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Autore: Momoko The Butterfly    30/05/2012    3 recensioni
All’inizio, non avrebbe pensato che una semplice donna umana potesse scatenare in lui tanti affanni e cambiamenti, che gli facesse provare delle vere emozioni; le stesse che lui repelleva con tanto disgusto perché ritenute deboli e inutili.
Però, dopo averla conosciuta, qualcosa di lei lo aveva scosso. Era il suo sorriso, i suoi modi cordiali, la sua sincerità o i suoi occhi smeraldini illuminati dalla passione? Forse tutto, forse niente. Ma probabilmente Clara gli aveva solo ricordato i piaceri dell’essere umano, che lui aveva da tempo – forse volutamente – dimenticato.

La mia prima fanfiction, enjoy ♥
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Nuovo personaggio, Tyki Mikk, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo 1

 Salve a tutti!^^ Per tutti quelli che non mi conoscono, sono Momoko, e mi appresto per la prima volta a pubblicare fanfiction @_@ Spero che non mi menerete per aver scritto tale schifezza, e che in un modo o nell'altro, vi possa piacere^^
Buona lettura :)

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La pallida luce della luna illuminava i contorni di una piccola foresta in lontananza.

Le fronde degli alberi erano mosse da un leggero vento primaverile, frusciando tra loro, e l’erba danzava sinuosa su un vasto prato verde scuro.
Il luogo era pervaso da un tale senso di tranquillità e serenità, che era impossibile non lasciarsi trasportare dal suo richiamo silenzioso e godere di quel piacere assoluto che la natura sa regalare unicamente al cospetto del satellite argentato.
 
Ma poco a poco, un rumore si diffuse riecheggiando tra gli alberi, sinistro: quello di passi lenti e trascinanti che, a breve distanza l’uno dall’altro, diventarono ben presto qualcosa di più concreto.
Difatti, in poco tempo, dall’ombra della foresta emerse una figura; alta e snella, dalla pelle grigio chiaro e dai capelli d’ebano raccolti in una coda scomposta che gli ricadeva sulle spalle, pareva arrancare da un tronco all’altro con fare stanco.
Uno sguardo più attento, inoltre, rivelava che la figura – maschile – indossava un frac nero e una tuba dello stesso colore, molto eleganti, accompagnati da una camicia bianca e da una cravatta scura sotto.
Ma nonostante fosse perfettamente curato nel vestire quanto nell’aspetto, camminava barcollando con la schiena leggermente ricurva in avanti e la mano destra volta a stringersi i vestiti nella zona della spalla sinistra, più scuri del normale e anche bagnati.
La figura rimase completamente in ombra, fino a quando non andò incontro ad una quercia abbastanza robusta, sedendosi ai suoi piedi e incontrando un fascio di luce lunare che ne illuminò il volto.
Apparve il viso di un giovane uomo, pallido e imperlato di sudore, ma soprattutto due occhi dorati e brillanti, con un neo sotto al sinistro; sulla fronte, delle croci nere che si ripetevano come a formare una corona, che finiva dove cominciava l’attaccatura del capelli sulle tempie. E attorno alla sua spalla sinistra, sangue.
Nero e caldo sangue che gli colava lungo il braccio e sulla mano, lasciata immobile sull’erba come senza vita, ramificandosi in tante venature rosse scure che finivano poi per cadere come gocce sulla terra, macchiandola.
Oltre alla spalla, anche il fianco sinistro sanguinava. I vestiti lì erano stracciati e sporchi, lasciando intravedere sotto di essi un vuoto, un buco ancora più nero del frac che l’uomo indossava.
Ansimava, pareva mancargli il respiro.
Si tolse la tuba dal capo e la poggiò accanto a sé, sull’erba soffice. La sua testa parve come respirare, e i suoi capelli mossi riacquistare volume, dondolando sotto la leggera spinta del vento.
Dopodiché, i suoi occhi d’oro incontrarono la  figura argentata della luna, in tutta la sua rotondità. Sua onnipresente compagna di notti di sangue e morte, ora era per lui un’amica silente, che accoglieva i suoi più oscuri pensieri dettati dal dolore e dal rimpianto.
Chiuse gli occhi, sospirando.
Infondo, non gli dispiaceva andarsene, anche se avrebbe certamente preferito continuare a vivere. Avrebbe preso la morte con filosofia, come una cosa naturale, quando essa sarebbe arrivata. Non avrebbe di certo provato paura per la morte! Quel sentimento, quella debolezza umana che gli faceva venire il voltastomaco, ma che in quel momento, parve insinuarsi lentamente come un parassita nella sua mente.
Non avrebbe mai provato paura, se fosse morto combattendo per una giusta causa. Avrebbe preso la sua dipartita con più leggerezza, sapendo che i suoi ideali sarebbero comunque andati avanti, che non sarebbero morti con lui e che avrebbero continuato a vivere nei suoi famigliari. Di sicuro, la sua memory si sarebbe reincarnata in qualcun altro, permettendo così al Conte e al resto dei Noah di perseguire la loro lotta contro l’Innocence e gli esorcisti.
 
