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Autore: Akiko chan    02/06/2012    1 recensioni
Qualcosa interruppe bruscamente il profondo sonno di Benji. Un urlo straziante, proveniente da chissà dove, lo fece saltare a sedere sul grande letto della sua stanza. Benji sbatté gli occhi più volte, cercando di allontanare quel senso di confusione e angoscia che l’aveva colto. Lentamente fece vagare lo sguardo attraverso la stanza, rincuorandosi man mano che identificava tutti gli oggetti familiari.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 20. IL CAPITANO TEDESCO
 
-E comunque non hai alcun diritto di fare il geloso. Tu sei il primo a fare l’imbecille con tutte le belle ragazze che ti capitano a tiro- il tono collerico di Eve echeggiò nell’aria facendo voltare tutta la rappresentativa giapponese che stava pazientemente attendendo l’arrivo del pullman nell’ampio parcheggio del Victoria Park Hotel, uno dei più lussuosi alberghi di Londra, a pochi passi dalla cattedrale di Saint Paul.
 
-Ma che succede? Sembra che stamattina tutte le coppie siano in crisi- sbuffò Jason Derrik che poco prima aveva notato l’inconsueta tensione tra il loro miglior difensore, Julian Ross, e la sua inseparabile fidanzata dai capelli ramati. I due ragazzi, in genere sempre in armonia e in vena di coccole e sorrisi, erano quella mattina stranamente tesi e distaccati. Amy se ne stava in disparte tra Patty e Clarice e Julian si aggirava inquieto tra i compagni con un’espressione lugubre stampata in volto.
 
-Eve ma che succede?- chiese Patty allarmata, muovendo qualche passo in direzione dell’amica.
 
-Niente! Solo che questo cafone si è permesso di dire che io vengo allo stadio solo per vedere… Schneider- la voce della ragazza divenne suo malgrado sognante nel pronunciare il nome del bellissimo e famosissimo capitano della Germania.
 
-Ecco! Vedi non sei neanche capace a pronunciare il suo nome senza assumere quell’aria da gatta morta-
 
-Ma come osi!- sbottò Eve pronta a scagliarsi contro Bruce, se una mossa tempestiva di Patty non l’avesse bloccata.
 
-Calma, calma. Bruce non puoi essere geloso di Schneider. Tutte le ragazze del pianeta sono qui per ammirarlo. È una specie di sex simbol… ma questo non cambia il fatto che Eve ami solo te- tentò diplomaticamente di calmare gli animi Patty.
 
-Sarà … ma a me non va che la mia ragazza sbavi dietro a quel tedesco, che tra l’altro è anche il nostro avversario più forte-
 
-Ma che c’entra! In campo esiste solo il Giappone, e nel mio cuore ci sei solo tu… ma gli occhi meritano un po’ di piacere… e che piacere. Patty non sei emozionata? Vedremo il bellissimo Schneider dal vivo…chissà se è bello come in tv…- cinguettò Eve raggiante,dimenticandosi completamente dell’irritazione del suo fidanzato che sbuffò sconsolato mentre l’eccitazione serpeggiava sovrana tra le managers.
 
L’unica a non condividere quel clima di elettrizzante eccitazione, era Clarice che guardava stupida lo strano comportamento delle sue amiche.
 
-E tu che fai? Non vai in visibilio per Schneider?- le chiese Benji facendole un buffetto sulla guancia.
 
-Chi? Ma chi è questo Schneider?-
 
Gli occhi sgranati dell’intera squadra si puntarono su Clarice.
 
-Come? Tu non sai chi è Schneider!- chiese allibita Patty avvicinandosi all’amica e guardandola come se fosse impazzita -Karl-Hainz Schneider?-
 
-No- rispose semplicemente Clarice sempre più stupita.
 
-Tesoro, vuoi dirmi che non conosci l’affascinante capitano tedesco, il bellissimo e corteggiatissimo Kaiser? Sogno nascosto, e neanche tanto, delle ragazze di tutto il mondo?- le chiese Benji osservandola attento ed incapace di reprimere un sorrisetto a metà tra il divertito ed il compiaciuto.
 
