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Autore: Hina93    01/06/2012    2 recensioni
Non ci saranno storie piene di retroscena o grandi eroi che salvano principesse impaurite. No: questa è la vita di tutti giorni. E proprio la vita di tutti giorni, per Hinata, Temari e Karin è più dura di tante altre avventure.Amiche da sempre, confidenti, conoscono ogni segreto. Un amicizia fondata su silenzi carichi di rumore, speranze, delusioni, confidenze di ragazze di vent’anni. Hinata troppo timida, silenziosa incapace di dichiararsi al ragazzo che ama da sempre. Temari troppo cresciuta, costretta a crescere due fratelli, infinitamente innamorata di Shikamaru, convinta di essere l’unica capace di proteggere le amiche. E l’ultima, la cinica Karin, impaurita, costretta a sorreggere un muro davanti a tutti, anche alla sua famiglia adottiva; piano, piano le sue difese vacilleranno davanti all’insistenza di un ragazzo che la sorprende come non pochi. Il tutto incorniciato nell’atmosfera calda e sensibile della famiglia Uzumaki.
[...] Sapevano girare per la strada come delle pazze e lei, la povera e ingenua Hinata, le seguiva a fatica, affascinata come aveva sempre fatto per tutta la vita con le persone come loro.
Nel loro trio, ognuno aveva il suo ruolo.
Karin era quella che parlava sempre la casinista, quella con le idee radicali che. Lei sapeva sempre cosa fare, in qualsiasi situazione, tranne in quelle d’amore o davanti a Suigetsu. Temari era la riflessiva, la forte, l’intelligente, quella che sapeva sempre cosa dire e cosa fare. Il ruolo del gruppo di Hinata era sempre quello di tacere e osservare.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Karin/Suigetsu, Minato/Kushina, Shikamaru/Temari
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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CAPITOLO III

“Baka! Sei solo un Baka! Uno stupido, no peggio dello stupido!” urlò Karin al cugino.
“Avanti Karin, non l’ho fatto apposta! Non volevo entrare così mentre stud.. No Karin.. Karin metti giù quel vaso!” esordì Naruto mettendosi le mani davanti.
“Perché dovrei? Tu, tu essere biondo, indegno figlio della famiglia Uzumaki non hai il diritto di dirmi quello che devo fare!”.
“Ma.. ma se mi fai del male, Hinata si potrebbe arrabbiare e anche Temari!” disse in un momento di lucidità il biondo, mentre si nascondeva dietro al divano.
Karin sembrò pensarci un attimo e sbatte il vaso sul tavolo.
“Odio darti ragione, capra!” disse.
Naruto sospirò e uscì dal suo nascondiglio.
Karin lo fulminò con lo sguardo, lasciandoli capire quanto lo odiava.
“Non volevo disturbarti mentre studiavi, mi dispiace..” disse Naruto, guardandola come un bambino indifeso.
“Non osare fare quegli occhi da cucciolo bastonato con me, non ci sono scuse, ora non mi concentro più!”.
Karin sbatte i piedi come una bambina poi si sedette, lasciando sedere Naruto accanto a lei.
“Io non capisco come facciano a sopportarti Hinata e Temari..” borbottò Naruto.
“E io mi chiedo come Hinata possa sopportare te, bamboccio! Anzi come io, la povera Karin, può sopportare uno come te!” disse per le rime la rossa.
“Scusami... Sei così suscettibile!” osservò Naruto.
Karin scosse il capo e si mise a posto gli occhiali.
“E con Suigetsu?” chiese improvvisamente Naruto.
Karin sussultò impercettibilmente, ma non lo diede a vedere.
“Che cosa vuoi dire?” chiese.
“Si insomma intendo come procede la storia?”
“Per tua informazione, io non sto con quella sottospecie di calamaro umano!”
Karin chiuse gli occhi irritata, muovendo in modo spastico la gamba destra.
“Ma io pensavo che..”.
“Ah perché tu pensi?” chiese scandalizzata Karin.
Naruto gli tirò una linguaccia e subito dopo una cuscinata in pieno volto.
La rossa gli diede un forte pizzico sul braccio, sorridendo sadica.
“Karin! Maledizione!” urlò Naruto.
“Te lo meritavi brutto spilungone!”.
Naruto si alzò tenendosi il braccio dolorante.
“Io non capisco perché fai così! Voglio solo aiutarti! Tu hai aiutato sia me che Hinata!” rispose Naruto.
Karin sorrise furba.
“Io non ho fatto altro che mettere legna sul fuoco, niente di più, e poi non voglio essere aiutata da nessuno. Io non ho bisogno di nessuno!” disse stizzita.