Tuttavia, per lui ora era diverso.
Sapeva benissimo che il Conte non aveva ritegno nello sbarazzarsi di coloro i quali non gli erano utili; sotto a quel sorriso perenne si nascondeva infatti una personalità agghiacciante, per nulla allegra e spensierata come si mostrava a prima vista.
Avrebbe dovuto capirlo, invece di fare ciò che aveva fatto. Invece di tradirlo.
Aveva avuto il coraggio di voltargli le spalle.
 
Era accaduto tutto quella stessa notte; dopo avergli detto che non avrebbe più lavorato per lui, con la solita calma e compostezza di sempre, il Lord gli aveva risposto, con finto rammarico: “Se le cose stanno così… Allora non ci servi più ♥”
E subito dopo, aveva sentito un dolore atroce, prima lungo il fianco, poi lungo tutto il corpo. Il respiro gli si era bloccato  all’istante, e la sua bocca era rimasta immobile, aspettando di far uscire altre parole. Invece, però, aveva sputato del sangue, che gli aveva macchiato le labbra e i vestiti.
Successivamente, i suoi occhi dorati, che parevano essere stati ciechi fino a quel momento come colti da un lampo di luce, si erano accorti della figura ingombrante del Conte davanti a loro; e poco più giù, la sua spada, conficcata nel suo corpo, che lo aveva attraversato da parte a parte.
Non aveva nemmeno avuto il tempo di pensare, o di dire qualcosa, che le parole del Conte, avvicinatosi a lui per guardare meglio la sua espressione sofferente e sorpresa, gli erano arrivate come sussurri incomprensibili all’orecchio: “ Anche se mi dispiacerà perdere del tempo prezioso, aspetteremo che un altro prenda il tuo posto. Di sicuro, sarà un Noah meno scapestrato di te…”
Road aveva mosso qualche passo verso lo zio, ma il padre Cheryl l’aveva afferrata per una spalla, costringendola a fermarsi. Lei allora lo aveva guardato con un volto supplicante, pregandolo di lasciarla andare con lo sguardo. Ma lui aveva scosso la testa. Ribellarsi ad una decisione del Conte non sarebbe servito a niente; per quanto gli dispiacesse perdere un famigliare, non potevano farci nulla.
Gli occhi di Road erano diventati lucidi di lacrime, e due parole amare quanto sofferte le erano scappate dalle labbra: “Stupido Tyki…”
Il Lord aveva ritirato la spada con un sibilo improvviso, facendo cadere a terra il Noah del Piacere con un tonfo attutito. Altro sangue aveva preso a scorrere, espandendosi lungo il pavimento di Villa Kamelot.
La tuba gli era caduta, finendo poco sopra la sua testa, con la parte inferiore della cupola verso di lui.
Tyki aveva stretto i denti per contenere il dolore, e subito dopo aveva iniziato a rialzarsi con enorme sforzo. Con una mano si era stretto il buco che gli era appena stato fatto e dal cui interno stava continuando a sgorgare fuori altro sangue.
“Ti rialzi di già?”Aveva commentato placidamente il Conte, con una risatina sommessa e con una mano guantata sul pancione, volta a farlo contenere.
Lui intanto si era ripreso il cappello e se lo era calcato bene sulla testa, come se i fatti accaduti pochi istanti prima non fossero mai avvenuti.
Poi, aiutandosi con le ginocchia, si era issato in piedi, ansimando lievemente. Il suo sguardo si era posato sulla nipote e sul fratello, ai quali rivolse un sorriso debole e velato di dispiacere.
 
“Scusatemi”.
 
Infine, con calma, aveva iniziato a mettere un piede dietro l’altro, portandosi così a debita distanza dal Conte, che aveva continuato a guardarlo senza capire cosa gli passasse per la testa. E subito dopo, aveva iniziato a inabissarsi velocemente nel pavimento, passandoci attraverso come niente e sparendo via via alla vista dei famigliari.
Il Lord del Millennio allora aveva reagito tempestivamente e aveva sparato un raggiò di energia violacea e luminosa che come un proiettile aveva colpito la spalla del Noah, un attimo prima che questo fosse sparito del tutto.
Reso furibondo dal tradimento e dalla mancata uccisione dell’ex alleato, il Conte si era voltato verso i presenti e aveva esclamato, con finta allegria: “Dobbiamo cercarlo! Vivo o morto che sia, va trovato e portato indietro. Su, fratelli! ♥”.
E mentre i primi apostoli si lanciavano nelle ricerche, Tyki era apparso in una foresta ignota, all’interno della quale aveva vagabondato barcollando fino a ritrovarsi ai piedi di quella grossa quercia da cui poi non si era più mosso.
 