-Ma cosa vuoi che ne sappia io del capitano tedesco? In America non si segue molto il calcio ed io non me ne sono mai interessata seriamente prima di tornare in Giappone. E insomma, cos’è questa storia? Io sono qui per il Giappone punto e basta. Le altre squadre non mi interessano! E tanto meno gli altri giocatori…-
 
-Ecco una che sa il fatto suo. Così si parla. Brava Clarice. Vedi Eve? Dovresti imparare da lei- disse Bruce stringendo grato la mano della manager bionda.
 
-Bah lascia perdere questo sciocco di Bruce e vieni con noi. In pochi minuti cambierai idea- disse Eve ignorando ancora una volta il suo ragazzo ed allontanando Clarice dal gruppo di giocatori.
 
Sedute sugli spalti le quattro ragazze si guardavano intorno frastornate dalla moltitudine di colori ed urla che riempivano lo stadio inglese dove tifosi esultanti, incitavano la propria squadra che si apprestava ad entrare in campo per dare inizio all’inaugurazione dei mondiali juniores di calcio.
 
Finalmente le note dell’inno dei padroni di casa si diffuse nell’aria e all’improvviso un silenzio irreale scese nello stadio.
 
-Ci siamo- bisbigliò Patty eccitata, afferrando le mani di Clarice e di Amy che le sedevano accanto.
 
Lentamente, con passo fiero e altero, la squadra inglese iniziò la sua sfilata. Il capitano inglese reggeva nella mano destra l’asta con la bandiera britannica che svolazzava  allegra mossa dal leggero soffio di aria calda di quella afosa giornata d’estate e nella sinistra la coppa del mondo d’oro massiccio. Tutti i giocatori, riserve e preparatore atletico compresi, entrarono in campo seguendo in fila indiana il loro capitano. Raggiunsero il centro campo e si disposero in riga sulla linea centrale con una mano appoggiata al cuore cantando il loro inno con espressione seria e concentrata.
 
-Con questo vedremo benissimo ogni cosa … e qualcuno in particolare- disse Eve ammiccando allusivamente e sfoderando un binocolo da borsetta.
 
-Ma non vi sembra di esagerare?- chiese Clarice disorientata dalle battute audaci delle sue amiche sul giovane capitano tedesco.
 
-Appena lo vedrai, capirai che non esageriamo affatto- disse Amy che abitualmente era la più timida e riservata in quel genere di cose, ma quel giorno era anch’essa pervasa da un’inconsueta eccitazione, che aveva mandato in bestia il calmo e fedele fidanzato.
 
Dalla loro posizione le ragazze non vedevano nulla più che delle macchioline chiare al centro del campo, ma Eve si affrettò a passare il suo binocolo per osservare da vicino i giocatori. Non appena l’inno si spense, lo speaker lesse ad alta voce la formazione inglese e diede l’ufficiale benvenuto alle squadre sfidanti.
 
Le formazioni che partecipavano ai mondiali erano 18 e la presentazione proseguiva a rilento. Al decimo elenco di nomi più o meno conosciuti, le intrepide tifose giapponesi, cominciarono ad accusare gli effetti del gran caldo estivo. Ma le ragazze, nonostante la sete e l’afa, non erano intenzionata a cedere, tenute incollate a quelle sedie sia dall’amore patriottico, sia dal desiderio di vedere il capitano tedesco.
 
Altre cinque squadre sfilarono in campo prima che l’altoparlante diffondesse nell’aria l’annuncio tanto atteso.
 
-La sedicesima squadra in campo … dall’estremo oriente, la squadra rivelazione del calcio moderno, signori e signore, accogliete con calore il paese del sol levante … il Giappone-
 
La stanchezza, il caldo opprimente e la sete non impedirono alle quattro giovani managers di saltare sugli spalti,  sbracciandosi e urlando “Vai Giappone”. Applaudirono con foga, mentre i venti giocatori nipponici ed il Mister si disponevano ordinatamente a centro campo, pochi passi più avanti delle altre squadre avversarie, presentate poco prima. Quando le note dell’inno si spensero lo speaker si apprestò per l’ennesima volta ad annunciare la formazione.
 