Si alzò, prese la sua giacca.
“Dove vai?” chiese d’istinto Naruto.
“Dove mi pare!” rispose Karin.
“Non fare tardi.. Sai che dopo si preoccupano..” disse premuroso Naruto.
Karin lo fissò un attimo e sorrise debolmente.
“Ok..”.
“E fai la brava!” urlò Naruto.
“Ma senti sei mio babbo o mio cugino?” rispose Karin stizzita.
“Io ci tengo a te! Sei mia cugina!” rispose Naruto innocentemente.
Karin ridusse gli occhi a due fessure e sorrise sadica.
“Fuck you, fuck you very, very muuuch!” lo canzonò.
Naruto chiuse la porta sorridendo, senza vedere il sorriso che sua cugina gli regalò.

Karin si mosse silenziosa per la strada. Sapeva di essere bella e non faceva nulla per nasconderlo.
Gli piacevano gli sguardi maliziosi che gli lanciavano i ragazzi o quelli invidiosi delle altre donne.
Era molto vanitosa, più del dovuto.
Si rimise a posto gli occhiali e lasciò che i suoi capelli rossi ricadessero sulla schiena in modo sensuale.
Passando per le vetrine del centro, si fermò a guardare il suo profilo.
Era snella, proporzionata, occhi di uno strano color porpora, rossa naturale. Era perfetta.
Sorrise subdola, pensando a quanto, tra le sue migliori amiche, era indubbiamente la più bella. Non che Hinata e Temari non lo fossero, ma non erano vanitose come lei.
La prima volta che aveva il visto il fisico mozzafiato di Temari, l’aveva vista come una rivale. Si era ricreduta presto, quella battaglia non era incominciata nemmeno e, nella sua mente particolare, lei era l’unica vincitrice.
Con Hinata era diverso, lei faceva di tutto per nascondersi, tranne ora che aveva incominciato a essere più femminile, ma con semplicità. Non era una minaccia per lei, anzi nessuno era una minaccia per Karin Uzumaki.
Sì, certo, era perfetta, ma non così tanto.
Scosse la testa e continuò la sua strada.
Chi era lei, infondo? Una persona sola. Si sentiva sempre sola.
Fin da bambina aveva imparato a combattere. Una madre troppo schiva, un padre troppo succube della moglie. Nemmeno si ricordava i loro volti, dopo l’incidente aveva eliminato ogni ricordo di loro dalla mente.
Così si era ritrovata, anzi no, catapultata a casa della famiglia Uzumaki.
Aveva conosciuto sua zia, suo zio e suo cugino: era una famiglia stupida. Ecco cosa aveva pensato fin dal primo momento che li aveva visti.
Crescendo insieme a suo cugino, era diventata un’aliena, convinta che sua zia fosse un mostro che aveva sposato un angelo e suo cugino, bhè suo cugino era semplicemente stupido.
S’isolava continuamente, viveva nel suo mondo imperfetto.
Tuttora viveva come un’estranea in casa dei suoi zii, che erano diventati appieno i suoi affidatari. Forse doveva dire che s’isolava completamente da sua zia Kushina.
Sospirò. Perché lo faceva? Forse perché era simile a lei, perché era sua zia, la sorella di sua madre. Infondo non aveva un vero e proprio motivo. Era simili in ogni cosa che facevano o sceglievano, entrambe avevano imparato ad amare i loro capelli grazie a complimenti dei conoscenti.
Davanti a sua zia, Karin si sentiva inerme con non mai. Per questo litigavano, le dava sempre contro, vivevano in un rapporto d’intolleranza reciproca.
Incominciò, all’età di dodici anni, anche a uscire con gli amici del cugino, erano troppo diversi. Ino Yamanaka e Sakura Haruno la guardavano con diffidenza e lo stesso valeva per gli altri.
Solo suo cugino le stava dietro, quasi amorevolmente. Lo trattava male, lo respingeva, lo prendeva in giro... eppure lui era lì. Non capiva perché lo faceva. Per questo aveva imparato a volergli bene, a rispettarlo, a capire quanto era forte.
Ripensò al dialogo che avevano avuto da poco. Erano sempre così, anche davanti ai genitori di Naruto.
Naruto non insinuava e non pretendeva, però la capiva. La capiva come nessun’altro.
All’età di sedici anni si avvicinò al mondo della droga, dell’alcool, perché lo faceva? Perché era giusto così. Che scopo aveva la sua vita? L’unica sua salvezza era Sasuke, quell’amore così utopico che provava per il migliore amico di suo cugino.
