Capitolo XIX
Confessioni
Quando
la cameriera le consegnò il biglietto
che in calce recava la firma della Baronessa de Bellegarde,
Gradiva
molto la compagnia della nobildonna
francese, della quale amava il gusto squisito, la capacità di
conversare in
ungherese e la sua notevole cultura sulla storia, le tradizioni e le
usanze
della sua terra natia. Non solo ma, unica fra tutte le dame di corte,
era
rimasta, o almeno così sembrava, insensibile al fascino indiscusso del
Conte
D’Harmòn, nonostante lui le facesse una corte abbastanza serrata,
sebbene
discreta.
Si
recò dunque, con animo lieto a
quell’incontro, che si sarebbe svolto nell’appartamento della Baronessa.
Fu
introdotta e si accomodò in una delle due
poltroncine davanti ad un tavolino sul quale erano disposte due tazze
ed un
bricco di caffè fumante. Poco distanti alcuni biscotti di pasta frolla
inducevano in tentazione con il loro fragrante profumo. Nell’aria un
sottile
sentore d’essenza alla vaniglia.
Non
dovette attendere molto:
Lady
Sarah salutò
L’altra
donna, lusingata di tanta fiducia, si
rilassò ancor di più.
“Sono
onorata. Qui a Corte non è facile trovare
così tanto calore umano in una dama di compagnia. Generalmente sono
tutte
troppo occupate a conservare i favori di Sua Maestà o ad acquisirne di
nuovi, e
a malignare sul prossimo per gettarlo nel discredito” rispose.
Lady
Sarah si sedette di fronte alla dama ungherese
e versò un po’ di caffè nella tazza dell’ospite prima e nella propria
poi.
Aggiunse
dello zucchero al caffè e cominciò
lentamente a girare il cucchiaino nella tazza.
“Mia
cara amica” esordì la dama inglese,
“purtroppo non posso nascondervi che oggi pomeriggio dovrò recarmi
dall’Imperatore e riferirgli che siete stata voi a mettere un libro
ingiurioso
nello studio privato dell’Imperatrice. Libro che, come sapete, le ha
arrecato
gravi problemi di salute che ancora non si sono risolti.”
La
nobildonna ungherese quasi rovesciò a terra
la tazza con il caffè ancora fumante che stava per portare alle labbra:
come
faceva
“Il Conte
Von Webb” pensò, “vile traditore, mi
aveva promesso che nessuno avrebbe saputo nulla.”
Lady
Sarah aveva scelto l’approccio diretto
perché in tal modo avrebbe potuto contare sull’effetto sorpresa della
sua
rivelazione, e c’era riuscita in pieno. Infatti, all’improvviso il
colore era
sparito dal viso della Duchessa Battyàny, nonostante lo spesso strato
di
belletto, e la donna sembrava invecchiata di colpo.
“Ebbene?”
la incalzò Milady con assoluta calma
olimpica.
L’altra
posò la tazza sul tavolino e strinse le
mani fino a farsi sbiancare le nocche. Si rendeva conto che Madame de
Bellegarde non stava per nulla bluffando e non aveva altra possibilità
se non
raccontarle la verità. TUTTA la verità.
“Non
recatevi dall’Imperatore o in ogni caso
non rivelategli che sono stata io, Baronessa. Egli conosce il mio
passato e non
esiterebbe ad infliggermi una severa punizione.”
“Ci
potete scommettere i vostri smeraldi, cara Duchessa” pensò
Lady Sarah, ma
non una parola uscì dalle sue labbra. Rimase in silenzio in attesa del
resto,
che non tardò ad arrivare.