Rievocando quei cupi ricordi, nella propria mente, riusciva ancora a distinguere nettamente il dolore che aveva provato nell’attimo in cui si era ritrovato quella grossa spada infilata nel fianco, e l’espressione triste di Road e Cheryl.
“Stupido Tyki…”… Le parole di Road gli apparvero come una serie di lettere scomposte ed evanescenti che sparivano dissolvendosi come fumo di sigaretta.
Le sue sigarette… Cosa avrebbe dato in quel momento per poter fare una tirata! Di sicuro lo avrebbero aiutato a rendere meno massacrante il dolore. E l’amara verità che sovrastava le sue azioni: aveva fatto tutto per amore.
Per l’amore di una persona che a malapena conosceva, ma per la quale aveva iniziato però a provare quella strana sensazione che ti attorciglia lo stomaco e ti tiene sopra le nuvole.
 
All’inizio, non avrebbe pensato che una semplice donna umana potesse scatenare in lui tanti affanni e cambiamenti, che gli facesse provare delle vere emozioni; le stesse che lui repelleva con tanto disgusto perché ritenute deboli e inutili.
Però, dopo averla conosciuta, qualcosa di lei lo aveva scosso. Era il suo sorriso, i suoi modi cordiali, la sua sincerità o i suoi occhi smeraldini illuminati dalla passione? Forse tutto, forse niente. Ma probabilmente Clara gli aveva solo ricordato i piaceri dell’essere umano, che lui aveva da tempo – forse volutamente – dimenticato.
Come quando viveva assieme ai suoi amici in miniera, e come quando regalava al piccolo Ease le pietruzze luccicanti che raccoglieva in mezzo alle grosse pietre che spaccava.
Tuttavia, in quella doppia vita aveva sempre prevalso quell’aria falsa, menzognera, che a lui non dava poi tanto fastidio, per carità, ma che in qualche modo gli ricordava chi era veramente e cosa faceva realmente.
Lui era Tyki Mikk, il terzo apostolo, il Noah del Piacere, Joyd. Lui lavorava per il Conte del Millennio, uccideva gli esorcisti e recitava il copione della fine del mondo assieme agli altri Noah.
Ma da quando aveva terminato la sua battaglia all’interno della vecchia arca, aveva perso qualcosa.
Aveva sempre cercato di contenere il suo Noah, la sua integrità, per poter tornare dalle persone a lui care e continuare a vivere quella doppia vita che tanto gli piaceva, ma dopo aver perso contro gli esorcisti non era stato più in grado di rivedere i suoi amici; e Ease.
Alla fine, il suo lato nero aveva in qualche modo prevalso, soffocando un altro po’ il suo lato bianco e celandolo sempre più in profondità.
 
Tuttavia, Clara lo aveva riscoperto. Era stata capace di riportare alla luce il Tyki che scherzava con gli amici, che lavorava in miniera, che sorrideva a quel piccolo bambino a cui regalava tutto ciò che di prezioso trovava. Aveva ridato vita ad una parte importante di lui.
E con le parole di quella donna a guidarlo si era permesso di ribellarsi al Conte, rendendosi poi conto di aver compiuto un gesto troppo avventato e fatale.
 
Le ferite gli facevano sempre più male, bruciando in modo allucinante; e allo stesso tempo si sentiva trafitto da innumerevoli aghi appuntiti, che gli bucavano la pelle penetrando in profondità e lacerando le carni.
Ad ogni fitta il respiro veniva mozzato, e diventava sempre più irregolare, mentre goccioline di sudore gli scendevano lungo le tempie e sul collo.
Il volto era stanco e pallido, straziato dal dolore e dalla fatica. Aveva sonno. Ma probabilmente non si trattava di semplice stanchezza, bensì della vita che lentamente stava scivolando via da lui.
Col poco tempo che gli rimaneva, volse il suo sguardo ancora verso la luna e si abbandonò ai ricordi, per ripercorrere come in una vecchia pellicola dai toni di seppia, tutti gli eventi precedenti il suo tradimento...

 

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Se state leggendo queste righe e avete letto fino in fondo, be'... arigatou gozaimasu *si inchina*. Spero vivamente che come prologo vi abbia incuriosito, che il mio caro Tyki-pon non sia troppo OOC (forse è un po' presto per dirlo, ma... era l'idea di base della storia che poteva non coincidere completamente col suo personaggio); nel caso in cui lo dovesse essere, m'impegnerò a fondo per migliorare! *occhi fiammeggianti di determinazione*.
Lasciate un commentino se la storia vi è piaciuta o se non vi è piaciuta, sono sempre aperta a critiche e consigli (Non è vero >.> ndTyki) (Taci e continua a fare il moribondo tu! ndMomoko).
A parte questo, vi ringrazio ancora per aver letto, e a presto! ^^

Momoko.

   
 
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