A quel tempo avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, qualsiasi. Ma quelle sue “amiche” , il maiale rosa e l’oca, facevano di tutto pur di non farlo avvicinare a lei. E lei soffriva, soffriva capendo che lui non la guardava , che mai e poi mai sarebbero stati qualcosa.
Con il tempo aveva imparato a scoprire che Sasuke amava unicamente se stesso. Sì, solo se stesso.
Si staccò completamente da quegli amici, uscendo dal mondo della droga, senza tanti aiuti degli amici.
La aiutarono soprattutto i suoi zii, o doveva dire famiglia?
Anche per questo non li sopportava, forse: la facevano sentire debole, indifesa, sempre pronti a proteggerla a difenderla per ogni suo sbaglio.
Anche quando iniziò a tagliarsi le braccia, così per divertimento, i suoi zii erano pronti a giustificarla. Non si erano mai permessi di dargli uno schiaffo o insultarla, dirle di odiarla. Mai. E lei lo desiderava, da ragazza voleva quel trattamento che però non aveva mai ricevuto.
L’unica persona che le faceva notare quando sbagliava era Minato, che con la sua grazia, gentilezza e forza, riusciva a colpirla nel profondo. Rispettava quell’uomo come un padre, e se lei, come figlia, avrebbe potuto scegliere suo padre, lui sarebbe stato perfetto.
Naruto veniva sgridato, soprattutto da sua madre e lei voleva essere come suo cugino, non voleva essere la ragazza problematica difesa dai suoi affidatari.
Oggi, pensava di aver capito che la amavano anche nei suo difetti, quella battaglia era finita.
Oppure era mai iniziata?
E lì che incontro Hinata e Temari, quelle due ragazze che sarebbero diventate le sue migliori amiche.
Erano arrivate nel momento giusto, nel posto giusto.
Erano state le prime che, con prepotenza avevano abbattuto il suo muro. Temari con la forza, Hinata con la dolcezza.
Sorrise debolmente.
Loro erano state delle porte che si erano aperte nella sua vita. Aveva avuto il coraggio di aprirle e di entrare… ed era felice così.
“Guarda un po’ chi c’è! La strega!” esordì qualcuno.
Karin non fece in tempo a rispondere che, andò a sbattere contro qualcuno.
“Stupido brutto maleducato, ti venisse l’acne acuta!” rispose.
Alzò lo sguardo e incontrò due occhi color viola, e un sorriso accattivante da squalo affamato.
“Ah il merluzzo!” esordì.
“Sei sempre carina, Karin, come ricevere una pallottola nel sedere!”
Karin lo fissò, notando che aveva i capelli ancora umidi e il borsone della piscina a tracolla.
La sua pelle, così bianca risaltava contro la maglia scura che portava. L’unico segno di colore erano le guancie arrossate e quegli occhi così strani e magnetici, bellissimi per Karin.
Lo osservò con la coda nell’occhio, era magro, allenato, perfetto. I jeans fasciavano perfettamente le gambe muscolose.
Le sue gote si arrossirono.
“Si lo so, sono troppo bello!” fece, mettendosi in una posa teatrale.
“Ah si? Tu saresti bello? Persino un verme è più affascinante di te!”.
“Non insultare i tuoi simili, Karin non te l’ha mai insegnato nessuno?” rispose per le rime.
“Sei patetico, piovra!”
“Parlò la racchia!”
Karin sbatte i piedi come una bambina.
Non lo sopportava, non lo sopportava!
“Vorrei mandarti a quel paese, ma sono troppo gentile! Ciao!” disse allontanandosi.
“Te ne vai già?” fece contraria Suigetsu seguendola.
“Magari non mi piace stare con quelli che puzzano di pesce marcio..”
“Nemmeno a me piace stare vicino ai quattr’occhi, però lo faccio..” osservò Suigetsu, sorridendo furbo.
A Karin quel ragazzo dava sui nervi ma veramente molto.
Perché riusciva a sfidarla così? Perché metteva alla prova le sue forze?
Davanti a lui si sentiva diversa, provava una strana sensazione. Una sensazione che sapeva cosa significava, eppure si rifiutava di provarla.
Che potesse amare un essere come quello… Bhe allora significava che nella sua vita precedente aveva fatto qualcosa di male, come innamorarsi di un assassino e allearsi insieme a lui. Era il minimo.
“Ti hanno mangiato la lingua?” chiese il ragazzo, incamminandosi accanto a lei.
“Pensavo uomo-pesce!”
“Ah, perché tu pensi?” fece.
