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Autore: Alexandra e Mac    27/05/2012    3 recensioni
La storia, quella con la “S” maiuscola, a volte riserva grandi sorprese. Fra le pieghe di un libro può capitare di trovare le cose più strane, o fra le sue righe captare qualcosa che non è detto esplicitamente ma che è volutamente lasciato intuire dall’autore o dall’autrice.
Sono specialmente le biografie del “grandi” quelle che riservano le maggiori meraviglie, e occorre un occhio attento per saper cogliere quello che, in superficie, non compare.
Questo racconto è nato così, cercando i messaggi nascosti che la Storia ha disseminato lungo il suo cammino e che alcuni più perspicaci hanno saputo cogliere e che hanno poi elaborato offrendoli al lettore.
Siamo certe che adesso anche voi cercherete fra il detto e il non detto di un volume quella zona grigia che vi spalancherà le porte di un altro mondo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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GdD - 2 - Un Diario

Capitolo XIX

Confessioni



Quando la cameriera le consegnò il biglietto che in calce recava la firma della Baronessa de Bellegarde, la Duchessa Battyàny non sospettò alcunché.

Gradiva molto la compagnia della nobildonna francese, della quale amava il gusto squisito, la capacità di conversare in ungherese e la sua notevole cultura sulla storia, le tradizioni e le usanze della sua terra natia. Non solo ma, unica fra tutte le dame di corte, era rimasta, o almeno così sembrava, insensibile al fascino indiscusso del Conte D’Harmòn, nonostante lui le facesse una corte abbastanza serrata, sebbene discreta.

Si recò dunque, con animo lieto a quell’incontro, che si sarebbe svolto nell’appartamento della Baronessa.

Fu introdotta e si accomodò in una delle due poltroncine davanti ad un tavolino sul quale erano disposte due tazze ed un bricco di caffè fumante. Poco distanti alcuni biscotti di pasta frolla inducevano in tentazione con il loro fragrante profumo. Nell’aria un sottile sentore d’essenza alla vaniglia.

Non dovette attendere molto: la Baronessa de Bellegarde fece il suo ingresso indossando un abito di seta pesante color avorio, mirabile nella sua semplicità. Non un ricamo, non un velo o un pizzo lo adornavano: l’unico ricamo era quello del tessuto, un damascato leggermente più scuro. La Baronessa non indossava gioielli, non aveva un’elaborata pettinatura, anzi i capelli erano leggermente umidi e raccolti in modo quasi casuale.

Lady Sarah salutò la Duchessa Battyàny con calore: “Vogliate scusarmi, cara Duchessa, se vi ricevo in maniera così informale, ma vi considero un’amica per cui non ho voluto badare troppo al cerimoniale di corte” esordì.

L’altra donna, lusingata di tanta fiducia, si rilassò ancor di più.

“Sono onorata. Qui a Corte non è facile trovare così tanto calore umano in una dama di compagnia. Generalmente sono tutte troppo occupate a conservare i favori di Sua Maestà o ad acquisirne di nuovi, e a malignare sul prossimo per gettarlo nel discredito” rispose.

Lady Sarah si sedette di fronte alla dama ungherese e versò un po’ di caffè nella tazza dell’ospite prima e nella propria poi. La Duchessa si stupì di quel gesto, si sarebbe aspettata che la Baronessa chiamasse una cameriera. Lady Sarah sembrò leggerle nel pensiero: “Ho lasciato libera la servitù, amica mia, quello che ho da dirvi preferisco rimanga tra noi”.

Aggiunse dello zucchero al caffè e cominciò lentamente a girare il cucchiaino nella tazza.

La Duchessa Battyàny era non poco perplessa: si era aspettata un incontro mondano, ma l’espressione della Baronessa lasciava chiaramente intendere come avesse in animo di parlare d’altro.

“Mia cara amica” esordì la dama inglese, “purtroppo non posso nascondervi che oggi pomeriggio dovrò recarmi dall’Imperatore e riferirgli che siete stata voi a mettere un libro ingiurioso nello studio privato dell’Imperatrice. Libro che, come sapete, le ha arrecato gravi problemi di salute che ancora non si sono risolti.”

La nobildonna ungherese quasi rovesciò a terra la tazza con il caffè ancora fumante che stava per portare alle labbra: come faceva la Baronessa a sapere? Chi mai avrebbe potuto dirle una cosa così riservata? Nessuno era a conoscenza del suo gesto, tranne…

Il Conte Von Webb” pensò, “vile traditore, mi aveva promesso che nessuno avrebbe saputo nulla.

Lady Sarah aveva scelto l’approccio diretto perché in tal modo avrebbe potuto contare sull’effetto sorpresa della sua rivelazione, e c’era riuscita in pieno. Infatti, all’improvviso il colore era sparito dal viso della Duchessa Battyàny, nonostante lo spesso strato di belletto, e la donna sembrava invecchiata di colpo.

