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Autore: Alexandra e Mac    27/05/2012    3 recensioni
La storia, quella con la “S” maiuscola, a volte riserva grandi sorprese. Fra le pieghe di un libro può capitare di trovare le cose più strane, o fra le sue righe captare qualcosa che non è detto esplicitamente ma che è volutamente lasciato intuire dall’autore o dall’autrice.
Sono specialmente le biografie del “grandi” quelle che riservano le maggiori meraviglie, e occorre un occhio attento per saper cogliere quello che, in superficie, non compare.
Questo racconto è nato così, cercando i messaggi nascosti che la Storia ha disseminato lungo il suo cammino e che alcuni più perspicaci hanno saputo cogliere e che hanno poi elaborato offrendoli al lettore.
Siamo certe che adesso anche voi cercherete fra il detto e il non detto di un volume quella zona grigia che vi spalancherà le porte di un altro mondo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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GdD - 2 - Un Diario

Capitolo XVIII

Dubbi



Era appena uscita dagli appartamenti dell’Imperatrice e si stava dirigendo nel proprio quando, all’improvviso, si sentì afferrare e due braccia forti l’attirarono in una delle piccole sale in cui erano solite trovarsi le dame di corte quando non erano ritirate nelle proprie stanze o non si trovavano assieme a Sua Maestà.

“Ma chi…” prima di riuscire a terminare la frase, una mano si posò sulla sua bocca, impedendole di parlare.

“Non urlate, vi prego… sono io” sentì una voce familiare sussurrarle all’orecchio. Il brivido che il suo corpo le trasmise, improvviso e violento, le fece comprendere, prima ancora d’averlo visto o averne riconosciuto la voce, che l’uomo che la stava stringendo era il Conte D’Harmòn.

Divincolandosi si voltò verso di lui, con gli occhi che mandavano lampi.

“Lasciatemi!” disse secca, quasi infastidita dalla sua presenza.

André D’Harmòn immediatamente la lasciò andare, sorpreso da quel tono brusco. Cinque giorni prima, dopo aver conversato piacevolmente con lei davanti ad una tazza di tè, si erano lasciati con la promessa che si sarebbero rivisti presto per un “duello” d’allenamento o una cavalcata, eppure lei non si era più fatta viva.

Era tutto il giorno che fremeva dalla voglia di vederla, di parlarle, di sfiorarla… voleva metterla alle strette e fissare con lei un appuntamento per l’indomani mattina, ma per tutto il giorno gli era sfuggita di nuovo. Allora aveva atteso che si accomiatasse dall’Imperatrice prima di ritirarsi nelle sue stanze per la notte, per riuscire a parlarle in privato. Sapeva che probabilmente l’avrebbe spaventata sorprendendola a quel modo e a quell’ora tarda, ma non si aspettava quella reazione eccessiva.

“Volevo parlarvi…” si accinse a dirle, quasi scusandosi per averla fatta spaventare. Ma lei lo bloccò immediatamente.

“E non potevate farlo come tutti di giorno?” domandò arrabbiata.

Lui la osservò meglio e intuì che in quei pochi giorni, da quando si era intrattenuto con lei in privato per il tè del pomeriggio, doveva essere cambiato qualcosa. Ma cosa?

“L’avrei fatto, se voi me ne aveste dato la possibilità…” rispose freddo.

“Bastava che domandaste” continuò lei, piccata.

“Cosa vi succede? Siete strana. Siete diversa da qualche giorno fa…”, sussurrò dolcemente lui, cambiando tattica. Tentò di prenderle la mano, per portarsela alle labbra, ma lei si ritrasse, quasi non riuscisse a tollerare neppure l’idea di un contatto con lui.

André provò una fitta al cuore.

Lady Sarah si scostò dal Conte, turbata dalla sua presenza più di quanto volesse ammettere a se stessa. Da due giorni non faceva altro che pensare a quello che si era vista costretta a fare per ottenere informazioni preziose, tuttavia la parte peggiore era stata fatta; adesso non restava che indurre la Duchessa Battyàny a confermare il malfatto e a confessare. Lady Sarah n’era certa: la donna ungherese non poteva aver architettato ogni cosa da sola e soltanto per vendetta. Cosa c'entrava l’Imperatrice con i suoi rancori personali? All’epoca dei fatti era poco più che una neonata, semmai l’odio della Duchessa avrebbe dovuto indirizzarsi verso l’Imperatore, diretto responsabile della morte del marito, o al più, nei confronti dell’Arciduchessa Sofia. Anche se era plausibile che se la prendesse con Sissi, del resto cosa c’è di più terrificante che perdere la persona che si ama?