Karin sgranò gli occhi e lo fissò. Quella frase, quel suo modo di fissarla, di porsi erano.. erano uguali a suoi! Aveva fatto la stessa cosa a suo cugino!
“Tu mi spii!” urlò Karin, avvicinandosi minacciosa.
“Io cosa? Penso che posso sprecare meglio il mio tempo!” osservò Suigetsu allontanandosi.
Karin non ci vide più.
“Sparisci dalla mia vita!” urlò.
Girò i tacchi, indispettita, ma sentì lo sguardo di Suigetsu che la seguiva.

Finì di fumare la sua sigaretta, uno sfizio che aveva in comune con Shikamaru, anche sé lui era un vero e proprio fumatore e prese il cellulare.
Aveva ricevuto un messaggio.
Uno era di Temari, che le chiedeva se aveva voglia di uscire con lei e Hinata, rispose di sì.
Poco dopo gli arrivò il messaggio in cui c’era scritto che si sarebbe incontrare al solito posto alle nove di sera.
Sorrise soddisfatta, sarebbe andata a casa e si sarebbe cambiata.
Non aveva voglia di prendere l’autobus, o un taxi e quindi optò per una bella passeggiata.
Girò per le strade, come un’anima in pena.
Quel Suigetsu era... era... Doveva uscire dalla sua vita! Ci pensava troppo! Però era.. era.. come dire.. Doveva smettere di pensare a lui!!
“Io l’ho detto che sei innamorata di me!” fece quell’odiata (o amata?) voce.
Karin si girò, e vide Suigetsu, sorridente.
“Vattene!”
“Avanti una bella racchia come te, deve essere accompagnata a casa.. Poi ho un regalo!”
“Vaffanculo Suigetsu.. Cosa mi interessa poi?” rispose fermandosi.
“E’ per te!” rispose lui, porgendole un fiore.
“Ed io cosa dovrei farci con questo coso?” rispose Karin schifata.
“Prima di tutto è un giglio, seconda cosa: lo accetti?”
Karin ci pensò un attimo, poi annuì.
“Allora accetti la mia sfida.. Interessante..” disse avvicinandosi.
“Che sfida, scusami? Cosa ti sei fumato? L’erba puffa?” chiese Karin.
Suigetsu alzò le spalle ed entrò nel suo appartamento.
Karin non sapeva che abitava lì.
“Ehy sto parlando con te, razza di idiota!” lo seguì.
Percorse le scale, ed entrò nella casa di Suigetsu.
Regnava un certo ordine, ed era tutta colorata da un insolito azzurro, sembrava che si fosse tuffata nel mare.
Come lui, tutto odorava di mare, di salsedine, di buono.
“Esci da casa mia..” fece scontroso.
“No..” rispose Karin, sorridendo sadica, chiudendo la porta.
Suigetsu sbuffò, ma comparve uno sguardo divertito nei suoi occhi.
“Io stavo parlando con te, cosa che dovrebbe onorarti moltissimo... Che sfida avrei accettato?”
“Perché t’interessa?” rispose Suigetsu, sedendosi sul divano.
“Perché sì, non scommetto e non sfido nessuno senza sapere se vincerò.”
“Credi di vincere?” disse, poi rise.
“Io vinco sempre..” rispose Karin, muovendo la chioma rossa.
“Allora chiedimi del giglio..”.
Karin lo fissò perplessa.
“E perché dovrei?”
“Perché ti direi la sfida..”.
“D’accordo, cosa significa il giglio?”
“Il giglio vuol dire: ti sfido ad amarmi... Non so però quanto può essere vero, l’ho sentito in un film!”* disse piano.
Karin lo fissò stupita, diventando rossa. Si grattò la testa, era imbarazzata.
“E quindi?”.
“E quindi niente. So che ti piace giocare, allora facciamolo questo gioco! Parliamo al telefono, usciamo, scherziamo e ridiamo... ”
“E poi?” disse Karin incerta.
“E poi quello che s’innamora prima, perde!” disse Suigetsu.**
Karin lo fissò confusa.
Quel gioco l’aveva già perso in precedenza! Lei lo sapeva! Lei era innamorata di quell’essere!
Suigetsu la guardò fissò, senza staccare i suoi occhi da lei.
La rossa si sentiva a disagio, e anche parecchio.
“E’ un gioco stupido!”
“Hai paura?” disse felice Suigetsu.
La fissò come un pazzo.
“La racchia ha paura!”
“Non è divertente! Non mi va! Rifiuto la tua sfida!”
Karin scoppiò, non poteva offenderla non voleva. Non si doveva permettere!