-Il capitano Oliver Hutton regge la bandiera bianca e rossa, seguono i portieri Benjiamin Price, Eduard Warner ed Alan Croker; i difensori Julian Ross, Bruce  Harper, Ralph Peterson, Clifford Yuma, Bob Denver, Carlie Custer; a centrocampo Ted Carter, Johnny Meson, Jason e James Derrik, Tom Becker, Danny Mellow, Paul Diamond, Patrick Everett, Sandy Winter; le punte Mark Lenders e Philip Callaghan ed infine il preparatore atletico Kirk Parson….-
 
-Finalmente sono in campo, credevo non entrassero più- urlò Clarice per farsi sentire dalle amiche sopra il boato assordante che esplodeva attorno a loro all’annuncio della diciasettesima squadra: l’Italia. L’inno di Mameli giunse confuso alle orecchie di Clarice intontita: se non avesse raggiunto al più presto un posto fresco ed una bibita dissetante, sarebbe svenuta.
 
-Ragazze non ce la faccio più, vado a bere, vi porto qualcosa?-
 
-Ma dove vai, la prossima è la Germania- la bloccò Patty
 
-Ma se non vado a bere svengo, scusatemi…- disse allontanandosi, ignorando le lamentele delle amiche.
 
-Stai attenta- le urlò Amy, prima che la ragazza svanisse inghiottita dalla folla.
 
Le ci vollero più di venti minuti per uscire dagli spalti facendosi spazio a forza sgomitando a destra e a sinistra. Si trovava nel lungo corridoio ricoperto da una rilassante moquette azzurra, già in parte ristorata dall’aria condizionata, quando un boato assordante, nel quale era percepibile una predominanza di acute note femminili, le fece capire che lo speaker doveva aver nominato il capitano tedesco. Clarice sorrise tra sé e sé pensando allo stato di eccitazione in cui dovevano essere le amiche in quel preciso istante.
 
Le ci vollero altri venti minuti per percorrere il lungo tunnel che portava alla zona ristorazione, raggiungendo a fatica il bancone marmoreo dove si affrettò ad ordinare una coca-cola ghiacciata. Trangugiò la sua bibita tutta d’un fiato, ancora qualche secondo e avrebbe perso i sensi sopraffatta dalla sete.
 
Comprò altri tre barattoli di coca-cola ed uscì sgomitando ancora una volta per farsi largo. Il fiume di gente che incontrò nel corridoio le fecero comprendere che la presentazione delle squadre era giunta a termine. In quel momento le diciotto squadre in lizza per la coppa del mondo erano tutte unite in campo, i maggiori giovani campioni del mondo erano pronti a confrontarsi lealmente e strenuamente sino alla conquista del trofeo finale. 
 
Le era impossibile ripercorrere il corridoio che conduceva agli spalti e dopo svariati tentativi di lotta infruttuosa contro quei corpi accaldati che spingevano per raggiungere l’uscita, sospirò sconsolata, accettando l’evidenza: avrebbe dovuto aspettare Patty e tutti gli altri nel parcheggio dello stadio.
Si mise in coda e si lasciò trascinare dalla folla, in pochi minuti raggiunse il parcheggio e si sedette ad aspettare pazientemente all’ombra di un frondoso platano. 
-------
-Insomma Patty mi vuoi dire dove è finita Clarice?- sbottò Benji giunto a pochi passi dall’autobus e piuttosto inquieto, dopo aver notato che Clarice non era neanche nel parcheggio.
 
-Eccola!- esultò Amy, scorgendo la figura snella e flessuosa di Clarice che attraversava il parcheggio venendo loro incontro.
 
-Ehi campioni! Siete stati favolosi- disse la ragazza allegra, raggiungendo il gruppo.
 
-Ma dove eri finita?- chiese Benji vistosamente rincuorato alla vista della ragazza.
 