Tuttavia, nelle “confidenze” di Von Webb c’era qualcosa che non quadrava. Milady conosceva abbastanza bene la Duchessa e per quanto potesse essere una persona intelligente, non poteva davvero aver agito da sola. E tutto per una banalissima ragione: il libello infamante non era nella biblioteca di Palazzo, ma in quella privata del Conte bavarese. Lady Sarah se l’era ricordato nel momento in cui lui le aveva “svelato” il complotto dicendole di aver sorpreso la dama ungherese mentre lo sottraeva dalla biblioteca dello Schonbrunn.

Si era recata diverse volte nello studio che il Conte occupava accanto a quello dell’Imperatore e, nelle attese che precedevano le riunioni, si era spesso soffermata ad ammirare la biblioteca privata del nobiluomo, sfogliandone anche qualche volume. E aveva notato proprio quel libro in bella mostra su uno degli scaffali più bassi.

Non avrebbe tentato la sorte per controllare che fosse stato rimesso al suo posto, sapeva che l’astuto Von Webb aveva già provveduto a cancellare ogni possibile traccia che lo riconducesse a lui. L’unica pista da percorrere rimaneva la Duchessa Battyàny. Pertanto con il pretesto di coinvolgerla negli ultimi preparativi del ballo, l’indomani l’avrebbe mandata a chiamare e l’avrebbe ricevuta nei suoi appartamenti, sperando di riuscire a farla confessare.

In realtà Lady Sarah avrebbe preferito vedere la Duchessa altrove, magari in un luogo dove anche il Conte D’Harmòn avesse potuto ascoltare la loro conversazione, ma per fare ciò avrebbe dovuto parlare con lui, spiegargli come mai intendeva far parlar la Duchessa… e lui le avrebbe certamente rivolto delle domande alle quali non aveva alcuna intenzione di rispondere. Lui di certo non avrebbe creduto alla semplice intuizione: a quella aveva già dato ascolto, quando le aveva rivelato d’aver indagato sulla Battyàny seguendo il suo suggerimento. Le nuove informazioni cui era entrata in possesso l’avrebbero insospettito e l’avrebbe messa con le spalle al muro, ne era sicura. Lo conosceva, ormai, e aveva capito con che genere d’uomo aveva a che fare: un uomo molto intuitivo e intelligente, oltre che affascinante. L’unico uomo che sarebbe stata in grado di amare, se solo la sua vita fosse stata meno complicata… L’unico uomo che era riuscito a trasmetterle il brivido della passione semplicemente guardandola o sfiorandola… l’unico uomo dal quale, da quel momento in poi, proprio per i sentimenti che le faceva provare, sarebbe dovuta stare il più possibile alla larga, per riuscire a concentrarsi sulla sua missione.

Si è trattato di lavoro, nient’altro che lavoro, continuava a ripetersi da due giorni. Eppure da due giorni a quella parte gli occhi di André D’Harmòn non l’avevano lasciata in pace per un solo istante. Ecco perché doveva fare il possibile per levarselo dal cuore.

Dopo che aveva lasciato Von Webb aveva sentito la necessità impellente di calarsi in una tinozza d’acqua bollente per disinfettarsi. Il termine le era apparso più che appropriato, il contatto intimo con Von Webb l’aveva fatta sentire sporca, infetta. Non che l’uomo fosse di sgradevole aspetto, tutt’altro, ma era lei ad essere cambiata anche se ancora non se ne rendeva pienamente conto.

Aveva trascorso quasi un’ora a mollo spazzolando vigorosamente corpo e capelli ed era uscita dal bagno con la sensazione di essersi lasciata alle spalle la sporcizia, anche se il senso di fastidio non se ne era andato. Contava, tuttavia, sul fatto che, avuta la preda, il Conte Von Webb non le avrebbe fatto altre avances. O così sperava.

Quando si era sentita afferrare all’improvviso, aveva temuto che fosse Klaus Von Webb e la sola idea che lui la possedesse di nuovo le aveva fatto contrarre la bocca dello stomaco in uno sgradevole senso di nausea. Però, quando s’era accorta che l’uomo che la stava stringendo non era Von Webb ma André D’Harmon, si era sentita peggio… Se aveva ancora bisogno di un segnale perché il suo cuore finalmente ammettesse che si era innamorata del bel Conte, lo aveva appena avuto. Non appena aveva riconosciuto la sua voce, o meglio il fremito che il contatto dei loro corpi le procurava ogni volta, il suo cuore si era come spezzato in due, lasciandola affranta.

Non poteva più vederlo… non poteva più parlargli… era troppo doloroso. Se lo doveva togliere dalla testa. Se lo doveva strappare dal cuore.

“Cosa vi sta succedendo, Milady?” chiese di nuovo lui dolcemente, turbato dal silenzio che ostentava e dall’espressione che leggeva nei suoi splendidi occhi.

