dettagli…”
“State
mentendo, Milady” disse secco lui.
“Voi
mi offendete, Conte, con le vostre
insinuazioni” cercò di replicare lei, per farlo tornare sui suoi passi.
Ma
D’Harmòn non era il classico damerino che poteva rimettere al suo posto
semplicemente con un pizzico d’astuzia e di civetteria femminile. Il
Conte era
un uomo deciso, intelligente e, soprattutto, molto caparbio. Una volta
fiutata
una pista, non mollava tanto facilmente.
“Voi,
cara Baronessa
de Bellegarde, avete delle informazioni delle quali mi volete
tenere
all’oscuro e io non ne comprendo la ragione, dato che lavoriamo
assieme. A meno
che…” disse lui deciso, mentre un sospetto cominciava a farsi strada
nella sua
mente. Un sospetto al quale avrebbe preferito non pensare, ma che
l’atteggiamento sfuggente di Milady purtroppo non faceva altro che
confermare.
“A
meno che” continuò quando vide che lei
distoglieva di nuovo lo sguardo, “il motivo per il quale mi volete
nascondere
certe informazioni è perché vi chiederei come ne siete entrata in
possesso…”
azzardò infine, sperando che la sua ipotesi fosse completamente errata.
Ma
quando la vide impallidire, non ebbe più dubbi e sentì come se qualcuno
gli
stesse infilando un pugnale in pieno petto, dritto al cuore.
“State
facendo delle supposizioni inutili,
Conte…” tentò di ribattere lei, ma lui la bloccò immediatamente,
prendendola
per un braccio e attirandola violentemente contro di sé.
“Siete
stata a letto con Von Webb, vero? E’
così che avete avuto certe informazioni?” domandò brusco, con lo
sguardo di
ghiaccio.
“Non
vi permetto di insultarmi, Conte. Se e
come ho avuto certe informazioni non è affare vostro. E ora
lasciatemi!” disse
lei fredda. S’impose la freddezza, se la impose a tutti i costi,
trincerando il
suo cuore dietro ad un muro di ghiaccio che aveva innalzato per
resistergli. Ma
era sempre più difficile: le sue braccia che la cingevano, il suo
sguardo di
fuoco e le sue labbra che le rivolgevano parole tanto sprezzanti
rischiavano di
sciogliere quel muro… Quelle labbra! Quanto desiderava averle ancora
sulla sua
bocca… dolci, tenere, appassionate…
Improvvisamente
lui la lasciò andare e lei si
sentì come persa.
D’Harmòn
la guardò ancora per un attimo
sprezzante, poi riprese il controllo di sé, tornando ad essere il
nobiluomo
educato e impeccabile. S’inchinò brevemente e disse con aria
distaccata, quasi
annoiata:
“Milady
perdonate la mia insolenza. Vi assicuro
che non vi importunerò più… E ora scusatemi…” e così dicendo si voltò,
raggiunse la porta e uscì dalla stanza, lasciandola sola a struggersi
dal
desiderio di essere ancora tra le sue braccia e nel contempo a maledire
il
giorno in cui lo aveva incontrato.
***
L’avrei uccisa. Avrei potuto ucciderla con le mie stesse mani, se non mi fossi allontanato da lei il prima possibile.
L’avrei uccisa, ma solamente dopo averla posseduta anch’io…
Non riesco a tollerare l’idea che sia stata di quell’uomo, che quel dannato libertino abbia potuto avere il suo corpo delizioso, quando io…
Quando io l’amo con tutto me stesso. Quando sono settimane che desidero poterla avere tra le mie braccia…
Perché? Perché si è concessa a Von Webb?
E’ inutile che me lo confermi a parole: so che lo ha fatto. So che certe informazioni le ha ottenute solo concedendosi a quell’essere viscido e disgustoso. Quando gliel’ho domandato ha evitato di rispondere, nascondendosi dietro l’offesa che avessi potuto insinuare una cosa simile; ma il suo sguardo sfuggente mi ha rivelato quello che temevo di sapere.
Come ha potuto? Non era necessario che arrivasse a tanto per proteggere l’Imperatrice!