“E’
vero, sono stata io” ammise la dama
ungherese, “ma l’ho fatto perché sono stata ricattata. Non lo nego,
quando mio
marito fu ucciso dagli austriaci provai odio per l’Imperatore, ma poi,
con gli
anni, mi sono resa conto che si era in tempo di guerra e che se gli
ungheresi
fossero stati al posto delle truppe austriache avrebbero agito nella
stessa
maniera. Sfortunatamente con la morte di mio marito mi furono
confiscate tutte
le proprietà e le ricchezze di famiglia, per cui io e mia figlia ci
trovammo in
gravi ristrettezze economiche. Fu così che venni contattata dal Conte
Von Webb
che aveva ricevuto incarico da parte di Sua Altezza Imperiale
l’Arciduchessa
Sofia di cercare una dama di compagnia ungherese da inserire nel
seguito
dell’Imperatrice. Nonostante non avessi denaro per sostenere il
dispendioso
tenore di vita qui a Vienna, possedevo i requisiti che l’Arciduchessa
Sofia
cercava. Entrai così nell’entourage
delle dame ammesse alla presenza di Sua Maestà, e questo mio
miglioramento fece
sì che mi fossero restituire le terre confiscate e quello che restava
del patrimonio
di famiglia. La mia vita e quella di Emma, rimasta a Buda, mutò
radicalmente.
Ma il Conte Von Webb non fa mai nulla per nulla. La sua generosità
aveva un
prezzo e non ha esitato a riscuoterlo: mi ha ordinato di prendere quel
libro
dalla sua biblioteca privata e di farlo trovare all’Imperatrice. Se non
avessi
obbedito, avrebbe fatto in modo che a mia figlia capitasse un
‘incidente’ che
non l’avrebbe lasciata in vita.”
“Perché
il Conte le ordinò di mettere quel
libro sullo scrittoio di Sua Maestà?”
“Non
me lo spiego, ma io credo di saperne il
motivo.”
“Sono
tutt’orecchi, Duchessa” replicò serafica
Lady Sarah sorseggiando il caffè appoggiata alla spalliera della sedia.
La
nobildonna ungherese le raccontò così la
storia del Conte Von Webb, di come per un soffio non fosse riuscito a
sposare
la madre dell’Imperatrice e di come tale smacco l’avesse sempre
tormentato
facendogli covare rancore per anni.
“Come
conoscete questa storia?”
“Sono
una buona amica della moglie del Conte,
povera donna” rispose
“Per
cui secondo voi, il Conte Von Webb,
l’aiutante di campo di Sua Maestà, la persona più fidata
dell’Imperatore,
avrebbe cercato di attentare alla vita dell’Imperatrice solo per
gelosia e per
lavare una presunta offesa vecchia di vent’anni?” chiese incredula Lady
Sarah.
“Come contate di provare tutto ciò? È la vostra parola, quella di una
vedova
rancorosa, contro quella del braccio destro dell’Imperatore” la provocò.
“Mi
rendo conto della vostra incredulità
Baronessa. Non ho prove concrete che suffraghino quanto vi ho appena
detto,
nondimeno vi prego di volermi credere. Se il Conte venisse a sapere che
vi ho
rivelato i suoi piani sarebbe capace di tutto e mia figlia è ciò che di
più
prezioso ho sulla terra. Avete figli, Baronessa?”
Lady
Sarah scosse la testa. Quanto le sarebbe
piaciuto averne! Ma l’esistenza che era stata costretta a scegliersi,
le
imponeva una vita solitaria.
“Ebbene
se ne aveste conoscereste l’angoscia
che mi attanaglia il cuore. L’ho fatto solo per evitare che alla mia
Emma
accadesse qualcosa di grave. Se le succedesse alcunché non me lo potrei
perdonare mai” terminò quasi in una supplica
Milady
in cuor suo era convinta della bontà
delle parole della dama, ma non voleva che si adagiasse troppo sugli
allori.
Ricatto o no, il suo gesto andava punito.
“Vi
concedo il beneficio del dubbio, Duchessa,
ma devo verificare il vostro racconto, e solo all’esito delle mie
verifiche
deciderò il da farsi” concluse.
“Certo,
Baronessa” rispose mestamente l’altra.