“Nulla. Non mi succede nulla, Conte. Mi avete solo spaventata…” si risolse finalmente a rispondergli, cercando di assumere un tono più dolce, per evitare di insospettirlo.

“Vi chiedo perdono, Lady Sarah” la interruppe lui, “ma desideravo fissare con voi il nostro appuntamento… ricordate le nostre promesse dell’altro giorno? Il duello e la cavalcata?”

Stava incominciando a sentirsi un imbecille ad elemosinare così la sua attenzione, ma non poteva farne a meno… desiderava troppo trascorrere del tempo con lei. Scrutandola attentamente, tuttavia, si rendeva conto che lei era realmente cambiata, in quei pochi giorni. Era accaduto davvero qualcosa. Qualcosa che gliela stava allontanando…

“Mi spiace, Conte, ma non posso. Domattina proprio non posso”, stava rispondendo Milady, quasi ad immediata conferma dei suoi dubbi.

“Non potete? Come mai?”

“Devo vedere la Duchessa Battyàny… per… per decidere gli ultimi preparativi per il ballo…” rispose Lady Sarah. Aveva deciso di dirgli parte della verità, per evitare altre domande. Ma commise l’errore di distogliere lo sguardo da quegli occhi blu che la facevano impazzire e che la stavano tormentando da due giorni.

Errore che lui notò subito.

“Ditemi la verità: nutrite altri sospetti? Avete in mente qualcosa?”

“Nulla, Conte… semplicemente… semplicemente devo vederla per definire gli ultimi dettagli…”

“State mentendo, Milady” disse secco lui.

“Voi mi offendete, Conte, con le vostre insinuazioni” cercò di replicare lei, per farlo tornare sui suoi passi. Ma D’Harmòn non era il classico damerino che poteva rimettere al suo posto semplicemente con un pizzico d’astuzia e di civetteria femminile. Il Conte era un uomo deciso, intelligente e, soprattutto, molto caparbio. Una volta fiutata una pista, non mollava tanto facilmente.

“Voi, cara Baronessa de Bellegarde, avete delle informazioni delle quali mi volete tenere all’oscuro e io non ne comprendo la ragione, dato che lavoriamo assieme. A meno che…” disse lui deciso, mentre un sospetto cominciava a farsi strada nella sua mente. Un sospetto al quale avrebbe preferito non pensare, ma che l’atteggiamento sfuggente di Milady purtroppo non faceva altro che confermare.

“A meno che” continuò quando vide che lei distoglieva di nuovo lo sguardo, “il motivo per il quale mi volete nascondere certe informazioni è perché vi chiederei come ne siete entrata in possesso…” azzardò infine, sperando che la sua ipotesi fosse completamente errata. Ma quando la vide impallidire, non ebbe più dubbi e sentì come se qualcuno gli stesse infilando un pugnale in pieno petto, dritto al cuore.

“State facendo delle supposizioni inutili, Conte…” tentò di ribattere lei, ma lui la bloccò immediatamente, prendendola per un braccio e attirandola violentemente contro di sé.

“Siete stata a letto con Von Webb, vero? E’ così che avete avuto certe informazioni?” domandò brusco, con lo sguardo di ghiaccio.

“Non vi permetto di insultarmi, Conte. Se e come ho avuto certe informazioni non è affare vostro. E ora lasciatemi!” disse lei fredda. S’impose la freddezza, se la impose a tutti i costi, trincerando il suo cuore dietro ad un muro di ghiaccio che aveva innalzato per resistergli. Ma era sempre più difficile: le sue braccia che la cingevano, il suo sguardo di fuoco e le sue labbra che le rivolgevano parole tanto sprezzanti rischiavano di sciogliere quel muro… Quelle labbra! Quanto desiderava averle ancora sulla sua bocca… dolci, tenere, appassionate…

Improvvisamente lui la lasciò andare e lei si sentì come persa.

D’Harmòn la guardò ancora per un attimo sprezzante, poi riprese il controllo di sé, tornando ad essere il nobiluomo educato e impeccabile. S’inchinò brevemente e disse con aria distaccata, quasi annoiata:

“Milady perdonate la mia insolenza. Vi assicuro che non vi importunerò più… E ora scusatemi…” e così dicendo si voltò, raggiunse la porta e uscì dalla stanza, lasciandola sola a struggersi dal desiderio di essere ancora tra le sue braccia e nel contempo a maledire il giorno in cui lo aveva incontrato.


***



16 Dicembre 1856



L’avrei uccisa. Avrei potuto ucciderla con le mie stesse mani, se non mi fossi allontanato da lei il prima possibile.