“Ebbene?” la incalzò Milady con assoluta calma olimpica.

L’altra posò la tazza sul tavolino e strinse le mani fino a farsi sbiancare le nocche. Si rendeva conto che Madame de Bellegarde non stava per nulla bluffando e non aveva altra possibilità se non raccontarle la verità. TUTTA la verità.

“Non recatevi dall’Imperatore o in ogni caso non rivelategli che sono stata io, Baronessa. Egli conosce il mio passato e non esiterebbe ad infliggermi una severa punizione.”

Ci potete scommettere i vostri smeraldi, cara Duchessa” pensò Lady Sarah, ma non una parola uscì dalle sue labbra. Rimase in silenzio in attesa del resto, che non tardò ad arrivare.

“E’ vero, sono stata io” ammise la dama ungherese, “ma l’ho fatto perché sono stata ricattata. Non lo nego, quando mio marito fu ucciso dagli austriaci provai odio per l’Imperatore, ma poi, con gli anni, mi sono resa conto che si era in tempo di guerra e che se gli ungheresi fossero stati al posto delle truppe austriache avrebbero agito nella stessa maniera. Sfortunatamente con la morte di mio marito mi furono confiscate tutte le proprietà e le ricchezze di famiglia, per cui io e mia figlia ci trovammo in gravi ristrettezze economiche. Fu così che venni contattata dal Conte Von Webb che aveva ricevuto incarico da parte di Sua Altezza Imperiale l’Arciduchessa Sofia di cercare una dama di compagnia ungherese da inserire nel seguito dell’Imperatrice. Nonostante non avessi denaro per sostenere il dispendioso tenore di vita qui a Vienna, possedevo i requisiti che l’Arciduchessa Sofia cercava. Entrai così nell’entourage delle dame ammesse alla presenza di Sua Maestà, e questo mio miglioramento fece sì che mi fossero restituire le terre confiscate e quello che restava del patrimonio di famiglia. La mia vita e quella di Emma, rimasta a Buda, mutò radicalmente. Ma il Conte Von Webb non fa mai nulla per nulla. La sua generosità aveva un prezzo e non ha esitato a riscuoterlo: mi ha ordinato di prendere quel libro dalla sua biblioteca privata e di farlo trovare all’Imperatrice. Se non avessi obbedito, avrebbe fatto in modo che a mia figlia capitasse un ‘incidente’ che non l’avrebbe lasciata in vita.”

La Duchessa Battyàny era sull’orlo delle lacrime quando concluse il racconto.

“Perché il Conte le ordinò di mettere quel libro sullo scrittoio di Sua Maestà?”

“Non me lo spiego, ma io credo di saperne il motivo.”

“Sono tutt’orecchi, Duchessa” replicò serafica Lady Sarah sorseggiando il caffè appoggiata alla spalliera della sedia.

La nobildonna ungherese le raccontò così la storia del Conte Von Webb, di come per un soffio non fosse riuscito a sposare la madre dell’Imperatrice e di come tale smacco l’avesse sempre tormentato facendogli covare rancore per anni.

“Come conoscete questa storia?”

“Sono una buona amica della moglie del Conte, povera donna” rispose la Duchessa.

“Per cui secondo voi, il Conte Von Webb, l’aiutante di campo di Sua Maestà, la persona più fidata dell’Imperatore, avrebbe cercato di attentare alla vita dell’Imperatrice solo per gelosia e per lavare una presunta offesa vecchia di vent’anni?” chiese incredula Lady Sarah. “Come contate di provare tutto ciò? È la vostra parola, quella di una vedova rancorosa, contro quella del braccio destro dell’Imperatore” la provocò.

“Mi rendo conto della vostra incredulità Baronessa. Non ho prove concrete che suffraghino quanto vi ho appena detto, nondimeno vi prego di volermi credere. Se il Conte venisse a sapere che vi ho rivelato i suoi piani sarebbe capace di tutto e mia figlia è ciò che di più prezioso ho sulla terra. Avete figli, Baronessa?”

Lady Sarah scosse la testa. Quanto le sarebbe piaciuto averne! Ma l’esistenza che era stata costretta a scegliersi, le imponeva una vita solitaria.

“Ebbene se ne aveste conoscereste l’angoscia che mi attanaglia il cuore. L’ho fatto solo per evitare che alla mia Emma accadesse qualcosa di grave. Se le succedesse alcunché non me lo potrei perdonare mai” terminò quasi in una supplica la Duchessa.

Milady in cuor suo era convinta della bontà delle parole della dama, ma non voleva che si adagiasse troppo sugli allori. Ricatto o no, il suo gesto andava punito.

“Vi concedo il beneficio del dubbio, Duchessa, ma devo verificare il vostro racconto, e solo all’esito delle mie verifiche deciderò il da farsi” concluse.

“Certo, Baronessa” rispose mestamente l’altra.

 

 






  
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