“ Brutto figlio di una trota imbalsamata, non so cosa sta succedendo! Provo qualcosa per te, qualcosa che non posso assolutamente provare! Hai capito adesso? Suigetsu devi capire! Non posso fare questo! Non posso assolutamente! Quindi qualunque cosa sia va fermata e va fermata subito! Hai capito? È finita!”
Si allontanò, voleva uscire da quella casa. Buttò il giglio per terra.
Poi, come sospinta da un'altra forza, ritornò in casa e lo baciò.
Suigetsu ricambiò poco dopo, forse preso alla sopravista.
Si baciarono, come in modo passionale.
Poi, lui la spinse in stanza da letto.

Karin gemette, gemette come mai aveva fatto nella sua vita.
Non si era mai sentita così viva tra le braccia di un uomo.
I suoi baci, i suoi morsi, tutto era perfetto.
Lo odiava, lo odiava anche in quel momento.
La faceva sentire debole, la faceva sentire desiderata. Lo odiava.
Le sue mani sul suo corpo, le spinte troppo violente che le dava. Lo odiava.
Odiava anche quei suoi occhi che godevano vedendola così, in difficoltà, mentre era posseduta da lui.
Sapeva di aver vinto quella sfida, Karin glielo poteva leggere negli occhi.
Lo odiava.
Lo odiava perché aveva abbattuto l’ultimo mattone del suo muro.
Lo odiava, lo odiava.
“Ti.. odio..” riuscì a dire tra i gemiti, infilzando le sue unghie nella schiena perfetta del ragazzo.
“Non è vero.. mi ami..” disse lui.
“Ti odio.. Ti odio..” disse Karin.
Lui spinse ancora più forte, al limite della sopportazione della rossa.
Gridò.
“Sei un.. bastardo..”.
Allo stremo delle forze, lui si accasciò, sdraiandosi accanto a lei, dopo che entrambi avevano raggiunto il piacere.
“Io invece ti amo..” disse in un sussurrò Suigetsu, stranamente serio.
“Non giocare con me..” rispose Karin, fissandolo.
“Abbiamo giocato per troppo tempo, Uzumaki, quella sfida di prima, l’avevamo già persa entrambi..” disse.
Karin annuì e chiuse gli occhi.
Suigetsu la seguì poco dopo.
Karin aspettò che si addormentasse, poi aprì gli occhi.
“Anch’io, ti amo... Hozuki” disse.

Rientrò a casa, era tardi. Aveva avvisato le sue amiche solo qualche ora prima, e Hinata le aveva risposto che immaginavano che centrasse Suigetsu.
Sapevano perdonarla sempre.
Chiuse la porta e si avviò in cucina.
Incontrò sua zia, in pigiama, con un bicchiere nelle mani.
“Ciao Karin..” disse
“Ciao..” rispose la rossa, cercando di nascondere eventuali segni della sua nottata.
“Stai bene?” chiese, alzando un sopracciglio la zia.
“Sì, certo perché non dovrei?” chiese.
“Così.. mi sembri.. strana..” rispose, fissandola con curiosità.
Karin inghiottì rumorosamente la salita.
“Allora.. buona notte..” fece sua zia, sorridendole.
“Notte..” fece.
La vide andare via.
“Perché non mi chiedi dove sono stata?” chiese seguendola.
Kushina si fermò e sembrò pensarci.
“Perché mi fido di te, e scommetto che ci sia stata una buna ragione..”.
Karin sorrise, arrossendo.
“Si tratta di un uomo, vero?” disse sua zia, avvicinandosi curiosa.
Karin annuì, poi si pentì, doveva essere impazzita.
“E sempre così, noi Uzumaki quando ci innamoriamo siamo così!” sorrise.
Karin rimase impalata come una statua, aspettandosi qualcosa.
“Spero che c’è lo farai conoscere, un giorno..” disse sua zia, interrompendo i suoi pensieri.
“Si, penso di si, zia..” disse sorridendo.

NOTA DELL’AUTRICE

Ecco qua una SuiKarin non avevo mai scritto niente su questa coppia! E’ la mia prova volta! Quindi siate clementiiiii!! Non ho niente da dire in riguardo! Non so ma io vedo il loro rapporto così, pieno di sfide, di battutine acide, di amore travestito da odio! Sarà che sono pazza! Sarà che amo Suigetsu! Ahahahahah ecco qua!!
Ringrazio tutte le persone che leggono semplicemente e alle persone che hanno messo la mia storia tra i preferiti, le seguite e le ricordate!! Grazie infinite, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie a ognuno di voi! Infine un grazie a chi recensisce!
Alla prossima!! Un bacio!! Hina93


  
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