L’avrei uccisa, ma solamente dopo averla posseduta anch’io…

Non riesco a tollerare l’idea che sia stata di quell’uomo, che quel dannato libertino abbia potuto avere il suo corpo delizioso, quando io…

Quando io l’amo con tutto me stesso. Quando sono settimane che desidero poterla avere tra le mie braccia…

Perché?  Perché si è concessa a Von Webb?

E’ inutile che me lo confermi a parole: so che lo ha fatto. So che certe informazioni le ha ottenute solo concedendosi a quell’essere viscido e disgustoso. Quando gliel’ho domandato ha evitato di rispondere, nascondendosi dietro l’offesa che avessi potuto insinuare una cosa simile; ma il suo sguardo sfuggente mi ha rivelato quello che temevo di sapere.

Come ha potuto?  Non era necessario che  arrivasse a tanto per proteggere l’Imperatrice!

E se invece lo avesse fatto perché attratta e affascinata dal Conte?

No. Mi rifiuto di crederlo… ma allora devo pensare che lei sia una cortigiana, e della peggior specie?

Se è così, come posso amarla tanto?

Oh, che Iddio mi perdoni…  nonostante in questo momento mi senta come se avessi ricevuto una pugnalata in pieno petto, come se la lama di un coltello stesse trafiggendo lentamente il mio cuore… nonostante tutto io l’amo.

L’amo e la desidero ancora. Disperatamente.

 


***



“Lo sapevo!” esclamò Harm dopo aver terminato la lettura di quel passo del diario.

Erano in pausa pranzo e, approfittando della bella giornata, erano usciti in giardino per godere del sole tiepido e dell’aria insolitamente tersa. In quel momento sedevano l’uno accanto all’altra su un’assolata panchina, poco distanti da un enorme faggio che stormiva al leggero vento marzolino.

“Sapevi cosa?” domandò Mac.

“Che Lady Sarah non poteva essere innamorata del Conte! Tu e i tuoi discorsi sui mille significati di un bacio! Secondo te avrebbe fatto quel che ha fatto se l’avesse amato?”

“Harm, il Conte fa solo delle supposizioni, non c’è nulla che provi che lei abbia concesso le sue grazie all’aiutante di campo di Francesco Giuseppe.”.

“No, il Conte non fa supposizioni. Lui n’è certo.”.

“E tu come fai a saperlo? Gli leggi nella mente?”

“Non gli leggo nella mente, Mac, ma anch’io come lui credo che Lady Sarah non avrebbe potuto entrare in possesso di certe informazioni se non agendo in una sola maniera” concluse perentorio.

“E in ogni caso lei non è per nulla innamorata di lui” ripeté cocciuto. “Quando una donna ama un uomo non se ne va a spasso con un altro.”.

Mac scosse la testa: “Non è sempre vero quello che affermi” disse più a se stessa che a lui.

Harm, in piedi davanti a lei, non aggiunse nulla, ma tese le orecchie pensando che lei avrebbe dato un seguito a quella frase, ma Mac tacque.

Le forzò la mano: “Che cosa intendi dire?”

“Che una donna può essere innamorata di un uomo, ma stare con un altro per motivi che nemmeno lei sa spiegarsi. Magari ha paura che l’uomo in questione la rifiuti, magari teme i suoi stessi sentimenti, chi lo sa? Credo che Lady Sarah l’abbia fatto solo per dovere. C’è chi lo fa per paura e c’è chi lo fa per tentare una chance di felicità” rispose.

“Come con Brumby e con Webb?” domandò lui a bruciapelo.

“Non è di me che stiamo parlando, Harm” rispose Mac sentendosi con le spalle al muro.

Cercò di riportare il discorso su un piano più generale: “Devi distinguere i sentimenti che albergano nel suo cuore… Innanzi tutto non siamo certi che abbia ottenuto certe informazioni in cambio del suo corpo: è solo André D’Harmòn a supporlo. Ma se così fosse, perché ritieni che non sia innamorata del Conte francese? Solo perché si è concessa ad un altro? Io penso che, se davvero lo ha fatto, lo abbia fatto solo per portare a termine una missione. Pur amando il Conte D’Harmòn..."

Harm la guardò con espressione indecifrabile.

“Forse è meglio rientrare e riprendere il lavoro” propose Mac alzandosi e cominciando ad andare verso la palazzina.

Lui la raggiunse: “Non abbiamo ancora terminato il discorso” disse caparbio.

“Quale discorso? Non c’è nulla da aggiungere. Come al solito la pensiamo in maniera diametralmente opposta” replicò.

“E questo ti indispettisce vero Colonnello?” sorrise con un’aria da sberle.

“Non più di quanto indispettisca te, Comandante” rispose serafica Mac.

 

 

  
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