-A prendere da bere, ma poi la folla mi ha trascinato fuori dallo stadio, non riuscivo più a tornare indietro e…-
 
-Benjiamin Price!-
 
Una profonda voce maschile, dal forte accento straniero, attraversò l’aria immobilizzando tutti i presenti. Patty Amy ed Eve si lasciarono sfuggire un urletto di eccitata sorpresa riconoscendo il grande Kaiser a pochi passi da loro, in tutta la sua sfolgorante bellezza. I biondi capelli gli sfioravano le spalle ampie e muscolose, la maglietta attillata color sabbia con lo stemma della nazionale tedesca stampata sulla sinistra all’altezza del petto, evidenziava meravigliosamente il fisico aitante del giovane. Ma ciò che ammaliava, stregava, incatenava le ragazze di tutto il mondo, era quello sguardo fiero e sprezzante che rifletteva i colori più puri del cielo.
 
Benji si allontanò da Clarice e si avvicinò velocemente al suo compagno di squadra dell’Amburgo, stringendogli calorosamente la mano. Il carisma del giocatore tedesco era tale che non solo le ragazze, ma anche gli stessi giocatori giapponesi erano, loro malgrado, attratti irresistibilmente dal ragazzo. In breve il ragazzo venne circondato e, nonostante l’altezza di Schneider, che sfiorava il metro e novanta, Clarice non riuscì a vedere altro che una testa bionda spiccare in mezzo ad una folla di teste nere.
 
-Schneider è un piacere rivederti- disse Benji, sinceramente felice di rivedere il suo vecchio amico.
 
-Anche a me fa molto piacere incontrarti. Ma sarà ancora più bello incontrarci in campo…l’uno contro l’altro- disse il cannoniere tedesco ricambiando lo sguardo complice del portiere.
 
-Certo- rispose Benji sostenendo senza timore lo sguardo fiero del tedesco che solo poche persone al mondo riuscivano a reggere.
 
-Allora a presto Price. Spero che la tua squadra riesca a superare il primo girone…- disse Schneider sprezzante, incapace di controllare la sua naturale propensione alla provocazione.
 
-Non scherzare Schneider, noi siamo qui per vincere-
 
La risata divertita del tedesco fece saltare i nervi a molti giocatori nipponici, l’irascibile Lenders aveva già mosso un passo minaccioso verso il biondo ragazzo, che lo guardò interrogativo, alzando un sopracciglio come unica reazione.
 
-Calma Mark … quanto a te, Schneider, ci vediamo alla finale- disse deciso il Capitano Giapponese appoggiando una mano sulla spalla del numero nove ed intervenendo per la prima volta nella discussione.
 
-Vedremo…a prest…- la maschera di fredda alterigia del numero dieci tedesco si sgretolò per una frazione di secondo, un tempo troppo breve perché qualcuno potesse accorgersi del turbamento improvviso del ragazzo.
 
Lei!
 
Un rimbombo metallico attirò l’attenzione dei ragazzi, che si girarono nell’istante stesso in cui la loro manager si chinava a raccogliere le lattine che aveva lasciato cadere a terra e che ora rotolavano rumorosamente sui ciottoli del parcheggio a qualche passo da lei.
 
Una delle lattine finì tra piedi di Schneider che si chinò a raccoglierla. Fece alcuni passi verso Clarice -Tieni- le disse semplicemente in inglese.
 
Clarice si sentì trapassare da parte a parte da un paio di occhi azzurri freddi come il ghiaccio. Seppe in un istante di essere perduta, perché il guizzo di sorpresa, che attraversò come un lampo le iridi trasparenti di Schneider, non le lasciarono dubbi sul fatto che l’avesse riconosciuta. Nonostante ciò trovò il coraggio di balbettare un -Grazie- sperando inutilmente di essersi sbagliata.
 
-Chi non muore si rivede – esclamò piano il giovane capitano in perfetto inglese, frantumando le sue ultime, tenui speranze.
 
-Ti sbagli…noi non ci conosciamo…- biascicò confusa, evitando di proposito quello sguardo indagatore.
 