E se invece lo avesse fatto perché attratta e affascinata dal Conte?
No. Mi rifiuto di crederlo… ma allora devo pensare che lei sia una cortigiana, e della peggior specie?
Se è così, come posso amarla tanto?
Oh, che Iddio mi perdoni… nonostante in questo momento mi senta come se avessi ricevuto una pugnalata in pieno petto, come se la lama di un coltello stesse trafiggendo lentamente il mio cuore… nonostante tutto io l’amo.
L’amo e la desidero ancora. Disperatamente.
***
“Lo sapevo!”
esclamò Harm dopo aver terminato la lettura
di quel passo del diario.
Erano in
pausa pranzo e, approfittando della bella
giornata, erano usciti in giardino per godere del sole tiepido e
dell’aria
insolitamente tersa. In quel momento sedevano l’uno accanto all’altra
su
un’assolata panchina, poco distanti da un enorme faggio che stormiva al
leggero
vento marzolino.
“Sapevi
cosa?” domandò Mac.
“Che Lady
Sarah non poteva essere innamorata del Conte! Tu
e i tuoi discorsi sui mille significati di un bacio! Secondo te avrebbe
fatto
quel che ha fatto se l’avesse amato?”
“Harm, il
Conte fa solo delle supposizioni, non c’è nulla
che provi che lei abbia concesso le sue grazie all’aiutante di campo di
Francesco Giuseppe.”.
“No, il Conte
non fa supposizioni. Lui n’è certo.”.
“E tu come
fai a saperlo? Gli leggi nella mente?”
“Non gli
leggo nella mente, Mac, ma anch’io come lui credo
che Lady Sarah non avrebbe potuto entrare in possesso di certe
informazioni se
non agendo in una sola maniera” concluse perentorio.
“E in ogni
caso lei non è per nulla innamorata di lui”
ripeté cocciuto. “Quando una donna ama un uomo non se ne va a spasso
con un
altro.”.
Mac scosse la
testa: “Non è sempre vero quello che
affermi” disse più a se stessa che a lui.
Harm, in
piedi davanti a lei, non aggiunse nulla, ma tese
le orecchie pensando che lei avrebbe dato un seguito a quella frase, ma
Mac
tacque.
Le forzò la
mano: “Che cosa intendi dire?”
“Che una
donna può essere innamorata di un uomo, ma stare
con un altro per motivi che nemmeno lei sa spiegarsi. Magari ha paura
che
l’uomo in questione la rifiuti, magari teme i suoi stessi sentimenti,
chi lo
sa? Credo che Lady Sarah l’abbia fatto solo per dovere. C’è chi lo fa
per paura
e c’è chi lo fa per tentare una chance di felicità” rispose.
“Come con
Brumby e con Webb?” domandò lui a bruciapelo.
“Non è di me
che stiamo parlando, Harm” rispose Mac
sentendosi con le spalle al muro.
Cercò di
riportare il discorso su un piano più generale:
“Devi distinguere i sentimenti che albergano nel suo cuore… Innanzi
tutto non
siamo certi che abbia ottenuto certe informazioni in cambio del suo
corpo: è
solo André D’Harmòn a supporlo. Ma se così fosse, perché ritieni che
non sia
innamorata del Conte francese? Solo perché si è concessa ad un altro?
Io penso
che, se davvero lo ha fatto, lo abbia fatto solo per portare a termine
una
missione. Pur amando il Conte D’Harmòn..."
Harm la
guardò con espressione indecifrabile.
“Forse è
meglio rientrare e riprendere il lavoro” propose
Mac alzandosi e cominciando ad andare verso la palazzina.
Lui la
raggiunse: “Non abbiamo ancora terminato il
discorso” disse caparbio.
“Quale
discorso? Non c’è nulla da aggiungere. Come al
solito la pensiamo in maniera diametralmente opposta” replicò.
“E questo ti
indispettisce vero Colonnello?” sorrise con un’aria
da sberle.
“Non più di
quanto indispettisca te, Comandante” rispose
serafica Mac.