-Ah no? Antlia …nell’alta moda c’era la voce di un tuo ritorno, ma credevo fosse un pettegolezzo e invece eccoti qui- disse alzando la voce mentre i ragazzi si avvicinavano, cercando di capire che avessero da dirsi la loro manager e il capitano tedesco.
 
Clarice messa alle strette, fece l’unica cosa che in quel momento le sembrò sensato fare.
 
-Ti prego stai zitto- lo supplicò con la disperazione dipinta in volto.
 
Il ragazzo le rivolse una lunga, eloquente occhiata e lei si sentì schiacciare sotto il peso di quegli occhi di ghiaccio fuso da cui dipendeva la sua vita.
 
-Cosa succede? Vi conoscete?- chiese Benji stupito dal pallore della sua ragazza.
 
-No…mi sembrava, ma mi sono sbagliato… non ho il piacere di conoscere la signorina…- disse Scnheider freddo ed imperscrutabile come sempre.
 
-Lei è Clarice una delle manager della squadra giapponese- spiegò Holly.
 
-Allora a presto- tagliò corto il glaciale capitano tedesco, guardando fisso Clarice, che non fece fatica  comprendere che quelle ultime parole erano rivolte a lei e non alle partite che avrebbero dovuto affrontare in quel campionato.
 
Durante il tragitto di ritorno all’albergo, una strana eccitazione serpeggiava tra i ragazzi nipponici, che animatamente commentavano le impressioni della giornata. Benji era attorniato dai suoi compagni di squadra che gli chiedevano ogni genere di informazioni sulla squadra tedesca e, in particolare, sul capitano. Questa eccitazione permise a Clarice di riprendersi in parte dallo shock e di elaborare con calma quanto successo, senza che Benji si accorgesse di nulla.
 
-Allora Clarice che ci dici del capitano tedesco ?- attaccò Eve
 
-Cosa volete che vi dica?- si schermì ancora lievemente agitata.
 
-Ma se sei sbiancata! Dai, ammettilo, sei rimasta anche tu folgorata- disse la timida Amy, abbassando la voce per evitare che Julian sentisse i suoi commenti sul temuto rivale.
 
-È bellissimo…no di più…- commentò Eve con aria sognante.
 
Come se avessero intuito che le loro ragazze stavano parlando di un altro uomo, Bruce e Julian richiamarono con una scusa le due donne, costringendole a prendere posto accanto a loro. Clarice e Patty rimasero sole i fondo al bus.
 
-Allora mi dici che è successo?- iniziò Patty senza mezzi termini.
 
-Cosa?-
 
-Clarice ho visto la tua reazione anche se hai tentato di nasconderla … fulminata dal bel tedesco?-
 
-No…é che non mi aspettavo che fosse lui…-
 
-Lui chi?-
 
-Patty io…lo conoscevo già. L’avevo conosciuto a San Francisco quasi due anni fa-
 
-E perché dicevi di non conoscerlo?-
 
-Non sapevo il suo nome…Karl vero?-
 
-Sì Karl-
 
Il sogno fatto l’ultima notte a Fukuroda si materializzò nella sua mente, i pezzi del puzzle andarono inesorabilmente al loro posto…
 
-…Antlia, tra poco lo incontrerai…-
 
-Chi?-
 
-Karl-
 
-E chi è?-
 
-Come non te lo ricordi? Ah forse non ricordi neanche più il nome dell’uomo che ho amato e che tu mi hai rubato…-
 
-Ci siamo allora- bisbigliò Clarice prendendo coscienza del tragico epilogo a cui stava giungendo la sua storia ad una velocità che la lasciava stordita, confusa, annientata.
 
Eppure Carina l’aveva avvertita molto tempo prima… il passato non perdona, lei questo l’aveva sempre saputo…
 
…siamo anime in una storia incancellabile…Con il gelo nella mente sto correndo verso te, siamo nella stessa sorte che tagliente ci cambierà, aspettiamo solo un segno, un destino, un’eternità, dimmi come posso fare per raggiungerti adesso…*
 
 
 
*Le parole sono tratte da “Gocce di memoria” canzone che Giorgia ha dedicato ad Alex Baroni.
 
  
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